IL SOGNO DEL MURATORE
di Stefano Benni
Monologo
Entra l'attore, vestito da muratore, con una pala in mano, parla con accento meridionale e qualche errore grammaticale.
La vita non è rosa e fiore.., la vita è come... come... ecco, diciamo che la vita all'inizio sembra tutta leggera come l'acqua della giovinezza e tu ci aggiungi la sabbia dell'esperienza e la impasti e eredi che venga chissaccosa, invece diventa dura, dura, cemento armato di vita amara che ti si attacca addosso e sei lì, come un muro, che aspetta solo di crollare rovinosamente.
Cazzo! Che bel paragone, io nell'ambito del paragone cementizio sono bravissimo, resto un po' nel mio ramo di competenza, ma mi esprimo bene. Pecche io, se non fossi stato muratore, avrei fatto l’oratore, che dico l'oratore, Fattore. Che è poi lo stesso che fare il muratore: invece dei mattoni uno mette una sull'altra le parole, le attacca che stiano dritte, che reggano e ci fauna costruzione. E c'è chi costruisce dei palazzi grandi pieni di ornamenti e balaustre e fregi e ghiri e gori, ma poi se guardi bene basta che dai una martellata a un pilone e crollano, sono costruiti sul nulla, sono delle grandi fregature ornamentalate che dentro non c'è niente. Oppure c'è chi mette i mattoni senza neanche guardarli, dello stesso colore, fa sempre quello che gli ordina il capomastro e nascono quelle case di periferia tutte tristi e uguali, gira gira è sempre lo stesso discorso, come i programmi della tivù, gira gira è sempre lo stesso mattone di facce di culo con cui ci fai un muro di facce di culo e un palazzo di diecippiani di facce di culo e una trasmissione di facce di culo, un canale tutto di facce di culo e cosivvia di culo. Invece, per fortuna, c'è chi fa una casa piccola che sembra niente di speciale, un discorso che sembra normale, ma uno ascolta ed entra nella casa di mattoni,, cioè di parole e ci si può vivere bene, c'è dentro delle persone vere vive e vegetali, c'è la cucina il bagno i fiori lo stereo la musica l'allegria e uno dice qua dentro c'è qualcosa costruito a piombo, costruito proprio bene.
Mi piacciono queste cose che dico ora da attore oratore muratore, forse perché noi muratori vivendo sulle impalcature si vede le cose dall'alto e si mette su una prospettiva un po' filosofa, perciò dai e dai e badila e badila e impasta e impasta sono giunto a questa conclusione: che la vita non è rosa e fiore ma per un muratore ci deve essere un posto migliore. Un così no, un più di così, un cheneso, un percheno.
Sono matto? No, è che ieri ho fatto un sogno. Mi ero addormentato sull'impalcatura, al decimo piano, perché avevo mangiato un po' pesante, siccome che la mortadella nel panino era un po' unta per il caldo e tendeva a scivolare e cadere giù al suolo per effetto della forza dì gravita universale, allora ci ho messo una spalmata di cemento tipo a maionese e la mortadella è rimasta attaccata al panino ma il panino mi ha un po' impalugato, mappazzato, ha fatto presa rapida nel duodeno, e allora mi sono addormentato lassù sospeso, al decimo piano. E ho sognato che all'improvviso arrivava il capomastro Gegè il fetente e urlava "su con quell'impalcatura, più alto più alto" e io allora mettevo un tubo e uno snodo e un altro tubo e un altro snodo e l'impalcatura saliva saliva, cento, duecento piani e io arrivavo sopra le nuvole come quella volta che ho preso l'aereo per andare a Catania, che modestamente ho vomitato tre volte ma ho visto le nuvole sotto che sembravano panna e fragola. E io con ìa mia impalcatura ero arrivato in questa altissima stranosfera, guardavo queste nuvole bianche e rosa e dicevo: ma che minchia ci faccio quassù, che straminchia di casa mi toccherà costruire, e chi ti vedo? Mimmino, quello che è caduto dall'impalcatura quest'inverno e si è schiantato, lo so, noi muratori cadiamo dalle impalcature, lavorassimo alle scrivanie cadremmo dalle scrivanie e ci faremmo meno male, ma noi testardi cadiamo sempre dalle impalcature e crepiamo e infatti io dico a Mimmino:
"Mimmino, ma non eri morto?".
E lui: "Certo che sono morto".
"Ah," dico io, "meno male, pensavo che mi ero rincoglionito e mi sbagliavo. E che fai qui?"
"Ti sono venuto a chiamare perché il capomastro ti vuole."
"Gegè il fetente? Ma quello sta giù al bar, mica viene su con noi muratori, quello sta in panciolle a dare ordini rasoterra."
"No," dice Mimmino, "fino al centesimo piano il capomastro è Gegè, ma qui sopra le nuvole cambia l'appalto, c'è un capomastro che si chiama Pietro che è una gran brava persona, lo vedi là in fondo? Vai, che c'ha bisogno."
E vedo uno tre nuvole più in là con la barba bianca che mi fa segno "vieni vieni" con la mano e penso: come ci arrivo lì? e però faccio un passo e vedo che le nuvole tengono, che non sprofondo, si vede che dentro c'è una struttura tipo ferrocemento o forse sono di polistirolo quattro acca superrinforzato perché mi reggono bene, ci salto pure sopra e rimbalzo e arrivo da questo Pietro che mi fa:
"Caro Pino, benvenuto".
E io mi commuovo perché i capomastri normalmente ti dicono: eccoti qua, testa di minchia, ma dove cazzoeri, disgraziato, vai a lavorare, vaffanculo tu e i tuoi colleghi rubasoldi,.. e invece questo mi dice: benvenuto.
E io lo saluto e dico: "Signor Pietro mi ha fatto chiamare?".
E lui dice: "Sì, signor Pino, perché quassù c'abbiamo un problema. Vede qua intorno, sulle nuvole, c'è un sacco di gente che passeggia. C'abbiamo i filosofi, gli scienziati, i condottieri, ì commercialisti, gli intellettuali e parlano parlano, ma quando c'è un piccolo problema pratico, spariscono. E adesso la vede quella porta? Quella è la famosa porta, capisce?". No, dico io, però la porta la vedo, enorme, bianca, tra due colonne almeno sedici metri di alzo e quattro di giro, alabastro di prima qualità, e la scritta: Eden. Che sia un dancing?
"Non è un dancing," dice Pietro, come mi leggesse nel pensiero, "quella è la famosa porta, ha presente la canzone? (canta Knocking on heaven's door, storpiandola) proprio così era la canzone" e Pietro mi prende a braccetto e dice: "Lei capisce bene che la gente, knock knock, tutta bussa alla porta dell'heaven's door e chiede posso entrare? tanto noi facciamo entrare tutti'". Anche i capomastri? chiedo io. "Anche quelli," dice lui, "perché vede sotto, capisce cosa voglio dire, sotto non c'è nessuno, ma che fiamme, ma che lamenti e dannazioni, non creda a quello che dicono, invece qui knock oggi e knock domani la porta si è scardinata e sta per cadere."
Io non capisco una minchia knock knok la porta le fiamme i lamenti, ma va be', siccome è un sogno non devo mica stare a trovare il fico conduttore e allora dico: effettivamente la porta è scassata, io posso rifare il cardine e la parte in muratura ma per la parte porta propriamente detta, ci vuole un falegname. "Quello ce l'abbiamo," dice Pietro, " è il papà del capo."
E arriva uno con la barba grigia e dice: "Sono Giuseppe, piacere, si fa un bei lavoro insieme?". E io ci dico sì, e camminiamo sulle nuvole e tutti ci guardano e dicono: meno male che c'è Giuseppe e meno male che c'è anche il muratore, e ci guardano con rispetto qualcuno pure applaude, una signora vestita di bianco mi manda un bacio... e io allora capisco che in quel posto lì sono importante perché so fare bene il mio lavoro, e dico a Giuseppe: tu di dove sei? di Arimatea, dice lui, Arimatea vicino a Modica? c'ho un cugino lì, Carmelo, Carmelo Pino, e lui dice: non mi ricordo, e tiriamo fuori gli strumenti e prendiamo il filo a piombo che sprofonda giù giù giù nelle nuvole e ci mettiamo a lavorare proprio bene e tutti quelli che passano si fermano a guardare, proprio così in cielo come in terra, e sorridono e approvano perché è un lavoro proprio da fare con cura ed esperienza, perché la porta è dieci volte una porta normale, ma ci diamo dentro e sudiamo, finché arriva un biondino, Gabriele si chiama, e ci porta due panini con la mortadella e un bicchiere di vino e dice: pausa adesso, riposatevi. E io mi sdraio su una nuvola e Giuseppe vicino a me dice; attento che se cadi da qua è alto, proprio come sulle impalcature, e io: ma io sto attento, io dalle impalcature non sono mai caduto, sei sicuro? dice Giuseppe, e come no, sono vivo io, e Giuseppe sorride e proprio davanti a noi passa un aeroplano e un branco di cicogne e c'è tanta gente sulle nuvole (mentre parla alza il badile, che è d'oro e viene illuminato) c'è uno uguale uguale a Fausto Coppi, e una vi giuro uguale a mia nonna Carmelina da giovane, e sì sente cantare e la mortadella non cade, resta sospesa in cielo, che sembra fatta di aria e il vino è fresco e io dico: adesso mi riposo, ma poi finiamo il lavoro, Giuseppe, dobbiamo fare un bel lavoro su questa porta perché qua il nostro lavoro è importante, vero Giuseppe, qua ci rispettano e allora vedete che la vita non è rosa e fiore, ma c'è, c'è un posto migliore per un muratore, non svegliatemi, c'è un posto migliore.