Il signor di Pourceaugnac

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Il signor di Pourceaugnac

 


Commedia in tre atti

di Molière

Traduzione di Diego Valeri

Giulio Einaudi Editore - Torino

PERSONAGGI

Il signor di Pourceaugnac

Oronte

Giulia  figlia di Oronte

Nerina  intrigante, finta piccarda

Lucietta  finta guascona

Erasto  innamorato di Giulia

Sbrigani   napolitano, intrigante

Primo medico

Secondo medico

Lo speziale

Un contadino

Una contadina

Primo musico

Secondo musico

Primo avvocato

Secondo avvocato

Primo svizzero

Secondo svizzero

Un ufficiale

Due arcieri

Alcuni musici, sonatori e ballerini, cucinieri

La scena è a Parigi.

ENTRATA

Erasto ha introdotto sulla scena un gruppo di cantori e di musicanti, e dirige un concerto-serenata, le cui parole, cantate da tre voci a mo' di dialogo, toccano il tema della commedia ed esprimono i sentimenti dei due inna­morati, impediti nella loro felicità dal puntiglio dei ge­nitori.

PRIMA VOCE

O bella notte, spandi sugli occhi curiosi    

    Dei papaveri tuoi la forza lene,

E sol lascia vegliare in questi luoghi ombrosi

I cuor che Amore a sé costretti tiene.

L'ombra e il silenzio tuoi più belli sono    

Del più bel giorno, e portan seco il dono

Di momenti che il cuore

Può sospirar d'amore.

SECONDA VOCE                                                                      

     O caro sospirare, d'amor nei vivi moti,         

Quando nulla s'oppone ai nostri voti!

Il nostro cuore a dolci alleanze c'invita;

Ma ci son dei tiranni a cui dobbiam la vita.

O caro sospirare, d'amor nei vivi moti,                

Quando nulla s'oppone ai nostri voti!

TERZA  VOCE

Tutto che contravviene       

A un amore perfetto                 

Mai non giunge ad effetto:

Per vincer tutto basta amarsi bene.

LE TRE VOCI INSIEME

Amiamo dunque d'un amore eterno:

I crudeli dinieghi del rigore paterno,

L'assenza, le fatiche, la fortuna severa,

Non fan che raddoppiare un'amicizia vera.

Amarsi bene:

Questo solo conviene,

Questo solo è eccellente;

E tutto il resto è niente.                       

Alla serenata segue una danza di due paggi, durante la quale quattro amatori di spettacoli, avendo litigato tra loro, tiran fuori le spade. Dopo un combattimento piut­tosto gradevole, sono separati da due svizzeri, i quali, avendoli rappacificati, danzano con loro, al suono di tut­ta l'orchestra.

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Giulia, Erasto, Nerina.

                                               

Giulia Mio Dio! Stiamo attenti, Erasto, che non ci sor­prendano. Io tremo che ci vedano insieme; che tutto sarebbe perduto, dopo la proibizione che m'è stata fatta.

Erasto  Io guardo da tutte le parti, e non vedo nulla.

Giulia (a Nerina, ritirandosi in fondo alla scena) Apri bene gli occhi anche tu, Nerina; e bada che non venga qualcuno.

Nerina Fidatevi di me, e dite pure arditamente quel che avete da dirvi.

Giulia Erasto, avete inventato qualcosa di buono per noi? e credete che vi riuscirà d'impedire lo sciagurato matrimonio che mio padre s'è ficcato in testa di fare?

Erasto Questo almeno posso dirvi: che stiamo lavoran­do di lena; e già abbiamo pronte numerose batterie per mandare all'aria quel ridicolo disegno.

Nerina (correndo verso Giulia)    Oh Dio, c'è vostro padre!

Giulia    Ah! separiamoci presto.

Nerina    No, no, no, fermi li; m'ero sbagliata.

Giulia Mio Dio! quanto sei sciocca, Nerina, a farmi pas­sare di questi spaventi!

Erasto Sì, bella Giulia, abbiamo costruito ai nostri fini una quantità di macchine, e non v'è dubbio che le met­teremo tutte in azione, visto che voi siete d'accordo. Non domandatemi quali molle faremo scattare; vi assicuro che vi divertirete; ed è bene che vi lasciamo, come alla commedia, il piacere della sorpresa, senza preavvertirvi di ciò che vi si farà vedere. Basti dirvi che abbiamo in mano diversi stratagemmi belli e pronti per l'impiego, secondo l'occasione, e che della cosa si occupano l'inge­gnosa Nerina e il lesto Sbrigarli.

Nerina Ma certo! Che idea è mai quella di vostro padre, di cacciarvi tra i piedi quel suo avvocato di Limosi, il si­gnor di Pourceaugnac. O che vuole scherzare? Egli non l'ha mai visto in vita sua; e frattanto quello sta per arri­vare, con la diligenza, per portarvi via di qui, proprio da sotto il nostro naso. E mai possibile che tre o quattromi­la scudi di più, se pur sono esatte le informazioni di vo­stro zio, lo inducano a respingere un pretendente che a voi vi va bene? E una persona come voi sarebbe fatta per un limosino? Se ha voglia di sposarsi, perché non si prende una limosina, e lascia in pace i cristiani? Basta il nome di codesto Pourceaugnac per farmi andare in be­stia e mettermi addosso la rabbia. Fosse questione sol­tanto del nome, e dovessi giocarci la testa, vi giuro che questo matrimonio non si farà, e voi non sarete la signo­ra di Pourceaugnac. Pourceaugnac! vi pare tollerabile? No: Pourceaugnac è una cosa che io non potrei soppor­tare; e noi gli giocheremo tanti di quegli scherzetti, e tanti di quei tiri, che lo rimanderemo a Limosi, il signor di Pourceaugnac.

Erasto   Ecco qua il nostro sottile napolitano, che ci por­terà delle notizie.

SCENA SECONDA

Sbrigani, Giulia, Bruto, Nerina.

Sbrigani    Signore, il vostro uomo sta per arrivare. L'ho visto a tre leghe da qui, dove la diligenza ha pernottato; e nella cucina dov'egli è sceso per la colazione l'ho potu­to studiare per una mezz'ora sana, sicché adesso già lo so a memoria. Quanto alla sua faccia, non voglio dirvene nulla; vedrete da voi come la natura l'ha disegnata, e se l'abbigliamento che l'accompagna le s'intona perfetta­mente. Quanto poi al morale, vi posso dir subito ch'è dei più grossi che si trovino sul mercato; par fatto ap­posta per quel che vogliamo noi; e infine è uomo da an­dare a cacciarsi in tutte le trappole che gli sian messe avanti.

Erasto    Ci dici proprio la verità ?

Sbrigani    Eh, di uomini io me ne intendo.

Nerina Signora, siamo davanti a una vera autorità in tal materia. L'affare vostro non poteva esser messo in mani migliori. Per imprese come la nostra, è l'eroe del secolo: un uomo che già venti volte in vita sua, per servire i suoi «mici, ha generosamente corso il rischio d'esser marchia­to sulle spalle col marchio del galeotto e di star legato 1 remo; che, sprezzando ogni pericolo, sa condurre a nobil fine le più difficili avventure; e che, come vedete, vive in esilio dal suo paese per non so quante onorevoli azioni da lui generosamente intraprese.

Sbrigani Io son confuso dalle lodi con cui mi onorate, e potrei rendervene altrettante, e con maggior giustizia, esaltando le meraviglie della vostra vita; e principalmen­te segnalando la gloria da voi acquistata allorché soffia­ste, cosi pulitamente, dodicimila scudi a quel giovin si­gnore straniero ch'era stato condotto a casa vostra; o quando faceste, con tanta galanteria, quel falso contratto che mandò in malora tutta una famiglia; o quando, con tanta magnanimità, negaste di aver ricevuto in deposito una somma che vi era stata affidata; o allorché, tanto ge­nerosamente, offriste la vostra testimonianza per far im­piccare quei due personaggi che non l'avevano meritato.

Nerina Piccole bagattelle che non vai la pena di menziona­re; i vostri elogi mi fanno arrossire.

Sbrigani Voglio risparmiare la vostra modestia; lasciamo perdere. Invece, per cominciare l'affar nostro, andiamo subito a raggiungere il nostro provinciale; mentre voi, da parte vostra, terrete pronti a ogni evenienza gli altri attori della commedia.

Erasto Una cosa vi raccomando, signora: ricordatevi della parte che vi è affidata, e, per meglio coprire il no­stro giuoco, fingete, come vi è stato detto, d'essere con­tentissima delle decisioni di vostro padre.

Giulia    Se tutto è qui, le cose andranno a meraviglia.

Erasto Ma, bella Giulia, se tutte le nostre trappole fal­lissero allo scopo?

Giulia Allora dichiarerò a mio padre i miei veri senti­menti.

Erasto E se, contro i vostri sentimenti, egli si ostinasse nel suo disegno?

Giulia    Lo minaccerei di cacciarmi in un convento.

Erasto Ma se, ciò nonostante, egli volesse costringervi a quelle nozze?

Giulia    Che volete più che vi dica?

Erasto    Che cosa voglio che mi diciate?

Giulia     Sì.

Erasto    Quel che si dice quando si ama davvero.

Giulia    Che cosa dunque?

Erasto Che nulla potrà costringervi, e che, ad onta di tutti gli sforzi di un padre, mi promettete di esser mia.

Giulia Mio Dio! Erasto, contentatevi di quel che faccio ora, e non almanaccate su ciò che il mio cuore potrà de­cidere in avvenire; non sforzatemi a uscire dal mio do­vere con proposte di risoluzioni estreme ed incresciose, di cui forse non avremo alcun bisogno. Che poi se a que­ste sarà necessario ricorrere, consentite almeno ch'io vi sia condotta dallo svolgimento dei fatti.

Erasto    Ebbene...

Sbrigani Affediddio, ecco il nostro personaggio, pensia­mo a noi.

Nerina    Oh, che sagoma!

SCENA TERZA

Il signor di Pourceaugnac

(che, entrando in scena, si vol­pe dalla parte dond'è venuto,

come parlando a persone che lo seguono), Sbrigani.

Il signor di Pourceaugnac Ebbene? Cosa c'è? Cosa succede? Al diavolo questa stupida città e le stupide per­sone che vi abitano! Non poter fare un passo senza in­contrare dei tangheri che vi guardano e si mettono a ri­dere! Eh, signori babbei, badate ai fatti vostri, e lasciate che la gente vada per i suoi, senza ridergli in faccia. Vo­glio darmi al diavolo se al primo che ride non gli regalo un pugno.

Sbrigani (parlando alle stesse persone) Cosa succede, si­gnori? Che vuoi dir questo? Con chi ce l'avete? Vi pare che si possa beffeggiare a codesto modo degli stranieri dabbene che giungono tra voi?

Il signor di Pourceaugnac Un uomo che ragiona, quel­lo là.

Sbrigani Che modo di fare è il vostro? Che cosa c'è da ridere?

Il signor di Pourceaugnac    Benissimo.

Sbrigani    Il signore ha forse qualcosa di ridicolo?

Il signor di Pourceaugnac     Già.

Sbrigani    È fatto diversamente dagli altri?

Il signor di Pourceaugnac    Sono storto o gobbo?

Sbrigani    Imparate a conoscere le persone.

Il signor di Pourceaugnac    Ben detto.

Sbrigani    Il signore ha un'aria rispettabile.

Il signor di Pourceaugnac    Questo è vero.

Sbrigani    È persona di classe.

Il signor di Pourceaugnac    Sì, gentiluomo limosino.

Sbrigani    È un uomo intelligente.

Il signor di Pourceaugnac    Che ha studiato il diritto.

Sbrigani    Egli vi fa troppo onore venendo nella nostra città.

Il signor di Pourceaugnac    Senza dubbio.

Sbrigani    Il signore non è persona da far ridere.

Il signor di Pourceaugnac    Sicuramente.

Sbrigani    E chiunque riderà di lui avrà da fare con me.

Il signor di Pourceaugnac (a Sbrigani) Signore, vi so­no infinitamente obbligato.

Sbrigani Io sono sdegnato, signore, di vedere una perso­na come voi ricevuta a questo modo, e vi chiedo perdono per la città.

Il signor di Pourceaugnac    Servitore vostro.

Sbrigani Vi ho veduto questa mattina, signore, mentre facevate colazione, prima di riprendere la diligenza; e la grazia con cui mangiavate il vostro pane mi ha subito ispirato amicizia per voi; e poiché so che non siete mai venuto in questo paese, dove siete nuovo affatto, sono ben contento di avervi trovato, per offrirvi i miei servigi all'arrivo, e per aiutarvi a prender contatto con questa popolazione che non sempre ha per le persone di riguar­do tutta la considerazione che dovrebbe avere.

Il signor di Pourceaugnac    Troppa grazia mi fate.

Sbrigani Ve l'ho già detto: fin dal primo momento che vi ho visto, ho sentito una certa inclinazione per voi.

Il signor di Pourceaugnac    Vi sono obbligato.

Sbrigani    La vostra fisionomia mi è piaciuta.

Il signor di Pourceaugnac    Questo mi onora assai.

Sbrigani    Vi ho visto qualcosa di nobile.                   

Il signor di Pourceaugnac    Sono servitor vostro.

Sbrigani    Qualcosa di amabile.

Il signor di Pourceaugnac     Ah, ah!

Sbrigani    Di grazioso.                                      

Il signor di Pourceaugnac     Ah, ah!

Sbrigani    Di soave.                                     

Il signor di Pourceaugnac     Ah, ah!

Sbrigani    Di maestoso.

Il signor di Pourceaugnac     Ah, ah!

Sbrigani    Di franco.

Il signor di Pourceaugnac     Ah, ah!

Sbrigani    E di cordiale.

Il signor di Pourceaugnac     Ah, ah!

Sbrigani    Vi assicuro che son tutto vostro.

Il signor di Pourceaugnac    Vi sono molto obbligato.

Sbrigani    Parlo dal fondo del cuore.

Il signor di Pourceaugnac    Lo credo.

Sbrigani Se avessi l'onore d'esser conosciuto da voi, sa­preste ch'io sono un uomo assolutamente sincero.

Il signor di Pourceaugnac    Non ne dubito punto.

Sbrigani    Nemico della furberia.

Il signor di Pourceaugnac    Ne son persuaso.

Sbrigani    Incapace di travestire i suoi sentimenti.

Il signor di Pourceaugnac   È quel che penso.

Sbrigani Voi osservate il mio abito, che non è fatto come gli altri; ma io sono originario di Napoli, al servizio vo­stro, e ho voluto conservare un poco e il modo di vestire e la sincerità del mio paese.

Il signor di Pourceaugnac Avete fatto bene. Quanto a me, mi son voluto vestire al modo della corte, quand'è in viaggio.

Sbrigani Parola mia, state meglio voi che tutti i nostri cortigiani.

Il signor di Pourceaugnac È quel che mi diceva il mio sarto: l'abito è elegante e ricco, e solleverà un certo scal­pore, qui.

Sbrigani Senza dubbio. Non pensate di andare alla reg­gia?

Il signor di Pourceaugnac Bisognerà bene che ci vada, a presentare i miei omaggi.

Sbrigani    Il re sarà felice di vedervi.                           

Il signor di Pourceaugnac    Lo credo.

Sbrigani    Avete fissato l'alloggio?

Il signor di Pourceaugnac No; ne cercavo uno, ap­punto.

Sbrigani Mi farà piacere di accompagnarvi, e io conosco tutto il paese.

SCENA QUARTA

Erasto, Sbrigani, Il signor di Pourceaugnac.

Erasto Ah! che cos'è questo? che cosa vedo? Quale in­contro fortunato! Il signor di Pourceaugnac! Quanto son felice di vedervi! Ma come? pare che stentiate a ri­conoscermi!

Il signor di Pourceaugnac    Signore, son servo vostro.

Erasto    È mai possibile che cinque o sei anni mi abbiano cancellato dalla vostra memoria? e che voi non ricono­sciate il migliore amico di tutta la famiglia dei Pourceaugnac?

Il signor di Pourceaugnac Chiedo perdono. (A Sbrigani) In verità, io non so chi sia.

Erasto Non c'è a Limosi un solo Pourceaugnac che io non conosca, dal più grande fino al più piccino; io non frequentavo che loro nel tempo ch'ero lì e avevo l'onore di vedervi quasi ogni giorno.

Il signor di Pourceaugnac L'onore era tutto mio, si­gnore.

Erasto   Non mi raffigurate?

Il signor di Pourceaugnac    Affatto. (A Sbrigani) Non lo conosco per nulla.

Erasto    Non vi ricordate che ho avuto la fortuna di bere in vostra compagnia non so più quante volte?

Il signor di Pourceaugnac    Scusatemi. (A Sbrigani) Non so proprio che roba sia.

Erasto    Come lo chiamate quel trattore di Limosi che fa una così buona cucina?

Il signor di Pourceaugnac    Giannino?

Erasto    Appunto. Il più delle volte andavamo a spassar­cela proprio da lui. Come chiamate a Limosi il luogo del­le passeggiate?

Il signor di Pourceaugnac    Il cimitero dell'Arena?

Erasto    Per l'appunto. Là io passavo delle ore così dolci a godere della vostra piacevole conversazione. Non vi di­ce nulla tutto ciò?

Il signor di Pourceaugnac Sì, mi dice, scusatemi. (A Sbrigani) Il diavolo mi porti se me ne ricordo!

Sbrigani (a bassa voce al signor di Pourceaugnac) Vi so­no cento cose come queste ch'escono di testa.

Erasto Abbracciatemi dunque, vi prego, e rinserriamo i nodi della nostra antica amicizia.

Sbrigani    Ecco un uomo che vi vuol molto bene.

Erasto Datemi notizie di tutto il parentado: come sta il vostro... sì dico... che è una persona cosi fine?

Il signor di Pourceaugnac    Mio fratello il console?

Erasto     Sì.

Il signor di Pourceaugnac    Sta da papa.

Erasto Oh, come ne son contento! E quello ch'è sempre di buon umore? sì, dico... il vostro...?

Il signor di Pourceaugnac    Mio cugino l'assessore?

Erasto    Proprio lui.

Il signor di Pourceaugnac    Sempre allegro e in gamba.

Erasto In parola, ne ho molto piacere. E il vostro signor zio? il...?

Il signor di Pourceaugnac    Io non ho zii.

Erasto    Eppure in quel tempo avevate...

Il signor di Pourceaugnac    No, nient'altro che una zia.

Erasto È quello che volevo dire, la vostra signora zia; come sta di salute?

Il signor di Pourceaugnac    È morta sei mesi fa.

Erasto    Ahi, poveretta! era tanto buona.

Il signor di Pourceaugnac Noi abbiamo pure mio ni­pote il canonico, che per poco non moriva di vaiuolo.

Erasto    Che guaio sarebbe stato!

Il signor di Pourceaugnac    Lo conoscete anche lui?

Erasto E come se lo conosco! Un bel giovanottone, alto...

Il signor di Pourceaugnac   Non tanto, veramente.

Erasto    No, ma ben proporzionato.

Il signor di Pourceaugnac     Già.        

Erasto    Che è vostro nipote...           

Il signor di Pourceaugnac      Già.        

Erasto   Figlio di vostro fratello e di vostra sorella...

Il signor di Pourceaugnac     Appunto.

Erasto    Canonico della chiesa di... Come la chiamate?

Il signor di Pourceaugnac    Di Santo Stefano.

Erasto    Ecco, lo conosco come nessun altro.

Il signor di Pourceaugnac (a Sbrigani)    Snocciola tutta la parentela.

Sbrigani    Vi conosce meglio che non crediate.

Il signor di Pourceaugnac    A quel che vedo, siete rima­sto a lungo nella nostra città.

Erasto    Due anni interi.

Il signor di Pourceaugnac    C'eravate dunque quando mio cugino, il giudice fiscale, fece tenere a battesimo il suo figliolo dal nostro signor governatore?

Erasto    Ma sì, io fui anzi tra i primi invitati.                  

Il signor di Pourceaugnac    Fu una bella festa.

Erasto    Bellissima.

Il signor di Pourceaugnac Un pranzo bene organizzato.

Erasto    Senza dubbio.

Il signor di Pourceaugnac Eravate dunque presente anche al diverbio che ebbi con quel gentiluomo perigordino?

Erasto    Sì.

Il Signor di Pourceaugnac    Perbacco! egli trovò pan per i suoi denti.

Erasto    Ah! ah!

Il signor di Pourceaugnac    Egli me le ha date, ma io quante gliene ho dette!

Erasto    Sicuro. Allora, intesi: io non permetterò mai che prendiate alloggio altrove che da me.

Il signor di Pourceaugnac   Non vorrei...

Erasto    Volete scherzare? Io non tollererò mai che il mio miglior amico sia altrove che in casa mia.

Il signor di Pourceaugnac    Sarebbe approfittare della vostra...

Erasto    No, il diavolo mi porti! verrete a stare da me.

Sbrigani (al signor di Pourceaugnac)    Poiché vuole pro­prio così, vi consiglio di accettare.

Erasto    Dove sono le vostre robe?

Il signor di Pourceaugnac Le ho lasciate, col mio ser­vo, là dove son sceso.

Erasto    Mandiamo qualcuno a cercare uomo e bagagli.

Il signor di Pourceaugnac No: gli ho proibito di muo­versi senza di me, per paura di qualche trucco.

Sbrigani    Prudente avviso.

Il signor di Pourceaugnac Questo paese è un po' sog­getto a cauzione.

Erasto La persona intelligente si dà a conoscere in ogni evenienza.

Sbrigani Io accompagnerò il signore, e lo ricondurrò poi dove vorrete.

Erasto Sì, io profitterò di questo momento per dare qual­che ordine; e voi non avrete che da tornare a quella ca­sa lì.

Sbrigani    Torneremo subito.

Erasto (al signor di Pourceaugnac) Vi aspetto con impa­zienza.

Il signor di Pourceaugnac (a Sbrigani) Ecco una cono­scenza che non m'aspettavo.

Sbrigani    Ha tutta l'aria di un uomo per bene.

Erasto (solo) Signor di Pourceaugnac, vi assicuro che ve ne faremo vedere di tutti i colori; tutto è pronto, e non ho che da battere un colpo.

SCENA QUINTA

Lo Speziale, Erasto.

Erasto Se non sbaglio, voi siete il medico a cui qualcuno ha parlato da parte mia.

Lo Speziale No, signore, non son io che sono il medico; a me non compete quest'onore; io non sono che spezia­le, indegno speziale, per servirvi.

Erasto    E il signor medico è in casa?

Lo Speziale Sì, è trattenuto da alcuni malati che deve spedire; vado a dirgli che siete qui.

Erasto    No, state qui; aspetterò che abbia finito. È per mettergli tra le mani un certo parente nostro, di cui gli si è parlato; il poveretto è un po' tocco nella testa, e noi vorremmo che potesse guarire prima che gli diamo mo­glie.

Lo Speziale  So di che si tratta, so di che si tratta, e io ero con lui quando gli han parlato di questa faccenda. In fede mia, in fede mia! voi non potevate rivolgervi a un medico più abile: è un uomo che sa la medicina a fondo, come io so il mio catechismo, e che, dovesse il ma­lato crepare, non si scosta d'un iota dalle regole degli an­tichi. Sì, egli segue sempre la strada maestra, la strada maestra, e non va a cercare il pelo nell'uovo; e per tutto l'oro del mondo non vorrebbe guarire una persona con rimedi diversi da quelli che la facoltà permette.

Erasto Fa benissimo: un malato non deve voler guarire, quando non vi sia il consenso della facoltà.

Lo Speziale Non è ch'io ne parli cosi perché siamo ami­cissimi; ma è proprio un piacere, proprio un piacere, d'essere il suo malato; e io vorrei prima morire dei suoi rimedi che guarire di quelli di un altro; perché, qualun­que cosa succeda, si è sicuri che le cose sono nell'ordine; e quando si muore sotto la sua direzione, gli eredi non han nulla da rimproverare al paziente.

Erasto    È una grande consolazione per un defunto.

Lo Speziale Sicuro: si ha almeno la soddisfazione di es­sere morti metodicamente. Del resto, egli non è di quei medici che trattano le malattie con riguardo: è un uomo sbrigativo, sbrigativo, a cui piace trar d'impaccio i suoi malati; e quando si ha da morire, con lui si muore il più presto possibile.

Erasto Difatti non c'è di meglio che cavarsi prontamente dall'imbroglio.

Lo Speziale Vero. A che serve quel tanto esitare e girare attorno alla pentola? Conviene conoscere rapidamente quel che una malattia porta e porterà con sé.

Erasto    Avete ragione.

Lo Speziale Egli mi ha già fatto l'onore di dirigere le malattie di tre dei miei figliuoli, e son morti tutti e tre in meno di quattro giorni. Nelle mani di un altro avreb­bero languito più di tre mesi.

Erasto    È una fortuna avere degli amici cosi.

Lo Speziale Senza dubbio. Non mi restano più che due figlioli, dei quali egli ha cura come dei suoi propri; egli li tratta e governa a sua fantasia, senza che io m'impicci di nulla; e spessissimo, quando torno da qualche giro in città, li trovo, con grande stupore, salassati o purgati per sua ordinazione.

Erasto    Ecco delle cure davvero gentili.

Lo Speziale    Eccolo qua, eccolo qua, eccolo qua che vien.

SCENA SESTA

Primo Medico, un contadino, una contadina, Erasto, lo Speziale.

Il Contadino Non ne può più, signore, e dice di sentir nella testa i più gran dolori del mondo.

Primo Medico Il malato è uno sciocco, tanto più che, nella malattia che l'ha colpito, non è la testa, secondo Galeno, bensì la milza che deve fargli male.

Il Contadino Checché ne sia, signore, egli ha una sciolta che dura già da sei mesi.

Primo Medico Bene, è segno che l'intestino si libera. Verrò a visitarlo fra due o tre giorni; ma se morisse pri­ma, non mancate di darmi avviso, poiché non è buona creanza lasciare che un medico visiti un morto.

La Contadina (al medico) Mio padre, signore, è sempre più malato.

Primo Medico Non è colpa mia: io gli do dei rimedi; perché non guarisce? Quante volte è stato salassato?

La Contadina    Quindici volte, signore, in venti giorni.

Primo Medico    Quindici salassi?

La Contadina     Sì.

Primo Medico    E non guarisce?

La Contadina    No, signore.

Primo Medico È segno che la malattia non sta nel san­gue. Lo faremo purgare altrettante volte, per vedere se essa non stia per avventura negli umori; e se non otter­remo nulla neppure così, lo manderemo ai bagni.

Lo Speziale Ecco la quintessenza, ecco la quintessenza della medicina.

Erasto Signore, sono io che, giorni fa, vi ho mandato a dire che vorrei affidarvi un mio parente un po' picchiato. Dovreste prenderlo in casa vostra per guarirlo con più comodità, e cosi sarebbe visto soltanto da pochi.

Primo Medico Sì, signore, e già ho disposto ogni cosa, e prometto di averne tutte le cure immaginabili.

Erasto    Eccolo qua.

Primo Medico Felice congiuntura; e io ho qui un collega anziano, amico mio, col quale sarò ben lieto di consultar­mi circa la sua malattia.

SCENA SETTIMA

Il signor di Pourceaugnac, Erasto, Primo Medico, Lo Speziale.

Erasto (al signor di Pourceaugnac) Una faccenduola che m'è capitata all'improvviso mi obbliga a lasciarvi. (Indi­cando il medico) Ma ecco una persona alle cui mani vi affido e che avrà cura di trattarvi, per mio conto, il me­glio che gli sarà possibile.

Primo Medico A questo m'impegna il mio dovere profes­sionale; ed è sufficiente che voi mi diate l'incarico della cura.

Il signor di Pourceaugnac (tra sé) È il suo maggiordo-mo, e dev'essere certo una nobile persona.

Primo Medico Sì, vi assicuro che tratterò il signore se­condo il metodo e a regola d'arte.

Il signor di Pourceaugnac Mio Dio! Non c'è bisogno di tante cerimonie, e io non vengo qua per dare disturbo.

Primo Medico    Un tale ufficio è per me un piacere.

Erasto (al medico) Ecco ad ogni modo sessanta franchi, in acconto di quel che ho promesso.

Il signor di Pourceaugnac No, per piacere; non inten­do che voi facciate spese e acquisti per me.

Erasto Mio Dio! Lasciate correre. Non è per quello che voi pensate.

Il signor di Pourceaugnac Vi domando di trattarmi da amico, e basta.

Erasto È appunto ciò che voglio fare. (Sottovoce al me­dico) Vi raccomando soprattutto di non lasciarvelo uscir di mano; perché qualche volta egli tenta di scappare.

Primo Medico    Non datevi pensiero.

Erasto (al signor di Pourceaugnac) Vi prego di scusarmi dell'atto scortese che commetto.

Il signor di Pourceaugnac Scherzerete, voi mi fate in­vece troppa grazia.

SCENA OTTAVA

Primo Medico, Secondo Medico, Il signor di Pourceaugnac, Lo Speziale.

Primo Medico È un grande onore per me, signore, d'es­sere stato scelto per rendervi servizio.

Il signor di Pourceaugnac    Servitor vostro.

Primo Medico Vi presento un mio eminente collega, col quale voglio consultarmi circa il trattamento che vi fa­remo.

Il signor di Pourceaugnac Bando alle cerimonie, vi ri­peto; io son uomo da contentarmi di un trattamento or­dinario.

Primo Medico    Su, portate delle sedie.  

Entrano camerieri che portano tre sedie.

Il signor di Pourceaugnac    Ecco, per un giovane, dei domestici un po' troppo lugubri!

Primo Medico    Sedetevi, signore.

Quando son seduti, i due medici gli prendono una mano ciascuno, per tastargli il polso.

Il signor di Pourceaugnac (porgendo le mani) Vostro servitore umilissimo. (Vedendo che gli tastano il polso) Che vuol dir ciò?

Primo Medico    Mangiate volentieri, signore?

Il signor di Pourceaugnac Sì, e bevo anche più volen­tieri.

Primo Medico Tanto peggio: codesta grande appetizione del freddo e dell'umido è indizio del caldo e del secco che c'è dentro. Dormite sodo?

Il signor di Pourceaugnac Sì, quando ho ben man­giato.

Primo Medico    Fate dei sogni?

Il signor di Pourceaugnac    Qualche volta.

Primo Medico    Sogni di che natura?

Il signor di Pourceaugnac Della natura dei sogni. Che razza di conversazione è mai questa?

Primo Medico    Le vostre deiezioni, come sono?

Il signor di Pourceaugnac In verità non ci capisco nul­la in tutte queste domande; e io voglio piuttosto berne un bicchiere.

Primo Medico Un po' di pazienza; noi ragioneremo del vostro caso davanti a voi stesso, e parleremo in volgare, per riuscire più intelligibili.

Il signor di Pourceaugnac Che gran ragionamento oc­corre per mangiare un boccone?

Primo Medico Conciossiaché non si possa guarire una malattia che non si conosca perfettamente, e non si possa perfettamente conoscerla senza metterne in chiaro l'idea particolare e la vera specie, per mezzo dei suoi segni diagnostici e prognostici, voi mi permetterete, signor col­lega alla cui anzianità m'inchino, di entrare nella consi­derazione della malattia di cui si tratta, prima di venire alla terapeutica e ai rimedi che ci converrà di adoperare per la perfetta cura della medesima. Dico dunque, si­gnore, col vostro permesso, che il nostro malato qui pre­sente è disgraziatamente attaccato, affetto, ossesso, tor­mentato da quella specie di follia che noi chiamiamo pre­cisamente melanconia ipocondriaca, specie di follia in­cresciosissima, la quale non richiede nulla di meno che un Esculapio come voi, consumato nell'arte nostra; voi, dico, che avete fatto i capelli bianchi, come si dice, sotto le armi, e per le cui mani son passati tanti casi simili e diversi. La chiamo malinconia ipocondriaca, per distin­guerla dalle altre due; essendoché il celebre Galeno sta­bilisce dottamente, secondo il suo solito, darsi tre specie di questa malattia che diciamo melanconia, così chiamata non solo dai Latini, ma anche dai Greci, ciò ch'è impor­tantissimo per il caso nostro: la prima, che viene da un vero e proprio vizio di cervello; la seconda, che viene da tutto il sangue, fatto e reso atrabiliare; la terza, chiamata ipocondriaca, ch'è appunto la nostra, la quale procede da vizio di qualche parte del basso ventre e della regione in­feriore, ma particolarmente dalla milza, la cui infiamma­zione porta al cervello del nostro paziente molta fulig­gine spessa e grassa, il cui vapore nero e maligno pro­duce depravazione nelle funzioni della facoltà regina, facultatis principis, e fa la malattia onde, per via del no­stro ragionamento, egli è manifestamente affetto e con­vinto. A prova di ciò, quale diagnostico incontestabile di quel che dico, voi non avete che da considerare quel­l'aspetto serio che vedete; quella tristezza accompagnata da timore e da diffidenza, segni patognomonici e indivi­duali di codesta malattia, così bene specificata dal divino vecchio Ippocrate; quella fisionomia, quegli occhi rossi e stralunati, quella gran barba, quella complessione cor­porale minuta, gracile, nera e vellosa, i quali segni lo denunciano tutto preso da quella malattia, procedente dal vizio degl'ipocondri: la quale malattia, per processo di tempo naturalizzata, invecchiata, abituata e avente diritto di cittadinanza in lui, potrebbe facilmente dege­nerare o in mania, o in etisia, o in apoplessia e perfino in totale frenesia e furore. Tutto ciò supposto, poiché una malattia ben conosciuta è guarita a metà, e infatti ignoti nulla est curatio morbi, non vi sarà difficile di convenire circa i rimedi che dobbiamo applicare al signore. Prima­mente, per ovviare a quella pletora otturante e a quella cacochimia lussureggiante per tutto il corpo, io son d'av­viso ch'egli debba essere flebotomizzato liberalmente, cioè che i salassi siano frequenti e doviziosi, anzitutto con apertura della vena basilica, poi della cefalica, e in­fine, ove il male fosse ostinato, della frontale, e che l'a­pertura sia larga, affinché possa uscirne il sangue gros­so; e al tempo stesso che lo si purghi, disoppilandolo ed evacuandolo per mezzo di purganti adatti e convenienti, cioè colagoghi e melanogoghi, et caetera; e poiché la vera sorgente di tutto il male è vuoi un umore grasso e feculento, vuoi un vapore nero e grosso che oscura, in­fetta e lorda gli spiriti animali, sarà inoltre opportuno ch'egli faccia un bagno d'acqua pura e netta, con molto siero di latte chiaro, onde si purifichi per opera dell'ac­qua la feculenza dell'umor grasso e si schiarisca per opera del latte chiaro il nero di quel vapore; ma, prima d'ogni altra cosa, io opino che sia opportuno rallegrarlo con piacevoli conversazioni e con canti e musiche; a cui non sarà male aggiungere delle danze, affinché i movi­menti abili ed agili dei danzatori eccitino e sveglino la pigrizia dei suoi spiriti assonnati, la quale occasiona la spessezza del suo sangue, onde procede la malattia. Ecco i rimedi ch'io immagino, ai quali potranno esserne aggiunti altri molti e migliori per indicazione del nostro signor Maestro, secondo la lunga esperienza, il criterio, la luce e l'autorità ch'egli ha acquistati nell'arte nostra. Dixi.

Secondo Medico Dio mi guardi, signore, dall'aggiunger checchessia a ciò che avete detto voi! Voi avete così ben trattato di tutti i segni, i sintomi e le cause della malat­tia del signore; il ragionamento che ci avete fatto su è così dotto e così bello, ch'e impossibile ch'egli non sia pazzo e melanconico ipocondriaco; e, quand'anche non lo fosse, bisognerebbe che lo diventasse, in considera­zione della bellezza delle cose da voi dette e del giusto ragionamento che avete fatto. Sì, signore, voi avete di­pinto assai graficamente, graphice depinxisti, tutto ciò che appartiene a codesta malattia; non può esserci nulla di più dottamente, saggiamente, ingegnosamente conce­pito, pensato, immaginato, di ciò che avete profferito sul tema di codesto male, sia riguardo alla diagnosi sia ri­guardo alla terapia; e a me non resta altro da fare che congratularmi col signore di essere capitato nelle vostre mani, e dirgli ch'è una straordinaria fortuna per lui d'es­sere pazzo, in condizione cioè di provare l'efficacia e la dolcezza dei rimedi che voi avete così giudiziosamente proposti. Io li approvo tutti, manibus et pedibus de­scendo in tuam sententiam. Tutto ciò ch'io vorrei sug­gerire è di fare i salassi e le purghe in numero dispari: numero deus impari gaudet; di prendere il latte chiaro prima del bagno; di applicargli alla fronte una compres­sa di acqua e sale, il sale essendo simbolo della saggezza; di far imbiancare le pareti della sua camera, per dissi­pare le tenebre dei suoi spiriti: album est disgregativum visus; e di somministrargli subito un piccolo lavaggio, quasi preludio e introduzione a quei giudiziosi rimedi, dai quali, se deve guarire, ha da ricevere qualche sollie­vo. Voglia il Cielo che questi rimedi, che sono i vostri, signore, producano nel malato l'effetto ch'è nelle nostre intenzioni!

Il signor di Pourceaugnac Signori, è un'ora che vi ascolto. Stiamo facendo la commedia?

Primo Medico    No, signore, nessuna commedia.

Il signor di Pourceaugnac E allora che cos'è tutto que­sto? e che volete dire con le vostre filastrocche e con le vostre sciocchezze?

Primo Medico Bene, delle ingiurie. Ecco un diagnostico che ci mancava per aver la conferma del suo male, il quale, si vede, potrebbe volgersi in mania.

Il signor di Pourceaugnac (tra sé)   Con chi mi hanno messo qui? (Sputa due o tre volte).

Primo Medico Altro diagnostico: la sputazione frequente.

Il signor di Pourceaugnac   Basta così, e andiamocene di qua.

Primo Medico    Ancor uno: l'inquietudine, la voglia di cambiar di posto.

Il signor di Pourceaugnac    Cos'è dunque tutta questa storia? e che volete da me?

Primo Medico    Guarirvi secondo l'ordine che ci è stato dato.

Il signor di Pourceaugnac    Guarirmi?

Primo Medico     Sì.

Il signor di Pourceaugnac Ma perbacco! io non son malato.

Primo Medico Brutto segno, quando un malato non sen­te il suo male.

Il signor di Pourceaugnac    Vi dico che sto bene.

Primo Medico Noi sappiamo meglio di voi come state; noi siamo dei medici, e vediamo chiaro nella vostra co­stituzione.

Il signor di Pourceaugnac Se siete dei medici, non ho niente da far con voi, e mi rido della medicina.

Primo Medico Hum, hum: ecco un uomo più pazzo di quel che pensavamo.

Il signor di Pourceaugnac Mio padre e mia madre non han mai voluto saperne di prender medicine e son morti tutti e due senza l'assistenza dei medici.

Primo Medico Nessuna meraviglia se han messo al mon­do un figlio insensato. Suvvia, procediamo alla cura, e con la dolcezza esilarante dell'armonia, vediamo di ad­dolcire, lenificare e pacificare l'asprezza dei suoi spiriti, che, a quanto vedo, sono pronti ad infiammarsi.

SCENA NONA

Il signor di Pourceaugnac, solo.

Il signor di Pourceaugnac Che diavolo succede? Son tutti matti in questo paese? Mai visto niente di simile, e non ci capisco un bel nulla.

SCENA DECIMA

Due musici italiani, travestiti da medici buffi, seguiti da otto mataccini,

cantano le seguenti parole, accompagnati da una sinfonia di strumenti vari.

I Due Musici

Bon dì, bon dì, bon dì:

Non vi lasciate uccidere

Dal dolor malinconico.

Noi vi faremo ridere

Col nostro canto harmonico,

Sol per guarirvi

Siamo venuti qui.

Bon dì, bon dì, bon dì.

Primo Musico                             

Altro non è la pazzia

Che malinconia.                                 

Il malato                          

Non è disperato,                                          

Se vol pigliar un poco d'allegria:                           

Altro non è la pazzia                                 

Che malinconia.                   

Secondo Musico                       

Su, cantate, ballate, ridete;

E se far meglio volete,

Quando sentite il deliro vicino,

Pigliate del vino,

E qualche volta un po' po' di tabac.

Alegramente, monsù Pourceaugnac!

SCENA UNDICESIMA

Lo Speziale, Il signor di Pourceaugnac.

Lo Speziale Signore, ecco un piccolo rimedio, un pic­colo rimedio, che dovete prendere, per piacere, per pia­cere.

Il  signor di Pourceaugnac Come? Io non ho bisogno di quella roba.

Lo  speziale    È stato ordinato, signore, è stato ordinato.

Il  signor di Pourceaugnac    Ah! quanto chiasso!

Lo Speziale Prendetelo, signore, prendetelo; male non vi farà, male non vi farà.

Il  signor di Pourceaugnac      Ah!

Lo Speziale È un clisterino, un clisterino, benigno, be­nigno; è benigno, benigno; su, prendete, prendete, pren­dete, signore: è per detergere, detergere, detergere...

I Due Musici (accompagnati dai mataccini e dagli strumen­ti, ballano attorno al signor di Pourceaugnac e, ferman­dosi davanti a lui, cantano)

Piglia-lo su                        

Signor monsu,

Piglia-lo, piglia-lo, piglia-lo su,

Che non ti farà male,                   

Piglia-lo su questo servitiale;

Piglia-lo su

Signor monsù,

Piglia-lo, piglia-lo, piglia-lo su.1

                                

Il signor di Pourceaugnac Andate tutti al diavolo!

(Proteggendosi col cappello per garantirsi dal clistere, è inseguito dai medici e dai mataccini; passa dietro il teatro e ritorna a sedersi sulla sedia, presso cui trova Lo Speziale che lo aspettava; anche i due medici e i mataccini tornano in iscena).

I Due Medici    Piglialo su (ecc).

Il signor di Pourceaugnac fugge colla sedia, Lo Speziale vi appunta il suo clistere, e i medici e i mataccini lo in­seguono.

1 In italiano nel testo.     


ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Sbrigani, Primo Medico.

Primo Medico Ha forzato tutti gli ostacoli, e s'è sottrat­to alle cure che avevo iniziate.

Sbrigani Bisogna esser fieri nemici di se stessi per sfug­gire a cure così salutari come le vostre.

Primo Medico Segno di un cervello in dissoluzione e di un'intelligenza depravata, il non voler guarire.

Sbrigani Voi l'avreste guarito magistralmente in un bat­tibaleno.

Primo Medico Senza dubbio, vi fosse anche stata compli­cazione di dodici malattie.

Sbrigani E frattanto, ecco perduti per colpa sua cinque­cento franchi ben meritati.

Primo Medico Ma io, io non ho nessuna intenzione di perderli. Io voglio guarirlo, a suo marcio dispetto. Or­mai è legato e impegnato alle mie cure, e io lo farò pi­gliare dove lo troverò, come disertore della medicina e contravventore alle mie ordinanze.

Sbrigani Avete ragione: le vostre cure non potevano fallire; e così egli finisce per rubarvi del denaro.

Primo Medico    Dove potrei aver notizie di lui?

Sbrigani Dal vecchio Oronte, certamente. Quel tale è ve­nuto qua per sposarne la figlia; ed è probabile che, nulla sapendo dell'infermità del genero, Oronte voglia affret­tare le nozze.

Primo Medico    Vado subito a parlargli.

Sbrigani    Farete tutt'altro che male.

Primo Medico Egli è ipotecato ai miei consulti, e non sarà mai detto che un malato si faccia beffe d'un medico.

Sbrigani Ben detto da parte vostra; ora, se ascoltate me, voi non permetterete ch'egli si sposi prima che lo ab­biate curato a vostra discrezione e sazietà.

Primo Medico    Lasciate fare a me.

Sbrigani (tra sé) E io frattanto monterò un'altra trap­pola, dove suocero e genero resteran presi insieme.

SCENA SECONDA

Oronte, Primo Medico.

Primo Medico Conoscete, signore, un certo signor di Pourceaugnac che deve sposare vostra figlia?

Oronte Sì, lo aspetto da Limosi, e già dovrebb'essere ar­rivato.

Primo Medico È arrivato infatti, ed è scappato da casa mia, dopo esservi stato messo; ma io vi proibisco, nel nome della medicina, di procedere al matrimonio che avete concluso, prima ch'io l'abbia debitamente prepa­rato a ciò e messo in condizione di procreare dei figli ben fatti nel corpo e nello spirito.

Oronte    Cosa state dicendo?

Primo Medico Il vostro futuro genero mi è stato conse­gnato come paziente. La sua malattia, che mi han data da guarire, è un mobile che mi appartiene e che io inca­mero tra i miei effetti; laonde vi dichiaro che non per­metterò mai che si sposi senza aver preventivamente ot­temperato ai suoi obblighi verso la medicina e subito i rimedi che gli ho ordinati.

Oronte    Ha qualche malattia?                                       

Primo Medico      Sì.                                                       

Oronte    E che malattia, per piacere?                             

Primo Medico   Non è il caso di allarmarsi.

Oronte    È qualche malattia...?

Primo Medico I medici sono obbligati al segreto. Basti che io vi ordino, a voi e a vostra figlia, di non celebrare, senza mio consenso, il matrimonio con lui; pena il dis­favore della Facoltà e tutte le malattie che ci piacerà di mandarvi.

Oronte    Se così è, io non ci tengo a fare il matrimonio.

Primo Medico Me l'han messo nelle mani, ed è tenuto ad essere il mio malato.

Oronte    Come no?

Primo Medico Ha un bel fuggire, lui; lo farò condannare per sentenza di tribunale a farsi guarire da me.

Oronte   Consento.

Primo Medico Sì, bisogna ch'egli crepi, o che io lo gua­risca.

Oronte    Non ho nulla in contrario.

Primo Medico E se non lo trovo, me la pagherete voi, e vi guarirò in vece sua.

Oronte    Ma io sto bene.

Primo Medico Non importa, un malato mi ci vuole, e prenderò quello che potrò.

Oronte Prendete chi volete, ma quello non sarò io. Guar­date un po' che bel ragionamento.

SCENA TERZA

Sbrigani, travestito da mercante fiammingo, Oronte.

Sbrigani Sig-nor, con fostra permissione, io essere uno etranghero, mercante fiomingo, il qual forria tomantarfi uno piccolo notizie

Oronte    Che cosa, signore?

Sbrigani   Mettere fostro cappello su testa, prego, sig-nor.

Oronte   Ditemi dunque quel che desiderate.

Sbrigani Io niente parlare, sig-nor, se foi non mettere cappello su testa.

Oronte    E va bene. Che c'è, signore?

Sbrigani Foi cog-noscere in sta tzittà uno sig-nor Oronte?

Oronte   Sì, lo conosco.

Sbrigani    E che omo essere, sig-nor, per fafore?

Oronte   Un uomo come gli altri.

Sbrigani Io tomantare, sig-nor, si essere omo ricco con sustantzie.

Oronte    Sì.

Sbrigani    Ma ricco molto grantissimo, sig-nor?

Oronte     Sì.

Sbrigani    Molto piatzere, sig-nor.

Oronte    E perché vi fa piacere?

Sbrigani    Per una piccola cossa de importantza per noi.

Oronte    Perché dunque?

Sbrigani Perché, sig-nor, il sig-nor Oronte tare sua figlia in matrimonio a un tzerto sig-nor de Purzonaca.

Oronte    Ebbene?

Sbrigani Sto sig-nor de Purzonaca, sig-nor, essere omo il quale afer grante tèbite con dieze dodeze mercanti fiominghi i quali esser fenuti qua.

Oronte Il signor di Pourceaugnac ha grandi debiti con dieci o dodici mercanti?

Sbrigani Sì, sig-nor; essere otto mese che noi afere otte­nuta uno piccolo sentenzio contro lui, e lui remettere a pagare tutti sui cretitori con sto matrimonia che sto sig-nor Oronte fare per suo figlia.

Oronte Hum, hum, egli ha rimesso al matrimonio il pa­gamento dei suoi debiti?

Sbrigani Sì, sig-nor, e con grante tefozione noi tutti aspettare sto matrimonia.

Oronte (tra sé) L'informazione non è da buttar via. Vi saluto, signore.

Sbrigani    Rincrazio, sig-nor, della grante favor.

Oronte    Servo umilissimo.

Sbrigani Io me opligato, sig-nor, del buon notizio che sig-nor mi afere dato. (Solo, dopo essersi tolta la barba e spogliatosi dell'abito di fiammingo) Mica male, fin qui. Deponiamo ora le nostre spoglie di fiammingo, per preparare altre macchinette; e vediamo di spargere tanti so­spetti e tanti motivi di divisione tra suocero e genero da rompere l'imbastito matrimonio. Sembrano fatti appo­sta, l'uno e l'altro, per ingoiare gli ami che gli vogliam tendere; e per noi furbi di prima qualità non è che un gioco prendere dei pesciolini cosi ben disposti.

SCENA QUARTA

Il signor di Pourceaugnac, Sbrigani.

Il signor di Pourceaugnac (si crede solo) Piglia-lo su, piglia-lo su, signor monsù: che roba è questa? (Scorge Sbrigani) Ah!

Sbrigani    Che succede, signore, cos'avete?

Il signor di Pourceaugnac Tutto quel che vedo mi pa­re lavativo.

Sbrigani    Come mai?

Il signor di Pourceaugnac Non sapete dunque quel che m'è capitato, lì in quella casa a cui voi mi avete con­dotto?

Sbrigani    No davvero: che cosa vi è capitato?

Il signor di Pourceaugnac Io pensavo di esservi tratta­to come si conviene.

Sbrigani    Ebbene?

Il signor di Pourceaugnac Vi lascio nelle mani di que­sto signore. Dei medici vestiti di nero. Su una sedia. Ta­stare il polso. Conciossiaché. È pazzo. Due tipi grassocci. Grandi cappelli. Bon dì, bon dì. Sei Pantaloni. Ta,ra, ta,ta; ta,ra,ta,ta. Alegramente, Monsù Pourceaugnac. Speziale. Lavativo. Prendete, signore, prendete, prende­te. È benigno, benigno, benigno. È per detergere, deter­gere, detergere. Piglia-lo su, signor monsù, piglia-lo, pi­glia-lo, piglia-lo su. Mai in vita mia ho fatto una tale scorpacciata di scemenze.

Sbrigani    Che cosa vuol dire tutto ciò?

Il signor di Pourceaugnac Ciò vuol dire che quell'uo­mo, coi suoi grandi abbracci, è un manigoldo che mi ha messo in una casa, per ridersi di me e giocarmi un tiro.

Sbrigani      Possibile?

Il signor di Pourceaugnac Altro che possibile! Erano una dozzina di scalmanati che mi stavano alle costole, e io ho fatto una fatica del diavolo a liberarmi dalle loro branche.

Sbrigani Ma guarda un po' come l'apparenza inganna! Io l'avrei creduto il più affezionato dei vostri amici. Ecco una cosa di cui mi stupirò sempre: che vi siano al mon­do dei birbanti cosi fatti.

Il signor di Pourceaugnac Per caso, non mi porto ad­dosso odore di lavativo? Fate attenzione, vi prego.

Sbrigani Eh! c'è qualche cosetta che somiglia a quel che dite.

Il signor di Pourceaugnac Ho l'odorato e l'immagina­zione pieni di quella cosa, e mi par sempre di vedere una dozzina di strumenti che mi prendano di mira.

Sbrigani Ecco un caso di nera malvagità! e gli uomini so­no dei gran traditori e scellerati!

Il signor di Pourceaugnac Indicatemi, vi prego, la ca­sa del signor Oronte. Son ben contento di andarvi su­bito.

Sbrigani Ah, ah! siete dunque di temperamento caldo, e avete sentito dire che il signor Oronte ha una figlia...

Il signor di Pourceaugnac    Sì, son venuto per sposarla.

Sbrigani    Spo... sposarla?

Il signor di Pourceaugnac     Sì.

Sbrigani    In matrimonio?

Il signor di Pourceaugnac In quale altro modo dun­que?

Sbrigani Ah! ma allora è un'altra cosa, e vi domando scusa.

Il signor di Pourceaugnac    Che cosa volete dire?

Sbrigani    Niente.

Il signor di Pourceaugnac    Come niente?                

Sbrigani Niente, ripeto: ho parlato un po' sventatamente.

Il signor di Pourceaugnac Vi prego di dirmi che cosa c'è sotto a tutto questo.

Sbrigani    No, non è necessario.

Il signor di Pourceaugnac    Ve ne prego.

Sbrigani    Ma no; vi prego io di dispensarmi dal dire.

Il signor di Pourceaugnac   Non mi siete amico?

Sbrigani    Certo; non si può esserlo di più.

Il signor di Pourceaugnac Dunque non mi dovete na­scondere nulla.

Sbrigani    È una cosa che tocca l'interesse di terzi.

Il signor di Pourceaugnac Affinché mi apriate il vostro cuore, ecco qua un anellino che vi prego di accettare per amor mio.

Sbrigani Lasciate che m'interroghi un poco, se, in co­scienza, posso farlo. (Dopo essersi un po' scostato dal signor di Pourceaugnac) È un uomo che cerca il proprio utile, studiandosi di collocare sua figlia nel modo più vantaggioso possibile; e non bisogna far male a nessuno. In verità si tratta di cose ben note; ma io sto per rivelarle a uno che le ignora; e scandalizzare il prossimo non si deve. Questo è vero. Ma, d'altra parte, ecco un forestiere che altri vuol raggirare, e che, in piena buona fede, viene a sposarsi con una ragazza sconosciuta e non mai vista da lui; un gentiluomo pieno di lealtà, per il quale io pro­vo della simpatia, e che mi fa l'onore di considerarmi suo amico, si fida di me, e mi regala un anello da conservare per amor suo. (Al signor di Pourceaugnac) Si, io trovo che posso dirvi come stanno le cose senza offendere la mia coscienza; ma sforziamoci di dirvele nel modo più dolce possibile, risparmiando, quanto possibile, i terzi. Dirvi che quella ragazza conduce una vita disonesta, sa­rebbe eccessivo; cerchiamo, per spiegarci, dei termini più dolci. Il termine di donna galante non calza neppur esso; quello di civetta consumata, ecco, questo mi sem­bra adatto al caso nostro, e posso servirmene per dirvi pulitamente quel ch'essa è.

Il signor di Pourceaugnac Vogliono dunque farmi fes­so?

Sbrigani    Forse, in fondo, non c'è tutto il male che il mondo crede. E poi, dopo tutto, ci son delle persone che si sentono superiori a questo genere di cose e non credono che il loro onore dipenda...

Il signor di Pourceaugnac Grazie tante, io non voglio mettermi in testa un cappello come quello là, e nella fa­miglia dei Pourceaugnac ci si tiene a andar con la testa alta.

Sbrigani   Ecco il padre.

Il signor di Pourceaugnac    Quel vecchio che viene?

Sbrigani    Si, io mi ritiro.

SCENA QUINTA

Oronte, Il signor di Pourceaugnac.

Il signor di Pourceaugnac Buongiorno, signore, buon­giorno.

Oronte    Servo, signore, servo.

Il signor di Pourceaugnac Voi siete il signor Oronte, non è vero?

Oronte    Appunto.

Il signor di Pourceaugnac E io, il signor di Pourceaugnac.

Oronte    Benissimo.

Il signor di Pourceaugnac Credete, signor Oronte, che i limosini siano degli sciocchi?

Oronte Credete, signor di Pourceaugnac, che i parigini siano delle bestie ?

Il signor di Pourceaugnac V'immaginate, signor Oronte,

che un uomo come me sia a tal punto affamato di moglie?

Oronte V'immaginate signor di Pourceaugnac, che una figlia come la mia sia a tal punto affamata di marito?

SCENA SESTA

Giulia, Oronte, Il signor di Pourceaugnac.

Giulia Mi han detto, padre mio, che il signor di Pourceaugnac è arrivato. Ah! eccolo senza dubbio, il cuore me lo dice. Com'è ben fatto! e che bell'aspetto! Come son contenta d'avere un tale sposo! Permettete che gli dia un bacio e che gli esprima...

Oronte    Piano, figlia mia, piano.

Il signor di Pourceaugnac (tra sé) Perdindirindina, che fraschetta! come si accende subito!

Oronte Io vorrei saper bene, signor di Pourceaugnac, per quale ragione un momento fa...

Giulia Son proprio contenta di vedervi, e brucio d'im­pazienza...

Oronte    Ah, figlia mia! Via di là, vi dico.

Il signor di Pourceaugnac (Giulia gli si è appressata, e lo guarda con aria languida, mentre tenta di prendergli una mano)    Oh, oh, che disinvoltura!

Oronte Vorrei saper bene, ripeto, per quale ragione, se non vi dispiace, avete tanto ardire da...

Giulia continua il suo gioco.

Il signor di Pourceaugnac (tra sé)    O mia costanza!

Oronte (a Giulia)    Ancora? Ma che cosa fai?

Giulia    Non volete che faccia una carezza allo sposo che mi avete scelto?

Oronte    No, rientrate in casa.

Giulia    Lasciate che me lo guardi.                                             

Oronte    In casa, ripeto.

Giulia    E io voglio restar qui, se non vi dispiace.

Oronte    E io, invece, non voglio, io; e se non rientri subito in casa...

Giulia    Ebbene! rientro, sì.

Oronte (al signor di Pourceaugnac)  Mia figlia è una sciocchina che non sa nulla del mondo.

Il signor di Pourceaugnac (tra sé)    Come le piacciamo!

Oronte (a Giulia che s'è fermata dopo pochi passi) Vuoi andartene, sì o no?

Giulia    Dite: quando mi mariterete col signore?

Oronte    Mai; e tu non sei per lui.

Giulia    E io voglio averlo, io, poiché me l'avete promesso.

Oronte    Se te l'ho promesso, ora te lo sprometto.

Il signor di Pourceaugnac Lei ha una gran voglia di prendermi.

Giulia (a Oronte) Voi avete un bel dire e un bel fare; ci sposeremo a dispetto di tutti.

Oronte Ci sarò ben io a impedirvelo a tutti e due, vi as­sicuro. Vedete un po' quale vertigo l'ha presa.

Il signor di Pourceaugnac Inutile che vi diate tanta pena, o nostro futuro suocero; non si ha alcuna voglia di portarvi via vostra figlia, e tutte le vostre commedie non riusciranno a nulla.

Oronte    Tutte le vostre non produrranno grande effetto.

Il signor di Pourceaugnac Vi siete messo in testa che Leonardo di Pourceaugnac sia uomo disposto a comperare il gatto nel sacco? e che non abbia qua dentro qual­che oncia di giudizio per condursi, per informarsi della storia del mondo, e precauzionarsi, sposandosi, che il suo onore sia per essere al sicuro?

Oronte Non capisco nulla di quel che dite; ma voi, vi sie­te messo in testa voi, che un uomo di sessanta e tre anni abbia così poco cervello, e tenga in così poco conto la propria figlia da maritarla con uno che ha quel che sapete e ch'è stato internato presso un medico per essere curato?

Il signor di Pourceaugnac È un tiro che mi han fatto, e io non ho alcun male.

Oronte    Il medico me l'ha detto lui stesso.

Il signor di Pourceaugnac Il medico ha mentito: io sono gentiluomo, e vorrò vederlo con la spada in mano.

Oronte    So quel che devo pensare, e voi non m'imbroglie-rete né su questo punto, né su quell'altro, dei debiti che avete messi sul conto del matrimonio con mia figlia.

Il signor di Pourceaugnac    Quali debiti?

Oronte Inutile fingere di non capire; ho visto il mercante fiammingo che, insieme con gli altri creditori, ha otte­nuto sentenza contro di voi, già da otto mesi.

Il signor di Pourceaugnac Quale mercante fiammin­go? quali creditori? quale sentenza ottenuta contro di me?

Oronte    Voi sapete bene che cosa voglio dire.

SCENA SETTIMA

Lucietta, Oronte, Il signor di Pourceaugnac.

Lucietta (finge di parlare in linguadoca) Ah! tu es qua, e alla fin yeu te trovi dopo aver tanto camminato. Podes tu, scellerato, podes tu sostener la mia vista?

Il signor di Pourceaugnac Che cosa vuole questa don­na?

Lucietta Que te voli, infame! Tu fas sembiante di non conoscermi, e non arrossisci, impudente che sei, non ar­rossisci di vedermi? Non so, signore, se siete voi che mi han detto che volete sposare vostra figlia; ma io vi di­chiaro que yeu soun sa fenno, che sono sua moglie, e che sette anni fa, signore, passando da Pezenas, egli fu cosf bravo de me gaignà lou cor con le sue galanterie, che ci sa tanto fare, e cosi m'obbligò a ly dounà la ma per l'es-pousà.

Oronte    Oh! oh!

Il signor di Pourceaugnac    Che diavolo va dicendo?

Lucietta Il traditore mi lasciò tre anni dopo, col prete­sto di certi affari che lo chiamavano nel suo paese, e da, allora non ne ho più saputo nulla; ma proprio quando meno ci pensavo mi han dato avviso che veniva in questa città per se remaridà con un'altra giovane, que sus parens ly an proucurado, sensse saupre' res ce son prumier ma-riatge. Ho subito lasciato ogni cosa, e son venuta in que­sto luogo più presto che ho potuto, per m'oupousà en aquel criminel mariatge, e confondere agli occhi di tutti il più malvagio degli uomini.

Il signor di Pourceaugnac Ecco una sfrontata eccezio­nale!

Lucietta Impudente, non ti vergogni d'ingiuriarmi, in­vece di esser confuso dei rimproveri segreti que ta cons-siensso te deu fayre?

Il signor di Pourceaugnac Io sarei dunque vostro ma­rito?

Lucietta Infame! gausos-tu dire lou contrari? Ah, tu sai bene ch'è fin troppo vero, per mia sventura; e piacesse al Cielo che cosi non fosse, e che tu mi avessi lasciata nello stato d'innocenza e nella tranquillità in cui la mia anima viveva prima che i tuoi incantamenti e i tuoi in­ganni venissero a tirarmene fuori! Yeu non serio pas reduito a fare la triste parte che faccio, e a vedere un ma-rito crudele disprezzare tutto l'ardore che ho per lui, la­sciandomi senza pietà in preda ai dolori mortali che sen­to per le sue perfide azioni.

Oronte    Non so come trattenere le lagrime. (Al signor di Pourceaugnac) Via, siete proprio un malvagio.

Il signor di Pourceaugnac    Chi ci capisce nulla in tutto questo?

SCENA OTTAVA

Nerina, travestita da piccarda, Lucietta, Oronte, Il signor di Pourceaugnac.

Nerina Ah! non ne posso più, son senza fiato. Ah! finfa-ron, tu m'as bien fait courir, tu ne m'écaperas mie. Giu­stizia, giustizia! Muovo impedimento al matrimonio! (A Oronte) Colui è mio marito, signore; e io voglio che sia impiccato, che è proprio fatto per la forca.

Il signor di Pourceaugnac    Eccone un'altra adesso!

Oronte (tra sé)    Ma che diavolo d'uomo è mai costui?

Lucietta Che volete dire, voi, col vostro impedimento e col vostro impiccare? Quest'uomo è vostro marito?

Nerina    Sì, signora, e io sono sua moglie.

Lucietta È falso, aquòs yeu que soun sa ferino; e se de­v'essere impiccato, aquo sera yeu que lou farày penda.

Nerina    Non capisco una parola di questo ostrogoto.

Lucietta    Vi dico che son io che son sua moglie.

Nerina    Sua moglie?

Lucietta     Sì.

Nerina    E io vi dico, ancora una volta, che son io.

Lucietta    Et yeus bous soustèni yeu, qu'aquòs yeu.

Nerina    Il y a que tre ans qu'il m'a eposée.

Lucietta    E io sette anni che mi ha presa per moglie.

Nerina    Ho dei testimoni di quel che dico.

Lucietta    Tutto il mio paese lo sa.

Nerina    La nostra città può dirlo.

Lucietta    Tutta Pezenas ha visto il nostro matrimonio.

Nerina    Tutta San Quintino ha assistito alle nostre nozze.

Lucietta    Non c'è niente di più vero.

Nerina    Non c'è niente di più certo.

Lucietta (al signor di Pourceaugnac) Osi tu dire il con­trario, che Dio ti sprofondi?

Nerina    Potrai tu smentirmi, delinquente?

Il signor di Pourceaugnac È altrettanto vera una cosa che l'altra.

Lucietta Quale impudenza! E così, miserabile, non ti ricordi più della povera Cecchina e del povero Nanni, che sono i frutti del nostro matrimonio?

Nerina Vedete un po' che insolenza. E che? Non ti ricor­di di quella povera bimba, la nostra piccola Maddalena, che mi hai lasciata in pegno della tua fedeltà?

Il signor di Pourceaugnac Ecco due spudorate caro­gne!

Lucietta Vieni, Cecchina, vieni, Nanni! Vieni, tesoro, vieni, carina! venite a far vedere a un padre snaturato la durezza che ha per voialtri!

Nerina Vieni, Maddalena, bambina mia! Vieni a svergo­gnare tuo padre di tanta impudenza.

Nanni, Cecchina, Maddalena     Ah! papà, papà, papà!

Il signor di Pourceaugnac Andate al diavolo, figli di puttane!

Lucietta Così, traditore, accogli i tuoi figli, senza nessun turbamento, e chiudi l'orecchio alla tenerezza paterna? Tu non m'escaperas pas, infame; yeu te voli seguy per tout, et te reprouchà ton crime, fin tanto che non mi sia vendicata, facendoti impiccare. Voglio vederti impicca­to, birbante.

Nerina Non ti vergogni di dir quelle parolacce e di essere insensibile alle carezze di questa povera bimba? Non ti salverai per questo dalle mie grinfie, e, di' pure quel che vuoi, je feray bien voir que je sis ta femme, et je te feray pindre.

I Bimbi (tutti insieme)    Papà, papà, papà!

Il signor di Pourceaugnac Aiuto! aiuto! Dove fuggi­re? Non ne posso più!

Oronte Voi farete bene a farlo punire, e starà benissimo impiccato.

SCENA NONA

Sbrigani, solo.

                                            

Sbrigani Tutte le cose procedono sotto il mio occhio, e non vanno poi tanto male. Gli daremo la vita maledetta, al nostro provinciale, tanto che dovrà levare il tacco; ga­rantisco io.

SCENA DECIMA

Il signor di Pourceaugnac, Sbrigani.

Il signor di Pourceaugnac Ah! son morto ammazzato! Che disastro! maledetta città! Assassinato da tutte le parti!

Sbrigani    Che c'è, signore? Che altro c'è mai?

Il signor di Pourceaugnac Si. In questo paese non fa che piovere donne e lavativi.

Sbrigani    Come sarebbe a dire?

Il signor di Pourceaugnac Due carogne di femmine son venute ad accusarmi, bestemmiando in ostrogoto, di averle sposate tutte e due, e minacciando di condurmi davanti alla giustizia.

Sbrigani Brutto affare; la giustizia in questo paese è tre­mendamente rigorosa contro i delitti di tal genere.

Il signor di Pourceaugnac Sì; ma quand'anche vi fosse istruttoria scritta, mandato di comparizione, decreto, e giudizio ottenuto per direttissima e in contumacia, avrei sempre aperta la via del conflitto di giurisdizione, per temporeggiare e impugnare di nullità la sentenza, secon­do le norme di procedura.

Sbrigani Questo si chiama parlare nei dovuti termini, e si vede bene, signore, che siete del mestiere.

Il signor di Pourceaugnac Io? niente affatto; io sono gentiluomo.

Sbrigani Bisogna pure, per parlare a codesto modo, che abbiate studiato la pratica del diritto.

Il signor di Pourceaugnac Per nulla: basta il senso co­mune ad assicurarmi che sarò pur sempre ammesso a di­fendermi, e che non mi si potrà condannare su una sem­plice accusa, senza nuova audizione di testimoni e con­fronto con la mia parte.

Sbrigani    Ecco qualcosa di ancor più sottile.

Il signor di Pourceaugnac Le parole mi vengono senza ch'io ci pensi.

Sbrigani A me pare che il senso comune di un gentiluo­mo può benissimo concepire ciò che riguarda il diritto e gli ordinamenti giudiziari, ma non possedere a tal punto i termini della procedura.

Il signor di Pourceaugnac Son poche parole che ho ri­tenute leggendo i romanzi.

Sbrigani    Ah! benissimo.

Il signor di Pourceaugnac Per dimostrarvi che non ci capisco nulla in fatto di processi, vi prego di condurmi da un avvocato a cui sottoporrò il mio caso.

Sbrigani D'accordo, e vi condurrò subito da tre valentuo­mini; ma debbo prima avvertirvi, affinché non ne siate sorpreso, che hanno un curioso modo di parlare. Nella frequentazione del foro hanno contratto certa abitudine di declamare che somiglia al canto; e voi prenderete per musica tutto ciò che vi diranno.

Il signor di Pourceaugnac Che importa come parlano, purché mi dicano ciò che voglio sapere?

SCENA UNDICESIMA

Sbrigani, Il signor di Pourceaugnac, due avvocati-musici, l'uno dei quali parla lentissimamente, l'altro a precipi­zio, accompagnati da due procuratori e da due guardie.

L'Avvocato che strascina le parole

È un caso, un caso da corda             

La poli, la poligamia.

L'Avvocato barbuglione

Il vostro fatto è limpido,                                  

In fede mia;

Sulla question specifica        

Tutto il diritto è esplicito:

Caso pacifico.

Consultate i nostri autori,

I legisti e i glossatori,

Giustiniano e Papiniano,

Con Ulpiano e Triboniano,

E Fernando e Rebuffo e Gianni d'Imola

E Di Castro e Giuliano e Paolo e Bartolo,

Giasone infine e Palciato e Cuiasso,

Questa cima, quest'asso:

Caso da corda,

In fede mia,

È la poligamia.

Tutti i popoli evoluti

Di giudizio provveduti,

L'olandese, il francese, l'inglese,

Lo svedese, il fiammingo, il portoghese,

Il tedesco e l'italiano

Su questo punto si danno la mano;

Ogni legge qui si accorda:

Caso da corda,                                          

In fede mia,                                            

È la poligamia.

Il signor di Pourceaugnac si getta su loro e li batte. I due procuratori e le due guardie fanno un balletto con cui finisce l'atto.


atto terzo

SCENA PRIMA

Erasto, Sbrigani.

Sbrigani Sì, le cose s'incamminano verso il punto che vogliam noi. E poiché i suoi lumi son molto deboli e limi-tatissimo il suo giudizio, gli ho messo addosso tale uno spavento della severità dei nostri tribunali, e dei prepa­rativi che già si stavan facendo per la sua morte, che ora vuol darsi alla fuga; e per sfuggire più facilmente alle guardie che gli ho detto esser poste alle porte della città per arrestarlo, ha deciso di travestirsi, e s'è infatti tra­vestito da donna.

Erasto    Quanto mi piacerebbe di vederlo così conciato.

Sbrigani Pensate invece a portare a compimento la com­media per la parte vostra; e mentre io reciterò le mie scene con lui, andate a... (gli parla all'orecchio) Mi ca­pite bene?

Erasto    Sì.

Sbrigani E quando l'avrò messo dove voglio... (continua a parlargli all'orecchio).

Erasto    Inteso.

Sbrigani E quando il padre sarà stato avvertito da me... (come sopra).

Erasto    Non potrebbe andar meglio.

Sbrigani Ecco la nostra damigella; andate via presto, che non ci veda insieme.

SCENA SECONDA

Il signor di Pourceaugnac, vestito da donna, Sbrigani.

Sbrigani Per conto mio, credo che in codesto stato nes­suno potrà riconoscervi, e voi avete l'aria, cosi come sie­te, di una nobile dama.

Il signor di Pourceaugnac Una cosa che mi stupisce è che in questo paese le forme della giustizia non sian ri­spettate.

Sbrigani Sì, ve l'ho già detto, qui si comincia con l'im­piccare un uomo, e poi gli si fa il processo.

Il signor di Pourceaugnac Ecco una giustizia molto ingiusta.

Sbrigani È diabolicamente severa, specie per queste spe­cie di delitti.

Il signor di Pourceaugnac Ma quando uno è inno­cente?

Sbrigani Non conta, essi non si preoccupano di ciò; e poi, in questa città hanno un odio tremendo per quelli del vostro paese, e di nulla godono quanto di veder im­piccare un limosino.

Il signor di Pourceaugnac E che male gli han fatto i limosini?

Sbrigani Sono dei bruti, nemici della gentilezza e del merito delle altre città. Quanto a me, vi confesso che son terrorizzato per voi; e non potrei consolarmi per tutto il resto della mia vita se foste impiccato.

Il signor di Pourceaugnac Non è tanto la paura della morte che mi fa fuggire, quanto la sconvenienza, per un gentiluomo, d'essere impiccato, dato che una prova co­me quella là farebbe torto ai nostri titoli di nobiltà.

Sbrigani Avete ragione, perché, dopo il fatto, vi con­testerebbero il titolo di cavaliere. Frattanto fate atten­zione, quando vi condurrò per mano, di camminare come una donna e di prendere il linguaggio e tutte le maniere di una persona d'alto rango.

Il signor di Pourceaugnac Lasciate fare a me, ho in pratica le belle maniere; la sola cosa che guasta è che ho un poco di barba.

Sbrigani La vostra barba non è nulla, e ci son delle donne che ne hanno quanta voi. Su, vediamo un po' come fa­rete. (Dopo che Il signor di Pourceaugnac ha recitato la parte di nobildonna). Bene.

Il signor di Pourceaugnac Presto il mio cocchio: do­v'è il mio cocchio? Dio mio, che pena aver dei servitori cosi fatti! Mi faran dunque aspettare tutta la giornata in strada, non faranno mai venire il mio cocchio?

Sbrigani    Benissimo.

Il signor di Pourceaugnac Olà! oh! cocchiere, lacchè! Ah! birbantello, quante frustate vi farò dare tra poco! Lacchè, lacchè! Dove s'è mai cacciato codesto lacchè? Non lo si troverà dunque più il mio lacchè? Non ci sarà nessuno che faccia venire il mio lacchè? Non ho forse più un lacchè in questo mondo?

Sbrigani A meraviglia; ma io noto una cosa: codesta cuffietta è un po' troppo leggera; vado a cercarne una un po' più consistente, perché possiate meglio nascon­dervi il viso, in caso d'incontri.

Il signor di Pourceaugnac    Che sarà di me intanto?

Sbrigani Aspettatemi qui. Torno in un momento; non avete che da passeggiare.

Il signor di Pourceaugnac va su e giù continuando a re­citare la parte di nobildonna.

SCENA TERZA

Due svizzeri, Il signor di Pourceaugnac.

Primo Svizzero (senza vedere Il signor di Pourceaugnac) Antiamo presto, camerata, bisogna antare tutti tue noi federe un poco ciustiziare sto monsù Porcegnac, che l'è stato contannato essere impiccato per suo collo.

Secondo Svizzero (come l'altro) Bisogna noi affittare uno finestra per federe sta ciustizia.

Primo Svizzero Se dice che hanno fatto piantare un for­co tutto nuovo per attaccarti sto Porcegnac.

Secondo Svizzero Sarà proprio gran piazere reguartare impiccar sto limosin.

Primo Svizzero Si, federlo scampettare li piede in alto tavanti tutto il mondo.

Secondo Svizzero Un pel tipo de orno, si; se dice che es­sere maritato tre folte.

Primo Svizzero Sto tiavolo foler tre femmene per lui tutto solo; non pasta una?

Secondo Svizzero (vedendo Il signor di Pourceaugnac) Ah! ponciorno, mamisella.

Primo Svizzero    Cosa fare foi là tutta sola?

Il signor di Pourceaugnac Aspetto la mia servitù, si­gnore.

Secondo Svizzero    L'è pella, in fede mia!

Il signor di Pourceaugnac    Piano, signori.

Primo Svizzero Foi, mamisella, foler fenire tifertirfi? Noi far federe a foi uno piccolo impiccamento molto crazioso.

Il signor di Pourceaugnac    Vi ringrazio.

Secondo Svizzero L'è uno centilomo limosin chi sirà centilmente impiccato a uno gran forco.

Il signor di Pourceaugnac    Non ho nessuna curiosità.

Primo Svizzero    Ecco uno crazioso tettino.

Il signor di Pourceaugnac    State buono.

Primo Svizzero In fede mia, me folentieri in letto con foi.

Il signor di Pourceaugnac Ah! è troppo, e codeste por­cherie non si dicono a una donna della mia condizione.

Secondo Svizzero Via, tu; sono me che vuole antare a letto con ella.

Primo Svizzero    Me non folere.

Secondo Svizzero    E me folere.

Lo tirano di qua e di là con violenza.

Primo Svizzero    Me non far niente.

Secondo Svizzero    Te afere mentito.

Primo Svizzero    Afere mentito te stesso.

Il signor di Pourceaugnac    Aiuto! La forza! Venga la forza!

SCENA QUARTA

Un ufficiale di polizia, due arcieri, primo e secondo svizzero, Il signor di Pourceaugnac.

L'Ufficiale    Che succede? Siamo davanti a un caso di violenza? e che pretendete dalla signora? Via di qua, se non volete che vi metta dentro.

Primo Svizzero    Pene, per tiana! te non afere mamisella.

Secondo Svizzero    Per tiana, pene! te anche non afere lei.

Il signor di Pourceaugnac    Vi son molto obbligata, signore, di avermi liberata da quegli insolenti.

L'Ufficiale    O guarda! ecco un viso che somiglia assai a quello che mi han descritto.

Il signor di Pourceaugnac    Non sono io, vi assicuro.

L'Ufficiale    Che volete dire?...

Il signor di Pourceaugnac      Non lo so.

L'Ufficiale    Perché dunque avete detto...?

Il signor di Pourceaugnac    Per niente.

L'Ufficiale    Ecco un discorso che dà indizio di qualche

cosa: vi dichiaro in arresto.

Il signor di Pourceaugnac    Eh! signore, di grazia.

L'Ufficiale    No, no; stando al vostro aspetto e ai vostri discorsi, dovete essere, travestito a codesto modo, quel  signor di Pourceaugnac che cerchiamo; e verrete con me senza indugio.

Il signor di Pourceaugnac     Ahimè!

SCENA QUINTA

L'Ufficiale, gli arcieri, Sbrigani, il signor di Pourceaugnac.

Sbrigani (al signor di Pourceaugnac) Ah Cielo! che vuol dir questo?

Il signor di Pourceaugnac    Mi hanno riconosciuto.

L'Ufficiale    Sì, sì, e ne sono felicissimo.

Sbrigani(all'ufficiale) Eh! signore, per amor mio: pensa­te che siamo amici da molto tempo; vi scongiuro di non condurlo in prigione.

L'Ufficiale    No; mi è impossibile.

Sbrigani Via, voi siete uomo con cui si può trattare: non ci sarebbe modo di accomodare la cosa con qualche franchetto?

L'Ufficiale (agli arcieri)    Tiratevi un poco in là.

Sbrigani (al signor di Pourceaugnac, sottovoce) Bisogna dargli del denaro perché vi lasci andare. Fate presto.

Il signor di Pourceaugnac    Ah città maledetta!

Sbrigani (all'Ufficiale)  Tenete, signore.

L'Ufficiale   Quanto?

Sbrigani Dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, ses­santa, settanta, ottanta, novanta, cento.

L'Ufficiale No, l'ordine che ho ricevuto è troppo pre­ciso.

Sbrigani Dio mio! aspettate. (Si rivolge al signor di Pourceaugnac)

Spicciatevi, dategli il doppio.

Il signor di Pourceaugnac     Ma...

Sbrigani Spicciatevi, ripeto, e non perdete tempo: un bel sollazzo avreste, quando foste impiccato.

Il signor di Pourceaugnac     Ah!

Sbrigani    Tenete, signore.

L'Ufficiale    Bisogna dunque ch'io fugga con lui, poiché questo per me non è più luogo sicuro. Lasciate ch'io lo conduca, e non movetevi di qui.

Sbrigani    Vi prego di averne gran cura.

L'Ufficiale    Vi prometto di non lasciarlo, se non quando l'avrò messo al sicuro.

Il signor di Pourceaugnac    Addio. Ecco il solo onest'uomo ch'io abbia incontrato in questa città.

Sbrigani    Non perdete tempo; io vi amo tanto che vorrei foste già molto lontano di qui. Che il Cielo ti conduca! Un bel gonzo, in fede mia! Ma ecco...

SCENA SESTA

Oronte, Sbrigani.

Sbrigani (fingendo di non vedere Oronte)    Ah! che strano caso! E che triste notizia per un padre! Povero Oron­te, come ti compiango! Che dirai? e come potrai soppor­tare questo mortale dolore?

Oronte    Cos'è? Quale sventura mi annunci?

Sbrigani Ah! signore, quel perfido d'un limosino, quel traditore d'un signor di Pourceaugnac vi rapisce la figlia.

Oronte    Mi rapisce mia figlia!

Sbrigani Sì: essa n'è innamorata pazza, al punto da la­sciarvi voi per seguirlo lui; e si dice ch'egli ha un non so che per farsi amare da tutte.

Oronte Presto, andiamo a chieder l'aiuto della polizia. Gli arcieri sulle loro tracce!

SCENA SETTIMA

Erasto, Giulia, Sbrigani, Oronte.

Erasto (a Giulia) Suvvia, voi verrete vostro malgrado, e io voglio rimettervi nelle mani di vostro padre. Ecco, signore, la vostra figliuola che io ho strappata a viva forza dalle mani dell'uomo con cui fuggiva; non per amor di lei, ma soltanto per considerazione verso di voi; poiché, dopo l'azione da lei compiuta, io devo disprez­zarla, e guarirmi assolutamente dell'amore che avevo per lei.

Oronte    Ah! infame che sei!

Erasto (a Giulia) Come? trattarmi in tal modo, dopo tutte le prove di amicizia che vi ho date! Non che io vi biasimi di esservi sottomessa alla volontà di vostro pa­dre: egli è saggio e giudizioso nelle cose che fa, e io non mi lagno di essere stato da lui respinto, mentre un altro era bene accolto. Se ha mancato alla parola che mi aveva data, certo ha le sue buone ragioni. Gli si è fatto credere che quell'altro è più ricco di me per quattro o cinque-mila scudi: e quattro o cinquemila scudi sono un peculio considerevole, per cui val la pena che un uomo manchi alla sua parola; ma dimenticare in un momento tutto l'ardore che vi ho dimostrato, lasciarvi infiammare di colpo per un nuovo venuto, e seguirlo vergognosamente senza il consenso di vostro padre, pur essendo a cono­scenza dei delitti di cui è imputato, ecco una cosa che tutti son costretti a condannare, e per la quale il mio cuore non può farvi rimproveri adeguatamente aspri.

Giulia    Ebbene! si, io ho concepito dell'amore per lui, e ho voluto seguirlo, dato che mio padre me l'aveva scelto come sposo. Checché me ne diciate, è un bravissimo uo-mo; e tutti i delitti di cui lo si accusa sono delle spaven­tose invenzioni.

Oronte Tacete! Siete un'impertinente, e io so meglio di voi di che si tratta.

Giulia Si tratta senza dubbio di brutti tiri che gli han giocati, e forse è stato lui (indica Erasto) a inventare tutto questo imbroglio, per far che voi vi facciate una cattiva opinione di quella brava persona.

Erasto    Io sarei capace di far questo?

Giulia    Sì, voi.

Oronte    Tacete! vi dico. Siete una sciocca.

Erasto No, no, non immaginatevi che io abbia la benché minima voglia di mandare a monte questo matrimonio, e che sia stata la mia passione a forzarmi di corrervi ap­presso. Già ve l'ho detto, è stata soltanto la conside­razione che ho per vostro padre, e non ho potuto tolle­rare che un onest'uomo come lui fosse esposto alla ver­gogna delle tante chiacchiere che potrebbero seguire a un'azione come la vostra.

Oronte    Signor Erasto, vi sono obbligato infinitamente.

Erasto Addio, signore. Io desideravo ardentissimamen­te di entrare nella vostra famiglia; ho fatto il possibile per ottenere un tale onore; ma non ho avuto fortuna, e voi non mi avete giudicato degno di tanta grazia. Ciò non impedirà ch'io conservi per voi i sentimenti di stima e di venerazione che la vostra persona m'impone; e, se non mi è stato dato di diventar vostro genero, sarò al­meno, e per sempre, il servitore vostro.

Oronte Basta cosi, signor Erasto. Il vostro comporta­mento mi tocca l'anima, e io vi do mia figlia in isposa.

Giulia Io non voglio altro marito che il signor di Pourceaugnac.

Oronte E io voglio, io, che tu prenda il signor Erasto, e subito. Qua la mano.

Giulia    No, non lo prenderò.

Oronte    E io ti tirerò gli orecchi.

Erasto    No, no, signore; vi prego di non farle violenza.

Oronte Ma a lei tocca di obbedirmi, e io, se occorre, so fare il padrone.

Erasto Non vedete l'amore ch'essa ha per quell'uomo? e volete che io possieda un corpo di cui un altro posse­derà il cuore?

Oronte È un incantesimo ch'egli ha operato su lei, e ve­drete che tra poco essa muterà di sentimento. Datemi la mano, suvvia.

Giulia    Io non...

Oronte Quante inutili ciance! Qua la mano, vi dico. Ah, ah, ah!

Erasto Non crediate ch'io vi dia la mano per amor vo­stro; io sono innamorato soltanto di vostro padre, ed è lui che sposo.

Oronte    Vi son molto obbligato, e aumento di diecimila scudi la dote. Orsù, si faccia venire il notaio per sten­dere il contratto.

Erasto E frattanto noi potremo godere dei divertimenti del carnevale, e far entrare le maschere che, avendo sa­puto delle nozze del signor di Pourceaugnac, si son riu­nite qui da ogni parte della città.

SCENA OTTAVA

Molte maschere di tutte le specie, alcune delle quali oc­cupano i poggiuoli delle case

e altre sono nella piazza: con canzoni e danze e scenette diverse,

esse cercano di procurarsi un innocente piacere.

Una Egiziana

Fuori, via da questo loco,        

Affanni, Pensieri, Tristezze;

Qua venite, Riso e Gioco,

Amore, Piacer, Tenerezze!

Pensiamo soltanto a godere:

La cosa importante è il piacere.

Coro dei Musici

Pensiamo soltanto a godere:

La cosa importante è il piacere.                                 

L'Egiziana

Voi mi seguite, invasi

Da smoderata brama

Di sapere a quai casi                            

I destino vi chiama.

Siate sempre innamorati,

E sarete anco beati.                                      

Un Egiziano                                      

Amiam fino alla partita,                            

Come la ragione vuole.     

Senza amor, ch'è più la vita?                      

Meglio viver senza sole.   

Entrambi a dialogo:

L'Egiziano                                                                         

I beni,

L'Egiziana

La gloria,

L'Egiziano

Il potere

L'Egiziana

Gli scettri, invidiato splendore,

L'Egiziano

Tutto è nulla se manchi il piacere,

L'Egiziana

E piacere non v'è senza amore,

I Due (insieme)

Siamo sempre innamorati,

E saremo anco beati.

Il Piccolo Coro (canta)

Su, balliamo lietamente,

Su, la bella compagnia!

Un Musico (da solo)

Quando adunasi la gente

Per far festa ed allegria,

I più saggi, in fede mia,

Quelli son che arditamente

Fan più prove di pazzia.

Tutti insieme

Pensiamo soltanto a godere:

La cosa importante è il piacere.

Entra il corpo di ballo (formato da due vecchi, due Scaramouches, due Pantaloni, due Dottori e due Arlec­chini).