Dialogo con un interlocutore brillante
di Jean Tardieu
Titolo originale Monsieur Moi Traduzione di Gian Renzo Morteo
da Teatro Giulio Einaudi Editore Torino - 1976
Persone
IL SIGNOR IO, personaggio presuntuoso che parla forbito
L'INTERLOCUTORE, specie di clown ilare e stupido, capelli rossi,
abiti troppo larghi: si esprime soltanto con interiezioni
La scena non rappresenta niente: è immersa nell'oscurità.
I due personaggi arrivano lentamente, reggendo ognuno una piccola lanterna che rischiara soltanto i loro volti.
signor io O tu, che sin qui mi facesti compagnia, fermati, ti prego. Non spingiamoci oltre!...
interlocutore Bene, bene, bene, bene!
signor io E deponiamo le lanterne, per poterci sgranchire le dita! (Posano le lanterne in terra). Ecco fatto.
interlocutore Uff!
signor io Hai proprio ragione.
interlocutore (battendo le mani, con soddisfazione, come per felicitarsi) Bravo! Bravo!
signor io Adesso certamente mi domanderai perché ci siamo fermati.
interlocutore Be'... sì, diamine!
signor io Mi aspettavo infatti questa domanda. Ti ringrazio d'avermela posta. Una domanda degna di te.
interlocutore (lusingato) Eh, eh!
signor io Benissimo! Tuttavia, prima che io ti risponda, osservami attentamente, ti prego, nella situazione in cui mi trovo, cioè nel punto preciso in cui siamo arrivati. (L'Interlocutore prende la lanterna e con questa percorre dall'alto in basso la figura del signor Io, scrutandola attentamente). Posa quella lanterna! È con gli occhi dello spirito che devi osservarmi.
interlocutore (posando la lanterna) Là! (Si concentra, aggrottando le sopracciglia).
signor io Rispondimi! Dimmi se mi vedi quale debbo essere: giunto nel mezzo del cammino, un uomo di senno, è questo, nevvero, che sono?
interlocutore (con fretta ossequiosa) Ah, sì sì! Ah, sì sì! Altroché!
signor io Dunque un uomo assennato, cioè che misura, paragona, somma, sottrae, in una parola che si dedica ad operazioni esatte: tale è l'uomo che sono?
interlocutore (definitivo) Due e due, pum!
signor io Tale almeno era l'uomo che fui, lungo il cammino sul quale procedevamo, prima che ci fermassimo. Ora ci siamo fermati, non è forse vero?
interlocutore (con gesto d'arresto) Crac!
signor io Ebbene, ti conosco e sento che stai per rivolgermi ancora una volta la tua eterna domanda: perché ci siamo fermati?
interlocutore (confuso) Oh, scusi!
signor io (conciliante) No, no, non scusarti! Piuttosto rallegrati con te stesso! Rallegrati per la tua insistenza e la tua perspicacia! Giacché è questo il problema. Il problema principale. E sai che cosa ti risponderò?
interlocutore (come uno scolaro interrogato quando meno se lo aspetta) Chi, io? No!
signor io Io ti risponderò che io non so perché ci siamo fermati. lo-non-lo-so! (Con improvvisa sollecitudine) Non avrai paura, almeno?
interlocutore (protestando con fierezza) Oh! no! Oh, no, no, no, no!
signor io (proseguendo) Io non so, ripeto, perché ci siamo fermati, ma, vedi, è proprio per questo che ci siamo fermati!
interlocutore (spalancando gli occhi al colmo dello stupore) Accidenti!
signor io Intendo dire che c'era, a questo punto del nostro cammino, un ostacolo: qualcosa di inesplicabile, qualcosa di irriducibile e di opaco contro cui abbiamo urtato.
interlocutore (intelligentemente) Bum!
signor io Hai proprio ragione. Noi abbiamo urtato contro qualcosa che ci impediva di avanzare. Orbene, questo ostacolo, non lo conosciamo ed abbiamo poche speranze di conoscerlo... (Come uscendo da un sogno) Eh? Cosa?
interlocutore Ma... niente!
signor io Come? Mi sembrava che tu avessi parlato!
interlocutore Chi? Io?
signor io Sì, tu!
interlocutore Io, no!
signor io Allora, forse ero io. Si, debbo essere stato io, giacché stavo dicendomi che la mia vita è una cosa ben strana.
interlocutore (commiscrandolo) Ahimè!
signor io Sì, c'è nella mia vita un non so che d'incomprensibile e di inaccettabile, un qualcosa forse grandioso, forse atroce - in ogni caso, sproporzionato rispetto a me e attorno al quale, ciò non di meno, tutta la mia vita, capisci, tutta la mia vita è costruita. (L'Interlocutore emette un lungo fischio per sottolineare la grandezza della cosa). Ci penso spesso ed ogni volta ho paura, poiché non posso neppure immaginare di che cosa si tratti: chissà, un brutto ricordo, qualche avvenimento estraneo a me, ma che tuttavia pesi sulle mie spalle come un fardello personale. Forse un momento di follia insinuato nel cuore della mia ragione, forse l'immensità del nulla nel mezzo del mio essere.
interlocutore (terrorizzato) Oh! Là! là!
signor io I tuoi rilievi provano più che largamente l'interesse che tu mi porti. Tu mi sei veramente di grande aiuto.
interlocutore (con finta modestia) Bah!...
signor io Ma sì, ma sì! Non protestare! In ogni caso mi hai accompagnato sino qui, è un fatto. E se ci siamo fermati, non è certo per colpa tua.
interlocutore Ah, questo no!
signor io Io penserei piuttosto, vedi, che ciò che ci ha fermati sia quella cosa, sempre quella stessa cosa. Che ne pensi tu?
interlocutore (perplesso) Ma!...
signor io Secondo me, quella cosa era lì, ad aspettarci, nel bel mezzo della strada - e, benché sia lì, lì, davanti a noi, impossibile sapere di che si tratti! Ammetterai che è una situazione molto imbarazzante per degli spiriti accorti come i nostri?
interlocutore (chiassosamente) Ah, sì sì, davvero!
signor io Ma ti meraviglierò ancor di più. Io che ti parlo e a cui tu rispondi con tanta perspicacia, io che ho paura di questa cosa incomprensibile, io posso, quanto meno, permettere di aggirarla. Capisci? Io posso girare attorno a questo ostacolo con la mia ragione... Mi segui sempre, non è vero: con la mia ragione?
interlocutore (come una fioca eco) Con la mia ragione.
signor io E anche con i piedi, naturalmente. Mi segui. Con i piedi.
interlocutore (c. s.) Con i piedi.
signor io E quando ne avrò fatto il giro, allora, di colpo, con un movimento fulmineo, da borsaiolo, mi metto in tasca La Cosa! Chi si è visto si è visto! Affare fatto!
interlocutore (beato, come se facesse scomparire un oggetto) Zac!... (Si frega le mani con soddisfazione).
signor io (sereno) Ed io, mani in tasca, potrò finalmente riprendere il cammino!
interlocutore (al colmo della gioia) Trallarallalllà!
signor io (di nuovo grave) Vedi è una grande consolazione poter localizzare ciò che ci minaccia. Capiscimi: localizzare col pensiero, o con un semplice disegno, forse con un gesto... Non andrò nel fondo dell'abisso, e d'altronde come potrei? Ma faccio il giro dei suoi confini e, quando so che la mia follia, con la follia del mondo, è contenuta nella mia ragione, quando afferro col mio sguardo quel gran cielo incomprensibile che si mescola con le mie tenebre, quando con cura la mia vita protegge le mie ceneri, allora tutti i fulmini sono in mio potere e il mio delitto sconosciuto è sopraffatto dalla mia magnifica innocenza. Ed io mi addormento rappacificato.
interlocutore (dopo un enorme sforzo) E allora?
signor io (richiamato fuori dal suo abisso di riflessioni) Eh? Cosa? Come: e allora?
interlocutore (indicando il cammino) Allora... andiamo?
signor io Sì! Andiamo, come si dice, ad «aggirare la difficoltà». Non lontano di qui, c'è un passaggio. Affrontiamolo senza paura. Ma non una parola, non un rumore! Attenzione alle valanghe!... Ssss!
interlocutore (con un dito sulle labbra) Ssss!
signor io Ssss! Ssss!
interlocutore Ssss! Ssss! Ssss!
Riprendono le lanterne e se ne vanno sulla punta dei piedi, girando lentamente uno dietro all'altro.
Parigi 1950.