IL SIGNOR DOTTORE
Carlo Goldoni
Dramma Giocoso per Musica di Polisseno Fegejo Pastor Arcade, da rappresentarsi nel Teatro
Giustinian di S. Moisè l'Autunno dell'Anno .
PERSONAGGI
PARTI SERIE
LA CONTESSA CLARICE vedova.
La Sig. Chiara Bassani.
DON ALBERTO
cancelliere della Giurisdizione.
La Sig. Maddalena Rossi.
PARTI BUFFE
ROSINA sorella di Fabrizio speziale.
La Sig. Catterina Ristorini.
BERNARDINO finto
dottore, figliuolo di Beltrame.
Il Sig. Pietro Canevai. PASQUINA figliuola di Beltrame.
La Sig. Anna Bassani.
BELTRAME fattore
del Marchese Giurisdicente.
Il Sig. Giacomo Caldinelli. FABRIZIO speziale.
Il Sig. Gio. Battista Ristorini.
La Scena si rappresenta in un borgo, detto il Borgo Rapido, Giurisdizione del Marchese del Cavolo.
La Musica del Sig. Domenico Fischietti, Maestro Napolitano.
MUTAZIONI DI SCENE
ATTO PRIMO
Piazzetta del Borgo con Spezieria.
Camera della Contessa.
Camera di Beltrame.
Per il Primo Ballo. Giardino.
ATTO SECONDO Camera della Contessa. Camera di Beltrame.
Per il Secondo Ballo. Campagna con monte.
ATTO TERZO
Camera di Beltrame.
Sala.
Le Scene sono d'invenzione e direzione delli Signori Domenico e Gerolamo, cugini Mauri.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Piazzetta del Borgo con Spezieria.
Fabrizio solo. Signor Ippocrate,
Signor Galeno,
Io vi voglio essere
Buon servitor; Ma poco desino,
Ma poco ceno,
Col miserabile
Vostro favor. O che si ammalino
Più spesso gli uomini,
O i miei barattoli
Mi mangio ancor.
Oh, la passiam pur male!
Nel Borgo uno speziale
Poco può guadagnar; se vi è qualcuno
Ricco di facoltà,
Manda alle spezierie della città.
E i villani? I villani,
Prima si ammalan poco;
E poi, se per disgrazia han qualche male,
L'orto, il pozzo e la dieta è il lor speziale.
Ed io non ho guadagno,
E ho una sorella che domanda stato,
E, quel che è peggio, sono innamorato.
SCENA SECONDA
Beltrame e detto. |
|
BELT. |
Bondì, signor Fabrizio. |
FABR. |
Bondì, messer Beltrame. |
BELT. |
Oh, fatemi il piacere, |
Per l'avvenir non voglio del messere. |
|
FABR. |
No? perché? |
BELT. |
Per più capi. |
Prima, perché un fattore |
|
Merita del signore; e poi mio figlio, |
|
Che ha pigliato la laurea dottorale, |
Se
lo sentisse, se n'avria per male.
FABR. Vostro figlio è dottore?
BELT. Il mio figliuolo
Ora è il signor dottor.
FABR. Me ne consolo.
Di legge o medicina?
BELT. Eh, non signore,
Non è medicinale:
Egli
è un strepitosissimo legale.
FABR. (Di lui poco mi preme,
Ma la sorella sua
mi sta nel cuore). (da sé)
BELT. Lo conoscete mio figliuol dottore?
FABR. Non l'ho ancora veduto.
BELT. Se verrete
Un atto a esercitar di civiltà,
Ei vi riceverà.
FABR. Bene obbligato.
Per or sono impegnato;
Deggio badare alla bottega mia:
Spero
che lo vedremo in spezieria.
BELT. Oh oh, non è possibile;
Star ritirato in casa
Convien che si contenti,
A
ricever del Borgo i complimenti.
FABR. Dunque verrò fra poco
S'egli mi dà l'onore.
BELT. Mio figliuolo dottore
Testé mi ha domandato
Che pigliare vorrebbe il cioccolato.
Nessuno in casa mia
Sa nemmen cosa sia.
Voi
che siete spezial, Lo conoscete?
FABR. Io, io lo servirò quando volete.
Credo averne una libbra,
Poco più, poco meno,
Fatto, cred'io,
saran dieci anni almeno.
BELT. Presto dunque, signore,
Servite
presto mio figliuol dottore.
FABR. Subito, immantinente.
Ehi, venite, Rosina. (verso la Scena)
Alla sorella mia
La bottega consegno, e vengo via.
SCENA TERZA
Rosina e detti.
ROS. Chi mi chiama?
FABR. Sorella,
State qui fin ch'io torno.
Vado a pigliar la cioccolata, e poi
Dal signore dottor verrò con voi. (parte) SCENA QUARTA
Rosina e Beltrame
ROS. Dite, messer Beltrame.
BELT. (Oh, con questo messere
La
vogliam veder bella!) (da sé)
ROS. È ver ch'è ritornato
Bernardin vostro
figlio?
BELT. È ritornato
Il
signor Bernardino addottorato.
ROS. Bernardino è nel Borgo,
E ancor da me non viene?
So
pur che un giorno ei mi voleva bene.
BELT. Il
signor Bernardino
D'ogni amor si è scordato,
Dopo
che colla laurea si è sposato.
ROS. Laura? chi è questa Laura?
BELT. Poverina!
Voi m'intendete male:
Ha
sposato la laurea dottorale.
ROS. Ma voi, messer Beltrame,
Sapete pur...
BELT. Vi avviso
Che il titol di messere
Io non lo voglio più.
ROS. Sapete pure
Che, prima di partire,
Bernardin mi ha
promesso.
BELT. Il signor Bernardin non è lo
stesso.
ROS. Oh, cospetto di Bacco!
Voi mi fareste dir. Così si tratta?
Ei mi diede parola, e alfine poi,
Un speziale qualcosa è più di voi.
Che sia vostro figliuolo
Dottore, arcidottore,
È figlio di un fattore;
Onde messer Beltrame ha da sapere.
BELT. Che messer! che messer!
Seco ho il messere.
Quattrocento ducati
Ho speso a dottorarlo,
E con una sua par vuò maritarlo.
Sì, signora, così è:
Siamo entrati in nobiltà.
Principiate un po' con me
A parlar con civiltà. Sono il padre di un dottore.
Se mi basta del signore,
È un effetto di umiltà. Sentirete che prestissimo Mi daran dell'illustrissimo. Il messere non si dà Ad un uom di qualità. (parte)
SCENA QUINTA Rosina, poi Fabrizio
ROS. Che ti venga la rabbia!
Costui che coi quattrini
Del patron si è arricchito,
Per un poco di ben si è insuperbito.
Bernardino mi piace,
Ho consacrato a lui gli affetti miei;
Di lui per altro non mi degnerei.
Ma l'amor mi trasporta,
E poi son nell'impegno;
Benché donna son io, non mi confondo.
Bernardin sarà mio,
se casca il mondo.
FABR. Dov'è andato il fattore?
ROS. Io non lo so.
FABR. Credo che a casa sua lo troverò.
ROS. Voglio venire anch'io.
FABR. Per qual ragione?
ROS. Perché, se nol sapete,
Prima che voi veniste in questo loco
A aprir la spezieria,
Mentre la madre mia viveva ancora,
Bernardin mi ha promesso,
E il padre suo vuol ch'ei mi manchi adesso.
Non si degna di me quell'animale:
Gli par che uno speziale
Meno sia di un fattore;
Perché ha un figliuol dottore,
Nobili in casa sua tutti son fatti,
Padre, madre,
sorella, i cani e i gatti.
FABR. Voi Bernardino amate,
Io la di lui germana.
Ma non faremo niente,
Se quest'uomo
bestial non vi acconsente.
ROS. Voi
ridere mi fate.
Basta che Bernardino
Mi seguiti ad amar; sì, a questo vecchio
Io la farò vedere.
Sarò sua nuora, e gli vo' dir messere.
Ho una testa sottile e bizzarra, Che è capace di dire e di far. Se mi metto, la voglio spuntar.
Oh sentite, se parlan con me, Qual dev'esser il dialogo in tre.
«Non si ricorda, signor dottore,
Che mi ha promesso donarmi il cuore?»
«Sì, vi ho promesso, ve lo confesso,
Ma, senza il padre, non mi è permesso».
«Signor fattore, quest'è l'impegno».
«Di una speziale più non mi degno».
«Messer Beltrame, quest'è un imbroglio».
«Questo messere più non lo voglio».
«Via, Bernardino.» «Sono un dottore.»
«Messer Beltrame.» «Sono un signore».
«Siete due sciocchi. Siete due pazzi.
Non più rumori, non più schiamazzi.
Signor dottore, mi sposerà.
Messer Beltrame, si pentirà ». (parte)
SCENA SESTA
Fabrizio solo.
È un diavolo costei: se in questa guisa
Parla e grida Rosina,
Perde il signor dottor la sua dottrina;
E il vecchio insuperbito,
S'ella parla così, resta avvilito.
Donne belle, avete il vanto Di piacere e innamorar; E se vano è il dolce incanto, Viene in campo il minacciar.
Collo sdegno e coll'amore D'ogni spirto e d'ogni cuore Voi sapete trionfar. (parte)
SCENA SETTIMA
Camera in casa della Contessa.
La Contessa Claricee Don Alberto
ALB. Lo vedo e lo confesso,
So che indegno son io del vostro amore: Ardir mi ho fatto e vi ho svelato il cuore.
CONT. No, non vi credo indegno
D'amor, di stima. Il grado vostro, è vero, Pari del mio non è; ma vil non siete, E il pregio in sen di una bell'alma avete.
ALB. Ah, con tai sensi almeno
D'inutile pietate,
Le mie speranze lusingar cessate. Nobile siete nata. Il chiaro sangue Dell'estinto consorte
Fregio maggiore al sangue vostro aggiunse. Voi d'illustre contessa Quivi ostentate il grado;
son nel Borgo a vivere costretto
Curial ministro al superior soggetto.
CONT. Tutto è ver, don Alberto,
Ma libera son io:
Posso
voler, posso dispor del mio.
ALB. Dunque se tal speranza...
CONT. Ai miei congiunti
Bramo non dispiacer. Fia noto ad essi
novello
amor mio; d'un uom ben nato,
Benché in povero stato,
Non disapprovi la famiglia il nodo,
E troverem di convenirci il modo.
ALB. Deh, mi conduca amore
Lo scoglio a superar. Pien di speranza
Parto da voi, signora,
Ma il mio timor non mi abbandona ancora.
Veggo in distanza il porto, Spero posar sul lido, Ma son dal mare infido Costretto a paventar.
Se dall'amor fui scorto Dietro alle amiche stelle, Gli scogli e le procelle M'insegni a superar. (parte)
SCENA OTTAVA La Contessa e poi Beltrame
CONT. |
Povero don Alberto, io compatisco |
L'amor che nutre in petto, |
|
Ma scherzar cogli amanti è il mio diletto. |
|
Non mi convien tal nodo, |
|
Lo conosco, lo so, l'intendo appieno, |
|
Ma vuò il piacer di lusingarlo almeno. |
|
BELT. |
Con licenza, signora. |
CONT. |
In questa guisa |
Senza imbasciata nelle stanze entrate? |
|
BELT. |
Signora mia, scusate, |
Vengo a darvi una nuova |
|
Che vi darà piacer. |
|
CONT. |
Qual nuova è questa? |
BELT. |
Nuova è tal che, son certo, |
Aggradirà della Contessa il cuore: |
|
Tornato è al Borgo il mio figliuol dottore. |
|
CONT. |
Mi rallegro davver. |
BELT. |
Non ve l'ho detto? |
CONT. |
(Il mio piacer da questo pazzo aspetto). (da sé) |
BELT. |
Il signor Bernardino, |
Dopo ch'ebbe la laurea dottorale, |
|
Non va più da nessun, ma da una dama |
|
Signor sì ch'ei verrà. |
|
CONT. |
Sarà un effetto della sua bontà. |
BELT. |
Egli è per via che viene; |
Son venuto a avvisarvi, son venuto |
|
La visita a appuntar, perché sappiamo |
|
Il trattar colle dame. |
|
CONT. |
Bravo, bravo davver, messer Beltrame! |
BELT. |
(Anche questa: messere). (da sé) |
CONT. |
Or che è dottore, |
Mancagli un'altra cosa. |
|
BELT. |
Cosa gli può mancar? |
CONT. |
Trovar la sposa. |
BELT. |
In materia di questo, |
Io lascio fare a lui; verrà a vedervi, |
|
Gli parlerete, e poi... |
|
Basta, vi aggiusterete fra di voi. |
|
CONT. |
Viva messer Beltrame! |
BELT. |
Compatite, |
Contessa mia, se parlo franco e sciolto: |
|
Questo messere non mi piace molto. |
|
CONT. |
Cosa vi devo dir? |
BELT. |
Sapete bene |
Al padre di un dottor quel che conviene. |
|
CONT. |
Il signor? |
CONT. |
Per lo meno. |
BELT. |
Qualche cosa di più? |
BELT. |
Sapete voi |
Che il signor Bernardino, |
|
Fra i studi e il dottorato, |
|
Mille ducati mi averà costato? |
|
CONT. |
E per questo? |
BELT. |
E per questo... |
Eccolo ch'egli viene. |
|
So quel che mi conviene. |
|
Signora, con licenza, |
|
Ve lo lascio qua solo in confidenza. |
|
CONT. |
Messer Beltrame, addio. |
BELT. |
Quest'addio... quel messere... |
Vi avvezzerete a darmi del signore, |
|
Quando vedrete il mio figliuol dottore. (parte) |
|
SCENA NONA |
La Contessa, poi Bernardino
CONT. È ridicolo invero, e mi consolo
Che
sarà, come il padre, anche il figliuolo.
BERN. Salve,
domina mea.
CONT. Serva, signore.
Mi
consolo con voi, signor dottore.
BERN. Gratulor etiam tibi.
CONT. Questo è latin sermone.
BERN. Frase di Marco Tullio Cicerone.
CONT. Veramente si vede
Quanto avete studiato.
BERN. Sono, domina mea, son
laureato,
Nemine dissentiente,
Penitus, penitusque discrepante.
Si
presenta un dottore al bel sembiante.
CONT. Ma
io certi latini
Molto non li capisco.
BERN. Comitissa gentil, vi compatisco.
Mihi,
si honorem dabis Docere te.
CONT. Parlatemi
italiano.
BERN. Da che son dottorato,
Il
parlare volgar me l'ho scordato.
CONT. Come farete adunque
Parlar
col padre e colle genti in casa?
BERN. Jam facultatem habui
Repetere, docere,
Glossare, disputare,
E degli altri dottori etiam creare.
Farò dottor mio signor padre, e poi
Vi
farò dottoressa ancora voi.
CONT. Questo per me sarebbe
Un onor sovragrande.
BERN. Ah, per voi, Comitissa,
Pulchra, nobilis, sapiens,
Omni virtute plena,
Starei
senza pranzare e senza cena.
CONT. (Possibil che costui
Che così sciocco io vedo
Abbia
avuta la laurea? Io non lo credo).
BERN. Deh permettete, o cara,
Quod
in signum amoris.
(vuol abbracciarla)
CONT. Signor, con sua licenza, (respingendolo)
Codesta è un'insolenza;
E in fra le facoltà del dottorato,
Codesta
autorità non vi hanno dato.
BERN. Domina mea, perdono.
Famulus vester sono.
Mecum non vi adirate;
Nec pulchritudo tua careat pietate.
Voi siete bella come una stella, Siete brillante come un diamante,
Rosa nel volto, giglio nel sen.
Ma come stiamo dentro nel core? Son galantuomo, sono un dottore, So colle donne quel che convien.
Venere bella, diva dell'etera, Ecate, Diana, Luna etecetera. Siete l'eclittica del ciel d'amor, Siete il barometro di questo cor. (parte)
SCENA DECIMA
La Contessa sola.
Certo, assolutamente,
Costui che francamente
Si spaccia per dottore,
Essere doverebbe un impostore.
S'egli avvilisce un nome
Venerabile e degno,
Scoprire un dì la verità m'impegno.
Parla meco d'amor con tal franchezza,
Come se non vi fosse
Differenza fra noi. Alberto almeno
Conosce il suo dover; merta il suo cuore
Pietade almen, se non ottiene amore.
Al passeggier talora, Cinto da notte oscura, Basta una stella ancora Per animare il cor.
Basta al discreto amante Della speranza un raggio, Per mantener costante Lo sfortunato amor. (parte)
SCENA UNDICESIMA
Camera in casa di Beltrame.
Pasquina e Fabrizio
PASQ. Certo il signor dottore,
Il signor Bernardino mio fratello,
Uscito
è fuor di casa.
FABR. Il cioccolato
Io gli avea preparato.
Che torni aspetterò. Con voi frattanto,
Cara Pasquina mia,
Goderò questo tempo in compagnia.
PASQ. |
No, no, Fabrizio; andatevene pure. |
Se viene il signor padre |
|
Ed il signor dottore, |
|
Se mi trovan con voi, faran rumore. |
|
FABR. |
Perché? non sono io solito |
Venir con confidenza? |
|
PASQ. |
Sì, ma v'è differenza. |
FABR. |
Quel Fabrizio non son che sempre fui? |
PASQ. |
Ora il signor dottor comanda lui. |
FABR. |
E per questo? |
PASQ. |
E per questo, |
Se avrò da maritarmi, |
|
Qualche cosa di buon vorrà trovarmi. |
|
FABR. |
Qualche cosa di buono! |
Io dunque cosa sono? |
|
Qualche cosa di tristo e scellerato? |
|
PASQ. |
Voi non siete per anche addottorato. |
FABR. |
Che importa? |
PASQ. |
Importa molto. |
Usano le famiglie |
|
L'uguaglianza cercar nei matrimoni. |
|
Mettere non si può |
|
La casa di un speziale |
|
Colla nostra famiglia dottorale. |
Fabrizio caro, Fabrizio bello, Ve lo confesso, voi siete quello Che mi ha ferito nel seno il cor. Ma ho da dipendere, Se vi ho da prendere, Dall'illustrissimo signor dottor.
Non si propone, non si dispone, Non si fa niente senza il dottor. Tutto va bene, tutto è perfetto, Quando l'ha detto - prima il dottor. Fabrizio bello, Fabrizio caro, Son la sorella di un gran dottor. (parte)
SCENA DODICESIMA Fabrizio e poi Beltrame
FABR. |
Oh, questa sì ch'è bella! |
È giunta ad impazzir fin la sorella. |
|
Questa gente di villa |
|
Di diventar, quando ha un dottore in casa, |
|
Qualche cosa di grande è persuasa. |
|
BELT. |
Oh siete qui? |
FABR. |
Ci sono. |
Bernardino dov'è? |
|
BELT. |
Che inciviltà! |
Il signor Bernardino ora verrà. |
|
Verrà il signor dottore; |
|
Riverirlo potrete, e fargli onore. |
|
FABR. |
Il cioccolato è al foco. |
BELT. |
Vi è bisogno del cuoco? |
FABR. |
No, no, lo farò io. |
BELT. |
Ecco il signor dottor: che onore è il mio! |
SCENA TREDICESIMA |
|
Bernardino e detti. |
|
BERN. |
Salve, pater, salvete. |
BELT. |
Ah, che dite? intendete? (a Fabrizio) |
FABR. |
Sì signor, lo capisco. |
BERN. |
Farmacopola mio, vi riverisco. |
FABR. |
Mi rallegro con voi. |
BELT. |
Con lei, si dice. |
FABR. |
Sì, è vero: a lei m'inchino. |
BERN. |
Sans façon, sans façon. |
BELT. |
Sempre latino. |
Siete stanco, dottore? |
|
BERN. |
Piuttosto, sì signore. |
BELT. |
Ehi, fatemi un piacere, |
Dategli da sedere. (a Fabrizio) |
|
FABR. |
Subito immantinente. (va a prendere una sedia) |
BELT. |
Aggradite il buon cuor di questa gente. (a Bernardino) |
Una per me. (a Fabrizio) |
|
FABR. |
Per voi, messer Beltrame? |
BELT. |
Messere! è un'insolenza, |
Del dottore mio figlio alla presenza. |
|
BERN. |
Padre, non vi adirate: |
Il titol di messere |
|
Non sconviene al signor. |
|
BELT. |
Se voi lo dite, |
Sarà così; ma almeno è di dovere |
|
Che mi dicano poi signor messere. |
|
BERN. |
Optime. |
BELT. |
Cosa dite? |
BERN. |
Optime. |
BELT. |
Lo capite? (a Fabrizio) |
FABR. |
Benissimo, vuol dir. |
BELT. |
Sì, sì, l'ho inteso. |
Oh, benedetti quei danar che ho speso! |
|
FABR. |
Comanda il cioccolato? (a Bernardino) |
BERN. |
E perché no? |
FABR. |
Subito, mio signor, la servirò. (parte) |
SCENA QUATTORDICESIMA
Beltrame e Bernardino |
|
BELT. |
Ditemi, figlio mio, con la Contessa |
La cosa come è andata. |
|
BERN. |
Cospetto! è innamorata. |
BELT. |
Davver! |
BERN. |
Sicuramente. |
BELT. |
Le hai parlato latin? |
BERN. |
Perpetuamente. |
BELT. |
Bravo! Che cosa ha detto? |
BERN. |
Vidi che dal stupore |
Il pelo delle ciglia avea inarcato. |
|
BELT. |
Benedetto il danar sacrificato! |
BERN. |
(Se la sapesse tutta, |
Non direbbe così). |
|
BELT. |
Chi vien? |
BERN. |
Mi pare |
Sia Rosina colei. |
|
BELT. |
Non le badare. |
SCENA QUINDICESIMA Rosina e detti, poi Pasquina, poi Fabrizio
ROS. |
Serva umilissima, signor dottore, |
Me ne congratulo con lei di cuore, |
|
Faccio il mio debito qual si convien. |
|
BERN. |
Garbata giovine, bene obbligato; |
Di voi ricordomi, vi sarò grato, |
|
Col nuovo titolo ch'io porto in sen. |
|
BELT. |
Avete fatto quel che si aspetta! |
Egli l'ufficio cortese accetta; |
|
Abbiam che fare, potete andar. (a Rosina) |
|
ROS. |
Mi discacciate? (a Beltrame) |
BERN. |
No, no, restate. (a Rosina) |
BELT. |
S'ei lo permette, si può restar. (a Rosina) |
ROS. |
(Non è ancor tempo di principiar). (da sé) |
PASQ. |
Signor dottore, s'ella comanda, |
È preparata quella bevanda |
|
Che cioccolata si suol chiamar. |
|
BERN. |
In questa camera la vuo' pigliar, |
E a quanti siamo s'ha da portar. |
|
BELT. |
Presto si faccia, |
Ché il mio dottore |
|
Vuol farsi onore, |
|
Si vuol trattar. |
|
a quattro |
Viva il buon gusto, |
Viva il buon cuore. |
|
Cosa migliore |
|
Non si può dar. |
(Fabrizio con alcuni Servitori che portano cinque tazze di cioccolata)
FABR. |
Ecco, signori, La cioccolata. |
|
BELT. |
È molto nera! |
|
PASQ. |
Che cosa ingrata! |
|
BERN. |
Miglior bevanda Non so trovar. |
|
BELT. |
Alla salute Del mio dottore. |
|
ROS. |
} adue |
Viva il messere, |
FABR. |
Viva il fattore. |
|
BERN. |
Non si fa brindisi Col cioccolato. |
|
BELT. |
Oh maledetto! Mi son scottato. |
|
ROS. |
} adue |
Non è già vino |
FABR. |
Da tracannar. |
|
BELT. |
Più non ne voglio; Quel nero imbroglio Tutti gettate. Presto, portate (ai Servitori) Fiaschi e bicchieri: Vini sinceri Fan giubilar. |
|
BERN. |
} adue |
Il signor padre |
PASQ. |
Vuole scherzar. |
|
FABR. |
} adue |
Il suo costume |
ROS. |
Vuol seguitar. (Portano i bicchieri col vino a tutti) |
|
TUTTI |
Questa è del Borgo La cioccolata, Bevanda grata, Dolce licor. Dunque beviamo, Dunque cantiamo: «Viva di cor L'eloquentissimo Il sapientissimo, Il dottorissimo Signor dottor». (partono) |
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Camera in casa della Contessa.
La Contessa ed un Servitore, poi Don Alberto
CONT. Venga pur don Alberto. (al Servitore che parte)
Convien dir che davvero
Sia di me innamorato,
Se non si sazia mai di starmi allato.
L'amor non mi dispiace,
Ch'ei mi suole mostrar; ma qualche volta
Gli do qualche tormento
Per
un semplice mio divertimento.
ALB. Perdonate, signora,
Se nuovamente a
importunarvi io torno.
CONT. Voi siete qui tre o quattro
volte al giorno.
ALB. Quest'amaro rimprovero
Mi passa il cor. Non mi credea, il protesto,
Dover
essere a voi così molesto.
CONT. (Ho piacer di vederlo
Un poco a delirar). (da
sé)
ALB. Da voi tornato
Sono per congedarmi;
Alla città portarmi
Deggio per un affar.
CONT. Quando si spera
Di rivedervi al Borgo?
ALB. Innanzi sera.
CONT. Ora mi consolate.
Subito che tornate,
Favorite venire in casa mia,
Che
ho piacer della vostra compagnia.
ALB. Ora
mi deridete.
CONT. Ah no, vi accerto,
Non vi è nessuno al mondo
Ch'io stimi più di voi.
ALB. Oh me felice,
Se fosse ver!
CONT. Il dubitar non lice.
ALB. Dunque lieto ne andrò.
CONT. Tornate presto;
E il tempo che qui resto
Senza di voi, vedrò di passar l'ore
Con quel gentil dottore
Ch'è arrivato testé bello e giocondo,
Ch'è il più amabile uom di questo mondo. |
|
ALB. |
Vi piace? |
CONT. |
Estremamente. |
ALB. |
Divertitevi seco, |
Dunque, se lui vi preme. |
|
CONT. |
Se verrete ancor voi, staremo insieme. |
ALB. |
Compatite, signora, io non son uso |
Con gli sciocchi trattare, e mi stupisco |
|
Che lo trattiate voi. |
|
CONT. |
Sciocco il dottore? |
Voi non sapete niente: |
|
Egli è un uomo gentil, vago e sapiente. |
|
ALB. |
(Questo è troppo soffrir). (da sé) |
CONT. |
(Smania il meschino). |
ALB. |
Ah, comprendo pur troppo il mio destino. |
Ciascun la grazia vostra |
|
Meglio di me può meritar. Mi veggo |
|
Fieramente avvilito, |
|
Se un indegno rival mi è preferito. |
|
Conosco e vedo |
|
Ch'è un folle inganno, |
|
Se all'arte credo |
|
Di un cuor tiranno, |
|
Che si compiace |
|
Nel tormentar. |
|
Ma a quell'indegno |
|
Non la perdono; |
|
Son nell'impegno, |
|
Saprà chi sono, |
|
Né speri in pace |
|
Di trionfar. (parte) |
|
SCENA SECONDA |
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La Contessa, poi Beltrame |
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CONT. |
Povero don Alberto, |
Non sa ch'io mi diverto; |
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Che lo sciocco dottor conosco anch'io, |
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E che inclina a lui solo il genio mio. |
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BELT. |
Oh di casa! (di dentro) |
CONT. |
Chi è là? |
BELT. |
Son io, signora. |
Vedete? ho domandato, |
|
Pria di venire nella vostra stanza, |
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Perché non dite che non ho creanza. |
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CONT. |
Eh, dopo ch'è tornato |
Vostro figliuol dottore, |
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Voi principiate a divenir signore. |
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BELT. |
Padrona sì; sappiate |
Che il signor Bernardino
Oggi v'invita al suo primier banchetto,
E l'invito vi manda in un viglietto.
Eccolo; mi ha insegnato,
Il dottor mio figliuolo,
Le carte presentar col ferraiuolo.
(presenta il
viglietto sopra un lembo del suo tabarro)
CONT. Da qual parte è venuto
Questo cerimoniale?
BELT. Credo sia un complimento
dottorale.
CONT. Buono! Ma s'ei m'invita
Col mezzo d'un viglietto,
Perché
poi me lo reca il genitore?
BELT. Il foglio di un dottore
Chi lo avea da portar? Non è dovere
Che lo porti un villano;
Ed in mancanza della cappa nera,
Per non mandare un semplice lacchè,
Quest'invito pensai
portar da me.
CONT. Sentiam che cosa dice. (prende
per leggere)
BELT. Oh che penna felice!
CONT. Il carattere al certo
Non mi par dei
migliori.
BELT. Sogliono scriver mal tutti i
dottori.
CONT. Madama. (legge)
BELT. Ah! cosa dite?
CONT. Bernardino
Dell'una e l'altra legge
Dottore addottorato,
Con
facoltà etecetera.
BELT. Oh! codesto etecetera
È una parola gravida
Che
un dì partorirà.
CONT. Stamane aspetta
Seco a mangiar la
zuppa.
BELT. Ah! che vi pare?
Allevato non è nelle montagne:
Non
v'invita a mangiar riso o lasagne.
CONT. Bravo! Stamane aspetta
Seco a mangiar la zuppa
La Signora Madama,
Padrona colendissima,
La Contessa Clarice. Obbligatissima.
BELT. Che vi par di quei titoli?
CONT. Si vede che ha studiato.
BELT. Ma vuol esser anch'ei titoleggiato.
CONT. È giusto.
BELT. Che ho da dire
Dunque
al signor dottore?
CONT. Dite al signor monsieur,
Dottore dottorissimo,
Con tutto il mio rispetto,
Che mi fa onore e le sue grazie accetto.
BELT. Brava: al signor Monsù.
Non si può far di più. Dottore, dottorissimo, Padrone colendissimo! Si vede che voi siete Una brava ragazza. Oh, fareste con lui la bella razza!
Se vi tocca il signor Bernardino, Vi potete felice chiamar. Lo sapete, non è un dottorino: È un dottore che fa stupefar.
Lo speziale rimane stordito; So che il medico è mezzo avvilito. Il notaro, il signor cancelliere, Non ardiscono farsi vedere; E le donne che san civettar, Me lo vogliono tutte mangiar.
Ma non signore, Il mio dottore Di questa gente Non sa che far.
Con voi potrebbesi incontessar, E voi potreste dottoreggiar. (parte)
SCENA TERZA La Contessa, poi Don Alberto
CONT. Che importa che nel Borgo
Non vi siano commedie? Assai più vagliono
Di tutte le invenzioni teatrali
I caratteri nostri originali.
Oggi andrò a divertirmi
Con il signor dottore,
E fin ch'ei dura a delirar così.
Ma don Alberto un'altra volta è qui.
ALB. Signora, ho un poco meglio
Pensato ai casi miei; Veggo che non potrei Soffrir la dura pena Di vedermi schernir dall'idol mio, Onde vi vengo a dar l'estremo addio.
CONT. Quali follie son queste?
Di voi mi maraviglio. Se andar vi preme, andate; Ma vuò che ritorniate. Lo voglio, lo comando, Con quella autorità che su quel core Voi mi donaste e mi concede amore.
Caro, nel dirmi addio Voi mi piagate il cor; Non mi affliggete ancor, Non vuò penar così.
Tenera sono anch'io, Provo le fiamme in sen; Ma tollerar convien Fino che giunga il dì. (parte)
ALB. Le credo o non le credo?
Ah, il di lei core non vedo. Basta; ritornerò. Fidarmi io voglio Ch'ella mi sia sincera. Quello che si desia, si crede e spera. (parte)
SCENA QUARTA
Camera in casa di Beltrame.
Rosina sola.
Poverina, confinata In un Borgo ad abitar, Se or mi veggo abbandonata, Qual destin poss'io sperar?
Vuò fissare il mio destino, E quel caro Bernardino, Signor sì, mi ha da sposar.
Non ho ancora potuto
Parlargli a modo mio.
Venir lo vedo
Soletto in questo loco;
Voglio aspettarlo, e vuò sentire un poco.
SCENA QUINTA
Bernardino e la suddetta.
BERN. Tutti voglion Bernardino,
Tutti cercano il dottor. Chi mi fa un profondo inchino, Chi mi fa suo protettor. Io sto zitto e me la godo, Fin che posso aver il modo Di spacciarla da signor.
ROS. Ehi, signor Bernardino.
BERN. Addio, ragazza. (con sprezzatura)
ROS. |
Favoritemi, in grazia, |
Almen per cortesia. |
|
(Vo colle buone, e poi verrà la mia). (da sé) |
|
BERN. |
(Ancor le voglio bene, |
Ma sostener conviene |
|
Il grado e la figura, |
|
E la deggio trattar con sprezzatura). (da sé) |
|
ROS. |
Della vostra Rosina |
Vi ricordate ancor? |
|
BERN. |
Me ne ricordo. |
Sì, mi sovvien de' giovanili errori. |
|
Ora è tempo di glorie, e non di amori. |
|
ROS. |
Non sarà vostra gloria, |
Né giustizia, né onor, né convenienza, |
|
Se voi mi abbandonate. |
|
BERN. |
Un dottore non bada a ragazzate. |
ROS. |
Vi ricordate almeno |
Quel che avete promesso? |
|
BERN. |
Eh, parliam d'altro. |
ROS. |
Voi prometteste a me. |
BERN. |
Sì, prendete una presa di rapè. |
ROS. |
Voglio che ci parliamo. |
BERN. |
Presto; che ora abbiamo? (guarda l'orologio) |
È il mezzodì passato; |
|
Ci parleremo poi. (in atto di partire) |
|
ROS. |
Fermati, ingrato. (Arrestandolo con forza) |
Ah, così, traditore, |
|
Tratti la tua Rosina? |
|
Non son la coccolina? |
|
Non son la tua vezzosa? |
|
Il tuo pomin di rosa? |
|
Questi occhi non son quelli |
|
Che ti parean sì belli? e il mio bocchino, |
|
Che ti piaceva un dì, non è più tale? |
|
Oimè, che mi vien male, |
|
Oimè, non posso più! Ah sventurata. (Mostra svenire) |
|
BERN. |
Ehi Rosina, Rosina: oh cieli! è andata. |
Sono nel brutto imbroglio. |
|
Rosina, coccolina, |
|
Svegliati, bel pomino: |
|
Apri quei begli occhietti e quel bocchino. |
|
ROS. |
Chi mi chiama? (svegliandosi) |
BERN. |
Son io, sono il tuo caro, |
Il tuo bel Bernardino, |
|
Il tuo bel dottorino, |
|
Che ti vuol bene ancora, |
|
Che ti ama e che ti adora, |
|
Che perdon ti domanda ai propri errori. |
|
ROS. |
Vanne, è tempo di gloria, e non di amori. (Lo respinge con forza) |
BERN. |
Hai ragion, lo confesso, ho fatto male: |
Son stato un animale, |
|
Tutte le mie pazzie son terminate. |
|
ROS. |
Eh, non bada un dottore a ragazzate. |
BERN. |
Maledetta, direi |
Quasi, la mia dottrina. |
|
Cara la mia Rosina, |
|
Nel sentirti parlar sì dolcemente, |
|
Nel mirarti languente, |
|
Mi sentivo morir, né so il perché. |
|
ROS. |
Si servi di una presa di gingè. (gli offre tabacco) |
BERN. |
Hai ragione, hai ragione; |
Vendica i torti tuoi, merito peggio. |
|
Sentimi. |
|
ROS. |
Andar io deggio: |
Il mezzodì è passato. |
|
BERN. |
Ah no, per carità. |
ROS. |
Barbaro, ingrato! |
No che non son più quella, |
|
Cara, vezzosa e bella, |
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Che ti piaceva un dì. |
|
Ah, che l'amor sparì. |
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Ah, che un crudel sei tu. |
|
No, non ti credo più, |
|
Mai più, mai più. |
|
Questi occhi mori |
|
Non son per te; |
|
Grazie ed amori |
|
Non ho per te. |
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Ah! cosa c'è? |
|
Piangi per me? |
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Eh galeotto, |
|
Già me n'avvedo. |
|
No, non ti credo, |
|
Sei traditor. (parte) |
|
SCENA SESTA |
|
Bernardino, poi Pasquina e Fabrizio |
|
BERN. |
Oimè, mi viene un caldo |
Che soffrir non si può. Par che le gambe |
|
Non mi reggano più. Gli occhi si abbagliano. |
|
Tremo, che paralitico |
|
Par ch'io sia divenuto. |
|
Sentomi venir male: aiuto, aiuto. |
|
PASQ. |
Che c'è? |
FABR. |
Cos'è accaduto? |
PASQ. |
Qualche mal vi è venuto? |
BERN. |
Sì, mi è venuto male. |
PASQ. |
Aiutatelo voi, signor speziale. |
FABR. |
Subito, immantinente. |
Che cosa vi sentite? |
|
BERN. |
Un caldo grande. |
PASQ. |
Sarà febbre. |
FABR. |
Sentiamo. (gli vuol toccare il polso) |
BERN. |
No, non tastate qui. |
FABR. |
Dove, signore? |
BERN. |
Tutto è il mio mal nel cuore. |
FABR. |
Recipe per il cuore, |
Confezion giacintina. |
|
BERN. |
Vorrei la confezion della Rosina. |
FABR. |
Di chi? di mia sorella? |
BERN. |
Per appunto di lei; |
S'ella mi medicasse, io guarirei. |
|
PASQ. |
Scherza il signor fratello. |
FABR. |
Scherza il signor dottore. |
BERN. |
Non scherzo, no, mi ha corbellato amore. |
PASQ. |
Oh, questa sì ch'è bella! |
Un dottor vostro pari |
|
Non si vergogna dir ch'è innamorato? |
|
BERN. |
Non rispetta Cupido il dottorato. |
Fatto ho quanto ho potuto, |
|
Ma alfin ci son caduto. |
|
Colle dolci parole e i dolci sguardi. |
|
Cogli amorosi dardi. |
|
Oimè, che se ci penso, |
|
Tornami su il calore. |
|
Più non posso parlar, mi manca il cuore. |
|
Tenetemi, tenetemi, |
|
Che or or vi casco qua. |
|
Oh, povero dottore, |
|
Sento mancarmi il cuore. |
|
Aiuto, per pietà. |
|
Caro speziale, |
|
Cara sorella, |
|
Rosina bella |
|
Mi guarirà. |
|
La pozioncina |
|
Della Rosina |
|
Per il mio male |
|
Mi gioverà. |
|
Il mio tormento |
|
Si cangerà; |
|
E il cuor contento |
|
Giubilerà. (parte) |
|
SCENA SETTIMA |
|
Pasquina e Fabrizio |
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FABR. |
Lo sentite, Pasquina? |
Egli ha lo stesso incomodo |
|
Ch'io patisco per voi. Se a lui potrebbe |
Giovar la mia Rosina,
Voi avete per me la medicina.
PASQ. Con tutti, a dir io sento,
Non si adopra un egual medicamento.
FABR. È vero; io son speziale,
E conosco il mio male, E so che voi avete Quelle droghe ordinarie Che alla mia malattia son necessarie.
La polvere d'oro, Che vale un tesoro, Con voi si può far. Nel vostro bel labro Si trova il cinabro; Si sente odorato D'aromati il fiato; Di zuccaro pieno Si vede il bel cor.
Vendetela, o cara, Non temo la spesa; Ne voglio una presa Per mano d'amor. (parte)
SCENA OTTAVA
Pasquina sola.
Certo, per dir il vero,
Se offender non temessi
Di mio fratello il grado dottorale,
Maritarmi vorrei con lo speziale.
Ma so quel che mi ha detto il signor padre,
E so che maritarmi egli destina
A un dottore di legge o medicina.
Ma il signor Bernardino,
Il signor laureato,
Di Rosina si dice innamorato?
Che sposar la volesse,
Certo non crederei.
Cospetto! Se colei
Avesse mai questi pensieri insani,
La vorrei schiaffeggiar colle mie mani.
Mio fratel si sposerà Con il fior di nobiltà, Ed io poi mi sposerò Colla cuffia ed il mantò. Stupirà - la città, E ciascuno ci dirà: «Illustrissima signora,
Illustrissimo signor, Riverisco, - mi esibisco Con rispetto ed umiltà». Oh, che gusto che si avrà! Viva pur la civiltà! (parte)
SCENA NONA
Sala con tavola preparata per il pranzo.
Beltrame ed alcuni Servitori che vanno allestendo la tavola.
BELT. Via, portatevi bene,
Fatevi onor; badate A non gli dar disgusto, Ché il signor Bernardino è di buon gusto. Egli dee star nel mezzo. Ignorantacci, Quella sedia levate, Ed a pigliare andate Il seggiolon coi poggi. Un laureato È ben giusto che sia differenziato. Lascia veder quel pane. Oibò, per il dottore Il pan della famiglia? Andatelo a comprar fuori di qui: Bianco e fresco trovatelo ogni dì. E codesta salvietta Vi par che sia a proposito? Cambiatela, vi dico; Per il dottore ne ho comprato sei. Arrabbiarmi per questo non vorrei. Ehi, andate in cucina La serva ad avvertire Che s'ingegni di far di buon sapore Qualche piatto distinto al mio dottore. Da questi villanacci Poco si può sperar. Non hanno niente Di garbo e pulizia: Un dottore non san che cosa sia.
SCENA DECIMA
Bernardino ed il suddetto.
BERN. Padre mio, vi saluto.
BELT. Bernardino,
Salutami in latino.
BERN. Salve, pater.
BELT. |
Salve, signor dottore. |
D'imparare il latin mi casca il cuore. |
|
BERN. |
Non è l'ora del pranzo? |
BELT. |
Come dicesi |
Pranzo in latin? |
|
BERN. |
Dicesi prandium. |
BELT. |
Bene, |
Nos prandieremo or ora; |
|
Ma la Contessa non si vede ancora. |
|
BERN. |
Cosa importa di lei? |
BELT. |
Per dir il vero, |
Mi pare una fraschetta: |
|
Un dottor non aspetta. |
|
Le creanze costei dov'ha imparate? |
|
Presto, figliuoli, in tavola portate. (ai Servitori) |
SCENA UNDICESIMA Fabrizio, Rosina e detti, poi Pasquina
FABR. |
Con licenza, signori. |
BELT. |
Come c'entra Fabrizio e la Rosina? |
FABR. |
Porto al signor dottor la medicina. |
BELT. |
Ti senti mal? (a Bernardino) |
BERN. |
Signore, |
Aveva il mal di cuore; |
|
Ma tosto che ho veduto |
|
Venir la medicina in questo loco, |
|
Ho preso fiato e ho respirato un poco. |
|
BELT. |
Senza pigliar per bocca, |
Il male è andato via? |
|
ROS. |
Ha operato, signor, per simpatia. |
BELT. |
Con vostra buona grazia, |
Si vorrebbe pranzar. (a Fabrizio e Rosina) |
|
BERN. |
Via, signor padre, |
In grazia di quel ben che mi hanno fatto |
|
Con i farmaci suoi, |
|
Fate che stiano a desinar con noi. |
|
BELT. |
Tu che sei quel che sei, |
Ti contenti di lor? (a Bernardino) |
|
BERN. |
Sì, padre mio, |
Contento io son. |
|
BELT. |
Ben; mi contento anch'io. |
Voi avrete il grand'onore |
|
Di pranzar con un dottore, |
|
Pien di scienza e nobiltà. |
|
FABR. |
Di un onor sì segnalato |
Io protestomi obbligato |
|
Alla vostra gran bontà. |
|
Oh, felice il mio destino, } adue |
ROS. |
Che di stare a voi vicino |
Il piacer mi donerà! |
|
BELT. |
Sino che in tavola |
Qualcosa portano, |
|
Ciascun si accomodi, |
|
E i posti prendano |
|
Di qua e di là. |
|
BERN. |
Il primo posto |
Si deve a lei. (a Beltrame, accennando Rosina) |
|
BELT. |
Il primo posto |
Si deve a te. (a Bernardino) |
|
PASQ. |
E non mi chiamano, |
E non mi aspettano? |
|
E si dà in tavola |
|
Senza di me? |
|
BERN. |
La forastiera va preferita. |
PASQ. |
Io non ci mangio con quell'ardita. |
FABR. |
Con chi l'avete? |
ROS. |
Che cosa dite? |
BELT. BERN. } a due |
Qua non venite |
Per sussurrar. |
|
PASQ. |
Che bell'onore |
Per un dottore |
|
Quella fraschetta |
|
Voler trattar! |
|
ROS. |
Che bel parlare, |
Che bel trattare! |
|
La dottoressa, |
|
Si fa burlar. |
|
BERN. BELT. } adue FABR. |
Via, ragazzine, Siate buonine. |
PASQ. ROS. } a due |
Non mi seccate, |
Voglio parlar. |
|
PASQ. |
Degna non siete |
Di star con noi. |
|
ROS. |
Son, lo sapete, |
Meglio di voi. |
|
PASQ. |
Bella signora! (ironica) |
ROS. |
Bella dottora! (ironica) |
a due |
Quella grazietta |
Fa innamorar. |
|
BELT. |
Zitto, signore, |
Siate più buone; |
|
Oggi è il dottore |
|
Quel che dispone. |
|
Zitto, Pasquina, |
|
Ch'ei vuol Rosina |
|
Seco a pranzar. |
|
PASQ. |
Sì, mio signore, |
So che il dottore |
|
La sua Rosina |
|
Vuole sposar. |
BELT. |
Oh cospettone! |
Parla, rispondi. |
|
Tu ti confondi? (a Bernardino) |
|
Corpo di Bacco! |
|
Presto, parlate. |
|
Muta restate? (a Rosina) |
|
Cospettonaccio! |
|
Cosa direte? (a Fabrizio) |
|
Voi lo sapete. (a Pasquina) |
|
Tutto è scoperto, |
|
Sì, ne son certo. |
|
Brutto dottore, |
|
Sei traditore; |
|
Mille ducati |
|
Tu m'hai costato. |
|
Ah disgraziato, |
|
Così si fa? |
|
Subito, presto, |
|
Fuori di qua. (a Fabrizio e a Rosina) |
|
BERN. |
Salve, pater. |
BELT. |
Non ti ascolto. |
FABR. |
Ma signore... |
BELT. |
Non son stolto. |
ROS. |
Perdonate. |
BELT. |
Via di qua. |
PASQ. |
Bravo, bravo. |
PASQ. FABR. } a due |
Via di qua. |
Via di là. |
|
ROS. |
Maledetta, |
Sol per te. |
|
PASQ. |
Sì, fraschetta, |
Così è. |
|
ROS. PASQ. } a due |
L'averai |
Da far con me. |
|
TUTTI |
E che la tavola |
Sen vada in cenere; |
|
Più non si desina, |
|
Si mangia tossico. |
|
Mi fan le viscere |
|
Tarapatà. |
|
Che smania orribile |
|
Che il cuor mi lacera: |
|
Le gambe tremano, |
|
La testa girami |
|
Di qua e di là. |
|
E che la tavola |
|
Sen vada in cenere; |
|
Più non si desina, |
|
Si mangia tossico. |
|
Mi fan le viscere |
|
Tarapatà. |
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Camera in casa di Beltrame.
La Contessa e Beltrame
CONT. Caro messer Beltrame,
Che complimento è questo?
Sono al pranzo invitata,
Vengo per farvi onore
Col stomaco a digiuno:
L'ore sen vanno, e
non mi bada alcuno?
BELT. Non si è potuto ancora...
Perché... perché finora...
Un certo letterato
Col
mio figlio dottore ha disputato.
CONT. Guardate, e pure è vero;
Delle pessime lingue
Non ne mancano mai.
Testé m'han detto
Che vi fu in casa vostra una rovina,
Perché
il dottor volea sposar Rosina.
BELT. Ah signora Contessa,
Sono un uom disperato:
Amor mi ha assassinato.
Quel bastardel di Amore
Rovinarmi pretende il mio dottore.
Un uom di quella sorte,
Un'arca di sapere,
Un mostro di natura,
Un uom sì virtuoso,
Un
uom che si può dir spettacoloso!
CONT. (Povero disgraziato!
Non sa quel che so io). (da sé) Non crederei,
Dopo quel che mi ha detto,
Mi facesse un'azion sì impertinente.
(Il divertirmi non
mi costa niente). (da sé)
BELT. Tocca
a voi, se vi preme
L'onor d'esser sua sposa,
Tocca a voi a parlar.
CONT. Sì, ad ogni costo
Perder
non vuò sì amabile tesoro.
BELT. Cara la mia figliuola,
Quanto mi consolate!
Piangere voi mi fate.
Se sarete mia nuora,
Saprò ben io rimeritarvi allora. |
|
CONT. |
Ma dov'è Bernardino? |
BELT. |
Il signor Bernardino |
Mandiamolo a chiamare. |
|
Ehi, chi è di là? (Viene un Servo) |
|
Vanne dall'illustrissimo |
|
Signor dottor; digli, se si contenta, |
|
Che da me favorisca immantinente. (Il Servo parte) |
|
Faccio per insegnare a questa gente. |
|
CONT. |
Certo è una bella cosa |
Trattar con civiltà. |
|
BELT. |
Se sarete mia nuora... Eccolo qua. |
SCENA SECONDA |
|
Bernardino e detti. |
|
BERN. |
Salve, pater; salvete, |
Domina Comitissa. |
|
BELT. |
Sì, sì, la Comitissa |
Vi vuol dare un salvete in su la testa. |
|
BERN. |
Quare, domina, quare? |
CONT. |
Parvi che sia un trattare |
Da signor, da dottore? |
|
BELT. |
Ella ti porta amore, |
Ella per te sospira e si martella, |
|
E tu colla Rosina. |
|
BERN. |
Oh bella, oh bella! |
E voi ve lo credete? (a Beltrame) |
|
Contessina, ridete. |
|
Per mio divertimento |
|
Scherzai colla ragazza; ed ha creduto |
|
Pasquina, mia sorella, |
|
Ch'io facessi da vero: oh bella, oh bella! |
|
BELT. |
Ah, non è ver? |
BERN. |
No certo. |
BELT. |
Non vuoi sposarla? |
BERN. |
Oibò. |
BELT. |
E non l'ami nemmen? |
BERN. |
Dico di no. |
BELT. |
Giuralo. |
BERN. |
Ve lo giuro |
Da galantuom. |
|
BELT. |
Non basta. |
BERN. |
Sull'onor mio. |
BELT. |
Nemmeno. |
Se vuoi ch'io creda, e che non pensi male, |
|
Giurami su la laurea dottorale. |
|
BERN. |
Giuro per Giustiniano. |
BELT. |
Chi è il signor Giustiniano? |
BERN. |
È il gran legislatore. |
BELT. |
Giurami sul caratter di dottore. |
BERN. |
Sopra il mio dottorato |
Vi faccio il giuramento. |
|
BELT. |
Ah, ti credo, ti credo; or son contento. |
Era impossibile, |
|
Che un cor sì nobile |
|
Quella pettegola |
|
Volesse amar. |
|
Contessa amabile, |
|
Cupido e Venere |
|
Quel cuor sì tenero |
|
Vuol consolar. |
|
Son tutto in giubilo, |
|
Ritorno giovane, |
|
Un bel solletico |
|
Mi fa brillar. (parte) |
|
SCENA TERZA |
|
La Contessa e Bernardino |
|
BERN. |
(Dopo quello che ho fatto, |
E che ancor non si sa, se il padre irrito, |
|
Il buon tempo per me sarà finito). (da sé) |
|
CONT. |
(Non sa che mi sia noto |
Quel che pubblico ha reso |
|
Dopo del suo ritorno il cancelliere; |
|
E mi voglio cavar doppio piacere). (da sé) |
|
BERN. |
Voi sapete chi sono; |
Creduto non mi avrete |
|
Di una viltà capace, |
|
E chi aver non mi può, lo soffra in pace. |
|
CONT. |
Tutte sospireranno |
L'onor di possedervi. |
|
BERN. |
Oh, se sapeste! |
Quando mi dottorai, |
|
Per la cittade andai |
|
Coi tamburi e le trombe e col bidello, |
|
E mi dicean tutte le donne: oh bello! |
|
CONT. |
(Oh, pazzo da catene!) (da sé) |
BERN. |
Voi mi volete bene? |
CONT. |
Potete immaginarvi! |
Chi potria non amarvi? |
|
BERN. |
Datemi dell'amore un testimonio. |
CONT. |
Non si potrebbe fare un matrimonio? |
BERN. |
Con chi? |
CONT. |
Fra voi e me. |
BERN. |
Dite davvero? |
CONT. |
Il labbro mio è sincero. |
Pensateci, signore: |
Ritornerò fra poco.
(Vuò con tutti costor prendermi gioco). (da sé)
Che bel piacere,
Che bel diletto,
Giocondo in petto
Serbare il cor. Non vi è nel mondo
Piacer maggiore
Di un dolce amore,
Di un grato ardor. (parte)
SCENA QUARTA
Bernardino e Pasquina
BERN. Non so che dir: Rosina
Veramente mi piace;
Perderla mi dispiace;
Ma per questa ragione io non vorrei
Precipitare gl'interessi miei.
Pur troppo ho da sentire
Mio padre a strepitar, e se potessi
La contessa Clarice aver in sposa,
Rimediato
sarebbe ad ogni cosa.
PASQ. Bravo, bravo davvero!
Bella riputazion!
BERN. Su via, sorella,
Per la sposa novella
Preparate le stanze.
PASQ. E chi è costei?
BERN. Una che è degna degli affetti miei.
PASQ. E Rosina?
BERN. Rosina
Per sempre dal mio
cuor l'ho discacciata.
PASQ. Se voi dite davver, son consolata.
BERN. I pari miei non scherzano.
PASQ. Viva il signor fratello,
Viva il signor dottore!
Per grazia, per favore,
Il nome della sposa
Mi permette, signor, ch'io gli domandi?
BERN. La contessa Clarice ai suoi comandi. (parte)
SCENA
QUINTA
Pasquina, poi Fabrizio
PASQ. La contessa Clarice?
Capperi! questo sì ch'è un buon partito.
Nobile
anch'io ritroverò il marito.
FABR. Pasquina.
PASQ. Con licenza,
Un poco di signora.
FABR. Tempo vi par di tormentarmi
ancora?
Se sposa mia sorella
Sarà di Bernardino.
PASQ. Il signor Bernardino
È sposo, è ver, ma non della Rosina.
Egli sposar destina,
Egli d'amar s'impegna
Una
che del suo cuor sarà più degna.
FABR. E chi è costei che ha meriti sì
grandi?
PASQ. La contessa Clarice ai suoi comandi.
FABR. Dunque mi disprezzate?
Dunque
più non mi amate?
PASQ. Anzi vi voglio ben, ma...
FABR. Questo ma
Cosa conclude mai?
PASQ. Oh, il ma vuol dire delle
cose assai.
Col ma talor si toglie,
Col ma talor si dona,
Ora è cosa cattiva, ed ora è buona.
Per esempio, si suol dir: Quella tale già si sa, Che è ripiena di bontà, Ma...; e la tale suol passar Per l'idea dell'umiltà, Pe 'l ritratto d'onestà, Ma...: ed il bene che si ha detto, Tutto in fumo se ne va. Dico anch'io vi voglio bene, Ho per voi della pietà, Ma...: il mio ma cosa vuol dire? Qualchedun vel spiegherà. (parte)
SCENA SESTA
Fabrizio solo.
Senza che me lo spieghi,
L'ho capita da me.
Vuol dire io v'amo,
Ma sono una fraschetta;
Vuol dir quella civetta:
«Ho promesso, egli è ver, ma cangio tuono;
Non vi vorrei mancar, ma donna io sono».
È l'amore un certo mare,
Che si pena a navigar, |
|
Dove spesso a naufragare |
|
È costretto il marinar. |
|
L'incostanza delle belle |
|
Suscitar fa le procelle; |
|
Della femmina l'orgoglio |
|
È l'arena ed è lo scoglio |
|
Che fa l'uom precipitar; |
|
E credendo entrar in porto, |
|
Si ritrova in alto mar. (parte) |
|
SCENA SETTIMA |
|
Sala. |
|
Beltrame e Bernardino, poi Pasquina |
|
BELT. |
Oh caro! oh benedetto! |
Evviva il mio dottore! La Contessa |
|
Or or ritorna qui, |
|
E le nozze si fanno in questo dì. |
|
BERN. |
Vedete, signor padre? |
Finsi colla Rosina, |
|
Sol per ingelosir la Contessina. |
|
BELT. |
Bravo, bravo davvero! |
Oh benedetti |
|
I denari che ho speso! |
|
Oh, caro il mio dottore, |
|
Eccoti un bacio, e te lo do di cuore. |
|
PASQ. |
Ehi, l'avete saputo? (a Beltrame, con allegria) |
BELT. |
Di che? |
PASQ. |
Di Bernardino. |
BELT. |
Del signor Bernardino. |
Avvezzati anche tu, |
|
Acciò impari da noi la servitù. |
|
PASQ. |
È ver, me ne scordai. |
BERN. |
Cosa volete |
Raccontare di me? (a Pasquina) |
|
PASQ. |
Lo sa che avete |
Da sposar la Contessa? (a Bernardino) |
|
BELT. |
Sì, lo so. |
PASQ. |
Che bel piacer! |
BELT. |
Che bel contento avrò! |
BERN. |
Eccola per l'appunto. |
PASQ. |
Eccola la signora. |
BELT. |
Vo con rispetto ad incontrar mia nuora. (S'avvia verso la Scena) |
SCENA OTTAVA
La Contessa, Don Alberto e detti.
CONT. |
Perdonate, signori, |
S'io vengo in compagnia. |
|
BELT. |
Anzi mi fa piacere |
Il signor cancelliere: |
|
Ei formerà il contratto. |
|
Quello che s'ha da far, facciamlo a un tratto. |
|
BERN. |
Subito, da seder. |
PASQ. |
Sedete qui, |
Cara la mia cognata. |
|
CONT. |
Cognatina gentil, bene obbligata. |
BELT. |
Qua lei, signor dottore, |
Presso della sua sposa. |
|
Qua il signor cancelliere, |
|
La Pasquina, qua io. |
|
Ma che piacer, ma che piacere è il mio! |
|
CONT. |
(Ecco Fabrizio, ecco Rosina; affé. |
Della commedia il fin lungi non è). (da sé) |
|
SCENA NONA |
|
Fabrizio, Rosina e detti. |
|
FABR. |
Perdonate, di grazia. |
BELT. |
E che volete? |
PASQ. |
Ve ne potete andare. |
BERN. |
(Ah, Rosina mi vuol perseguitare). (da sé) |
ROS. |
Noi non siam qui venuti |
Le nozze a disturbar di lor signori. |
|
Godino pur de' fortunati amori. |
|
FABR. |
Anzi, se si contentano, |
Nel loro matrimonio |
|
Posso servire anch'io di testimonio. |
|
BELT. |
(Non facciamo rumori: |
Tacete, e sopportate). (a Bernardino) |
|
Se volete restar, dunque restate. (a Fabrizio e Rosina) |
|
ROS. |
(Chi principia di noi?) (piano a Fabrizio) |
FABR. |
(Meglio sarà che principiate voi). (piano a Rosina) |
ROS. |
Ascoltate, signori: |
Vi son certi rumori |
|
Sparsi per tutto il Borgo, |
|
Che sia il signor dottore |
|
Dottorato non già, ma un impostore. |
|
BELT. |
Ah, lingue scellerate! |
Subito immantinente |
|
Va a prendere il diploma; |
|
Che si mandi per tutto, |
|
Alle case, ai ridotti, alle botteghe, |
|
L'autentica legal del dottorato. |
|
BERN. |
Ancor non mi hanno dato |
Il privilegio mio, perché vi mancano
I rotondi sigilli e le coperte,
E l'arma nostra
ricamata in oro.
BELT. L'arma, l'oro, i sigilli! oh che
tesoro!
FABR. Ma intanto per il Borgo
Di lui si parla male.
BELT. Cosa sapete voi, signor
speziale?
CONT. Se alcuno ha qualche dubbio,
Se del signor dottore
II ver brama sapere,
Il signor cancelliere,
Ch'è andato e ritornato
Oggi dalla città,
È informato di tutto, e
lo dirà.
BERN. Non occor che s'incomodi. (a
don Alberto)
BELT. Eh, lasciamolo dire. (a Bernardino)
Cosa
sapete voi? (a don Alberto)
ALB. Portata ho meco
La copia del diploma autenticata.
Eccola qui firmata. (mostra un foglio a Beltrame)
Mirate i testimoni
E il segno notariale.
BELT. Cosa direte voi, signor
speziale?
BERN. (Che diavolo sarà?) (da sé)
BELT. Via, leggetela un po', giacché siam qui.
ALB. Ascoltatela ben; dice così.
Noi qui a piè sottoscritti,
Per onor, per decoro
Del dottorale nobile ornamento,
Fede facciam con nostro giuramento
Che Bernardin dal Borgo
Non fu mai laureato;
Che i quattrini ha mangiato
Al pover genitore;
Non
fu, non è, né sarà mai dottore.
BELT. Bernardino!
BERN. Dirò la verità.
Son dottore benissimo,
Rispetto al mio saper; mancami solo
La solita funzion. Se voi volete
Replicare il danaro un dì sborsato,
Torno subitamente
addottorato.
BELT. Ah cane! ah manigoldo! in tal
maniera
Assassini tuo padre? Io, io senz'altro
Vuò addottorarti, indegno,
Con un pezzo di legno. Ah, disgraziato!
Per il tuo gran sapere
Tu tornasti un
somaro, ed io un messere. (parte)
PASQ. (Povera me! m'ha colto
Un fulmine improvviso.
Non ho cuor di
mirar nessuno in viso). (parte)
CONT. Serva, signor dottore,
Ella ha speso assai bene i suoi denari.
Imparate a mentir con le mie pari. (parte) |
|
ALB. |
Imparate a usurpar con tal dispregio |
Del degno alloro il venerabil fregio. (parte) |
|
FABR. |
Signor, se tal rimprovero |
Vi causa indigestione, |
|
Anderò a prepararvi una pozione. (parte) |
|
SCENA DECIMA |
|
Bernardino e Rosina |
|
BERN. |
(Povero Bernardin! son disperato). (da sé) |
ROS. |
(Mi voglio vendicar di questo ingrato). (da |
BERN. |
Ah Rosina, io son perduto, |
E di me cosa sarà? |
|
A voi sola chiedo aiuto, |
|
Spero sol da voi pietà. |
|
ROS. |
Dice a me, signor dottore? |
Non lo credo in verità; |
|
Avvilir non deve il cuore |
|
Un signor di qualità. |
|
BERN. |
Gioia mia, chiedo perdono. |
ROS. |
No, sì stolida non sono. |
a due |
Che tormento - che mi sento! |
Che martello - amor mi dà! |
|
BERN. |
Rosina bella, eccomi qui. |
ROS. |
Ah, se credessi... direi di sì. |
BERN. |
Se mi volete, |
Vostro son io. |
|
ROS. |
Vi sdegnerete |
Dell'amor mio. |
|
BERN. |
No, mio tesoro, |
Che per voi moro. |
|
ROS. |
Ah traditore, |
Mi rubi il cuor. |
|
a due |
Queste son glorie, |
Son le vittorie |
|
Del dio d'amor. |
|
BERN. |
Dammi la mano, o cara. |
ROS. |
Son di un dottore indegna. |
BERN. |
Dammi la mano, o bella. |
ROS. |
La nobiltà si sdegna. |
BERN. |
Non tormentarmi più. |
ROS. |
Un mancator sei tu. |
Meriteresti... |
|
BERN. |
Il so. |
ROS. |
M'inganneresti? |
BERN. |
Ah, no. |
a due |
Quello ch'è stato, è stato; |
Torni ridente il fato |
Delle mie brame al par; E d'Imeneo la face Renda al mio cor la pace, Tornisi a giubilar.(partono)
SCENA ULTIMA Beltrame con alcuni strumenti rusticali, fermando Bernardino, e conducendolo per mano.
BELT. Qua, qua, signor dottore,
A un uom del suo valore
La laurea dottoral che gli si aspetta
È la zappa, il badile e la vanghetta.
(gli
presenta tutti questi strumenti rusticali)
BERN. Oh,
non v'incomodate.
Invece della laurea dottorale,
Ho pigliato l'allor matrimoniale.
Ella è mia moglie
alfin.
BELT. Va, disgraziato,
Nella birbanteria sei dottorato.
TUTTI Il dio degli amori
Fa presto dottori
Chi studia quel libro
Che fa innamorar.
FABR. Anch'io l'ho studiato
E mi ho innamorato,
E vuò, se mi vuole,
Pasquina sposar.
PASQ. Per me son contenta
Fabrizio
sposar.
BELT. Io torno messere,
Io torno fattore.
Lavori il dottore,
Se vuole mangiar.
TUTTI
Di già l'impostura Non regna, non dura, Ché alfine l'inganno Si suol scorbacchiar.
Fine del Dramma.