Il signore è servito

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IL  SIGNORE È SERVITO

Commedia in tre atti

di Carlo Veneziani

 

PERSONAGGI

Andrea

Paolo

Fiorella

Sbrendolo

Delfina

Gingio

Truciolo

Tobis

Mordorè

Livia

Marisa

Teodoro

Ludovico

Margherita

L’usciere

Gerolamo

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

La camera da letto di Paolo Gabli. Quattro porte laterali e una finestra in fondo. Il letto, un divano, qualche poltrona, specchio, tappeti, altri mobili molto eleganti.

(Finestre e porte son chiuse, quindi pel mo­mento il buio è appena interrotto da quel po' di chiarore che le persiane lasciano filtrare).

Paolo                      - (è ancora semivestito e dorme malamente sdraiato sul letto).

Andrea                   - (dorme per terra, nascosto al pubblico da una larga poltrona).

Fiorella                   - (sul divano, assopita).

Sbrendolo              - (con la testa sopra un'altra poltrona e i piedi poggiati su la toilette, ronfa a grande orchestra).

Truciolo                  - (ronfa a sua volta, quasi in duello col compagno, ed è accoccolato ai piedi del letto).

Margherita             - (picchia dall'esterno alla prima porta di sinistra, dopo un po' chiama) Si­gnore! Signore! (Poiché nessuno risponde, ella apre ed entra, ma si ferma subito, sor­presa) Che aria guasta! E come dorme! Si­gnor Paolo! E' mezzogiorno, le porto il eaffe! (Avanza cautamente verso il letto, inciampa nel corpo di qualcuno, dà un grido e lascia cadere quanto ha in mano: vassoio, tazza, ecc.). Dio!... Chi c'è? (Raggiunge la finestra, la spalanca, si volge e dà un nuovo grido). Madonna! qui è stato commesso un delitto!

Paolo                      - (svegliato dagli strilli e dal sole che ir­rompe, si leva a metà sul letto, stropiccian­dosi gli occhi) Vuoi finirla di sbraitare? Da quando in qua hai inaugurato codesto mo­do di svegliare la gente?

Margherita             - (indica gli altri che indossano strac­ci pittoreschi da povera gente di strada e con­tinuano a russare con molta foga) Signore, guardi...

Paolo                      - (stiracchiandosi e svegliandosi bene) E chi sono costoro?

Margherita             - (spaventandosi) Lei non lo sa? Allora son ladri! (Corre alla finestra, gridan­do:) Aiuto!

Paolo                      - (balza dal letto e trae indietro la ser­vetta) Taci! Raccogli i cocci e marcia! Vuoi far venire le guardie?

Margherita             - Dal momento che sono ladri...

Paolo                      - Non è una ragione. I ladri sono do­vunque, le guardie no. E' indelicato distur­barle. E poi, ti pare chef i ladri dormano? No! I ladri lavorano, rubano e scappano. Dunque, costoro sono tre galantuomini e...

Fiorella                   - (già sveglia, seduta sul divano, ora interviene timidamente) ...« anche una galantuoma !

Paolo                      - (annuendo) Ecco, una galantuoma!

Margherita             - Il signore li conosce?

Paolo                      - Dormono con me e vuoi ch'io non li conosca?

Fiorella                   - (sorridendo con aria di superiorità) Che scioccona!

Margherita             - Ma... ma il signore ha esclama­to: Chi sono costoro?

Paolo                      - In sogno! dormivo... Invece, guardali lì... Sono miei carissimi amici.

Margherita             - Vestono maluccio... Forse sono in maschera?

Paolo                      - Ma che maschera!

Fiorella                   - (ridendo con sopportazione) Le pax d'essere in carnevale!

Paolo                      - Anch'io sono mezzo vestito... Già, mi sono addormentato senza finire  di spo­gliarmi.

Margherita             - Eppure mi sembrano degli strac­cioni!

Fiorella                   - (si drizza in piedi, offesa) Strac­cioni, noi?

Paolo                      - (severo) Margherita, tu offendi!

Margherita             - (confusa) E' che...  .

Paolo                      - Va via! Raccogli i cocci e marcia! Ser­vi la colazione per tutti, di là.

Margherita             - (raccogliendo vassoio e tazza) Debbo avvertirla che...

Paolo                      - (reciso) Raccogli i cocci e marcia!

Margherita             - (rassegnata) Tanto peggio. (E se ne va di dove è venuta).

Fiorella                   - (con un gesto di compatimento) Quella ragazza non sa stare in società!

Truciolo                  - (si scuote, si stiracchia, sbadiglia, si alza e dice a Paolo, confidenzialmente) Ehi, amico simpaticone, che ora abbiassimo fatta?

Paolo                      - Dev'essere appena l'alba.

Sbrendolo              - (si leva) L'alba? Corpo del demo­nio, ho un appuntamento al tramonto!

Paolo                      - C'è tempo di prenderci il caffè.

Truciolo                  - Il caffè?

Fiorella                   - (avida e felice) Con molto zuc­chero.

Paolo                      - E col latte!

Truciolo                  - E i biscottini?

Paolo                      - Burro e marmellata!

Sbrendolo              - Per le corna di Mosè!

Paolo                      - Però, prima passate lì dentro, e'è il bagno. Lavatevi.

Fiorella                   - Anch'io?

Paolo                      - Sì, mia gentile amica, ma tu da que­st'altra parte.

Fiorella                   - Di là? E che c'è?

Paolo                      - Tutto quello che occorre alle signore.

Fiorella                   - Posso prendermelo?

Paolo                      - Se ti piace...

Sbrendolo              - Prendi tutto! Non far compli­menti tra noialtri. (E fa per sputare).

Truciolo                  - (a Sbrendolo) Vedi come sei volgo ? Tu non sassi stare in casa dei signori. Guarda come si fa! (Sputa fuori dalla finestra).

Paolo                      - No! per amor di Dio! Sui passanti...

Truciolo                  - L'educazione importa di rispettare il pavimento. Il passante è un pavimento? No!

Sbrendolo              - Andiamo alla lavanderia.

Truciolo                  - Siassimo o non alassimo ristocrati chi? (Vanno via entrambi dalla seconda porta a destra).

Paolo                      - (srida loro dietro) C'è pure il sapone! Usatelo!

Fiorella                   - E io debbo lavarmi con l'acqua?

Paolo                      - Non puoi mica lavarti col vino!

Fiorella                   - (ara po' risentita) L'acqua schiz­za, bagna... Queste porcherie non l'ho mai fatte, io. Tu perchè non ti lavi? E' comodo mandare gli altri e lui no. Prepotente! (Esce dalla seconda porta a sinistra).

Paolo                      - (richiamato da uno stiramento d'Andrea) Ah, ce n'è ancora uno. (Lo tocca col pie­de) Ehi, amico! Compagno! Collega! Su, sve­glia! (L'altro russa). Non ha il sonno leggero. (lo scuote) Giosafatte! Asdrubale! Chissà co­me si chiama questo mio intimo amico...

                               - (Margherita ritorno in iscena).

Margherita             - (stupita e indignata) Signore...

Paolo                      - Zitta! Raccogli i cocci e marcia!

Margherita             - E' che di là...

Paolo                      - (non la lascia parlare) Pronto il caffè e latte?

Margherita             - Sì, però...

Paolo                      - Non voglio altro (e scuote ancora An­drea) Oè, Asdrubale... ossia questo nobil­uomo?

Margherita             - E’ la prima volta che lo vedo.

Paolo                      - Anch'io... cioè no, l'ho visto stanotte, con gli altri, tutti quattro, in quattro punti diversi della città. (Si sente il canto a squar­ciagola di Sbrendolo e Truciolo). Senti come si svegliano allegri i vagabondi, dopo aver dormito in una casa a modo anzi che per la strada?

Margherita             - Gik, ma tuttavia.

Paolo                      - (troncandole la frase) Questa nòt­te, uscendo dal circolo dove ho perso tutto, tranne la filosofia, ho fermato Ja mia esasperazione al cospetto d'un cencioso nottambulo. E ho detto : perchè ci sono i vagabondi sulla terra? (Un fragor di stoviglie fracassate viene dall'interno).

Margherita             - (fa per accorrere) Per rompere tutto!

Paolo                      - Lascia andare! Non muoverti! Stai qua! E' la ragazza che fa toilette. Povera stracciona anche lei. E' questo il male, ca­pisci? Sono straccioni perchè sono abulici, senza volontà; e non lavorano mai perchè non riposano mai. Diamo a costoro un comodo giaciglio, ed essi la mattina dopo si sveglieranno pieni di volontà. Così un fannullone diventa lavoratore e io un imbecille perchè faccio di simili discorsi alla mia domestica!

Margherita             - Il signore sa ch'io lo lascio dire e...  (con intenzione, pudicamente) e fare...

Paolo                      - (senza badarle, s'infervora) Era lo champagne o l'amarezza per la mia sfortuna che mi facevano ragionare stanotte? Ho ur­lato: Diamo una casa ai randagi...

Margherita             - (spalanca gli occhi) E lei vuol dar la sua casa?...

Paolo                      - Per una notte! E quando il cencioso nottambulo mi ha tesa la mano, gliel'ho tesa anch'io e ce la siamo stretta. Ma vieni, gli ho gridato, vieni con me, ti offro un tetto, una cena e tu domattina avrai l'animo dispo­sto al lavoro.

                               - (Truciolo ricomparisce sulla porta dalla quale è uscito).

Truciolo                  - (continuando ad insaponarsi le guan­ce) Oè, amicone mio, ci fi.amo anche la barbozza, sai? Ci sbarbariamo!

Paolo                      - Ecco, è gaio ora lo straccione. Chi è gaio è buono, chi è buono è onesto. Quello l'ho trovato sotto l'arco di piazza. Presso un lampione del corso ho incontrato la ragazza eh'è lì dentro. Più giù ho visto Asdrubale che dorme ancora... e dorme contento... Ha la faccia felice...

Margherita             - Ronfa, signore.

Paolo                      - Il ronfo è l'inno alla felicità che si sogna. Costui si sveglierà lazzarone, è vero, ma oggi meno di ieri, domani meno di oggi. Ed io che sono ormai un uomo devastato, un poeta inutile, voglio fare del bene al mondo, voglio condurmi in casa quattro accattoni ogni notte.

Margherita             - (quasi con raccapriccio) Per amor di Dio, signore!

-(Fiorella torna in iscena per un momento).

-

Fiorella                   - (con scatole e flaconcini in mano) Scusa, signor amico, che roba è questa?

Paolo                      - Acque, creme, cosmetici che mettonole donne.

Fiorella                   - Dove?

Paolo                      - Dove vuoi tu!

Fiorella                   - Allora me li metto anch'io. (E se ne torna via saltando di gioia). Margherita    - (intanto ha raccolto dal fianco di Andrea una bottiglia) Guardi, signore. Paolo   - Una bottiglia.

Margherita             - Vuota.

Paolo                      - Ti stupisci?

Margherita             - E' la settima.

Paolo                      - Cosa?

Margherita             - Ho trovato sette bottiglie sparse per le stanze.

Paolo                      - Mie?

Margherita             - Quelle ch'erano in sala da pranzo.

Paolo                      - Bevute?

Margherita             - Come questa.

Paolo                      - (dà una pedata al dormiente) Ah, su­dicio ubriacone!

Margherita             - Sfido io che dorme contento!

Paolo                      - (con uno scossone violento) Ehi, ami­co! cioè, niente amico! Su, malcreato.

Andrea                   - (svegliandosi, chiama:) Antonietta!

Paolo                      - Macche Antonietta! Su!

Andrea                   - (sì leva in piedi, ancora insonnolito)

                               - Signor delegato, ho le carte in regola...

Margherita             - (spruzzandogli dell'acqua in fac­cia) Apri gli occhi, ghiro!

Andrea                   - Piano! Un po' di riguardo!...

Paolo                      - Anche il riguardo vuole?

Andrea                   - Ma già... to'... sono in casa del mio caro compagno... Come stai?

Margherita             - Giù la mano!

Paolo                      - Zitta, Margherita. Stanotte abbiamo giurato d'essere compagni e di darci del tu. E' la sola cosa di cui quest'animale si ri­cordi. Si è dimenticato invece di comportarsi pulitamente.

Andrea                   - (sprofonda in una poltrona) Oh, si sta proprio bene in questa casa. ISon mi muo­vo più. (Allunga una mano per carezzare Mar­gherita). Pacioccona.

Margherita             - (irritata) Dev'essere ancora ub­briaco!

Paolo                      - Va a mettere la testa sotto la doccia fredda, così ti svegli, va!

Andrea                   - Per svegliarsi ci vogliono due.grap­pini, tre per vederci, quattro per ragionare. (Sbrendolo e Truciolo tornano in iscena impomatati, incipriati eccessivamente, stillanti acqua di Colonia),

Truciolo                  - Ci siamo dati a pulitura.

Sbrendolo              - Lavati e starati.

Truciolo                  - Adesso il caffè.

Sbrendolo              - E un toscano, anzi due... dam­mene tre.

Paolo                     - Non si fuma! E' già pronta la prima colazione.

Andrea                   - La prima? Quante ne facciamo?

Paolo                      - Tu nessuna! Parlo a questi amici che sono più corretti di te. (Agli altri due, indi­cando Andrea:) Costui si è comportato male.

Truciolo                  - (a Andrea) Volgo!

Paolo                      - Dopo la colazione ci lascieremo.

Sbrendolo              - Giammai!

Truciolo                  - Sarebbe un tradire l'amicizia.

Paolo                      - Dobbiamo lasciarci! Ognuno allesue vicende. E’ la vita. Voi tornate alla strada con un po' di bontà nel cuore. Oggi vi cer­cherete un lavoro e comincerete a non avere verso la società il rancore dei reietti e dei diseredati, poiché se) voi eravate nel male, io vi ho messi dinnanzi al bene e quindi...

Andrea                   - (interrompe) Dinnanzi a quale bene?

Paolo                      - Quello d'una casa, d'un riposo...

Andrea                   - Allora dinnanzi al tuo bene, non al nostro.

Paolo                      - Il mio è stato vostro, stanotte. Avete cenato con me in un restaurant di lusso, avete riposato da galantuomini in casa d'un galan­tuomo...

Truciolo                  - Chi è?

Paolo                      - Io.

Truciolo                  - Già, scusa...

Paolo                      - Ora, ciascuno di noi andrà ad un la­voro.

Andrea                   - Tu, per esempio, che lavoro fai?

Paolo                      - Io scrivo, sono un letterato, un lavo­ratore come da oggi dovrete essere voialtri, giacche io vi ho messo nel cuore il primo sof­fio d'un ravvedimento che può essere...

Sbrendolo              - Amico, è lunga la predica?

Paolo                      - (smontato) La predica?

x4.ndrea                 - Per una cena che ci hai pagata, ci fai tutta questa lezione morale?

Paolo                      - E' perchè vi voglio bene...

Sbrendolo              - Se ieri a quest'ora non ci cono­scevi nemmeno.

Truciolo                  - E proprio oggi ti è schiattato in corpo tanto tenerume per noi?

Andrea                   - Di' la verità, hai bevuto?

Paolo                     - Ma io parlo pei vostro interesse!

Andrea                   - E che ne sai tu se il nostro interesse sia il lavoro più che l'ozio?

Sbrendolo              - Che fai, l'ingaggiatore di mano d'opera, tu?

Truciolo                  - Il lavoro è il padre dei vizi.

Paolo                      - Voi equivocate, cari miei...

Andrea                   - Che cari e cari! Noi non ti siamo cari affatto! Tu ci hai invitati qui per poi darti l'aria del benefattore...

Sbrendolo              - E noi ci siamo prestati a simile bassezza!

Truciolo                  - Sfruttatore di maggiorenni !

Paolo -,                   - Ma io...

Andrea t                 - Tu ci hai ingannati! Ti sei fatto chia­mare! amico per speculare su la nostra ami­cizia.

Truciolo e Sbrendolo    - Vergogna!

Paolo                      - Vergogna perchè vi ho parlato di la­voro?

Andrea                   - Sei tu che devi lavorare, povero ric­co! Tu devi mantenere il tuo grado sociale!

Sbrendolo              - Noi niente siamo e niente fac­ciamo.

Andrea                   - Il mondo ha bisogno di chi opera e di chi sciopera. Per l'equilibrio. Tu operi, io sciopero. Così sei tu che fai una bella figura alle mie spalle.

Sbrendolo              - Noi siamo i tuoi benefattori.

Truciolo                  - E non accettiamo la tua gratitu­dine!

Paolo                      - Ma io voglio...

Andrea                   - Tu vuoi traviarci! Rovinare la car­riera a noialtri che abbiamo faticato tanto per arrivare ad essere vagabondi.

Truciolo                  - E non se ne trovano molti di questi tempi, ve'? Noi siamo vagabondi di buona qualità, di prima della guerra.

Andrea                   - Del resto ; sei un vagabondo pure tu.

Paolo                      - Signor Asdrubale!

Andrea                   - Tu con un nome, noi con un nomi­gnolo.

Sbrendolo              - Tu col sigaro, noi con la cicca.

Truciolo                  - Perchè tu sei danaràceo e noi no.

Paolo                      - La ricchezza non è il danaro, è il pensiero.

Andrea                   - Tu pensi?

Sbrendolo              - E a che pensi?

Paolo                      - Alla vita! Penso e scrivo i miei pen­sieri.

Andrea                   - Così tu perdi metà del tuo tempo per scrivere. Noi pensiamo sempre senza scri­vere mai... Allora noi siamo più ricchi di te!

Truciolo                  - Andiamo, andiamo, non voglio nemmenanche il suo caffè!

Margherita             - Ah no! (Durante il dialogo precedente, con Varia di rassettar la stanza, ella ha osservato i tre vagabondi facendo delle pic­cole scoperte). Aspettate!

Paolo                      - Lasciali andare!

Margherita             - (traendo dalla tasca di Sbrendolo una scarpa) Prima debbono spiegarmi che roba è questa.

Paolo                      - (stupito) Una scarpa mia?

Sbrendolo              - (calmo, tira fuori la seconda scarpa dalla tasca opposta) E questa è l'altra.

Paolo                      - (adirandosi) Io ti ospito e tu mi rubi?

Sbrendolo              - Non ho rubato, ho preso un paio di scarpe perchè le mie... (Se le guarda ma­linconicamente) .

Andrea                   - Ha ceduto al bisogno...

Paolo                      - All'istinto...

Margherita             - ...del ladro!

Andrea                   - ...dell'uomo! Il primo istinto d'ogni uomo è arranfare!...

Sbrendolo              - E non sfoderare parole grosse!  

Andrea                   - (a Sbrendolo) Tu sei un briccone! Quando un amico ci offre un tetto, non si lavora d'unghia!

Sbrendolo              - Tu non hai bevuto tutta la notte?

Andrea                   - Sì, ma alla sua salute! Era un do­vere. Mentre tu...

Truciolo                  - Niente di male, ha sdilungato la cianfa nel sonno perchè è sonnambulo.

Sbrendolo              - Allora sei sonnambulo anche tu!

Paolo                      - (a Truciolo) Tu? Hai rubato?

Truciolo                  - No, giuro e spergiuro!

Sbrendolo              - Non menava le mani, lui, me­nava i piedi!

Truciolo                  - Non è vero!

Sbrendolo              - T'ho visto io.

Truciolo                  - Bada ai càncheri tuoi!

Andrea                   - (a Truciolo) Dove sei andato?

Truciolo                  - Ho dormuto.  .

Sbrendolò              - Con chi?

Paolo                      - Come? Con chi?

Sbrendolo              - Mah... io bado ai càncheri miei...

Paolo                      - Con chi hai dormito?

                               - (Fiorella torna in iscena e viene avanti soddis­fatta della propria orribile acconciatura. Ha lo spazzolino dei denti tra i capelli, le vesti piene di cipria, il naso blu, i pomelli bian­chi, le labbra nere).

Fiorella                   - Sto bene così?

Sbrendolo              - Angeli del paradiso!

Andrea                   - (rimirandola) Come sei bella!

Paolo                      - (l'afferra pel braccio e dice a Truciolo) Con costei, forse? Rispondi! E tu, don­naccia, che cosa hai fatto qui, in casa mia?

Fiorella                   - (confusa, intimidita) Non mi sono acconciata bene?

Paolo                      - Parla!

Andrea                   - (a Paolo) Ma guardala un poco in faccia, ti pare una donna, quella?

Paolo                      - (urlando) Con ehi, allora?

Margherita             - (scoppia in singhiozzi e casca a se­dere) Non con me... no! con me no!...

Paolo                      - (rosso d'ira) Tu? Tu? Via! Raccogli i cocci e marcia!

Andrea                   - Macche raccogliere! Quei cocci lì... li raccolgono gli altri.

Margherita             - (singhiozzando) Dormivo... Nel buio ho creduto che fosse lei...

Paolo                      - Io? Come: ti permetti di supporre una simile bassezza?

Margherita             - (tra le lagrime) Puzzava di pi­pa... ma non ci ho fatto caso...

Paolo                      - (severo a Truciolo) Satiro! Ora sai qual'è il tuo dovere? Sposare quella ragazza!

Margherita             - (si alza di botto protestando) Ah no, mai! Ci mancherebbe altro!

Truciolo                  - (con grande aria) Peccato! Ti per­di un bel partito.

Margherita             - (se ne va singhiozzando) Dio! Dio! Dio mio!... (Esce).

Andrea                   - (rivolto alla servetta) Lascialo stare Dio! Che Lui non le ripara queste cose... Sta­rebbe fresco!

Sbrendolo              - In verità, mi sento scandalizzato.

Paolo                      - (passeggia furente, gesticolando) E' sbalorditivo! E' una violazione di domicilio!

Truciolo                  - Eh, quanto fregasso per nulla!... Sbrendolo, eschiàmocene e basta.

Paolo                      - Sì, via! fuori! che la misura è colmai

Andrea                   - E perchè gridi tanto? Ospiti dei ma­scalzoni e ti stupisci delle mascalzonate? Ospita i pari tuoi un'altra volta! Andiamo, ragazzi. Come sono idioti i pensatori d'oggi. (avviandosi con gli altri verso V'uscita, si vol­ge a Paolo). E non richiamarci, veh?... La­sciaci tranquilli! Noi ti togliamo il saluto... (fa un altro passo poi si ferma ancora). Però, siccome sei un po' tocco, quando vorrai ra­gionare vieni da me che ti metto in ordine la testa, anche la casa, e perfino la vita. Hai capito?

Sbrendolo              - Addio, amico! Però quelle scarpe me le potevi anche lasciare...

Truciolo                  - Ciao! Salutami la serva.

Andrea                   - E impara a vivere, buon uomo!

A tre                       - (proprio su l'uscio, ridendo verso Paolo, gridano:) Scemo! (Ed escono dalla prima porta di destra).

Paolo                      - (è al colmo del furore) Io strabilio! A raccontarlo non si crederebbe... Anche la vita in ordine è capace di mettermi quel... (si trova di fronte a Fiorella tacita e rassegnata) Che fai tu qui?

Fiorella                   - (timida) Vuoi che me ne vada?

Paolo                      - Immediatamente!

Fiorella                   - Come me lo dici male... Io non ti ho fatto niente, io...

Paolo                      - Non importa, vattene!

Fiorella                   - Prima m'inviti, poi mi scacci così?

Paolo                      - Precisamente!

Fiorella                   - Se m'inviti un'altra volta, non ven­go, sai?

Paolo                      - Sta pur certa che non... (Preso da un dubbio, la fissa minaccioso). Che cosa hai fatto tu, stanotte?

Fiorella                   - (impaurita) Io? nulla...

Paolo                      - Uno ha vuotato bottiglie, uno ha lavo­rato d'unghia, il terzo ha fatto di peggio, e tu?

Fiorella                   - Nulla, ti dico nulla... Non so ru­bare ancora, io, ho il timor panico.

Paolo                      - Vuoi farmi credere d'aver soltanto dormito?

Fiorella                   - Volevo dormire, avevo sonno, ma...

Paolo                      - Ma che cosa? Sei stata sveglia? Per­chè? Come? Parla!

Fiorella                   - Se fai come gli agenti del pattu­gline, non è possibile parlare... Vuoi che ti conti delle frottole? Non sei mica la questu­ra, tu. Non ho dormito, ho aspettato.

Paolo                      - Che cosa?

Fiorella                   - Lì, sul divano.

Paolo                      - Ebbene?

Fiorella                   - Ho aspettato te.

Paolo                      - Me? Per che fare? Tu hai creduto che io... Oh, è ignobile!

Fiorella                   - Sì, ma non inquietarti, non fa nien­te... Sarà per un'altra volta.

Paolo                      - Cosa? Io non ti faccio rotolar le scale per puro senso di umanità. Va! fila! marcia anche tu e subito !

Fiorelli                    - Sì, vado, vado... Che furia! Tanto, lo sapevo... E' la mia mortificazione... Or­mai non m'illudo più.

Paolo                      - Che vuoi.dire?

Fiorella                   - Che non piaccio neanche a te, lo so... E' sempre così, con tutti... Non sono donna, io. Lo ha detto pure Andrea poco fa. Ogni tanto c'è qualche buon signore che mi rivolge la parola perchè di notte alcune vie sono così poco illuminate... Ma la parola e basta... Lo so, non ho fortuna.

Paolo                      - Allora tu non sei proprio un'accattona?

Fiorella                   - Per chi mi prendi? Sono una mon­dana io!

 Paolo                     - Con quella toilette?

Fiorella                   - Ridono tutti quando lo dico. Perchè io non so far bene, non ho imparato prima...

Paolo                      - Che facevi prima?

Fiorella                   - Da bimba avevo mia madre, poi ho fatto la sordomuta, poi all'ospedale, l'an­no passato suonavo l'organino d'un finto cieco e ora lavoro da sola...

Paolo                      - Che fai?

Fiorella                   - Niente... Sono stupida...

Paolo                      - Quanti anni hai?

Fiorella                   - Non so... E' scritto sulle carte della questura... Bà... (con un sospironé) Pazien­za! A rivederci.

Paolo                      - Dove vai ora?

Fiorella                   - Siccome mi sono pettinata e profu­mata, posso trovare qualcuno spendereccio... non come te...

Paolo                      - Mi dai del tirchio adesso?

Fiorella                   - No... ma mi sembri... economico...

Paolo                      - Io ? Io non faccio che sperperare nella mia vita, mi sono ridotto agli sgoccioli per la mia prodigalità... Ecco, guarda... cosa ho? (Si coccia le mani in tasca, ne trae un foglio da mille). Mille lire! Prendile, raccogli an­che tu questa specie di cocci delle mie ex­sostanze.

Fiorella                   - (prende il danaro con diffidenza) Mille lire?... Tutte a me?...

Paolo                      - Sì, ed ora vai.

Fiorella                   - Senza che tu... insomma, da me non vuoi niente?

Paolo                      - Voglio che te ne vada.

Fiorella                   - (osserva il foglio da mille) Non è mica falso, no?

Paolo                      - Sta a vedere che sono un falsario!

Fiorella                   - E' che non sono abituata... tu sei generoso...

Paolo                      - Grazie, puoi uscire.

Fiorella                   - Sì,  esco...  Credi che oggi farò

colpo? Paolo          - Apoplettico.

Fiorella                   - Forse su qualche forestiero... Han­no dei gusti così strampalati.

Paolo                      - Può darsi, ma togliti quel colore dalla faccia! (le pulisce il viso col fazzoletto).

Fiorella                   - Tu m'hai detto che se lo mettono le signore... (Margherita dalla prima porta di sinistra, viene col suo fagotto, in tenuta d'addio).

Margherita             - (singhiozzando) Addio, si­gnore...

Paolo                      - (continuando ad acconciare Fiorella, a riaggiustarle i riccioli Ecco, così... I capelli più in qua... (a Margherita) Dove vai tu?

Margherita             - A cercarmi un altro posto.

Fiorella                   - Poverina! Ma non fidarti mai della oscurità, un'altra volta accendi il lume.

Paolo                      - (a Fiorella) Bada a te! (Indicando la gonna tutta strappi e rattoppi). E' con una gonna simile che fai la mondana?

Fiorella                   - Mi avevano detto che è di ultima moda...

Paolo                      - (a Margherita) Dammi un mantello per questa sciagurata. Cerca di là!

Margherita -           - Sì, signore. (Depone il fardello .sul divano ed esce dalla porta a sinistra).

Fiorella                   - Che mi dai?

Paolo                      - Ti dò un aspetto umano.

Margherita             - (torna e porge a Paolo un man­tello da signora) Questo?

Paolo                      - Sì, questo va bene. Tanto, colei che doveva averlo non verrà più.

Fiorella                   - (indossandolo) Me lo regali?

Paolo                      - Ma sì! (a Margherita) Aggiustaglielo addosso, dalle un cappellino.

Margherita             - Si, signore. (Entra ancora a si­nistra).

Fiorella                   - (batte le mani, felice) Anche il cappellino? Chissà che lusso! Sembrerò uno della banda municipale. Di', credi che per la strada mi lasceranno tranquilla?

Paolo                      - No, ti prenderanno per una princi­pessa.

Margherita             - (torna con un cappellino molto sgargiante e aiuta Fiorella a metterlo bene) Non c'è che questo.

Fiorella                   - (ammirandolo) Tutto per me?

Paolo                     - E' quello del veglione dell'anno scorso, ma meglio che niente.

Margherita             - (riprende il propria fardello) Il signore comanda altro?

Paolo                      - Puoi andartene... cioè, «.spetta! (Cerca qualcosa qua e là, si fruga nette tasche, fin­che trova nel gilet del frac buttato su la spalliera d'una sedia l'orologio attaccato ad un ciondolo di tre monete d'oro). Ho tro­vato. Tieni! (Stacca il ciondolo e lo dà a Mar­gherita). Sono monete. Antiche, ma d'oro. Puoi cambiarle. Sono il tuo salario.

Fiorella                   - (che si rimira allo specchio, intervie­ne) Vuoi le mille lire?

Paolo                      - (secco) No!

Fiorella                   - A me basta questa roba...

Paolo                      - No! Quel ciondolo è di cattivo gusto e voglio disfarmene.

Margherita             - Però, signore...

Paolo                      - (reciso) Ti farò due righe di benser­vito e chiudiamo anche questa partita. (Esce per un momento dalla porta di sinistra).

Fiorella                   - Ti ha proprio licenziata?

Margherita             - Sì.

Fiorella                   - E dove vai a servizio ora?

Margherita             - Mali! (sospira) Se trovassi- un buon posto di cocotte!

Fiorella                   - Come! me?

Margherita             - Sei cocotte tu?

Fiorella                   - Mah! (sospira) Se trovassi un buon posto di serva!

Paolo                      - (torna porgendo a Margherita un foglio scritto) Ecco fatto. Buon/a fortuna!

Margherita             - (piangendo) Grazie!

Paolo                      - (sempre scuro ed accigliato, vestendosi) Ora andate via tutte due!

Fiorella                   - Signor amico, grazie del tuo buon cuore.

Paolo                      - (quasi urlando di collera) Niente buon cuore! Non ne ho più! Sono una tigre, una Jena! Se non uscite vi picchio! Via! via! (Ed esce infuriatissimo dalla seconda porta di sinistra. Fiorella e Margherita si guardano esterefatte e s'avviano per uscire dalla porta di destra, trovandosi di fronte ad Andrea che entra).

Andrea                   - Permesso?

Margherita             - (energica) No!

Andrea                   - Oh, misera vittima di un infortunio sul lavoro...

Margherita             - (viperea) Lazzarone! Ubriaco! Scostumato! (E se ne va come una furia).

Andrea                   - Ecco la riconoscenza! (a Fiorella) To'... sei tu? T'avevo preso per un galli­naccio.

Fiorella                   - Non capisco che c'è da ridere! Ciao...

Andrea                   - Aspetta, che usciamo insieme tra poco. Gli altri due son nel portone.

Fiorella                   - Insieme tu ed io? Ignorante! Non lo vedi il cappellino? Ti pare che possiamo andare insieme, ora? (gli agita il foglio di banca sotto gli occhi). Lo conosci questo? Mille! Tutte mie. Ti pare ch'io possa uscire con te? Ho il mantello, il cappellino... Senti come odoro? Da signora vera... E se m'in­contri per via, tieniti lontano, non guastarmi gli affari, inteso? Peuh! Uscire con lui... Un cencioso... Non lo vedi il cappellino? Via! Raccogli i cocci e marcia! (Esce dalla prima porta a destra, con somma prosopopea).

Andrea                   - Misericordia di Dio!

(Paolo viene da sinistra e fa per andare a destra a finir la proprio toilete. E' in maniche di camicia).

Paolo                      - (vedendo Andrea) Di nuovo qui?

Andrea                   - (rispettoso) E' un dovere.

Paolo                      - (infilandosi una giacca da casa eh'è a portata di mano) Sei al caso di sentire un dovere, tu?

Andrea                   - Tutti i doveri. Non li compio ma li sento. Perciò sono tornato da te.

Paolo                      - Prima di tutto non voglio che mi si parli col tu.

Andrea                   - Hai detto che siamo amici...

Paolo                      - (con impeto) Un corno!

Andrea                   - (pronto) Non si disturbi...

Paolo                      - Ristabiliamo le distanze sociali : io sono un signore e tu sei un miserabile.

Andrea                   - Prego: un pezzente.

Paolo                      - E' lo stesso.

Andrea                   - No! Miserabile è offensivo, pezzente no.

Paolo                      - Insomma uno straccione.

Andrea                   - Uno stracciato, se non le dispiace.

Paolo                      - (sbrigativo e aspro) Puoi dirmi che vieni a fare?

Andrea                   - A chiederle scusa. Io e i miei com­pagni abbiamo abusato dell'ospitalità...

Paolo                      - Bevendo, rubando e...

Andrea                   - ...e accrescendo il numero delle serve a tutto servizio.

Paolo                      - Ti pare pulito?

Andrea                   - Al contrario. Ne siamo mortificati. Ma le cattive azioni di stamani non sono state che un effetto di sbornia. Ed io vengo a pre­gare il signore di volerci perdonare.

Paolo                      - (si placa pian piano) Ecco un lin­guaggio migliore, signor Asdrubale.

Andrea                   - No, Asdrubale era quell'altro, il beo­ne uscito coi compagni poco fa. Io sono An­drea, il nominato Rubicchio Andrea detto Crepapelle. Il mio indirizzo permanente è sot­to il primo sedile a destra di piazza Vittoria. Non c'è portinaio. Per chiamarmi basta suo­nare il campanello         (accenna a una pedata) come fanno le guardie. Se avessi l'onore di poterle essere utile, io abito lì. Mi telefoni... (s'inchina accomiatandosi) Signore...

Paolo                      - (chiamandolo) Andrea!

Andrea                   - (fermandosi) Signore!

Paolo                      - Tu non sei antipatico.

Andrea                   - Anzi...

Paolo                      - E non sei neanche un tipo qualunque...

Andrea                   - Non si faccia illusioni.

Paolo                      - Sei solo nella vita?

Andrea                   - Come il verme solitario.

Paolo                      - Ci tieni proprio a dormile sotto il se­dile?

Andrea                   - E' il migliore albergo della città.

Paolo                      - Non ti piacerebbe una casa?

Andrea                   - Non conosco che la casa di correzio­ne. Preferisco il sedile.

Paolo                      - Un villino tranquillo... Questo, per esempio...

Andrea                   - Qui ci bazzica della gentaglia...

Paolo                      - (lesto) Chi?

Andrea                   - Io! stanotte non sono stato qua?

Paolo                      - E che cosa hai visto?

Andrea                   - Il fondo delle bottiglie.

Paolo                      - Asdrubale!

Andrea                   - (correggendo) Andrea.

Paolo                      - Ascoltami : io sono scapolo.

Andrea                   - Impossibile!

Paolo                      - Non ho moglie!

Andrea                   - All'età sua se ne hanno sempre. Lo scapolo è l'uomo più ammogliato di tutti i mariti.

Paolo                      - Vedo che conosci il mondo.

Andrea                   - Ci vivo dentro.

Paolo                      - Senti: io non ho più domestica... tu...

Andrea                   - Ahi!

Paolo                      - Cosa?

Andrea                   - Io non sono addomesticabile, signore.

Paolo                      - La proposta t'offende?

Andrea                   - Mi sorprende.

Paolo                      - Mezz'ora fa gridavi: « Vieni da me che ti metto in ordine la testa, la casa e la vita! ». Ecco, mi rivolgo a te.

Andrea                   - Ma mi vuole servo.

Paolo                      - Rifiuti?

Andrea                   - Rifletto.

Paolo                      - Ebbene?

Andrea                   - Ha pochi danari, vero?

Paolo                      - Pochissimi, quasi niente. Questo vil­lino in cui abito è l'ultimo residuo di quanto mi lasciò mio padre. Forse vale mezzo milio­ne, ma credo d'averci poggiato sopra un mi­lione intero... di debiti.

Andrea                   - Lei è letterato?

Paolo                      - Scrittore.

Andrea                   - Di quelli che scrivono sciocchezze nei libri?

Paolo                      - Finora n'ho più fatte che scritte.

Andrea                   - Donne, gioco, vizi?...

Paolo                      - Si sa, faccio la bella vita.

Andrea                   - Che brutta vita è la bella vita!

Paolo                      - Dunque?

Andrea                   - Caro signore, sono costretto a...

Paolo                      - ... ad andartene?  

Andrea                   - A rimanere! La riconoscenza m'im­pone di...

Paolo                      -…. di servirmi.

Andrea                   - No! Di riordinarle la vita, io- 

Paolo                      - Da oggi?

Andrea                   - Da questo momento, qui dentro, uno che comanda e uno obbedisce.

Paolo                      - Ti comando subito di...

Andrea                   - No, lei è quello che obbedisce.

Paolo                      - Come?

Andrea                   - Il padrone d'una casa è il servo.

Paolo                      - Ma il padrone comanda..;

Andrea                   - E il servo disobbedisce. Non si pran­za quando il padrone vuole, ma quando il ser­vo è pronto. Come può dare un ordine lei, se l'ordine debbo metterlo io?

Paolo                      - E allora io...

Andrea                   - ... comandi! Comandi pure.  

Paolo                      - Sta bene. Vorrei far sapere ai vostri amici che la lezione di stamani mi ha giovato. Poco fa sono stato un po' rude con loro. Me ne dispiace. Chiamateli con garbo...

Andrea                   - Non occorre chiamarli, eccoli. .. (Sbrendolo  e Truciolo  vengono  infatti,  col cappello in testa, sigaro in bocca, volgari e sguaiati).

Truiolo                   - Ti sei attaccato qua dentro?

Sbrendolo -            - Predica ancora il fanfarone?

Andrea                   - (con dignità, autoritario e severo) che Oè, marmaglia! Come vi permettete di entrare senza permesso? Giù il cappello! Giù il sigaro! (glieli strappa) Qui si sta con educa­ zione e si parla con rispetto, avete capito? (si volge a Paolo, deferentissimo e sommesso) Questa gente va trattata così.

Truciolo                  - (sconcertato) Ma che maniere...

Sbrendolo              - (raccogliendo sigaro e cappello) Con gli amici...

Andrea                   - (perentorio) Via! l

Truciolo                  - Ma...

Andrea                   - Il signore si degna di farvi sapere che la lezione di stamane gli è giovata, e qui non si riceve più nessuno (Prende il paio di scarpe di poco prima e lo getta tra le mani di Sbren nei dolo) A voi! uscite!

Sbrendolo e Truciolo    - (escono ammutoliti).

Andrea                   - (si volge ossequioso a Paolo) il si­gnore è servito!

Paolo                      - (stupefatto, cascando a sedere) Acci­denti!...

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Lo studio di Paolo Gabli.

Porta a destra, finestra a sinistra, comune in fondo.  Ammobigliamento  elegante:  uno scrit­toio ingombro di carte, un'ampia libreria, di­vano, poltrone, oggetti d'arte. (Anche questa volta finestra e porte son chiuse. Paolo è disteso tra lo scrittoio e una polii ona, il conte Guido è addirittura per terra. I ivia Serpilli sdraiata sul divano, Leo M'trdorè su due sedie. Dormono di buon sonno tutti quat­tro. E' quasi la stessa scena iniziale del primo atto. Soltanto che ora gli uomini sono in frak e la donna in elegantissima toilette da sera. Qua e là alcune bottìglie di champagne e di wisky vuote).

 Andrea                  - (dall'esterno della porta di destra bussando e chiamando) Signore! Ehi, padro­ne! (apre la porta e viene in iscena) Signor Paolo! S'è addormentato qui, nel suo studio? Ha scritto tutta la notte? (a tentoni traversa la scena per andare ad aprir la finestra e in­ciampa in qualcuno) Ahi!... E che ronfi! (Spa­lanca la finestra inondando di luce la camera) E' mezzogiorno! (e si volge: lo spettacolo dei disordinati dormienti non lo stupisce molto) Ah, ci siamo?... Altro che scrivere tutta la notte!... Bagordi!

Paolo                      - (si sveglia, si rigira) Chiudi, Andrea, lasciami lavorare!

Andrea                   - No, che si affatica troppo! (indica gli altri che tra sbadigli e stiracchi, vanno sve­gliandosi) Anche stanotte per istrada ha raccolto degli straccioni? Il signore ha il vino filantropico.

Paolo                      - (si alza con le costole indolenzite) Ahi! (guarda  intorno,  riprende  coscienza)  Parla con rispetto! Qui ci sono dei miei amici.

Andrea                   - Lo so. Sono tutti suoi amici, appena svegli.

Livia                       - (levandosi ritta) Ragazzi, l'abbiamo fatta grossa: è mezzogiorno!

Giorgio                   - Non è tardi: l'ultima bottiglia di wisky l'abbiamo scolata alle sei del mattino.

Andrea                   - (a Paolo) Tò, scolano bottiglie an­che questi?

Mordorè                 - (stiracchiandosi) Se ce ne fosse una altra per svegliarci...

Po alo                     - Forse sì...

Andrea                   - (reciso) Nossignore!

Mordorè                 - Come no?

Andrea                   - Dico al mio padrone. Lei può bere anche la stricnina.

Paolo                      - (rimproverandolo) Andrea!

Livia                       - Oh che domestico obbediente!

Mordorè                 - (ride) Dove l'hai trovato?

Andrea                   - Scusi, sono io che ho trovato lui.

Gingio                    - E' buffo...

Andrea                   - Secondo il punto d'osservazione, si­gnore.

Gingio                    - Dite a me?

Andrea                   - Dal suo punto il buffo son io, dal mio punto il buffo è...

Gingio                    - (interrompe, offeso) Paolo, il tuo servo m'oltraggia!

Paolo                      - V'ho già spiegato che non è un servo, è un personaggio necessario alla mia vita. Non rivolgetegli la parola!

Gingio                    - Preferivo la fantesca che c'era prima.

Mordorè                 - Già, perchè le davi i pizzicotti.

Gingio                    - E tu non la sbaciucchiavi?

Andrea                   - (a Paolo) Oh, anche questi... come quegli altri...

Livia                       - Vi siete accorti che siamo in abito da sera a mezzogiorno?

Mordorè                 - Andiamo a dormire a casa!

Gingio                    - Non so se sia l'ètere di stanotte o la stanchezza, ma la testa mi gira ancora.

Mordorè                 - Come abbiamo fatto a dormire nel­lo studio di Paolo, non so.

Paolo                      - Livia ha voluto mostrarci le danze rit­miche che non poteva fare nella bisca di Pi-trè, e siamo venuti qui.

Gingio                    - Se la mia macchina non è giù, come facciamo?

Paolo                      - Prendetene una di piazza. Bisogna che io vi mandi via subito. Aspetto qualcuno...

Mordorè                 - Qualcuno o qualcuna?

Paolo                      - Non v'interessa.

Livia                       - Ma dì, è proprio l'amore?

Gingio                    - La passionacela?

Paolo                      - Di più.

Mordorè                 - La frenesia?

Paolo                      - L'ispirazione, il sogno, tutta la vita!

Livia                       - Senti il poeta... E' in piena cottura.

Paolo                      - La donna più diritta, onesta e pura ch'io conosca... Con un marito laido, geloso...

Livia                       - Milionario...

Paolo                      - Ma avaro!

Gingio                    - Che ha sposato quella donna quando poteva farne a meno!

Paolo                      - Le ha troncato una carriera di primo ordine!

Andrea                   - (finora, apparentemente rassettando in­torno, ha seguito la conversazione con palese interesse) Cos'era, maestra?

Paolo                      - Non intervenire, tu!

Mordorè                 - Era artista.

Andrea                   - Recitava?

Gingio                    - Cantava!

Andrea                   - Alla Scala?

Mordorè                 - Al Trianon!

Andrea                   - Sciantosa?

Paolo                      - Etoile! Vedette! Numero di centro...

Andrea                   - Di quale centro?

Paolo                      - Idiota!

Andrea                   - E' un bel numero.

Paolo -                    - Ti dico di non intervenire! E bada che sarà qui tra un'ora. Dalla porta piccola, le ho dato la chiave. Accompagnala in salotto. Ecco dei fiori, ecco l'ultimo extra-dry... (in­dica lo scrittoio su cui vi sono dei fiori ed una bottiglia di champagne intatta).

Livia                       - Avete lasciato il nido alla Pension Suisse?

Paolo                      - Da ieri.

Mordorè                 - Viene qui oggi per la prima volta?

Paolo                      - Al tocco preciso. Dopo un minuto le sarò ai piedi, dopo due le sarò Ina le braccia.

Andrea                   - Dopo venti minuti porto il ver­mouth?

Gingio                    - Fate colazione insieme?

Paolo                      - Si.

Livia                       - Allora è lei che mangia con te?

Paolo                      - Ti dispiace?

Livia                       - No, ma dicono che sia tu a mangiar con lei...

Paolo                      - (scatta) Livia!

Livia                       - Non rizelarti... Lo dicono i tuoi miglio­ri amici...

Paolo                      - Impossibile!

Andrea                   - Anzi... Il migliore amico di Cristo si chiamava Giuda.

Mordorè                 - E poi, sai bene che di te si contano fatti poco puliti...

Gingio                    - Lasciamo andare!

Andrea                   - No, non lasciamo andare, scusi Fuori i fatti!

Gingio                    - Non riguardano la servitù.

Andrea                   - Al contrario, signore. E' la servitù che fa pulizia.

Gingio                    - (a Paolo) Non potresti mandarlo in cucina quel... personaggio?

Paolo                      - No!

Gingio                    - Digli almeno di tacere.

Paolo                      - E' inutile, parla lo stesso.

Gingio                    - Allora non parlo io!

Paolo                      - Ma sì, ripeti le solite calunnia mio danno, tanto nessuno le crede! Io sono un uomo...

Livia                       - (pronta) Senza un soldo.

Paolo                      - Io?

Livia                       - Non è vero che vendi la casa ?

Gingio                    - Alla vigilia dell'esproprio...

Mordorè                 - E non puoi vendere, sai? E' un reato, guardatene bene.

Livia                       - E quando sarai rimasto sul lastrico, che farai?

Andrea                   - Il vagabondo.

Mordorè                 - (ridendo) Senti il mataochione!

Andrea                   - Il signore ride di Gesù Cristo!

Gingio                    - Ce l'ha con Cristo, oggi.

Andrea                   - Era un vagabondo anche lui.

Livia                       - (a Paolo) Mi dici perchè il Ministro t'ha tolto l'incarico del Museo d'Arte?

Paolo                      - (sorpreso) Tolto l'incarico a me?

Livia                       - Avrai la comunicazione oggi stesso. Ti sostituisce Garavelli che lavora sott'acqua da un mese.

Paolo                      - Gar a velli?

Andrea                   - (con intenzione) E' un amico?

Paolo                      - D'infanzia!

Gingio                    - Io gli manderei i padrini...

Mordorè                 - No, i padrini mandali al caro Banzo che ti fa pagare le sue cambiali...

Paolo                      - Niente affatto! Io non sono che il ga­rante.

Mordorè                 - Perciò paghi.

Paolo                      - Mi avevano giurato che potevo dormir tranquillo...

Gingio                    - Se ti lasceranno il letto!

Mordorè                 - Basta esser poeti per non capire un'acca di simili affari.

Livia -                    - E dammi retta, querela il giornale per l'articolo di ieri.

 Paolo                     - Contro di me?

Livia                       - Lèggilo!

Mordorè                 - Manda le dimissioni al circolo, se non vuoi che ti dimetta il consiglio.

Paolo                      - E perchè?

Mordorè                 - Nell'affare delle carte segnate han­no fatto il tuo nome...

Paolo                      - (furente) Chi?

Andrea                   - (ironico) Gli amici!

Paolo                      - Se ho sempre perso...

Livia                       - Per far da compare a chi vince.

Paolo                      - Ma no! Voi scherzate... mentite... Non si può rubarmi di colpo l'onore, il nome...

Andrea                   - (interrompe) Oh, anche questi lavo­rano d'unghia!

Paolo                      - (agli amici) Ma voi voi sapevate tanta roba e...

Andrea                   - ...e son venuti qui a bere...

Gingio                    - (a Andrea) Volete finirla di seccarci, voi? Questo si guadagna ad esser generosi. Io me ne vado... (a Paolo) Ma posso regalarti ancora un consiglio: dimettiti dal circolo, querela il giornale, sfida Gar avelli...

Mordorè                 - ...schiaffeggia Banzo...

Livia                       - ...pianta la Santelmo...

Gingio                    - (indica Andrea che ride beffardo)..e scaccia questo gaglioffo che ti sei messo in casa! Ciao!

Livia                       - Addio!

Mordorè                 - Cerea! (escono dal fondo tutti tre. Poco dopo si sente sbattere l'uscio interno con violenza).

Andrea                   - (tranquillo) Hanno chiuso la porta con delicatezza.

Paolo                      - (avvilito, dopo un po') Lasciami solo!

Andrea                   - Sì, ma... mi promette di non con­durre più amici a dormir© in casa sua?

Paolo                      - (perentorio) Lasciami solo!

Andrea                   - (si stringe nelle spalle e fa per andare,, poi torna) Giorni sono il signore, sveglian­dosi con gente di basso rango, trovò mano­messi un paio di scarpe e una serva. Oggi svegliandosi con l'alto rango, trova manomes­so addirittura il suo onore... Altro che searpe vecchie!

Paolo                      - (con impeto) Ma la vedremo, per­dinci! Io corro immediatamente al circolo, al ministero, al giornale... (si cambia som­mariamente d'abito) Mi si deve render conto! Io fracasso il muso a...

Andrea                   - (l'interrompe) Che fraeassaro! Fermo e zitto, se no guasta tutto.

Paolo                      - Guasto tutto?

Andrea                   - Si capisce! Ora che siamo .a cavallo lei vuol fracassare i musi? Se va tutto bene! E' adesso che si comincia a veder chiaro e la vita prende a riordinarsi. Quando lei sarà finalmente abbandonato da tutti, disonorato, miserabile, allora sì che potrà cantar vittoria!

Paolo                      - (stupito) E' così che vuoi ricostruirmi l'esistenza?

Andrea                   - Io no. La demoliscono gli amici... giocasi do a dama.

Paolo                      - Io non mi lascio giocare!

Andrea                   - Infatti gioca anche lei, ma non man­gia. E gli amici le soffiano le pedine: uno il denaro, uno l'incarico, là!... ffffff... sof­fiati! Eh, giovinotto mio, se lei non mangia pel primo... resta mangiato!

Paolo                      - Perciò voglio fare...

Andrea                   - ...nulla! Non faccia nulla! Finora la sua situazione sociale era incerta, io non l'avevo capita e non vedevo bene da qual parte incominciare il riassetto. Ora tutto è chiaro, lei è nella più invidiabile delle situa­zioni...

Paolo                      - Io ?

Andrea                   - Lei risulta imbroglione, fallito, baro e mantenuto!

Paolo                      - (indignatissimo) Non ti permetto di...

Andrea                   - Non è a me che non deve permettere, è ai suoi amici di poco fa.

Paolo                      - Hanno usato una forma diversa!

Andrea                   - Per dire la stessa cosa...

Paolo                      - E usa delle metafore anche tu!

Andrea                   - Sono andato così poco a scuola che l'ipocrisia non l'ho imparata bene.

Paolo                      - (frattando finisce alla meglio di cambiar­si d'abito per uscire) Intanto io vado...

Andrea                   - Non vada! Ragioniamo! C'è tempo fino all'aliavo dei carabinieri.

Paolo                      - Macché carabinieri!

Andrea                   - Non arrivano?

Paolo                      - Non sono cose da arresti.

Andrea                   - Allora è niente. L'unica onestà del­l'uomo è il reale carabiniere. Finche quello non arriva, vi si può far tutto.

Paolo                      - Ma no! Vi sono leggi d'onore...

Andrea                   - Scritte nel codice penale?

Paolo                      - No, ma...

Andrea                   - Dunque non esistono! L'onore è una cosa die non si vede, non si afferra. Il cara­biniere si vede... ed è lui che afferra! E' il solo vero limite tra l'onesto ed il disonesto.

Paolo                      - (rosso d'ira e d'esasperazione) Ma non capisci che debbo difendere il mio nome, la dignità, tutto il mio edificio che se mi crolla addosso mi lascerà come ultimo scampo quel- I lo elle prevedevo...

Andrea                   - Cosa?

Paolo                      - (toccandosi la fronte) Un colpo di I rivoltella  qui!

Andrea                   - (adirandosi) Che? Ah no! Se osi ripetere una simile frase, ti dò gli otto giorni!

Paolo                      - A me?

Andrea                   - Ti licenzio da mio padrone.

Paolo                      - Parla come si deve e non darmi dei tu!

Andrea                   - Parlo come mi viene e ti dò del tu quando te lo meriti!

Paolo                      - Ma...

Andrea                   - (imperioso) Siedi e taci! Quello che più immiserisce un uomo è il pensare a un colpo di rivoltella qui... cioè li... (indica la fronte di Paolo).

Paolo                      - Io non...

Andrea                   - Zitto! Hanno suonato Abbi un contegno... Infilati questo... (lo aiuta a com­pletar la toilette) Aggiustati la faccia...

Paolo                      - Come?

Andrea                   - Con un sorriso... Hai gli occhi spi­ritati, sei rosso... Passati una mano nei ca­pelli, una sulla coscienza, e sorridi... su! sor­ridi con le labbra, con gli occhi, col cuore... ecco, così... Fa benissimo! Siedi allo scrit­toio... (lo spinge quasi su la sedia indi fa due passi indietro, s'inchina, e dice rispetto­samente) Il signore ha chiamato?

Paolo                      - (involontariamente subisce ed esegue, rasserenandosi) Va a vedere chi è.

Andrea                   - Obbedisco! (ed esce dal fondo, cor­rettamente).

Paolo                      - (tra stupito e riottoso, con un ultimo tocco alla toilette ormai compiuta) Forse forse ha ragione...

                               - (Precedendo il comm. Tobis, Andrea ritorna dal fondo, si ferma su l'uscio cedendo il passo al sopraggiunto).

Andrea                   - Avanti.

Tobis                      - (entrando) Grazie.

Andrea                   - Prego.

Paolo                      - (andando verso di lui) Oh, il eom-mendator Tobis!

Tobis                      - (è afflitto da tosse e costipazione, sicché tossisce subito) Ehm! ehm!... Amico mio, per carità, chiuda quella finestra... Sono raf-f redd atissimo.

Andrea                   - (corre a chiudere) Ecco fatto!

Tobis                      - Grazie.

Andrea                   - Prego.

Paolo                      - S'accomodi di qua, commendatore;..

Tobis                      - (passando dall'altra parte) Purché non ci sia corrente d'aria... Eh, caro Gabli, Roversi ha fatto una stroncatura feroce del suo libro... Eppure è un vecchio amico...

Andrea                   - Bravo merlo, appunto per questo!

Tobis                      - (che stava per sedere, si dirizza stupito e fissa Andrea) Chi è?

Andrea                   - (gli indica la poltrona) Segga.

Tobis                      - Grazie.

Andrea                   - Prego!

Tobis                      - (sedendo, a Paolo) Lei, dunque, è in un momento di disdetta, a quanto pare... Ha dei grossi guai...

Paolo                      - Perciò bisogna che lei mi aiuti... E' il mio editore...

Tobis                      - Uhm! Se mi scrive un altro romanzo come l'ultimo, caro Gabli, siamo a terra. Io ci rimetto un sacco di quattrini...

Paolo                      - Impossibile! E' un libro che deve an­dare, un romanzo d'amore.

Tobis                      - Sì, ma amore da romanzo. Oggi il pubblico vuol .altro, urti di passioni veementi, roba forte, magari con un processo d'oltrag­gio al pudore... Sarebbe una fortuna!

Paolo                      - Ho appunto il mio nuovo libro : « La vita inutile ».

Tobis                      - Finito?

Paolo                      - Quasi.

Tobis                      - Piccante?

Paolo                      - Verista.

Tobis                      - Di che si tratta?

Paolo                      - (prende un fascio di carte manoscritte e comincia a sfogliarle) La protagonista è una donna che ama il...

Andrea                   - (rimasto dietro la poltrona di Tobis)

-La donna non ama, si lascia amare!

-

Tobis                      - (si volge, lo guarda, un po' seccato) Eh!?

Andrea                   - (porgendogli la scatola dei sigari) Fuma?

Tobis                      - Grazie!

Andrea                   - Prego!

Paolo                      - (continuando il suo discorso) E' una donna superiore,  innamorata, fedele…

Andrea                   - La fedeltà non esiste.

Tobis                      - (irritandosi) Il cane è fedele!

Andrea                   - Perciò è una bestia...

Paolo                      - (continua) Ella si era ritratta da un triste adulterio che il marito le aveva per­donato...

Andrea                   - Non si usa!

Tobis                      - (sempre più irritato dalle interruzioni)

                               - Perchè no? Anche Gesù perdonò alla mo­ glie adultera...

Andrea                   - Ma era la moglie di un altro

Tobis                      - Oh, insomma, che educazione ha lei?

Andrea                   - Nessuna. L'educazione insegna ad es­sere falsi, io sono un uomo sincero.

Paolo                      - Mi lasciate continuare?

Tobis                      - E' inutile, amico mio! Sono venuto per  farle  una  proposta  diversa  Ehm! ehm!... maledetta tosse! (volgendo un'occhia­ta a Andrea, chiede a Paolo) Posso parlare?

Paolo                      - Sì, dica.

Tobis                      - Tutta la città si occupa di lei... No, non pei suoi romanzi ma pei suoi affari. Dis­sesti, donne, scandali... (a Andrea) Diceva?

Andrea                   - Niente!

Tobis                      - Grazie!

Andrea                   - Prego!

Tobis                      - Dunque... forse un oromanzo scritto in prima persona, in modo da apparire semi-auto-biografico, con un titolo d'effetto... Lei comprende? Potrebbe suscitare un interesse da centomila copie.

Paolo                      - E lei mi propone...

Tobis                      - ...il guadagno d'una somma che in questo momento forse le farà comodo, e...

Paolo                      - (malvolentieri) ...e in quanto tempo dovrei scriverlo?

Tobis                      - Faccia lei, più presto che può... Pic­cante, capisce?

Paolo                      - Un anticipo forte?

Tobis                      - Ci accorderemo. Ho qui un piccolo impegno (porge una carta bollata che Paolo esamina) Lei scriva pure molte pagine calde di voluttà, di vizio...

Paolo                      - Mi verserebbe la prima somma su­bito?

Tobis                      - Alla firma dell'impegno.

Paolo                      - E allora firmo! (prende la penna).

Andrea                   - (gli strappa il foglio di mano) Tu vuoi scrivere di quella roba? (a Tobis) E tu vuoi stamparla? E non vi vergognate?

Tobis                      - Ma, signore!

Andrea                   - (non gli bada) Il vizio, la voluttà... Tu ci eampi sopra? Fai un bel mestiere! E profitti del dissesto di un uomo per riempirti le tasche?

Tobis                      - Riempirle a lui!

Andrea                   - Non nie ha bisogno!

Paolo                      - Anzi...

Andrea                   - (reciso) Non ne hai bisogno! Non è così che si vive! Scrivi dei libri dove si canta la voluttà d'essere miseri, nudi e senza casa! (a Tobis) Ah, tu .ridi perchè non capisci un accidente! Fa lo straccione, il morto di fame, vedrai com'è più bello che andar seminando il vizio!

Paolo                      - Andrea, mi occorre denaro... Andrea    - Pulizia ti occorre! Sole, aria ai pol­moni! Basta con questo commercio di sudice­rie stampate! (e lacera la carta bollata, le cartelle che trova sottomano) E' primavera! Spalanchiamo le finestre! (e la spalanca dav­vero, con un sospironé) Aria! Aria!...

Tobis                      - (si alza di colpo) No, pei- carità, prendo un malanno!

Andrea                   - Anche il malanno è necessario! Fi­nestre aperte! Entrano le voci del mondo, la luce, le zanzaie che servono a pungere i pol­troni, altro che ce la vita inutile! ».

Tobis                      - (a Paolo) Gli dia ordine di chiudere!

Paolo                      - (rassegnato) L'ordine lo mette lui in questa casa!

Tobis                      - E gli lascia dire tante idiozie?

Paolo                      - Il peggio è che quelle idiozie mi sem­brano giuste.

Tobis                      - (mezzo soffocato dalla tosse) Ehm! ehm!... certi scherzi io non li ammetto! E me ne vado perchè qui prendo freddo ai bronchi...

Andrea                   - Al cervello prendi freddo!

Paolo                      - Ma no, aspetti commendatore, voglio spiegarle...

Tobis                      - (rosso di collera) E se lo faccia scri­vere dal servo un libro, almeno dirà delle cose divertenti !

Paolo                      - E' un'idea.

Andrea                   - (inchinandosi presso l'uscio) Di qua, passi.

Tobis                      - (feroce) Grazie! (esce dal fondo).

Andrea                   - (ossequiosissimo) Prego! (a Paolo) Vedi? Anche quest'affare si mette bene! (esce accompagnando Tobis).

Paono                     - (è avvilito dapprima, poi s'infuria) Sono all'abisso! al tracollo, al baratro... al precipizio !

                               - (Andrea ritorna introducendo l'usciere e lo scrivano).

Andrea                   - (all'usciere, indicando Paolo) Avanti... non s'impressioni, è un po' nervoso...

Paolo                      - (continuando come fuor di se) E' la rovina... la fine!...

Andrea                   - Si calmi, signore, via! abbia fiducia che la salvezza può arrivare da chi meno si aspetta, dal primo venuto, fors'anche da costui...    (all'usciere) Chi è lei?

Usciere                   - L'Usciere!

Paolo                      - (con un balzo) L'usciere?

Andrea                   - E' una bella salvezza!

Usciere                   - Sono venuto per il sequestro di...

Paolo                      - E' il colmo! E' l'irrisione del destino! Il sequestro... Poi verranno i creditori della bisca, gli strozzini, tutti, avanti signori! il gioco è fatto! niente va più! Ah, ma perdinci, ho ancora in mano l'ultima carta! E vado a giocarla! (via dal fondo, come un forsennato).

Andrea                   - (placido all'usciere) Avete visto che cosa provoca la vostra presenza in una casa per bene?

Usciere                   - (scrollando le spalle) Ci siamo abi­tuati, vero Gerolamo?

Scrivano                 - Ci siamo abituati.

Usciere                   - Possiamo incominciare da questa ca­mera?

Andrea                   - A far che?

Usciere                   - Per ora il semplice pignoramento, lei sa...

Andrea                   - Io non so nulla. Abitavo sotto un sedile di piazza e non sono mai venuti gli uscieri li sotto. L'unico mobile qualche volta sequestrato ero io, dalle guardie. (Una forte scampanellata all'uscio lo fa sobbalzare) Ehi, che maniera di suonare! Vengo! (esce dal fondo).

Usciere                   - Scrivi, Gerolamo.

Scrivano                 - (si è frattanto seduto allo scrittoio, ha svolto un romoletto di carte legali e s'ap­presta ad eseguire) Scrivo...

Usciere                   - (dando uno sguardo in giro) Fac­ciamo prima gli oggetti d'arte.

Scrivano                 - Facciamoli...

                               - (Ludovico, Marisa e Teodoro vengono dal fondo introdotti da Andrea).

Andrea                   - Da questa parte.

Usciere                   - (dettando dopo aver preso in mano l'oggetto) Vaso antico di porcellana.

Ludovico               - (duro e ostile) Dov'è Paolo? Di­tegli subito che c'è suo zio!

Teodoro                 - Sarà ancora a letto.

Ludovico               - Dorme?

Marisa                    - (con tono di rimprovero) Ma papà...

Ludovico               - Svegliatelo dunque e ditegli ch'io sono...

Usciere                   - (esaminando una statuina e dettando) Un satiro in bronzo...

Ludovico               - (offeso) Chi è?

Usciere                   - Ma io...

Andrea                   - (spingendo lui e lo scrivano verso la porla a destra) Vi dico che potete andare di là.

Usciere                   - (prendendo e portando via un'altra statuina) Corpo di Bacco... in ferro bat­tuto... Andiamo, Gerolamo...

Scrivano                 - E andiamo...

Usciere                   - Valore approssimativo...  (esce da destra con lo scrivano). Andrea      - (a Ludovico) Dunque lei...

Teodoro                 - (interrompe)  Non  è  un  usciere quello ?

Andrea                   - (lo fissa) Si vede che il signore se n'intende.

Marisa                    - Paolo non è forse in casa?

Andrea                   - No, infatti, ina ci son io...

Teodoro                 - Me ne infischio!

Andrea                   - (lo guarda male poi s'inchina) Fac­cia pure.

Marisa                    - Vedi, papà? Sarebbe bastato un te­legramma...

Ludovico               - Non c'era tempo! Bisognava par­tire subito! Tu stessa ne hai riconosciuta la necessità, appena Teodoro è venuto ad in­formarci.

Teodoro                 - Io ho raccolto le voci, e prima che voi lo sapeste da altri...

Ludovico               - Hai fatto benissimo! D'altronde sei della famiglia anche tu.

Andrea                   - Parente?

Ludovico               - Fidanzato di mia figlia!

Teodoro                 - (a Andrea) Ma questo a voi non interessa.

Ludovico               - Invece è bene che anche il servo sappia chi siamo! Probabilmente una parte del nostro sdegno investe anche lui.

Andrea                   - (si è girato per avanzar delle sedie ma si ferma un attimo) Me?

Ludovico               - Il vostro padrone trascina nel fan­go il nome del suo povero padre, ch'è anche il nome mio e della mia figliola! Perciò ho il diritto d'alzar la voce!

Andrea                   - (rimette a posto le sedie che stava per offrire) Alzi, signore, alzi pure...

Ludovico               - Cominciate con lo spiegarmi voi a che gioco si gioca qui dentro!

Andrea                   - Al gioco della vita...

Teodoro                 - ... di dissolutezze!

Marisa                    - E' vero che è rovinato?

Andrea                   - Si capisce!

Ludovico               - Come, si capisce?

Andrea                   - Dev'essere rovinato, se no a che vale vivere? Voi la vita ve la fate tranquilla come un tram che va sempre su lo stesso binario? Nossignore! La vita è tempesta. E un uomo quando deve rovinarsi? Alla vecchiaia? No! Quando è giovine deve avere le catastrofi! Se prima non si soffre, come si gode poi? Se non si scende, come si sale? Questo è il periodo più bello dell'esistenza del mio padrone!

Ludovico               - Senti un po' che idee propina al suo domestico!

Andrea                   - Oh no, signore. Sono io che le pro­pino a lui.

Teodoro                 - Voi?

Andrea                   - Bisogna pur riempirla di qualche idea, la testa! Lei, la sua la lascia vuota?

Teodoro                 - Meno confidenze!

Marisa                    - Papà, se tornassimo quando ci sarà Paolo?

Ludovico               - Possiamo anche aspettarlo. E per non perdere tempo, visitiamo il villino.

Andrea                   - Perchè, scusi?

Ludovico               - Perchè lo compro io.

Teodoro                 - Se non può venderlo.

Ludovico               - Io spero di sì. Domanderò al mio legale. E' il solo intervento ch'io possa com­piere per salvare non già il nipote ma il nome che questo scavezzacollo porta. Così, voi, Teo­doro, passerete a me le sue cambiali...

Teodoro                 - Vi prego, non parliamo di ciò, pre­sente il servo...

Ludovico               - Siete delicatissimo. Visitiamo la ca­sa. Un po' la conosco già...

Andrea                   - Allora si accomodi...

Marisa                    - Andiamo.

Ludovico               - Tu no. Aspetta qui. Non si sa mai quali oscenità nascondano le stanze dei disso­luti. Andiamo, Teodoro.

Andrea                   - (avviandosi a destra) Di qua..

Ludovico               - Non ci occorrete nemmeno voi! (L'usciere e lo scrivano vengono fuori  dalla stessa porta).

Usciere                   - Per oggi abbiamo finito.

Scrivano                 - Deo gratias!

Andrea                   - Allora via, da bravi, questa è l'u­scita !

Usciere                   - (allo scrivano indicando Teodoro) Quello lo conosciamo, vero Girolamo?

Scrivano                 - E come!

                               - (E mentre Ludovico e Teodoro escono da de­stra, l'usciere e lo scrivano escono da sinistra).

Marisa                    - (aspetta d'essere ben sola con Andrea, poi gli parla) Ditemi, è proprio vero che sia alla vigilia del suicidio?

Andrea                   - (la fissa, comprende e risponde enig­matico) Può darsi anche questo.

Marisa                    - Teodoro dunque ha ragione?

Andrea                   - Teodoro è... quello lì?

Marisa                    - Il mio fidanzato. Vecchio amico di Paolo che appunto ce lo presentò.

Andrea                   - Il mio padrone presentò quel signore a lei?

Marisa                    - Sì, quando eravamo alla vigilia di eposarci.

Andrea                   - Lei e Paolo?

Marisa                    - Siamo cugini, fidanzati si può dir quasi da ragazzi...

Andrea                   - E un bel giorno il mio signore le condusse in casa quest'altro?

Marisa                    - Teodoro Scandi, è una persona come si deve, industriale...

Andrea                   - Ma amico del signor Paolo!

Marisa                    - Intimo...

Andrea                   - Lo avrei giurato!

Marisa                    - Perchè?

Andrea                   - La signorina è ricca?

Marisa                    - Son figlia d'un possidente.

Andrea                   - E' chiaro: ffffff...

Marisa                    - Cos'è?

Andrea                   - Un'altra pedina soffiata!

Marisa                    - Paolo è stato cattivo con me.

Andrea                   - Teodoro invece è stato buono?

Marisa                    - Mi ha fatto veder bene per quale china voleva rotolare mio cugino...

Andrea                   - Voleva, ma non era ancora rotolato!

Marisa                    - Mio padre tagliò corto e mi condusse in viaggio per alcuni mesi. Teodoro ci seguì... E al ritorno in Italia...

Andrea                   - Fidanzamento!

Marisa                    - Già.

Andrea                   - Intanto Paolo rotolava...

Marisa                    - Già.

Andrea                   - E la spinta glieì'ha data lei.

Marisa                    - Io?

Andrea                   - Lei, suo padre e Teodoro.

Marisa                    - No.

Andrea                   - L'amore non è fil di spago che si ta­glia a corto. E' un groviglio d'anime, di pal­piti che a troncarlo di colpo fa vacillare, si crolla. Lei ha preso un treno, ma quel povero cristo ha preso una valanga addosso : la delu­sione. E giù a precipizio! La sua coscienza, signorina, questo non glielo ha mai detto?

Marisa                    - Teodoro raccontava...

Andrea                   - Lasci stare Teodoro! L'amore di Paolo era lei?

Marisa                    - Sì.

Andrea                   - Fin da ragazzi...

Marisa                    - Sì.

Andrea                   - La rivoltella è dunque lei che gliela punta qui... (indica la fronte) cioè lì...

Marisa                    - (spaventata) Io?

Andrea                   - Conosce la vera vita di suo cugino, lei?

Marisa                    - Abitiamo in riviera da un anno e non conosciamo se non quello che ci dice...

 Andrea                  - ... Teodoro!

Marisa                    - Mio padre non ha più voluto alcun rapporto con Paolo... Perfino i .libri scritti da lui mi hanno vietato..

Andrea                   - Bè, questo è meglio. Nei libri d'oggi non si trovano che corbellerie.

Marisa                    - Ma so che Paolo ha delle amanti...

Andrea                   - Le amanti non sono l'amore.

Marisa                    - Ha un'esistenza da delirio...

Andrea                   - Perchè lei gli ha dato la febbre.

Marisa                    - Poi non s'è fatto più vivo...

Andrea                   - Era morto il suo sogno!

Marisa                    - E voi credete che mi ami ancora?

Andrea                   - Io credo che lei lo ami ancora.

Marisa                    - Ma a lui non importa...

Andrea                   - E per chi muore dunque?

Marisa                    - (commossa, vivamente) No! Non per me! In nome di Dio ditegli che non commetta follie, che ho bisogno di parlargli subito... Non si muova di casa. Se posso lasciare mio padre, sia pure per un attimo; tornerò qui io sola! E' necessario...

                               - (Dalla porta di destra Teodoro e Ludovico tornano in iscena).

Ludovico               - D'altronde; che la casa non valga il prezzo passa in seconda linea...

Teodoro                 - Allora è inutile visitare il resto.

Ludovico               - Bisogna discorrere con lui.

Teodoro                 - Discorrerò io. Sono vecchio amico di Paolo. Voi potreste sovreccitarvi e alter­care, così giustamente adirato come siete.

Ludovico               - Bene, Teodoro, pensateci voi. An­diamo Marisa.

Marisa                    - (come parlando a se stessa) L'amore non è un fil di spago che si taglia a corto...

Teodoro                 - Cosa dici?

Ludovico               - Affrettiamoci, che voglio prendere il treno prima di sera.

Marisa                    - (continua come prima) Chi prende un treno e chi prende una valanga!

Ludovico               - Cos'hai Marisa?

Teodoro                 - Deve avere appetito. E' l'ora...

Ludovico               - (toccando la fronte della figlia) Hai la febbre?

Marisa                    - La febbre gliel'ho lasciata io! An­diamo! (ad Andrea, con un'occhiata d'intelli­genza) Arrivederci!

Ludovico               - (a Andrea) Buongiorno a voi! (esce dal fondo con Marisa).

Teodoro                 - (seguendoli, dà delle monete a Andrea) A voi, buon uomo...

Andrea                   - (guarda le monete) A me?

Teodoro                 - Pel disturbo...

Andrea                   - (buttandole dalla finestra) Grazie!

Teodoro                 - (offeso) Eh?

Andrea                   - (inchinandosi) Così in istrada lei si divertirà a raccoglierle.

Teodoro                 - Villanzone! (esce sbuffando).

Andrea                   - Ai suoi servigi! (e lo segue, ridendo, per chiudere l'uscio). (Dalla porta di destra Delfina, elegantissima).

Delfina                   - (richiude la porta e avanza) Non c'è nessuno?

Andrea                   - (si volge, vede la donna e indietreggia come intontito dallo stupore) Chi è?

Delfina                   - (sorride) Ah, il nuovo domestico...

Andrea                   - (quasi balbettando) La signora è... la nostra signora che ci mantiene?

Delfina                   - Cosa dite?

Andrea                   - La signora Delfina Santelmo?

Delfina                   - Se ne aspetta qualcun altra, forse?

Andrea                   - No, ma... mi lasci riprender fiato, padrona... perchè è una sorpresa da tramor­tire a trovarsi d'un tratto sotto gli occhi la... la grazia di Dio...

Delfina                   - Chiamate subito Paolo, vi sono delle cose gravissime...

Andrea                   - E' uscito.

Delfina                   - Eppure doveva aspettare me!

Andrea                   - Rientrerà...

Delfina                   - Hanno suonato!

Andrea                   - No. E poi, il signore ha la chiave.

Delfina                   - L'ha data a me per dispensarmi di scampanellare... (e lascia la chiavetta su lo scrittoio).

Andrea                   - Questa è della porta piccola, il pa­drone ha l'altra della grande.

Delfina                   - Però è una bella sgarberia non farsi trovare in casa!

Andrea                   - Ha incaricato me di far passare la si­gnora in salotto.

Delfina                   - Da che parte è?

Andrea                   - Da nessuna. Lei non può entrare...

Delfina                   - To', e perchè?

Andrea                   - Perchè... lei è meglio del vino pie­montese, sa? Ha certi occhi... certe linee... ha tutte le comodità, tutto il necessario per far girare la testa... Ma che salotto! che fiori! che champagne! Niente! Resti qui dentro!

Delfina                   - Che specie di discorsi fate, voi?

Andrea                   - E chi lo sa? Chi connette più i di­scorsi guardando lei? Io più la guardo e più vedo che lei è una donna pericolosa !

Delfina                   - (scoppia a ridere) Non ho mica la dinamite addosso!

Andrea                   - Peggio! Lei ha un profumo da con­gestione cerebrale, una bocca che a stare sen­za morderla, si muore tisico. E chi si attacca ad una bocca così ci lascia la pace, l'ordine... E io qui dentro è appunto l'ordine che debbo mettere.

Delfina                   - (sedendo) Ebbene, fate pure!

Andrea                   - Faccio? ma se ci viene lei con della ròba... di prima qualità, che ordine metto io? E dove lo metto? Lei è il disordine, è l'anar­chia... Lei porta la rivoluzione nella vita di un uomo!

Delfina                   - (divertendosi) Siete un tipo interes­santissimo. ..

Andrea                   - Mai quanto lei! Ed è questo il peri­colo. Lei ha il dovere di non essere incen­diaria... Basterebbe un po' di naso storto, di bazza lunga... Come si permette lei d'es­sere confezionata così appuntino?

Delfina                   - E' una #olpa imperdonabile?

Andrea                   - Un peccato mortale, bella figliola! Un pover'uomo non può amar lei...

Delfina                   - Come non può?

Andrea                   - Deve adorarla, consumarsi, e allora addio romanzo, vita nuova... Non se ne rica­va più niente! Inutili le miei fatiche, si arri­va al solito colpo di rivoltella e... e tutto questo perchè? Perchè lei è una donna di pa­radiso... con cui si va all'inferno e buona­notte!

Delfina                   - Oh, siete divertentissimo! Avete una simpatica maniera di dire delle stranezze...

Andrea                   - Ah, maledetto destino che mi ha fatto servo!

Delfina                   - Cosa vorreste essere?

Andrea                   - Padrone del mondo per farvene re­gina !

Delfina                   - (sorridendogli e civettando) Ma an­che i servi hanno un cuore...

Andrea                   - (con calore e slancio passionali, cre­scenti) Cuore, animo, nervi, muscoli impe­tuosi e ardenti con tanta forza che ogni ri­spetto affoga in uno scuotimento di sensi...

Delfina                   - Che fuoco!

Andrea                   - (incalza) Ah, poterti accendere di questo fuoco!

Delfina                   - (accesa) Si può avere un capriccio per te...

Andrea                   - Spasimo, non capriccio! Delirio! Per­dizione! Follia!...

Delfina                   - Sai parlare in un certo modo...

Andrea                   - So anche agire...

Delfina                   - Come?

Andrea                   - Così! (Vabbraccia di botto bacian­dola furiosamente).

Delfina                   -      - (schermendosi senza foga) Pia­no... ahi... (dal fondo entra Paolo).

Paolo                      - (dà quasi un urlo dì stupore) Oh!...

Delfina                   - (casca a sedere confusa) Ah!

Paolo                      - E' sbalorditivo!... (a Andrea) Cosa fai tu?

Andrea                   - (rimasto in piedi, tranquillo) Metto l'ordine...

Paolo                      - Ma ho visto bene o io sogno?

Andrea                   - Ha visto bene.

Paolo                      - Ah, ora finalmente ti sei rivelato!...

Andrea                   - Sì, signore.

Paolo                      - Ed io credevo... oh, imbecille!

Andrea                   - Sì, signore.

Paolo                      - Taci, canaglia!

Andrea                   - No, signore.

Paolo                      - (a Delfina) Quanto a voi...

Delfina                   - Ah... datemi dei sali... Io svengo...

Paolo                      - Macche svenire!

Andrea                   - Non è il momento, lasci stare...

Paolo                      - Tu non sei che ima qualunque...

Delfina                   - (si alza interrompendo, inviperita) Oh, non seccarmi! Vieni a fare il moralista proprio tu? Impara un'altra volta che quando s'invita in casa una gentildonna bisogna farsi trovare, almeno per educazione, e non giun­gere a sproposito mezz'ora dopo! Bifolco! (lo guarda un po' poi dice) tanto, non hai più un soldo! (e se ne va dal fondo, passando vi­cino a Andrea gli dice, con un gesto di sim­patia) Ciao (via).

Andrea                   - (fa per seguirla).

Paolo                      - Dove vai?

Andrea                   - A chiudere l'uscio. Ha lasciato aperto.

Paolo                      - Fermo lì!

Andrea                   - Obbedisco!

Paolo                      - E' diventato un uso qui dentro. Chiun­que viene, maschio o femmina, va a finire tra le braccia delle persone di servizio...

Andrea                   - Voleva abusare di me.

Paolo                      - Ed ora te ne vai, capisci? Immediata­mente anche tu, come la prima. Raccogli i eocci e marcia, non ho più bisogno di te!

Andrea                   - n signore ha torto.

Paolo                      - Torto, io?

Andrea                   - Va là, che hai ancora bisogno di me!

Paolo                      - (infuriatissimo) Non ti permetto il tono confidenziale! Siamo ben distanti, noi due! Eccolo l'animo semplice, il fiore della strada... Menzogna! Sei un sudicione pure tu!

Andrea                   - (calmo) No, signore. Le ho soffiato una pedina anch'io, ecco tutto. Quella che le faceva più male. Ora il signore è salvo, tran­quillo...

Paolo                      - Salvo io? Tranquillo? Io affogo! Ho sfidato GaravelH, ho querelato il Giornale, ho schiaffeggiato Banzo, ma il fango sale, mi si crede baro, imbroglione... Mi restava Del­fina, ed anche lei... oh, è il crollo! è il crollo di tutto! (si abbatte su di una sedia).

Andrea                   - (quasi con gaiezza) Bene! E' adesso che la vita comincia a mettersi in ordine. Questo è il momento della liberazione, è il momento di ridere...

Paolo                      - (rialzandosi con impeto e interrompen­do) E' il momento del colpo di rivoltella! (e si slancia verso lo scrittoio con un gesto disperato, afferrando l'arma).

Andrea                   - (fa per trattenerlo) No!

                               - (Marisa, più rapida, entra dal fondo e con un grido si avvinghia al collo di Paolo dispe­ratamente).

Marisa                    - No! Paolo, Paolo mio, non ucciderti per me!

Paolo                      - (barcolla stordito, la rivoltella gli sfugge di mano) Marisa?...

Marisa                    - (quasi vergognandosi, a voce spenta e poggiando il capo su la spalla di lui) Io t'amo...

Paolo                      - (assolutamente stupefatto, guarda An­drea) Ma...

Andrea                   - (prendendo dallo scrittoio e presentan­do i fiori e lei bottiglia di champagne, s'inchi­na correttissimo) Il signore è servito!

Fine del 2 atto

 

ATTO TERZO

 Una soffitta. Comune in fondo, porta a sini­stra, vetrata a destra, e un camino rustico. Poca mobilia: un tavolino, qualche sedia, un attacca­panni. Pomeriggio digradante verso la sera.

                               - (Fiorella, Sbrendolo e Truciolo rassettano in­torno).

Fiorella                   - (cantando): Di quei che voglion far l'amore eterno, belle ragazze mie non vi fidate...

Truciolo                  - Togliti, che tu non sai  fare!  Tu spolverisci poco.

Sbrendolo              - E tu spolveri troppo. In certe ca­se se ci togli la polvere, che cosa rimane?

Fiorella                   - (continua il canto): Ci vuol l'amante caldo per l'inverno e un giovinotto fresco per l'estate!

Truciolo                  - Vuoi finirla, cicaleggio?

Fiorella                   - Com'è, non si può cantare qui den­tro?

Sbrendolo              - Questo è un alloggio civile, non una stalla.

Fiorella                   - Allora preferisco la stalla, almeno si canta.

Truciolo                  - Ma, dico me, non potevi trovare niente di più meglio?

Fiorella                   - Grazia di dio se mamma Luisa mi ha ceduto queste due stanze.

Sbrendolo              - E con la cucina, che si può cuci­nare anche la carne, avendola!

Fiorella                   - In pochi giorni potevi far appron­tare palazzo reale?

Sbrendolo              - Andrea dice che due camere ba­stano. Tra lui e quell'altro sono ridotti ai pie­di di Gesù.

Truciolo                  - E' proprio caduto in bassa fortuna?

Sbrendolo              - Come noi.

Fiorella                   - Macché come noi! Lui l'avrà bassa ma ha una fortuna, noi non l'abbiamo né bassa né alta!

Truciolo                  - Che sganghero gli è successo?

Fiorella                   - L'altro giorno tutte le finestre di casa sua sono state aperte, poi tutte chiuse, poi ci sono entrati degli uomini che non c'e­rano entrati mai... ed ora ne esce lui.

Sbrendolo              - Tu come lo sai?

Fiorella                   - Passavo sempre di lì sotto... per affari.

Truciolo                  - Che affari?

Fiorella                   - Affari miei! Ho da contarli a te? Passavo... E così Andrea l'altro giorno mi ha detto: « Ce l'hai una bicocca da pagar nien­te? ». Ecco, c'è questa. Poi l'ha detto: « Cer­ca Sbrendolo e Truciolo se non sono al fre­sco... ».

Sbrendolo              - Al fresco, noi?

Truciolo                  - Ci dobbiamo offendere o no?

Fiorella                   - Perchè offendersi? Se ha bisogno di noi, quel povero cireneo, aiutiamolo, no? Che abbiamo rancori, noi, forse? Invidie? Sono lussi dei ricchi. Noi abbiamo un po' di cuore. Quello lì ne ha bisogno, eccoci, siamo qua... Non è vero?

Truciolo                  - Signorsissignore, siamo qua!

Sbrendolo              - Pensa, oh, che ho lasciato il tribu­nale per venire.

Fiorella                   - Che fai l'avvocato?

Sbrendolo              - Faccio il testimone. Falso ina ocu­lare. Debbo dire al giudice che non ho visto scappare l'accusato alle due di notte. Io vera­mente l'ho visto, ma sua moglie è carina, mi assicura che non l'ho visto... e se non diamo noi una mano alla giustizia, come si scopre la verità?

Fiorella                   - (trae di tasca un libro) Guarda, oh... Prima di tutto, sai leggere?

Truciolo                  - Per tua norma, io sono alfabetico e letterario.

Sbrendolo              - Che roba è? Bertoldo?

Fiorella                   - Leggi qua: Paolo...

Sbrendolo              - Gabli.

Truciolo                  - Quello lì?

 Fiorella                  - Quello lì!

Sbrendolo              - (leggendo) « Gente di strada ». Romanzo.

Truciolo                  - E tu come ce l'hai?

Fiorella                   - To', l'ho comperato! Non son pa­drona? Che non ce l'ho forse dieci lire? In una vetrina sul Corso c'era un grande ri­tratto..,

Truciolo                  - Quello lì?

Fiorella                   - Quello lì !

Sbrendolo              - Allora tu hai avuto un tuffo al cuore...

Fiorella                   - Io mi sono fermata. C'era scritto: Paolo Gabli, autore di... tante cose, dieci li­re. Allora sono entrata e gli ho dato le dieci lire.

Truciolo                  - A Paolo Gabli?

Fiorella                   - Al libraio! Ho avuto questo libro. Oh, ci siamo dentro tutti.

Sbrendolo              - Noi?

Fiorella                   - Senti qua. (apre il libro) « Sbren­dolo, Truciolo, Fiorella, noi schifiltosi vi pas­siamo accanto con un senso di sprezzo per i vostri cenci perchè non abbiamo voglia di ve­dere più in là... ».

Sbrendolo              - «... Né di spingere il nostro sguardo fino a sapervi leggere nel cuore... ».

Fiorella                   - E qua: « Aria aperta, passioni al vento! Nei chiusi ritrovi dei raffinati il male fermenta, e il vizio non s'annida che al co­perto ed in penombra... ».

Sbrendolo              - Ma queste sono idee di Andrea !

Fiorella                   - E' tutto pieno di queste idee il libro.

Truciolo                  - « All'aria aperta passano fresche ventate che spazzano, che rinnovano ».

Fiorella                   - E' il romanzo d'un uomo rovinato, poi... che so io? C'è pure una poesia...

Sbrendolo              - Dove? (la cerca nel libro).

Fiorella                   - (ripetendo a memoria): Gente senza destino, senza una meta per il suo cammino, gente di strada, stormo vagabondo che per le vie del mondo porta come fardello un sogno e basta! Buona gente che va con l'anima un po' guasta purificata dalla povertà... (Paolo entra dal fondò).

Paolo                      - E' questa la mia casa? (/ tre vaga­bondi restano male, incerti).

Fiorella                   - (nasconde subito il libro, con un oh di sorpresa e di timidezza commossa) Oh...

Sbrendolo              - Benvenuto...

Truciolo                  - (rinfrancato) Alla faccia di chi si rivede!

Sbrendolo              - (a Truciolo) Rispetto!

Paolo                      - Fiorella!

Fiorella                   - Signor amico...

Paolo                      - Non ci conosciamo più?

Fiorella                   - Anzi, ora ci conosciamo meglio. Ma non so se ci dobbiamo trattare come quella notte quando c'invitasti a cena o come la mat­tina appresso quando ce ne mandasti via...

Paolo                      - Non rimproverarmelo! Voi mi faceste del bene, quella mattina.

Truciolo                  - To'! allora è vero che i benefatto­ri siamo noi?

Sbrendolo              - Qua la mano! (Andrea viene dal fondo mentre Paolo stringe la mano degli straccioni).

Andrea                   - No! No! Oè! niente strette di mano, ancora! Niente confidenze. Per arrivare al­l'uguaglianza ce ne vuole... (con amichevoli scappellotti ai due compagni e una carezza alla ragazza) Come si va, eh? Bravi! Grazie... (indica Paolo) Lo vedete? Ho fatto tanto per guarirlo dalla malattia del chiuso, gli ho aperto il cervello, l'ho ridotto alla miseria... Fatica sprecata! Ancora non ne sente tutta la felicità...

Truciolo                  - E' inguaribile!

Andrea                   - Bè, vediamo la casa... Il più impor­tante c'è, un tavolino che basta per tutto. Ci scrivi quando vuoi, ci mangi quando puoi...

Fiorella                   - Quella è la cucina, lì dentro c'è una cosa che rassomiglia a un letto.

Sbrendolo              - Si esce anche di qua, sai? (indica la porta a sinistra) C'è una porta sul balla­toio...

Fiorella                   - Qua si accende la luce, qua un al­tro lume... (indica il lume a mano eh'è sul tavolino).

Paolo                      - (sorride) Perbacco, che lusso! 

Fiorella                   - Non come in quell'altra casa...

Andrea                   - Ma di qui almeno non ci scaccia nes­suno. Già, non avendo altro da toglierci, or­mai, di certo amici, non ve vedremo più! Ehi, ragazzi, lesti! C'è il baule...

Sbrendolo              - Dove?

Andrea                   - Sul pianerottolo! Datemi una mano!

Truciolo                  - Pronti! (escono tutti tre dal fondo, rumorosamente).

Paolo                      - Abitavate voialtri, qui?

Fiorella                   - Noi? Non l'abbiamo mica una ca­sa, noi. Questa l'ho trovata per te, a poco prezzo.

Paolo                      - L'hai trovata tu?

Fiorella                   - Me l'ha ceduta mamma Luisa. Tu senza casa non puoi stare.

Paolo                      - Che ne sai tu?

Fiorella                   - I signori sono come le talpe, hanno bisogno per forza di rintanarsi.

Paolo                      - E tu sei sempre al sole come le lucer­tole?

Fiorella                   - Io sì.

Paolo                      - E se il sole non c'è?

Fiorella                   - C'è sempre per chi lo vuole. 0 nel cielo o nel cuore un raggio non manca mai... (Tornano Andrea, Sbrendolo e Truciolo con un grosso baule e due valigie).

Sbrendolo              - Dove lo mettiamo?

Andrea                   - Là! (e apre il baule, appena deposto, cominciando a vuotarlo di qualche abito e di molti libri, con l'aiuto di Fiorella).

Truciolo                  - Pesa più d'una tonnellata.

Paolo                      - E' pieno di libri.

Sbrendolo              - Allora contiene sapienza.

Truciolo                  - Roba inutile e pesante!

Andrea                   - (porgendo a Paolo una giacca da casa)

                               - Cambiati la giacca! Quella che hai addosso si consuma e invece bisogna farla durare tanto...

Paolo                      - (prende la giacca ma gliela restituisce subito) S'è staccato un bottone.

Fiorella                   - Dai a me.

Andrea                   - Nossignore! Non tocca a te. Appen­dila lì.

Fiorella                   - (si mette a cantare) Belle ragazze...

Sbrendolo              - (le dà uno scapaccione) Zitta! (Tutti, tranne Paolo, si danno da fare a met­tere a posto i libri e le robe che Andrea trae dal baule).

Andrea                   - Diventa dei nostri, capite? Glieì'ho cambiato l'animo... (a Paolo) Fammi passa­re... Anche il girò dei pensieri nella testa gli ho rinnovato...  (a Truciolo) Metti là...

Truciolo                  - (a Paolo) Scusa... (lo spinge via).

Sbrendolo              - (respingendo Paolo) Togliti un momento...

Fiorella                   - Ma questo povero diavolo dove ha da stare?

Andrea                   - Là! Seduto... E se vuoi fame un al­tro di libri, scrivi quello che diciamo noi! (agli amici) Oh, uno lo ha già stampato... E' uscito un mese fa. Tutti fingono di non accor­gersene, ma è il nostro libro, ragazzi, can­tiamo noi lì dentro! Miseria allegra, risate...Truciolo, Sbrendolo,

Fiorella                   - Viva noi!

Andrea                   - (indica il baule a Sbrendolo e Truciolo)

-Là, una mano... Portiamo via!...

-

Truciolo                  - Senza denari, senza pensieri!

 Fiorella                  - E invece di quella faccia da marcia funebre, piglia la vita con una faccia da mar­cia reale! (gli altri ridono, intonano la mar­cia reale, andando via da sinistra e portando il baule come un trofeo. Rimane Paolo per un attimo solo, indi Fiorella torna in iscena).

Paolo                      - (dapprima si mette le mani in testa poi si sforza di cantare a sua volta la marcia rea­le) Parapà... parapà... parapà...

Fiorella                   - (viene fuori, lo guarda e ride) E' inutile, non ci sei nato...

Paolo                      - Fiorella.

Fiorella                   - (fa per andare) A rivederci, signor amico...

Paolo                      - Dove vai?

Fiorella                   - Torno più tardi.

Paolo                      - Aspetta, fanimiti guardare... Sei cam­biata... Cosa fai, l'amore?

Fiorella                   - L'amore io? Sono innamorata ma non faccio l'amore, non so farlo. Non ti ri­cordi ch'io sono stupida? Già, voialtri le cose più importanti le dimenticate. Ho dovuto cambiare arte. Quella di grande cocotte non era per me. Quando speravo di suscitar le passioni come una donna fatale, suscitavo le risate. Per colpa tua, sai?

Paolo                      - Mia?

Fiorella                   - Non mi adomasti tu, quella matti­na, con un cappello da carnevale? Speravo che i forestieri mi seguissero, invece mi se­guivano: i monelli... meno male che trovai quasi subito un buon posto in commercio.

Paolo                      - Sei in commercio?

Fiorella                   - Sì, vendo le noccioline americane all'angolo qui sotto, proprio sotto quella fi­nestra. Con la cantilena, così: (rifa il grido della venditrice) « Noccioline americaaaa-ne! ». Mah! Mi lasciano tranquilla, e così io posso sognare...

Paolo                      - Sognare che cosa?

Fiorella                   - Tutto! Tutto quello che non si ha, si sogna ed è più bello: Ho sognato anche di essere una gran dama. Venivi tu, mi facevi gli inchini, io ti davo le noccioline america­ne, tu me le pagavi mille lire...

Paolo                      - Poi il sogno svaniva...

Fiorello                   - E le mille lire restavano.

Paolo                      - Dove?

Fiorella                   - Eccole. Non le riconosci? Son quel­le che mi desti tu.

Paolo                      - Non le hai spese?

Fiorella                   - Mai!

Paolo                      - E che valore hanno, se non le spendi?

Fiorella                   - Anzi... a spenderle non valgono che mille lire, a tenermele invece, così... val­gono tanto...

Paolo                      - Hai un gran cuore, Fiorella...

Fiorella                   - Ma sono stupida.

Paolo                      - Non è vero. Cercati un uomo che ti capisca...

Fiorella                   - Un uomo, io? Se ti dico che l'a­more non so farlo. E' complicato: gelosie, frenesie... Troppa roba. A me basta così po­co: sognare. Ed è come se avessi tutto il mondo all'angolo qui sotto. Nessuno lo sa... Noccioline, sogni... Eppure la mia vita fini­sce coli'essere bella. Contentarsi... Se passi di là venderò anche a te le noccioline... Ti farò lo sconto... A rivederci... (se ne va rifa­cendo la cantilena): « Noccioline americaaaa-ne... » (via dal fondo).

                               - (Andrea,  Sbrendolo  e  Truciolo  tornano  da sinistra).

Andrea                   - (deponendo sul tavolino un calamaio, una penna e molti fogli di carta) Ecco penna, inchiostro e carta. Con questi ora bi­sogna rifarsi l'esistenza. Ricominciare tutto da capo. Gl'intrighi, le complicazioni via! Vita nuova, pulita, semplice.

Sbrendolo              - Anche se hai dei vizi, caro mio, quando la tasca è vuota, come li mantieni? Qui sei virtuoso per forza!

Truciolo                  - E statti solo, senti a me. Sant'An­tonio che conosceva gli uomini, si scelse per compagno un porco.

Andrea                   - (A Paolo) Siedi e lavora, (agli altri due) Noi via! (e mentre stanno per avviarsi, dal fondo entrano con molta vivacità Ludovi­co e Teodoro).

Teodoro                 - Ecoolo dov'è finito! In soffitta !

Paolo                      - Zio!

Ludovico               - Dov'è Marisa?

Teodoro                 - Poche chiacchiere! Dov'è?

Andrea                   - (a Teodoro) Scusi un momento. Vuol fare un passo indietro?

Teodoro                 - Macché passo!

Sbrendolo              - (quasi con un grido) Lei casca giù!

Teodoro                 - (dà un salto indietro, tornando all'u­scio) No!

Truciolo                  - (grida a sua volta) Brucia il cap­pello !

Teodoro                 - (togliendoselo di testa subitamente) Eh?

Andrea                   - (mentre Truciolo e Sbrendolo si metto­no ai due lati dell'uscio per non far passare Teodoro) Ecco, ora così, dall'uscio e col eappello in mano, lei domandi permesso.

Teodoro                 - (fa per avanzare) Io me ne...

Truciolo                  - (lo ferma) Buono!

Sbrendolo              - (gli toglie di mano il cappello) Giù!

Ludovico               - (a Paolo) Io ho il diritto di chie­dere a te conto di mia figlia!

Paolo                      - A me?

Teodoro                 - E' inutile fingere, perchè...

Andrea                   - Lei stia zitto!

Sbrendolo              - Lei non è entrato, non può par­lare.

Truciolo                  - Prima si domanda permesso.

Ludovico               - Dalla mattina in cui ti cercammo sènza trovarti, qualche mese fa, Marisa non è più la stessa. Qualcosa dev'essere accaduto, qualcosa che tu sai...

Teodoro                 - Io ho le informazioni...

Andrea                   - Silenzio!

Ludovico               - Ebbene, stamani Marisa è fuggi­ta... tu sai, tu devi dire...

Paolo                      - E' fuggita davvero?

Teodoro                 - Non fingere!

Sbrendolo              - Vuoi tacere o ti rotolo per le scale?

Truciolo                  - Devi domandare permesso!

Teodoro                 - Auff! Permesso.

Andrea                   - Non permettiamo, stai là!

Teodoro                 - Oh, insomma...

Paolo                      - Io non so niente di Marisa, zio, te lo giuro. La circondavi di tale sorveglianza che non m'è stato mai possibile di comunicare con lei. Ma se le accade ima disgrazia, se le avete fatto del male, perdio, vi rovino...

Teodoro                 - Non alzar la voce! Son io che posso rovinarti peggio.

Andrea                   - Peggio di così è impossibile. Puoi strapparci il cuore di qua e il cervello di qua ?

Teodoro                 - Ma vi ho strappata la villa...

Paolo                      - (balzando) Tu?

Andrea                   - E' lui lo strozzino?

Ludovico               - Ragioniamo, Paolo, ragioniamo...

Andrea                   - Che ragionare! Via quello lì!

Paolo                      - Strozzino! Mascalzone!

Sbrendolo              - (spinge via Teodoro) Via!

Truciolo                  - (afferra Ludovico) Via!

Andrea                   - Via! Qui si lavora e non vogliamo seccatori!

Ludovico               - (andandosene grida) Voglio mia figlia !

Andrea                   - Va là, non fare il Rigoletto!

Teodoro                 - (urla di fuori) Ci rivedremo!

Andrea                   - Oè, ragazzi, bisogna tener dietro a quei due!

Sbrendolo              - Lascia fare!

 Truciolo                 - Di corsa!

Sbrendolo              - Ciao, Paoli!...

Truciolo                  - A rivederci!

                               - (Escono entrambi dietro a Teodoro e Ludo­vico, movimentati).

Paolo                      - (è cascato a sedere, fremendo) Ma­risa!

Andrea                   - Come vedi, qui stiamo tranquilli, non viene nessuno...

Paolo                      - E dov'è andata?

Andrea                   - Non fare quel grugno, che tu lo sai...

Paolo                      - Io non so niente!

Andrea                   - Non ti vedevi con lei?

Paolo                      - Dopo quella mattina non l'ho più rivista!

Andrea                   - Poverina, ha scritto tanto...

Paolo                      - A chi?

Andrea                   - A me. M'ha aiutato anche lei, a modo suo, per darti una posizione...

Paolo                      - Quale?

Andrea                   - Quella che ci siamo conquistata; guardati intorno.

Paolo                      - Se non c'è più nulla...

Andrea                   - C'è l'amore, signor poeta, c'è anco­ra tutto quello che nessuno può sequestrare, l'amore, la fantasia, la speranza...

Paolo                      - (interrompe furibondo) La demenza c'è, la tua demenza... Ed io sono nelle tue mani, ho subito la tua suggestione, ho per­fino scritto con le tue idee. Ecco, ecco perchè sono precipitato. E il mio libro accolto dal generale silenzio, sarà l'ultimo dileggio che avrò soppportato da te! Va via, va via! la­sciami una volta... (Delfina entra dal fondo).

Delfina                   - (concitata) Paolo!

Paolo                      - Delfina!

Andrea                   - E questa ci mancava!

Delfina                   - Che c'è voluto per scovarti.

Andrea                   - Se abbiamo dato l'indirizzo a tutta la città!

Delfina                   - Hai ancora costui?

Andrea                   - Non più, si rassicuri, non più.., Mi ha scacciato in questo momento. Ora può ve­nire lei. Io me ne torno sotto il sedile di piazza Vittoria.

Delfina                   - E vergognati del male che gli hai fatto! Lasciargli credere che io, nientemeno, mi abbassassi ad un servitore... Per un ge­sto, Paolo, un gesto di confidenza eccessiva che questo maleducato...

Andrea                   - Ci passi sopra, signora, le con­viene...

Delfina                   - Vedi, Paolo? Quando tutti ti allon­tanano, quando non hai più nulla, io salgo a cercarti in una soffitta... Egli invece se ne va. Puoi ancora mettere in dubbio tutto il di­sinteresse del mio amore? Che cosa ini spin­ge quassù? Il bisogno di dirti che hai sba­gliato, che invece d'affidare la tua esistenza ad un cialtrone; dovevi affidarti all'amor mio...

Paolo                      - (sbalordito) Delfina!

Delfina                   - (incalza) Ma non sarà mai detto che io ti lasci solo! Io vengo a toglierti dall'avvi -limento di questo luogo per ricondurti al tuo ambiente, al mio amore!

Paolo                      - Non t'ho mai sentita parlare così...

Andrea                   - E il peggio è che ha ragione lei... Non mi resta che cederle il posto...

Delfina                   - Finalmente!

Andrea                   - Addio, signore...

                               - (Tobis entra gioioso dal fondo,  ansa, suda, è pieno di giornali).

Tobis                      - (comincia a chiamar dall'esterno) Paolo! Paolo!... Qua, che t'abbracci! Che clamore! Che meraviglia! Guarda l'articolo di Roversi uscito stamani: tre colonne, un inno... Ecco dieci giornali che cominciano da oggi a portare il tuo libro alle stelle...

Paolo                      - Possibile?

Andbea                  - (legge su d'un giornale) « Ci tro­viamo di fronte ad un Paolo Cabli nuovo, di­verso, grande... ».

Tobis                      - E' la celebrità, capisci?

Delfina                   - E' la gloria!

Tobis                      - Il denaro!... Il volume si vende come il pane, i librai telegrafano. Arriveremo a ci­fre fantastiche.

Andrea                   - (legge ancora) « Ecco un romanzo di largo respiro, d'amarezza e di gaiezza in­sieme... ».

Delfina                   - C'è dentro tutta la tua anima...

Tobis                      - E' la tua ora, figliolo mio.

Andrea                   - To', ora lo chiama figliolo!

Paolo                      - (scorrendo i giornali) Mi par di so­gnare.

Tobis                      - Ma non ti sei neppure informato di co­me andava la vendita, in questi giorni?

Paolo                      - Io vivo come fuor della vita... Ho avuto uscieri, sequestri, atti... Andrea...

Andrea                   - Sì, vado, signore... Mi perdoni se mi sono fermato un minuto., .vado...

Paolo                      - Dove?

Andrea                   - In piazza Vittoria, al mio sedile...

Tobis                      - Oh, io ho in tasca un nuovo con­tratto...

Paolo                      - Con anticipo?

Tobis                      - Chiedi la somma che vuoi.

Andrea                   - Accidenti! Si metta a sedere...

Tobis                      - (non siede) Grazie!

Andrea                   - Prego!

Tobis                      - Ecco! (presenta il contratto).

Andrea                   - E non sente correnti d'aria? Vuole che chiuda?

Tobis                      - No, lasci stare...

Andrea                   - E' tale la gioia che prende volentie­ri la bronchite.

Tobis                      - D'altronde vedo che anche la signora Santelmo è corsa a compiacersi...

Paolo                      - Lei non sapeva niente...

Tobis                      - Come non sapeva niente, se un'ora fa è venuta da me ad informasi?

Delfina                   - Cioè, no... io...

Andrea                   - Zitta! Dica, dica, commendatore...

Delfina                   - Ma no!

Tobis                      - Ma sì! Che c'è di male? L'interessa­mento d'una bella signora è sempre lusin­ghiero per uno scrittore. La signora è venuta a domandarmi se è vero che per Paolo co­mincia un'era di fortuna...

Andrea                   - E subito dopo è corsa qui pei'... per mostrargli il suo disinteresse...

Tobis                      - Anzi, il suo interesse al...

Delfina                   - Paolo, tu devi credermi...

Paolo                      - (energico) Non una parola, signora!

Andrea                   - Ecco, adesso andrebbe bene lo sve­nimento...

Tobis                      - (tendendo a Paolo una carta) Leggi quest'impegno e firmalo.

Andrea                   - (andandosene) E buona fortuna, pa­drone!

Paolo                      - Perdinci, che fretta d'andartene! Stai lì e non muoverti, perbacco! Hai finito di mettei'e ordine? No! E come puoi sottrarti ai tuoi doveri prima di compierli tutti?

Tobis                      - Quest'impegno...

Paolo                      - Macché impegno! Lasciatemi stare! Mi sono rintanato quassù per non veder più nessuno... Vita nuova, pulita, senza malattia del chiuso, Sant'Antonio scelse il porco..,

Tobis                      - (ad Andrea) —Cos'ha?

Andrea                   - Non ci badi, commendatore. Quando è preso da quegli attacchi ragiona così... Vo­gliamo uscire un momento ?

Tobis                      - Sì. Debbo parlare un po' con voi. An­diamo.

Andrea                   - Da questa parte, se non le dispiace. Di lì esce la signora...

Tobis                      - Bene!

Andrea                   - Passi!

Tobis                      - Grazie!

Andrea                   - Prego! (escono entrambi da sinistra).

Delfina                   - Paolo, .mi .ascolti?

Paolo                      - No!

Delfina                   - Eppure, se tu sapessi la mia soffe­renza... Ah, dammi dei sali... (si appoggia fingendo di svenire).

                               - (Dal fondo entrano chiassosamente Gingio, Livia e Mordorè).

Gingio                    - Eccolo!

Mordorè                 - Viva il trionfatore!

Livia                       - Ma perchè ti nascondi quassù?

Gingio                    - Donna Delfina ci ha preceduti...

Delfina                   - Sono venuta col commendator To­bis per... perchè Paolo c'invita tutti ad un banchetto...

Mordorè                 - Accettato!

Gingio                    - Lo aspettavamo!

Livia -                    - E ti si aspetta anche al circolo... Oh, le chiacchiere fatte sul tuo nome, sai? Sbu­giardate!

Mordorè                 - Insinuazioni infami!

Gingio                    - Calunnie!

Delfina                   - E siamo noi che possiamo dire di averli salvato.

Gingio                    - Coi nostri consigli...

Livia                       - Col nostro aiuto.

Delfina                   - Ma egli non ci crede, non è con­vinto del bene che gli vogliamo...

Livia                       - Però subisce la nostra influenza...

Gingio                    - Non può staccarsi da noi...

Mordorè                 - Perfino il suo romanzo è pieno del­le nostre idee: iarda aperta, allegria...

Livia                       - (mostrando il libro) Oh, qui voglio la dedica!

Gingio                    - Più tardi! Ora vieni con noi...

Mordorè                 - Fuori!

Delfina                   - Andiamo!

                               - (Andrea, Sbrendolo e Truciolo vengono dal fondo, si fermano stupiti, aggruppati da un lato mentre gli altri s'aggruppano dall'altro).

Andrea                   - (forte) Anche qui?

                               - (Un momento d'imbarazzo generale. I due gruppi si guardano con diffidenza.Paolo tace).

Delfina                   - Ecco il suo spirito del male.

Truciolo                  - Ehi, mamma! Qua dentro il male siete loro...

Livia                       - Numi del cielo, che gentaglia riceve!

Sbrendolo              - Gentaglia, noi?

Andrea                   - Taci, Sbrendolo! Quelli sono azzi­mati e noi no.

Sbrendolo              - Guardiamoci la coscienza, noi e loro, e vediamo chi ce l'ha più azzimata!

Andrea                   - Noi siamo canaglie della strada...

 Sbrendolo             - E quelli sono canaglie dei salotti!

Mordorè                 - Oè, misurate i termini!

Truciolo                  - Ti misuro il grugno, io...

Delfina                   - (a Paolo) Ci lasci insultare?

Gingio                    - Non ti risenti?

Andrea                   - (dopo un silenzio, indicando Paolo) Non si risente...

Delfina                   - E scuotiti una buona volta! Torna al tuo ambiente!...

Andrea                   - Alla bisca di Pitrè.

Livia                       - Al tuo rango!

Andrea                   - Tra le cambiali...

Mordorè                 - Ai tuoi amici!

Andrea                   - Che ti diffamano.

GingIo                   - A tutti noi che torniamo a te nel momento...

Andrea                   - Nel momento in cui tornano i quat­trini!Gingio

Mordorè                 - Non è vero!

Livia, Delfina         - Bugiardo!

A quattro               - Calunniatore!

Sbrendolo              - Non alzate la voce!

Truciolo                  - Oh, io meno le mani!

Gingio                    - (prende il cappello di Paolo e glielo mette sul capo) Su! Con noi!

Mordorè                 - (sollevando Paolo) Con noi!

Livia, Delfina         - (gli sono intorno) Andiamo!Sbrendolo,

Truciolo                  - Nossignore!

Andrea                   - (dominando tutti) Fate largo! La­sciate che il signor Paolo Gabli scelga la gen­te per bene! (Un attimo di silenzio. Tutti guardano Paolo).

Paolo                      - (guarda tutti in faccia poi butta via il cappello ed esclama) Allora... rimango qui!

Delfina                   - Possibile?

Paolo                      - M'avete distrutto una volta, ora non non più...

Livia                       - (ironica, rodendo) Ah! ah! ali! Ora ha la casa in ordine...

Paolo                      - Il cervello ho in ordine, lo spilito, l'animo...

Gingio                    - Che vuoi dire?

Paolo                      - Basta coi luoghi dove non si fa che pettegolezzo, diffamazione, dove non si rispet­ta l'onore di nessuno, la dignità, l'ingegno, si calunnia tutto... Non più circoli, ritrovi, caf­fè pieni di gente come voi... Andate via, qui si lavora!

Mordorè                 - E' matto!

Livia                       - Ci offende...

Gingio                    - Non ti comprendo!

Andrea                   - Eppure il discorso è chiaro, ha det­to : And ate via !

Delfina                   - Ma bada, veh, inesser scribacchino, che noi te l'abbiamo fatta la fortuna e noi te la togliamo!

Andrea                   - Va, va, povera scema, anche tu!

Sbrendolo              - Via! Presto!

Truciolo                  - Di qua è la porta.

Livia                       - Che roba!

Gingio                    - S'è traviato...

Mordorè                 - Contento lui...

Delfina                   - (a Andrea uscendo) Facchino!

Andrea                   - (inchinandosi) Gran Dama!

Gingio                    - (a lui) Farabutto!

Andrea                   - (stesso gioco) Gentiluomo!

-(Spinti da Truciolo, Andrea e Sbrendolo, escono dal fondo Delfina, Livia, Gingio e Mor­dorè. Per un attimo Paolo rimane solo e si pas­sa una mano su la fronte, per lo sforzo compiu­to. Da sinistra entra Fiorella recando fasci di fiori. E canta).

-

Fiorella                   - (cantando):

Io te li vo' portare

i  fiori  dell'amore...

Posali sul tuo core

e non li far seccare...

(E gira disponendo qua e là per la stanza i fiori).

Andrea                   - (tornando in iscena con gli altri due)

                               - Oh, giovinotti, adesso...

Sbrendolo              - (trova un paio di guanti per terra)

-Un momento, hanno lasciato sta roba...

-

Truciolo                  - Va subito a dargliela!

Sbrendolo              - (butta dalla finestra  i  guanti) Ecco fatto.

Andrea                   - Badate a me! Adesso c'è da mettere a posto alcuni affari fuori di qui.

Truciolo                  - Per l'amico Pavolino?

Sbrendolo              - (in tono di rimprovero) Per il si­gnor Paolo!

 Fiorella                  - Anch'io?

Andrea                   - Anche tu... (accenna come se dovesse fare una gran cosa) Dobbiamo...

Gli altri                   - Dobbiamo?

Andrea                   - Dobbiamo andarcene. Questa non è mica casa nostra,  (a Paolo). Il signore siede lì, ecco, così... bravo! (gli stende la carta di­nanzi, gli mette la penna in mano) Il signore riprende il romanzo di prima, quello inter­rotto...

Paolo                      - ce La vita inutile » ?

Andrea                   - Sì, ma adesso s'intitola diversamente: « La vita utilissima ». Scriva.

                               - (Presa per mano da Fiorella, entra Marisa da sinistra, Sbrendolo e Truciolo si ritraggono verso il fondo).

Paolo                      - Hai ragione! (poggia la testa tra le mani).

Andrea                   - (conducendo Marisa a sedere presso il tavolino) D'ora innanzi, ecco il suo posto.

Paolo                      - (alza gli occhi, dà un balzo) Marisa!

Marisa                    - (gli tende le mani) Paolo!

Andrea                   - (li ferma) No! Buoni! Il signore scrive, e la signorina... (cerca intorno, le dà la giacca di Paolo) Guardi, tutto è a posto, ma c'è ancora qualcosa da fare: ecco, gli at­tacchi un bottone...

Marisa                    - (con slancio) Oh sì!...

Paolo                      - Ma no!...

Andrea                   - (a Paolo) Lascia fare, che te lo at­tacca per tutta la vita! (e si ritrae verso il fondo dove sono gli altri) Ssssst!... Sbrendolo, Truciolo, Fiorella, Andrea (insie­me, inchinandosi) I signori sono serviti!

Paolo, Marisa         - (balzano in piedi con le mani tese verso gli straccioni) Andrea! Amici!...

FINE