Il talismano

Stampa questo copione

IL TALISMANO

Commedia in un atto

Di RENÈ WACHTHAUSEN

Traduzione di Enzo Gariffo

PERSONAGGI

ENRICO

UN OPERAIO

MADDALENA

LA SIGNORA SEVRAIN

UNA GOVERNANTE

Il salone d'una villa. Finestre in fondo. A destra, porta che immette in una sala da pranzo dalla quale si intravvede una tavola apparecchiata. Porte a destra e a sinistra. Un pianoforte. Mobili antichi, tra i quali un tavolino rotondo e una poltrona modernissimi. Alle pareti sono appese stampe moderne e una tela di Van Dongen.

(Al levarsi del sipario, un operaio è intento a fare scorrere una corda tra gli anelli della tenda esterna d'una finestra. E' un uomo di circa cinquantacinque anni. Enrico e. la governante lo guardano lavorare. L'operaio si volta per prendere, un paio di forbici).

Enrico                           - Sono vecchie.

L'operaio                       - (con tono sgradevole) Le tende? Non so che farci. Non me ne occupo neppure. Metto a posto le corde, ma non le tocco. Ormai, avranno una ventina d'anni.

Enrico                           - Il vostro padrone dice che non si possono ri­voltare.

L'operaio                       - Il padrone... il padrone... Non dico di buttarle via. Ma quando uno porta da vent'anni un paio di pantaloni, bisognerebbe cambiarli. Io vengo qui da vent'anni. E quan­do una tenda ha vent'anni vuol dire che ha fatto il suo tempo. Come volete che tolga il fusto? Non è possibile.

Enrico                           - Ma sì.

L'operaio                       - Come? Ma se è preso nel fil di ferro.

Enrico                           - Forse, inclinandolo un po', così...

L’operaio                      - Ah, così!... Vi ho detto che non è possibile. Voi conoscete il vostro mestiere? Ebbene, io conosco il mio. Non posso toglierlo.

Enrico                           - Lo toglierò io. Fate il resto.

L’operaio                      - Voi riuscirete a toglierlo?

Enrico                           - Sì. (Esce a destra).

L'operaio                       - (alla governante, con un cenno di occhi) An­ch'io, se volessi, potrei toglierlo. E meglio di lui. Ma non ho voglia di perdere il mio tempo. E' un bell'originale. Quella gente, quando ha un paio di pantaloni vorrebbe che durasse fino al giorno del giudizio.

La governante               - Ohe volete farci... Bisogna aver pazienza. I padroni sono padroni.

L’operaio                      - Quelle tende sono state voltate e rivoltate un milione di volte. Nossignore, bisogna che servano ancora.

La governante               - Bisogna prendere il mondo come viene. Anch'io talvolta vorrei fare a modo mio. Ma la padrona, neanche a farlo apposta, ha sempre un'altra idea.

L’operaio                      - Ah! ah! Buffa, questa! Ma quando ho un vec­chio paio di pantaloni non lo rivolto.

La signora Sevrain        - (entrando e infilandosi un paio di guanti) Non sapete dove sia mio figlio?

La governante               - Era qui, or ora. E' uscito di là.

La signora                     - Eccolo. (Enrico entra. La governante esce). Enrico, io esco. Se arriva la signora Coqueron prima ch'io ritorni, trattienila. Va bene?

Enrico                           - Sta' tranquilla.

La signora                     - Dille che voglio assolutamente che si fermi con me a pranzo. E poi, spiegale le ragioni di questa mia breve fuga.

Enrico                           - Sì, sì. Sta' tranquilla.

La signora                     - Allora, arrivederci. (Esce).

Enrico                           - (all'operaio) Andate via?

L'operaio                       - (sempre più sgradevole) Ho messo a posto le corde... Vado a vedere le tende della cucina. Ma non posso assicurare di met­terle in ordine. Quelle benedette tende sono state voltate e rivoltate un milione di volte.

Enrico                           - Volete bere un bicchier di vino?

L'operaio                       - (raddolcito) Come volete... (Enrico va nella sala da pranzo, e torna con una caraffa e un bicchiere. Versa del vino bianco). A me piace il rosso.

Enrico                           - Ah! sì? Se non è che questo

(Ritorna nella sala da pranzo).

L’operaio                      - Ci sono alcuni che preferiscono il vino bianco, e.altri quello rosso.

Enrico                           - (ritornando con il vino rosso) E ci sono altri, invece, che li preferiscono tutti e due. (Versa da bere).

L’operaio                      - Sì, ma a me piace quello rosso.

Enrico                           - (offrendogli un bicchiere di vino rosso) Ecco.

L’operaio                      - Grazie, signore. Alla vostra sa­lute.

Enrico                           - Grazie.

L'operaio                       - (degustando) E' buono. Non è di quello amaro. Potrei dirvi Perché a me piace quello rosso, ma è certo che mi piace il rosso. (Beve d'un fiato). Non siete mica offeso?...

Enrico                           - Perché?

L’operaio                      - Perché v'ho detto che a me piace il vino rosso. A voi, forse, piace il bianco?

Enrico                           - (sorridendo) Non fa niente.

L'operaio                       - (meravigliato) Ah? A voi piace di più il bianco?

Enrico                           - Ma sì.

L’operaio                      - Strano. A voi piace il bianco.

Enrico                           - Non vi offenderete, spero.

L’operaio                      - Io? Ah, ah! Ciascuno ha il suo gusto. Certo, se a me piace il vino rosso, non sono un imbecille. Intendo dire che, anche a pranzo, bevo vino rosso. (Suonano. Enrico va alla finestra, guarda nel giardino, poi si allon­tana verso la sala da pranzo). E, in quanto alle tende, non dico di buttarle via. No. Ma, quando ho un paio di pantaloni vecchi, non li rivolto.

Maddalena                    - (enìtra, introdotta dalla gover. nante. L'operaio, stupito dàlia bellezza di questa creatura, si ferma sulla soglia). La signora Sevrain ha operai in casa?

La governante               - Per qualche riparazione. Figuratevi che queste tende non vogliono più funzionare.

L’operaio                      - Sfido... Dopo vent'anni e dopo essere state voltate e ri...

La governante               - Noni fate dello spirito. An­date piuttosto a vedere quelle della cucina.

L’operaio                      - Come? (Cerca una risposta che non trova). Ah, già. (Esce, alzando le spalle).

La governante               - (a Maddalena) Quando si hanno operai in casa, tutto è in disordine. Bi­sogna farli filare con la scopa. Quell'uomo è scontento Perché non gli hanoio ordinato di cam­biar le tende. E' gente, quella, che, se può fare spendere del denaro, è felice. Guardate un po' dove ha lasciato le forbici. Lo dico io che quel­l'uomo non ha le testa a posto. Vado a portar­gliele. (Posa le forbici sul tavolino rotondo). Veramente, per esser giusti, quelle tende an­drebbero cambiate. Sono vecchie, vecchissime. Questo, per la giustizia. Ma la signora dice cbe la villa, dovendo esser messa in vendita nella prossima estate, non merita tante spese. Infatti, Perché giovare a chi subentrerà?

Maddalena                    - Siete sicura ohe la signora Sevrain tornerà presto?

La governante               - La signora dovrebbe già esser qui. A momenti verrà a tenervi compagnia il suo figliuolo, Enrico... L'ho conosciuto ch'era alto così... Sono in questa casa da venticinque anni... Eccolo... viene per tenervi compagnia. (Esce e dimentica le forbici sul tavolo).

Enrico                           - (entra in giacca da camera) Buon giorno, signora.

Maddalena                    - Buon giorno. M'hanno detto che vostra madre è uscita.

Enrico                           - Sì, ma ciò non ha alcuna impor­tanza. Ci sono io a sostituirla.

Maddalena                    - Non siatene sicuro. Sono ve­nuta per avere un'informazione che solo lei può darmi.

Enrico                           - Credete?

Maddalena                    - (maliziosa) Quale è il numero del fil di cotone che attualmente usa per la sua biancheria?

Enrico                           - Il numero del fil di cotone? Vi confesso che non lo so.

Maddalena                    - Avete visto? (Essi ridono). Di­temi, è vero che metterete in vendita questa villa?

Enrico                           - Sì. Volete comperarla?

Maddalena                    - No.

Enrico                           - Ho paura.

Maddalena                    - Perché?

Enrico                           - Perché vorrei venderla molto cara. Con voi sarei senza difesa.

Maddalena                    - Rassicuratevi. Non ho alcuna intenzione di comperare questa villa. E' la si­gnora Bessière che ne cerca una.

Enrico                           - Sì. Ma siccome la villa non è meno brutta di lei, potrebbero combinarsi insieme.

Maddalena                    - E' di questa villa che parla­vate l'altro giorno... dove dicevate d'aver trascorso gli anni più belli della vostra infanzia?

Enrico                           - Sì. Vi trascorrevo le vacanze. Mi si lasciava fare tutto ciò che volevo. E allora, era il paradiso.

Maddalena                    - Lo credo bene. Come potete rassegnarvi a vendere il paradiso della vostra infanzia?

Enrico                           - E che volete che me ne importi?

Maddalena                    - Ah, sì? Io ho nei Pirenei una vecchia casa dove sono stata allevata. Sento che, se dovessi venderla, ne soffrirei moltissimo.

Enrico                           - E' un pregiudizio.

Maddalena                    - Non è un pregiudizio. In quella vecchia casa, sono vivi i ricordi della mia infanzia. Ogni cosa m'intenerisce fino alla commozione. Nel salone, c'è mi vaso anti­chissimo che, per averlo abbracciato un giorno, mi valse un terribile scapaccione...

Enrico                           - Io, invece, fui trovato una volta nella credenza della sala da pranzo...

Maddalena                    - Nella credenza?

Enrico                           - Ero piccolo. Avevo mangiato tutto quel che c'era, e m'ero addormentato. (Ridono. Ritorna la governante).

La governante               - (a se stessa) Ebbene, dove diavolo saranno queste forbici?

Enrico                           - (alla governante) Ricordate, Vit­toria, il giorno in cui mi sono addormentato nella credenza?

La governante               - Oh, signora, era un mar­mocchio! Una volta, all'ora della merenda, avevo preparato quattro tazze di cioccolato e m'ero allontanata per avvertire la signora, quan­do al ritorno... - cose da bambini! - sì, tut­te lui... Le aveva bevute... (Enrico e Madda­lena ridono). Guardate un po' che testa d'un operaio! Mi dice d'andargli a cercare le forbici che ha lasciato presso la finestra... Ditemi voi, se presso la finestra...

Maddalena                    - (indicando le forbici sul tavolo) Sono là... (Si alza, e gliele dà) Prendete...

La governante               - (come per sollecitarne la te­stimonianza) Erano presso la finestra?

Maddalena                    - (sorridendo) Quella gente non ha testa. (La governante esce).

Enrico                           - Allora, è bella la vostra casa?

Maddalena                    - Le voglio bene, ecco tutto.

Enrico                           - Guardandovi, mi pare di vederla.

Maddalena                    - Sì?

Enrico                           - La vedo tutta bianca e rosa, di aspetto un po' severo... Ma non è che un falso aspetto. Essa è accogliente e dolce. Le sue stan­ze sono larghe, luminose, senza mistero. E' così, non è vero? (Ella ride). Nel giardino vi sono delle fontane chiare come il vostro sor­riso e un albero di ciliegie rosse come le vo­stre labbra...

Maddalena                    - Vi prego...

Enrico                           - Come vorrei vederla!

Maddalena                    - Signor Enrico, arrivederci.

Enrico                           - Perché?

Maddalena                    - Perché dite delle sciocchezze.

Enrico                           - Non parlerò più. Sedete. Mia ma­dre sarebbe desolata di non trovarvi. Ella sarà qui a minuti. D'altronde, m'ha detto di farvi fermare.

Maddalena                    - Oh!...

Enrico                           - Non solo m'ha detto di farvi fer­mare, ma di invitarvi a pranzo.

Maddalena                    - Che bugiardo! Vostra madre non sapeva che sarei venuta stamane.

Enrico                           - Da iersera, sapevo che sareste ve­nuta a trovar mia madre alle 11. Ero al circolo. E ho appreso altre cose sul vostro conto.

Maddalena                    - Ah, sì?

Enrico                           - Sulla spiaggia si dice che... Co­minciate, intanto, col togliervi il cappello, poi­ché dovete fermarvi a pranzo con noi.

Maddalena                    - Avete già deciso?... Non cre­dete che sia necessario il mio consenso?

Enrico                           - No.

Maddalena                    - Voglio stupirvi: accetto.

Enrico                           - Ma voi non mi stupite affatto. Il vostro coperto è già a posto.

Maddalena                    - (ride. Poi va verso lo specchio per togliersi il cappello e ravvivarsi i capelli) Che cosa si dice di me sulla spiaggia?

Enrico                           - Sembra che Riboulot abbia chie­sto la vostra mano e che voi glie l'abbiate con­cessa.

Maddalena                    - Sì? Ebbene, io so che voi avete chiesto la mano di sua figlia e ch'egli ve l'ha rifiutata.

Enrico                           - Non è vero.

Maddalena                    - Veramente, non è vero ch'egli ve l'abbia rifiutata. Ho inventato. Ma sembra che voglia darvi sua figlia con un milione di dote. Il matrimonio si farà quest'inverno.

Enrico                           - La gente è pazza. Mi vedete mari­to di Berta?

Maddalena                    - Perché no? Riboulot è un uo­mo simpatico.

Enrico                           - E' un imbecille.

Maddalena                    - (sorridendo) Oh, non tratta­telo come un rivale!

Enrico                           - Se vi corteggia non posso conside­rarlo altrimenti.

Maddalena                    - (c. s.) Non credo che sia ele­gante dir male d'un rivale alla donna che...

Enrico                           - Avete ragione. Spero che voi non crediate alla storia della mano di sua figlia...

Maddalena                    - Perché non dovrei credere?... Ella è graziosa.

Enrico                           - E' graziosa, ma non l'amo. E poi, come potete vedermi il genero d'un uomo così ridicolo...

Maddalena                    - Attenzione!

Enrico                           - Non parlo del rivale, ma del pa­dre... Del resto, è troppo vecchio per voi.

Maddalena                    - Abbiamo dei gusti comuni.

Enrico                           - Egli, sì, ha dei gusti... comuni; voi, no. Ascoltate, Maddalena... Avete udito che vi chiamo Maddalena?

Maddalena                    - Ma no, non voglio.

Enrico                           - Ebbene, Maddalena, non bisogna sposarlo. Non sapete che le sue condizioni...

Maddalena                    - E' deputato, ed è in procinto d'essere eletto ministro.

Enrico                           - Sì, è uri po' guasto. E poi, è trop­po grosso. E poi, non potete farvi chiamare signora Riboulot.

Maddalena                    - Il mio primo marito si chia­mava Coqueron. Signora Coqueron, signora Ri­boulot... non ha importanza.

Enrico                           - Non bisogna sposarsi senza amore, Perché viene un giorno in cui s'incontra l'esse­re col quale si vorrebbe fuggire, e allora si rim­piange d'essere legati senza alcuna gioia a una creatura che si detesta.

Maddalena                    - (sognante) Mah!

Enrico                           - Volete che vi predica quale sareb­be il vostro avvenire, se commetteste una scioc­chezza simile? E' scritto nella vostra mano. (Le ha preso le mani, e finge di leggere). Dopo qualche mese, diverreste la mia amante...

Maddalena                    - Ah! Dopo qualche mese...

Enrico                           - Certamente.

Maddalena                    - Ma guarda.

Enrico                           - Non pensate ch'io voglia allonta­narmi, dopo il vostro matrimonio, come un aurante romantico, e andarmene in un paese dell'Italia per morirvi di consunzione... Vi se­guirei a Parigi, m'imporrei, sarei fra voi e vo­stro marito e... un giorno...

Maddalena                    - Vi proibirei l'accesso in casa mia.

Enrico                           - Allora, sposerei Berta. Osereste chiudere la porta in faccia a vostro genero? Ah! (Ella ride). Ma parliamo seriamente. Quando la noia vi avesse gettata tra le mie braccia, voi sareste infelice, Perché dovreste continuamente cercare e inventare un'infinità di scuse per ve­nirmi a trovare. Francamente, non sarebbe ri­pugnai te una simile vita? Non sposate Ribou­lot, Maddalena. Conservate la vostra libertà fino al giorno in cui mi amerete un poco.

Maddelena                    - Voi vi preoccupate molto di me, signor Sevrain. Io sono una donna onesta e so che non andrò mai nascostamente da un uomo.

Enrico                           - Chi vi chiede di nascondervi?

Maddalena                    - (alzandosi) Voi andate troppo lontano.

Enrico                           - Non inquietatevi. Quando mi ame­rete, Maddalena, vi chiederò di essere mia mo­glie. Ma sì, ho troppo amore per l'amore per accettare altrimenti che nella libertà più com­pleta; e, fuori del matrimonio, non v'è libero amore. Gli amanti che disdegnano la consacra­zione della legge sono un po', agli occhi del mordo, dei criminali. Allora, la gente spia i loro gesti; la curiosità pubblica s'interessa di loro; sono, infine, un perpetuo spettacolo. Fate che si sposino; essi diventano indifferenti a tut­to il mondo. E se vogliono baciarsi dietro le porte, nessuno troverà a ridire. Volete essere mia moglie, Maddalena? Perché non mi rispon­dete?

Maddalena                      - Ma io sono sorpresa... Non mi aspettavo...

Enrico                           - Vi amo.

Maddalena                    - Credete d'amarmi, forse, Perché un altro mi fa la corte.

Enrico                           - Vi amo dalla prima volta che vi ho veduta.

Maddalena                    - Il colpo di fulmine? Allora, non è una cosa seria.

Enrico                           - Sì. Il vero amore comincia sempre dall'amore.

Maddalena                    - E come finisce?

Enrico                           - Vi amerò sempre, se potrò vivere presso di voi. Volete essere mia moglie?

Maddalena                    - Non è un capriccio? Mi cono­scete appena...

Enrico                           - Vi conosco molto più che non cre­diate. Siete sensibile, delicata, avete l'amore per le cose belle, e sono sicuro che consideria­mo la vita in egual modo. Amate il teatro, le esposizioni! d'arte?

Maddalena                    - Molto.

 

Enrico                           - Siamo fatti per intenderci. E i concerti?

Maddalena                    - Sì.

Enrico                           - Ecco, vedete! Lo sport?

Maddalena                    - Così così.

Enrico                           - E il gioco?

Maddalena                    - Affatto.

Enrico                           - Anche a me non piace. A una par­tita di pocker o di bridge, preferisco un buon libro vicino al caminetto. Poiché adoro la vita dello spirito al par di voi.

Maddalena                    - Sì, i nostri punti di vista com­baciano. Tuttavia sarei curiosa di conoscere i vostri gusti. Voi amate la musica, va bene; ma quale musica? Amate i libri, ma quali libri?

Enrico                           - Esaminate questa stanza. Ecco qualcuno dei miei libri preferiti. La musica che è sul pianoforte è mia. Queste stampe le ho portate da Parigi. (Ella getta uno sguardo sui libri e sulle stampe). Ebbene?

Maddalena                    - Aspettate... (Guarda i mobili).

Enrico                           - Non guardate i mobili. Essi non 6ono di mio gusto. Sono vecchi mobili di fami­glia, meno questo tavolinetto e questa poltrona che ho fatto venire dalla mia casa.

Maddalena                    - La vostra casa è ammobiliata così?

Enrico                           - Appunto.

Maddalena                    - Vi siete dato alla musica ultra­moderna? Allora non devono piacervi le vec­chie opere.

Enrico                           - Oh, non mi piacciono affatto. A voi piacciono?

Maddalena                    - Non bisogna dirlo?

Enrico                           - Ma sì. Il vostro inventario è finito?

Maddalena                    - Sì. E non è soddisfacente. Non abbiamo i medesimi gusti.

Enrico                           - No?

Maddalena                    - Affatto.

Enrico                           - I libri?

Maddalena                    - Niente.

Enrico                           - Ah! (Pausa). Ebbene, voi pren­derete i miei gusti e io prenderò i vostri.

Maddalena                    - Sarebbero pur sempre diversi.

Enrico                           - E' vero! Del resto, tanto meglio. Vuol dire che non ci annoieremo, stando insie­me. La contraddizione è necessaria alla conver­sazione. Che cosa volete che si dicano due esseri sempre d'accordo su ogni punto? (Ella ride). Non mi credete? Volete che facciamo una pro­va? Immaginiamoci sposi da un mese e perfet­tamente uguali nei gusti. O piuttosto, poiché sembra che abbiate gusti comuni con Riboulot, voglio fingermi io quel brav'uoimo. Comincio.

                                      - (Sta per cominciare, quando gli salta in mente un'idea bislacca). Aspettate. (Prende un cuscino e lo chiude, sul ventre, sotto la veste da camera. Ha l'aspetto d'un uomo panciuto).

Maddalena                    - Che cosa fate?

Enrico                           - Così l'illusione è completa. Vi par­rà di discutere con Riboulot. (Imita la voce d'un asmatico). Mia cara amica, ho pranzato con gu­sto. Le patatine novelle al formaggio erano ec­cellenti. Bisognerà congratularci con la cuoca. Oh! a me piacciono molto le patatine novelle al formaggio. (Si sdraia nella poltrona mo­derna). Piacciono anche a te?... (Ella ride) Oh! che poltrona infelice. Non capisco come se ne possano fabbricare di così ridicole. E' troppo spaziosa. (Prende posto in un'altra poltrona). Questa, sì... Questa vecchia Luigi XV è sempre una gran poltrona. E' inutile. A me piacciono i vecchi mobili. Anche a te. lo so. (Ella ride). A proposito, credo che quota sera rappresen­tino « Gli Ugonotti » all'Opera. Se andassimo?

Maddalena                    - Volentieri.

Enrico                           - A me piace tanto la vecchia mu­sica. (Con voce naturale) Rispondete.

Maddalena                    - E' deliziosa. (Pausa).

Enrico                           - E basta?

Maddalena                    - M'irritate.

Enrico                           - (imitando la voce di Riboulot) « Figurati che m'hanno proposto un piccolo quadro di Ingres. Che mi consigli? Ti piace quella pittura? ».

Maddalena                    - Molto.

Enrico                           - « Anche a me ». (Pausa).

Maddalena                    - E' un grande pittore.

Enrico                           - « Sì, un grande pittore ».

Maddalena                    - (cercando di aggiungere qualco­sa) Un pittore... di grande talento.

Enrico                           - «Sì». (Voce naturale) Ebbene, avevo ragione? Non ci siamo mortalmente an­noiati? Parlare con Riboulot sarebbe lo stesso che non parlare. Riprendo la mia personalità. Voi avete dinanzi il vostro vero marito, signor Enrico Sevrain... che non ama affatto la vec­chia pittura, e meno ancora la vecchia musica, e niente affatto le patatine al formaggio... Que­ste, specialmente, mi disgustano.

Maddalena                    - (ridendo) Anche a me.

Enrico                           - Può darsi. Ma non state in quella poltrona dallo schienale impossibile. Venite in questa, dove ci si può sdraiare.

Maddalena                    - Sto bene dove sono.

Enrico                           - Non fatevi pregare. Quella Lui­gi XV fa male alla schiena. La giudicate co­moda e bella Perché vi piacciono le anticaglie.

Maddalena                      - A voi non piacciono?

Enrico                              - Sì, nei musei. Non rispondono più aj ntostri bisogni attuali. Quei ghirigori, quelle volute, quei rococò stavano benissimo con le crinoline, con le parrucche incipriate, ma non con la nostra odierna semplicità e spigliatezza di modi. Ma ditemi, vi piace sul serio la pit­tura di Ingres?

Maddalena                      - Molto.

Enrico                              - Io non vorrei in casa mia una di quelle tele, dovessero impormela a bastonate.

Maddalena                      - Dite sul serio?

Enrico                              - Molto sul serio.

Maddalena                      - (animandosi) Ingres era un grande pittore.

Enrico                              - Grandissimo: un metro e ottan­tacinque.

Maddalena                      - Non fatemi ridere. Come po­tete negare il suo talento?

Enrico                              - Non lo nego. Dico semplicemen­te che non capisco quella pittura morta.

Maddalena                      - Oh!

Enrico                              - Vi pare che esageri? Diciamo al­lora: senza vita.

Maddalena                      - Oh!

Enrico                              - Ancora esagerato? Allora, senza respira'.

Maddalena                      - (animandosi) E' certo che Ingres sapeva disegnare, almeno... Mi persua­do che non capite niente di pittura.

Enrico                              - Forse. Ma quel che è certo è che gli voglio molto bene.

Maddalena                      - Voi non possedete che alcune stampe.

Enrico                              - Non avete ancora notato il mio Van Dongen?

Maddalena                      - Non parliamone. E' un pitto­re, quello?

Enrico                              - Chi?

Maddalena                      - Van Dongen.

Enrico                              - Non capisco come una donna in­telligente...

Maddalena                      - Ammettiamo ch'io non sia in­telligente. Certo, non sono affetta di snobismo. Ho ancora il coraggio di dire che mi affasci­nano le cose del passato. E non credo di es­sere una stupida perchè i mobili del mio sa­lotto sono « Luigi XV » autentici, e i miei qua­dri ce Ingres », e il ritratto di mia madre « Bon-nat ».

Enrico                              - Bonnat?

Maddalena                      - Sì, Bonnat.

Enrico                              - Siete nel vostro diritto.

Maddalena                      - Lo credo bene.

Enrico                              - Anch'io sono nel mio diritto, quando preferisco Van Dongen a Ingres, e i mobili pratici a quelli irrazionali, e gli ap­partamenti moderni con luce e bagno alle vec­chie case senza comodità.

Maddalena                      - Il mio vecchio sogno sarebbe quello d'abitare in un castello...  (Guarda l'orologio che ha al braccio) Un quarto a mez­zogiorno! Vi prego di scusarmi con vostra ma­dre. E' tardi. Bisogna che rientri.

Enrico                              - Credevo che avreste accettato di pranzare con noi...

Maddalena                      - M'ero dimenticata un appun­tamento col mio notaio...

Enrico                              - Se è così, non insisto.

Maddalena                      - Credetemi che mi dispiace.

Enrico                              - Per carità. Ne sono persuaso.

Maddalena                      - Volete darmi la borsetta? (Si mette il cappello. Durante questo tempo, En­rico va a prendere la borsetta e vede il bic­chiere, di vino bianco. Riflette un istante. Poi si volta verso Maddalena).

Enrico                              - Maddalena?

Maddalena                      - Vi prego di non chiamarmi così.

Enrico                              - Vi siete offesa?

Maddalena                      - Offesa? Perchè?

Enrico                              - Toglietevi il cappello. Voi non avete alcun impegno. Ascoltatemi. E guardate quel bicchiere di vino bianco. L'avevo prepa­rato per l'operaio... Ma a quell'uomo non pia­ce il vino bianco. E poiché volevo fargli ca­pire che anche il vino bianco è buono, s'è of­feso... Voleva darmi spiegazioni fuori di qui, sulla strada...

Maddalena                      - E' pazzo.

Enrico                              - No, è un uomo. Quando si dice a un altro: «A me non piace ciò che a le piace », quegli crede di essere giudicato im­becille.

Maddalena                      - Dove volete arrivare?

Enrico                              - (con tono di rimprovero) Vi siete offesa pecche vi ho confessato che non mi piace Ingres, né la vecchia musica, né i mobili an­tichi.

Maddalena                      - Non credo di essere così scioc­ca come credete.

Enrico                              - Ma sì, ma sì... come me. Anch'io sono andato in bestia quando avete irriso al mio Van Dongen.

Maddalena                      - (dopo una pausa) Ma non avevo alcuna intenzione di offendervi, Enrico.

Enrico                              - Lo so. Ma che volete? Non sono che un uomo.

Maddalena                    - E... io non sono che una donna. E' vero, ero anch’'io furiosa. (Ride).

Enrico                           - Non lo siete più, è vero? Volete essere mia moglie, Maddalena?

Maddalena                    - Ma è impossibile. Bisticcerem­mo continuamente.

Enrico                           - Ma no. Quando ci sentiremo in­vadere dal malumore, non dovremo far altro ohe ricordarci di questo vin bianco. Voi vi di­rete: « Enrico non ha avuto- l'intenzione di esser cattivo; e poi, mi ama ». Dal canto mio, mi dirò ohe mi amate, e poi scoppierò a ridere, e poi stringerò la vostra graziosa testolina sul mio petto, e poi accarezzerò i vostri capelli, e poi mi darete le vostre labbra. (La bacia lun­gamente. Entra la signora Sevrain e s'arresta).

Enrico                           - Sei tu? (E' un po' imbarazzato) T'aspettavo con impazienza. (La signora Se­vrain si toglie nervosamente i guanti) Non to­gliere codesti guanti che son bianchi, e chiedi per me alla signora Coqueron questa piccola cara manina rosa...

La signora Sevrain        - E' vero, Maddalena? (Maddalena fa un segno affermativo) Oh, fi­gli miei! (Molto commossa, si siede e piange).

Maddalena                    - Signora...

Enrico                           - Cos'hai, mamma? Perché piangi?

La signora                     - Perché sono felice. Ho molto affetto per voi, Maddalena. (Pausa. Poi, bru­scamente) Ma non avete paura di sposarvi così presto? I vostri caratteri e i vostri gusti sono così diversi... E, quando è così...

Enrico                           - Non preoccuparti, mamma. Ci in­tenderemo benissimo. Non è vero, Maddalena? Noi abbiamo un talismano, questo bicchiere di vino bianco.

La signora                     - Ma tu sei pazzo. Mio figlio è pazzo.

Enrico                           - Ti spiegheremo.. Intanto, Madda­lena, bisognerà ricompensare il brav'uomo al quale dobbiamo la nostra felicità.

La signora                     - Che brav'uomo?

Enrico                           - (alla madre) L'uomo dal bicchiere di vin bianco. Ti spiegheremo. (A Maddalena) Che cosa dobbiamo regalargli?

Maddalena                    - Un po' di denaro.

Enrico                           - Forse non lo accetterebbe. Gli dò incarico, piuttosto, di buttar via le tende vecchie e di sostituirle con le nuove.

La signora                     - A queste finestre?

Enrico                           - A tutte le finestre della casa.

La signora                     - Mio figlio è realmente pazzo.

Enrico                           - E' per far piacere all'operaio. (A Maddalena) Vado a riconciliarmi con lui. (Versa fuor della finestra il vin bianco, e riempie il bicchiere di vin rosso).

La signora                     - Ma che cosa fai?

Maddalena                    - Vuol riconciliarsi con l'ope­raio.

Enrico                           - (sulla soglia della porta) Amico mio... volete venire un momento? (Ritorna nella sala. Prende il bicchiere di vin rosso e lo beve lentamente, mentre entra l'operaio).

L’operaio                      - Ho guardato anche le altre ten­de. Quando dico che son vecchie, son vecchie. Santo cielo! Vent'anni non sono un giorno. Eh? Quando uno ha un vecchio paio di pan­taloni...

Enrico                           - (bevendo, in modo che l'operaio possa accorgersi di lui. Questi, infatti, si ferma stupito).

Enrico                           - Amico mio, avete ragione... La mia era un'idea falsa. Ma era da anni che non bevevo un bicchier dì vino rosso.

L’operaio                      - Ebbene?

Enrico                           - Vale più del bianco, molto di più...

L’operaio                      - Perbacco!

Enrico                           - Ha un sapore migliore.

L’operaio                      - Perbacco!

Enrico                           - Bevete con me.

L’operaio                      - Perbacco! Alla salute, signori e signore. (Beve) E poi, questo è di prima qua­lità. Vi confesso che mi avevate disgustato poco fa. E' mai possibile preferire il vino bianco al rosso? Quello, ve lo dico io, è fatto chimi­camente... E non bisogna essere persone in­telligenti per non capirlo... E' fatto per gli anemici... per i damerini... Voi, ora, siete nel giusto. Tra persone di buon senso, si finisce sempre per capirci...

Enrico                           - Perbacco! E poi ho riflettuto. Quelle vecchie tende non vanno più. Bisogna cambiarle.

L’operaio                      - Perché? Con un po' di buona volontà, possono rimettersi in ordine. Perché fare delle spese? Oh, Dio! Non son nuove. Venti anni sono venti anni... Ma se basta que­sto fatto per metter mano al portafogli, non si finisce più col dar ragione al tempo. Lasciate fare a me... Lasciatevi servire... Nelle mie ma­ni, tutto si accomoda... Comincerò col disfarle; e poi, per benino, ecco, col mio buon mestiere, giorno più, giorno meno... (continua a spie­gare, mentre cala il sipario).

FINE