Il sospetto

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IL SOSPETTO

IL SOSPETTO

Commedia brillante

in

DUE ATTI

di

Armando LOMBARDO

(armandus33@gmail.com)

www.ottimisti-teatro.it

PERSONAGGI:

Il senatore CAMILLO FORI

MATILDE moglie del senatore

FILIBERTO figlio del senatore

FLORA moglie di Filiberto

CLORINDO il nipote

GINA la cameriera

GIUSEPPE il detective

MIMMA o MIMMO aiutante del detective

ATTO PRIMO

                    (Nell'elegante salotto in casa del senatore)

SENATORE: Che fai, esci? e dove stai andando?

FILIBERTO: Sì, sto uscendo.

SENATORE: E Flora dov'è?

FILIBERTO: Mah, non lo so. Forse sarà in giardino.

SENATORE: Come? non sai dov'è tua moglie?

FILIBERTO: Ma non posso mica stare sempre dietro a...

SENATORE: E dove stai andando?

FILIBERTO: Vado all'emporio di Crespi.

SENATORE: E tua moglie non viene con te?

FILIBERTO: Ma papà! Quello che devo fare io, a lei non interessa.

SENATORE: E la lasci sola?

FILIBERTO: Sola?! Secondo te qui, in casa, Flora rimane sola?

SENATORE: Senza di te, intendo dire.

FILIBERTO: Beh, ma non possiamo mica stare sempre uno appiccicato all'altra...!?

SENATORE: E quando mai ci state l'uno appiccicato all'altra...?!

FILIBERTO: Ma insomma, papà, si può sapere che cosa vuoi esattamente da me? Prima mi fai un interrogatorio di terzo grado, poi... Si direbbe che tu mi stia rimproverando di qualcosa!

SENATORE: Te l'ho già detto altre volte, ma tu sembra che non voglia capirlo.

FILIBERTO: Ma non è che non voglio capirlo. E' che le cose non stanno come pensi tu.

SENATORE: Ah, non stanno come penso io, eh? Staremo a vedere, staremo a vedere. Però speriamo che non sia troppo tardi quando tu riuscirai ad aprire veramente gli occhi.

FILIBERTO: Ma, insomma, che cos'è che dovrei vedere?

SENATORE: Ricordati solo una cosa: ricordati che tua moglie è ancora molto giovane; specialmente in confronto a te. Guardati, là! Anziché avere trovato la fonte dell'eterna giovinezza, sembra che tu abbia trovato la fonte della vecchiaia precoce.

FILIBERTO: Ma io ho soltanto...

SENATORE: Lo so benissimo che età hai! Ci sono soltanto cinque anni di differenza tra te e Flora, ma da come ti sei ridotto sembra che ce ne siano venti.

FILIBERTO: Come mi sono ridotto?! Ma io non ho mica fatto niente per...

SENATORE: No! Tu non hai fatto niente. Ci ha pensato la natura, a te.

FILIBERTO: E io, allora, che dovrei fare? il lifting?

SENATORE: Scherza, scherza. Però tua moglie è giovane, è bella e... ancora desiderabile.

FILIBERTO: Ma papà...

SENATORE: Se fisicamente non puoi farci niente per come ti sei ridotto - ci vorrebbe un miracolo -, almeno nel comportamento agisci un po' più da giovane; specialmente nei confronti di tua moglie.

FILIBERTO: Ma io mi sento giovane...!

SENATORE: E allora dimostralo! Adesso, per esempio, che cosa vai a fare all'emporio di Crespi?

FILIBERTO: Gli dovrebbe essere arrivato un modello del Western Pacific 8024.

SENATORE: Un modello del Western Pacific...?!

FILIBERTO: Sì, proprio quello! Lo saprai, no? che è un modello storico, ormai introvabile!

SENATORE: E invece di prenderti Flora... caricartela in macchina... portartela sugli scogli o al largo in barca. Oppure - se proprio non vuoi andare lontano - prendila, infrascati con lei nel nostro parco... sdraiala sull'erba e... fagli sentire un po' della tua vi... vitalità - se veramente qualcosa ti è ancora rimasto...!

FILIBERTO: Ma papà...

SENATORE: Ma che papà e papà! Pensa al Western Pacific, lui!

FILIBERTO: Ma me lo hai detto anche tu di essere un po' più giovane...

SENATORE: Giovane, sì, ma non infantile! Adesso capisco perché tua moglie Flora non vuole venire con te...!

FILIBERTO: C'è poco da capire. Tu rimproveri sempre a me il fatto che non passiamo più tempo insieme...

SENATORE: Sì, certo! Te l'ho sempre detto e te lo dirò finché avrò fiato: devi passare più tempo con tua moglie.

FILIBERTO: Ma, io... per me lo farei. Ma è lei che non condivide i miei interessi...

SENATORE: I tuoi interessi?! E li chiami interessi?

FILIBERTO: Certo. Perché a me interessa molto quello che faccio.

SENATORE: I tuoi interessi?! e vorresti che Flora si interessasse anche lei ai tuoi interessi?

FILIBERTO: Certo. Come ogni moglie che si rispetti, anche lei dovrebbe interessarsi, partecipare un po' a quello che piace a me.

SENATORE: Lei dovrebbe...? Lei?! così giovane, così vivace culturalmente e... fisicamente? lei dovrebbe partecipare ai tui interessi?!

FILIBERTO: Certo. Perché no?

SENATORE: Ma quando ti deciderai a svegliarti e a maturare un po'? Così, tua moglie Flora, con la voglia di vivere che ha, dovrebbe stare di più con te e passare le giornate assieme a te per giocare... con i tuoi trenini elettrici?! Oh, poveri noi! (esce)

FILIBERTO: Chissà che cosa ci sarebbe di strano?!

             (Dalla stessa parte da cui è uscito il senatore entra la moglie)

MATILDE: Che cosa aveva tuo padre, che l'ho visto uscire ch'era paonazzo?

FILIBERTO: Ma lo sai, no? batte sempre quel solito tasto.

MATILDE: Che dovresti passare più tempo con Flora...?

FILIBERTO: Proprio così.

MATILDE: Eh, beh, devi avere pazienza, figlio mio. Tuo padre continua a vedere le cose alla vecchia maniera. Ma tu stai uscendo?

FILIBERTO: Sì, mamma.

MATILDE: E dove vai?

FILIBERTO: All'emporio di Crespi. Tu sapessi: gli dovrebbe essere arrivata quella locomotiva della Western Pacific che sono anni che la cerco.

MATILDE: Un'altra locomotiva per i tuoi trenini elettrici?

FILIBERTO: Sì, mamma. Ma questa è veramente un pezzo unico, un pezzo molto raro.

MATILDE: E che cosa aspetti, allora, figlio mio? vai subito dal Crespi. Non fartela scappare.

FILIBERTO: Ma... e Flora...?

MATILDE: Ma non pensare a Flora. Qualcosa lei troverà ugualmente da fare anche senza di te.

FILIBERTO: Grazie mamma. Tu sì che sei comprensiva. Allora vado. Ciao (la bacia e fa per avviarsi)

MATILDE: Aspetta.

FILIBERTO: Che c'è?

MATILDE: La merendina, l'hai fatta?

FILIBERTO: Sì, certo, l'ho fatta. Ciao.

MATILDE: E le calze? Quale calze ti sei messo?

FILIBERTO: Stai tranquilla. Ho messo le calze di lana, come vuoi tu.

MATILDE: Lo sai, caro, che anche se siamo in luglio è bene che tu porti le calze di lana. Con i piedini delicati che hai, lo sai, che poi, sennò, ti vengono i dolori sotto la pianta...

FILIBERTO: Ma sì, mamma, lo so. E' per questo che ho messo le calze di lana come vuoi tu.

MATILDE: Bravo. Fai molto bene a darmi retta, sennò lo sai che sto in pensiero. Anche se a queste raccomandazioni dovrebbe pensare tua moglie a fartele. Ma evidentemente tu non le stai a cuore quanto invece...

                 (rientra il senatore)

SENATORE: Beh? sei ancora qui?

FILIBERTO: Stavo appunto andando...

SENATORE: Vai, vai. E giacché ci sei, oltre alla tua locomotiva, perché non prendi un cavalluccio a dondolo anche per me?

                   (il figlio si chiude nelle spalle, bacia la madre ed esce)

MATILDE: Ma perché non lo lasci in pace, quel povero figliolo?

SENATORE: Già! Povero figliolo! E tu continua a trattarlo come se avesse ancora dieci anni. Povero figliolo!

               (entra la cameriera)

GINA: Mi scusi, signor senatore, di là c'è un certo dottor Volpe che dice di avere un appuntamento con lei...

SENATORE: (guardando l'orologio) Come? di già le undici? Certo, certo. Fallo entrare.

MATILDE: E chi è questo dottor Volpe?

SENATORE: Tu non lo conosci. E' una persona che deve aiutarmi a risolvere un problema.

MATILDE: Un problema? Non sapevo che tu avessi un problema. Di che si tratta?

SENATORE: Oh, beh... è un problema di fedeltà.

MATILDE: Che vuoi dire con "un problema di fedeltà"?

SENATORE: Ho detto fedeltà? No, scusa... Ho detto così?

MATILDE: Ma certo che hai detto così.

SENATORE: No, è stato un lapsus. Volevo dire... alta fedeltà.

MATILDE: Alta fedeltà? che vuoi dire?

SENATORE: Oh, cribbio! che cosa importa cosa voglio dire! Sono argomenti da uomini.

MATILDE: Mah, se lo dici tu...! Io non ci ho mai capito niente di queste cose. Forse è meglio che ti lasci solo.

SENATORE: Sì, certo. Brava. Forse è meglio che ci lasci soli.

           (la moglie esce. Entra la cameriera che introduce l'ospite)

GINA: Il dottor Volpe.

SENATORE: Prego, dottor Volpe, si accomodi.

VOLPE: Senatore, buongiorno.

SENATORE: Buongiorno, buongiorno. Ma prego, si accomodi.

VOLPE: Grazie, molto gentile. (si siede)

SENATORE: Posso offrirle qualcosa? un cognac, un wiscky...

VOLPE: No, grazie. Non bevo mai quando sono al lavoro.

SENATORE: Bravo! Ottima abitudine. Io però un goccetto me lo prendo. Ne sento proprio il bisogno (si avvia verso un mobile-bar)

VOLPE: La mia segretaria mi ha riferito del suo messaggio, ma francamente non ho ben capito il motivo della sua chiamata.

SENATORE: Sì, è vero. Non sono stato molto esauriente. Ma non mi piace parlare di certe cose per telefono. E' per questo che le ho lasciato detto di venirmi a trovare. Ma ora le spiegherò tutto con calma.

VOLPE: Grazie, le sarei molto grato.

SENATORE: Mi dicono che lei sia il miglior detective della piazza...

VOLPE: Beh, non è propro così...

SENATORE: Non sia modesto.

VOLPE: Non lo sono affatto. E' che non sono il miglior detective della piazza, ma - con il suo permesso - d'Europa.

SENATORE: Bene, bene. Tanto meglio. Io ho proprio bisogno di una persona fidata e molto capace.

VOLPE: Fidata e molto efficiente. Ma mi dica, dunque, quale sarebbe l'incarico che intende affidarmi. Spionaggio politico...? complicazioni diplomatiche internazionali...?

SENATORE: No. Niente di tutto questo. E tanto meno la politica; quello è un campo che non mi preoccupa affatto. Guai a fare politica prendendo le cose sul serio. Là si sa in partenza, come vanno le cose: oggi tu freghi me, domani io frego te.

VOLPE: Concetto molto risolutivo, devo dire.

SENATORE: Capirà: se non si ha la capacità di rimanere al di fuori dei problemi e delle varie tematiche, è meglio non darsi alla politica. Quello che conta è dare l'idea di capire e di interessarsi di tutto. E' questo quello che interessa e che vogliono gli elettori. Ma torniamo a noi. Io ho bisogno di lei per sorvegliare mia nuora.

VOLPE: Ma senatore! Con tutto il rispetto per lei e la mia considerazione per sua nuora, devo dirle che neppure l'ultimo dei miei uomini si degraderebbe ad accettare un incarico del genere. Non si offenda, ma la nostra competenza è rivolta ad incarichi ben più importanti.

SENATORE: Ma anche il mio caso è molto importante...

VOLPE: Forse per lei, senatore, ma la nostra professionalità ne verrebbe mortificata.

SENATORE: Ma io sono disposto a pagare qualsiasi cifra...

VOLPE: Non è questione di denaro. Abbiamo rifiutato casi molto più impegnativi e... seri.

SENATORE: Ma se lei si degna di ascoltarmi, le dimostrerò che anche il mio caso è molto serio. C'è di mezzo l'onore di tutta la mia famiglia.

VOLPE: Senatore, sono veramente mortificato nel dover insistere a dirle che mai potremmo occuparci di un caso come il suo; per quanto importante possa essere per lei e per la sua famiglia.

SENATORE: Ma non sia così categorico: veda di fare un'eccezione...

VOLPE: Mai! Ne andrebbe della nostra dignità professionale! Mi dispiace, ma non vedo alcun motivo per continuare questa conversazione. (si alza e fa per avviarsi)

FLORA: (entrando) Sapete per caso dov'è Filiberto? Oh! Mi scusi papi, non sapevo che avesse ospiti. Scusatemi se vi ho disturbato.

SENATORE: Non preoccuparti, Flora. Vieni. Voglio presentarti il dottor Volpe.

FLORA: Buongiorno, dottor Volpe.

VOLPE: Onoratissimo. (le bacia la mano) Buongiorno a lei, gentile signora. (la fissa molto interessato) La nuora del senatore, immagino.

FLORA: Sì, proprio così. Papi, mi dispiace moltissimo se vi ho disturbato, ma stavo cercando Filiberto. Sa dov'è?

SENATORE: Credo che sia andato all'emporio di Crespi...

FLORA: Oh, pazienza. Non fa niente. Scusatemi, tolgo subito il disturbo.

VOLPE: Lei non disturba affatto, gentile signora.

SENATORE: Ha ragione il dottor Volpe: tu non disturbi affatto. Eppoi il dottore purtroppo stava per andarsene...

VOLPE: No. Ma che dice, senatore...? C'è ancora qualche altro dettaglio da chiarire, perché io possa avere il quadro esatto della situazione.

SENATORE: (piacevolmente sopreso) Come dice?

FLORA: Beh, se non avete ancora finito con i vostri discorsi "da uomini", torno di là. Addio, dottor Volpe.

VOLPE: Arrivederci, gentile signora Flora. Spero tanto di rivederla.

SENATORE: (quasi sottovoce al detective) Questo dipende da lei.

FLORA: Arrivederci papi; io me ne torno di là a trovare il modo di ammazzare il tempo. (esce)

VOLPE: Vedo che si annoia, la signora Flora...

SENATORE: Ed è proprio per questo che sono tremendamente preoccupato.

VOLPE: Credo di cominciare a capire il suo problema, senatore.

SENATORE: Finalmente!

VOLPE: Ma il marito della signora Flora, suo figlio, voglio dire, che cosa fa? che tipo è?

SENATORE: E' uno sciagurato! Ecco che cosa è! Uno sciagurato immaturo ed incosciente che possiede un simile bocciolo e non sa assolutamente apprezzarlo.

VOLPE: Capisco...

SENATORE: Lei sa dove si trova in questo momento mio figlio anziché stare con sua moglie?

VOLPE: Mah, non so...

SENATORE: E' andato a comprare una locomotiva.

VOLPE: (fortemente sorpreso) Una locomotiva?

SENATORE: Già, proprio così! Ma non una vera. E' un modellino... lui gioca con i trenini elettrici, lui! Tu-tu...tu-tu...ciuffe-ciuffe... (con la mano mima lo scorrimento di qualcosa). E trascura la moglie!

VOLPE: Capisco...capisco... E così lei teme che qualche altro, prima o poi...

SENATORE: Proprio così! Ma non perché io non ritenga seria ed onesta mia nuora. No! Mia nuora è una donna eccezionale, seria e piena di virtù. Anzi: mi meraviglio come non l'abbia fatto ancora. Per come la tratta o, per meglio dire, per come la trascura il marito... Io, al suo posto, l'avrei già fatto becco!

VOLPE: Capisco... capisco... Quindi, finora...

SENATORE: Fedele, fedelissima! Potrei metterci la mano sul fuoco. Ma, sa? non è che si può sempre sperare sulla buona sorte. Metti che un giorno dovesse incontrare un uomo di un certo fascino che sappia prenderla nel modo giusto...

VOLPE: Capisco... capisco...

SENATORE: In questi giorni, per esempio, abbiamo ospite qui un mio lontano nipote che non so nemmeno più a quale ramo della famiglia appartenga. E' ancora abbastanza giovane, anche se stupido e goffo... ma quello che più conta, molto invadente ed intraprendente.

VOLPE: ...e lei teme che approfittando di un momento di disorientamento della signora Flora...

SENATORE: Per l'appunto! Vedo che ha centrato il problema. E' per questo che ho bisogno di una persona come lei che mi sappia tenere d'occhio la povera Flora e, al caso, intervenire tempestivamente per salvarla dalla... noia.

VOLPE: Capisco... capisco... Mi sto rendendo conto che il suo caso è molto meno banale di quanto avessi supposto all'inizio.

SENATORE: Allora accetta l'incarico?!

VOLPE: E come potrei rifiutare. Se non altro per l'aspetto umano che emerge da questa situazione.

SENATORE: Benissimo! Ero sicuro che, appena a conoscenza dei fatti, avrebbe accettato. E come intende procedere?

VOLPE: E' ovvio che per poter controllare in modo efficace la signora Flora, è necessario che abbia la possibilità di starle il più possibile vicino...

SENATORE: Potrebbe venire a stare anche lei in questa casa. Ne abbiamo tante di stanze vuote...

VOLPE: Bisognerebbe trovarne una giustificazione...

SENATORE: Eh, già. E' vero. E purtroppo non ne vedo nessuna, così, su due piedi.

VOLPE: Io un'idea l'avrei. Certo non posso presentarmi per quello che sono: prima o poi qualcuno potrebbe scoprire la mia vera identità e...

SENATORE: ...e tutto il nostro piano salterebbe in aria.

VOLPE: Però se cambiassi identità...

SENATORE: Sarebbe a dire...?

VOLPE: Potrei alloggiare qui con una identità fittizia; che so, come un suo lontano parente vissuto sempre all'estero e che nessuno di famiglia ha mai conosciuto... o, meglio ancora, come cameriere o come...

SENATORE: ...o come giardiniere! Perbacco, ma è una vera fortuna!

VOLPE: Cosa?

SENATORE: Il nostro giardiniere si è proprio licenziato la settimana scorsa. Lei potrebbe prendere il suo posto. Lui alloggiava nella dependance...

VOLPE: Potrebbe essere una buona idea.

SENATORE: Già. Però c'è il fatto che qualcuno, qua, l'ha già visto... la stessa Flora, poco fa...

VOLPE: Questo non è un problema. Sapesse di quali travestimenti siamo capaci noi...!?

SENATORE: E' sicuro che non lo riconoscerebbero?

VOLPE: Ci può giurare. Vedrà... vedrà...

SENATORE: Comunque ora è meglio che se ne vada; non vorrei che...

            (appare nuovamente la signora Flora)

FLORA: Oh, dottor Volpe, lei è ancora qui. Credevo che stesse andando via, poc'anzi... Sono veramente mortificata...

SENATORE: Non c'è nessun motivo che tu ti rammarichi, cara. Anzi, hai fatto bene a venire. Io devo andare un momento di là; ti dispiace intrattenere per qualche minuto il mio amico Volpe?

FLORA: Se al dottore non dispiace...

VOLPE: Per me è un vero onore ed un piacere enorme poter godere della sua gradevolissima compagnia.

FLORA: Com'è galante, dottor Volpe... Lei sì che sa come comportarsi con una donna.

SENATORE: Fate pure... fate pure. Io, allora, vado.

FLORA: Vada pure tranquillo, papi. Terrò io compagnia al dottore. (il senatore esce) A proposito: dottore di... cosa?

VOLPE: Vede, gentile signora Flora, si dà il caso che io abbia ben tre lauree.

FLORA: Tre lauree? Caspiterina, che cultura! Filiberto invece... Filiberto è mio marito... Filiberto, invece, ha una sola laurea. Ed indovini in che.

VOLPE: Mah... non so...

FLORA: In veterinaria! Ma se lo immagina, lei, mio marito laureato in veterinaria se non sa neppure... gli chieda come si riproducono i conigli! Lui è convinto che nascano dai cilindri dei prestigiatori!

VOLPE: Beh, ma allora perché si è laureato in veterinaria che, da quello che mi risulta, è anche una facoltà impegnativa e molto dura.

FLORA: Lo vuole proprio sapere?

VOLPE: Beh, se pensa di potermelo dire...

FLORA: Se proprio lo vuole sapere, io credo che neppure l'abbia la laurea in veterinaria. Penso che non abbia neppure l'odore di nessuna laurea. Altrimenti che motivo c'era di doversene andare a studiare proprio veterinaria a Milano quando ci sono tante altre facoltà qui, da noi?

VOLPE: Ma... e allora?

FLORA: Ma i miei suoceri ci tengono tanto a dire che loro figlio è laureato! E allora...

VOLPE: Ma tutto questo non è corretto...!

FLORA: Io, se dipendesse da me, gli avrei dato la laurea in ludicologia.

VOLPE: In ludicologia? Non sapevo che esistesse una facoltà...

FLORA: Lei sa cosa significa ludico...?

VOLPE: Vuol dire relativo ai giochi...

FLORA: Appunto! Mio marito è un vero portento con i giochi. In questo periodo è tutto impegnato con i suoi duecentoquarantadue trenini elettrici.

VOLPE: Duecentoquarantadue...?

FLORA: Proprio così: duecentoquarantadue; se in questi ultimi tre giorni che non ci siamo più nemmeno visti, non ne ha comprato qualche altro. In questo caso dovrò aggiornare l'elenco.

VOLPE: E che ci fa con tutti questi treni?

FLORA: Per quanto mi riguarda quello è capace anche di portarseli a letto, i suoi trenini!

VOLPE: Perché? lei non dorme con lui?

FLORA: Con lui? Io lo farei volentieri. Sapesse come è uggioso dormire da soli! Ma, a meno che non mi adattassi a fare uno dei suoi capistazione, non saprei proprio dove potrei trovare il posto per dormire.

VOLPE: Ma... e la vostra camera da letto...?

FLORA: La nostra camera da letto? Sono anni, ormai, che ognuno di noi due ha la sua camera personale. La nostra... quella che una volta era la nostra camera da letto, ora è occupata da trentasette diversi percorsi ferroviari. Adesso! Perché prima della mania del trenini elettrici, era interamente occupata da soldati di tutte le razze, da carri armati, ambulanze della Croce Rossa, rampe per i missili... e dal soffitto centinaia di fili con appesi altrettanti aeroplani, dirigibili... non le dico! E prima ancora...

             (entra Clorindo)

CLORINDO: Oh, cara zietta! finalmente ti ho trovata!

FLORA: Questo è... mio nipote Clorindo. Il dottor Volpe.

VOLPE: Piacere.

CLORINDO: Molto lieto. Zietta, ero venuto per invitarti a fare una passeggiata in bici. Ma vedo che sei impegnata con il signore. Tornerò più tardi...

VOLPE: No, no. Aspetti. Per quanto mi riguarda lei può rimanere tranquillamente. Non c'è niente di riservato in quello che ci stiamo dicendo, la signora e io...

CLORINDO: Oh, sì. Allora rimango. Se per voi fa lo stesso. Almeno faccio qualcosa anch'io. Sapesse che noia in questa casa, caro signore... Oh, scusami zietta, non volevo essere scortese...

FLORA: Lascia perdere, Clorindo. Non hai tutti i torti quando dici che qui si muore di noia.

CLORINDO: E Filiberto dov'è? Filiberto è il marito di mia zia.

VOLPE: Sì, lo so; grazie.

FLORA: Filiberto è fuori...

CLORINDO: L'ho sempre detto, io: quell'uomo è un vero salame!

FLORA: (più divertita che offesa) Ma Clorindo...

CLORINDO: Sì, scusami zietta. Non dovrei dirlo, lo so. Però lo penso... Ci fossi io al posto suo...!

FLORA: (scherzosa per minimizzare) Che cosa faresti, tu, se fossi al posto suo...?!

CLORINDO: (avvicinandosi all'orecchio della zia e parlandole sottovoce ma non troppo, in modo sfacciatamente passionale) Te l'ho già detto un'infinità di volte, cosa farei! Ti porterei in una baita sperduta sulle montagne... ti sequestrerei al resto del mondo, e ti farei conoscere le vere meraviglie della natura.

FLORA: (sempre scherzando, senza prenderlo sul serio) Ma a me piace di più il mare, lo sai...

CLORINDO: E allora ti porterei al largo su di un bel cabinato, e quando saremo completamente ed esclusivamente tra cielo e mare senza occhi né orecchi indiscreti, ti farei provare quello che ha provato Eva prima di essere sfrattata dal...

VOLPE: (colpetti di tosse) Chuc... chuc...

FLORA: Oh, lo perdoni, dottor Volpe. Mio nipote a volte è più bambino di mio marito.

CLORINDO: Questo mai! Tuo marito è, sì, un bambino! Io, invece, sono innamorato! Di te!

FLORA: Forse adesso è meglio che tu vada a trovarti qualcosa da fare di là. Non vorrei che il dottor Volpe dovesse pensare...

VOLPE: Stia tranquilla: io non penso mai niente.

        (rientra il senatore)

SENATORE: (con un leggero disappunto) Oh, vedo che l'ambiente si è popolato...!

FLORA: Bene. allora, ora che sei tornato io posso andare a cercare di fare qualcosa di là.

SENATORE: Sì cara; Forse è meglio che tu vada, ora.

CLORINDO: Anche io, allora, a questo punto libero il campo. Me ne vado un po' in giardino. Vuoi venire con me, Flora?

FLORA: Vengo via anch'io, ma non con te, Clorindo.

CLORINDO: Beh, pazienza. Sarà sicuramente per un'altra volta. Dottore...

FLORA: Mi scusi dottor Volpe, ma sono costretta a lasciarla. E' stato molto piacevole conversare con lei.

VOLPE: Il piacere è stato tutto mio, signora.

FLORA: Allora, addio.

VOLPE: Arrivederci.

               (Flora e Clorindo escono)

SENATORE: (quando i due sono usciti; un po' seccato) Ma qui la stanno vedendo tutti! Come può sorvegliare mia nuora se ormai tutti la conoscono?!

VOLPE: Stia tranquillo! Le ho detto che i nostri travestimenti sono efficacissimi.

SENATORE: Me lo auguro. Comunque ora è meglio che se ne vada...

          (Rientra Filiberto. In mano ha un pacco)

FILIBERTO: Ciao, papà. Ho fatto presto, eh?

SENATORE: (leggermente ironico) Sei stato un lampo. Veloce come una... locomotiva!

FILIBERTO: (molto fiero, alludendo al pacco che ha in mano) Lo puoi ben dire! E' una Western...

SENATORE: ...è una Western Pacific...! (scrolla la testa disarmato)

FILIBERTO: (che non ha afferrato lo spunto ironico del padre...) Appunto! Una Western Pacific 8024.

VOLPE: (sottovoce, al senatore) Immagino che sia suo figlio...

SENATORE: (sempre sottovoce) Proprio così.

VOLPE: (come sopra) Non vuole presentarmi?

SENATORE: (c. s.) Forse è meglio di no. Anzi, è meglio che se ne vada.

FILIBERTO: (rivolto al detective) Lei conosce la Western Pacific?

VOLPE: Beh, penso si tratti di una locomotiva...

FILIBERTO: Una locomotiva...? No. "La" locomotiva!

VOLPE: Ah, ecco...

FILIBERTO: Perché non viene con me di là? Le faccio vedere la migliore raccolta di trenini elettrici che abbia mai avuto occasione di vedere...!

SENATORE: (tempestivo) Forse un'altra volta. Adesso il mio amico deve proprio andarsene.

FILIBERTO: (deluso) Peccato! Ma spero che tornerà presto a trovarci. E forse, chissà? potrei essermi procurato qualche altro pezzo interessante. Sono alla ricerca di un tender...

SENATORE: Sì, va bene: glielo descriverai la prossima volta.

FILIBERTO: Ma certo! La prossima volta. Ora corro di là perché voglio fare vedere questa locomotiva a Flora. Sono sicuro che le piacerà moltissimo.

SENATORE: (ironico) Bravo! Penso proprio che la farai felicissima!

              (Filiberto esce). 

SENATORE: Ha visto dottore? Ora si sarà realmente reso conto di come stanno le cose e di quanto sia importante il suo incarico.

VOLPE: Sì, mi rendo conto...

SENATORE: Venga che l'accompagno alla porta. (si incamminano) Mi raccomando! L'onore della mia famiglia è nelle sue mani... (si avviano verso l'uscita)

                                        BUIO   per qualche secondo

MATILDE: (entrando insieme a Gina) Sei sicura che non manchi niente per questa sera?

GINA: Sicurissima, signora. Ho controllato proprio prima di venire qui.

MATILDE: Brava. (qualche secondo di silenzio) Li hanno poi finiti quei lavori nel giardino?

GINA: No. Non ancora, signora. Ma non dovrebbe mancare ancora molto.

MATILDE: E' una vera seccatura. E un grande fastidio, con questi operai avanti e indietro... E poi sporcano in un modo...!

GINA: Ha veramente ragione, signora: sporcano moltissimo.

MATILDE: E dove non arrivano loro, a sporcare, ci pensa quello sciagurato del nuovo giardiniere.

GINA: Proprio così, signora.

MATILDE Io continuo a chiedermi dove diavolo lo ha pescato, mio marito, quell'individuo così irritante.

GINA: Beh... sa, signora... non è che se ne trovino molti di giardinieri disponibili...

MATILDE: Beh, ma almeno uno ci sarà pure stato da prendere al posto di questo...!

GINA: Ma non bravo come Giuseppe. Sarà indisponente, però bisogna riconoscere che è bravo a fare il giardiniere.

MATILDE: Bravo... bravo... Non ci vuole mica molto ad annaffiare quattro piante...! Piuttosto, Flora dov'è? e Filiberto? è con lei?

GINA: No, non credo. Vede, il signor Filiberto è sempre su che gioca con...

MATILDE: Va bene. Va bene. Non importa dove sta mio figlio. E mia nuora, dov'è?

GINA: Poco fa l'ho vista insieme a suo nipote.

MATILDE: Quel Clorindo! Un giorno o l'altro dovrò fargli un bel discorsetto, a quel nipotastro.

GINA: Si intratterrà ancora per molto, suo nipote?

MATILDE: Mah, non so... perché me lo chiedi?

GINA: No, niente... così... tanto per dire.

MATILDE: Come sarebbe tanto per dire? C'è qualcosa che non va? A me puoi dirlo.

GINA: Ecco... vede...

MATILDE: E allora?

GINA: E' che suo nipote a volte è un po' troppo invadente.

MATILDE: Perché? ti fa la corte?

GINA: Beh, una corte vera e propria, no. Però a volte...

MATILDE: Ti importuna. E' così?

GINA: Beh, sì...

MATILDE: Oh! Sia ringraziato il cielo!

GINA: Ma, signora!

MATILDE: E io, stupida, che credevo che Clorindo facesse la corte a...

GINA: Ma signora, io... veramente...

MATILDE: Non ti preoccupare Gina. Abbi pazienza. Cerca di sopportarlo ancora per un po'! Vedrai che poi saprò come ricompensarti. Oh! ma mi raccomando: non combinare guai, eh?

GINA: Ma, signora...?!

MATILDE: (con gravità) Come dice mio marito, qui c'è di mezzo l'onore della nostra famiglia! (suonano alla porta) Ti dispiace andare a vedere chi è?

         (la cameriera esce)

GINA: (rientrando) Signora, di là c'è la fornitrice di piante che vuole parlare con Giuseppe.

MATILDE: E allora? Se vuole parlare con il giardiniere che passi dall'esterno; lo troverà di là, fuori, nel giardino, immagino.

GINA: Ma non può passare dall'esterno; non ricorda? ci stanno facendo i lavori per l'impianto di irrigazione.

MATILDE: E così non basta quanto mi sporca il giardiniere? Ora dobbiamo fare passare di qui anche i suoi fornitori...!

GINA: Allora forse è meglio che dica a Giuseppe di andare lui, di fuori, a parlare con la sua fornitrice...!

MATILDE: No! Ma sei matta?! Quello sciagurato qui, in questo salotto, non deve metterci piede se prima non si è lavato, cambiato e ripulito a dovere! Fai passare il fornitore. Io vado di là; non voglio assistere a queste invasioni. (esce)

GINA: (sporgendosi fuori della quinta) Venga, venga.

MIMMA: (entrando) Grazie, molto gentile.

       (Dall'altro lato della scena entra anche il giardiniere in tenuta da lavoro. In mano ha il gilet che poggia sulla spalliera di una sedia)

GINA: Ma, signor Giuseppe...! Lo sa che se la vede la signora, qui, prima di essersi cambiato...?! Doveva aspettare di là, nel giardino.

GIUSEPPE: Sì, lo so cosa direbbe la signora. Ma ho visto là fuori il furgone della signorina Mimma, e siccome ho fretta gli sono venuto incontro.

GINA: Ma se la signora...

GIUSEPPE: Stai calma. Non ti agitare. Con la signora me la vedo io, se dovesse venire e vedermi qui. Tu, però, ora è meglio che sparisci.

GINA: Sì, sì... certo... io non voglio saperne niente. Io me ne vado. Ma mi raccomando: non sporcate! (esce)

GIUSEPPE: (afferrando per un braccio il fornitore e avvicinandola a sé) E allora?

MIMMA: (guardandosi attorno con fare circospetto) Niente! Ieri l'ho seguita per tutto il pomeriggio, ma niente!

GIUSEPPE: Come niente?! Sarà pure andata da qualche parte...? avrà pure incontrato qualche persona...?Che so? un'amica... un amico... il nipote Clorindo...?!

MIMMA: Niente!

GIUSEPPE: Ma che significa niente?!

MIMMA: Niente. Significa proprio questo: niente!

GIUSEPPE: Ma sei sicura di non averla mai abbandonata...?

MIMMA: Mai!

GIUSEPPE: Neanche per un secondo?

MIMMA: Neanche per un secondo.

GIUSEPPE: Sicuro?

MIMMA: Sicuro!

GIUSEPPE: Giura!

MIMMA: Giuro! Ma insomma, capo, ma si può sapere perché mi tratta così? Sono otto anni che lavoro con lei; ormai dovrebbe conoscermi abbastanza...

GIUSEPPE: Sì, è vero. Scusami Mimma, non volevo offenderti. Lo so che sei molto scrupolosa nel tuo lavoro.

MIMMA: Certo che lo sono! Lo sa come mi chiamano gli altri colleghi?

GIUSEPPE: Sì, lo so, Mimma. Ti chiedo scusa se per un momento... è che questo caso mi sta particolarmente a cuore...!

MIMMA: Eh, capisco: quando si ha a che fare con un senatore è sempre meglio... ma a proposito: come va la copertura, qui, proprio nella tana del leone...?

GIUSEPPE: Magnificamente! Non hai visto? La cameriera è una di quelle persone che mi avevano visto quando sono venuto a trovare, la prima volta, il senatore. Eppure mi tratta come un giardiniere qualsiasi. Mi tratta come se non mi avesse mai conosciuto. E la stessa cosa per gli altri membri della famiglia.

MIMMA: Beh, effettivamente si è costruito un ottimo travestimento. Però anche io... eh?

GIUSEPPE: Anche tu sei perfetta come fornitrice di piante e di articoli floreali. A proposito! Tu te ne intendi di piante?

MIMMA: Beh... insomma... perché?

GIUSEPPE: E' che mi trovo in grosse difficoltà e non vorrei pregiudicare l'operazione.

MIMMA: Di che si tratta, capo?

GIUSEPPE: Dicono che da quando me ne occupo io, le piante stanno tutte... ammosciandosi.

MIMMA: Accidenti! E allora?

GIUSEPPE: E allora...! C'è la signora che mi critica e mi assilla continuamente: Giuseppe, ma non vede quelle povere piante? Giuseppe, ma perché non gli dà da bere a quelle povere piante?

MIMMA: E allora?

GIUSEPPE: E allora! Ma non sai dire altro?

MIMMA: Sì... insomma... e perché, allora, non gli dà da bere?

GIUSEPPE: Fai presto a dire, tu! Ma dove è che hanno la bocca le piante?

GINA: (rientrando) Ancora qui?! Signor Giuseppe si sbrighi! La signora può tornare da un momento all'altro!

GIUSEPPE: Non preoccuparti, Gina, e calmati. Abbiamo quasi finito. (poi rivolgendosi al fornitore) Allora ha capito, signorina Mimma? Quella pianta...

MIMMA: Quale pianta?

GIUSEPPE: (ammiccando) Quella pianta... quella di cui stavamo parlando poco fa!

MIMMA: (che ancora non ha ben capito) Ah! quella pianta....

GIUSEPPE: Sì. Quella pianta di cui stavamo parlando prima... la segua... sì, insomma... la curi, la tenga d'occhio... sì, insomma... veda che non si appassisca.

MIMMA: (cominciando a capire) Oh, sì, certo: le starò sempre dietro... sì, insomma... la terrò d'occhio e se vedo che s'appassisce... l'annaffierò.

GIUSEPPE: Bravissima. La tenga d'occhio e poi mi faccia sapere. E si annoti tutto. Sì... voglio dire... prenda nota di tutto quello che fa: a che ora... la annaffia, quante volte... la annaffia, e chi... la annaffia.

MIMMA: Stia tranquillo. Le dirò tutto...

GINA: E allora...?!

GIUSEPPE: Tranquilla. Abbiamo fatto. (rivolto a Mimma) Bene, allora ci rivediamo quando ha qualcosa di nuovo da dirmi...

MIMMA: (con aria furbetta) ... a proposito della pianta, naturalmente!

GIUSEPPE: Naturalmente. A presto.

                    (la fornitrice esce. Subito dopo entra la moglie del senatore).

MATILDE: Ma come?! Le ho già detto mille volte che non deve entrare in casa in quelle condizioni!

GIUSEPPE: Sì, è vero, ha ragione signora, ma vede...

MATILDE: Non c'è niente da vedere! Se ne torni immediatamente in giardino dalle sue piante che sicuramente hanno più bisogno di me del concime che lei si porta addosso...!

GIUSEPPE: Il concime fa bene... ingrassa...!

MATILDE: Esca immediatamente di qui! Impertinente!

SENATORE: (entrando) Ma che sta succedendo?

MATILDE: Cosa vuoi che stia succedendo?! E' sempre la solita storia! Quel tuo giardiniere sempre più insolente ed indisponente...!

SENATORE: Ma cara... lo sai che... (poi, rivolto sottovoce al giardiniere) Che altro ha combinato, questa volta?

GIUSEPPE: Ma assolutamente niente.

MATILDE: Bugiardo! Il fatto stesso che lei stia ancora qui... con quell'abbigliamento... quei rozzi stivaloni pregni di fango...

GIUSEPPE: Ma... signora... io ci lavoro...

MATILDE: E quella puzza che si porta dietro! Quando è stata l'ultima volta che si è avvicinato ad una vasca con l'acqua?

GIUSEPPE: Beh... veramente... non ricordo. Sa... con i miei reumatismi...

MATILDE: Lo vedi? lo vedi quanto è indisponente? Io... io... io non voglio più vederlo! Me ne vado! (esce infuriata)

SENATORE: Ma che cosa mi combina? Non ha visto come ha fatto infuriare mia moglie?!

GIUSEPPE: Io veramente mi sono soltanto limitato...

SENATORE: Ma è proprio necessario che lei si acconci in questo modo... in questo modo così stravagante?

GIUSEPPE: Assolutamente necessario! Ha visto, no? nessuno finora mi ha riconosciuto.

SENATORE: Sì, questo è vero. Ma se... a proposito: ho intravisto il suo aiutante; ci sono delle novità?

GIUSEPPE: No, senatore; finora nessuna novità. Il comportamento di sua nuora è inattaccabile.

SENATORE: Sicuro?

GIUSEPPE: Sicurissimo!

SENATORE: Beh, meglio così. Ma mi raccomando: non abbassate la guardia! Continuate con il massimo impegno.

FLORA: (entrando) Ciao, papi. Oh, (con aria un po' disgustata) c'è anche lei, Giuseppe?

GIUSEPPE: Beh, sì... come vede...

FLORA: E come mai qui, nel salotto?

GIUSEPPE: Ho dovuto incontrare una persona...

FLORA: Che giardiniere sofisticato, abbiamo! Lui non le incontra nel giardino o nella serra, le sue conoscenze...! lui le incontra nel nostro salotto!

GIUSEPPE: Ma, veramente...

FLORA: Le dispiace (tappandosi il naso con un fazzolettino) farsi un po' più in là?

GIUSEPPE: Beh, forse a questo punto è meglio che io me ne torni al mio lavoro.

FLORA: Bravo. Vedo che è riuscito a centrare il problema.

GIUSEPPE: Mi scusi, signora... mi scusi, senatore... con il vostro permesso io me ne torno di là.

SENATORE: Vada, vada.

FLORA: (porgendogli il gilet che Giuseppe stava dimenticandosi su di una sedia) E non si dimentichi di riportarsi di là il suo concime...!

     

sipario

 FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

                         (Stesso ambiente del primo atto)

FLORA: (entrando insieme al senatore) Papi, ma è proprio necessario continuare a tenere quel... Giuseppe, come giardiniere?

SENATORE: Anche tu, come la mamma, non puoi soffrirlo, eh? Ma lo sapete che non se ne trovano altri disponibili, almeno per il momento. E il nostro parco ha bisogno di manutenzione.

FLORA: Ma io penso che quello che doveva fare, l'abbia già fatto...!

SENATORE: Eh, no. Non credo che per il momento possiamo fare a meno di lui.

FLORA: Tu credi proprio?

SENATORE: Puoi giurarci! E vedrai che alla fine sarai proprio tu la prima a rendertene conto e a ringraziarlo.

FLORA: Ne dubito molto. Io, ringraziarlo...?!

                       (entra Clorindo)

CLORINDO: Ciao, zio. Ciao, zia.

SENATORE: Ciao Clorindo. Beh, io vado un po' di là a vedere che il giardiniere non combini altri guai.

               (appena uscito il senatore, Clorindo comincia a fissare intensamente la zia negli occhi)

FLORA: (dopo qualche secondo, infastidita) Ma insomma, Clorindo, vuoi smetterla di fissarmi in quel modo?!

CLORINDO: Oh, zia! Finalmente soli!

FLORA: Clorindo! Non fare lo scemo: smettila!

CLORINDO: (con un atteggiamento molto caricato) Non posso!

FLORA: Come, non puoi?!

CLORINDO: Non posso! E' più forte di me.

FLORA: Ti decidi a smetterla o devo chiamare Filiberto?

CLORINDO: E a che ti serve, Filiberto? Ma non l'hai ancora capito che per te ci voglio io? Io, sì, che saprei darti il gusto della vita...!

FLORA: Clorindo, smettila!

CLORINDO: Non posso, non posso! Io sono pazzo di te! Senza di te sarei come un camino senza legna... sarei come una pizza senza pomodoro e mozzarella... (fa per avvicinarsi alla donna)

FLORA: Senti, Clorindo: se non la smetti subito...

GINA: (entrando) Signora, di là c'è la ragazza della sarta. Ha portato quel suo vestito nuovo.

FLORA: (ricomponendosi) Oh, molto bene. Lo stavo proprio aspettando... (esce)

CLORINDO: (fissando la cameriera come prima aveva fatto con la zia) Oh, Gina, finalmente soli!

GINA: Signor Clorindo, la prego, non ricominci!

CLORINDO: Ma quando mai ho cominciato, con te?! (fa per avvicinarsi alla ragazza).

GINA: Signor Clorindo, si fermi o chiamo aiuto.

CLORINDO: Soltanto io posso darti quell'aiuto che ti serve. Ma non l'hai ancora capito che hai bisogno di me?

GINA: Signor Clorindo...

CLORINDO: Io, sì, che saprei darti il sapore della vita!

GINA: Signor Clorindo, la prego di smetterla...!

CLORINDO: No. Non posso, non posso! Senza di te io sarei come un camino senza legna... sarei come una pizza senza pomodoro e mozzarella...

SENATORE: (rientrando all'improvviso) Clorindo, cosa fai qui?

CLORINDO: (confuso) Oh, niente, zio. Stavo dicendo a Gina come mi piacerebbe mangiare la pizza...

SENATORE: Ma Gina non ha mai fatto pizze, in questa casa.

CLORINDO: (facendo il finto tonto) Ah, no? Beh, allora dovrò andare a mangiarmela in una pizzeria... (esce precipitosamente)

           (Gina nel frattempo, per darsi un contegno, fa finta di rassettare la stanza)

MATILDE: (entrando) Oh, caro, cercavo giusto te.

SENATORE: Ed ora mi hai trovato. Che c'è, cara?

MATILDE: Volevo ricordarti che questa sera abbiamo gente in casa...

SENATORE: (trasecolando) Abbiamo gente in casa?!

MATILDE: Ecco, vedi? Lo sapevo che te ne saresti dimenticato.

SENATORE: (riprendendosi) Ma no, ma no cara. Come puoi pensare che me ne sia dimenticato? E' vero: questa sera abbiamo invitato...

MATILDE: Appunto! Abbiamo invitato le persone più importanti della città. Ed io non vorrei fare brutta figura:

SENATORE: E perché dovresti fare brutta figura?

MATILDE: Vorrei che qui, in casa, fosse tutto perfettamente a posto.

SENATORE: Ma lo è, cara. Che cosa ti fa pensare il contrario?

MATILDE: Il tuo giardiniere!

SENATORE: Il mio giardiniere?

MATILDE: Sì, il tuo giardiniere. Con quel rospo ripugnante in giro per casa... Almeno per questa sera, mandalo via.

SENATORE: Va bene, cara. Se non è che per questo...

GIUSEPPE: (entrando) Mi ha fatto chiamare, senatore?

SENATORE: Io no.

MATILDE: (quasi svenendo) Oh, Dio mio! Ecco, lo vedi? che cosa ti stavo dicendo?! Quest'individuo è un vero flagello!

GIUSEPPE: Ma la signora ce l'ha con me? E che le ho fatto, ora?

MATILDE: (esasperata) Giuseppe! Gliel'ho detto mille volte di non entrare in casa con quei luridi stivali che adopera per lavorare nel giardino! Mi insudicia il pavimento ed i tappeti!

GIUSEPPE: Oh, ha ragione, signora! Mi scusi tanto... ha proprio ragione! (si siede sul divano o poltrona e si accinge a sfilarsi gli stivali)

MATILDE: (sentendosi venire meno) Ma... ma... e ora cosa fa?

GIUSEPPE: (con candore) Me li levo. Così non corro il rischio di sporcarle qualcosa. (si sfila gli stivali e appaiono i piedi rivestiti con vecchie calze bucate e più sudice degli stivali)

MATILDE: (schifata) Ma... non vorrà mica stare in questa casa con quelle calze?!

GIUSEPPE: No, eh? (disponibile) Non c'è problema! (comincia a togliersi anche le calze che sventola a destra e a sinistra prima di infilarle negli stivali. L'aria che smuove scuotendo le calze non deve essere certamente profumata).

MATILDE: Mio Dio! Signor Giuseppe! Deve essere proprio affezionato a quelle calze! Chissà da quanto tempo vive con loro?!

GIUSEPPE: Eh, può ben dirlo, signora. (si è tolto anche il secondo calzino. Appaiono due piedi neri di sudiciume incallito)

MATILDE: Da quanto tempo non le capita di finire con i piedi in una pozza d'acqua?

GIUSEPPE: Da molto, signora. Io ci tengo a stare con i piedi asciutti. Gliel'ho già detto, i miei reumatismi...

MATILDE: Lo vedo, lo vedo...

GIUSEPPE: E' per questo che metto spesso gli stivali di gomma.

MATILDE: Capisco, capisco. E al mare? ci va qualche volta al mare, d'estate?

GIUSEPPE: Certo che ci vado. Quasi tutti i giorni.

MATILDE: E i piedi? non se li bagna mai i piedi?

GIUSEPPE: I piedi...?

MATILDE: Sì, dico: se va in spiaggia, ci entrerà qualche volta con i piedi nell'acqua del mare?!

GIUSEPPE: Oh, certo che c'entro, in acqua! Ma mica a piedi nudi!

MATILDE: No? e perché?

GIUSEPPE: Con il mare così inquinato com'è, non voglio mica sporcarmeli, i piedi. Prima di entrare in acqua mi metto le scarpette di gomma che me li riparano.

MATILDE: (ironica) Così non si... sporcano, i piedi!?

GIUSEPPE: Brava! Vedo che ha capito perfettamente. Bisogna fare molta attenzione all'inquinamento.

MATILDE: Capisco... capisco... (alludendo ai piedi sporchi) lei ci tiene a non sporcarsi i piedi!

FLORA: (entrando) Dio mio! Che cos'è questo fetore?!

MATILDE: (accennando a Giuseppe) Non te lo immagini?

FLORA: (scorgendo finalmente Giuseppe, molto fredda) Ah, vedo... vedo. E' evidente che il signor Giuseppe si è innamorato di questo salotto...

GIUSEPPE: Effettivamente è molto bello e accogliente (si sistema più comodamente sul divano)

MATILDE: Camillo, ma tu non dici nulla? Ricordati che questa sera...

SENATORE: Sì, d'accordo cara. So benissimo cosa c'è stasera. Venga, signor Giuseppe, venga; andiamo di là...

GIUSEPPE: Certamente. Come vuole lei, senatore. (prende con sé gli stivali ed esce, insieme al senatore, dalla parte del giardino, ma dimentica una calza)

MATILDE: E'proprio un individuo insopportabile!

FLORA: (elusiva) Beh, sì. Effettivamente è un tipo sui generis...

MATILDE: Io però non ci vedo chiaro. C'è qualcosa di strano, in questa storia del giardiniere.

FLORA: Che cosa?

MATILDE: Mah, non lo so... c'è qualcosa che mi sfugge. Camillo è troppo interessato a quell'individuo. Stanno spessissimo insieme, e diverse volte li ho sorpresi a parlare tra di loro fitto fitto, a bassa voce...

FLORA: Ma Giuseppe è soltanto un giardiniere. Che cosa possono avere in comune papi e quel... tipo?!

MATILDE: Non lo so. Ma se c'è qualcosa, sono sicura che prima o poi lo scoprirò. Ma ora parliamo d'altro. Parteciperete alla festa di questa sera, tu e Filiberto, vero?

FLORA: Io senz'altro. Filiberto non lo so.

MATILDE: Come, non lo sai?!

FLORA: Non abbiamo avuto modo di parlarne.

MATILDE: Ma se è una settimana che se ne discute...

FLORA: Ed è più di una settimana che non ho la minima occasione di parlare con Filiberto.

MATILDE: Sempre occupato con i suoi...

FLORA: Sempre occupato con i suoi trenini elettrici!

MATILDE: Beh, povero ragazzo, qualcosa deve pur fare...?!

FLORA: Mami! Perché lo giustifica sempre?

MATILDE: (un po' a disagio) No, ma io non lo giustifico...

FLORA: Proprio così: lei lo giustifica e lo difende sempre. Il fatto che sia sua madre non è un motivo sufficiente perché si senta autorizzata a non vederle, certe cose.

MATILDE: Ma no. Anche io le vedo, certe cose...

FLORA: E le sembra giusto che Filiberto si comporti in questo modo con me?

MATILDE: Ma perché? In fondo Filiberto non ti ha mai fatto niente di...

FLORA: Appunto! Filiberto non mi ha più fatto niente da diversi anni!

MATILDE: Ma che mi dici, figlia mia?!

FLORA: Quello che ho detto, mamma. Io so che lei ama moltissimo il suo Camillo. Ed è evidente perfino ad un cieco che anche lui l'ama moltissimo.

MATILDE: Ci amiamo da morire, figlia mia.

FLORA: Lo so, lo vedo. Eccome se lo vedo con quale tenerezza vi guardate negli occhi tu e papà; così... in qualsiasi momento della giornata, magari anche soltanto per un attimo, ma lo fate. Ed è una gioia vedervi. Papà è un uomo pratico, sbrigativo, a volte anche un po' rude; è il suo carattere, è il suo modo di agire con gli altri. Ma con te ha sempre del tempo da dedicarti, ha sempre il pensiero ed il bisogno di starti vicino, a volte soltanto per pochi attimi, ma in quei pochi attimi è proprio vicino a te, è dentro di te con il pensiero, con il sentimento, con tutto il suo amore. Un solo attimo, ed in quell'attimo riesce a darti tutta una vita.

MATILDE: Sì, è vero. Camillo è capace di tanta tenerezza...

FLORA: Lo si capisce dal modo dolce in cui ti guarda in certi momenti... dalle piccole premure che ti regala...

MATILDE: Davvero, lo hai notato?

FLORA: Ma certo! Come ho notato quanto, malgrado la sua età, sia ancora cotto di te, e quanto ancora riesca a desiderarti: lo si nota, lo si vede: uno sguardo più intenso del solito, e - quando crede di non essere visto - una... (con la mano fa il gesto di chi suona un clacson a tromba)

MATILDE: Una...? (ripete il gesto di Flora)  Che vuoi dire?

FLORA: Sì, insomma, una... (altra suonata, ma questa volta con il braccio abbassato e la mano rivolta in avanti con movimento verso l'alto)

MATILDE: Ma, insomma, che vuol dire questo... (ripete il gesto)

FLORA: (bonariamente) Ma non fare la finta tonta! L'ho visto, sai? quando ti rifila qualche... palpatina...!

MATILDE: (imbarazzata e vergognosa) Eh, sì. C'è sempre stata una forte intesa tra me e Camillo; anche in quel senso. Devo dire di essere stata veramente fortunata: (abbracciando la nuora) Camillo è un uomo meraviglioso!

FLORA: Eppure non scala le montagne, non ti porta la luna, non ti manda ogni giorno dozzine di rose, ma sa darti ugualmente tutto il suo amore, ogni giorno, anche nelle più insignificanti circostanze, nelle più piccole cose... e tu riesci a ricambiarlo con altrettanta tenerezza. Con altrettanto amore.

MATILDE: Darei la vita, per Camillo.

FLORA: Anch'io, per Filiberto. Perché malgrado tutto credo di amarlo ancora. Ed in questi ultimi giorni ho avuto modo di verificarlo definitivamente.

MATILDE: Perché? che cosa è successo, in questi ultimi giorni?

FLORA: Non potrai mai immaginarlo, mami! In questi ultimi giorni la mia vita, forse grazie a papà, ha avuto una svolta decisiva.

MATILDE: Cosa c'entra adesso Camillo?

FLORA: Per il momento non posso dirtelo, Posso dirti solo che papà la sa veramente lunga... lui con il suo nuovo giardiniere...

MATILDE: Ma che c'entra ora anche il giardiniere?

FLORA: Non hai forse detto, poco fa, che li hai visti spesso parlottare sottovoce tra di loro come se stessero tramando qualcosa?

MATILDE: Sì. E allora?

FLORA: Per ora non posso dirti ancora nulla. Ma forse te ne parlerà direttamente papà... Vieni; andiamo a cercarlo. (escono)

        (dalla parte opposta entra furtivamente Giuseppe seguito da Mimma)

GIUSEPPE: Vieni, entra. La signora se ne è andata. (dopo essersi guardato cautamente intorno) Perché sei venuta? Ti avevo detto che...

MIMMA: Sì, lo so che mi aveva detto di non venire perché il caso è quasi concluso...

GIUSEPPE: E allora? Non capisco perché non mi hai obbedito.

MIMMA: Vede, capo, ci sono delle circostanze molto importanti delle quali ritengo necessario metterlo al corrente.

GIUSEPPE: Ma se ti sto dicendo che ormai il caso è chiuso. Cosa può esserci di tanto importante da...

MIMMA: Ho visto la signora Flora con un uomo!

GIUSEPPE: (minimizzando) E allora...?

MIMMA: E' successo due giorni fa.

GIUSEPPE: Che cosa, è successo?

MIMMA: Ho visto la signora Flora incontrarsi con un uomo al parco...

GIUSEPPE: Ma sei sicuro che fosse la signora Flora?

MIMMA: Sicurissimo! Come ora sono sicura di stare davanti a lei.

GIUSEPPE: E allora?

MIMMA: Sono stati per qualche tempo a parlare molto... confidenzialmente. Poi si sono presi sottobraccio e si sono infrascati in un angolo appartato del parco.

GIUSEPPE: Si sono infrascati...?! Ma che modo di fare rapporto?!

MIMMA: Sì, insomma, capo: l'ha capito, no? che cosa sono andati a fare!?

GIUSEPPE: E... lui? Lui, lo hai visto? Voglio dire... sapresti dire chi è?

MIMMA: Ecco. E' proprio qui la cosa strana.

GIUSEPPE: Che vuoi dire?

MIMMA: Vede, capo: se non sapessi che lei vive in questa casa, io ci avrei giurato che quell'uomo somigliasse a lei.

GIUSEPPE: A me? Ma che sciocchezza vai dicendo...?!

MIMMA: Sì, ha ragione, capo. E' una vera sciocchezza. Però...

GIUSEPPE: Che altro c'è?

MIMMA: Vede, capo: ieri, come da consegna, stavo seguendo la signora Flora senza perderla di vista un solo momento.

GIUSEPPE: Brava! e allora?

MIMMA: Ed ecco che ad un certo punto, dopo avere girato l'angolo...

GIUSEPPE: Quale angolo?

MIMMA: Quello tra via del Glicine e via Miosotis...

GIUSEPPE: ...dove c'è quel chiosco di bibite e panini?

MIMMA: Sì, proprio quello. Dunque, le stavo dicendo: dopo avere girato l'angolo dove c'è quel chiosco...

GIUSEPPE: E che c'entra adesso il chiosco?

MIMMA: Quale chiosco?

GIUSEPPE: Quello che hai appena nominato.

MIMMA: Io ho nominato il chiosco?

GIUSEPPE: Ma sì. L'hai nominato tu. Sennò io come facevo a saperlo?

MIMMA: Ah, già, è vero. No. Ma il chiosco non c'entra, era solo un'indicazione. Dunque, appena girato l'angolo, sale su di una macchina che evidentemente era lì ad aspettarla e, via, verso la periferia.

GIUSEPPE: Beh, proprio verso la periferia...?! potevano anche avere girato al primo incrocio...

MIMMA: Ma no! Proprio verso la periferia.

GIUSEPPE: Ma di là si può andare verso qualsiasi direzione. Come si fa a dire verso la periferia...!

MIMMA: Ma perché li ho seguiti.

GIUSEPPE: Tu li hai seguiti?! E come? se non ti avevo potuto dare una macchina di servizio?

MIMMA: Ne ho requisita una di passaggio.

GIUSEPPE: Cosa hai fatto?!

MIMMA: Ho requisito una macchina e li ho seguiti fino a quando sono arrivati al parco di villa Renzi.

GIUSEPPE: E allora...?

MIMMA: Sono scesi e così ho potuto intravedere anche "lui".

GIUSEPPE: Sei riuscita a vederlo? A vederlo... bene?

MIMMA: Capo, quando l'ho visto, quell'uomo, continuavo a dirmi: ma io l'ho già visto, quello là.

GIUSEPPE: E lo avevi già visto?

MIMMA: Ma... non lo so... mi sembrava di averlo già visto, ma sa? a quella distanza... E poi, di colpo, ho capito!

GIUSEPPE: Che cosa hai capito?

MIMMA: Anche quello somigliava a lei.

GIUSEPPE: A me?

MIMMA: Sì. Somigliava proprio a lei.

GIUSEPPE: Anche quello?!

MIMMA: Anche quello! Ma che razza di stranezze si verificano, a volte, nella vita. Se non sapessi che lei era qui a fare il suo lavoro...

GIUSEPPE: Eh, sì. A volte si verificano tali stranezze... Comunque ora è meglio che tu te ne vada. Non vorrei pregiudicare la copertura... (improvvisamente cambia tono) Ma che sei matta? Ventimila lire per un alberello di magnolia?! Se vado al vivaio di Romoletto ce ne prendo tre, ce ne prendo!

SENATORE: (appena entrato) Sono io, sono io. Potete smetterla di fare la commedia.

GIUSEPPE: Ah, è lei, senatore?

SENATORE: Cosa ci fa, qui, la sua aiutante? Non mi aveva detto che il caso è chiuso?

MIMMA: Avevo delle cose molto interessanti da riferire.

SENATORE: E di che si tratta?

GIUSEPPE: Sì, aveva delle cose di cui parlarmi, ma ormai sono tutte superate.

MIMMA: Sì, ma quello che ho visto io...

GIUSEPPE: D'accordo Mimma. Quello che hai visto tu è molto interessante, ma finirai di parlarmene quando rientrerò in sede. Su, ora ritorna al tuo lavoro.

MIMMA: Al mio lavoro...? Ma... e quale è, adesso, il mio lavoro...?

GIUSEPPE: Beh, allora sai cosa devi fare? Dopo un lavoro così ben fatto, ti meriti proprio una giornata di riposo. Adesso te ne vai, ti prendi tutto domani di riposo e ci rivediamo direttamente lunedi mattina nel mio ufficio. Intesi?

MIMMA: Sì... d'accordo... ma...

GIUSEPPE: Nessun ma. So che sei molto attaccata al tuo lavoro, ma questa piccola vacanza te la sei proprio meritata. Ed ora, su, via... puoi andare. E vai! (l'accompagna fuori. Mimma è confusa e non ancora pienamente convinta)

GINA: (entrando dalla parte opposta da dove sono usciti i due) Senatore, mi scusi, ma sua moglie la sta cercando.

SENATORE: E dove è, adesso?

GINA: Credo che sia andata a cercarla in giardino.

              (il senatore esce. Gina riordina la stanza. Trova il calzino di Giuseppe, lo solleva piuttosto schifata e lo butta fuori dalla quinta)

MATILDE: (entrando insieme a Flora) Oh, Gina! Credevo che foste tutti scomparsi, in questa casa...!

GINA: Lo ha visto suo marito?

MATILDE: Macché. E' un'ora che lo cerco.

GINA: Deve essere andato in giardino a cercarla. Gli avevo detto che lei lo cercava...

MATILDE: E noi, invece, lo cercavamo giù in taverna...

FILIBERTO: (entrando insolitamente vivo e felice) Oh, ecco le mie amate... amiche!

              (Gina, discretamente, esce)

FLORA e MATILDE: Filiberto!

FILIBERTO: Voi siete le persone a me più care in questo mondo insignificante! Insieme a papà, naturalmente! (abbraccia prima la madre e poi la moglie regalandole un lungo bacio)

FLORA: (riprendendo fiato) Filiberto! Cosa ti è successo?!

FILIBERTO: Che cosa mi è successo?! Ma niente.

MATILDE: Flora ha ragione. Anch'io ti trovo un po'... strano.

FILIBERTO: Strano? Vuoi dire diverso, forse?!

FLORA: Strano o diverso, comunque qualcosa ti è successo!

FILIBERTO: Ho semplicemente aperto gli occhi!

MATILDE: Io continuo ancora a non capirci un bel niente! Prima tu (rivolta a Flora) con i tuoi misteri, ora lui con le sue... rivelazioni...! Non ci sto capendo un bel niente! Ma fa lo stesso. Mi rendo conto che certe cose hanno bisogno di un po' di tempo per essere capite; quindi io ora me ne vado di là a riflettere un po', così avrete la possibilità di parlare con calma tra di voi per chiarire ogni cosa. Poi mi farete sapere. (fa per uscire) Con calma, mi raccomando! Non c'è nessuna fretta. (esce)

           (uscita Matilde, i due si riabbracciano e stanno qualche secondo stretti, in silenzio)

FLORA: Filiberto. Vuoi dirmi che cosa sta succedendo?

FILIBERTO: Vuoi proprio saperlo?

FLORA: Ma certo. Sei piombato qui come una...

FILIBERTO: Una locomotiva? Volevi dire questo?

FLORA: Beh, sì. E' la prima parola che mi stava venendo...

FILIBERTO: Errore! Non ci sono più locomotive da nominare.

FLORA: Come dici?

FILIBERTO: Dico che non ci sono più locomotive, in questa casa.

FLORA: Non ti capisco.

FILIBERTO: Ho dato via tutto. Locomotive, vagoni, binari, paesaggi, ponti, tunnel, tralicci, stazioni ferroviarie...

FLORA: ...capistazione, passaggi a livello, centrali elettriche, caselli ferroviari...

FILIBERTO: Proprio così! Ho dato via tutto! Non c'è più niente, lassù. Ho lasciato soltanto i prati finti che circondavano le linee ferroviarie.

FLORA: E perché...?

FILIBERTO: (molto allusivo) Se vieni su, te lo farò vedere... potranno servirci finché non ci riporteremo il nostro vecchio caro lettone matrimoniale.

FLORA: (schermendosi, ma non troppo) Ma Filiberto...!

FILIBERTO: Se penso, stupido, quanto tempo ho perso...

FLORA: Ma, Filiberto. (staccandosi da lui) Voglio sapere che cosa ti è successo.

FILIBERTO: Nulla. Ho semplicemente riaperto gli occhi!

FLORA: Hai riaperto gli occhi?!

FILIBERTO: Sì... no... cioè: veramente gli occhi me li ha fatti riaprire Giuseppe.

FLORA: Anche a te, Giuseppe...!

FILIBERTO: Che vuoi dire?

FLORA: Niente! Volevo dire: questo Giuseppe lo si trova sempre dappertutto...!

FILIBERTO: Per fortuna! Per fortuna che è arrivato qui questo benedetto Giuseppe!

FLORA: (quasi tra sé) Eh, sì; a chi lo dici...

FILIBERTO: Pensa: per anni ho vissuto come uno zombi, poi ti capita qui uno zotico puzzolente come Giuseppe...

FLORA: (risentita) Perché lo chiami zotico puzzolente?!

FILIBERTO: Ma cara, io ho sempre pensato che tu non potessi soffrirlo affatto, Giuseppe.

FLORA: (riprendendosi) Sì, è vero. Non potevo soffrirlo. Ma ora è diverso. Hai mai pensato che sotto quegli stracci puzzolenti può esserci un vero uomo, dolce, gentile e... comprensivo?

FILIBERTO: Sì, va bene. Ma, scusa, perché ora è diverso?

FLORA: Mah, lo hai detto tu: lui è riuscito a farti aprire gli occhi...

FILIBERTO: Già, è vero. Dunque, ti stavo dicendo: per anni ho vissuto come uno zombi finché poco fa Giuseppe mi prende per un braccio e mi dice: signor Filiberto, dovrei parlarle un attimo. E così mi ha detto tutto.

FLORA: (spaventata) Ti ha detto tutto? E che ti ha detto, Giuseppe?

FILIBERTO: Stai calma. Non c'è bisogno che tu ti agiti. Ormai io so tutto.

FLORA: (come sopra) Sai tutto? Ma... che cos'è, che sai?

FILIBERTO: Tutto quello che mi ha detto Giuseppe.

FLORA: Ho capito. Ma che cosa ti ha detto, Giuseppe?

FILIBERTO: Eh, mi ha parlato di te...

FLORA: (angosciata) Di me?

FILIBERTO: Sì, di te. Prima la stava prendendo un po' alla lontana...

FLORA: (c. s.) E poi...?

FILIBERTO: E poi, finalmente, è venuto al dunque. E mi ha aperto gli occhi.

FLORA: E' venuto al dunque? a quale... dunque?

FILIBERTO: Mi ha fatto capire quanto io sia stato stupido finora a trascurarti. Mi ha fatto capire quale donna avevo per le mani senza capirne minimamente i suoi pensieri, i suoi desideri...

FLORA: I miei desideri...?

FILIBERTO: Sì; tra l'altro. Mi ha fatto capire quali sentimenti, quale amore tu nutri per me. Mi ha fatto capire quali passioni tu saresti capace di esprimere se soltanto qualcuno te ne desse la possibilità.

FLORA: Lui ti ha detto questo...?

FILIBERTO: Ti ha paragonato ad un vulcano. Anzi, no: ti ha paragonato all'Etna che, sorniona, se ne sta per anni calma e tranquilla a covare sotto la cenere, e poi quando meno te l'aspetti esplode con tutto il suo calore travasando magma incandescente che brucia e divora ogni cosa d'intorno.

FLORA: E... che altro ti ha detto...?

FILIBERTO: Di buttar via tutti i miei trenini elettrici, di comprarmi un sismografo e di misurare il calore interno del mio vulcano! Vieni! Ho già pronto il sismografo! (l'afferra per un braccio e la trascina fuori)

SENATORE: (entrando con Giuseppe) Niente! Non è neanche qui. A volte questa casa diventa un labirinto: mia moglie cerca me, io cerco lei e non riusciamo ad incontrarci. Comunque, ora che siamo soli, deve confidarmi come è riuscito a fare il miracolo con mio figlio e Flora.

GIUSEPPE: Ma non c'è stato nessun miracolo. Io mi sono limitato soltanto a fare un bel discorsetto a suo figlio Filiberto.

SENATORE: Ma che cosa gli ha detto per fargli fare un cambiamento così radicale...?

GIUSEPPE: Nulla di speciale. Gli ho detto quelle solite cose che si dicono tra amici... gli ho parlato dei fiori... delle api...

SENATORE: E con mia nuora? Come è riuscito a farle...

GIUSEPPE: Con sua nuora è stato molto più semplice...

SENATORE: (dopo un attimo di riflessione) Ah! Ora capisco! In questi ultimi giorni ho notato che lei l'ha sempre tallonata a vista... più del solito...

GIUSEPPE: Sì, è vero: in questi giorni le sono stato particolarmente addosso...

SENATORE: Geniale! Così siamo proprio sicuri che non può esserci sfuggito nulla. E' così, vero?

GIUSEPPE: Beh, sì. Diciamo pure così...!

SENATORE: E... l'ha vista con altri uomini?

GIUSEPPE: Non che non siano... di casa.

SENATORE: Magnifico! Ora sì che posso vivere tranquillo! Quel citrullo... mio figlio si è finalmente liberato di tutti i suoi trenini, ed i due piccioncini hanno ricominciato a tubare...

        (entrano Matilde, Flora e Filiberto)

MATILDE: Oh, Camillo, finalmente ti trovo! Volevo dirti che ho appena disdetto la festa per questa sera.

SENATORE: Come, cara?

MATILDE: Noi due stasera ce ne andiamo fuori, a teatro. Il signor Giuseppe mi ha detto che questa sera ci lascia perché ha trovato un nuovo lavoro. A Gina ho dato una serata extra di libertà. E voi due, ci dispiace, ma dovrete rimanervene soli soli. Spero proprio che non vi annoiate! Bene! Caro, ora vorrei che tu mi aiutassi a scegliere il vestito per questa sera. (invita con il braccio il marito e si fa accompagnare fuori)

FLORA: E' proprio un vero tesoro, tua madre!

FILIBERTO: Hai ragione, cara. Ha sempre delle ottime idee, la mamma. Ed ora non ci resta che darle retta e seguire il suo programma della serata. (invita la moglie a seguirlo fuori)

FLORA: Sì, caro. Abbiamo tutta la serata per noi. Ma ora incamminati, lasciami un attimo sola con il signor Giuseppe. Devo dirgli qualcosa.

FILIBERTO: Sì, ti capisco. Hai ragione! Dobbiamo molto al signor Giuseppe noi due. Ti aspetto di là. Arrivederci signor Giuseppe. E grazie. Grazie di tutto.

GIUSEPPE: Non è il caso che lei mi ringrazi...

            (Filiberto esce. Silenzio e imbarazzo tra i due)

FLORA: (a mo' di rimprovero benevolo, alquanto impacciata) ...e quando pensa di togliersi di dosso questo abbigliamento così poco dignitoso...?

GIUSEPPE: Non vorrà dirmi che è voluta restare sola con me per chiedermi questo?

FLORA: No. Ha ragione. Ma non so proprio da dove cominciare...

GIUSEPPE: Per dire che cosa? A questo punto non credo che ci sia più nulla da dire.

FLORA: Come potrò mai ringraziarla?

GIUSEPPE: Per cosa? Lei deve ringraziare soltanto se stessa.

FLORA: No, non è vero. Io ho tanta vergogna di me stessa! Ed anche nei suoi confronti... temevo che non avrei mai più avuto il coraggio di guardarla negli occhi.

GIUSEPPE: Negli occhi... Quei suoi occhi splendidi che richiamano la profondità delle sorgenti e la purezza della loro acqua.

FLORA: Temo che ormai, per me, non si possa più parlare di purezza...

GIUSEPPE: Ma che dice? Non ha motivi di tormentarsi così...

FLORA: Ma quando si permette ai propri pensieri di...

GIUSEPPE: Sarebbe più giusto dire: quando gli altri ci costringono a rivolgere i nostri pensieri...

FLORA: Ma non si tratta soltanto di pensieri...

GIUSEPPE: Fa tutto parte della vita.

FLORA: La vita! Ma chi è che disegna lo schema della nostra vita? chi è che tesse per noi le trame delle nostre scelte e delle nostre stesse azioni? E chi è che, da un giorno all'altro, ha la crudeltà di annullare di colpo tutto quanto già scritto e di sconvolgerti quella vita alla quale ormai ti eri, malgrado tutto, rassegnata?

GIUSEPPE: Siamo noi che ci costruiamo la nostra vita, giorno dopo giorno, con le nostre scelte a volte insignificanti, a volte tanto importanti e gravi da sembrarci, sul momento, al di sopra di ogni nostra capacità.

FLORA: Ma se siamo noi a fare le nostre scelte... io la mia l'avevo già fatta! Che bisogno c'era di essere messa alla prova?

GIUSEPPE: Per non dover avere, per tutto il resto della vita, il rimpianto di non aver cercato altro, ed il rimorso di non avere provato altro.

FLORA: Invece, ora so!

GIUSEPPE: Sicuro. Anche se il prezzo da pagare e stato molto alto.

FLORA: Sì. E non so se riuscirò mai a convincermi che era proprio necessario provare.

GIUSEPPE: Io sono sicuro di sì.

FLORA: E proprio lei me lo dice?! Lei, al quale forse ho fatto più male che ad ogni altro...!? Potrà mai perdonarmi di averlo coinvolto in questo mio problema?

GIUSEPPE: Di lei non potrò che conservare un ricordo bellissimo.

FLORA: Veramente non si è sentito "usato" perché io e Filiberto arrivassimo a ritrovare la nostra armonia?

GIUSEPPE: Quello che ho fatto, l'ho fatto con piena consapevolezza e con il forte desiderio di farlo.

FLORA: Filiberto le sarà eternamente grato...

GIUSEPPE: E lei...?

FLORA: Non lo dimenticherò mai!

FILIBERTO: (entrando con un aquilone in mano) Guarda cara, cos'ho trovato in soffitta! (con aria furba) Ti piace questo aquilone?

              (Flora e Giuseppe si guardano smarriti negli occhi)   

    cala il sipario

 

F I N E