Il sole negli occhi

Stampa questo copione

IL SOLE NEGLI OCCHI

Commedia in tre atti

di GIOVANNI CENZATO

PERSONAGGI

ORAZIO VERDINET

IMENEO COFFINARD

ACHILLE BRISSOT

GERMEUIL

ENRICO

SUSANNA

PALMIRA

OLIMPIA

ANNINA

MARTA

ROSA

L'azione è in Francia - Oggi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Una stanza d'al­bergo a Beaujeu. E' una stanza modesta, perché si tratta dell'albergo d'un luogo di villeggiatura piut­tosto locale, che non ha grande rinoman­za. C'è però nell’arredamento una certa pretensione d'elegan­za fatta dal novecen­to utilitario ed economico, ma con una qual grazia, tendine alle finestre, vasi di fiori sui davanzali, tappezzerie vivaci. La comune è nel fondale; ed ha una finestra a fianco, ma assai verso destra. La parete di sinistra è invece occupata dal letto, appoggiato lungo essa. Pochi altri mobili d'uso adornano la camera. C'è a sinistra, a piedi del letto, un paravento che presumibilmente nasconde il lavabo e un attacca­panni. La finestra è un po' alta dal suolo, di quelle fatte a « ghigliottina ». E', la mattina.

Questa è la camera del professore Orazio Verdinet, ospite, per le vacanze, dell'alberghetto. La dimora dell'uomo studioso, astratto, lasciato un po' indietro dall’epoca in cui vive, e rimastovi per cocciutaggine mentale, è evidente dai bauli e dalle valigie di antica foggia, e da molti libri sparsi un po' dappertutto, specie sul piccolo tavolo che, nel centro della camera, serve da scrivania.

 (Quando s'alza la tela, Verdinet è dietro il paravento e non lo si vede. Egli sta facendo toeletta. Si sente pic­chiare alla porta di destra).

Verdinet                        - (sempre senza farsi vedere) Sei tu, Cof­finard?

Coffinard                      - Buongiorno, Verdinet! Già alzato?

Verdinet                        - (esce dal paravento asciugandosi la faccia e si dirige verso la porta. E' un uomo intorno ai cinquanta anni, ma dalla parte peggiore, visibilmente inelegante, barba dottorale, capigliatura folta e grigia) Ma che santo è oggi? Che cosa dunque si festeggia in questo ma­ledetto paese? (Si bussa alla comune). Avanti!

Annota                          - (è la cameriera dell’albergo ed entra con un vassoio) Buongiorno, professore! Ecco i suoi sali...

Verdinet                        - Buongiorno, cara! Ma mi sapete dire che accidente c'è stamane, che dalle quattro non si può dor­mire? Gente che va, che viene, che grida, che chiama, trombe d'automobili... Che diavolo succede? S'accampa un reggimento?

Annina                          - (con un certo stupore) Il signore non sa dunque che oggi c'è il Giro? Che Beaujeu è tappa?

Verdinet                        - II... giro?

Annina                          - Sì... il Giro di Francia! Ah! Sono ben for­tunati i villeggianti di Beaujeu!

Verdinet                        - Pare anche a me! (Trangugia i sali).

Annina                          - Finalmente potrò vedere da vicino Lepellisse! Tutta notte non ho dormito da questa emozione... Lepellisse è mio secondo cugino!

Verdinet                        - E siete così contenta di non dormire?!

Annina                          - E come no?

Verdinet                        - Quanto a me vi dico che il padrone non dovrebbe computarci questa giornata nella pensione! E' una giornata di pace e di riposo rubata ai clienti! Io non la pagherò! Sì viene in campagna per riposare e se si paga per il riposo si ha diritto d'averlo!

(Entra Coffinard dalla porta di destra).

Coffinard                      - (è un uomo della stessa età di Verdinet, all'antica e provinciale) Addio, caro Verdinet! Che notte!

Verdinet                        - Non parlarmene! E dove ci si rifugia oggi?

Coffinard                      - Ho il mio programma: prendiamo una vettura e andiamo a Saint Lizièr. Vi si mangia dell'ot­timo pesce, pescato al momento, e lo fanno con una certa salsa che vogliano inventata da Richelieu. La cosa, a te che sei tanto studioso, deve interessare... Ritorneremo a sera

Anntna                          - Ma stanotte sarà anche peggio!... Domat­tina alle quattro c'è sveglia. Partenza alle cinque.

Verdinet                        - (risoluto) Hai fatto bene a dircelo! Dor­miremo a Saint Lizièr! (Annina esce sorridendo). Vedo che sei già pronto...

Coffinard                      - Se ti dico che è dalle quattro che mi ri­volto nel letto! Alle sei ero già in piedi!

Verdinet                        - Non si può tener aperta nemmeno la fi­nestra se si vuol parlare... E poi fanno pagare quel che si paga! (Altro tono) Due minuti e son pronto anch'io. Per carità, scappiamo da questo inferno! (Sì accinge a ultimare la sua toeletta, andando qualche volta dietro il paravento, ma sempre conversando con Coffinard).

Coffinard                      - Dunque... i giornali hanno pubblicato la notizia delle onoranze che Cormatin ti tributerà... La ra­dio la trasmette da quattro giorni... La mia iniziativa ha trovato consensi unanimi. Anche la posta che mi ar­riva respinta da Cormatin reca adesioni sempre più ri-guardevoli e importanti... Guarda qui... [Apre un gior­nale e cerca una notizia che evidentemente per le sue pro­porzioni sfugge) Aspetta... Dov'è? Sai... Non è una no­tizia sportiva... Ah! Ecco!... (Legge) «Nelle scuole di Cormatin, dove il professore Orazio Verdinet, il noto sto­rico e filologo, iniziò la sua carriera d'insegnante, verrà murata una lapide ». E' sintetico... Oggi tutto è sinte­tico... (Vedendo che sorride) Perché sorridi?

Verdinet                        - Ma non ti pare che faccia sorridere l'inau­gurare una lapide a un... professore perché ha insegnato in una scuola? Le lapidi, oggi, si mettono per le cose grandi, che restano, non per gli uomini che spariscono...

Coffinard                      - Tu mi offendi, Verdinet!

Verdinet                        - Non prendertela da questo lato, se no è inutile discorrere...

Coffinard                      - E da qual lato devo prenderla? Ma come? Io, Imeneo Coffinard, sindaco di Cormatin, dove tu, a trecentodue franchi all'anno, iniziasti il faticoso ma luminoso calvario del sapere, dove cominciasti a spez­zare il pane della scienza...

Verdinet                        - Il pane della scienza! Gran merito, con tutti i prestinai che ci sono oggi!

Coffinard                      - Non dire idiozie! Ogni volta che te ne parlo è così! E non insistere ancora in questa tua opposizione! Che ho tutta la Francia dalla mia! Tutta! Mi­nistri, Accademie, personalità, tutti aderiscono... E po­polo!... Guarda questa lettera! (estrae una lettera e la spiega per leggerla) L'ho ricevuta giorni fa, rispeditami da Cormatin. Questo è slancio di popolo... Non si sba­glia... (Legge) « Olimpia Coquart, indovina. Specialità in lotterie, rue Bagnolet sessanta, Parigi ». L'ortografia te la risparmio, non è degna di te, ma è il pensiero che conta. Senti. «Egregio signor sindaco, ho saputo delle onoranze al professore Verdinet e massocio... ». Tutta una parola, «massocio », ma non fa nulla.

Verdinet                        - Si vede che vuol associarsi bene...

Coffinard                      - «Vi prego di ricevermi, perché voglio parlarvi di quel caro spiritoso...».

Verdinet                        - Spiritoso?

Coffinard                      - (correggendosi) No... Spirito... Caro spi­rito... Era uno svolazzo della scrittura... (Continuando a leggere) « Io verrò sabato ventitre ». Oggi. Non m'avrà trovato a Cormatin, ma certo tornerà...

Verdinet                        - (vivo) Ma perché parla di spirito? Mi crede morto?

Coffinard                      - Mah! Sai, è popolo... Sente, ma non sa esprimersi... Del resto, anche fosse, non sarebbe la prova più evidente della tua fama? Se ti ricordano quelli che ti credono morto, figurati quelli che ti sanno vivo! Tu hai in anticipo le prove della tua gloria futura! (Altro tono) Ma dimmi la verità... Sii sincero... Forse ti secca che l'iniziativa sia partita da me che non sono un uomo di lettere, ma solo il tuo compagno di camera negli ul­timi anni d'Università?

Verdinet                        - (sincero) Ma cosa dici?

Coffinard                      - Oh! Tu potresti guardarmi con molta commiserazione dall'alto del tuo Parnaso... Un povero farmacista come me...

Verdinet                        - Povero? Non ho mai conosciuto un far­macista povero...

Coffinard                      - Voglio dire che un farmacista è ben poco in confronto d'un letterato, par tuo... Sì, è vero, ho fatto i quattrini, ma onestamente.

Verdinet                        - Fin dove può rimanere onesto un com­merciante in genere e un farmacista in ispecie... Ogni professione ha un limite di resistenza in argomento...

Coffinard                      - Eppure un po' di parentela spirituale l'abbiamo. Apollo fu l'inventore dei purganti...

Verdinet                        - Apollo? Mai saputo! Vedi che sei più colto di me? (Altro tono, ravvivandosi) Del resto, già che ti sei messo in mente la lapide, fa pure! (Ilare) Ma sì! Eterniamo la giovinezza! I miei trent'anni d'al­lora! Fermiamone il ricordo nel marmo, già che non possiamo fermarli in questa impalcatura d'ossa che ogni anno aumenta i suoi tarli! (Pausa pensosa). Tre anni passati a Cormatin... Fino alla guerra... Mi ricordo che in ultimo ebbi per amante una lavandaia prosperosa... Uno di quegli amori economici, tutto muscoli, senza l'at­taccaticcio del sentimento, che rimangono belli appunto perché si possono dimenticare... Difatti non mi ricordo nemmeno come si chiamava... La soprannominavano La Marsigliese...

Coffinard                      - Perché? Era di Marsiglia?

Verdinet                        - Macché... Perché incoraggiava i giovani all'amore... «Allons enfants...». Ma erano malignità, sai-Quando tornai dalla prigionia, la prima volta che passai da Cormatin, allora ero stato nominato a Rennes, chiesi di lei e mi dissero che era morta...

Coffinard                      - ... sul lavoro.

Verdinet                        - Ma no, poveraccia! Era una brava donna. Nata per l'amore giocondo.

Coffinard                      - Eh! Tutti abbiamo avuto la pagina d'a­more dei vent'anni! E' la prima pagina a colori del li­bro della vita! Le altre sono a bianco e nero! E resta impressa anche se ci dimentichiamo l'iscrizione sotto!

Verdinet                        - Sono pronto... Andiamocene... Ma s'ha da pernottare proprio a Saint ILizièr?

Coffinard                      - Ma no... Vedrai... Al caso verremo a dor­mir stasera per sopportare la levataccia di domattina...

Verdinet                        - (mette il cappello) Ce lo daranno il caffè e latte dabbasso?

Coffinard                      - Strepiteremo fin che ce lo daranno... (Av­viandosi a destra) Passiamo dalla mia camera, che pren­do il cappello... (Escono a destra, ma prima di uscire Ver­dinet apre la finestra. Rumori di clakson e di folla. Scena vuota, per qualche istante. Poi si vede Annina affacciarsi alla comune con qualche precauzione, sbirciare nella ca­mera e poi parlare fuori).

Annina                          - No! H? vuota!... Se ne sono andati! E non tornano per oggi! (Entra. La seguono subito Enrico e Marta, rispettivamente il facchino e un'altra cameriera; corrono tutti e tre alla finestra).

Marta                            - Magnificamente!

Enrico                           - Da qui ai vede fino alla curva di Sant'An­tonio.

Annina                          - Eccoli!

Enrico                           - Quello è Mauretier, scommetto. Sì, è lui! E' lui! (Gridando) Evviva! Evviva Mauretier!

Marta                            - Evviva! (agita un fazzoletto).

Annina                          - Evviva! (Fuori continuano i rumori e si sentono voci d'incitamento e di evviva). Che andatura!

Marta                            - Peccato che la finestra sia un po' alta. Bi­sogna continuare a saltare.

Enrico                           - Prendi questa sedia (eseguisce).

Marta                            - Bravo! (vi sale).

Annina                          - Ci stiamo tutte e due... (sale anche lei).

Marta                            - Non ce n'è un'altra per te?

Enrico                           - E' molto ad essercene una, qui!... Il pro­fessore ha ragione di lamentarsene sempre... Aspetta... Ci sono questi libri... (prende due grossi volumi dal tavolo e li adopera per arrivare meglio alla finestra) Oh! Così va bene!

Annina                          - (sempre guardando fuori) Eccone due! Si sorpassano. Ma quanti ce ne saranno ancora?

Enrico                           - Ormai siamo alla fine, purtroppo!

Marta                            - Che peccato! Ma i campioni sono passati? Vernet, per esempio?

Enrico                           - Hai voglia di aspettare Vernet! Quello è sempre in testa!

Annina                          - Mi rincresce, caro, ma questa mattina c'era Lepellisse in testa! L'ho visto io che lo conosco.

Marta                            - (ad Annina, ironica) Come lo conosci tu, Lepellisse? Dai giornali illustrati?

Annina                          - Lepellisse? E' mio secondo cugino.

Marta                            - Fa piacere! (ride sgangheratamente, poi ad Enrico) Senti! Dice che è suo secondo cugino!

Annina                          - (offesa) Come, fa piacere? Il piacere e il dispiacere te l’han fatto i suoi parenti a metterlo al mondo.

Enrico                           - Ma state attente! Eccolo l'ultimo gruppo. Sono già in volata.

Marta                            - Possibile?

Enrico                           - Ohe! Siamo a trecento metri dal traguar­do sai?

(Entrano Susanna e Brissot).

Brissot                           - (è un giovane sui trent’anni, aria seria, ro­mantica, un po' timido, aspetto d'uomo di studio. Entra cauto, tenendo per mano Susanna, giovane di venti anni, bella, spigliata) Aspetta...

Annina                          - (sentendo venire gente salta giù e s'avvicina ai due) Che cosa desiderano?

Brissot                           - (un po' impacciato) Ah... Non mi ricono­scete?

Annina                          - Già... Mi pare... L'amico del professore Verdinet...

Brissot                           - Sì... Il suo assistente... Sono venuto qui al­tre volte...

Annina                          - Non c'è... E' uscito da poco... Avrebbe do­vuto incontrarlo... Ma credo che starà assente tutto il giorno...

Susanna                         - Che fatalità!

Brissot                           - (sempre imbarazzato) Sentite... Ci capita un contrattempo. Questa è la mia fidanzata... E...

Annina                          - (come chi la sa lunga) Ho capito! Ma non si può accontentarvi, ragazzi! Oggi c'è il Giro, e tutte le camere sono occupate... In questa non posso prendere la responsabilità...

Brissot                           - (un po' offeso) Cosa dite? Non è quello che pensate...

Susanna                         - (anche lei dura) Vi prego... Siete abituata ad altri clienti, si vede!

Annina                          - Sensate... Ma se a vent'anni non si fa quello che pensavo io, non so perché ci si debba volere bene...

Brissot                           - (per troncare) Ecco... Vedete... Non vorrei altro che la signorina stesse qui un momento. Speravo che ci fosse il professore... Fin che io vado per una com­missione...

Annina                          - (che ha premura di correre alla finestra dove l'attraggono le esclamazioni di Marta e di Enrico) Ma sì! Ma sì! (Torna alla finestra).

Brissot                           - (a Susanna) Allora vado... Tu sta qui... Io spio la zia... Lei non mi conosce, posso vedere cosa mai è venuta a fare qui... Sei inquieta?

Susanna                         - (un po' aspra) Ma nemmeno tranquilla... Capirai... Si fanno anche delle figure...

Brissot                           - Senti... Tu sai quanto io ti voglio bene, e come abbia accettato con gioia che tu mi accompagnassi in questa scampagnata... Ma ti confesso che, pur accet­tando, la tua proposta m'è sembrata azzardata... I fatti purtroppo mi danno ragione...

Susanna                         - Adesso non dovrò farti coraggio io, eh?

Brissot                           - Non dico...

Susanna                         - Ebbene, va, sbrigati!... (Brissot esce).

Marta                            - Che gioia! Dio, come mi piacciono! (fa dei piccoli salti). Che gambe! Che muscoli! (Con un grido) Ah! (si ritrae e scende spaurita dalla sedia).

Annina                          - Il vaso! (scende anche lei).

Enrico                           - Che vaso?

Marta                            - (indica Annina) E' caduto il vaso di fiori che era sul davanzale!... E' stata lei, nello sbracciarsi!...

Enrico                           - Accidenti! E dove è andato? (Ad Annina) Stupida!

Annina                          - Ma non sono stata io!

Marta                            - Sì! Sei stata tu!

Annina                          - E ora?

Marta                            - Andiamocene!

Enrico                           - Guarda se si vede qualche cosa... Ce uà pezzo di tetto oltre il davanzale... Può aver rotolato ed essersi fermato sulla grondaia.     - (Sale e si sporge) Sì! S'è fermato proprio sulla grondaia.

Annina                          - Meno male!

Marta                            - Respiro!

Enrico                           - Ma s'è spezzato il vaso. Il fiore e la terra hanno proseguito.

Annina                          - E adesso si vedrà che non può essere ca­duto che da qui! Andiamocene!

Marta                            - Sì! Sì! (Enrico, Annina e Marta fuggono precipitosamente).

Susanna                         - (che durante la scena è rimasta un po' a guardare e a interessarsi della emozione dei tre, ora ri­mane sorpresa da quella fuga) Sono scappati? E cosa faccio adesso io? Nella camera di un uomo che non conosco. Che disdetta che la zia sia venuta a Beanjeu pro­prio oggi! A far che, poi, lo sa soltanto lei! (Sale un po' sulla sedia che è sotto la finestra, spia fuori, poi si guarda attorno, sempre stando sulla sedia. In questo mo­mento la porta si apre violentemente ed entra Verdinet concitato, iroso, a testa bassa, le spalle alzate. Da questo suo procedere si comprende come egli sia il disgraziato cui è piombato sul capo il contenuto del vaso dei fiori. La terra gli è scivolata per la schiena. Susanna è scesa in fretta dalla sedia, va presso il tavolo).

Verdinet                        - (avanzandosi sempre a capo chino) Acci­denti! Aspètti mezz'ora un caffè e latte, e poi non fai in tempo ad uscire che ti prendi un vaso di fiori sulla testa!... (Senza poter guardare e scambiando evidente­mente Susanna per la cameriera) Per fortuna che non c'era l'involucro, ma la terra m'è scivolata tutta per la schiena... Ah!... Ah! State facendo la camera? Uscite un momento... (e va dietro al paravento dove evidentemente sta per spogliarsi e pulirsi sempre, parlando). Ma nemmeno in un paese dove, a momenti, non si trova il pane, c'è modo di avere pace! Lo sport, le corse, i pri­mati, i massimi, i minimi, le squadre, i campionati! Af­flizione del secolo! Facciano quello che credono, va bene, ma non vengano nei piedi dei cristiani! (Oro esce dal paravento e si accorge di Susanna) Ah! Oh! Scusi...

Susanna                         - Scusi lei, professore...

Verdinet                        - (un po' asciutto) Che cosa desidera?

Susanna                         - Aspetto il professore Brissot...

Verdinet                        - Brissot? Il mio assistente? Ah, già, che oggi doveva venire a portarmi certe bozze... Ma come lo aspetta qui lei? Perché? Chi è?

Susanna                         - Siamo fidanzati...

Verdinet                        - Fidanzati? Di che genere? La sposa?

Susanna                         - Lo spero! Ci amiamo per quello!...

Verdinet                        - Lo chiedo perché oggi, coi costumi e le abitudini moderne, non si sa se sia più in pericolo una ragazza vicina ad un giovanotto o un giovanotto vicino ad una ragazza... (Pausa). Ma Brissot dov'è?

Susanna                         - E' andato a cercar lei. Non l'ha trovato?

Verdinet                        - No, non ho trovato nessuno... Cioè, ho trovato un vaso di fiori sulla testa...

Susanna                         - Sono stati quei ragazzi dell'albergo... Io lo so... Erano qui a guardare il Giro e hanno urtato il vaso sbracciandosi...

Verdinet                        - Canaglie! Proprio nella mia camera sono venuti! E per farmi poi un sì bel servizio!... (Rumori di evviva da fuori e strombettamenti). Va all'inferno! (va per chiudere dispettosamente la finestra, ma non lo ha perché si accorge dei libri che sono stati collocati sotto di essa) Che? Chi ha messo qui questi libri? Sono stati certo quei bricconi! Per meglio vedere la corsa...

Susanna                         - Sì... Sono stati loro.

Verdinet                        - (mentre ripulisce le copertine) Maledu­cati! E ignoranti! Calpestano Plutarco per un ciclista! Per un bruto! Che orrore! Oggi sono capaci di tutto in questo albergo!

(In questo momento dalla finestra arriva la voce di un altoparlante che annuncia)

Una voce                       - Attenzione! Attenzione! Lepellisse, vinci­tore della tappa, saluta gli sportivi di Francia! Atten­zione! Lepellisse è al microfono.

Altra voce                     - (rauca, ansante, piena d'incertezze e di in­capacità oratoria) Io saluto e ringrassio... E saluto... Sono contento di avere vinto per l'onore... della Fran­cia... e saluto!... Ecco!

Verdinet                        - (chiudendo la finestra) Ti saluto, caro! Bell'oratore! Guarda un po' chi tien alto l'onore della Francia! (Va verso Susanna che è rimasta fin qui sem­pre in disparte, rispettosa ma non intimidita, anzi quasi rallegrata dal curioso tipo di Verdinet) Be'... Dica, si­gnorina...

Susanna                         - Si tratta di questo, professore... Le ho detto che Brissot e io siamo fidanzati... Da un anno... Non lo sa nessuno... Nemmeno mia zia... Una bisbetica...

Verdinet                        - Ha una zia, lei?

Susanna                         - Ah! Non mi parli di mia zia!

Verdinet                        - Ma io non gliene parlo affatto... Non so neanche che esista!

Susanna                         - Io non ho mamma. Mia mamma è morta nel mettermi al mondo e m'ha cresciuto mia zia... Una bisbetica...

Verdinet                        - Oh, povera signorina...

Susanna                         - Ma sono felice, sa? Perché amo Brissot e perché lavoro...

Verdinet                        - Che brava! E poi, vent'anni!...

Susanna                         - Sono impiegata nella manifattura Rancouri... Sono una ragazza onestissima, sa?

Verdinet                        - (stupito) E chi ne dubita?

Susanna                         - M'intendo che a vedermi far scampagnate con un giovanotto...

Verdinet                        - Senta: lei sarà nata venti o che anni fa, ma io non sono mica nato un secolo fa, sa?

Susanna                         - Ebbene, senta, professore... Ieri mia zia doveva andare non so per quale cosa in provincia.... Bris­sot mi dice: «Devo andare a Beaujeu dal professore Verdinet...».

Verdinet                        - E le ha proposto di fare la gita insieme nell'assenza della zia...

Susanna                         - Se devo dirle la verità, ho proposto io di accompagnarlo... Sa... Si parte alla mattina, si può tornare alla sera... Nulla di male.

Verdinet                        - Già... Per solito il male lo si fa dalla sera alla mattina... Ma a volere... Tutte le ore sono buone... (ride da sé).

Susanna                         - Gli è che io desideravo di ritrovarmi per un giorno intero con Brissot.

Verdinet                        - Si capisce...

Susanna                         - Perché da troppo tempo gli ho tenuta ce­lata una cosa che adesso non posso più nascondergli...

Verdinet                        - (fraintendendola) Dio mio! Un fallo!

Susanna                         - Noo! Le ho detto che sono una ragazza onestissima... E' un'altra cosa che a lui non andrà giù! (Come se si rivolgesse a Brissot) Antipatico! Ma io non mi piego! (A Verdinet) E ho detto: se potessi un giorno trovarmi sola a solo con lui, in campagna, col verde, la pace, chissà che non riesca a fargliela digerire...

Verdinet                        - Cosa vuol fargli digerire?

Susanna                         - La mia passione sportiva!... Io sono una sportiva!...

Verdinet                        - Lei è una sportiva?! E si è innamorata d'un letterato?! Disgraziati tutti e due!

Susanna                         - Mi alleno tutti i giorni... Da tre mesi.

Verdinet                        - A far che cosa?

Susanna                         - (che a poco a poco ha preso confidenza) Alla corsa degli ottanta, con ostacoli... E pensi che sono stata scelta pel campionato nazionale! Lo sa, eh?, cos'è un campionato?

Verdinet                        - (semplice) Oh Dio... Ne ho una vaga idea... Ma non conta...

Susanna                         - E devo pur dirlo a quel ragazzo! Ecco perché ho chiamato complice sentimentale una scampa­gnata... La seduzione d'una gita a due... Magari la li­bertà di qualche bacio di più... Invece, neanche a farlo apposta, che mi domando ancora come può essere suc­cesso, appena scendiamo qui a Beaujeu vediamo nella folla, la zia! Venuta qui! A fare che? Mah!

Verdinet                        - Avrà avuto dei sospetti sulla vostra gita...

Susanna                         - Impossibile... Non sa nemmeno che Brissot esista!

Verdinet                        - E allora?

Susanna                         - Allora Brissot m'ha fatta ricoverare qui da lei... Intanto è uscito anche per vedere dove andava, e da chi, e se ripartiva... (Supplice e semplice) Professore, ci aiuti lei, per carità! Ci protegga! Mia zia, gliel'ho detto, è una bisbetica e in certe cose è una belva!

Verdinet                        - Ma cara! Io non sono un domatore... E poi con le belve... voglio dire con le donne, non ho mai avuto a che fare...

Susanna                         - Mi tenga qui fin che è ripartita.

Verdinet                        - Qui da me?

Susanna                         - (quasi abbracciandolo) Non mi dica di no….

Verdinet                        - (commosso) Va bene... Cosa ho da dirle? Stia qui, per intanto... Tornerà bene, Brissot,,

Susanna                         - (felice) Certo!

(Entra Coffinard dalla comune, cercando Verdinet).

Coffinard                      - Verdinet? Hai finito di cambiarti? (Scor­ge Susanna, stupito) Ah! pardon...

Verdinet                        - Vieni, vieni... (Per presentare Susanna) La signorina...

Susanna                         - (prevenendolo) Susanna Brossard...

Coffinard                      - (galante) Vedo che il vaso aveva il fiore...

Verdinet                        - (ride) Già... (A Coffinard, presentando Susanna) Questa è la fidanzata di Brissot... Sai, il pro­fessore Brissot, mio assistente, che t'ho presentato, mi pare...

Coffinard                      - Diamine! Brissot! Giusto pensavo' a lui per fargli fare il discorso all'inaugurazione della lapide...

Verdinet                        - (a Susanna) Gran bravo giovine, sa, Bris­sot! Bella mente... Povero, ma pieno di avvenire come tutti gli intellettuali, pei quali poi l'avvenire non viene e la povertà resta... Fa nulla... (A Coffinard, indicando Susanna) E lei, capisci, non gli ha mai confidata la sua passione sportiva... E pensa che concorre al... Come ha detto?...

Susanna                         - Al campionato nazionale di atletica leg­gera per il salto con ostacoli.

Coffinard                      - Bisogna scegliere, signorina, fra amore e sport. Nella vita scegliere è da forti. La decisione è sem­pre l'espressione di un carattere!

Susanna                         - Ah! Io non potrei mai rinunciare allo sport!

Coffinard                      - Ma che cosa ne fa dello sport?

Susanna                         - Come? Ma lo sport è il trionfo della forza, della bellezza, della vita! Della vera vita! Non penserà mica che la vita sia qui, eh? (indica i libri sul tavolo).

 Verdinet                       - ( un po' offeso) Ma, signorina!...

Susanna                         - (imperterrita) Questi sono lapidi, sepolcri, urne di ceneri! (Ne apre uno e lo fa annusare a Coffi­nard) Senta, che odore da morto! (Va vicino a Coffinard, offrendo al suo olfatto il collo) Senta che odor di vita, come so di buono, io!

Verdinet                        - (un po' interdetto) E Brissot, annusa an­che lui?

Susanna                         - Oh, se avessero fatto dello sport anche loro, e se lo facessero, sarebbero ancora dei giovanotti! (A Verdinet) Scusi, quanti anni ha lei?

Verdinet                        - Eh! Cara signorina, gli anni, dopo i cin­quanta, sono come le monete fuori corso... E' inutile metterli in circolazione...

Susanna                         - (o Verdinet) Ci scommetto che lei ha ap­pena sessant’anni.

Coffinard                      - (ride) Ah! Ah!...

Verdinet                        - Appena? A me sembrati troppi! E le assi­curo, non per civetteria, che ci sono ancora lontano.

Susanna                         - Lo vede a non fare dello sport? Si dimo­stra di più! (Verso Coffinard) Come lei... Anche lei avrà passati i sessanta, no?

Verdinet                        - (ride) Ah! Ah!...

Susanna                         - (a Verdinet) E lei perché non ha preso moglie?

Verdinet                        - Perché? Sa... Ci si «posa e non ci si sposa sempre senza sapere il perché

Susanna                         - Oh! Se avesse preso moglie!

Coffinard                      - Certo! Quello è uno sport che tiene svegli! Si diventa tutti olimpionici! (tutti e tre ridono). (Appare alla comune Brissot).

Brissot                           - (si ferma sulla soglia un po' sorpreso dall'allegria cui è arrivata Susanna) Buongiorno, pro­fessore...

Verdinet                        - Ah! Sei tu! Vieni avanti! So tutto! Non occorre che tu mi spieghi. Ti faccio i miei complimenti...

Brissot                           - Maestro...

Verdinet                        - Niente di male, caro, alla tua età! Se lo facessi io ci sarebbe da farsi o da fare del male...

Coffinard                      - (avvicinandosi a Brissot) Professore! Stavo pensando a lei per una cosa...

Verdinet                        - (a Coffinard) Ma lascia perdere... (A Bris­sot) Vieni qui, caro, a darci ragguagli sulla tua ispezione». Non vedi come ti aspetta Susanna? Siamo amici, sai? (confidenzialmente e paternamente le cinge la vita).

Susanna                         - Hai trovata la zia?

Brissot                           - (un po' imbarazzato dalla presenza del pro­fessor Verdinet) No, non l'ho vista...

Susanna                         - (con letizia) H professore ci vuol bene, sai? (fa un salto di allegrezza).

Brissot                           - (severo, ma dolce) Susanna! Perché salti così? Non sai chi è il professore?

Verdinet                        - Ma lascia! M'ha fatto passare il cattivo umore.

Coffinard                      - (a se) Vuol impedirle di saltare! Sta fresco!

Susanna                         - Ci protegge, mi tiene qui... Anzi, deve dirti una cosa per me!

Brissot                           - (stupito) Lui? Per te?!

Verdinet                        - (ridendo, divertito) Eh! Capisco l'allena­mento, ma non corra così!

Brissot                           - Che cos'è?

Verdinet                        - Nulla... Non lo sai che è una sportiva?

Brissot                           - (al colmo dello stupore) Tu?!

Verdinet                        - Sì... Una sportiva... Non ho mica detto una ladra...

Susanna                         - (decisa a venirne fuori, approfittando della presenza e della condiscendenza di Verdinet) Sì... E partecipo al campionato di atletica. Lo sa anche il pro­fessore, e lo approva!

Verdinet                        - Io?!...

Susanna                         - (continua) Sono venuta ad accompagnarti a Beaujeu per dirtelo, per confessartelo, per chiederti scusa anche, se credi. Ma per andarvi a ogni costo...

Brissot                           - (sbalordito) Tu in uno stadio? A far cosa?

Verdinet                        - Va a correre - A saltare...

Brissot                           - Ma no!

Verdinet                        - Come no? Non conosci ancora chi ami? Non lo sai che ha questa passione? Non t'ha fatto sen­tire che sa di buono?

Brissot                           - No! Non può essere! Non deve essere! Tu sei una sportiva? Mai!

Verdinet                        - Adesso non esagerare, via! Quando si hanno venti anni si è tutti un po' sportivi, fuor che i tangheri e i malati. Avere vent'anni vuol dire essere dei conduttori di elettricità. Averne sessanta si è degli isolatori...

Coffinard                      - Anzi, degli isolati...

Brissot                           - Andare su pei giornali illustrati? In maglia?

Verdinet                        - Vuoi che mettano me in maglia?

Brissot                           - (a Susanna, duro, violento quasi) Ed era per confessarmi questo che m'hai accompagnato?

Susanna                         - Sì!

Verdinet                        - C'erano dei baci in programma. Ma se volete darveli, non fate complimenti.»

Brissot                           - Mi spiace, ma non parteciperai! Te lo proi­bisco!

Susanna                         - (forte e decisa) Cosa? Proibirmi di parte­cipare, ora che sono già in nota? Caro mio, spiace più a me di non poterti ubbidire!

Coffinard                      - Questo si chiama saltare gli ostacoli!...

Susanna                         - (viva) Senti, non ne hai il diritto né la possibilità!

Brissot                           - (dominandosi) Intanto vorrei sapere perché non me ne hai mai parlato.

Susanna                         - Ma scusa, ti ho mai chiesto io perché non «ci mai venuto a parlarmi della (prendendo un libro dal lamio e leggendone il titolo) «Metafisica di Aristotile »?

Verdinet                        - (divertendosi) Ah! Ah!

Brissot                           - (sbalordito) Che c'entra la metafisica di Aristotile?

Susanna                         - Lo vedi? Tu non me ne hai mai parlato perché io di quelle cose lì non capisco niente. Zero. Cioè, quello che capisci tu di sport. Cosa devo metterti a parte di ogni, di speranze, di aspirazioni di cui tu non conosci il valore?

Brissot                           - Ma i sogni, le speranze, le aspirazioni di una ragazza come si deve, e come intendo io, debbono essere quelli di diventare una brava donna di casa, specie quando sì è giurato amore ad un uomo.

Susanna                         - Ma lo sport è un modo di vivere che non esclude affatto ogni e qualunque virtù! Non sarai uno di quegli sciocchi barbogi i quali, perché vedono che una ragazza si mostra in una gara ginnastica, credono che i possa portarla a letto?

Verdinet                        - Qui non ha torto...

Susanna                         - Ma lo sai che lo sport è l'espressione più lana della vita, e del vigore che fa camminare il mondo?

Brissot                           - Sciagurata! E' il pensiero che fa cammi­nare il mondo!

Susanna                         - Fa piacere! (A Verdinet) Professore!... Mi ricorderò sempre la storia di Archimede che mi hanno insegnata a scuola... (Come chi reciti) Quando i soldati romani presero d'assalto Siracusa, il console Marcello ordinò di risparmiare la vita di Archimede. Ma un sol­dato, che non lo conosceva, lo sorprese mentre stava così profondamente studiando da non accorgersi che si com­batteva per le vie. E, poiché non rispondeva, l'uccise. (Altro tono, a Brissot) Vedi dunque che a pensare troppo ci si perde sempre!

Verdinet                        - (a Brissot) T'insacca!

Susanna                         - E pazienza Archimede che avrà avuto ottant'anni. No? Quanti ne aveva?

Brissot                           - (seccato) Non lo so...

Susanna                         - Bella cultura!... Pazienza lui, dico, ma tu credi che a venti anni, oggi, le ragazze debbano vivere a fare il tombolo come le nostre bisnonne? Ma non ti guardi intorno? Non vedi la gente che vola? Non sai che in cinque giorni si va in America quando, appena una ventina d'anni fa, ci voleva un mese? Che il chilo­metro è diventato metro, il metro centimetro?».

Verdinet                        - E il franco centesimo

Brissot                           - E allora perché ti sei innamorata di me? Almeno a parole?

Susanna                         - Perché? Perché mi sei piaciuto... Perché sei anche tu la forza, la bellezza, la giovinezza. E io ti convertirò...

Coffinard                      - (a Brissot) Vi farà correre!...

Brissot                           - (ridendo ironicamente) Ah! ah! Convertire me! Mai! Vorresti spegnere il cervello, sostituirlo con la forza bruta? La forza è plebea... Il pensiero è aristo­crazia! I giganti, che popolavano un tempo il mondo, sparirono perché Iddio non diede loro la sapienza! Ora­zio non ebbe mai né forza né coraggio... A Filippi se l'è squagliata! Ed è diventato più immortale degli au­righi e dei vincitori delle Olimpiadi del suo tempo….

Susanna                         - Ma, mio caro, non si vive mica per quelli che verranno, bensì per quelli che ci stanno intorno. Quello scampolo di tempo che il destino ha dato a cia­scuno di noi, ognuno lo occupa nel modo più utile a sé...

Brissot                           - Senti, Susanna... Io invoco solo dal Cielo la forza di impedirti di andare ad esporre il tuo nome e la tua persona ad una popolarità urtante e ridicola!

Susanna                         - (vivace e decisa a non lasciarsi sopraffare) Bisognerà che te ne dia molta il Cielo di forza per trattenermi!

Brissot                           - (offeso da questa resistenza, anche per la pre­senza di altri) Ah, sì? Allora senti: se ti ostinassi a realizzare questa idea, ti posso assicurare che il Cielo mi darà la forza ben maggiore di lasciarti per sempre! Sei avvisata! Addio! (Esce furiosamente).

Verdinet                        - (cercando di trattenerlo) Ma via, non essere così precipitoso!

Susanna                         - (che non s'aspettava tanta decisione, rimane come interdetta) Dove va? Dio mio! Mi abbandona così? (Quasi piangendo) No... per carità, professore, mi aiuti lei! Lo chiami... (fa per correre alla porta),

Verdinet                        - (confuso) Aspetti... Dio mio! Questi inna­morati! (fa per rincorrere Brissot chiamandolo per nome, ma sulla porta si scontra violentemente con Enrico).

Enrico i                         - Il signor Coffinard è qui?

Coffinard                      - Eccomi!

Enrico                           - C'è una certa signora Coquart che cerca di lei. Ha urgenza di vederla...

Susanna                         - (con un urlo) Mia zia!

Verdinet                        - (gridando anche lui per suggestione) La zia!

Coffinard                      - (come Verdinet) La zia!

Susanna                         - (gridando) Presto, per carità! Una porta! Una finestra! (si precipita qua e là).

Verdinet                        - (cercando di trattenerla) Un momento-Aspetti...

Coffinard                      - (a Enrico) Dov'è?

Enrico                           - Qui nel corridoio...

Susanna                         - (indicando la porta di destra) Dove va que­sta porta?

Coffinard                      - In camera mia...

(Susanna vi si è già precipitata dentro, rincorsa da Verdinet che sparisce dietro di lei. Intanto alla comune è apparsa Olimpia, dietro Enrico che poi si ritira. Olimpia entra senza chiedere permesso).

Olimpia                         - (scorgendo Coffinard) Siete voi, signore, il sindaco di Cormatin?

Coffinard                      - (un po' tramortito da quella risolutezza) Precisamente. Imeneo Coffinard...

Olimpia                         - Imeneo?...

Coffinard                      - Sì... Ma non formalizzatevi coi nomi che sono sempre contraddittori... Sono scapolo e quasi casto!

Olimpia                         - Ah! Lasciatemi sedere! Sono due giorni che vi rincorro...

Coffinard                      - Strano!... Io non corro più da tanto tempo -

Olimpia                         - Avete ricevuta la mia lettera? Ve l'hanno dunque trasmessa?

Coffinard                      - Ah, sì...

Olimpia                         - Abbiate la bontà di lasciarmi parlare senza interrompermi.

Coffinard                      - (dominato) Dite... Dite...

Olimpia                         - E' vero dunque che a Cormatin si celebrano delle onoranze al professore Orazio Verdinet?

Coffinard                      - Sì...

Olimpia                         - Signore! A questa notizia il mio cuore ha sussultato di gioia e di fierezza! La Francia è un grande paese! Essa onora il padre della mia quasi figlia, di Susanna Brossard!

Coffinard                      - (balzando) Eh?! Cosa dite, signora? Io onoro Orazio Verdinet...

Olimpia                         - (interrompendolo) ...che fu professore a Cormatin e padre di Susanna Brossard.

Coffinard                      - (trasecolato) Dio mio! Verdinet ha avuto una figlia!... E... (indica sbalordito la porta da dove è uscita Susanna).

Olimpia                         - (c. s.) Ebbene, che c'è di strano? Tutti gli uomini che si rispettano, e sono degni di tal nome, hanno avuto dei figli! Perché vi «paventate così? Che cosa ri­guardano queste onoranze? Forse una canonizzazione?

Coffinard                      - No, signora... Ma...

Olimpia                         - (sopraffacendolo) E dunque... Io sono la vedova Coquart, nata Brossard, e vi dico che il professore Verdinet, come vi proverò con documenti, ebbe una figlia da mia sorella Concetta Brossard...

Coffinard                      - La Marsigliese?

Olimpia                         - Già... Vedete che la conoscete anche voi?...

Coffinard                      - (deciso a parlare) Ma signora! Voi igno­rate una cosa! Che Verdinet è vivo, e che dirà lui la sua parola!

Olimpia                         - (con un balzo fra spaurita e sorpresa) Eh?! E' vivo?!...

Coffinard                      - Sì, vivo e povero, come un professore!

Olimpia                         - Ma come? Se io l'ho cercato e mi dissero che era morto! Mi mostrarono anche un giornale! Lo seppi proprio dal vostro ufficio comunale!

Coffinard                      - Intanto io non ero sindaco di Cormatin, venti anni fa... E poi, è vero, fu dato per morto durante la grande offensiva del millenovecentodiciassette... Invece, ferito, fu fatto prigioniero... Gemette due anni, colpito al cervello, in terra straniera, senza memoria... Poi, rin­graziando Calliope, ritornò a essere quello che era...

Olimpia                         - Ringraziando chi?

Coffinard                      - Calliope! La Musa che anima il suo fer­vido sapere...

Olimpia                         - Ah!... E... (Con apprensione mal celata) E' sposato? Ha figli?

Coffinard                      - No... E' solo... Ma signora!... Siete sicura di quello che venite a dire con tanta serenità e con si­mile disinvoltura? Ma vorreste appioppare una paternità ad un uomo di cinquant’anni? Ma pazienza ad un uomo di cinquant’anni, ma ad un uomo quasi celebre, di cui la Francia sarà un giorno ambiziosa? Vorreste esporlo al ridicolo? Dare il suo passato in pasto ai pettegolezzi volgari? Voi gettate fra lui e l'Accademia una lavandaia! Anzi, il cadavere di una lavandaia!

Olimpia                         - (offesa e grossolana) Ma cosa dite? Il ca­davere di una lavandaia? Ma io vi getto un fior di ragazza, la vita, l'ambizione, la gioia, l'orgoglio di un padre! Non ho mai sentito dire che i figli espongano al ridicolo! Sarà ridicolo chi non ne ha, come voi, scommetto!

Coffinabd                     - Signora! Esigo che mi rispettiate!

Olimpia                         - Mi meraviglio di voi, un uomo pubblico, un'autorità costituita, che dovrebbe facilitare il ricono­scimento di un fatto simile!... Ma come? E' vivo? Tanto meglio! Non mi aspettavo tanta fortuna per quella povera figliola e per me anche... Vent'anni di sacrifici...

Coffinard                      - Ma come potete accertare una simile pa­ternità?

Olimpia                         - (estrae dalla borsetta un ritratto) Questo è il ritratto di Verdinet. Ufficiale... E dietro c'è la data di nascita di Susanna... Diciotto febbraio millenovecentodi­ciassette...

Coffinard                      - (guarda il ritratto incredulo, dopo averlo preso con diffidenza) Signora... Una data si scrive quando si vuole... Non è un timbro... Io sono un buro­cratico... Credo solo alla maestà dei timbri... E poi una fotografia non dice nulla...

Olimpla                         - Cosa volevate, una cinematografia?

Coffinard                      - Ci saranno pure i registri dello Stato Civile?

Olimpia                         - E voi credete ai registri dello Stato Civile?

Coffinard                      - (offeso) Signora! Io sono il sindaco di Cormatin!...

Olimpia                         - Ma sui registri ci si scrive quello che dicono gli altri... e poi cosa c'è scritto? Ve lo dico io! Nulla... Padre ignoto! La solita viltà degli uomini... De­gli imboscati dell'amore onesto! E per questo volete che Susanna non sia nata anche da un uomo? Troppo co­modo! No! No! Quell'uomo, eccolo qui! (gli riprende la fotografia agitandogliela sul viso). Io lo so!

(In questo momento entra Verdinet).

Coffinard                      - (come sollevato) Eccolo, il professor Verdinet.

Olimpia                         - Ah!

Verdinet                        - Questa è la belva...

Olimpia                         - Cosa dice?...

Verdinet                        - Voglio dire... Scusate... Voi siete la sia di Susanna...

Olimpia                         - (colpita) Ma come? Mi conosce?

Verdinet -                     - Ebbene, Susanna è qui...

Olimpia                         - (trasecolata) E' qui?! Ma come? Perché? Dio l'ha guidata, il Cielo!

Verdinet                        - Via! Non agitatevi! E’ venuta col suo fidanzato, che è un mio allievo e del quale rispondo appieno...

Olimpia                         - Ha un fidanzato?

Verdinet                        - Ma sì! Che vuol dire? Una bella ragazza! E questo fidanzato è un ottimo insegnante.»

Olimpia                         - Anche lui un insegnante! E' la voce del sangue! E' vostra figlia, senza alcun dubbio, signore!

Verdinet                        - (trasecolato) Cosa dice costei? Mia figlia? E' pazza!

Coffinard                      - (piano a lui) Disgraziato! Si tratta della Marsigliese!

Verdinet                        - Eh?!... La Marsigliese costei?

Coffinard                      - No, è sua sorella!...

Olimpia                         - (mostrandogli il ritratto) Riconoscete questo ritratto?

Verdinet                        - (guardandolo stupitissimo) Il mio... dalla guerra... (Legge a tergo) «Orazio Verdinet - Duecento-quarantatreesimo Fanteria - Morto prima della nascita ». Come? Sono morto prima di nascere? Ma che scherzo è questo?

Olimpia                         - Prima della nascita di Susanna, vuol dire! (Solenne) Signore... La madre di Susanna Brossard era mia sorella.» E' morta nel metterla al mondo... Io non la vedevo da molti anni... Ho raccolto l'eredità sua che non era fatta se non di lacrime e di una figliola di pochi giorni, che io ho cresciuta. Fra i pochi cenci di mia sorella ho trovato questo ritratto... V'è la data di nascita di Susanna... La si scrive per qualche cosa su di un ritratto conservato così gelosamente!...

Vebdinbt                       - (è rimasto interdetto; ad un tratto si aggrappa a Coffinard) Coffinard!...

Coffinard                      - (a lui, in tono pietoso) Povero amico! T'ho reso padre senza volerlo!

Verdinet                        - (guarda il ritratto, lo volta e lo rivolta. Guarda Olimpia. Il suo pensiero va lontano. Una specie di com­mozione intima gli sale dal cuore, gli colora il volto. Guarda avanti, gli occhi fissi nel vuoto. A poco a poco, come trasformato, illuminato di dentro, sorride. Per tre volte, con inflessione gradatamente commossa, ripete quasi macchinalmente) Padre?... Padre!... Padre...

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La casa del professor Verdinet. Mobili un po' all'antica nell'intonazione generale. Si tratta di una camera da pranzo e di soggiorno insieme. Tavola in mezzo, un divano e delle poltrone. Delle librerie alle pareti. Si capisce che Verdinet, uomo di studio, solo, senza ambi­zioni né necessità di ricevimenti, se ne serviva anche come dimora per leggere e studiare. Forse sulla logora scrivania che c’è a sinistra ha dato lezioni a qualche scolaro, quando aveva più bisogno di quanto in seguito possa avere avuto. Tutto è vecchio stile, senza eleganze, senza raffinatezze. La comune è in fondo. Una porta a destra e una a sini­stra, tutta in secondo termine.

(Quando s'alza la tela, Verdinet è seduto alla scrivania « scrive. E' mutato dal primo atto. Non ha più barba, indossa una veste da camera quasi elegante. Alla comune appare subito Germeuil, sessantenne, un po' logoro per la sua età, in un pigiama sdrucito).

Germeuil         - Buon giorno, Verdinet.

Verdinet                        - (un po' di soprassalto, nascondendo le carte su cui scrive) Oh! Germeuil! (Si alza e gli va incon­tro) Come va?

Germeuil                       - Sono ancora malandato... Trentasette e quattro...

Verdinet                        - E perché ti sei alzato?

Germeuil                       - Volevo pregarti se puoi sostituirmi anche stamane in Commissione con Blangy e Vouspignac... De­vono esserci uno o due esaminandi.

Verdinet                        - A che ora?

Germeuil                       - Alle dieci.

Verdinet                        - Figurati... Ma se hai la febbre, perché ti sei alzato? Potevi picchiare nel muro o chiamare Rosa dalla finestra. Venivo di là io...

Germeuil                       - L'ho chiamata, ma deve essere andata per la spesa... (si siede). Che brutta cosa essere malati quando si è soli...

Verdinet                        - Ti ho già detto di disporre di Rosa quando vuoi.

Germeuil                       - Grazie... Ma, se Dio vuole, stasera ritorna mia moglie.

Verdinet                        - Anche le figliole?

Germeuil                       - No, le lasciamo in campagna ancora un po', fino alla fine del mese. (Come chi sente un rumore interno) Ecco: deve essere rientrata Rosa... Dovresti farmi un favore...

Verdinet                        - Di' pure.

Germeuil                       - Che andasse un momento di là a rifarmi il letto e dare aria alla camera. Ho lasciato la porta aper­ta... Io intanto sto qui.

Verdinet                        - Ma certo! (Esce e rientra quasi subito: ha dei giornali in tasca).

Germeuil                       - E' una fortuna avere per vicino un col­lega come te...

Verdinet                        - Cosa dici? Vuoi un caffè?

Germeuil                       - No, grazie.

Verdinet                        - Però ti senti meglio di ieri...

Germeuil                       - Sì... Ho passato, anzi, una notte discreta. Ma preferisco avere ancora dei riguardi.

Verdinet                        - Certo. L'autunno è pericoloso alla nostra età.

Germeuil                       - Hai comperato i giornali? (fa per levar­glieli dalla tasca). Come? Hai preso «L'Auto »? Ah! E' vero che sei diventato uno sportivo!...

Verdinet                        - (un po' seccato): Sciocchezze!

Germeuil                       - Ma sì, è vero... Le tue nuove teorie...

Verdinet                        - Che teorie! Oggi, alla mia età, ho capito che per vivere, per restare qualcosa, per spremere an­cora un sorriso dalla vita, bisogna trasformarsi... Il dram­ma dei capelli bianchi non è che un'ostinazione... Bi­sogna correre dietro ai tempi.

Germeuil                       - Alla mia età c'è poco da correre. Del testo, non nego che la teoria potrebbe avere qualche successo.

Verdinet                        - Io non penso a successi di nessun genere. Credo che oggi sia meglio comporre quel dissidio che esiste fra lo sport e l'intelligenza, o meglio cancellare quel­la specie di rancore che gli intellettuali si ostinano ad avere contro gli sportivi... E' necessario trovare una con­ciliazione. Se sport e pensiero, forza fisica e cultura con­tinueranno a rimanere così avversi, noi avremo dei dotti pieni di malanni fisici, involuti, senza comunicativa, inerti come cartapecore, e degli atleti sempre più igno­ranti, presuntuosi, oltraggiosi... Numeri da circo... Bi­sogna muovere i muscoli degli uni ed educare la ma­terialità degli altri...

Germeuil                       - Ah! E' proprio una nuova scuola!

Verdinet                        - (per cambiare discorso) Dunque, tua moglie torna stasera?

Germeuil                       - Stasera o domani.

Verdinet                        - Vi siete divertiti in campagna?

Germeuil                       - Bah! Si va in campagna per le figliole….Anche questo fa parte dei sacrifici paterni! Beato te che sei solo.

Verdinet                        - Mah! Forse è una bella cosa essere soli quando sei giovane, ma quando si comincia ad invec­chiare, la famiglia deve essere un conforto.

Germeuil                       - Sì... Ma a patto di non esagerare! Pensa io: cinque figliole! Trova tu cinque mariti. Cinque. E' un numero spaventoso! Quasi apocalittico! Cinque denti da strappare... Quando li avrò strappati...

Verdinet                        - (ridendo) Ti metterai la dentiera... Del resto, sono belle figliole, brave, troveranno...

Germeuil                       - Brave, sì, tranne che in una cosa: tro­vare un marito! Sono all'antica... Sai, quest'anno ho in­vitato per un po' di giorni con noi Brissot, il tuo assistente. Mi pare che Clara gli sia piaciuta!

Verdinet                        - Brissot è venuto a Meudon? Tuo ospite?

 Germeuil                      - Sì. Otto giorni... Si tenta... Sai se sia ancora preso con quella ragazza?

Verdinet                        - Che ragazza?

Germeuil                       - Ho saputo che aveva un amoretto con una ragazza di poco conto, una sportiva... Susanna Brossard... Quella che ha vinto il campionato di corsa, mi pare... Ma sì! Tu che ti occupi di sport dovresti saperlo...

Verdinet                        - (incerto dì cosa dire, timido) Ah!

Germeuil                       - Ma l'ha lasciata appunto per questa ma­nia di cui, purtroppo, anche le ragazze oggi sono vittime. O meglio certe ragazze! Le mie non corrono di sicuro negli stadi...

Verdinet                        - Oggi è meglio farsi onore negli stadi che negli studi!

Germeuil                       - Tu lo dici per scherzo, ma tante volte è la verità, purtroppo! Non si può negare che ci sia un'esibizionismo nello sport femminile... L'anticamera della corruzione... Capisco che Brissot è tanto serio, e più che serio severo...

Verdinet                        - (vago) L'ho conosciuta, io, Susanna Brossard!

Germeuil                       - (allarmato) Te l'ha presentata lui?

Verdinet                        - Ma no! Così... A caso... Non ha impor­tanza! Però mi risulta che è una brava figliola.

Germeuii.                      - Lo sarà secondo gii usi che se ne vuol fare.

Verdinet                        - Lavora! Avrà questa smania. Vent'anni e la salute... Tu che ne hai sessanta e sei malato, dovresti capirlo!

Germeuil                       - Mi meraviglio di te! Augurare a Brissot una moglie simile, vorrebbe dire augurargli di rompersi l'osso del collo...

Verdinet                        - Ma io non ho consigli da dare a Brissot. Non sono ne suo padre, né il suo tutore! Egli è pa­drone di scegliersi chi vuole... Dico che denigrare una figliola, solo perché è una sportiva, mi pare una restri­zione mentale inadatta ai tempi

Germeuil                       - Oh! I tempi! Tu ce l'hai coi tempi, oggi! Bei tempi!

Verdinet                        - Mah! I tempi li segnano i giovani!

Germeuil                       - Ma tu sai Be Brissot ci pensa ancora?

Verdinet                        - E che vuoi che ne sappia, io?

Germeuil                       - Sento che la conosci. Che la difendi!

Verwnet                        - (un po' alterato) Ma io non difendo nes­suno! E' questione di giustizia, di buonsenso, anche!

Germeuil                       - Toh! Non vorrei che te ne fossi inna­morato tu, di quella sportiva... Visto il nuovo tuo apo­stolato...

Verdinet                        - (con uno scatto eccessivo) Ma che scioc­chezze! L'influenza non ti avrà mica toccato il cervello!

Germeuil                       - Dico per dire. A cinquantacinque anni gli scapoli camminano sempre sull'orlo di un precipizio! Non si innamorano che delle ventenni! Riguadagnano il tempo perduto con un salto solo!

Verdinet                        - Mi fai il piacere di non fare dei discorsi stupidi?

Germeuil                       - Vuoi che te ne dica una?

Verdinet                        - Sentiamone una di più... Ma che sia l'ul­tima, possibilmente!

Gehmeuil                      - Hai cambiato carattere! (A un moto di lui) Sì, carattere, cioè modo di vedere, di giudicare, di parlare, anche! Hai dei sintomi pericolosi... Se ne par­lava anche la settimana scorsa a scuola. Avanti! Non è vero che prendi lezioni di tennis?

Verdinet                        - Io? (ride). Ci vado qualche volta a vedere giocare. Il senatore De Courcel ha una figlia e ci vado lo accompagno... E' una distrazione, un modo per respirare di più, per fare venire appetito.

Germeuil                       - Con lo stipendio dei professori, l'appe­tito è l'ultima cosa da eccitare, caro mio!

Verdinet                        - Del resto, quando ero giovane giocavo anch'io al tennis...

Germeuil                       - Fa piacere! Quando eri giovane tu, il tennis non era ancora stato inventato! (Altro tono) Sei diventato un altro. Anche professionalmente. Ti sei messo a promuovere tutti a ottobre.

Verdinet                        - Cosa sei venuto?... A farmi un processo?

Germeuil                       - No. Una diagnosi... Siamo colleghi da dieci anni, e ho notato quest'anno per la prima volta la tua tolleranza per lo meno strana. Eri famoso per la tua rigidità. La settimana scorsa hai promosso Cliquot che all'esame, quando gli hai chiesto l'influenza che ebbe lo stoicismo sulla legislazione romana, ha risposto con delle frasi che avrebbero potuto dar materia a un gior­nale umoristico!

Vebmnet                       - Cliquot ha bisogno della licenza per an­dare alla Scuola militare. La filosofia non serve alla guerra.

Germeuil                       - Per quella non serve nemmeno la Scuola militare. Il primo anno che ci siamo trovati, mi ricordo, ti sei opposto a tutto il Consiglio per rimandare ad ot­tobre Berard, il figlio del Ministro. Una ostinazione che mi ha impressionato. Ho detto: « Perbacco, che uomo terribile, tutto di un pezzo! ».

Verdinet                        - Del resto ho bocciato Berard, ed egli è diventato uno dei primi medici di Parigi. Mi sono ac­corto che bocciare gli alunni è cosa inutile... Noi diamo ai nostri scolari il sapere; se lo digeriscono, se ne nu­trono, se no lo butteranno dallo stomaco appena fuori dalla scuola. Tanto vale... La cultura è tutto un processo di chilificazione... Invece noi non prendiamo che delle scorpacciate, cioè quello di cui l'allievo s'empie la bocca al momento dell'esame... Bisognerebbe, per esaminare sul serio, poter sapere quanto la nostra fatica abbia tra­sformato e rifatto l'allievo, ciò che un esame non ti dice mai... Bisognerebbe abolirlo.

Germeuil                       - Per me, ci starei subito!

(Entra Rosa).

Rosa                              - (a Germeuil) Professore, la sua camera è pronta.    (A Verdinet) C'è il signor Coffinard.

Germeuil                       - Grazie, Rosa.

Verdinet                        - (a Rosa) Venga, venga! (Rosa esce).

Germeuil                       - (alzandosi a fatica) Grazie anche a te, Verdinet!... Poi... quando tornerà mia moglie, penserà a dare qualche cosa a Rosa...

Verdinet                        - Ma va là!

(Entra Coffinard).

Coffinard                      - Addio, Verdinet!

Verdinet                        - Oh! Caro Coffinard!...

Coffinard                      - (a Germeuil) Ossequi, professore...

Germeuil                       - Buon giorno!

Verdinet                        - (a Coffinard) Quando sei arrivato?

Coffinard                      - Da tre giorni.

Verdinet                        - Senza farti vedere?

Coffinard                      - Sono venuto due volte, ma hai delle abitudini così nuove e degli orari così imprevisti!... Una volta eri una tavola pitagorica. Su di un lato i giorni sull'altro le ore... Agli incroci si era certi di trovare Verdinet

Gehmeuil                      - (ridendo) E' vero!

Verdinet                        - Se venivi un quarto d'ora dopo, non mi trovavi nemmeno stamane. Sto per uscire. Ma puoi aspet­tarmi, perché rientro subito...

Coffinard                      - (verso Germeuil) A proposito, professor Germeuil... Sono venuto anche per lei. Ieri alla scuola l'ho cercata.

Germeuil                       - Sono ammalato da tre giorni... Un po' d'influenza. Anzi, sono venuto a pregare Verdinet di sostituirmi oggi in Commissione d'esami.

Cofpinard                     - Volevo restituirle la quota che ella ha nerosamente versato per il collega Verdinet.

Germeuil                       - La quota?

Verdinet                        - Ma sì! I cinquanta franchi che hai sotto­scritto anche tu per la lapide che egli voleva collocarmi a Cormatin.

Coffinard                      - Non se ne è fatto nulla. Ed io restituisco le quote ai sottoscrittori.

Germeuil                       - Una quota che torna indietro? Ma que­sta è realtà romanzesca!

Coffinard                      - Voleva che me la tenessi?

Germeuil                       - (intascando tutto allegro) Questo non l'ho mai pensato, ma a vedere cinquanta franchi che tornano indietro!... Grazie! Grazie!

Verdinet                        - A giudicare dall'entusiasmo con cui le ri­prendi, si direbbe che non ne dovevi avere molto nello sborsarle!

Germeuil                       - Oh Dio! Comprendimi! Piuttosto mi rincresce che l'iniziativa del signor Coffinard sia sfumata!

Coffinard                      - Mah! Egli si è ostinatamente rifiutato. L'aveva permesso in un primo tempo, ma poi improv­visamente s'è voltato!

Germeuil                       - Ciò fa parte della sua nuova vita!

Coffinard                      - Non capisco...

Verdinet                        - Quale vita? Che vai fantasticando ancora?

Germeuil                       - Signor Coffinard, Verdinet è in vena di apostasia... Egli ha pensato che la lapide immortalava un Verdinet che egli rinnega, un Verdinet che egli vuole sopprimere, uccidere... Lo guardi! Non lo vede come è ringiovanito? S'è tagliata la barba!... Ha più cura della sua persona... Guardi quella veste da camera in seta pura... (Sottovoce a Coffinard) C'è una donna...

Coffinard                      - (spaventato) Una donna?

Verdinet                        - Fammi ridere! Non ho voluto la lapide perché essa non diceva nulla ai contemporanei e tanto meno ai posteri!... Gli uomini hanno da vivere per le loro opere, non per delle lastre di marmo che nessuno poi legge. Su, Germeuil, va a letto. Mi aspetti allora, Coffinard?

Coffinard                      - Sì... Mi riposo un po'. Questa Parigi, come stanca!

Germeuil                       - (sottovoce a Coffinard) Tutte le mattine a quest'ora dieci minuti di passeggiata misteriosa... C'è una donna! C'è una donna!...

Verdinet                        - (andandosene) Ti faccio portare un caffè da Rosa.

Coffinard                      - Entrando mi sono permesso di chie­derglielo...

Verdinet                        - Hai fatto bene. Ora glielo sollecito...

(Verdinet e Germeuil escono).

Coffinard                      - (un po' sbalordito dalle parole di Germeuil) Una donna! Verdinet ha una donna? Alla sua età? Che cosa mi ha detto Germeuil? Una donna a cinquan­tacinque anni! Mi fa pensare male. In realtà, qualche mutamento l'ha fatto! Questi orari, queste abitudini nuove... S'è tagliata la barba! Il segno della saggezza e del sapere! Bisogna che io glielo chieda. (Entra Rosa con un vassoio col caffè. Coffinard, mentre beve) Oh, grazie, Rosa! Ditemi, Rosa, ha una donna il vostro padrone?

Rosa                              - (ingenua) Non sono io?

Coffinard                      - Ma no! Voglio dire se è innamorato?

Rosa                              - (di colpo) Ah! Ho paura anch'io!

Coffinard                      - Dio mio! Da che cosa lo arguite?

Rosa                              - Scrive delle lettere d'amore.

Coffinard                      - Noo!

Rosa                              - L'altra notte è rimasto alzato tardissimo... E s'è addormentato lì (indica la scrivania). Alle due è ve­nuto un telegramma per i signori che stanno qui sotto e il fattorino, gridando, m'ha svegliata. Mi 3ono accorta che c'era la luce accesa, qui. Sono venuta per spegnerla e l'ho trovato addormentato. Di primo colpo avevo preso paura che gli fosse capitato qualche malanno, mi sono avvicinata cauta e l'ho visto che aveva scritto una lettera su una carta vecchia, che cominciava: « Amore mio.  ».

Coffinard                      - (sbalordito) «Amore mio»?!

Rosa                              - La scriveva con una calligrafia diversa dalla sua... Nell'atto che mi sono avvicinata, s'è destato un po' confuso. Il suo primo gesto fu di nascondere quel foglio.

Coffinard                      - Siete sicura? (Ripetendo sbalordito) « Amore mio »!

Rosa                              - Certissima.

Coffinard                      - E chi può essere?

Rosa                              - Mah! Qui non è entrata mai nessuna donna.

Coffinard                      - « Amore mio »! (Riflette) E' un fatto però che cura di più la sua persona.

Rosa                              - Sì... E' vero... E fa della ginnastica.

Coffinard                      - Della ginnastica?

Rosa                              - (facendo dei ridicoli movimenti ginnastici) S'è comperato dei manubri, che so io?, dei pesi... Va al tennis...

Coffinard                      - Ah, questo poi!

Rosa                              - E una sera m'ha detto: «Rosa... Che brutta cosa invecchiare senza una famiglia! Io ho sbagliato! ».

Coffinard                      - Ci siamo! C'è la donna! Ah! Gli intel­lettuali cascano sempre come pere mature, appena toc­cati! Sono gli allocchi più autentici nell'amore! Riceve posta? Lettere di donna?

Rosa                              - No...

Coffinard                      - Già... Oggi gli epistolari amorosi si fanno per telefono... Innamorato a cinquantacinque anni!-. Una forma di rammollimento cerebrale, una varietà di para­lisi... Ma dove può avere incontrato questo amore?

Rosa                              - Una volta l'ho visto fermo in istrada con una bella ragazza.

Coffinard                      - Una ragazza? E chi è?

Rosa                              - Mi pare una studentessa...

Coffinard                      - Una studentessa?.

Rosa                              - L'ha visto uscire? Va per vederla, sa?... Scom­metto la testa...

Coffinard                      - Rosa! Bisogna sorvegliarlo!

Rosa                              - Che cosa devo fare? Non posso mica control­largli le sue azioni! E' padrone di fare quello che vuole. Non vorrà mica che non abbia avuto- in passato delle donnette a prestito... Io non ho mai cercato di saperlo, ma qualche romanzetto l'avrà avuto! Una donna ogni tanto è un sollievo. Sempre è un peso, d'accordo... Ma ogni tanto

Coffinard                      - Non scherzate! Verdinet è in una curva pericolosa. Voi dovete vigilare! Siete al servizio di un uomo di valore! Dovete esserne fiera! Potreste passare alla storia, un giorno che la Francia si accorgerà di lui!

(Suono interno di campanello; Rosa esce. Coffinora, rimasto solo, va presso la scrivania e cerca di scrutare fra le carte. Entra Brissot).

Bmssot                          - Oh! Il signor Coffinard.

Coffinard                      - Oh! Professore! Come va?

Brissot                           - Bene, e voi?

Coffinard                      - A proposito... Devo restituirvi duecento franchi...

Brissot                           - Della lapide? Ma me li avete già dati.

Coffinard                      - Ah, è vero! Scusatemi, sono un po' stor­dito.

Brissot                           - Che avete?

Coffinard                      - Sono preoccupato per Verdinet.

Brissot                           - E' malato?

Coffinard                      - Sta benissimo. Temo che stia troppo bene.

Brissot                           - Perché?

Coffinard                      - Mah! Vi dirò!

Brissot                           - Dov'è, ora?

Coffinabd                     - Non so... Ha detto che torna subito...

Brissot                           - Dovevo chiedergli una cosa prima di licen­ziare queste mie bozze.

Coffinard                      - Ho paura che lo troverete molto distratto.

Brissot                           - Ha fatto anche a voi questa impressione?

Coffinard                      - (prevenendolo) Oh, ecco che finalmente trovo qualche cosa! Avete notato in lui un cambiamento?

Brissot                           - Lo trovo d'una semplicità nuova. Amabile, dolce, buono...

Coffinard                      - Mi hanno detto che va al tennis...

Brissot                           - Al tennis? Lo farà per cura!

Coffinard                      - Un uomo di intelletto non deve curare quell'involucro passeggero che è il corpo. Deve curare lo spirito,

Brissot                           - (ride) E’ vero. Ma i reumi attaccano il corpo e non lo spirito.

Coffinard                      - (sottovoce) Ha un'amante!

Brissot                           - Chi? Verdinet? Siete di buon umore, caro Coffinard!

Coffinard                      - Tutte le mattine s'incontra con una stu­dentessa... In istrada.

Brissot                           - In istrada? S'accontenta di poco...

Coffinard                      - Si comincia sempre così... Scrive delle lettere d'amore!

Brissot                           - A chi?

Coffinard                      - E' quello che bisogna sapere! (Altro tono) A proposito, voi l'avete smessa per sempre con quella Susanna?

Brissot                           - (un attimo di tristezza sul volto) Sì...

Coffinard                      - Vi ha lasciato lei? Era naturalissimo!

Brissot                           - No... Io l'ho lasciata... Ha voluto il suo quarto d'ora della fatua celebrità che dà lo sport.. Cam­pionessa di corsa ad ostacoli.» Figurarsi!...

Coffinard                      - Ma come avete fatto a innamorarvene?

Brissot .                         - Non sapevo niente.

Coffinard                      - La sorte degli uomini da Adamo in poi! Non sapere mai niente! Sempre quell'eterna credulità che per poco non ha fatto Verdinet vittima della vecchia Coquart, quando voleva affibbiargli la paternità di Su­sanna... Se non c'ero io, ci cascava...

Brissot                           - Cosa gli avete detto per trattenerlo?

Coffinard                      - Cosa gli ho detto? Nulla! L'ho fissato col mio sguardo ammonitore!

Brissot                           - Perbacco!

Coffinard                      - Ah! Sarebbe stato comodo per quella vecchia befana! Una paternità come quella di Verdinet a una donna come La Marsigliese che di uomini ne aveva cento! No?

Brissot                           - (annoiato) Coffinard... Quella storia non m'interessa! D'altra parte trovo che avete cattivo gusto a ingiuriare una donna che è morta!... Le donne non si ingiuriano nemmeno da vive... E' un privilegio molte volte usurpato, ma è così...

Coffinard                      - (piccato) Fate della cavalleria fuori po­sto... Scusate! Vi sarebbe piaciuto che avessero affibbiata a Verdinet una simile paternità?

Brissot                           - Ma, caro Coffinard... La cosa, se mai, po­teva spiacere a Verdinet. A me non faceva ne caldo né freddo... Io amo... (correggendosi subito) cioè amavo Su­sanna indipendentemente dalla sua paternità. Susanna non ha conosciuto sua madre... Non ha nemmeno un padre... voglio dire un padre protocollato, ammesso che i padri protocollati siano sempre i veri… E' già tanto un'infeli­cità non avere conosciuto i propri genitori, che le pre­cisazioni acquistano il carattere di una crudeltà... Noi non abbiamo colpa di essere figlio di questo o di quello, di una o di un'altra. Sapete qual è il primo dolore della vita? Il giorno più brutto? Quello in cui qualcuno ci viene a dire che non è vero che siamo stati trovati sotto un cavolo o in un fiore, ma che siamo nati dal cosid­detto amore di un uomo e di una donna... Se mai, una delle cose che mi affezionò a Susanna fu questa sua so­litudine... (Altro tono) A proposito... Sapete se Germeuil sia ancora malato?

Coffinard                      - Sì! Cioè... Sta meglio, ma è in casa. So che ha pregato Verdinet di sostituirlo oggi in Commis­sione...

Brissot                           - Ah! E' ancora malato? (Preso da un'idea) Potrei andarlo a trovare. E' stato molto gentile con me. Sono stato suo ospite a Meudon,

Coffinard                      - (ridendo) Ah, sì? Peggio di Paride che doveva scegliere fra tre Grazie! Invece voi dovevate scegliere fra cinque disgrazie!

Brissot                           - (avviandosi) Se tornasse Verdinet, vogliate dirgli che sono andato di là da Germeuil. (Esce).

Coffinard                      - (si siede sul divano ed estrae dal portafo­glio un foglietto verificando alcune note) Dunque... Sofia Dupin, restituite. Germeuil, restituite. Accard, re­stituite. Brissot, restituite. Mangiron, restituite... (fa dei calcoli). Speriamo che, restituendo loro il denaro, si ri­prendano tutte le maledizioni che mi avranno mandato in cuor loro quando gliel’ho chiesto (continua a con­teggiare).

Verdinet                        - (entrando) Oh, sono qui.

Coffinard                      - (ironico) L'hai vista?

Verdinet                        - (stupito) Chi?

Coffinard                      - La studentessa... (ride beffardo).

Verdinet                        - (un po' turbato, ma dominandosi) Lo sai che cominci a diventarmi noioso?

Coffinard                      - (senza badargli) Mi sai dire perché ti sei tagliata la barba?

Verdinet                        - (allegro) Anche tu? Ma era un monu­mento nazionale, la mia barba, che continuate a preoc­cuparvi della sua demolizione?

Coffinard                      - Tu te la sei tagliata per una donna!

Verdinet                        - Può darsi... Alessandro il Grande aveva ordinato che tutti i suoi soldati fossero rasati per evitare che i nemici li catturassero per la barba... Siccome il nemico naturale dell'uomo è la donna, il mio provvedimento potrebbe uniformarsi alla saggezza del re di Ma­cedonia...

Coffinard                      - Non scherzare così! Non ti ho mai co­nosciuto così leggero!...

Verdinet                        - E io non ti ho mai sentito così pesante!

Coffinard                      - Verdinet! La tua vita è cambiata!

Verdinet                        - Forse...

Coffinard                      - Per una donna! (Aggressivo) A cui scrivi delle lettere d'amore!

Verdinet                        - (sorpreso) Come lo sai?

Coffinard >                   - E' vero, dunque?

Verdinet                        - (dopo un attimo di riflessione) No...

Coffinard                      - Non negarlo!... Certe cose, a negarle, si affermano di più! E questa cura che hai per la tua per­sona? Questa specie di vernice di giovinezza con cui ti vai tingendo? Questi metodi nuovi di vita, che cosa sono? Per chi fai tutto questo? Le sciocchezze si fanno sempre per una donna. Non ci sono che loro a farcele fare al mondo!

Verdinet                        - Coffinard... Tu non puoi capire... (Parlando più a se stesso) Non so nemmeno io «e sia un sogno che e bene che resti un sogno, o se io debba cercare di tra­durlo in una realtà... Mi piacerebbe di sapere che po­trebbe essere vero, che potrebbe essere realtà, ma la­sciarlo così, sospeso, etereo, a colorire dei pensieri, a illuminare certi angoli bui e freddi della vita... Non so se possa essere più bella la verità o l'illusione, la cer­tezza o la fede. Immagina di' avere davanti a te lo spirito di una persona che non è mai esistita, che non hai mai conosciuta, ma che avrebbe potuto essere per te la cosa più cara del mondo... Ebbene... Tu potresti vedere se è spirito o carne, ma potrebbe darsi che per verificare se è carne tu perdessi anche lo spirito, questa specie di vi­sione eterea che è nulla, che sarà nulla, ma che intanto è una luce, un calore, l'unica stella in un gran cielo buio... Mi sono spiegato?

Coffinard                      - Affatto! Non so se potresti essere più ermetico, o più ridicolo! Ecco tutto! Rinuncio a capire! Dimmi la verità... Quella vecchia non è più venuta a tentarti?

Verdinet                        - Quale?

Coffinard                      - Ma sì! Olimpia Coquart... Quella di Beanjeu...

Verdinet                        - No...

Coffinard                      - E neanche la giovane? La campionessa? (Schernendola) Bah! Ha avuto ragione Brissot di la­sciarla! S'è proprio mostrata in quel bel costume suc­cinto per tutta la Francia! L'abbiamo vista persino nei film sportivi! Sorridente, provocante... (A lui, accorgen­dosi che tace e ha gli occhi chiusi) Va là... Non fare lo gnorri... Che l'hai ammirata anche tu! Un mese fa ti ho visto uscire dal cinema di via Lafayette... Non ti ricordi che mi sono meravigliato?

Verdinet                        - Mi ricordo, sì... Non so poi perché tu te ne sia meravigliato, dal momento che se io uscivo, tu entravi... (ride).

Rosa                              - (entra) Professore... c'è di là la signorina Susanna Brossard... Dice se volesse riceverla...

Verdinet                        - (rimane interdetto, ma si supera) Per­bacco! Avanti!

Coffinard                      - (sbalordito) Come?! Ti viene a trovare?

Verdinet                        - (dominando a stento una certa agitazione, gira qua e là).

Rosa                              - (prima di uscire, dice sottovoce a Coffinard) Questa è la ragazza con cui l'ho visto in istrada! (Esce).

Coffinard                      - (osservando impressionato Verdinet) Ti viene a trovare?

Verdinet                        - (piantandoglisi davanti) E che cosa trovi da dire?

Coffinard                      - Io?... Nulla... (di si avvicina) Non sarà mica lei la donna...

Verdinet                        - (gli si spezza in gola un grido, dà un urtane a Coffinard e lo manda a sedersi sul divano, come chi voglia allontanarsi con orrore).

Coffinard                      - (spaventato, si alza ricomponendosi) Ma che ti prende?

Verdinet                        - (non risponde; poi, dolce) Scusa...

Coffinard                      - (arrabbiato) Scusa un corno! Ho ragione di chiederti motivo di' questa tua agitazione che ha, fra l'altro, delle manifestazioni così inurbane e inesplicabili... Chi è quella ragazza? Voglio dire, che cosa è per te? Che vuoi farne?

Verdinet                        - Ma come? Un uomo della mia età non può ricevere una ragazza che potrebbe essere sua figlia?

Coffinard                      - Ma siccome tu non la ricevi con questa supposizione...

Verdinet                        - E se fosse?

Coffinard                      - (sbalordito) Eh?

Verdinet                        - Vattene...

Coffinard                      - (esce come trasognato. Fra se) Che sia impazzito?

Verdinet                        - (rimane per un momento come estasiato, si scuote all'apparire dì Susanna e di colpo le corre incon­tro) Susanna! (Correggendosi) Signorina...

Susanna                         - Professore...

Verdinet                        - Come state? Ma come siete agitata!... Cosa è successo? Accomodatevi... (La fa sedere sul divano e le si siede vicino).

Susanna                         - E' qui Brissot?

Verdinet                        - Ah! Brissot? Già! No!... Non è qui...

Susanna                         - L'ho visto entrare, mezz'ora fa...

Verdinet                        - Ah! Non siete andata in ufficio, stamane?...

Susanna                         - No...

Verdinet                        - Brissot è di là dal professore Germeuil...

Susanna                         - (quasi gridando) Ah!...(Riprendendosi) E' tornata la famiglia del professor Germeuil?

Verdinet                        - No... Volete vederlo? Siete venuta qui per lui, dunque?...

Susanna                         - (quasi nascondendosi in lui) Sì!... Perdonatemi...

Verdinet                        - Aspettate, allora... Avverto Rosa che vada a dirgli di passare da me... (Si alza, esce un momento e poi rientra) Ecco fatto!...

Susanna                         - Se sapeste, professore! Ho chiesto ieri un permesso per stamane al mio capo ufficio...

Verdinet                        - Sante Ferrault.

Susanna                         - Lo conoscete?

Verdinet                        - Sì... E’ padre di un mio allievo. L'asino più puro sangue della scuola... E' venuto da me per rac­comandarmi l'indulgenza,

Susanna                         - E voi?

Verdinet                        - Ci voleva l'indulgenza plenaria, ma l'ho adoperata!

Susanna                         - Ah! (Una pausa). Volevo cercare Brissot... E infatti l'ho visto che entrava qui... Sono corsa per chia­marlo, per fermarlo... Non mi ha sentito o non ha voluto sentirmi... L'ho aspettato... fino adesso... Mi sono fatta forte e sono salita qui... Ricordo la sua gentilezza quando m'incontra... Professore! Mi faccia parlare con Brissot! Vederlo!

Verdinet                        - Siete così infelice dunque senza di lui?

Susanna                         - (reclinando il capo) Sì», gli volevo bene... glie ne voglio! Era tutta la mia vita... La mia speranza futura... Ero così felice! Non credo che voglia vincere fino a vedermi morire! (singhiozza).

Verdinet                        - Morire? A vent'anni?

Susanna                         - Morire, sì! Sì!

Verdinet                        - Povera ragazza... Avete voluto la vostra soddisfazione ed egli ve la fa scontare! Era una sua fissazione, una ossessione! Per lui è stato peggio che se vi avesse vista con un altro uomo...

Susanna                         - Io con un altro uomo? Ah, no! Lui sì, piuttosto, deve avere qualcosa di più forte di questo stupido risentimento antisportivo! Non è possibile abban­donare una ragazza che lo adora per una sciocchezza simile! C'è un'altra! C'è! Ne sono sicura! La figlia del professor Germeuil! Ecco perché è di là! (scoppia in lagrime).

Verdinet                        - Alla figlia di Germeuil non pensa nem­meno per sogno! Ne sono certo! (Accarezzandola con tremore) Ma su.„ Non fate così, figliola... Gli passerà...

Susanna                         - Non voglio perderlo! Sono pentita! Dite­glielo voi! Ditegli che mi ascolti una volta sola! Che si faccia trovare, che risponda alle mie lettere... Possibile che non mi risponda?

Verdinet                        - Davvero è d'una rigidità eccessiva... Io gliel'ho detto...

Susanna                         - (stupita) Gliel'avete detto? Gli avete par­lato di me?

Verdinet                        - Sì, vi ho difesa...

Susanna                         - (senza quasi volerlo gli getta le braccia al collo) Oh! Caro! Grazie!

Verdinet                        - E gliene riparlerò...

Susanna                         - Mio Dio! Egli vi ascolterà! Io lo sento!

Verdinet                        - Sicuro che mi ascolterà. Voglio guarirlo da questa sua fobia... Su... su... Applicheremo la cura antirabbica allo sportofobo! Ma voi non fate così... Non piangete, via! Vi sono tanti modi per tenere attaccati a sé i giovani! E voi non adoperate che le lagrime! Che oggi non valgono più! A vent'anni! Una simile primavera!

Susanna                         - Oh! Vi sono tanti modi di avere venti anni! I miei sono già appassiti!

Verdinet                        - (tentando sempre di sollevarle lo spirito, amorosamente) Eh, appassiti! Di fuori non si vede...

Susanna                         - Io ho bisogno di Brissot!... Speravo di sposarlo presto... L'anno venturo... Me l'aveva detto lui... Io non posso più stare con mia zia... Sapete, la vecchia che avete conosciuto a Beaujeu... quel giorno... Da un po' di tempo non vuol più saperne di me... Ho capito che ha fretta di disfarsi di me...

Verdinet                        - (allarmato) - Disfarsi di voi? E come?

Susanna                         - Disfarsi di me, sì! Vuole che mi sposi, che vada con qualcuno. Ha trovato un uomo, un vec­chio che la sposerebbe, e che deve averle detto: « Bi­sogna che non ci sia quella ragazza, che non è di nes­suno! ». Oh, che brutta cosa non avere nessuno nella vita... Non avere una madre, un padre... Un giorno mi ha detto che avevo ritrovato mio padre...

Verdinet                        - (vivace, di scatto, quasi ansante) Tuo padre, ha detto?

Susanna                         - Ma non era vero... Non era lui... Non esiste, mio padre...

Verdinet                        - Ma cosa ti ha detto per dirti che c'era tuo padre?

Susanna                         - Ogni tanto mi dava questa illusione. Anzi, questa delusione... Mi ci sono abituata!... Ora vuol sposarsi, e padre sì, padre no... vuol mandarmi via-Ora capite che, fin che avevo Brissot, questa cosa m'in­teressava fino ad un certo punto... Brissot riassumeva tutta la mia vita, il suo amore per me cancellava tatto il mio passato, perché era fatto solo di avvenire… Lui era mio padre, era mia madre, era tutto...

Verdinet                        - (trepido) Ma ti ha detto un giorno: quello è tuo padre? T'ha indicato qualcuno? T'ha detto un nome?

Susanna                         - Oh! Il nome che importa? Ho ben capito che sarebbe stato inventato! Non era il padre, era un uomo che prendesse la responsabilità della mia vita.» Ora se Brissot mi sposava, non c'era più bisogno di cercare... E' una cosa così sciocca cercare un padre... Vi pare possibile che un padre, se fosse vivo, se esistesse, non cercherebbe la propria creatura?

Verdinet                        - (commosso, tremante) Oh! Può accadere di cercarsi nel mondo, senza trovarsi... Noi cerchiamo sempre quello che non troviamo... E' il destino dell'uomo... Correre dietro a un'illusione... Il dramma di don Chisciotte è meno comico di quello che si crede. Infine è il vero, l'intimo dramma di ciascuno di noi... Tu sei giovane... Non hai conosciuta la guerra... Non sai che cosa abbia sbandato gli uomini, spezzati gli affetti... La guerra! E' piombata come un'aquila su di un gregge... Le pecore fuggono impaurite, si disperdono, precipitano negli abissi. Poi, quando l'aquila è sparita, quella che si crede uccisa, rapita, portata lontano e divorata, è in fondo ad un precipizio che muore di nostalgia, impossibilitata a risalire, disorientata, che chiama senza che nessuno l'ascolti... (Pausa). Io ho conosciuto un mio amico, un mio collega che era partito per la guerra, e aveva la­sciato la fidanzata con una creatura nel seno, senza poi sapere, senza avere mai potuto sapere se e quando era nata... Era stato ferito, fatto prigioniero, era andato lon­tano, aveva languito per molti mesi in terra straniera, malato, involontariamente dimentico... E tutti lo avevano naturalmente dimenticato... Quando è tornato, la crea­tura era nata, la madre era morta... Tante volte i risorti ci perdono a tornare... Trovano altra gente, altre men­talità, altre coscienze, altre sensibilità... Non capiscono lui e lui non capisce loro... II problema più difficile dopo la guerra è quello di rifare i cuori e le favelle degli uomini. Di tornare ad intendersi... Il vero dramma è per quelli che restano, più ancora che per quelli che se ne sono andati... Così, a quel mio amico, che pure aveva chiesto, cercato, nessuno pensò di dire la verità, nessuno ebbe cura di cercare, di aiutarlo... Anzi... Gli gettarono sul viso una bugia, così, alla leggera... Nessuno gli disse: « Hai un dono sulla terra, cercalo »... no, l'hanno lasciato solo...

Susanna                         - E non l'ha più trovata?

Verdinet                        - Cosa?

Susanna                         - La sua creatura... quel vostro amico?

Verdinet                        - (la fissa senza parlare, poi lentamente) Sì,.. L'ha trovata….

Susanna                         - Oh! Fortunata lei!

Verdinet                        - (c. s.) No... Fortunato lui.

Susanna                         - (commossa) Oh! Come siete buono, voi!..,

Verdinet                        - (colla voce tremante) E sai perché sono stato così buono? Perché io ho conosciuto tua madre.,.

Susanna                         - (colpita) Voi!

Verdeset                       - Sì... Non ti ho raccontato, un giorno che ti ho incontrata che uscivi dall'ufficio, che io avevo ini­ziato a Cormatin il mio insegnamento? Ebbene... Io mi ricordo di tua madre...

Susanna                         - (trepido) Ah! E' vero che era una cattiva donna?

Verdinet                        - (balzando) Chi te l'ha detto?

Susanna                         - La zia! Quando è arrabbiata, tante volte mi dice che mia madre... (si arresta; una pausa; Verdinet ansima). Quando cercava mio padre, un giorno, invipe­rita, cattiva, brutale, mi ha detto: « Come si può sce­gliere fra...».

Veedinet                       - (troncandole violento la frase) Zitta! Tua zia ti ha detto delle indegnità! Io le proibirò di dirtele! Andrò io da lei!

Susanna                         - (con uno slancio di commozione) Oh! Siate benedetto!

Vebdinet                       - No! Tua madre era una brava donna! Buona! Sono gli uomini che dicono che le donne sono cattive, per giustificare i loro istinti, le loro colpe...

Susanna                         - (attaccandosi a lui) Oh, datemi almeno pesta consolazione! Parlatemi di lei, raccontatemi! Che per la prima volta io senta parlare bene di mia madre!

Verdinet                        - Sì... Sì... Lo farò... Verrai a trovarmi e io li racconterò... Io ti riaccenderò questa luce che la cat­tiveria altrui ti ha spenta! E' la cosa più crudele che si possa lare a una giovane... Nemmeno Iddio, che «e la toglie materialmente, ce ne spegne il ricordo dolcissimo...

Susanna                         - Oh! Grazie! Grazie!

Verdinet                        - Poi, quando te l'avrò rimessa nel cuore, rameremo insieme...

Susanna                         - (come illuminata) L'avete amata, voi, mia madre?

Verdinet                        - (le prende il viso fra le mani) Susanna, senti... (In questo momento appare Brissot alla comune. Susanna, attratta dalla vista di Brissot, si alza, per il mo­mento dimentica e sopraffatta dalla sua venuta. Verdinet, disinvolto) Oh! Brissot!

Brissot                           - Buongiorno, professore...

Susanna                         - (con voce tremante) Buongiorno, Brissot,

Brissot                           - Buongiorno... (Entra anche Coffinard, che si mette in fondo sorridendo ironicamente. Brissot, avvi­cinandosi a Susanna) Susanna... Già che ho la fortuna di incontrarvi, o, meglio, l'occasione...

Coffinard                      - La strana occasione...

Brissot                           - ...vorrei pregarvi di risparmiarvi le vostre lettore così inutili e imprudenti... Vi ho' detto che io non sono uomo da tollerare i capricci delle ragazze, le fatuità modernissime... Il mio modo di pensare lo conoscevate benissimo... La prima prova d'amore verso un uomo è di rispettarne le idee... Avete voluto fare di testa vostra, avete avute le soddisfazioni clamorose a cui aspiravate, e ciò vi ha completamente screditata ai miei occhi, vi ha tolta dal mio cuore...

Verdinet                        - (interrompendolo violentemente) E' lungo il discorso?

Brissot                           - (stupito, smontato) Professore! Voi sapete qual rispetto io vi porti e quale devozione... Ma voi non potete capire...

Verdinet                        - (sopraffacendolo) E se fossi tu a non capire?

Coffinabd                     - (ironico) Ah! ah! Ne sei anche l'avvo­cato difensore! (A Susanna) Complimenti, signorina!

Brissot                           - Professore... Della donna del mio cuore l'unico giudice sono io!

Verdinet                        - No! Noi non siamo mai giudici delle per­sone che amiamo... E ti ripeto che sbagli...

Brissot                           - (tenace, per non lasciarsi vincere) Ah! Dun­que vi pare che io avrei potuto sposare, portare a mia madre e a mio padre, in campagna, una ragazza che si fa fotografare in mille guise, quasi nuda, e queste sue fotografie (mostra rabbiosamente dei giornali sportivi illustrati che ha in tasca) sparse pel mondo, in modo che milioni di persone la studiano, la scrutano, la desiderano, la spogliano persino di quel poco che si lascia addosso anche alla ballerinetta dell'ultimo varietà! Ah! No! No! (A Susanna, con ira) Eccovi qui. Nuda si può dire! Vergogna! Guardatevi! Ebbene, vedete? Quello che non posso fare di voi lo faccio con questa turpe vostra im­magine, che avete donato agli obiettivi indiscreti, che avete lasciato moltiplicare per le riviste, offrendola a quel mondo di ebeti e di stolti nel quale siete campio­ne! (strappa i giornali, glieli getta ai piedi).

Verdinet                        - (furioso) Ah! No! In casa mia questo! Mai! Raccogli quei giornali!

Brissot                           - (interdetto) Eh?...

Verdinet                        - (imperioso) Raccogli, ti dico! Ed esci! Asino!

Coffinard                      - (raccoglie luì i giornali e fa per trascinare via Brissot, che rimane senza parole) E' inaudito! A scuola passa gli asini e a casa dà dell'asino ai pro­fessori! E' impazzito! Andiamo, Brissot! (trascina via Brissot).

Verdinet                        - (va vicino a Susanna che è rimasta sul divano singhiozzando e, ritto dietro lei, l’accarezza).

Susanna                         - E ora? E' andato...

Verdinet                        - Tornerà... Lo «poserai... Te lo promet­to... (Le prende ancora il volto fra le mani e vicinissimo a lei, quasi soffiando le parole, dice) Te lo promette... il tuo papà.. (la stringe a sé nascondendole il volto sul suo petto, soffocandole il grido che le prorompe dal cuore).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La stessa scena del secondo atto, con qualche motivo moderno: la radio, il telefono sulla scrivania, dei fiori.

 (All’alzar della tela, Verdinet e Susanna sono seduti sul divano e sfogliano, passandole e leggendole, delle vecchie lettere).

Verdinet                        - Non facciamo confusione... Dammi... Que­sta va qui... (la ripone su di un mucchietto fra quelle che sono sul divano fra loro. Trilla il telefono) Pronti... Verdinet in persona... Ah! Siete voi, Charon... Benissi­mo! Domattina alle nove, ottimamente! Presto per me? Macché!... Ah!... (ride). Già! Perché voi credete che gli intellettuali dormano molto... E' naturale, mangiano poco! Ma non è sempre così... Sì.  Sì... Alle nove saremo là... Buongiorno! (Torna presso Susanna) Domattina Charon porta tutti i mobili nel nostro nuovo alloggio... Giornata di lavoro! La casa nuova!

Susanna                         - Che gioia! Però si stava bene anche qui, sai... Forse queste vecchie mura e questi vecchi mobili avevano una storia per te...

Verdinet                        - Oh, mia cara! Quando si vive soli nem­meno le cose ci diventano amiche... Ci fanno il muso anch'esse... Io non ho qui dentro che dei ricordi di ore grigie, tutte eguali, come i quadrati di un'inferriata di prigione... Allora, vuoi che finiamo?

Susanna                         - Sì, papà... Questa storia mi commuove tanto... Non mi credevo nata da tanta passione...

Verdinet                        - (mostrandole una lettera) Questa me la scrisse quando ebbe la certezza che tu vivevi in lei. Guarda: è segnata con una linea celeste: speranza d'un maschio. E' venuta una femmina. Fa nulla... Meglio, anzi. Si è sciocchi a fare certe distinzioni fisiologiche pei figli... (Prende un'altra lettera) Questa è quella che mi arrivò alla vigilia di quell'attacco di cui ti parlai ieri, descrivendotene tutta la violenza. Vedi? Diciotto agosto millenovecentosedici. Mi arrivò il cinque settembre.

Susanna                         - (guarda la lettera e la legge) « Bosco di Anderlu. Fattoria dell'Hòpital... ».

Verdinet                        - Sul fronte della Somme...

Susanna                         - « Amore mio... Non so se sia questa vita che mi batte nel seno, ma da che ne ho la certezza, ho tanta gioia, mi pare che tu non sia più così lontano da me, mi pare che tu non debba più morire... So che mi vuoi bene... So che non mi dimenticherai, ma ora sento che, più ancora di me, ti chiamerà qui questa nostra creatura. Ho ricevuto la lettera che tu le hai scritto... ».

Verdinet                        - (interrompendola, altro tono) Sai... io le avevo scritto una lettera indirizzandola a te... Cioè... alla creatura che doveva nascere, pregandola di consegnar­gliela, «e io fossi morto, il giorno che fosse in grado di leggerla... Oh! Tu non hai idea come si diventa senti­mentali, laggiù!

Susanna                         - (torna a leggere) « E sei proprio sicuro che debba essere un maschio?».

Verdinet                        - . Io credevo che fosse un maschio... Chissà perché!...

Susanna                         - «E se fosse una femmina? Oh! Non ti vo­glio dare un dispiacere... Ma io ne sarei più contenta... Le figlie restano sempre più nostre... Comunque, sta sicuro, mio bene, che io le insegnerò chi era suo padre... Ma no! Cosa dico? Tu non morrai! Ne sono certa... Ci spo­seremo... Saremo felici... Tu hai più diritto di me ad esserlo! E lo sarai! Non dubitare, tesoro... Io porto fiera questa maternità, anche se, come tu temi, qualcuno mor­mora... Sono padrona di me, è un tuo frutto, è un tale orgoglio, che io lo griderei al mondo... So come mi hai amata, so come mi amerai e come ameremo insieme il nostro Vittorio o la nostra Susanna ».

Verdinet                        - (riprende la lettera) Sai, avevamo già fis­sato il nome... Il tuo lo scelse lei...

Susanna                         - E quando ti diedero per morto, ella lo seppe?

Verdinet                        - Certo! Lo scrisse su quella fotografia... Quella che aveva tua zia...

Susanna                         - Come assomiglia la sua calligrafia a quella di mia zia...

Verdinet                        - Sorelle...

Susanna                         - Ma che triste fatalità! Ella morì credendo che tu l'avessi preceduta!

Verdinet                        - E anch'io fui ingannato a mia volta su te... Fu tutta una congiura degli uomini... Io non ritrovai più nessuno del tempo mio... Dovevo ricostruire la mia vita, riprendere il mio posto... Ricominciare dal pane... Le notizie che raccolsi ebbero delle fatali coincidenze di errori che mi trassero in un fatale inganno... Tu do­vevi essere morta con tua madre, nello stesso momento che ella t'aveva messa al mondo... Ricordo che questo pensiero mi accompagnò per tutta la vita... Io ti strap­pai idealmente da quella morta e ti feci viva in me... Sei cresciuta in me... Spiritualmente... Infine oggi tu non sei che quello spirito che ha preso forma, ma che io avevo in me da tanti anni... (un po' smarrendosi) Ma ora non pensiamoci più. Sei qui. Ci siamo ritrovati. Mi pare un sogno... La fortuna è mia, solo mia...

Susanna                         - No... E’ anche mia.,

Verdinet                        - T'inganni! I figli sono una fortuna per i genitori, assai più grande, assai più nobile, assai più vera di quello che non possono essere i genitori per i figli.

Susanna                         - Credi?

Verdinet                        - Certo! I figli si sposano... Vanno lontani... Noi viviamo finche vivono loro... Ti accorgerai quando avrai dei figli come l'amore pei figli sia un capitale speso senza interessi... (ride).

Susanna                         - (come per vincere un momento di tristezza) E dimmi, papà... Quando tutti ti credevano morto, chissà che feste a rivederti...

Verdinet                        - Oh! Ero un oscuro intellettuale... Un in­tellettuale è sempre meglio perderlo- che trovarlo... E poi, figurati il Governo! Lui che sperava di averne liquidato uno senza nemmeno la pensione agli eredi, s'è trovato a dover tener conto anche degli arretrati!

(Entra Rosa).

Rosa                              - Professore... Fate colazione in casa, oggi?

Verdinet                        - (mette a posto le lettere per riporle, dicendo a Susanna) Per oggi basta, vero? Domani...

Susanna                         - Sì, papà...

Verdinet                        - Dicevi, Rosa?

Rosa i                            - Chiedevo se fanno colazione in casa...

Verdinet                        - Ma no! Né colazione, ne pranzo... Non devi incassare le stoviglie? Domattina verranno gli uo­mini... Noi si va fuori... Ora devo andare un momento al Ministero... Poi torno e si potrebbe andare a Saint-Cloud a mangiarvi qualche cosina, che so io! Vero, Su­sanna? La nostra macchina e via! Guido io! Verrà an­che la zia Maugiron... "Sbrigato i! Ministero, oggi non ho altro!

Susanna                         - Come vuoi, papà!

Rosa                              - In macchina? Guidate voi?!

Verdinet                        - Sì, io!... Perché? Non lo sai che ho com­perato la macchina e che ho imparato a guidare insieme a lei? (indica Susanna).

Rosa                              - Alla vostra età al volante?

Verdinet                        - Che c'entra?

Rosa                              - Io non verrò mai su di una macchina guidata da voi!

Verdinet                        - Oh! Non credere di mortificarmi, sai? Tanto non ti inviterò mai!

Rosa                              - (La macchina! (scrollando il capo) Invece di mettere via i soldi per quando sarà vecchio, cioè più vecchio di oggi, li va a buttare via a comprarsi l'auto­mobile!

Verdinet                        - Chi' ti dà il diritto di interessarti del modo con «ui colloco il mio danaro? E poi, credi tu che la vita sia una sola?

Rosa                              - Oh, no! Ce n'è un'altra di là, per fortuna...

Verdinet                        - Ebbene... Ce n'è un'altra anche di qui... Quella che fabbrichiamo noi, che ammobiliamo noi...

Rosa                              - (scrollando il capo, avviandosi) Voi avete stu­diato troppo, professore! Lo dicevo io che un giorno o l'altro saltava fuori la mattana... E' venuta...

Susanna                         - (ride).

Verdinet                        - Cos'hai da brontolare?

Rosa                              - Perché avevo fatta la spesa... Andrà a male, la roba... Non ci sono più ore in questa casa...

Verdinet                        - Sentila! Le ore! Le cuciture di quella camicia di Nesso che si chiama abitudine! Bisogna strap­parle! Non sai, o disgraziata, che le ore sono le gocce che ci scavano l'avello? Che gusto provi a contarle? (Rosa esce scrollando il capo). Ho piacere di fare una bella pas­seggiata, oggi. Ho lavorato tanto questa notte... Ho ter­minato di correggere le bozze del mio libro. Ora non ho più nemmeno Brissot che mi aiuta. (Come se questo nome gli rammentasse un'ansia obliata) Non s'è più visto...

Susanna                         - (triste) Dal giorno che gli facesti quella scena, tre mesi fa... Ah! Era meglio dargli ragione, la­sciare che si sfogasse!

Verdinet                        - Mi pare che si sia sfogato, per quello!

Susanna                         - Tu dicevi: «Tornerà! ».

Verdinet                        - (impressionato e turbato dalla dolorosa tri­stezza di Susanna, tace. Una pausa) Brissot è stato mandato in Commissione di esami qua e là...

Susanna                         - E' tornato però spesso a Parigi...

Verdinet                        - Come lo sai? L'hai visto?

Susanna                         - Sì...

Verdinet                        - (sorpreso e ansioso) Dove?

Susanna                         - In istrada... L'ho incontrato... Ci siamo parlati... Gli ho detto che non potevo vivere senza di lui...

Verdinet                        - (ripetendo la frase come per caso) « ... sen­za di lui... ».

Susanna                         - (gettandogli le braccia al 'collo) Perdona­mi, papà!...

Verdinet                        - (commosso) Cosa devo perdonarti? Sei tu che devi perdonare me... T'avevo promesso di ricondurtelo... Ho pensato troppo alla mia felicità... Più alla mia che alla tua... Non so ancora essere un vero padre, perché sono troppo egoista... Ebbene, quanto non ho fatto, farò...

Susanna                         - E' inutile... Brissot non ha alcun rancore con me, ma il suo amore per me è finito... Mi ha of­ferto la sua amicizia... E l'amicizia che viene dopo l'amo­re non ne è che l'orazione funebre.

Verdinet                        - Io lo vedrò presto a Cormatin... Vi co­mincia la propaganda elettorale per la mia candidatura al Parlamento... Egli parlerà colà...

Susanna                         - Papà, è inutile, ti dico...

Verdinet                        - Se tu l'ami, non è affatto inutile...

Susanna                         - Guarirò anch'io, come lui... Vedrai...

(Entra Palmira).

Verdinet                        - Oh! Ecco la zia Cariat... (si arresta, si cor­regge) La zia cara... La cara zia...

Susanna                         - Addio, zia...

Palmira                          - Buongiorno, cari... Ah! Lasciate che metta su questo... (allude al cappello e alla mantiglia). Bene­detta la campagna! Dove si cammina anche d'inverno senza tante cianfrusaglie! Questa Parigi com'è brutta! Rumorosa, piena di gente che corre... Ma è possibile che tutti abbiano fretta ad un modo? Che non imparino a prendere le cose a tempo? (Esce a destra).

Susanna                         - Papà... Perché la chiami zia Cariatide?

Verdinet                        - Ah! E' cosi vecchia... (ride). Ma è tanto buona... La conoscerai... (Rientra Palmira). Zia! Oggi vieni con noi a colazione fuori?

Palmira                          - Dove?

Verdinet                        - A Saint-Cloud... In macchina...

Palmira                          - Che macchina?

Verdinet                        - Toh! L'automobile... la mia... Cioè di Su­sanna... La nostra, insomma...

Palmira                          - Dio mio! Ci sarà pure un tram per andare a Saint-Cloud.

Verdinet                        - No.

Palmira                          - Ebbene, mi metterò subito in viaggio a piedi e arriverò per mezzogiorno...

Verdinet                        - (ride) Ma, zia! Bisogna vivere col pro­gresso!

Palmira                          - Ah! Per me è tardi... Ed è l'unico torna­conto della vecchiaia.

Susanna                         - Vuoi un caffè?

Palmira                          - Ecco un'idea sensata, cara! Che i filosofi non hanno...

(Susanna esce).

Verdinet                        - (accorgendosi che Palmira guarda Susanna fino a che è uscita) Perché la guardi così?

Palmira                          - Mah!... Mi fa un certo effetto sentirmi chiamare zia da una nipote così improvvisa... A propo­sito.,. Si può sapere perché mi hai messo un nome nuovo?

Verdinet                        - Un nome nuovo? Che nome?

Palmira                          - Oh! L'ho imparato bene: Cariatide... Me l'ha detto Rosa ieri, quando mi raccontava il tuo ramma­rico per non avere potuto venire quest'anno a Dole... Mi ha detto che continuavi a ripetere: «Povera zia Caria­tide! Chissà cosa penserà! ».

Verdinet                        - (tra se) Che cara, quella Rosa! (Poi a lei) Ma come? Cariatidi erano le giovanette lacedemoni che danzavano per celebrare la festa di Diana Cariatide...

Palmira                          - Non vedo la relazione fra me e delle dan­zatrici...

Verdinet                        - E' un omaggio classico...

Palmira                          - Ah! Be', accettiamolo... Cosa vuol dire avere un nipote genio!

Verdinet                        - (abbracciandola) Cara zia!

Palmira                          - Cara zia! Ma intanto fai dei figlioli senza che io lo sappia e me li nascondi per vent'anni!

Verdinet                        - Ma se non sapevo nemmeno io di averla!

Palmira                          - Ma da quando in qua si mettono al mondo i figlioli senza saperlo? Via! Via! Cosa c'è sotto, qui?

Verdinet                        - (stupito) Ma nulla... Ho avuto un amore quand'ero a Cormatin. E questo amore ha fruttato una bimba... (La mamma è morta... Io non lo sapevo, perché ti ricordi bene che sono stato prigioniero... E poi...

Palmira                          - E poi che cosa?

Verdinet                        - Ma via, zia! Non te l'ho raccontata la storia?

Palmira                          - E' ben perché l'ho presa per una storia, che vorrei sapere la verità.

Verdinet                        - Vuoi leggere le lettere che mi scriveva?

Palmira                          - Ma va là!... La so, la storia delle lettere!... Te le sei scritte adesso e le hai messe ad ingiallire al sole...

Verdinet                        - (addolorato) Ma chi ti ha detto una si­mile cosa?

Palmira                          - Hai inventato un romanzo!

Verdinet                        - Non è vero!

Palmira                          - Non c'è nulla di male... Hai nobilitato la figura di una madre a una figlia... Una buona azione... Ma a me non hai bisogno di nobilitare quella... quella... come sì chiamava?

Verdinet                        - Concetta Brossard.

Palmira                          - La Marsigliese... La lavandaia...

Verdinet                        - Chi t'ha detto questo?

Palmira                          - Non arrabbiarti! Chi me l'ha detto! Lo sanno tutti... Ieri sera me l'ha ripetuto quel tuo collega Ger... Geu.... Quello che sta qui sul pianerottolo.

Verdinet                        - Germeuil?

Palmira                          - Sì... Germeuil... Sarà Germeuil.. Per me i nomi sono tutti eguali...

Verdinet                        - Come hai parlato con Germeuil, tu?

Palmira                          - Se vuoi saperlo, m'ha fermata lui qui da basso, ieri sera...

Verdinet                        - Ha osato?

Palmira                          - Che osato? Non sono mica una dama da conquistare, io! Mi ha incontrato e mi ha detto: «Lei è la zia di Verdinet... Ah!...». E m'ha parlato della tua pretesa figliola, come diceva lui...

Verdinet                        -  (interrompendola) Germeuil è un im­becille.

Palmira                          - A me importa poco... Importerà al Go­verno che lo paga perché insegni...

(Susanna rientra col caffè).

Susanna                         - Ecce, zia... Te l'ho fatto io...

Palmira                          - Grazie, cara... (lo'sorseggia).

Susanna                         - Buono?

Palmira                          - Eccellente!

(Susanna si avvia per uscire a destra).

Verdinet                        - Dove vai?

Susanna                         - Un momento in camera mia... (Esce a destra).

Verdinet                        - Germeuil, capisci, ha cinque figlie, e vo­leva darne una, la prima, a Brissot. E poiché Brissot, almeno io spero, non se ne dà per inteso, egli pensa che sia stata Susanna a tenerlo avvinto a lei, mentre non è vero! E così si vendica diffamando ignobilmente la madre di Susanna!

Palmira                          - Ti faccio osservare che non si diffama una donna dicendo che fa la lavandaia.,. E' un mestiere come un altro... E poi non si tratta di questo... Si tratta... Dio mio... Comprendimi, figliolo benedetto! Tu mi scrivi che hai questa figliola... Non vieni a Dole... Non go niente... Mi esprimi il desiderio che io la conosca... Ho creduto di farti una cosa gradita a venire.

Verdinet                        - Me l'hai fatta di sicuro!

Palmira                          - E volevi che io non chiedessi o che non desiderassi sapere qualcosa di più di quello che vai di­cendo agli altri? Io pensavo a delle cose, che so io?... più romanzesche, se vuoi, o magari anche più... sporche!

Verdinet                        - Come sarebbe a dire?

Palmira                          - In città ne fate di tutti i colori, voialtri! I figlioli o non li fate o li fate in una certa maniera! Un po' per volta... Io credevo che tu avessi relazione con una donna sposata, che fosse venuta avanti questa ragazza che il marito doveva credere sua, e che, morto il padre, morta la madre, tu hai potuto tenerti... No? Non è più sem­plice?

Verdinet                        - La chiami semplice una cosa simile?

Palmira                          - No... Non la chiamo semplice... La chiamo cittadina... Siete voi della città, ripeto, che queste cose le riducete a semplici.

Verdinet                        -  Ma no! No! No! Ti dico e ti ripeto che Su­sanna io l'ho avuta da Concetta Brossard, che io ho amato tanto, tanto... .

 Palmira                         - Tanto da dimenticarti persino di chiederle se alle volte le era rimasto attaccato un figliolo... (sospi­rando) Eh! Gli uomini d'oggi non avvicinano le donne per avere dei figlioli... Purtroppo è l'ultima cosa che cer­cano... La considerano una disgrazia, questi indegni! Oh! Le so, sai, queste cose, anche se sono nata settant'anni fa, e se per grazia di Dio, vivo lontana da Parigi! Gli è per questo che le poche volte che ci arrivo, la terza in vita mia, la prima cosa che faccio è d'andare in chiesa a chie­dere perdono al Signore!

Verdinet                        - Invece l'ho amata, e Susanna lo sa.

Palmira                          - L'ha saputo un po' tardi, la poverina, se è vero...

Verdinet                        - Senti: tu hai parlato con Coffinard, che ti ha scaldato la testa!

Palmira                          - Coffinard? Sì... E' venuto a Dole, ma per restituirmi le trecento lire che gli avevo versato per la famosa lapide..

Verdinet                        - (incredulo) E si fa un viaggio per resti­tuire trecento lire?

Palmira                          - Io sono d'opinione di sì.

Verdinet                        - Coffinard ostacola questa mia gioia...

Palmira                          - Mi pare che non sia il solo.

Verdinet                        - Specialmente se ti ci metti anche tu.

Palmira                          - Io? Non ho nessun interesse, io, a contra­riarti... Dico solo... Sei sicuro che sia tua?

Verdinet                        -  Sì! Se non fosse altro perché l'ho creata col mio spirito.

Palmira                          - (sbalordita) Allora non parlo più... Io di fi­glioli ne ho fatti undici, sei col primo marito e cinque col secondo... E ti assicuro che lo spirito i miei mariti non l'hanno mai adoperato... (Osservandolo) No... no... Ti pre­go, caro... Non alterarti, che non è proprio il caso... Io ti volevo solo aprire gli occhi. Voialtri che studiate siete così facili all'imbroglio, alla suggestione... Ma una volta che ti offendi...

Verdinet                        -  Non mi offendo... Mi addoloro... Capisco Coffinard, che è un pedante, capisco Germeuil, che è un danneggiato, capisco la portinaia, la donnetta, l'egoista che non ha saputo vivere che per se stesso... Ma tu!

Palmira                          - Io? Io sono un'anticaglia... Non meriterò quell'omaggio classico che tu m'hai fatto con quel nome, ma ho del buon senso... Se tu sei sicuro, non ne parliamo più... Senti: sono qui da due giorni ed è la seconda volta che ne parliamo... Una peggio dell'altra. Ti giuro che è l'ultima...

Verdinet                        - (con amorevolezza) Senti, zia... (l'accarezza) Io non ho avuto che te nella vita. Mi hai sempre voluto bene. Bisogna che tu continui a volermene.

Palmira                          - (vinta e affettuosa) Ma sì, caro... Dimmi cosa posso fare per te...

Verdinet                        - Senti... Susanna è innamorata ancora di Brissot... Molto... Temo che soffra... L'ho capito ora... Bi­sogna tentare di distrarla... Cercare che non ci pensi... Io provvedere a parlare a Brissot... Sai che cosa si potrebbe fare? Siccome io, fra giorni, sarò impegnatissimo per la campagna elettorale, tu dovresti convincerla ad accompa­gnarti a Dole... Tenerla là un po' di giorni...

Palmira                          - E' un'idea... Ma non è una ricetta per quei mali lì.

Verdinet                        - Cominciamo così... Poi vedremo... Mi aiu­terai anche tu. Farai ciò che ti dirò... (Guarda l'ora) Sono aspettato al Ministero... E' tardi... (Va alla porta di destra) Susanna!

Susanna                         - (appare) Cosa vuoi, papà?

Verdinet                        - Ecco... Vado al Ministero, come t'ho' detto prima... Ma torno presto. Restiamo intesi per la cola­zione, eh?

Susanna                         - Sì, papà!

Verdinet                        - (la fissa, l'accarezza e la bacia) Fai com­pagnia tu alla zia.

Susanna                         - Sì... Arrivederci, papà!

(Verdinet esce).

Palmiha                         - Oh! Vieni qui, figliola mia... Ho una pro­posta da farti...

Susanna                         - A me?

Palmira                          - Sì... Dovresti. venire a Dole con me... Qualche po'...

Susanna                         - A far che?

Palmira                          - Toh! In campagna... a riposarti...

Susanna                         - A riposarmi? Se non lavoro più...

Palmira                          - Che c'entra? Per lo più sono ben quelli che non lavorano che vanno in campagna a riposarsi! Cambiar aria... Sei un po' sofferente... Almeno tuo padre dice così...

Susanna                         - No... Sto tanto bene qui...

Palmira                          - Starai bene anche da me... Ho una bella fattoria, vi sono molte più bestie che uomini, il che, ti assicuro, dopo tutto non guasta...

Susanna                         - Papà ha bisogno di me.

Palmira                          - No. Egli ha bisogno di vederti felice.. Teme che tu sia innamorata di quel Brissot.

Susanna                         - Gli ho già detto che non guarirò...

Palmira                          - L'amore guarisce solo col matrimonio. (Pausa). Ma, infine, si può sapere perché vi siete lasciati?

Susanna                         - (sospirando) Oh! E’ una storia lunga!

Palmira                          - Allora ti prego di risparmiarla.

Susanna                         - Per via della passione sportiva e della mia ostinazione a partecipare al campionato nazionale. Ha detto: « Tu non avrai fatto nulla di male, ma hai denunciato un carattere ribelle, ed io non voglio mogli che disubbidiscano ».

Palmira                          - Ma è un ingenuo di tre cotte! Cerca una moglie ubbidiente? Non la troverà, girasse non tutta la terra, ma tutti i pianeti se sono abitati!

Susanna                         - Mi ha detto: «Siamo fatti per essere due buoni amici, non marito e moglie ».

Palmira                          - Amici di che genere?

Susanna                         - Amici... all'antica... Vedi? Se mi odiasse, ancora avrei speranza, ma l'amicizia! L'amicizia fra un uomo e una donna non esiste.

Palmira                          - Quando sono giovani, è vero! Ebbene... Posso fare qualche cosa per te?

Susanna                         - Cosa vuoi fare?

Palmira                          - Non so...

Susanna                         - (aprendosi con l'animo) Tutta la felicità che ho avuto, trovando un padre, ed averlo buono, affet­tuoso, celebre, onorato, e passare ad una vita di como­dità e di agi, mi è stata turbata da questo destino!

Palmira                          - Senti: se è un uomo così pedante, se non era questa, era un'altra occasione! Non mi sembri fatta per un professore!... I professori sono sempre dei teo­rici. Finiscono per annoiare! (Entra Rosa).

Rosa                              - C'è il professor Brissot. Chiede se è venuto il signor Coffinard, col quale ha un appuntamento qui...

Susanna                         - (emozionata) Io vado di là.

Palmira                          - (A Rosa) Fallo passare. (Rosa esce. Palmira, a Susanna) Vai pure, cara... Gli parlo subito io. Se credi, posso anche insolentirlo... E' una soddisfazione per un'analfabeta insolentire un sapiente... (Susanna esce rapida a destra. Brissot entra e s'inchina a Palmira). Ah, voi siete il professor Brissot? Ho molto piacere di conoscervi. Io sono Palmira Maugiron, la zia di Verdinet... La zia Cariatide... Di Dole... Non vi ha mai parlato della zia Cariatide?

Brissot                           - (sconcertato) No... (Avvicinandosi a lei) Sono onorato...

Palmira                          - Figuratevi io!... Sedetevi. Verdinet è al Ministero, ma viene subito.

Bbissot                          - Lo so che è al Ministero... E so anche perché vi è stato chiamato. Avevo un appuntamento qui col signor Coffinard.

Palmira                          - Aspettatelo con me, se non vi dispiace. Vi devo giusto parlare.

Brissot                           - A me?

Palmira                          - Già... Di Susanna.

Brissot                           - Ah! Signora! Bisogna mettere a posto delle cose più gravi prima.

Palmira                          - Prima? E dopo?

Brissot                           - Dopo che cosa?

Palmira                          - Dopo bisognerà mettere a posto anche lei... Non si può lasciare una ragazza così, per un ca­priccio ostinato come il vostro!

Brissot                           - (stupito) Ma, signora!

Palmira                          - (senza badargli) i La poverina non ha amato che voi... E' un gran dono, sapete, una ragazza che sa amare un uomo solo, oggi, e a Parigi!...

Brissot                           - Scusate, signora. Ne parleremo dopo.

Palmira                          - Dopo che cosa? Con me non potete par­lare della candidatura di mio nipote... Non m'interessa affatto. Deputato più o deputato meno, per me sono tutti inutili ad un modo... Quindi, parliamo di Susanna.

Brissot                           - Sentite, signora. Se io sono venuto qui per trovarmi con Coffinard, a quest'ora, Pilo fatto ap­punto perché sapevo che Verdinet non c'era. Anzi, ab­biamo bisogno anche di voi... Per avervi dalla nostra.

Palmira                          - Cos'è?... Una congiura?

Brissot                           - Non si tratta di una congiura... Si tratta della campagna elettorale. Verdinet si è lasciato portare, e nessuno può essere più felice di me. Ma ora abbiamo saputo che i suoi avversari faranno della paternità il perno di una campagna elettorale pericolosa... Essi pre­tendono di aver trovato la vera paternità di Susanna, che sarebbe, secondo loro, figlia di un uomo sposato, il quale ebbe relazione con la madre di lei, e che non la riconobbe figlia perché non lo poteva...

Palmira                          - Gli imboscati dell'amore! I falsari! Sa­pete che cosa vuol dire mettere al mondo un figlio quando non si può dargli il nome? Vuol dire fabbri­care dei biglietti falsi...

Brissot                           - Comunque, questa paternità verrà sfrut­tata come l'unica macchia della sua vita integerrima... E' stupido esporsi a ciò! Dobbiamo quindi avvertirlo di quello che si trama contro di lui, e persuaderlo, aiutarlo anzi, alla difensiva. A Susanna penseremo...

Palmira                          - Vi preme dunque più la candidatura di mio nipote che la felicità di quella ragazza?

Brissot                           - Se io mi preoccupo di evitare degli at­tacchi, potrei anche farlo perché questi attacchi met­teranno anche quella figliola alla berlina.

Palmira                          - Ora cominciamo a ragionare! (Entra Cof­finard. Palmiro, a parte, contrariata) Non poteva aspet­tare ancora un poco?

Coffinard                      - Buongiorno, signora... Addio, Brissot! Non è ancora tornato, eh?

Palmira                          - No... Accomodatevi, congiurato!

Coffinard                      - (a Brissot) Avete accennato alla signora di che si tratta?

Palmira                          - Sì, caro vecchio... Ma potete rinunciare alla mia collaborazione... Io non posso fare nulla, e credo anzi che non ci sia nulla da fare...

Coffinard                      - Nulla da fare? Ma come? Io non so quante volte gli abbia detto che questa paternità, de­nunciata in un modo così clamoroso e ingenuo a un tempo, l'avrebbe esposto al ridicolo!

Palmira                          - Tutti al mondo abbiamo qualche cosa per far ridere gli altri... E' uno dei conforti reciproci dell'umana convivenza...

Coffinard                      - Al Ministero, capite, lo hanno chiamato per chiedergli di rinunciare a questa paternità, o almeno alle sue manifestazioni pubbliche... Ora bisogna persua­dere Verdinet a non fare colpi di testa... Bisogna aprirgli gli occhi, farlo ragionare... Egli non vede, capite? Egli è come uno che abbia il sole negli occhi... E' abbagliato. Non distingue. Bisogna alzare fra lui e Susanna lo scher­mo della verità... Dirgli liberamente ciò che ancora ignora o vuole ignorare. Il padre di Susanna è, secondo i suoi avversari, Alberto Brignac... Sarà una supposizione, una invenzione maligna se volete, ma è un'arma... Leggerete, col costume che purtroppo abbiamo in Francia, ciò che stamperanno i giornali. (Con spavento) Il ridicolo! Il ridicolo su di un uomo come lui!...

Palmira                          - E non si può impedirlo?

Coffinard                      - Con la libertà di stampa?

Palmira                          - Ma che razza di libertà è quella che ammazza la gente moralmente?

(Entra Verdinet).

Verdinet                        - Oh! Eccomi! Ma guarda quanta gente! Coffinard! (Stupito e felice) Anche tu, Brissot? Come ti rivedo volentieri! Ah! Tu m'hai abbandonato!... (lo abbraccia). Perché? Che cosa ti ho fatto? Per quello che ti ho detto quel giorno? Lo sai che sono stato il tuo maestro, che lo sono, e che potrei essere anche tuo padre?

Brissot                           - Professore... Sono stato assente... Lontano da Parigi...

Verdinet                        - Ma quante volte vi sei tornato? Di' un po'? Sentiamo...

Coffinard                      - Lascia perdere, Verdinet... Ho da dirti delle cose importanti.

Verdinet                        - (ridendo) Tu hai sempre delle cose im­portanti da dire... Il bello si è che poi si tratta sempre di cose importanti solo per te... Sentiamo... E Susanna dov'è?

Palmira                          - E' di là, caro... lasciala...

Verdinet                        - (a Brissot) L'hai vista, tu?

Brissot                           - No...

Verdinet                        - (trepido) Non vuoi salutarla?

Brissot                           - (incerto) Più tardi...

Coffinard                      - Scusa, Verdinet... Siamo venuti apposta tutti e due per parlarti... Ascoltaci... Mettiti a sedere-Si può sapere perché sei così allegro?

Verdinet                        - M'hanno messo di buon umore al Mini­stero! (ride).

Coffinard                      - Ah, sì?

Verdinet                        - E credo di capire che voi siete venuti per continuare a tenermi di buon umore...

Coffinard                      - Ti hanno dunque detto che cosa faranno i tuoi avversari?

Verdinet i                      - Si...

Coffinard                      - E che cosa hai detto?

Verdinet                        - Nulla... Ho riso.

Coffinard                      - Ah! La prendi allegramente? Ti accor-gerai!

Verdinet                        - Sì... Ho riso!... Ma vedrete come ride­ranno gli avversari quando sapranno quello che ho fatto io...

Coffinard                      - Cosa hai fatto?

Verdinet                        - Cosa ho fatto? Ho rinunciato a essere portato deputalo...

Brissot                           - Eh?!

Coffinard                      - (sbalordito) Hai rinunciato? Sei matto?

Verdinet                        - Sì... Ho rinunciato... Potete andarvene e lasciarmi tranquillo e felice come sono... Ah! Io do­vrei discutere la mia paternità?

Coffinard                      - Come, discutere? Se essa è...

Verdinet                        - (troncandogli violentemente la parola) Sì! Lo so cosa vuoi dirmi!... Lo so... Ma non mi im­porta di nulla! Sai cosa faccio? Mi prendo Susanna e me la porto in Italia... Per un anno... Per due... Per sempre! A me basta lei...

Coffinard                      - Ma, scusa... Siamo pratici... Che bisogno avevi tu di fare questa esibizione pubblica, quasi na­zionale, di Susanna? Non te l'ho ripetuto mille volte? Non potevi aiutarla, proteggerla alla lontana, provve­dere magari a lei, amarla anche, se vuoi, ma conservare intatta la tua vita di studioso, di uomo serio, stimato, ammirato qual eri? .

Verdinet                        - E tutto questo, scusa, in omaggio a chi?

Palmira                          - Al mondo... Alla società...

Verdinet                        - Ma io l'ho fatto per me. Del mondo e della società non me ne importa! Mi sono trasformato, là vita mi ha dato una nuova primavera, la gioia di sentimenti nuovi, che ignoravo, una felicità intima, un sapore di poesia, di bellezza... Io ho cominciato a voler bene a tutti dacché ho lei, a non sentire più quel senso di soffocamento che dà la vita grigia... Non so spiegarmi e non lo spiego perché tanto è inutile... Nessuno capi­rebbe.

Brissot                           - Professore... Una suggestione può essere anche utile, benefica... Anzi, io non nego che vi sia aperta la via della politica appunto per questa vostra trasformazione. Nessuno più contento di noi che voi andiate al Parlamento. Una testa come la vostra può arrivare al Governo...

Palmira                          - E ce n'è bisogno di teste piene, là!...

Brissot                           - Ma se questo ritrovamento vi ha spinto su di un sentiero nuovo, non potevate e non potreste sfruttarlo senza il romanticismo della figlia ritrovata?

Palmira                          - Certo... Perché, o è tua, e allora fai la brutta figura di un padre che ha abbandonato per venti anni una creatura... O non lo è, e allora fai quella del babbeo che crede alla prima panzana che gli danno ad intendere.

Verdinet                        - Ma vi ripeto che Susanna è mia figlia, e che io la tengo per me perché serve a me, alla mia gioia, e nessuno può giudicare se una gioia valga o meno di essere goduta da un altro. (A Cojfinard) Da mesi e mesi tu e tutti vi ostinate a richiamarmi alla realtà, una realtà che non coincide colla mia, e che vorrebbe farmi chinare il capo su dei registri, su dei documenti, su delle date, su quell'algebra dello Stato Civile, dove vi sono più incognite che nelle equazioni di sesto, di settimo grado! E insolubili! Il povero Germeuil, che è professore di matematica, non saprebbe risolvere il mistero delle sue cinque figlie se si dovesse ascoltare il mondo, proprio quel mondo al quale io dovrei, secondo voi, fare olocausto della mia gioia! Niente affatto! Concetta Brossard è esistita... Sarà stata tutto quello che volete, ma io l'ho amata con quella bellezza indimenticabile, con quel fervore irragione­vole, insensato ma stupendo della giovinezza che non torna! (Verso Coffinard) La pagina a colori della vita, come l'hai chiamata tu... Ella mi ha portato qualcosa di quell'amore lontano che fu l'unico della mia vita, della mia povera vita! Ebbene, io l'ho ripresa, mi sono inghirlandato di quell'amore i miei capelli bianchi, quei capelli che mi si sono imbiancati entro il freddo tempio della scienza, davanti a degli idoli muti, a delle ma­donne senza sorriso. Lo so... Lo so che si possono cer­care o produrre delle prove... Ma cosa può una prova contro un sogno? Una realtà contro un'illusione? Io voglio il mio romanzo... La vita, miei cari, non è che una ininterrotta capacità di sogno... E la felicità bisogna sapersela fabbricare, inventare, rubarla anche, dove vuoi... Allora è nostra, solo nostra, perché nata da noi... La felicità non te la fanno mai gli nomini! Vedi? La scienza, anche scongiurata da mille uomini, è incapace di dare una prova d'una paternità... Essa è una squal­lida indagatrice, che ti offre delle formule, delle alchi­mie... Ti dà del calcolo per spiegare questo grande e divino mistero che è la creazione... Ti aiuta in giuoco banale... La nascita, allo Stato Civile! Bah! (ride). Si spostano le date, si confondono le carte, si può barare, infine! Infine si crede! Si dà alla vita una propria emo­zione amorosa... Ci si appropria di questa gioia, credere, di questo conforto, credere! La verità non è che vo­lontà di credere... Perché volete sostituire la certezza alla fede? C'è una paternità carnale e ce n'è una spi­rituale... La prima è la certezza, ma è delle bestie, la seconda è la fede, ed è degli uomini!... (Pausa). Del resto, se io rinuncio, non è perché io abbia paura... Gli è perché non voglio che si parli di lei, che ella venga discussa... I miei avversari? Ma io li avrei travolti! Volete sentire? (Come se parlasse in un comizio) « In tempi in cui gli uomini respingono i figli se non sono bollati e controllati da un ufficio di Stato Civile, que­st'uomo, nonostante le insinuazioni, le malignità, i miasmi del pettegolezzo volgare, ha creato ed esaltato una paternità esemplare!». (Tono) Oppure: «Mentre alla sua età gli uomini, gli stessi padri di famiglia, cor­rono dietro alle amanti acerbe per ravvivare le ultime scintille dei sensi fra le ceneri degli anni, egli corre dietro a una figlia, insegnando che la paternità non è un peso, ma un conforto! » (Pausa). Ah! Coffinard! Ti ricordi quel giorno che l'ho chiamata nell'alberghetto di Beaujen? (Chiamando come quel giorno) «Susanna! Susanna!». Quello che ho provato in quel giorno è stato così nuovo, così dolce, così inatteso, che ebbe del miracolo! Non ho più potuto farne a meno... La feli­cità nella vita, mio caro, sta nel chiamare un nome, anche se dietro a quel nome c'è un sogno...

Susanna                         - (entrando di corsa) Papà! Papà! M'hai chiamata?

Brissot                           - (la guarda emozionato).

Verdinet                        - (prendendola fra le braccia e stringendola) Vedi? E' venuta... E io non volevo chiamarla... E' venuta qui dove si voleva uccidermela...

Coffinabd                     - (vinto) Perdonami... Hai ragione tu... Ti giuro che ti saprò difendere!

Brissot                           - Professore... Non rinunciate alla candida­tura, vi prego!... Affrontate la battaglia... Nessuno oserà attaccare la signora Brissot! (Prende Susanna dalle braccia di Verdinet e la attira a se).

Susanna                         - Papà! Ah!

Verdinet                        - (sbalordito ma felice) Cosa? La signora Brissot?

Brissot                           - Sì... Vi domando la mano di vostra figlia.

Palmira                          - Che il Cielo lo benedica! E la chiamava campagna elettorale!

Verdinet                        - (emozionato, cercando nell'allegrezza di su­perarsi) Ma come? Io mi batto a questo modo per tenermela, e tu me la porti via? !

Palmira                          - Mio caro... Lasciagliela! Questa non è una sottrazione! E' una moltiplicazione!...

FINE