Il sommo poeta

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IL SOMMO POETA

IL SOMMO POETA

COMMEDIA IN TRE ATTI E UN QUADRO

DI

ALDO CIRRI

Commedia finalista alla 49° edizione del premio “Vallecorsi per il teatro”

DANTE ALIGHIERI                       - Il sommo poeta                    - anni 24

EGISTO ALIGHIERI                      - Fratello del sommo poeta    - anni 35

ALIGHIERO ALIGHIERI              - Padre del sommo poeta       - anni 65

GAETANA ALIGHIERI                 - Sorella del sommo poeta      - anni 25

LAPA CIALUFFI                            - Matrigna del sommo poeta - anni 45

GUIDO CAVALCANTI                 - Amico del sommo poeta      - anni 34

LAPO GIANNI                                - Amico del sommo poeta      - anni 28

BEATRICE PORTINARI                - Amante del sommo poeta    - anni 23

MADONNA VANNA                     - Donna di Guido                   - anni 23

MADONNA LAGIA                                   - Donna di Lapo                     - anni 23

BRUNELLO DA MONTALCINO - Un vicino del Sommo poeta- anni 70

GIACOMO LEOPARDI                 - Grande poeta                       - anni 20

EPIFANIO LEOPARDI                  - Fratello del grande poeta     - anni 35

SILVIA TERESA FATTORINI      - Amichetta del grande poeta - anni 18

L’azione del primi tre atti si svolge a Firenze nel 1289.

L’azione del quadro finale si svolge a Recanati nel 1818.

Nota : ovviamente solo Egisto, Epifanio e Brunello sono personaggi di fantasia,

gli altri sono tutti realmente esistiti. Alighiero Alighieri, secondo i

documenti dell’epoca, risultava già morto nel 1283, per cui mi scuseranno

gli storici se in questa commedia mi permetto di farlo vivere un po’ di più.


PRIMO ATTO

SCENA

Casa di Alighiero Alighieri. Il salone-studio. Parete di fondo : al centro una grande porta-finestra che dà su di un balcone di cui si vede la balaustra a colonnini e sullo sfondo il panorama dell’Arno con Ponte Vecchio. Ai lati della porta-finestra due mobili bassi su cui sono posati dei candelieri. Parete di DX : sulla sinistra un ingresso da cui parte un corridoio che va alle camere, sulla destra una grande libreria stracolma di libri. Parete di SX : sulla sinistra un grande camino, sulla destra un ingresso da cui si intravede la balaustra di legno di una scala che scende ai piani bassi della casa. Parallelamente alla parete di DX un lungo  tavolo pieno di libri e pergamene, due candelieri e un busto di marmo raffigurante Virgilio, sul lato del tavolo dalla parte della libreria, un’imponente sedia da studio, imbottita con schienale alto. Vicino al camino un tavolo tondo più piccolo con intorno alcune sedie e sopra alcune stoffe e una cassetta per lavori di cucito. Oggetti e arredi d’epoca alle pareti e sopra i mobili. Prima dell’apertura del sipario in scena apparirà per un attimo la scritta

 “FIRENZE  1289”

NOTA - Alcune parole delle liriche di Dante, trascritte in questa commedia (cercando di non rovinare la metrica del verso) sono state da me sostituite con sinonimi. Ho fatto questo con l’onesto intento di una più facile comprensione delle rime dantesche da parte dello spettatore, con la speranza che Macchiavelli, De Sanctis e qualcun altro non si rivoltino nella tomba.

SIPARIO

SCENA PRIMA

Estate. Notte fonda. I battenti della porta-finestra sono spalancati, si intravede qualche luce della città e sullo sfondo un cielo limpido e stellato. Si sente in lontananza il canto di un menestrello che fa una serenata accompagnandosi con un liuto. La stanza è in penombra. In scena c’è solo Egisto, si tratta di un tipo tarchiato, bassotto, col naso aquilino, dall’aspetto insignificante, è vestito alla “Dante” (come siamo abituati a vedere il poeta nell’iconografia classica : con la veste rossa), ma l’aspetto generale è di una notevole goffaggine. Egisto è seduto al tavolo e, alla luce di uno solo dei candelieri, sta scrivendo lentamente con una penna d’oca su di un foglio di pergamena. Ogni tanto si ferma ad ascoltare incantato il menestrello, poi riprende il suo lavoro. Sul tavolo, oltre ai libri, ci sono numerosi fogli già scritti. La scena prosegue per qualche minuto, poi in lontananza si sente arrivare un vociare allegro di canti e risa di un gruppo di giovani. Egisto, un po’ allarmato, alza la testa dal suo lavoro, velocemente si alza, va sul balcone e si affaccia. Nel frattempo il vociare si è fatto più vicino. Si sente aprire e chiudere una porta fuori scena. Egisto rientra dal balcone e si affaccia, piuttosto agitato, all’ingresso di sinistra che viene illuminato da un chiarore, si capisce che il gruppo dei giovani è entrato e ridendo e parlando sta salendo le scale. Egisto si volta e guarda con trepidazione l’ingresso al corridoio delle stanze da letto, poi si rivolge di nuovo al gruppo che sta salendo. Il canto del menestrello sfuma in lontananza.

                EGISTO - Shhhh ! Fate silenzio, volete svegliare tutta la casa ?

Il vociare si quieta di colpo.

                DANTE - (entrando con una lanterna accesa in mano) O Egisto, o icché tu fai a quest’ora in piedi ?

Dante è un bel ragazzo, alto, aitante ed elegante. Entrando da SX attacca la lanterna ad un sostegno nel muro. Di seguito entrano Lapo e Guido i due amici di bagordi di Dante successivamente Vanna e Lagia. Insomma un gruppo di bei ragazzi e belle ragazze allegri e rumorosi. Si capisce subito che sono reduci da una baldoria.

                EGISTO - Vi volete chetare !

Il gruppetto entra e dilaga per la stanza curiosando dovunque. Egisto si guarda attorno preoccupandosi di tenerli  tutti sotto controllo, ma è un’impresa disperata.

                VANNA - (affacciandosi al balcone) Lagia, vieni a vedere che vista !

Lagia accorre.

                LAPO - O Egisto, ma tu sei sempre qui a fare i conti ?

                DANTE - (mettendo una mano sulle spalle del fratello) E già ! Lui è l’amministratore di casa Alighieri ! Lui tiene i conti ! E fa anche da scrivano al suo fratellone , è vero ?

                EGISTO - (rassegnato) Sì, sì.

                GUIDO - Egisto, con tutti i versi che i’ tu fratello ti fa trascrivere, a quest’ora qualche verso dovresti saperlo mettere insieme anche tu ?

               

Egisto fa per parlare, ma Dante gli stringe la mano sulle spalle e glielo impedisce.

                DANTE - Eh no, non è portato... nei conti è uno stregone, ma nella poesia è...

                LAPO - Un coglio...

                LAGIA - (rientrando seguita da Lagia) Lapo ! Come tu sei delicato ! (ironica con disprezzo)

                LAPO - (correndo da Lagia e palpandola dappertutto) È per questo che ti faccio girare il capo quando ti struscio !

                LAGIA - (ritraendosi con gridolini e risatine) Metti giù le mani... sei un maiale...

                LAPO - Certo, sono un maiale ! Grunf... grunf... (fa il verso del maiale e comincia a rincorrere Lagia)

I due spariscono sul balcone.

                GUIDO - Eppure, Egisto, se ti sei tirato addosso un po’ del talento di Dante, qualche verso potresti scriverlo ?

                EGISTO - Infatti io...

                DANTE - (interrompendolo) Di poeta in famiglia ne basta uno e n’avanza ! (artigliando di nuovo la spalla di Egisto) Se entrambi scrivessimo versi, saremmo due galli in un pollaio ! Vero Egisto ?

                EGISTO - (rassegnato) Sì... sì...

                VANNA - E il pollaio quale sarebbe ?

                DANTE - (con un gesto enfatico verso il balcone) Ma, Firenze !

Guido e Vanna ridono. Dante si ferma con il gesto perché dallo stipite di sinistra della porta-finestra del balcone si scorge del movimento.

                DANTE - (avvicinandosi al balcone) O bucaioli ! Venite dentro che vi faccio assaggiare un vinello di collina che par che canti !

Lapo rientra sorridente e scarmigliato, con i vestiti sbrindellati e un paio di mutandoni in mano.

                GUIDO - Eccolo ! Come ha sentito la parola “vino” gli è passata subito la maialaggine !

                LAPO - (prendendolo in giro) Ha parlato quello del dolce... com’è ?

                GUIDO - “Dolcestilnovo” ! Se ‘un ti dispiace !

                LAPO - Io vorrei sapere chi se l’è inventata questa bischerata ?

                GUIDO -  (con enfasi) Ma la “Voce di Firenze” ! Il nostro grande amico Dante !

                LAGIA - (facendo capolino da dietro lo stipite del balcone) Lapo !

                LAPO - Vieni dentro che Dante tira fuori il vino !

                LAGIA - (c.s. imbarazzata) Non posso !

                LAPO - (perplesso) O ‘i che ti prende, il vino ti dà bruciore ?

                DANTE - (sorridendo) Ridalle le mutande, maiale !

               

Lapo, accorgendosi di avere in mano ancora le mutande di Lagia, scoppia a ridere e corre sul balcone.

                LAPO - Vieni che te le infilo, bella... (la voce si perde in un mugugno di piacere)

                GUIDO - O Dante, ci avevi promesso un sonetto a me e a Lapo ?

                DANTE - (prendendo tempo) Sì... sì... hem, vediamo se Egisto me l’ha copiato (lanciandogli un’occhiata significativa) ... tu intanto scendi a prendere il vino, la strada la conosci.

                GUIDO - Vieni Vanna !

                VANNA - Sì, sì.

Guido prende la lanterna dal sostegno ed esce con Vanna da SX. Dante si avvicina di nuovo ad Egisto e gli rimette il braccio sulla spalla.

                DANTE - (paterno)  Fratellino, ti ricordi che mi serviva un sonetto per il mio amico Guido ?

                EGISTO - (intimorito) S... sì...

                DANTE - (c.s.) Ed è pronto ?

                EGISTO - (rassegnato) Sì, è pronto...

                DANTE - (pestando una manata sulla spalla al fratello che barcolla) Bravo Egisto ! Fammi vedere !

Egisto si avvicina  tristemente al tavolo, rovista tra le pergamene, poi porge un foglio a Dante.

               

                DANTE - (scorrendo velocemente le righe) “... Guido, io vorrei che tu Lapo ed io...” Sì, sì, mi sembra che possa andare.... Bravo fratellino ! (pestando un’altra manata sull’altra spalla di Egisto che barcolla di nuovo e poi si massaggia poi la spalla)

In quell’istante da SX rientrano Guido e Vanna con due bottiglie e dei bicchieri e Lapo e Lagia dal balcone rassettandosi i vestiti.

                DANTE - Venite, amici, ho qualcosa per voi... sedetevi !

Tutti si accomodano.

                DANTE - Ma prima dobbiamo riempire i bicchieri !

Vanna provvede a distribuire e a riempire i bicchieri, arrivata ad Egisto deve insistere un po’ prima di fargli accettare un bicchiere di vino.

                DANTE - Questo sonetto è dedicato a voi, amici miei, perché voi e la vostra amicizia siete gli ispiratori dei miei... modestamente... grandi versi, e... e... (Dante non sa più che dire)... ve lo leggerò...

Tutti si apprestano ad ascoltarlo. Dante assume l’atteggiamento del grande poeta, alza la mano per dare più enfasi alla declamazione.

                DANTE - “Guido...”

                GUIDO - Eccomi !

                DANTE - Che c’è ?

                GUIDO - E che ne so, mi hai chiamato.

                DANTE - Ma no ! È il sonetto che comincia così !

                GUIDO - Davvero ? Un sonetto dell’Alighieri comincia co il mi’ nome ? ... Che onore !

                DANTE - Sì... sì, ma questa sera non sono nelle corde giuste... Egisto !

                EGISTO -  (titubante) Sì.

                DANTE - Leggi tu per me, lo sforzo creativo mi ha sfiancato !

               

Egisto, si guarda intorno mentre Dante si aggira per la stanza accigliato come un grande poeta che riascolta con devozione il  prodotto del proprio ingegno.

                DANTE - Ebbene ?

                EGISTO - De... devo proprio leggere ?

                DANTE - Vai, comincia e non storpiarmi i versi !

                LAPO - Forza Egisto !

                TUTTI - (scandendo) E - gi - sto ! E - gi -sto ! E - gi - sto !

                DANTE - Ooooo ! O che siamo al calcio fiorentino ? Avanti Egisto.

Mentre tutti si fanno attenti ed Egisto si appresta ad iniziare, da fuori si sente di nuovo il canto del menestrello che  ricomincia la sua serenata. La musica farà da sottofondo alla poesia.

                EGISTO -              Guido, io vorrei che tu Lapo ed io

            fossimo presi per incantamento

       e messi in un vascel che ad ogni vento

       per mare andasse al voler vostro e mio.

       Così che tempesta o altro tempo rio

       non ci potesse dare impedimento,

       anzi, vivendo sempre con un solo intento,

di stare insieme crescesse il disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi

con quella che è sul numero delle trenta

con noi ponesse il buon incantatore :

e quivi ragionar sempre d’amore,

e ciascuna di lor fosse contenta,

così come io credo che saremmo noi.

Per un attimo tutto il gruppo rimane in silenzio incantato dai versi. Si sente solo il menestrello che canta in lontananza. Egisto abbassa la testa imbarazzato. La prima a riprendersi è Vanna.

                VANNA - Egisto.. è bellissimo !

                DANTE - Hem.. vi è piaciuto ?

                LAPO - Fantastico !

                GUIDO - Superbo ! Questa caro mio (a Lapo) è quel “Dolcestilnovo” che intendevo !

                VANNA - Dante... non pensavo che tu potessi scrivere dei versi così... così...

Egisto fa per parlare, ma Dante gli pesta un’ennesima manata sulla spalla.

                DANTE - ... “Divini”, forse ?

                VANNA - (scettica) Sì, sì !

Vanna è sempre dubbiosa sul fatto che un buzzurro come Dante possa scrivere dei versi.

                LAPO - Lagia ! Perché sei rimasta zitta ? Non ti è piaciuto il sonetto di Dante ?

                LAGIA - (sospettosa) Sì, sì... ma chi sarebbe questa “In sul numer delle trenta”?

Tutti guardano Dante.

                DANTE - ... Hem... quella delle trenta ?

                LAGIA - Già. (mettendosi le mani sui fianchi indispettita)

                DANTE - (Non sapendo che pesci pigliare) ... Er... è una donna.

                LAGIA - Questo mi sembra evidente, ma cosa c’entra il trenta ?

                DANTE - (c.s. guardando Egisto) È... è una lo.. lotteria...

                GUIDO - Una lotteria ?

                LAGIA - Ah ! Così tirate a sorte quelle a cui andate a maneggiare il sedere ?

                DANTE - Ma no... Egisto spiegaglielo tu.

                LAGIA - Ma cosa c’entra Egisto ? Il sonetto è tuo !

                DANTE - Sì, ma Egisto... è una mente più pratica... e sa spiegarsi meglio... io... io sono un poeta e non sono per le cose terrene... (Dante si guarda attorno smarrito sperando di non aver detto una bestialità)

                LAPO - (ironico) Sì... ha parlato Virgilio, ma fammi il piacere !

                GUIDO - Lapo ! Dante è da sempre considerato la “Voce di Firenze” !

                LAGIA - Va bene, va bene, Egisto parla !

                DANTE - (avvicinandosi e artiglia la spalla al fratello che ha un moto di smarrimento, poi parla con voce solenne da grande poeta) Sì Egisto, illumina il volgo...

                LAPO - Volgo sarai te !

                DANTE - ... circa lo spirito dei miei versi !

                EGISTO - (facendosi coraggio) Hem.. il sirventese... [1]

                DANTE - Il sirventese ?... Quale sirventese ?

                EGISTO - (timidamente) Q... quello della classifica.

                DANTE - La classifica ?

                LAPO - È vero ! Quello che hai scritto sulle sessanta donne più belle di Firenze !

                DANTE - Le sessanta donne...ah ! Perdonatemi amici, ma sono talmente tanti i versi che ho scritto che non riesco a ricordarli tutti !

                LAGIA - Insomma volete spiegare ?

                LAPO - Ebbene il nostro Dante ha fatto una classifica delle sessanta donne più belle di Firenze e nel sonetto ha immaginato di essere accompagnato, nell’immaginario vascello, da quella che occupa il numero trenta ! È così ?

                DANTE - (guardando Egisto) È... (Egisto gli fa cenno di sì) Sì, è così ! (trionfante)

                LAGIA - (seccata) E chi sarebbe questa tizia ?

                GUIDO - Ti pare che Dante lo viene a dire a te.

                LAGIA - E Perché ?

GUIDO - Perché la tua bocca è un mulino a vento, dopo tre minuti si saprebbe fino in Mugello !

                LAGIA - (precipitandosi inviperita trattenuta da Lapo) Brutto disgraziato...

                VANNA - Lagia calmati... Guido ti pare questo il modo...

               

Lagia e Guido iniziano a discutere in controscena, Vanna fa da mediatrice. Lapo si avvicina a Dante e lo prende sottobraccio.

                LAPO - (a parte) Di’ un po’ e Beatrice dove l’hai messa ?

                DANTE - (con un sorrisetto) Credo sia al nono.

                LAPO - (c.s.) Come ? La tu’ donna solo al nono posto ?

                DANTE - “La mi’ donna” (ridacchiando) ? Se ti sentisse il Bardi [2]....

                LAPO - ... ti farebbe il sedere come una cisterna !

                DANTE - Sì se un’ gli pesassero troppo le corna !

I due sghignazzano.

                DANTE - Comunque io un’ so’ fatto per i legami, il mio è uno spirito libero... l’anima di un poeta...

                LAPO - (c.s.) Sì, però quando te la dà mica gliela rendi subito !

                LAGIA - (a Dante piuttosto seccata) Senti un po’ “Voce di Firenze”  piuttosto a noi dove ci hai messo ?

                DANTE - In serie “B” !

                LAPO - In serie “B” ?

                LAPO - O icché sarebbe questa serie “B”

                DANTE - È l’elenco di quelle che non fanno più parte del sirventese !

                LAGIA - E cioè ?

                DANTE - (ridacchiando) Le racchie !

                LAGIA - Brutto maleducato....

Lagia, seguita da Vanna, scatta come una furia verso Dante, che ridendo comincia a scappare per la stanza. Guido e Lapo iniziano a ridere come forsennati mentre Egisto, allarmato, cerca di calmare il parapiglia generale. L’inseguimento continua per un po’, poi dalla porta di destra si comincia ad intravedere una luce che avanza.

                ALIGHIERO - (da fuori scena) Porco mondo, ma che succede ?

                LAPA - (c.s.) Madonna Santa, Alighiero... saranno i ladri ? 

                GAETANA - (piagnucolando) Gesummaria !

SCENA SECONDA

Da SX entrano Alighiero, Lapa e Gaetana. Alighiero è un ometto basso, grasso e pelato, fa di mestiere il cambiavalute e per hobby lo strozzino, è un tipo rozzo e ignorante. Lapa, seconda moglie di Alighiero, è una donna fine, matura e ancora molto attraente. Gaetana (detta “Tana”) è una ragazza scialba e insignificante. Alighiero entra tremando con un candeliere nella destra e una spada nella sinistra, dietro di lui, nascondendosi per la gran fifa, seguono Lapa e Gaetana, tutti e tre sono in camicia da notte, Alighiero ha il berretto da notte in testa.

                ALIGHIERO - (allarmato) Altolà chi siete ?

                DANTE - O babbo, siamo noi !

Alighiero avanza sospettoso nella stanza, poi li riconosce e  abbassa la spada  tirando un sospiro di sollievo.

                ALIGHIERO - (sedendosi) Maremma ladra, m’avete fatto cacà sotto !

Vanna, Lagia e Lapa abbassano gli occhi imbarazzate, Gaetana resta indifferente il suo sarà sempre un atteggiamento da tonta.

                LAPA - Alighiero !

                ALIGHIERO - Icché ?

                LAPA - Ci sono degli amici !

                ALIGHIERO - (aguzzando la vista) Che ?

                DANTE - Ma babbo, sono Lapo e Guido !

                ALIGHIERO - (ironico) Capirai il Cavalcanti e il LAPO !

                DANTE - Babbo sono amici !

                ALIGHIERO - Sì, soprattutto quando si tratta del mi’ vino.

                LAPO - Ovvia sor Alighiero, mica vorrete agitarvi per due bicchieri di vino ?

               

Alighiero si avvicina a Lapo e lo guarda.

                ALIGHIERO - Per i du’ bicchieri di vino no, ma per i venticinque fiorini che pendono sì !

                LAPO - Heeee... venticinque fiorini, e che saranno mai !

                ALIGHIERO - Saranno il quaranta per cento in più.

                LAPO - Come ! Il quaranta ?

                ALIGHIERO - (ridacchiando) Te l’avevo detto, caro il mio Lapo, queste erano le condizioni.

                LAPO - Ma questo è strozzinaggio !

                ALIGHIERO - No, questi sono affari.

I due cominciano a discutere a soggetto.

                DANTE - (interrompendoli) Via babbo, un’ vorrete farne una questione... mi sono messo già d’accordo io con Lapo...

                ALIGHIERO - Sie, figurati ! Se mi fidassi di te andrei a rotoli alla prima scoreggia di gallina !

Vanna Lagia e Lapa hanno un moto di imbarazzo c.s.

                GUIDO - Sor Alighiero, ma avete sempre i soldi che vi girano per la testa ?

                ALIGHIERO - Perché, conosci qualcos’altro ?

                VANNA - Ma come ? Avete in casa “La Voce di Firenze” e non ne siete orgoglioso ?

Alighiero guarda scettico il gruppo.

                ALIGHIERO - (sogghignando) “La Voce di Firenze”... ma levatevi di torno !

                VANNA - Sor Alighiero, ma un’ lo sapete che i versi del vostro Dante stanno facendo il giro della Toscana, si dice che l’abbia letti anche il papa...

                ALIGHIERO - Bono quello ! È appena un anno che l’anno fatto papa[3] che a Roma c’è già un bordello del diavolo, tanto che  se l’è fatta sotto dalla paura e s’è rifugiato a Rieti ! Altro che papa ! Qui ci vorrebbe qualcuno con due palle di un chilo l’una per rimettere le cose a posto !

                LAPA - Alighiero, ma insomma ! Un po’ di contegno !

                ALIGHIERO - Perché icché ho detto ?

                GUIDO - Insomma, sor Alighiero, voi non avete mai sentito i versi di Dante ?

                ALIGHIERO - No, io ascolto solo i conti di Egisto e te (a Dante) faresti bene a datti da fare, da domani intanto si chiude i cordoni della borsa, e di fiorini non ne sentirai più nemmeno l’odore !

                DANTE - (disgustato) Il vile denaro... la mia ricchezza sono i versi e la poesia è la mia aria !

                LAGIA - VANNA - GUIDO - LAPO -  (applaudendo) Bene, bravo !

                LAPO - Dai Dante, fai sentire qualcosa al tu’ babbo.

                LAGIA - VANNA - GUIDO - Sì, sì !

                LAPA - Sì Dante, piacerebbe anche a me sentire qualcosa.

Dante si avvicina a Lapa e le bacia la mano.

                DANTE - Per te questo ed altro... mia signora.

Lapa è imbarazzata.

                GAETANA - (parla un po’ biascicando) Sì, sì, Dante anch’io voglio sentire i versi !

                ALIGHIERO - (sbuffando) Tana sta zitta, e tu sbrigati così ce ne andiamo a letto.

                GAETANA - (appoggiandosi piangendo alla spalla di Lapa) Io mi chiamo Gaetana e tutti mi chiamano Tana...

                LAPA - Su... su... Alighiero, potresti chiamare tua figlia con il suo nome, se non ti dispiace !

                ALIGHIERO - (allargando le braccia esasperato) Ci manca solo questa, Gaetana smetti di frignare e tu sputa questi versi !

Dante cerca di assumere l’aria del grande poeta e fa finta di concentrarsi. Tutti gli altri (eccetto Alighiero che continua a sbuffare) si dispongono per la stanza in attesa delle parole del “sommo poeta”. Dante, dopo aver meditato, punta il dito su Egisto che nel frattempo è ritornato dietro al tavolo.

               

                DANTE - Egisto ! Il sonetto numero ventitré !

                EGISTO - (esterrefatto) Il numero ventitré ?

                DANTE - Sì ! Be’ che c’è ?

                EGISTO - (confuso) Ma... qual è il numero ventitré ?

Dante allarga le braccia e si avvicina al fratello.

                DANTE - Santa pazienza ! Fammi vedere.

Egisto comincia a sfogliare le pergamene.

                EGISTO - Q... questo ?

                DANTE - Fai vedere (legge) “Tanto gentile e tanto onesta pare...” no, questa è una bischerata.

Egisto sfoglia ancora, Dante guarda le carte sparse sul tavolo e ne adocchia un mucchio.

                DANTE - Quella che roba è ?

                EGISTO - No... quelli non sono sonetti...

                DANTE - Fai vedere.

Egisto cerca di arrivare alla pila di fogli, ma Dante è più veloce.

                DANTE - (legge) ... Nel Mezzo del cammin di nostra vita..

                GUIDO - Che roba è quella ?

                DANTE - No... niente, robetta... due o tre cosette che ho in mente...

                GUIDO - (guardando la pila di fogli) Alla faccia delle cosette, quello è un poema !

                DANTE - ... È... (guardando Egisto) ... È... un poema ? (Egisto annuisce) ... Sì, amici, è proprio un poema, una cosa grossa che ora non posso anticiparvi.

                LAPO - Dante, hai scritto veramente un poema ?

                DANTE - (rientrando nella parte del sommo poeta) Sì, amici, ma è ancora presto perché io lo divulghi alle genti... (guardando Egisto che annuisce)... sì, è ancora prematuro, la mia poesia ha bisogno di tempo.

                ALIGHIERO - (scocciato a Egisto) Ma tu guarda, invece di tenere i conti ti metti a scrivere bischerate ?

                EGISTO - (timoroso) No... è che...

                DANTE - (pestando la solita manata sulla spalla ad Egisto) No babbo, lui è solo il braccio, la mente sono io... vero Egisto ?

Egisto annuisce rassegnato.

                VANNA - Allora Dante, questo sonetto ?

                DANTE - Sì... sì un momento, Egisto prendi il ventotto ?

                EGISTO - Il ventotto ?

                DANTE - Sì questo !

Dante prende a caso un foglio e lo sbatte di fronte ad Egisto.

                DANTE - Tutto bisogna dirti !

                GUIDO - Avanti Egisto, leggi.

                ALIGHIERO - Ma come ? Tu scrivi le bischerate e lui le legge ?

                DANTE - Te l’ho detto babbo : io la mente e lui il braccio !

                ALIGHIERO - (allargando le braccia) Che famiglia di citrulli !

                DANTE - Egisto procedi !

Dante si pone tra Alighiero e Lapa. Si capisce subito che i due se la intendono. Lapa lo guarda imbarazzata lui le lancia uno sguardo ammiccante e si avvicina intenzionalmente. Durante la lettura del sonetto da parte di Egisto, tutti saranno concentrati sui versi e Dante comincerà ad accarezzare le spalle di Lapa che, inizialmente sarà imbarazzata, poi comincerà ad eccitarsi fino a quando, alla fine del sonetto, Dante sarà arrivato a palparle il sedere mandandola fuori di testa.

SCENA TERZA

Egisto inizia a leggere e a far da sottofondo ai versi, in lontananza si udrà di nuovo la musica del menestrello.

                EGISTO -              Ne li occhi porta la mia donna Amore,

                                   perché si fa gentil ciò ch’ella mira ;

                                   ov’ella passa ogn’om  ver lei si gira,

                                   e a colui che saluta fa tremar lo core

                                   sì che abbassando il viso, tutto smore,

                                   è d’ogni suo difetto allor sospira :

                                   fugge dinanzi a lei superbia ed ira.

                                   Aiutatemi, donne a farle onore.

                                   Ogni dolcezza, ogni pensiero umile

                                   nasce nel core a chi parlar la sente,

                                   ond’è laudato chi prima la vide.

                                    Quel ch’ella par quando un poco sorride,

                                   non si può dire né tenere a mente,

                                   sì è novo miracolo e gentile.

Alla fine del sonetto tutti applaudono eccetto Dante, che è occupato a palpare il sedere a Lapa, e Alighiero, che continua a sbuffare.

                TUTTI - Bene ! Bravo !

L’ovazione continua per un po’, poi l’ultima e più energica palpata di Dante fa andare in visibilio Lapa.

                LAPA - (quasi urlando) Siiiii !

Tutti si zittiscono.

                ALIGHIERO - (avvicinandosi) O Lapa, o icché ti piglia ?

                LAPA - (imbarazzatissima si ricompone) Hem... no... è che.. che i versi di Dante sono stupendi e mi... mi hanno fatto andar... fuori di grazia !

Alighiero fa le spallucce Dante, Lapo e Guido si guardano ammiccando e ridacchiando.

                VANNA - Allora, sor Alighiero, vi son piaciuti i versi del vostro figliolo ?

                ALIGHIERO - (scettico) Ma... insomma...

                GUIDO - (intenzionalmente) O sor Alighiero... lo sapete che alla corte dei Malaspina i versi li pagano a peso d’oro ?

Alighiero spalanca gli occhi e si volta verso Guido.

                ALIGHIERO - Davvero ?

                GUIDO - E no ?

                ALIGHIERO - E quanto ?

                GUIDO - (facendo il vago) Dipende... al Davanzati [4] un poemetto gli è stato pagato duecento fiorini !

                ALIGHIERO - (strabuzzando gli occhi) Duecento... Maremma cicala ! (a Dante) Quanti sonetti hai scritto ?

                LAPO - (a parte a Guido) Ma  dove l’hai sentita questa strullata ?

                GUIDO - (ridacchiando) Macché un’ è mica vero, voglio solo farmi quattro risate.

                DANTE - Ma... un’ lo so... venti... trenta... è Egisto che tiene il conto...

                ALIGHIERO - (precipitandosi al tavolo) Fammi vedere... (comincia a sfogliare le pergamene facendo i conti)

Le donne si avvicinano al tavolo e seguono le manovre di Alighiero leggendo e commentando ogni tanto qualche pagina. Gaetana le segue senza interesse con la solita espressione da tonta. Nel frattempo Guido e Lapo prendono Dante sottobraccio e si avvicinano al proscenio.

                LAPO - Ora tu ce lo devi dire !

                DANTE - Icché ?

                GUIDO - Dai, dai, chi è quella “in sul numero delle trenta”?

                DANTE - (imbarazzato) Ma... è... mi pare...

                LAPO - È bona ?

                GUIDO - E dai ?

Poi Dante non sa che fare, ci pensa un po’ poi  mette le braccia sulle spalle di entrambi gli amici e spiffera nelle orecchie dei due il primo nome che gli viene a mente. Guido e Lapo lo guardano perplessi.

                GUIDO - No !

                DANTE - Sì .

                LAPO - Ah no, io con quella sul  tuo “ vascel ” non ci vengo !

                GUIDO - O Dante, co’ tutte le passere che ci so’ a Firenze, ci mandi in crociera proprio co’ quella ?

                DANTE - Guarda che un’ è mica male...

                LAPO - O Dante, mi meraviglio di te !

                GUIDO - Ma se è alta come una buca !

                DANTE - (sentenziando a voce più alta) “Donna nana, tutta tana” !

                GAETANA - (scoppiando a piangere) ... Io mi chiamo Gaetana, non Tana !

                LAPA - Dante ! Ti ci metti anche te !

                DANTE - No... è che...

                ALIGHIERO - O Dante, ma qui c’è roba per un baule di fiorini !

                EGISTO - Ma babbo... parecchie cose sono da finire...

                ALIGHIERO - Va be’, le finirà.

                EGISTO - No... è che...

                ALIGHIERO - Te, tu continua a fare i conti e te (a Dante) da domani ti metti a testa sotto a scrivere versi... a piazzarli ci penso io !

                DANTE - (con noncuranza) Sì, ma ce un problema...

                ALIGHIERO - Quale problema ?

                DANTE - Be’... sai la mia poesia ha bisogno di tre cose.

                ALIGHIERO - (sospettoso) E cioè ?

                DANTE - Dell’ispirazione, (il canto del menestrello torna a farsi sentire da lontano e tutti tacciono per un attimo)... della gentil presenza, (Dante fa un inchino alle donne presenti, tutte rispondono con un inchino eccetto Gaetana) e...

                TUTTI - E.... ?

                DANTE - (ridendo, mentre il canto del menestrello si interrompe) Dei cordoni della tua borsa aperti !

  

Tutti ridono, Alighiero bofonchia.

                DANTE - Del resto sarò io che ti farò guadagnare bauli di fiorini, no ?

               

Alighiero risponde con un grugnito.

                GUIDO - Bene ! E così “ La Voce di Firenze “ ha trovato la sua meritata strada !

                LAPO - Sarebbe ora che si conoscesse la poesia dell’Alighieri anche al di fuori della Toscana !

                VANNA - (entusiasta) Dante, pensa se ti chiamassero a Ferrara o a Venezia, pensa potresti dedicare i tuoi versi perfino al Doge !

                DANTE - Sì... sì... certo...

                LAGIA - E perché no ! Poi anche in Francia... allora sì che la tua poesia sarebbe conosciuta ovunque !

                GUIDO - Dante, sei forte !

                VANNA - LAGIA - GUIDO - LAPO - (scandendo) Dan-te, Dan-te, Dan-te...

                BRUNELLO - (da fuori il balcone) Alighiero ! O Alighiero !

                ALIGHIERO - Shhhh, zitti !

                BRUNELLO - (c.s.) ... Maremma bucaiola !... Alighiero !

Alighiero raggiunge il balcone e si affaccia verso destra come se guardasse un altro balcone alla sua stessa altezza.

               

                ALIGHIERO - Brunello, icché c’è ?

                BRUNELLO - (c.s.) Come “ icché c’è ” ? C’è che so’ le due di notte e in casa tua pare che ci sia la rivincita della battaglia di Montaperti ! Si può andare a letto o bisogna aspettare la bella ? Maremma zucchina !

                ALIGHIERO - Vai, vai e un’ ti preoccupare... e si beveva du’ bicchieri di vino.

                BRUNELLO - (c.s.) Li dovete bere, ma di camomilla e non du’ bicchieri, ma du’ bigonce piene ! Maremma zoccola !

                ALIGHIERO - ‘ Notte Brunello.

                BRUNELLO - (c.s.) Sì, si, speriamo.

Alighiero rientra dal balcone.

                ALIGHIERO - Era Brunello, il nostro vicino... (si avvicina circospetto al gruppo parlando sottovoce) possiede  du’ zolle di terra a Montalcino e, da quando se’ messo a fare il vino, gli è briaco anche di giorno !

Tutti ridono.

                LAPA - Sarà meglio andare a letto.

                ALIGHIERO - Sì, sì, i tu’ versi mi hanno fatto ritornare il sonno.

                DANTE - Ma il pensiero dei fiorini prima te l’aveva fatto passare.

Alighiero fa le spallucce e se ne esce da DX sbadigliando rumorosamente.

                GUIDO - Via, ragazzi, è l’ora di andare a nanna anche noi... buona notte madonne (facendo un inchino a Lapa e a Gaetana).

Per un po’ c’è uno scambio di saluti e convenevoli a soggetto, poi Dante segue Lapo, Guido, Lagia e Vanna alla porta di SX ed esce insieme a loro per accompagnarli in fondo alle scale.

SCENA QUARTA

                LAPA - Gaetana vai a letto che ora ti raggiungo.

                GAETANA - ‘ Notte Egisto.

                EGISTO - ‘ Notte Ta... hem, Gaetana.

Gaetana che stava per accennare un lamento, si rimette tranquilla e esce da DX. Lapa si avvicina ad Egisto.

                LAPA - (osservando le reazioni di Egisto) Veramente una poesia stupenda quella di Dante, vero ?

                EGISTO - (guardandola tristemente per un attimo) Sì... sì..

                LAPA - (c.s.) Ha ragione Firenze a idolatrare uno dei suoi figli, specialmente se è il possessore di un talento simile !

                EGISTO - (trastullandosi tristemente con le carte) Già...

                LAPA - Quello sarebbe il poema che sta scrivendo ?

                EGISTO - Sì... ma è appena iniziato e non credo che...

               

Lapa sfoglia il mucchio di carte.

                LAPA - Sono canti... di che si tratta ?

                EGISTO - S... sono dei versi che raccontano di un... viaggio immaginario nell’aldilà.

                LAPA - Davvero ?

                EGISTO - (entusiasmandosi via, via) Sì, e il viaggiatore immagina di incontrare tutti i personaggi che hanno fatto la storia e ognuno di loro è sottoposto alla pena secondo i peccati che commise in vita, secondo la gravità e la quantità. In questo viaggio sarò... hem... il viaggiatore sarà accompagnato dal padre di tutti i poeti : il sommo Virgilio che lo guiderà attraverso le pene e le sofferenze dell’inferno. Poi il grande poeta lo abbandonerà sulla cima del monte del purgatorio da dove potrà spiccare il volo fino all’Empireo e lassù, libero da ogni peccato, da ogni sofferenza e accompagnato dall’angelo ispiratore dei miei versi incontrerò la gloria dell’Eterno...

                LAPA - E chi sarebbe questo “angelo ispiratore” ?

                EGISTO - (ormai preso dalla narrazione) ... il ponte tra la terra e il cielo, l’essenza dell’amore terreno, madonna Beatri...

Egisto si accorge improvvisamente che la foga gli ha fatto dire quello che non avrebbe voluto. Per un attimo c’è silenzio.

                LAPA - (sorridendo) Capisco... e com’è che il poema, se lo sta scrivendo Dante, sei tu quello che il sommo Virgilio porta a spasso per l’inferno ?

                EGISTO - Co... come ?

                LAPA - Sì, hai detto “Lo lascerò sulla cima del purgatorio dove prenderò il volo per il paradiso”... più o meno.

                EGISTO - (imbarazzato) Mi... mi sono sbagliato...

Lapa sorride e si avvicina ad Egisto che è seduto al tavolo.

                LAPA - (maternamente) La “Voce di Firenze” non è un ragazzo scalmanato, allegro e... (sospirando al pensiero) terribilmente maschio, ma un timido giovane che tra un rendiconto e un registro dell’azienda familiare, scrive dei versi che in terra di Toscana nessuno ha mai ascoltato.

                EGISTO - (si alza allarmato) Lapa... tu sai ?

                LAPA - (sorridendo gli mette una mano sulla spalla) Stai tranquillo e sii paziente, arriverà anche il tuo momento, è vero Dante ti ha rubato i versi, ma forse senza di lui Firenze non li avrebbe mai ascoltati.

Pausa.

SCENA QUINTA

Da SX rientra Dante.

                DANTE - Ancora qui voi due ?

                LAPA - (strizzando l’occhio ad Egisto) Sì, ho voluto rileggere alcuni dei tuoi versi.

                DANTE - (con sufficienza) Sì, effettivamente, in questi ultimi tempi sono riuscito a scrivere due o tre cose niente male.

                LAPA - Be’ io vado a letto... ‘ notte !

Lapa prende un candeliere ed esce da DX lanciando uno sguardo a Dante. Dante per un attimo la guarda andare via poi si avvicina ad Egisto e gli sbatte l’ennesima manata sulla spalla.

                DANTE - Bravo fratellino ! Questa sì che è poesia (lancia uno sguardo verso l’uscita di DX)... uno di questi giorni mi devi spiegare che cos’è quel mucchio di roba che stai scrivendo... così comincio a farla conoscere in giro !

                EGISTO - (massaggiandosi la spalla) Ma...

                DANTE - (circospetto) Mi raccomando, domani mi serve un sonetto per Bice, vedi di mettercela tutta... io vado a letto... ‘ notte !

Dante esce di fretta da DX. Egisto lo guarda perplesso, poi lentamente si mette seduto, resta per un attimo con gli occhi nel vuoto, poi sospira e si rimette a scrivere. Dopo qualche secondo si sentono dei sussurri e dei gridolini provenire da DX.

                DANTE - (sussurrando da fuori scena) Dai, ma chi vuoi che ci senta ?

                LAPA - (c.s.) No, no, tieni a posto quelle mani !

                DANTE -  (c.s.) Dai... il vecchio dorme... andiamo in camera mia.

Egisto si alza, si avvicina alla porta di DX ed ascolta.

                LAPA - (c.s.) Egisto è ancora di là.

                DANTE - (c.s.) È occupato a scrivere...  a copiare i miei versi. Dai andiamo !

Egisto abbassa tristemente lo sguardo.

                LAPA - (c.s.) E smettila... no, no... non mi va...

                DANTE - (c.s.) Dai... lo so che ti piace...

Lapa e Dante continuano a soggetto su questo tono, le battute diventano via, via mugolii di piacere e sfumano in lontananza. Egisto sospira poi tristemente ritorna al tavolo, si siede, resta per un attimo pensoso, poi ricomincia a scrivere. Da fuori si sente di nuovo il canto del menestrello Egisto si ferma ad ascoltare la serenata poi, piano, piano il sonno lo prende e dopo qualche attimo si addormenta sul tavolo.

SCENA SESTA

Alla notte si sostituisce lentamente il chiarore dell’alba ed infine, dalla parte di Ponte Vecchio, spunta il sole. Il canto del menestrello sfuma insieme alla notte e viene lentamente sostituito dal cinguettio dei passeri e dal vociare della gente giù per strada, dove si capisce che c’è un mercato. Un raggio di sole irrompe nella stanza e va a colpire Egisto addormentato sul tavolo. La scena resta per qualche attimo ferma, poi da DX entra Gaetana. La ragazza si aggira sbadigliando per la stanza e solo dopo qualche minuto si accorge della presenza di Egisto che dorme al tavolo. Gaetana si avvicina e cerca di svegliarlo dolcemente.

NOTA - Per la precisione occorre che Ponte Vecchio sia inquadrato da valle, in quanto l’Arno scorre verso Ovest e il sole sorge ad Est, cioè a monte di Firenze dove il fiume nasce, questo affinché qualche fiorentino non se ne abbia a male.

                GAETANA - Egisto... hei... Egisto...

Egisto comincia a muoversi bofonchia, tossisce poi solleva la testa e strizza gli occhi. Mentre era addormentato al tavolo la penna d’oca gli è scivolata di mano e gli è andata a sporcare il viso di inchiostro disegnandogli un paio di baffetti sbilenchi. Egisto guarda Gaetana.

                EGISTO - Mmmmm... che c’è...

Gaetana lo guarda e scoppia a ridere. Egisto la guarda perplesso.

                EGISTO - Ma cosa ridi ?

Le risa di Gaetana sono irrefrenabili. Egisto si alza, si frega gli occhi e guarda fuori.

                EGISTO - Maremma ladra ! Mi sono addormentato sul tavolo !

Egisto fa alcune smorfie e si massaggia la schiena indolenzita, mentre Gaetana continua a ridere.

                EGISTO - Ma che t’è preso ?

Gaetana fa dei gesti per farglielo capire. Egisto si guarda addosso, si palpa i capelli e il vestito. Gaetana fa ancora dei gesti ridendo e mettendosi un dito sotto il naso. Egisto si tocca e poi si guarda le dita sporche di inchiostro, borbotta ed esce da DX. Gaetana si calma un po’, ma continua a ridacchiare. Egisto rientra asciugandosi con un panno il viso ormai pulito, ma ha tutti i capelli scarmigliati e ridicoli. Gaetana scoppia di nuovo a ridere.

                EGISTO - (seccato) Guarda che mi sono lavato il viso.

Gaetana continua a ridere.

                EGISTO - (più forte) Non ho più i baffi !

Gaetana non riesce a fermarsi.

                EGISTO - (arrabbiato) ... Tana, smettila !

Gaetana continua a ridere per una frazione di secondo, poi rimane perplessa per un’altra frazione ed infine scoppia a piangere.

                EGISTO - Per la miseria, me l’hai strappato di bocca !

Gaetana esce da DX piangendo. Egisto si avvicina alla porta di DX e la segue con lo sguardo. Il pianto di Gaetana si allontana.

                EGISTO - (rivolto alla sorella) Gaetana, mi dispiace...

Il pianto di Gaetana si è quasi calmato.

                EGISTO - (c.s.) ... Non volevo... Tana...

Gaetana da fuori scena scoppia di nuovo a piangere. Egisto allarga le braccia.

                EGISTO - (fra se) Con tutti i nomi che c’erano, proprio questo dovevano metterti.

Poi Egisto guarda fuori e si affaccia al balcone gustandosi, a pieni polmoni, l’aria mattutina estiva.

SCENA SETTIMA

Da DX entra Alighiero ciabattando ancora in camicia da notte, sbadiglia, si gratta e si guarda intorno. Si avvicina al tavolo e guarda i fogli sparsi bofonchiando, ne raccoglie uno e lo legge.

                ALIGHIERO - Maremma travasata !

Alighiero alza gli occhi e vede Egisto al balcone, indispettito si avvicina  e contemporaneamente Egisto si allontana dal balcone con il viso ancora rivolto al panorama. Poi, nello stesso momento in cui Egisto gira la testa verso l’interno della stanza, Alighiero lo assale.

                ALIGHIERO - Egisto !

                EGISTO - (fa un balzo spaventatissimo) Haaaaa !

Egisto si mette una mano sul petto e si appoggia al primo mobile che trova.

                EGISTO - Ma... ma che sei matto ?

                ALIGHIERO - No, il matto sei te ! Che cos’è questa roba ?

Egisto si riprende un po’ e si avvicina ad Alighiero.

                EGISTO - (guardando il foglio) È... un sonetto.

                ALIGHIERO - Lo vedo che è un sonetto, ma quando l’hai scritto ?

                EGISTO - Sta... stanotte... poi mi sono addormentato sul tavolo.

                ALIGHIERO - E Dante quando te lo ha dettato ?

                EGISTO - Dettato ?

                ALIGHIERO - Sì.

                EGISTO - (ci pensa un momento) Ah, sì... (poi tristemente) ieri sera...

                ALIGHIERO - E tu invece di finire i conti ti sei messo a copiare un sonetto del tu’ fratello ?

                EGISTO - Ma... l’hai detto tu che volevi piazzare il sonetto di Dante ?

                ALIGHIERO - (pensandoci) ... Ah... sì... però vedi di finire i conti che in mattinata deve venire Madonna de’ Bardi per...

                EGISTO - (si mette subito in agitazione) Be... Beatrice !

                ALIGHIERO - “Madonna de’ Bardi” ! Vedi di chiamarla così, il Sor Simone, oltre ad essere Capitano del Popolo, è anche uno dei miei migliori clienti e deve essere trattato con rispetto ed onore, compresa la moglie !

                EGISTO – (c.s.) O Madonna !... Beatrice !

                ALIGHIERO - Ecco bravo... io vado a fare colazione.

Alighiero esce da DX. Egisto è agitatissimo, comincia a girare per la stanza, cerca di sistemarsi i capelli e i vestiti poi va al tavolo e cerca di sistemare le carte, ma fa solo confusione.

                EGISTO - Oddio, Beatrice... devo sistemare tutto... il sonetto... dov’è il sonetto...

Da DX rientra Alighiero perplesso, si porta al centro della stanza con le mani sui fianchi.

                ALIGHIERO - Ma dove cavolo.... ?

               

Alighiero preoccupato,  guarda Egisto.

                ALIGHIERO - Egisto.

Egisto c.s. continua a pensare a Beatrice e non lo sente.

                ALIGHIERO - (urlando) Egisto !

                EGISTO - (fermandosi) He ?

                ALIGHIERO - Ma che t’ha morso una tarantola ?... Hai visto Lapa ?

                EGISTO - Lapa ? No... (poi si ricorda della sera precedente) ... Hem... sarà andata a lavarsi..

                ALIGHIERO - A lavarsi ? Ma se si è lavata quattro mesi fa ? Mica possiamo rovinarci per l’acqua in questa casa ?

                EGISTO - L’acqua ?

                ALIGHIERO - Sì, l’acqua ! Il pozzo è del Brunello e quel pidocchioso oltre a tirare il prezzo sul vino, s’è messo a tirare anche sull’acqua !

                EGISTO - Sa... sarà ancora a dormire...

                ALIGHIERO - (lo guarda con commiserazione) Sì, bravo bischero ! Se te lo chiedo vuol dire che a letto non c’era... no ?

               

SCENA OTTAVA

Da SX entra Lapa stiracchiandosi con la beatitudine  disegnata sul viso. Alighiero la guarda perplesso.

                ALIGHIERO - (indispettito) Buon giorno moglie !

                LAPA - (sognante e sorridente) Buon giorno.

                ALIGHIERO - (c.s.) Hai passato una buona notte ?

                LAPA - (stirandosi) Sssssi... magnifica...

                ALIGHIERO - (c.s) Hai dormito bene ?

                LAPA - (c.s.) Dormire ? E chi aveva voglia di dormire...

                ALIGHIERO - Come ?

                LAPA - (riprendendosi) Hem... ce... certo... russi come un bove maremmano in transumanza, come pretendi che io riesca a dormire !

                ALIGHIERO - Io... russare ?

                LAPA - Sì... sono andata a dormire con Gaetana e... e finché non la smetti, io con te non ci dormo più !

Lapa fa l’offesa e Alighiero ci casca.

                ALIGHIERO -  Ma come faccio ?

                LAPA - Affari tuoi, altrimenti i miei doveri coniugali te li puoi scordare !

Lapa esce da DX facendo l’offesa. Alighiero la segue con lo sguardo.

                ALIGHIERO - Lapa ! (poi ad Egisto) Ma... i buoi maremmani russano ?

                EGISTO - (allargando le braccia) Mah !

Alighiero, chiamando Lapa, esce da DX e sulla soglia incrocia Gaetana che entra.

                ALIGHIERO - (a Gaetana) Hei... Lapa ha dormito con te stanotte ?

                GAETANA - Un’ lo so...

                ALIGHIERO - (spazientito) Figurati, tu dormi come una cassapanca ! Se straripa l’Arno te ne accorgi quando tu sei bell’arrivata a Marina di Pisa !

Alighiero esce seccato.

SCENA NONA

                GAETANA - O icché gli aveva il babbo ?

                EGISTO - (ritornando al tavolo) Niente, niente era agitato per l’acqua.

                GAETANA - Per l’acqua ?

                EGISTO - (indaffarato con le carte) Vuole che ci laviamo meno spesso.

                GAETANA - Ha ragione.

                EGISTO - (alzando lo sguardo dai fogli) Come ha ragione ?

                GAETANA - Effettivamente due volte all’anno sono troppe, rischiamo di ammalarci.

                EGISTO - Troppe ?

                GAETANA - Magari potremmo cambiarci meno spesso... così si risparmierebbe l’acqua per il bucato.

                EGISTO - Quando ti sei cambiata le mutande l’ultima volta ?

                GAETANA - (candida) Mmmm... a Carnevale... mi pare...

                EGISTO - Ma se siamo a giugno !

                GAETANA – (pensandoci) Troppe volte he ? Vuol dire che la prossima volta sarà a Natale.

Egisto la guarda esterrefatto.

                GAETANA -  Questa notte ho sentito dei rumori e dei mugolii... l’hai sentiti anche tu ?

                EGISTO - (sospirando) Sì... purtroppo...

                GAETANA - O icché sarà stato ? I topi ?

                EGISTO - E dove l’hai sentiti ?

                GAETANA - Dietro il canterale, dalla parte della camera di Dante.

                EGISTO - No... non sono topi.

                GAETANA - Come fai a saperlo ?

                EGISTO - Sarebbero scappati davanti alle tue mutande... è solo Dante che si agita nel sonno.

                GAETANA - (candida) Forse compone versi tutta la notte ?

                EGISTO - (sospirando) Sì, fa dei versi, ma non so se li compone lui.

Dal piano inferiore si sente sbattere il batacchio della porta d’ingresso.

                GAETANA - Chi sarà ?

                EGISTO - Forse il Sor Brunello che ci porta il conto dell’acqua.

Gaetana va al terrazzo e si sporge sulla SX per vedere in basso, poi fa dei cenni.

                GAETANA - (dal balcone) Buongiorno sora Bice...

Egisto fa un salto.

                EGISTO – (agitatissimo) Beatrice ? Maremma concimata !... Presto... il sonetto... i  conti...

                GAETANA - (c.s) Sì... lo so... aspettate che vengo ad aprire !

Gaetana rientra nella stanza.

                GAETANA - Egisto è Bice e... (vede il fratello agitatissimo e si ferma stupita).

                EGISTO - (si ferma di fronte a Gaetana) “Madonna Beatrice” la devi chiamare ! Il Bardi è uno dei migliori clienti del babbo... “Madonna Beatrice”, hai capito ?

                GAETANA - Sì... sì... ho capito...

                EGISTO - Bene, vai ad aprire.

Gaetana esce da SX. Egisto agitato ricomincia, ad aggirarsi per la stanza borbottando a soggetto. Dal basso si sentono ancora i colpi del batacchio. Egisto si ferma per ascoltare.

                GAETANA - (dal basso) Un momento... sora Bice... arrivo !

Egisto allarga le braccia e alza gli occhi al cielo rassegnato. Dal basso si sente aprire la porta.

                GAETANA - (c.s) Buongiorno sora Bice !

                BEATRICE - (c.s.) Buon giorno.

                GAETANA - (c.s) Accomodatevi... entrate.

                BEATRICE - (c.s) Devo vedere vostro padre Gaetana.

                GAETANA - (c.s.) Sì, sì... venite, vi faccio strada.

Egisto, dopo aver girato agitatissimo per la stanza, si mette seduto al tavolo, prova qualche posa per far colpo su Beatrice, poi alla fine si mette a scrivere a testa bassa sul tavolo come il solito suo.

SCENA DECIMA

Da SX entrano prima Gaetana e poi Beatrice. Beatrice è una giovane e splendida donna e di nobile portamento, affascinante, di modi signorili e raffinati , è vestita elegantemente. Si capisce subito che è ricca ed ha una discreta puzza sotto il naso. Entra facendosi aria con un ventaglio[5] e si guarda attorno con noncuranza. Gaetana la guarda ammirata e impacciata.

                GAETANA - Venite, venite...

                BEATRICE - Grazie.

                GAETANA - Fa caldo oggi... eh ?

                BEATRICE - Sì, abbastanza. (poi vede Egisto) Buon giorno Egisto.

Egisto imbarazzatissimo solleva appena gli occhi.

                EGISTO - (a testa bassa) ‘Ngiorno.

                BEATRICE - (avvicinandosi al tavolo) Che fate di bello ?

                EGISTO - (c.s.) Hem... i conti.

                BEATRICE - (sorridendo) Non penso di essere così brutta visto che non volete guardarmi.

                EGISTO - (alza gli occhi e resta incantato) N... no... vo... voi siete be... bellissima...

                BEATRICE - (c.s.) Grazie. (poi voltandosi con eleganza verso il balcone) Lo so... ma credetemi è più un fastidio che una virtù... (sospira) Firenze non lo capisce.

Pausa. Egisto continua a guardarla rapito.

                BEATRICE - Gaetana, per favore, andate a dire al vostro babbo che lo sto aspettando.

                GAETANA - Sì... sì.

Gaetana esce da DX.

SCENA UNDICESIMA

Beatrice si volta di nuovo verso Egisto che riabbassa la testa sulle carte imbarazzatissimo.

                BEATRICE - Egisto !

                EGISTO - S... sì ?

                BEATRICE - Vostro fratello mi aveva promesso un sonetto... (fra se soddisfatta)... e a chi sennò potrebbe dedicarlo... (poi di nuovo ad Egisto)... sapete se lo ha terminato ?

                EGISTO - Sì... credo di... sì.

                BEATRICE - Vorrei sentirlo.

                EGISTO - (con triste imbarazzo) Ma... me l’ha accennato appena ieri sera e... devo ancora trascriverlo...

                BEATRICE - Be’, avrete preso degli appunti ?

                EGISTO - (c.s.) Sì... ma...

                BEATRICE - (leggermente urtata) Allora cosa aspettate ?

Beatrice dà le spalle a Egisto agitando nervosamente il ventaglio e muovendosi lentamente verso il balcone. Egisto si alza e agitatissimo comincia a rovistare tra i fogli.

                BEATRICE - (voltandosi) Allora, non lo trovate ?

                EGISTO - Sì, sì... è qui...

Egisto prende un foglio a caso, fa velocemente il giro del tavolo e guarda Beatrice.

                EGISTO - E... ecco qui...

                BEATRICE - (dà di nuovo le spalle ad Egisto e guarda verso il balcone) Avanti, sentiamo !

Egisto guarda il foglio poi abbassa le braccia e guarda tristemente Beatrice che gli volta le spalle. Egisto comincia a recitare ignorando completamente il foglio.

                EGISTO -              Tanto gentile e tanto onesta pare

                                   la donna mia quand’ella altrui saluta,

                                   che ogni lingua divien tremando muta,

                                   e gli occhi non l’ardiscono a guardare.

                                   Ella si va, sentendosi lodare

                                   benignamente d’umiltà vestita,

                                   e par che sia una cosa venuta

                                   dal cielo in terra a miracol mostrare.

                                   Si mostra così piacente a chi la mira,

                                   che dà per gli occhi una dolcezza al cuore,

                                   che intender non la può chi non la prova :

                                   e pare che dalle sue labbra si muova

                                   uno spirito soave e pieno d’amore,

                                   che va dicendo a l’anima : Sospira.

Durante la recitazione del sonetto Beatrice (sempre di spalle), colpita dalla dolcezza dei versi, smette di farsi vento e lentamente distende le braccia ai fianchi e abbassa la testa assorta. Alla fine si volta con un espressione incantata sul viso. Egisto solleva di scatto il foglio facendo finta di aver appena terminato la lettura.

                BEATRICE - (con voce dolce) È... è... bellissimo !

                EGISTO - Vi... vi è piaciuto ?

                BEATRICE - (si ricompone e riassume l’atteggiamento noncurante) Sì... sì... dei versi... interessanti...

                EGISTO - In confronto alla vostra bellezza, questi sono solo cumuli di parole... le vostre grazie sono degne solo di un ben più alto creatore.

Beatrice per un attimo lo guarda rapita, poi riassume il suo solito atteggiamento. Egisto butta distrattamente il foglio sul tavolo.

                BEATRICE - Sì... sì, effettivamente me lo dicono tutti.

Da DX si sentono dei rumori ed entra Alighiero vestito.

SCENA DODICESIMA

                ALIGHIERO - Madonna Beatrice ! Quale onore !

                BEATRICE - Sor Alighiero, vi riverisco !

                ALIGHIERO - Aspettavo con ansia il vostro arrivo, sua eccellenza vostro marito, mi ha fatto sapere che volevate trattare un nuovo affare ?

                BEATRICE - Sì, vi prego andate a preparare tutte le carte e portatemele qui, vorrei vederle insieme a voi e vorrei avere anche un vostro parere circa una nuova opportunità.

                ALIGHIERO - (viscido) I suoi desideri sono per me comandi, le carte sono già pronte, vado a prenderle... Egisto fai sedere madonna Beatrice... sbrigati !

                EGISTO - S... sì... subito...

Egisto prende una sedia e la mette davanti al tavolo da studio rivolta verso il pubblico. Beatrice si siede con noncuranza. Alighiero, sulla porta di DX, fa un cenno ad Egisto di avvicinarsi.

                ALIGHIERO - Maremma puzzolente ! Dove l’hai messe tutte le cartelle e i documenti del sor Bardi ?  

                EGISTO - Ma ce le avevi tu, te le sei portate in camera tua !

                ALIGHIERO - Ieri sera con tutto quel bordello non mi ricordo più...

                EGISTO - Hai provato a vedere sotto il letto ?

                ALIGHIERO - Sie ! Stai a vedere che ora le carte dei clienti le tengo sotto il letto... magari dentro il pitale !

                EGISTO - Ma il pitale non lo tieni dentro il comodino ?

                ALIGHIERO - (ricostruendo) Aspetta... ieri sera ho preso le carte del Bardi per studiarle... ho preso il pitale l’ho messo sotto il letto... stanotte sono entrati quei quattro somari... ho nascosto le carte, ma dove ?... Poi ho preso la spada... il candeliere... mi sono cacato sotto dalla paura...

                EGISTO - La spada dov’era ?

                ALIGHIERO - Sotto il letto... no... attaccata al muro.

                EGISTO - E il pitale ?

                ALIGHIERO - Attaccato al mu... no, aspetta... sopra il comodino...

                EGISTO - E le carte ?

                ALIGHIERO - Sotto il guanciale... no sopra la spada... no, no... dentro il pitale...

                EGISTO - E io che ti ho detto !

                ALIGHIERO - Maremma ciuca ! Ho pisciato sulle carte del Bardi !

Alighiero esce da DX agitatissimo. Egisto resta impacciato, non sa se restare con Beatrice o seguire Alighiero, si agita senza sapere cosa fare, poi esce da DX. Rientra quasi subito fa per dire qualcosa a Beatrice, ma ci ripensa ed esce di nuovo velocemente da DX. Beatrice, durante la controscena tra Alighiero ed Egisto, per un po’ non fa altro che rassettarsi e sistemarsi l’abito, poi comincia a guardarsi distrattamente attorno e lo sguardo le cade sul tavolo sommerso dalle carte e, facendo scorrere lo sguardo, si accorge del foglio su cui Egisto le avrebbe letto il sonetto, lo raccoglie e lo guarda, rigira il foglio fra le mani e si accorge che è bianco, allora alza gli occhi davanti a se (verso il pubblico) esterrefatta, si alza in piedi e si volta per rivolgersi ad Egisto, ma trova la stanza deserta.

SCENA TREDICESIMA

Beatrice non vedendo nessuno si avvicina alla porta di DX per vedere dove sono andati tutti, poi si avvicina sospettosa di nuovo al tavolo circospetta e velocemente comincia a scorrere le carte di Egisto fermandosi ogni tanto a pensare con un’espressione stupita. Da DX entra Dante in camicia da notte ancora assonnato e sbadigliante, si guarda attorno stirandosi e grattandosi, poi vede Beatrice, spalanca gli occhi, si guarda attorno imbarazzato cercando un riparo e alla fine fa per fuggire da DX, ma proprio in quel momento Beatrice si volta e lo blocca.

                BEATRICE - Ah ! Siete voi ?

                DANTE - (imbarazzato) Madonna Beatrice... qua... quale onore !

Beatrice squadra Dante dall’alto in basso con un’espressione un po’ schifata.

               

                BEATRICE - Vi sembra questo il modo di presentarsi ad una dama ?

                DANTE - (c.s) Perdonatemi, ma ne... nessuno mi aveva detto che questa mattina ci onoravate della vo... vostra visita.

                BEATRICE (voltandosi verso il pubblico seccata) Messer Dante, questa non è una giustificazione !

                DANTE - (guardando per un attimo verso DX per vedere se viene qualcuno) Madonna Beatrice, insieme alle mie umili scuse vi porgo la mia promessa che vi dedicherò versi degni delle vostre superbe grazie !

                BEATRICE - (noncurante) Sì... niente male...

                DANTE - (avvicinandosi) Niente male cosa ?

                BEATRICE - (c.s) Il vostro sonetto !

                DANTE - Il mi... mio sonetto ?

                BEATRICE - (c.s.) Sì, vostro fratello Egisto me l’ha letto.

                DANTE - (fra se) Maremma briaca ! (poi a Beatrice) No... è che... sapete, avevo promesso a Lapo e a Guido... e allora... ho scritto delle rime...

                BEATRICE - (voltandosi) Lapo e Guido ? Ma che c’entrano ?

                DANTE - ... No... è che quella del numero trenta... non è niente di importante...

                BEATRICE - Quella del numero trenta ? Ma che dite ?

                DANTE - Il sonetto...

                BEATRICE - Vostro fratello mi ha letto un sonetto... (si volta di nuovo verso il pubblico)... dove viene descritta... una donna.

Finalmente Dante realizza.

                DANTE - (tirando un sospiro di sollievo) Ah !... il vo... vostro sonetto...

                BEATRICE - (abbassando la testa un po’ imbarazzata) Era... era magnifico..

Dante recupera tutta la sua baldanza, si avvicina a Beatrice e le parla da dietro vicinissimo all’orecchio.

                DANTE - (sussurrando) Vi è piaciuto ?

                BEATRICE - (c.s.) Non... non mi avete mai detto delle parole... co... così...

                DANTE - (c.s.) Le dicono i miei versi.

                BEATRICE - (c.s.) Quando siete... vicino... sembrate un’altra persona... tanto dolce nelle vostre rime e...

                DANTE - (c.s. afferrando le spalle di Beatrice)...tanto maschio nella vostra intimità ? 

                BEATRICE - (socchiudendo gli occhi) S... sì, ma vi vorrei più dolce... vorrei sentire la stessa anima dei vostri versi anche nelle vostre parole di ogni giorno...

                DANTE - (ormai ingrifato cerca di baciarle il collo) È il profumo di donna che spandete per l’aria che mi fa andar via di testa... oh Bice.. !

Beatrice si divincola infastidita e si volta di scatto verso Dante.

                BEATRICE - Messer Alighieri ! Freddate i bollori... (poi più piano) ... questo non è né il luogo né il momento...  le vostre non sono nemmeno le parole... adatte !

                DANTE - Ma... io... voi...

                BEATRICE - Andate a rendervi presentabile e non fatevi più vedere in camicia da notte !

Dante vorrebbe aggiungere qualcosa, ma resta impacciato qualche secondo poi esce da DX. Beatrice, soddisfatta di se, si rassetta in seguito all’assalto di Dante, poi si accerta che da DX non venga nessuno, va a sedersi di nuovo al tavolo e con la solita noncuranza ricomincia a leggere perplessa le carte di Egisto.

SCENA QUATTORDICESIMA

Da SX entrano Egisto e Alighiero discutendo in controscena, mentre Beatrice continua la sua attività come se non li avesse sentiti.

                EGISTO - ... Ricapitolando : la spada era sotto una zampa del letto a fare da zeppa...

                ALIGHIERO - Sì... il letto ballava...

                EGISTO - ... Le carte del Bardi erano sotto il materasso...

Alighiero tira fuori un plico di carte tutto spiegazzato.

                EGISTO - ... il candeliere era dentro il comodino... che per un miracolo non ha preso fuoco.. e il pitale ?

Alighiero allarga le braccia.

                ALIGHIERO - Mi sarò rincoglionito... va bene... comunque l’importante è che abbiamo trovato le carte (poi avvicinandosi al tavolo) Madonna Beatrice, ho portato i documenti, possiamo cominciare !

                BEATRICE - (sorpresa dalla battuta di Alighiero, butta le carte che stava leggendo sul tavolo e si ricompone) Be... bene messer Alighiero !

                ALIGHIERO - (avvicinandosi a Beatrice) Ecco, vedete, questi sono i documenti che riportano la situazione dei conti di sua eccellenza vostro marito, come potete vedere la situazione è ottima per poter affrontare senza timore qualsiasi nuova opportunità che avete in mente e che graziosamente vorrete espormi.

                BEATRICE - Certo, messer Alighiero, vedete...

La discussione di affari tra Beatrice e Alighiero può continuare a soggetto o in controscena silenziosa, mentre Egisto, perplesso, cerca di rimettere a posto il disordine delle carte che regna sul tavolo. Beatrice parla con Alighiero, ma ogni tanto lancia un’occhiata verso Egisto temendo che sospetti di lei riguardo alla confusione trovata sul tavolo.

SCENA QUINDICESIMA

Da DX entra Dante vestito di tutto punto, elegantissimo e affascinante. Si ferma in mezzo alla stanza guardando il gruppetto, si sistema il vestito soddisfatto e poi rivolge un saluto a Beatrice come se fosse la prima volta che la vede.

                DANTE - (a voce alta) Madonna Beatrice, quale onore !

Tutti si voltano verso Dante e restano colpiti dall’aspetto e dell’eleganza, Dante si avvicina a Beatrice le prende la mano e gliela bacia.

                DANTE - La vostra presenza è un raggio di sole nella nostra umile dimora !

Beatrice si alza e con gli occhi divora Dante che, sicuro di aver fatto colpo sulla sua amante, vorrebbe rincarare la dose con qualche verso, ma non si ricorda niente.

                DANTE - (apprestandosi a declamare) Sempre caro mi fu... (tra se perplesso) no questa non c’entra niente...

                BEATRICE - (colpita) Grazie messer Dante... ammiro la vostra eleganza !

                DANTE - (soddisfatto) Grazie a voi... e come volevo dirvi con i miei versi...

Dante lancia un’occhiataccia ad Egisto che era rimasto incantato a guardare la coppia.

                DANTE - Egisto ! Che cosa dicono i miei versi ?

                EGISTO - (riscuotendosi) ... Sì... e... “Amore è qui, che per la vostra beltade, come suol lo fa trasfigurare” [6] !

                DANTE - Ecco... sì... come l’ha detto lui...

Dante e Beatrice si guardano negli occhi. Alighiero li guarda compiaciuto ed Egisto imbarazzato. Da DX entra Gaetana, tutti si voltano. Gaetana è ancora in camicia da notte e con la faccia ancora assonnata sbadiglia a bocca spalancata. Si aggira per la stanza ciabattando come se cercasse qualcosa. Tutti la seguono stupiti. Si guarda attorno, poi, lanciando un sorrisetto al gruppo, si avvicina al tavolo, rovista dietro il mucchio di carte più grosso e, con un po’ di fatica (come se fosse sepolto sotto il mucchio), tira fuori il pitale.

                GAETANA - (sorridendo candidamente) Non ricordavo più dove l’avevo messo.

Tutti la guardano esterrefatti.

                DANTE - Ta... Tana !

Gaetana rimane per un attimo perplessa, poi scoppia a piangere, sbatte il pitale in mano a Dante e esce da DX piangendo. Beatrice vacilla e sviene nelle braccia di Dante che si ritrova con il braccio destro a sorreggerla e con la mano sinistra ad impugnare il pitale per il manico. Contemporaneamente Alighiero ed Egisto crollano a sedere stralunati.

SIPARIO

FINE DEL PRIMO ATTO

SECONDO ATTO

SCENA

La scena è la stessa del primo atto.

SIPARIO

SCENA PRIMA

Due giorni dopo. Pomeriggio inoltrato. Egisto, come al solito, è seduto al tavolo da studio e sta scrivendo. Alighiero, seduto di fronte a lui, sta leggendo alcune carte. Lapa e Gaetana sono sedute al piccolo tavolo da lavoro, sulla sinistra della scena, di fronte al camino, stanno ricamando. Lapa canticchia mentre lavora. Da fuori giungono solo alcune voci di passanti e il solito cinguettio dei passeri. Ogni tanto Alighiero scribacchia alcuni conti, ma è innervosito dal canticchiare della moglie e sbuffa.

                ALIGHIERO - Maremma puzzona Lapa ! Sto facendo i conti !

Lapa lo guarda e sbuffa a sua volta.

                LAPA - Ma che succede in questa casa ? Da un paio di giorni un’ si po’ dire niente che salti su come un grillo !

                ALIGHIERO - (ancora nervoso) C’è... c’è che il Bardi era lì lì per affidarmi quell’affare... quando improvvisamente ci ha ripensato.

                LAPA - Non credo che gli siano mancati improvvisamente i soldi ?

                ALIGHIERO - No... è che...

Tutti si fermano a guardare Alighiero perplessi.

                EGISTO - Che è successo ?

Alighiero si alza e comincia ad aggirarsi nervoso per la stanza.

                LAPA - Alighiero si può sapere che c’è ?

                ALIGHIERO - (titubante) ... Sembra che... maremma affogata, i Ghibellini abbiano rialzato il capo !

                EGISTO - Quali Ghibellini ? A Firenze non ce n’è manco uno ?

                ALIGHIERO - Ci so’... ci so’, un’ si vedono ma ci so’.

                LAPA - E allora ?

                ALIGHIERO - Un’ sono quelli di Firenze, ma quelli di Arezzo !

                LAPA – (stupita) I Ghibellini Aretini ? E il Bardi ha rinunciato all’affare perché ad Arezzo si sono risvegliati i Ghibellini ?

                ALIGHIERO – (ironico) Sì, ‘un potevano dormire per il caldo! Noooo, è che si sono armati e stanno per mettersi sulla via di Firenze. T’hai capito ora?

                EGISTO - (preoccupato) Ma allora sarà schierato l’esercito ?

                ALIGHIERO - Ecco perché il Bardi ha piantato tutto ! Con tutto quello che ha per il capo come Capitano del Popolo, figuriamoci se si confonde con gli affari !

                LAPA - Do... dove sono gli Aretini ora ?

                ALIGHIERO - Hanno appena radunato le truppe, ma fra qualche giorno, seguendo l’Arno fino in Casentino, risaliranno i monti e punteranno su Firenze.

                EGISTO - (c.s.) Se l’esercito non si sbriga, quelli in quattro giorni arrivano alle porte della città !

                GAETANA - O Madonna Santa !

                LAPA - (preoccupata) Ma allora è  già tardi ?

                ALIGHIERO - Speriamo di no.

Dal basso si sente bussare.

                ALIGHIERO - Gaetana, va’ a vedere chi è.

Gaetana appoggia il lavoro di ricamo sul tavolo e va ad affacciarsi al balcone.

                GAETANA - ... Sì, Messer Brunello... un momento (poi ad Alighiero)... è il sor Brunello, ti vorrebbe parlare.

                ALIGHIERO - (bofonchiando) O icché vole quel briaco ? ... Digli di salire.

                GAETANA - (sempre dal balcone) Messer Brunello... aspettate, vi vengo ad aprire !

Gaetana lascia il balcone ed esce da SX.

                EGISTO - Non sarà ancora per il pozzo ?

                ALIGHIERO - Se ricomincia ce lo infilo dentro per la testa !

Lapa scoppia a ridere.

                ALIGHIERO - Perché ridi ?

                LAPA - Vorrei proprio vederti infilare la testa del sor Brunello dentro il pozzo !

                ALIGHIERO - (ridacchiando anche lui) Sì, è vero... o allarghiamo il pozzo, o facciamo due o tre viaggi per infilarcelo tutto !

Tutti ridono.

SCENA SECONDA

Da SX entrano Gaetana e Brunello. Brunello da Montalcino è un personaggio grassissimo e rubicondo che si muove a fatica su due gambette striminzite, veste sempre di nero, suda continuamente, ha un alito pestilenziale ed è impossibile stargli vicino, per di più Brunello ha il vizio di parlare ad un palmo dal viso dell’interlocutore.

                ALIGHIERO – (avvicinandosi a Brunello) Messer Brunello! Quale onore! Venite accomodatevi, sedetevi... volete rinfrescarvi?

                BRUNELLO – (asciugandosi continuamente il sudore) Grazie messer Alighiero... Maremma cavalla, oggi sono andato due minuti a controllare il livello del pozzo e in due minuti il sole mi ha lessato il cervello!

Alighiero ed Egisto si guardano preoccupati.

                LAPA – (avvicinandosi premurosa a Brunello) Venite messer Brunello, sedetevi qui... è il posto più ventilato della stanza.

               

Brunello si volta verso Lapa e si avvicina come suo solito ad un palmo dal viso.

                BRUNELLO – Grazie madonna Lapa, questo caldo m’ha proprio ridotto peggio di un cencio bagnato.

Lapa, trovandosi investita dal fiato mefitico di Brunello, vacilla appoggiandosi alla spalliera di una sedia.

                GAETANA – Messer Brunello, volete qualcosa da bere per rinfrescarvi?

                BRUNELLO – (voltandosi verso Gaetana) Grazie Gaetana,... avete del vino?

Gaetana vacilla anche lei dopo aver ricevuto la sua razione di fiatata diabolica. Lapa intanto si è seduta e si fa vento a bocca aperta.

                ALIGHIERO – Come no? Gaetana scendi in cantina e spilla una caraffa dalla botte del bianco.

Gaetana esce da SX. Brunello si siede e si fa vento con il fazzoletto..

BRUNELLO – Maremma maiala che bollori!... Che al Padreterno gli sia venuta la voglia di rifarsi del freddo che ci ha fatto patire quest’inverno?

                ALIGHIERO – (lanciando un’occhiata preoccupata ad Egisto) Messer Brunello... a cosa dobbiamo questa visita?

                BRUNELLO – (alzandosi a fatica) Messer Alighiero vu’ lo sapete che si sta radunando l’esercito...

                EGISTO – (a parte ad Alighiero senza farsi accorgere da Brunello) Non è per il pozzo.

               

Alighiero fa un gesto ad Egisto di stare zitto, Brunello prosegue nel discorso senza essersi accordo di niente.

                BRUNELLO - ... e che probabilmente ci sarà uno scontro con i Ghibellini di Arezzo?

                ALIGHIERO – (preoccupato) Sì, lo so.

                BRUNELLO - ... e che se ci si mette anche il papa, qui la faccenda va per le lunghe?

                ALIGHIERO – (c.s.) Speriamo di no.

BRUNELLO - ... e che se la faccenda va per le lunghe, l’esercito avrà bisogno di rifornimenti?

                ALIGHIERO – (incuriosito) E allora?

                BRUNELLO – Quali sono i rifornimenti di cui l’esercito avrà bisogno?

                ALIGHIERO – Be’... cavalli, somari, vettovaglie, acqua, vino...

                BRUNELLO – Altolà! Avete detto vino?

                ALIGHIERO – S... sì.

Rientra Gaetana da SX portando una brocca ed un bicchiere.

                BRUNELLO – E chi è il maggiore viticoltore della zona?

Brunello fa un gesto enfatico portando una mano al petto e tenendo un braccio disteso verso il balcone. Velocemente Gaetana riempie il bicchiere di vino e glielo mette in mano. Brunello resta per un attimo perplesso.

                ALIGHIERO – (fiutando l’affare, ma girando al largo dal fiato mefitico di Brunello) Volete dire che avete intenzione di accaparrarvi la fornitura di vino per l’esercito?

                BRUNELLO – Perché no?

                EGISTO – (avvicinandosi guardingo) Ma per un esercito ne occorre parecchio!

BRUNELLO – (voltandosi verso Egisto) Ho un rosso vecchio che picchia in testa peggio di una cambiale da 500 fiorini e ne ho tanto che se lo faccio bere agli aretini il nostro esercito vince per imbriacatura totale del nemico!

                ALIGHIERO – (sospettando le intenzioni di Brunello) E chi pensate possa favorire la vostra proposta di offrirvi come approvvigionatore ufficiale dell’esercito?

Brunello si avvicina ad Alighiero che si mette in guardia pronto a sfuggire alla fiatata alcolica.

                BRUNELLO - Ma il Capitano del Popolo !

                ALIGHIERO - (che ormai ha capito tutto) Simone de’ Bardi... e voi lo conoscete ?

                BRUNELLO - Io no, ma voi sì !

                ALIGHIERO - E vorreste che io dicessi una buona parola per voi presso messer Bardi ?

Brunello si avvicina ad Alighiero che vorrebbe fuggire, ma è trattenuto dalla voglia di saperne di più.

                BRUNELLO - Voi mi presentate al Bardi e io vi do’ il cinque per cento sulle forniture di vino all’esercito.

                ALIGHIERO - (con gli occhi che brillano) Il quindici per cento !

                BRUNELLO - Facciamo il dieci !

                ALIGHIERO - ... più l’uso gratuito del pozzo !

                BRUNELLO - E sia !

                ALIGHIERO - Tana, versa il vino !

Gaetana fa per riempire un altro bicchiere tirato fuori da una madia, resta un attimo perplessa poi scoppia a piangere, sbatte brocca e bicchiere nelle mani di Lapa ed esce da DX.

               

                BRUNELLO - Ma che l’è preso ?

                ALIGHIERO - Niente, niente, bischerate di donne !

                LAPA - (riempiendo un bicchiere e porgendolo ad Alighiero) ... ma pensate che ci sarà una guerra ?

                ALIGHIERO - Magari ! Così possiamo aprire i prestiti con il comune !

                BRUNELLO - Sì, potremmo anche fare un pensiero sui vettovagliamenti...

                ALIGHIERO - (eccitato) Venite messer Brunello, dobbiamo concludere l’accordo e studiare la faccenda.

Alighiero e Brunello si avvicinano al grande tavolo, si siedono e si immergono in una discussione silenziosa in controscena facendo ogni tanto dei conti sulle carte sparse per tutto il tavolo. Nel frattempo Lapa, che era rimasta perplessa con il bicchiere di vino in mano, osserva stupita la scena.

                LAPA - Alighiero... il vino...

Alighiero e Brunello, immersi nella loro discussione, non la degnano nemmeno di uno sguardo. Lapa guarda la caraffa e poi il bicchiere, fa le spallucce e d’un fiato tracanna il vino. Soddisfatta si lecca le labbra, poi se ne versa un altro e se lo beve.

                EGISTO - Lapa !

                LAPA - Che c’è ?

                EGISTO - Ti farà male !

                LAPA - (sorridendo) Ed allora aiutami !

Lapa riempie il bicchiere e lo porge ad Egisto

                EGISTO - No... no grazie.

                LAPA - E su, dai !

                EGISTO - No... il vino mi dà... flautolenze...

                LAPA - (sottovoce) ... ma non sai quanto giova all’ispirazione.

Egisto afferra rapidamente il bicchiere e tracanna il vino.

                LAPA - (sorridendo) ... anche se tu non ne hai bisogno !

SCENA TERZA

La scena resta per un attimo con Lapa ed Egisto che parlano sottovoce ed Alighiero e Brunello che, sempre in controscena, fanno piani, discutono e ogni tanto prendono appunti circondati da fogli e pergamene. Poi da fuori si sentono delle voci concitate avvicinarsi. Lapa ed Egisto si voltano verso il balcone. Brunello e Alighiero continuano nella loro attività senza essersi accorti di niente. Si sente sbattere il batacchio della porta esterna.

                GUIDO - (da fuori) Dante ! Hei Dante, apri !

Egisto corre al balcone e si affaccia verso il basso sulla SX

                EGISTO - Guido... che c’è ?

                GUIDO - (c.s.) Egisto, dov’è Dante ?

                EGISTO - Non lo so... è uscito !

                LAPO - (c.s.) Egisto, facci salire, ci sono grosse novità !

Egisto rientra dal balcone.

                LAPA - Che c’è ?

                EGISTO - Sono Lapo e Guido, cercano di Dante.

                LAPA - È... uscito.

Egisto esce in fretta da SX lasciando la porta aperta, si sentono dei rumori, il portone di casa che si apre e delle voci. Lapa si avvicina alla porta di SX. Alighiero e Brunello continuano imperterriti nella loro attività.

SCENA QUARTA

Da SX entrano Egisto, Lapo e Guido piuttosto agitati. Brunello e Alighiero interrompono la loro discussione e osservano incuriositi.

                EGISTO - (come se continuasse un discorso) ... ma allora è vero ?

                GUIDO - Sì, gli Aretini dovranno essere fermati prima che svalichino oppure...

                ALIGHIERO - (avvicinandosi) Che succede ?

                LAPO - Sor Alighiero, è stato radunato l’esercito, gli aretini stanno marciando verso il Casentino e dobbiamo fermarli prima che arrivino ai piedi delle montagne !

                LAPA - Madonna Santa !

                GUIDO - Il Capitano del Popolo ha riunito tutte le truppe comunali e, insieme alla cavalleria e alle autorità militari, sta richiamando tutte le maggiori personalità di Firenze.

                ALIGHIERO - (esultante) Sor Brunello, il Bardi s’è già mosso, dobbiamo sbrigarci !

Brunello, caracollando sulle sue gambette, si avvicina a Guido e gli afferra le spalle.

                BRUNELLO - Figliolo, sai se messer de’ Bardi ha nominato i furieri, i cantinieri e disposto per i vettovagliamenti ?

                GUIDO - (con voce sofferente in quanto investito dalla fiatata di Brunello) No... non lo so.

                BRUNELLO - Messer Alighiero, è il nostro momento !

                ALIGHIERO - Via !

Alighiero e Brunello con la velocità consentita dagli acciacchi dell’età, escono precipitosamente da SX, mentre Guido ha un mancamento, ma viene sostenuto in tempo da Lapo.

                LAPO - Guido ! Che hai !

                EGISTO - È... il fiato del Brunello che è un po’ pesante.

                GUIDO - (riprendendosi) Pesante ?... per un attimo ho creduto che si fosse aperta la porta degli inferi ! ... Maremma mefitica ! Quello non è un alito, quella è l’ottava piaga d’Egitto, se l’avesse sentito Mosè a quest’ora avremmo undici comandamenti !

Guido corre al balcone a respirare a pieni polmoni.

                LAPA - Ma se l’esercito è stato schierato... vu... vuol dire che anche Dante..

                LAPO - È proprio per questo che siamo venuti ! Volevamo dare la notizia a Dante...

                LAPA - Oh Gesù !

Lapa corre al tavolo si versa un altro bicchiere di vino e lo beve d’un fiato.

                EGISTO - Che significa ?

                GUIDO - (rientrando dal balcone e parlando con enfasi) ... che Dante Alighieri, la “Voce di Firenze”, avrà l’onore di combattere tra le file del nostro esercito come feditore a cavallo !

                EGISTO - Ma... Dante, a parte la scaramuccia di Poggio Santa Cecilia di quattro anni fa, non ha mai partecipato ad una battaglia !

                LAPO - È proprio per questo che il Bardi l’ha richiamato affinché “La voce del dolcestilnovo commemori in sempiterno la vittoria della Firenze Guelfa sulla ribelle e ghibellina Arezzo !” ... così ha detto.

                LAPA - Co... cos’è un “feditore” ?

                GUIDO - È un soldato della prima schiera delle milizie !

                LAPO - ... praticamente i primi che andranno a sbattere i denti contro le alabarde degli aretini !

                LAPA - (crollando su di una sedia) Oh Madonna santa !

Egisto accorre da Lapa per assisterla. Guido prende Lapo sottobraccio e si avvicina al proscenio.

                GUIDO - (a parte) Ora che ci penso... non sarà che il Bardi si vuole vendicare delle....

Guido con una mano fa il gesto delle corna.

                LAPO - (c.s.) Tu dici ?

                GUIDO - (pensieroso) Mah !

Dal basso si sente aprire e chiudere la porta esterna. Tutti in scena si voltano verso la porta di SX.

SCENA QUINTA

Da SX entra Dante trafelato con un diavolo per capello. Lapa si alza e tutti guardano ansiosi Dante che, una volta entrato, comincia ad aggirarsi nervosissimo per la stanza sbuffando, poi di ferma e li guarda.

                DANTE - (seccato) Be’... che avete da guardare ?

                GUIDO - ... eravamo venuti a cercarti per...

                DANTE - ... per dirmi che m’hanno sbattuto in prima linea contro gli aretini ?

                LAPO - S... sì...

                DANTE - Be’, tante grazie ! Già fatto ! Dal Bargello a casa mi hanno fermato in quaranta per dirmelo !

                GUIDO - Ci hanno detto che dovrai fare il cronista della battaglia ?

                DANTE - Sì, con Asdrubale sotto il sedere, sai che scrittura dritta che mi verrà !

                LAPO - Chi è Asdrubale ?

                EGISTO - Il suo cavallo.

                GUIDO - (ridacchiando) Invece della cronaca della battaglia, c’è caso che ti venga fuori quella della festa del grillo a Firenze !

                DANTE - (sempre furente) Ridi, ridi... qui c’è sicuramente lo zampino del Bardi... te lo dico io, Maremma ghibellina ! Quello, con la scusa della “Voce di Firenze” in battaglia, m’ha fregato ! Ma vedrai che te lo sistemo io, glielo faccio rompere io le corna a forza di alabardate, a costo di passare dalla parte degli aretini !

                LAPA - Dante !

                DANTE - Sì, sì... “Dante” un corno !

                LAPA - (avvicinandosi) Ma poi perché ce l’hai tanto con messere de’ Bardi ?

                DANTE - Lo so io, lo so !

Lapa si avvicina a Dante, mentre Guido, Lapo ed Egisto discutono in controscena.

                LAPA - (a parte) Mi... mi raccomando... stai attento...

                DANTE - (raddolcendosi un po’) Stai tranquilla, non ho voglia di lasciare le penne in battaglia !

                LAPA - (c.s.) Sì... sta... stai attento... so... soprattutto... lì...

Lapa, con un gesto imbarazzato, indica furtivamente il basso ventre di Dante.

                DANTE - (sorridendo e baciando la mano a Lapa) Tranquilla... devo solo fare la cronaca della battaglia, no ?

                LAPA - (preoccupata) Ma... ci riuscirai ?

                DANTE - (ad alta voce, recuperando tutta la sua baldanza) Vuoi che la “Voce di Firenze” non porti a termine il suo compito ?

Egisto, Lapo e Guido interrompono la loro discussione in controscena e ascoltano Dante incuriositi.

                DANTE - (guardando esitante Egisto) Be’... non sarà difficile ricostruire tutta l’impresa bellica... dovrò concentrarmi per farlo e...

Egisto, senza farsi vedere dagli altri, allarga le braccia alla volta di Dante, come per dire che questa volta dovrà arrangiarsi.

                DANTE - (pensando) ... Perché no ! Potrei fare come quando compongo i miei versi ! (raggiante) Certo, io a cavallo e il mio fratellino come scudiero che raccoglie le mie parole !

Egisto si fa smorto dalla paura. Lapo e Guido lo guardano, Lapa lo guarda a sua volta preoccupata.

                LAPA - Dante, ma Egisto non è un uomo d’arme !

                DANTE - (senza pensarci) Che c’entra... neanche io sono un uomo di lettere, eppure ho avuto l’incarico...

                GUIDO - Ma che dici ?

Dante si accorge della gaffe.

                DANTE - Vo... volevo dire... che io so... sono un poeta e non un... uno storico... (riprendendosi) e poi, non posso pensare, scrivere e magari anche combattere ! Perciò pregherò il Bardi di farmi seguire da Egisto come scudiero, così, come qui a Firenze Dante ed Egisto sono la mente ed il braccio, così in battaglia saranno la spada e la penna !

                LAPA - (colpita) Oh, Dante... che fierezza !

                EGISTO - (spaventato) Ma... ma... io... in ba... battaglia ?

                GUIDO - Certo ! Perché no ? È ora che la “Voce di Firenze” immortali finalmente scene epiche e tu abbia il tuo battesimo delle armi !

               

SCENA SESTA

D’improvviso si spalanca la porta di SX ed entra Alighiero.

                ALIGHIERO - No !

Tutti si voltano.

                DANTE - No cosa ?

                ALIGHIERO - Egisto rimarrà qui !

Egisto tira un sospiro di sollievo.

                DANTE - Come... io ho bisogno del braccio !

                ALIGHIERO - Per grattarti la schiena ?

                DANTE - No, per scrivere la cronaca della battaglia !

                ALIGHIERO - Zitto ! Ho parlato con messere de’ Bardi, abbiamo ottenuto l’esclusiva delle forniture all’esercito, Egisto deve restare con me per seguire la distribuzione e il carico delle vettovaglie e del vino del Brunello, e tu devi andare con l’esercito per garantire agli Alighieri il pagamento delle somme pattuite con il Comune !

               

Dante crolla su di una sedia.

                ALIGHIERO - ... e oltre a quella bischerata della cronaca degli schiaffi che vi darete con gli aretini, vedi di non perdere d’occhio il Bardi affinché non gli succeda nulla, ma soprattutto che ritorni a Firenze sano e salvo e ci paghi tutto quello che ci deve pagare ! Chiaro ?

                DANTE - (affranto piagnucolando) Non solo il Bardi m’ha fregato, ma pure il sedere gli devo parare !  

Lapo, Guido e Lapa si fanno intorno a Dante cercando di consolarlo.

                ALIGHIERO - Lapa, prepara il bagaglio a Dante, fatti aiutare da Tana...

Da fuori scena si sente Gaetana che scoppia a piangere.

                ALIGHIERO - (fra se allargando le braccia) io questa l’ammazzo... (poi di nuovo a Lapa), io ritorno col Brunello alle furerie per seguire il carico delle derrate !

Alighiero esce in fretta da SX. E Lapa esce tristemente da DX lanciando ogni tanto qualche occhiata languida a Dante.

                GUIDO - (dopo che Lapa è uscita) Dante, te l’avevamo  detto di stare attenti co’ il Bardi !

                DANTE - (piagnucolando) Quello, con la scusa della cronaca, mi fa affettare dagli aretini....

SCENA SETTIMA

Da SX entra Beatrice con un involto di stoffa in mano, per qualche attimo nessuno si accorge della sua presenza e Dante continua il piagnisteo.

                DANTE - ... ma poi cosa gli avevo fatto... a parte qualche cornetto...

                EGISTO - (accorgendosi della presenza di Beatrice) Madonna Beatrice !

                DANTE - (che non ha capito che Beatrice è nella stanza) ... si va be’ Madonna Beatrice... e che sarà mai ! Vai a sapere se  la pesantezza di testa del Bardi dipende solo da me... (a Lapo e Guido che lo compatiscono), non è che poi le altre sono da meno... se provi a prender moglie a Firenze, dopo cinque minuti ti scoppia il mal di testa ! (Dante Lapo e Guido ridacchiano) ... no, no, meglio rimanere a guardare e pescare nel pollaio... c’è una mandria di galline che non aspetta altro che il becchime... (Lapo e Guido ridono di gusto) ... specialmente poi se il pollaio è ben fornito di fiorini...

                EGISTO - Madonna Beatrice !

                DANTE - Ho capito !... Madonna Beatrice... ti sei incantato... mi sa che te, con tante galline e tanti pollai, ti sai fissato su una sola...

                BEATRICE - (a voce alta) Messer Dante Alighieri !

Tutti sobbalzano e si voltano verso Beatrice.

                DANTE - Ma... madonna Be... Beatrice, qua... quale onore.

                BEATRICE - (seccata) Ho incontrato vostro padre che mi ha fatto salire. (pausa) Messer Dante, mio marito mi ha riferito delle novità, e io vorrei da voi delle spiegazioni !

                GUIDO - (a parte a Lapo) Maremma incavolata, qui sta per scoppiare il temporale.

                LAPO - (c.s. a Guido) Sarà meglio andarcene .

                GUIDO - ... Hem... Dante, noi avremmo da fare e to... togliamo il disturbo..

                DANTE - No... ma che di... dite... rimanete...

                BEATRICE - (c.s.) Grazie messer Guido, la faccenda è delicata e deve essere chiarita tra me e messer Dante !

Lapo e Guido escono da SX alla chetichella.

SCENA OTTAVA

                DANTE - E... Egisto, tu puoi spiegare a Madonna Be... Beatrice... che

                BEATRICE - Grazie messer Egisto, ma la vostra presenza  non ci è d’aiuto, vi prego di lasciarci !

Egisto guarda Dante, allarga le braccia ed esce da DX. Dante segue smarrito l’uscita di Egisto.

                DANTE - E... Egisto !

                BEATRICE - (sempre seccata) A noi due messer Dante ! Che cosa è questa storia della cronaca di guerra ?

                DANTE - (guardandola perplesso) Co... come ?

                BEATRICE - (c.s.) Mi risulta che mio marito vi ha incaricato di ricoprire l’incarico di feditore a cavallo ?

                DANTE - S... sì...

                BEATRICE - E che sarete colui che riporterà alla storia la vicenda della battaglia con qualche vostro sonetto... o canto... o che altro ?

                DANTE - Co... così mi ha detto...

                BEATRICE - E mio marito non vi ha detto il feditore a cavallo è quello che combatte in prima linea ?

                DANTE - Non me lo ricordate... altrimenti se acchiappo il Sor Bardi...

                BEATRICE - Come vi permettete di parlare così, di mio marito... del Capitano del Popolo !

                DANTE - (alterandosi) Madonna Bice, non l’ho cercato io il posto in cavalleria e...

Beatrice si avvicina a Dante e gli sbatte l’involto di stoffa in mano, poi gli volta le spalle guardando verso il balcone. Dante guarda perplesso l’involto senza sapere che fare.

                DANTE - (perplesso) Che cos’è ?

                BEATRICE - (sempre di spalle imbarazzata) È... è per  voi...

Dante svolge la stoffa e a bocca aperta tira fuori un paio di mutandoni fatti di maglia di ferro con una protezione a conchiglia metallica sul davanti. Li solleva davanti a se in modo che il pubblico li veda chiaramente.

                DANTE - Ma che... cosa...

                BEATRICE - (c.s.) So... sono per voi... dovete stare attento, dovete proteggervi nelle... nelle pa... parti importati !

                DANTE - (piano piano si distende in un sorriso) Un grazioso presente, vi ringrazio !

                BEATRICE - (c.s.) Po... portatele sempre in battaglia...

               

Dante si volta verso Beatrice, le si avvicina lentamente alle spalle le prende le mani e gliele bacia, i due si vengono a trovare di profilo, inquadrati dalla porta finestra, mani nelle mani con le mutande corazzate che penzolano dalle mani riunite.

                DANTE - Mia dolce signora, avrò cura per ciò di cui vi date tanta premura e vi prometto che ritornerò sano ed integro per ricevere ancora una volta le vostre grazie !

                BEATRICE - Messer Dante, sta...state attento mi hanno detto che gli aretini rompono quello che quella corazza dovrebbe proteggere !

                DANTE - Anche vostro marito, madonna, anche vostro marito !

SIPARIO

FINE DEL SECONDO ATTO

TERZO ATTO

SCENA

La scena è la stessa dai primi due atti.

SIPARIO

SCENA PRIMA

Una settimana dopo. Tarda mattinata. Egisto, come al solito, è seduto al tavolo da studio e sta scrivendo: Lapa e Gaetana, sono al balcone e guardano fuori. La giornata è caldissima e fuori c’è un sole che spacca le pietre. Da fuori si sente un brusio di folla. Dopo qualche minuto Lapa rientra dal balcone facendosi vento con il ventaglio.

                LAPA – Madonna Santa che caldo! Sul balcone non si resiste.

                EGISTO – (sollevando la testa dalle carte) Ancora niente?

                LAPA – No,... ma sei sicuro che ieri avevano svalicato?

                EEGISTO – Guido così mi aveva detto... anche se un contingente è rimasto a Campaldino per assicurarsi della ritirata degli Aretini.

                LAPA – Dove?

                EGISTO – A Campaldino.

                LAPA – E dov’è?

                EGISTO – È una piana sull’Arno a settentrione del castello dei conti Guidi.

                LAPA – Ma... Dante non è con quel contigente?

                EGISTO – No, mi ha detto Lapo che sta rientrando con il grosso dell’esercito.

                LAPA – (preoccupata) Ha per caso detto se Dante è rimasto ferito?

                EGISTO – No, non mi ha detto niente al riguardo.

                LAPA – (c.s. volgendosi di nuovo verso il balcone) .... Non capisco, ormai dovrebbero essere già qui.

                EGISTO – Stai tranquilla, vedrai che...

Dal basso si sente sbattere il batacchio della porta d’ingresso.

                LAPA – (a Gaetana che è rimasta sul balcone) Chi è?

                GAETANA – Sono Lapo, Guido, Vanna e Lagia.

                LAPA – Vado io ad aprire.

Lapa esce da SX. Egisto smette di scrivere e comincia a riordinare le carte. Si sentono delle voci che salgono dai piani bassi, poi da SX entrano Lapa, Guido, Lapo, Vanna e Lagia.

SCENA SECONDA

                LAPA – (come se proseguisse un discorso con Guido) ... Sei sicuro che sono solo ferite leggere?

                GUIDO – Sì, madonna Lapa, niente di serio, solo qualche ammaccatura qua e là...

                LAPA – (imbarazzata) ...Hem... qua e là... dove?

                GUIDO  - (perplesso) Come, dove?

                LAPA – (c.s.) Sì... insomma... no.. non è che ha perso l’uso di qualche arto?

                GUIDO – No, che io sappia è tutto intero!

                LAPA – (c.s.) Bene...

Pausa. Gaetana rientra dal balcone.

                VANNA – (entusiasta) Lo sapete, si dice che sia stata una grande battaglia!

                LAGIA – È vero! Corso Donati, ha guidato l’esercito con grande valore, e in men che non si dica hanno messo in fuga i ghibellini senza neanche farli fiatare.

                VANNA – A me hanno detto che Dante è stato uno dei più valorosi e che ha guidato i suoi feditori con fierezza!

                GAETANA – Veramente?

                LAGIA – Si! Le teste che ha mozzato non si contano! E...

                VANNA – (entusiasmandosi) Sì, sì, è vero, dicono che il sangue scorreva a fiumi (con voce misteriosa) e che i fantasmi dei caduti nella battaglia resteranno per secoli a vagare per quella valle!

                GAETANA – Mamma mia!

                LAGIA – Pensate che ci sono voluti tre giorni perché la polvere della battaglia si posasse per terra!

                VANNA - ... e altri due per contare gli aretini rimasti sul campo...

                GUIDO - (ironico)... e una settimana ancora perché possiate finire di raccontare bischerate!

                LAGIA – Come?

                LAPO – A Campaldino si sono dati tre o quattro accettate e un paio di bastonate e voi state raccontando la “Canzone di Orlando” al completo, saracini compresi!

                VANNA – (seccata) Aspetta che ritorni Dante, poi vedrai con quali versi canterà le gesta dei fiorentini!

Lapa lancia un’occhiata ad Egisto che la guarda a sua volta e sospira.

                GUIDO – Su questo sono d’accordo, la “Voce di Firenze” non si smentirà neanche questa volta.

                LAPO – Non mi risulta che Dante abbia mai scritto dei versi epici... caspita! Non vedo l’ora che di ascoltarli!

                GUIDO – Bene, l’esercito è alle porte della città, la popolazione è tutta per le strade per accogliere i vincitori, noi avevamo pensato di aspettare Dante qui, a casa sua, ma poi abbiamo pensato di unirci agli altri ed aspettarlo alle porte di Firenze insieme a tutte le truppe, venite con noi?

                LAPA – (eccitata) Sì, sì!

                GAETANA – (c.s.) Vengo anch’io!

                LAPO – E tu Egisto?

                EGISTO – (pacato) No... preferisco aspettare qui.

                GUIDO – Bene, vogliamo andare?

                TUTTI – Sì, sì!

Tutto il gruppo, eccetto Egisto, esce da SX parlando a soggetto. Le voci sfumano e si sente chiudere la porta d’ingresso al piano inferiore. Egisto, rimasto solo, va lentamente al balcone e si affaccia, guarda in basso (la scena deve dare l’impressione che in strada ci sia parecchia gente in attesa dell’arrivo dell’esercito per festeggiare la vittoria di Campaldino), sposta lo sguardo sulla SX ed ha un moto di sorpresa, dopo un secondo accenna un inchino e annuisce. Beatrice dal basso gli ha chiesto di salire. Egisto scatta come un fulmine ed esce da SX. Un attimo dopo si sentono delle voci, poi da SX entra Beatrice, più bella che mai, ed Egisto dietro di lei che l’ammira ad ogni passo.

SCENA TERZA

                EGISTO - Ma... madonna Beatrice... qua... quale onore

                BEATRICE - (con noncuranza facendosi vento con un ventaglio) Messer Egisto.

                EGISTO - (girandole intorno servizievole) Venite, accomodatevi... sedetevi qui... questo è il punto più fresco della stanza...

La fa sedere al centro della stanza e Beatrice si accomoda sulla sedia come una regina.

                EGISTO - No... non siete andata ad attendere l’esercito alle porte di Firenze ?

                BEATRICE - (c.s.) No, tanto saranno loro a cercarmi.

                EGISTO - L’esercito ?

                BEATRICE - (compiacendosi) Be’ non pretendo siano così tanti i miei ammiratori.

                EGISTO - (si avvicina titubante a Beatrice e la guarda rapito) Sicuramente uno vi è sempre stato devoto.

               

Beatrice guarda Egisto sempre con noncuranza e si alza di scatto dalla sedia.

                BEATRICE - Apprezzo i vostri servigi Messer Egisto...

                EGISTO - Le vostre grazie sono sempre nei miei pensieri !

                BEATRICE - (dando le spalle a Egisto) Ah sì ?

                EGISTO - (prende coraggio e si avvicina ancora) Come potete dubitare della mia ammirazione nella vostra persona dopo tutto...

                BEATRICE - (voltandosi) Dopo tutto cosa ?

                EGISTO - (impacciato) Be’ dopo... dopo le mie dimostrazioni di...

                BEATRICE - Messer Egisto, vostro fratello mi ha dedicato fiumi di inchiostro in sonetti, odi e canti, ma voi ? Con quale saggio di affetto avete onorato la mia persona ?

                EGISTO - Io... io...  

                BEATRICE - (provocandolo)  Lo vedete ? Come posso capire se in voi c’è amore ?

                EGISTO - (gettandosi in ginocchio d’istinto le afferra una mano baciandola)

                                               Non v’accorgete voi d’un che si smore

                                   e va piangendo, sì diconforta ?

                                   Io prego voi, se non vi siete accorta,

                                   che lo miriate per lo vostro onore.[7]

                       

Beatrice spalanca gli occhi stupefatta e sfila d’istinto la mano facendo un passo indietro.

                BEATRICE - Messer Egisto...

                EGISTO - (ancora in ginocchio ancora rapito) Sì Madonna Beatrice ?

                BEATRICE - Vo... voi siete... state recitando versi di vostro fratello... per caso ?

                EGISTO - No... (si riprende e si alza in piedi) no... sì... volevo dire... anch’io o pro... provato a scrivere qualche strofa...

                BEATRICE - (scoppia a ridere) Voi che scrivete versi ! Ha, ha, ha, non ci posso credere !

Egisto abbassa la testa umiliato.

                BEATRICE - (continuando a ridere) Aveva ragione il Cavalcanti... Ha, ha, ha... a forza di copiare i sonetti di vostro fratello, qualcosa siete riuscito a mettere insieme alla fine... ha.. ha.. ha.. !

                EGISTO - ... però vi sono piaciuti !

               

Beatrice smette di colpo di ridere e cerca di ricomporsi.

                BEATRICE - (dandosi un contegno) Sì... certo... Messer Egisto sono dei bei versi, ma ammetterete che non sono certo all’altezza di quelli della “Voce di Firenze” ?

                EGISTO - (cominciando a prendere coraggio) No...

                BEATRICE – (ridacchiando tra se)... e non credo che i fiorentini sappiano di questo vostro “genio”?

                EGISTO – (abbassando la testa) No... nessuno a Firenze...

                BEATRICE – (incalzando) ... e non credo nemmeno che qualcuna delle più belle donne di Firenze sia mai stata la destinataria dei vostri versi? (a se stessa compiaciuta) ... se mai ce ne sono oltre a madonna Beatrice!

Pausa.

                EGISTO – (prendendo coraggio) Si!

                BEATRICE – (ridacchiando tra se) A sì? E chi sarebbe?

                EGISTO – Voi!

               

Beatrice si fa seria e si volta perplessa verso Egisto.

                BEATRICE – Io?

                EGISTO – Sì, voi!

                BEATRICE – Ma se gli unici versi che vi ho sentito leggere sono quelli composti da vostro fratello?

                EGISTO – (abbassando lo sguardo imbarazzato) Q... quei versi non so... sono di mio fra... fratello...

                BEATRICE – Cosa volete dire?

Poi ci pensa un attimo.

                BEATRICE – (stupita) Non mi verrete a raccontare che i versi di Dante li scrivete voi?

Poi, senza aspettare la risposta di Egisto, scoppia a ridere.

                BEATRICE – Ha, ha, ha,... no, non ci credo... ha, ha, ha, ....

                EGISTO – (cercando di non perdersi d’animo) Madonna, conoscete la storia di Paolo Malatesta e Francesca da Rimini?

                BEATRICE – (cessando di colpo di ridere) Chi?

                EGISTO – (prendendo per mano Beatrice e facendola avvicinare al grande tavolo dello studio) Sì, la dolorosissima storia di Paolo e Francesca?

                BEATRICE – (perplessa) N... no...

Egisto la fa sedere davanti al tavolo.

                EGISTO – Dovete sapere che Francesca da Rimini era figlia di Guido da Polenta, detto il Vecchio, signore di Ravenna. Francesca fu data in sposa a Gianciotto Malatesta, signore di Rimini, uomo di valore, ma dal corpo deforme, da questi ebbe una figliola  di nome Concordia. Secondo alcune cronache ella fu ingannata nel suo matrimonio: credeva di sposare Paolo, ma si ritrovò il fratello di lui Gianciotto, ma questa è solo una storia. Paolo era già sposato con una certa Orabile Beatrice, ma l’amore tra i due li colse ignari ed innocenti e li legò, ma sorpresi dal marito di lei furono insieme uccisi!

Beatrice guarda Egisto a bocca aperta.

                EGISTO – (rovistando tra le carte) In questi versi si immagina che un viaggiatore, accompagnato dal sommo Virgilio...

                BEATRICE – Chi?

                EGISTO – Virgilio.

                BEATRICE – E chi è?

                EGISTO – (sospira paziente) Il più grande dei poeti latini!

                BEATRICE – Ah... (per niente convinta)

                EGISTO – Insomma che... che questo viaggiatore visiti il regno dell’oltretomba e incontri tutte le anime che in vita commisero dei peccati e fra queste (tira fuori una pergamena) ci siano anche Paolo e Francesca, ascoltate: qui è Francesca che parla al viaggiatore:

                                                           “O animal grazioso e benigno

                                               che visitando vai per l’aere perso

                                               noi che tingemmo il mondo di sanguigno,

                                               se fosse amico il re dell’universo,

                                               noi pregheremmo lui della tua pace,

                                               poiché hai pietà del nostro mal perverso.

                                               Di quel che udire e che parlar vi piace,

                                               noi udiremo e parleremo a voi,

                                               mentre che il vento, come fa, ci tace.

Qui Francesca comincia a raccontare di se:

                                                               Siede la terra dove nata fui

                                               sulla marina dove il Po discende

                                               per aver pace con i seguaci suoi.

                                               Amor, che al cor gentil ratto s’apprende,

                                               prese costui della bella persona

                                               che mi fu tolta; e il modo ancor m’offende.

Egisto posa la pergamena si avvicina a Beatrice che lo guarda imbambolata e recita con voce profonda, senza leggere mentre da lontano il canto del menestrello fa da sottofondo ai versi.

                                                               Amor, che a nullo amato amar perdona,

                                               mi prese del costui piacer sì forte,

                                               che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Pausa.

                EGISTO – (sommesso) Qui il viaggiatore china la fronte sotto il peso delle cose ascoltate, poi le si rivolge di nuovo chiedendole che cosa avvenne in lei al tempo dei sospiri e dei desideri mancati e quale fu il modo in cui le si rivelò l’amore... ed ella rispose:

                                                               “Nessun maggior dolore

                                               che ricordarsi del tempo felice

                                               ne la miseria; e ciò sa il tuo dottore.

                                               Ma s’a conoscer la prima radice

                                               del nostro amor tu hai cotanto affetto,

                                               dirò come colui che piange e dice.

                                               Noi leggevamo un giorno per diletto

                                               di Lanciotto come amor lo strinse;

                                               soli eravamo e senza alcun sospetto

                                               per più fiate gli occhi ci sospinse

                                               quella lettura, e scolorocci il viso;

                                               ma solo un punto fu quello che ci vinse.

Egisto fa una pausa e avvicina il viso a quello di Beatrice.

                                                           Quando leggemmo il disiato riso

                                               esser baciato da cotanto amante,

                                               questi, che mai da me non fia diviso,

                                               la bocca mi baciò tutto tremante.

                                               Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:

                                               Quel giorno più non vi leggemmo avante.[8]

Beatrice, rapita dai versi, chiude gli occhi e socchiude la bocca, Egisto, tremando, avvicina lentamente le labbra a quelle di Beatrice senza osare toccarla con le mani, il canto del menestrello si fa più dolce e sale un po’ di volume, appena le labbra stanno per toccarsi, da fuori esplode l’urlo della folla, l’incantesimo è rotto Beatrice ed Egisto sobbalzano si allontanano l’uno dall’altra e guardano fuori, Beatrice si alza di scatto e corre al balcone. Egisto abbassa la testa affranto e deluso. Beatrice, dal balcone, comincia a salutare con il ventaglio sorridendo, oltre la balaustra cominciano a sfilare le punte delle alabarde e alcune bandiere colorate, si sentono le note di un gruppo di trombettieri.

                BEATRICE – Eccoli! Eccoli! Egisto venite a vedere!

                EGISTO – (tristemente, fra se) Sì, sì... arrivano gli eroi di Campaldino...

                BEATRICE – Vedo... Guido.... Lapo... Vanna... (si alza sulle punte per vedere meglio) ... c’è anche Dante! Sì, eccolo! È lui... che emozione! Stanno venendo qui!

                EGISTO – (c.s. ironico) La “Voce di Firenze” che canterà le gesta dell’esercito fiorentino che sbaragliò i Ghibellini traditori...

               

Beatrice, abbandonando ogni atteggiamento signorile, esce di corsa dal balcone ed esce da DX.            

                EGISTO – (c.s.) ... e tutte le donne di Firenze cadranno ai piedi di Dante Alighieri... prostrate dai suoi versi divini...

SCENA QUARTA

Da SX si sente arrivare un gran trambusto, e un vociare frenetico, poi si spalanca la porta ed entrano Guido, Lapo, Beatrice, Vanna, Lagia e Gaetana, tutti sorridenti ed entusiasti parlano e discutono a soggetto, poi fanno largo nella stanza.

                GUIDO – Messeri! La “Voce di Firenze”, l’eroe di Campaldino!

Da SX entra Dante. Ha ancora la maglia di ferro addosso e qualche pezzo della corazza e della tunica gli penzolano ancora, è sporco di fango e di sudore ed è di umore nero. Con la mano SX  regge le mutande corazzate che gli aveva regalato Beatrice prime di partire in battaglia, ma in questo momento sono nascoste al pubblico dalla figura di Dante. Dante si fa nel mezzo della stanza e guarda tutti in cagnesco. Tutti lo guardano in silenzio.

                EGISTO – Sa... salute fratello... co... come stai?

Dante solleva le mutande corazzate mostrandole a tutti, la conchiglia destinata a proteggere il davanti, pende dalla maglia di ferro e cade a terra nell’istante in cui Dante la solleva. Beatrice e Lapa contemporaneamente portano le mani alla bocca soffocando un grido. Poi Dante lascia cadere pesantemente a terra i mutandoni corazzati, tutti sobbalzano.

                DANTE – (guardandosi attorno) Mi avete fregato tutti!

                LAPO – Co... come...

                DANTE – (inviperito a Lapo e Guido) Voi due con la faccenda di cantare le gesta dei Fiorentini!

                GUIDO – Ma...

                DANTE – Zitto! (poi a Beatrice) Il Bardi, con la stessa scusa, mi ha fatto rompere l’ossa ben bene dagli aretini!

                BEATRICE – Messer Dante!

                DANTE – Stai zitta!

In quel momento da SX entrano Alighiero e Brunello.

                DANTE – (rivolto ai due) Per voi due e per la vostra fame di quattrini, ho dovuto parare il culo al Bardi che se la ridacchiava sperando che gli aretini mi facessero qualche ricamo sulla pancia!

                ALIGHIERO – Ma lo sai che il Bardi doveva garantire il pagamen...

                DANTE – Zitti!

Poi comincia ad avvicinarsi minaccioso ad Egisto.

                DANTE – E tu...

                EGISTO – (impaurito) Io... che...?

                DANTE – Tu, con quel cavolo di dolcestilnovo, mi hai messo in mezzo hai guai!

                LAPA – Ma Dante, che c’entra Egisto?

                DANTE – Che c’entra?... Volete sapere chi è la “Voce di Firenze”? Volete sapere chi scrive i versi divini che fanno impazzire tutte le corti d’Italia e tutte le donne della città? Eccolo! Egisto Alighieri, il sommo poeta!

                TUTTI – Ooooo!

                DANTE – Ah, ma ora basta, mi sono stancato di fare il poeta, finché si trattava della fama e dell’onore poteva anche andar bene, ma prendere alabardate solo per dover immortalare le gesta dei guelfi, no eh! Messeri! Madonne! Io sono il fratello del sommo poeta, non solo non scrivo versi, ma faccio male anche la “O” col bicchiere, perciò quando farete la rivincita con gli aretini mandateci lui a prendere le botte e a cantare le gesta!

               

Nella stanza c’è un silenzio imbarazzato, nessuno si azzarda a parlare, Dante cade di colpo su una sedia con un gran rumore di ferraglia. Egisto lo guarda, e a sentirsi riconosciuto nella “Voce di Firenze” si ringalluzzisce.

                EGISTO – (avvicinandosi minaccioso a Dante) Che cosa? Eh no! Hai voluto fare il poeta, ora ti arrangi!

Tutti guardano stupiti Egisto.

EGISTO – (arrabbiato) ... dopo tutto la fama che ti sei costruito e i danni che hai combinato in giro, pretenderesti di scaricarmi tutto addosso? No, caro mio! Troppo comodo! Hai voluto fare il poeta? Ora continui a farlo! Hai voluto cantare l’amore, le gesta e la divina poesia? Arrangiati !

                DANTE – (sempre seduto sulla sedia e intimorito dall’incalzare di Egisto che ormai gli è addosso) ... ma io...

                EGISTO – “Ma io” un corno! Alzati!

               

Tutti si guardano.

                GUIDO – Egisto... noi...

                EGISTO – Silenzio! Volevate la poesia epica che cantasse le gesta dei Guelfi?

                GUIDO – Sì... ma...

                EGISTO – Ebbene, l’ avrete! Ma ora levatevi di torno!

SCENA QUINTA

Guido, Lapo, Vanna e Lagia, cominciano lentamente ad uscire da SX.

                EGISTO – (prendendo Dante per un braccio) E tu vieni qui...

                DANTE – (timoroso) Do... dove...?

                EGISTO – (facendolo sedere con malgarbo al tavolo) Qui, a comporre versi!

                DANTE – (c.s.) Co... come...

                EGISTO – Zitto!

                ALIGHIERO – (anche lui timoroso) Ma... Egisto... Dante dovrebbe...

                EGISTO – (arrabbiatissimo) Fuori tutti!

Alighiero e Brunello escono da SX, Lagia e Gaetana da DX.

                DANTE – Ch... che debbo fa...fare...

                EGISTO – Prendi carta, penna e calamaio!

Dante esegue.

                EGISTO – (aggirandosi per la stanza con le mani dietro la schiena) Dunque....

                                                               .... “Qual forza o qual ventura

                                               ti traviò sí fuor di Campaldino,

                                               che non si seppe mai tua sepoltura ?”

                                               “Oh !”, rispuos’elli, “a piè del Casentino

                                               traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano,

                                               che sovra l’Ermo nasce in Appennino.

                                               Là ‘ve ‘l vocabol suo diventa vano...[9]

                DANTE - Ma... cosa...

                EGISTO - Scrivi e zitto !

               

SIPARIO

FINE DEL TERZO ATTO


QUADRO FINALE

SCENA

Casa del conte Monaldo Leopardi. La struttura della scena è la stessa dei due atti precedenti, solo che, naturalmente, tutto è arredato nello stile dell’epoca. Alla porta-finestra ci sono in più due grandi tendaggi e sullo sfondo il panorama è quello del campanile della chiesa di S. Agostino, (quella del “Passero solitario”) i tetti di alcune case e le cime degli alberi. Sul grande tavolo dello studio, oltre alla solita montagna di libri, al busto di Virgilio si è affiancato quello di Dante. Prima dell’apertura del sipario in scena apparirà per un attimo la scritta :

 “RECANATI  1818 ... LA STORIA SI RIPETE”

NOTA - Ovviamente per questo quadro finale possono essere utilizzati gli attori degli atti precedenti. Chi ha ricoperto la parte di Egisto potrebbe rivestire quella di Epifanio e chi Dante quella di Giacomo, tuttavia personalmente non vedo Beatrice e Silvia compatibili in quanto Beatrice la immagino una splendida donna alta, bionda e appariscente, mentre Silvia una ragazza graziosa, piccola e bruna, ma questo è solo un mio parere.

SIPARIO

SCENA PRIMA

Inverno. Primo pomeriggio. I battenti della porta-finestra sono chiusi. Il camino è acceso. Il cielo è grigio, si sente in lontananza il canto di una fanciulla intervallato dal cinguettio dei passeri sul campanile. Le uniche luci della stanza sono il camino acceso e un candeliere posato sul tavolo. In scena c’è solo Epifanio, si tratta della copia esatta di Egisto, solo che non ha il naso aquilino, ma in compenso ha una notevole gobba. Epifanio è seduto al tavolo e sta scrivendo lentamente con una penna d’oca su di un foglio di pergamena. Ogni tanto si ferma ad ascoltare incantato il canto della fanciulla, poi riprende il suo lavoro. Sul tavolo, oltre ai libri, ci sono numerosi fogli già scritti. La scena prosegue per qualche minuto, poi il canto della fanciulla si interrompe improvvisamente sostituito da una discussione animata fra un ragazzo ed una ragazza. Epifanio si alza  infreddolito si avvicina alla porta-finestra e osserva la scena della discussione che si svolge in strada, poi segue con gli occhi lo spostarsi delle voci fino a che, allarmato, sente lo sbattere di una porta e le voci che si avvicinano, si capisce che i due sono entrati in casa a stanno salendo le scale continuando nella loro discussione. Epifanio è sempre più agitato. La porta di ingresso dello studio si spalanca ed entrano litigando Giacomo e Silvia. Giacomo è un bel giovane alto ed elegante, Silvia è una graziosa brunetta tutta pepe. Epifanio, durante tutta la discussione tra Giacomo e Silvia si limiterà solo a cercare di calmarli nei momenti in cui la discussione si farà più accesa.

                SILVIA – (scocciata) T’ho detto che non lo so !

                GIACOMO – (sventolando un foglio inviperito) Non fare la finta tonta, qui c’è uno che ti manda versi dalla mattina alla sera e tu non sai chi è?

                SILVIA – Oh... mi hai stufato! Stai facendo un baccano per due o tre versi... e poi chi ti dice che li manda solo a me?

                GIACOMO – Sì, valla a raccontare a qualcun altro! Mica sono cretino!

                SILVIA – Questo è da vedersi!

                GIACOMO – Hei, ragazzina!

                SILVIA – (urlando) Ho diciotto anni e non sono una ragazzina!

                GIACOMO – (ghignando) Hai ancora le labbra bagnate di latte!

                SILVIA – Però come ti piace sentirne il sapore !

                GIACOMO – Sai quante ne trovo come te!

                SILVIA – Allora accomodati ! Sarai anche un Casanova, ma di versi come quelli non ne scriverai mai!

                GIACOMO – Figurati! Sai che ci vuole a scrivere due poesiole!

                SILVIA – Poesiole? Ma stai zitto, tu non riusciresti ad apprezzare la bellezza della poesia nemmeno se te la condissero con le melanzane!

                GIACOMO – (scartocciando il foglio che durante la discussione aveva appallottolato) E allora vediamolo questo tuo grande poeta! Questa misteriosa voce di Recanati... ecco qui... (legge)

                                                              

Silvia rimembri ancora

                                               quel tempo della tua vita mortale

                                               quando beltà splendea

                                               negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi...

            SILVIA – E questa secondo te sarei io?

                GIACOMO – Perché ti chiami forse Agiulfa?

                SILVIA – Quanto sei cretino! Ma non lo vedi che si riferisce ad una fanciulla defunta?

Giacomo rilegge il verso.

                GIACOMO - ...Ah... già... comunque non venirmi a dire che non è dedicata ad una ragazza di nome Silvia?

                SILVIA – E con ciò?

                GIACOMO – E secondo te quante Silvie ci sono a Recanati?

                SILVIA – A parte che io mi chiamo anche Teresa, e poi se fosse... (con sufficienza) ... penso di potermi permettere di avere ammiratori segreti

                GIACOMO – Sì, sì, gonfiati come un tacchino... che poi ci penso io a sgonfiarti!

                SILVIA – Dio quanto sei tarpano!

                GIACOMO – Aspetta, aspetta... senti qui... (cerca il verso)...ecco

                                                               ... di quel vago avvenir che in mente avevi.

                                               Era il maggio odoroso: e tu solevi

                                               così menare il giorno.

                GIACOMO – Porcaccia miseria! Io vorrei sapere che cosa menavi durante tutto il giorno!

                SILVIA – (urlando) E a te che te ne frega!

                GIACOMO – Se non mi dici chi è, ti butto dalla finestra!

                SILVIA – T’ho detto che non lo so!

                GIACOMO – (riprendendo fiato) ... questo scribacchino deve essere lo stesso del “Passero solitario”! ... Io vorrei sapere se si può essere più cretini a paragonarsi ad un passero!

                SILVIA – Certo che il cuore ce l’hai in fondo hai piedi ! Possibile che tu non riesca a capire la delicatezza dei suoi versi!

                GIACOMO – Sì, lo vorrei vedere alle prese con un piatto di passeri in casseruola! Secondo me farebbe prima a spolverarli dal piatto che a scriverci su una poesia!

                SILVIA - (reprimendo un singhiozzo al ricordo) Ma non riesci a provare pietà per quel povero uccelletto solitario e triste, abbandonato da tutti, che trascorre il tempo che gli resta su questa terra a cantare !

                GIACOMO - (scimmiottandola) Poverello... un uccello solitario e triste, e magari ti ha mandato la poesia perché tu vada a consolarlo e a fargli compagnia !

                SILVIA - (furibonda) Sei un maiale !

                GIACOMO - Sì però ogni tanto ti piace la compagnia di questo maiale ?

               

Silvia si gira di scatto aggiustandosi furtivamente la scollatura del vestito. Giacomo si accorge della manovra. E le si avvicina.

                GIACOMO - Hei, hei.... che diavolo nascondi ?

                SILVIA - (cercando di sottrarsi a Giacomo) Niente... niente...

                GIACOMO - Eh no !.. Vieni un po’ qui !

Giacomo la rincorre l’afferra per un braccio, Silvia si dimena gridando, Giacomo le infila una mano nella scollatura, Silvia caccia un urlo, Giacomo tira fuori un foglietto arrotolato.

                SILVIA - (cercando di riprenderlo) Dammi qua ! È mio... brutta canaglia... dammi quel foglio !

                GIACOMO - Ah ! Ci siamo ! Ecco un altro mucchio di parole di quel brigante !

                SILVIA - (c.s.) Dammi qua ! Ti ho detto !

                GIACOMO - E fammi leggere... stai ferma !

Silvia tenta di afferrare il foglio, ma Giacomo la respinge e lo apre.

                SILVIA - Leggi, leggi pure... (gli da le spalle)... tanto che ne vuoi capire tu di poesia !

                GIACOMO - (scorrendo i versi) Brutto fetente... senti, senti...

                                                               Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

                                               e questa siepe, che da tanta parte

                                               dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

                                               Ma sedendo e mirando...

... così questo furbetto ti porta in cima al monte, e poi con la scusa della poesia vi infrattate dietro la siepe dove non vi vede nessuno ! (arrabbiato) Ora non mi verrai a raccontare che non lo conosci ?

                SILVIA - (urlando) No ! No ! No ! E poi no ! Non lo conosco, non so chi sia, non l’ho mai visto e se c’è qualcuno che ogni tanto mi trascina su per il Tabor, e mi porta dietro la siepe, quello sei tu ! E non certo per recitarmi dei versi ! Mi hai stufato ! La prossima volta ci andrai da solo così le poesiole, come le chiami tu, le leggerà direttamente a te !

Silvia esce furente da SX sbattendo la porta.

SCENA SECONDA

Dopo che Silvia è uscita, Giacomo va al balcone, si affaccia sulla SX e  aspetta che Silvia esca in strada.

                GIACOMO - (a Silvia che è in strada) Stai in campana, signorina Fattorini, che se ti trovo con quel bellimbusto te la canto io una bella poesia d’amore !

                SILVIA - (dalla strada) Impiccati !

Giacomo rientra dal balcone furente.

                GIACOMO - (aggirandosi per la stanza) Brutta vigliacca... ma se lo trovo gliela faccio passar io la voglia di comporre versi ! (poi ad Epifanio) Ma tu hai capito ? Abbiamo anche il poeta misterioso che semina versi per tutta Recanati ! S’è anche sparsa la voce e tutte le ragazze non aspettano altro che ne componga di nuovi con la smania di leggerli ! Hai capito ! Lo chiamano già “Il passero solitario”, neanche fosse “La primula rossa” ! (fra se)... Vacca boia, se sapessi scriverli io quei versi, altro che Silvia ! A Recanati ci sarebbe un nuovo Casanova !

Giacomo continua ad aggirarsi furente per lo studio.

                EPIFANIO - (timidamente) Fo... forse non ha intenzione di avvicinare... le ragazze...

                GIACOMO - (si ferma e lo guarda) Non ti ci mettere anche te ora ! Ti pare uno che dice... (si fruga nelle tasche)... aspetta... (tira fuori dei fogli spiegazzati, li apre cercandone uno, nella foga qualcuno gli cade a terra)..., ma dov’è ?... Ecco !... no... , ma dov’è .... Ah, ecco qui... senti, senti ...

                                                               .... O donna mia,

                                               già tace ogni sentiero, e pei balconi

                                               rara traluce la notturna lampa :

                                               tu dormi, che t’accolse agevol sonno

                                               nelle tue chete stanze ; e non ti morde

                                               cura nessuna....[10]

Hai capito ? Lei se ne sta nelle chete stanze e lui non la cura, ma la morde !

                EPIFANIO - (timidamente) ...Ma no... “non ti morde cura nessuna”  significa “non ti tormenta nessuna preoccupazione”.

                GIACOMO - (leggendo perplesso) Tu dici ?.... Comunque è un fetente, e se scopro chi è gli faccio ingoiare tutte le sue poesie !

Giacomo straccia con rabbia i fogli. Poi riprende quello dove c’era scritto “A Silvia”. Da fuori si sente di nuovo il canto della fanciulla.

                GIACOMO - Senti quella fedifraga come canta ! (poi leggendo di nuovo) Che bandito... ma poi senti qui :

                                                               .... io gli studi leggiadri

                                               talor lasciando e le sudate carte,

                                               ove il tempo mio primo

                                               e di me si spendea la miglior parte

                                               d’in su i veroni del paterno ostello

                                               porgea gli orecchi al suon della tua voce...

... hai capito, quel guardone la spia e magari riesce anche a vederla quando va nella ritirata ! Infame, vigliacco !

Giacomo continua a leggiucchiare, poi, ad un certo momento, si ferma a riflettere e rilegge ancora.

                GIACOMO - ... un momento ! (legge di nuovo) ...d’in su i veroni del paterno ostello, porgea gli orecchi al suon della tua voce”...

Giacomo alza la testa dal foglio perplesso, ascolta la voce di Silvia che canta e poi guarda verso il balcone.

                GIACOMO - (ripetendo a se stesso) ...d’in su i veroni del paterno ostello...

           

Giacomo, stupito, esce sul balcone e guarda in basso. Rilegge ancora, si guarda intorno come per vedere se ci sono altri balconi, rientra pensieroso, con un dito fa dei gesti come per aiutarsi a ricostruire il ragionamento.

                GIACOMO - ...il balcone : “il verone del paterno ostello” ...le canzonette di Silivia : “il suon della tua voce”... e...

Il dito di Giacomo dopo aver fatto il giro della stanza si ferma su Epifanio, finalmente Giacomo realizza.

                GIACOMO - ... “Il passero solitario”

Giacomo spalanca la bocca indicando il fratello.

                GIACOMO - Che mi venga un colpo !

                EPIFANIO - ... No... Giacomo... posso spiegarti tutto... devi sapere...

                GIACOMO - Mio fratello “La Primula Rossa” di Recanati !

                EPIFANIO - No... io non volevo... mi dispiace... Silvia è...

               

Giacomo rimane per qualche istanti come un baccalà, Epifanio comincia a tremare aspettando l’esplosione del fratello.

                GIACOMO - Tu hai scritto tutta quella roba ?

                EPIFANIO - ... Sì... no... vo...volevo dire...

               

Giacomo fa un gesto come per avventarsi su Epifanio ma, fatto qualche passo con le mani ad artiglio per saltare addosso al fratello, si ferma colpito da un’idea.

                EPIFANIO - ... no.. non guardarmi così... che vuoi fare...

               

Giacomo guarda il fratello e sorride, Epifanio lo guarda stupito.

                GIACOMO - (prendendo sottobraccio Epifanio) Vieni fratellino, mi è venuta un’idea !

                EPIFANIO - Ch... che idea.. ?

                GIACOMO - Dimmi, ti piacerebbe che la gente conoscesse meglio i tuoi scritti ?

                EPIFANIO - Ce... certo, ma...

                GIACOMO - Bene, e allora lascia fare a me.

Giacomo lo trascina al tavolo da studio e lo fa sedere tenendogli una mano sulle spalle, praticamente sulla gobba.

                GIACOMO - (viscido)  Ora tu devi lasciare fare al tuo fratellone e vedrai che penserà tutto lui !

                EPIFANIO - S...sì...

                GIACOMO - Sono sicuro la cosa funzionerà, tu fidati di me, sento che la faccenda ci porterà fortuna !

Giacomo dice le ultime parole accarezzando la gobba di Epifanio.

                EPIFANIO - Ma io non sono...

                GIACOMO - Non ti preoccupare, ora ascolta quello che ti dice il tuo Giacomo (si avvicina per parlargli in maniera circospetta) ... lascia stare Silvia, il mondo è pieno di donne che non aspettano altro che sciogliersi di fronte ai tuoi... anzi, hai “nostri versi”, perciò stai attento.... mi occorre un sonetto... hai presente la moglie del... (gli sussurra il nome all’orecchio)

                EPIFANIO - Sì, ma...

                GIACOMO - Ecco, devi scrivere un sonetto, un ode... quello che ti pare... diciamo una decina di quartine... che ne dici ?

                EPIFANIO - Ma io...

                GIACOMO - No, anzi... diciamo una ballata ! Sì, una ballata... bene tu dovresti scrivere ....

Il discorso di Giacomo si perde in un sussurro all’orecchio di Epifanio, da lontano fa da sottofondo il canto di Silvia.

SIPARIO

FINE DELLA COMMEDIA


[1] Componimento poetico provenzale del XII e XIII secolo passato nella poesia italiana giullaresca.

[2] Beatrice era la moglie di Simone de’ Bardi il quale ricoprì più volte le cariche pubbliche di Podestà e di Capitano del Popolo.

[3] Nicolò IV (pontefice dal 1288 al 1292)

[4] Chiaro Davanzati, rimatore fiorentino.

[5] Attenzione, nel XIII secolo non si utilizzavano ancora i ventagli a chiusura, ma del genere di quelli utilizzati ancora oggi per ravvivare il  fuoco nei caminetti : tondi, di paglia, con il manico di legno.

[6] “Ballata, ‘i voi” - La vita Nuova

[7] Dalle rime “LXVII”

[8]  Inferno Canto V° 88-138

[9] Purgatorio canto V° 91-96

[10] “La sera del dì di festa”