Il teatro comico

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IL TEATRO COMICO

Personaggi                                                                            Interpreti

ORAZIO, capo della compagnia                                          Andrea Piani

PLACIDA, prima donna                                                      Noemi Leotta

BEATRICE, seconda donna, detta ROSAURA                    Alice Castellana

EUGENIO, secondo amoroso, detto FLORINDO               Valentina Giordano

PETRONIO che fa il DOTTORE in commedia.                  Sonia Ribotta

VITTORIA, servetta di teatro, detta COLOMBINA             Martina Ciancio

LELIO, poeta e scrittore                                                       Sophie Gaida

ELEONORA, virtuosa di musica e cantante                        Sara Abrate

TONINO , poi PANTALONE in commedia                         Martina Borgiattino

ANSELMO,  che fa il BRIGHELLA                                     Valentina Rossetto

GIANNI, che fa l'ARLECCHINO                                        Veronica Bertone

Il SUGGERITORE                                                               Elisabetta Mioci

Un BODY GUARD della cantante, che parla                     Eleonora Grimaldi

Servitori di teatro, che non parlano.

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

S'alza la tenda. E prima che interamente sia alzata, esce ORAZIO, poi EUGENIO.

ORAZIO   (verso la scena) Fermi, fermatevi, che state facendo? Non alzate la tenda, fermatevi!

EUGENIO Perché, signor Orazio, non vuole che si alzi la tenda?

ORAZIO   Per provare un terzo atto di commedia non c’è bisogno di alzar la tenda.

EUGENIO E non c’è motivo di tenerla giù.

ORAZIO   Certo che vi è motivo di tenerla giù. Lei non ha in mente quello che ho in mente io. (verso la scena) Tirate giù quella tenda.

EUGENIO (ad Orazio) Ma se si tira giù la tenda, non ci si vede più. E per provare le nostre scene, caro il mio capo della compagnia, dovrà far accendere le luci.

ORAZIO   (verso la scena) Quand'è così, sarà meglio alzare la tenda. Tiratela su, che non voglio spendere.

EUGENIO Bravo, viva l'economia.

ORAZIO   Caro amico Eugenio, se non avessi un poco d'economia, le cose andrebbero malissimo. I comici non sono mica ricchi. Quanti ne guadagnano, tanti ne spendono. Beati quelli che alla fine dell’anno vanno in pari; ma per lo più le uscite sono maggiori delle entrate.

EUGENIO Vorrei sapere per qual motivo non voleva alzare la tenda.

ORAZIO   Perché nessuno ci vedesse provare le nostre scene.

EUGENIO A metà mattina, chi dovrebbe venire in teatro?

ORAZIO   Oh! ci sono dei curiosi, che si alzerebbero all’alba...

EUGENIO La nostra compagnia è stata vista altre volte, non ci sarà poi tanta curiosità.

ORAZIO   Abbiamo dei personaggi nuovi.

EUGENIO È vero; questi non bisogna lasciarli vedere alle prove.

ORAZIO   Quando si vuol far piacere un personaggio, conviene farlo un po’ desiderare, e perché abbia successo, bisogna dargli una parte piccola, ma buona.

EUGENIO Eppur ci sono quelli che pregano gli autori affinché facciano due terzi di commedia su di loro.

ORAZIO   Male, malissimo. Se sono bravi annoiano, se sono cattivi, fanno venir la rabbia.

EUGENIO Ma qui si perde tempo! Questi non vengono...

ORAZIO   E’ abitudine dei commedianti svegliarsi sempre tardi.

EUGENIO La nostra fatica più grossa sono le prove.

ORAZIO   Tuttavia sono proprio le prove che fanno buono l’attore.

EUGENIO Ecco la prima donna.

ORAZIO   Strano che sia arrivata prima degli altri. Di solito le prime donne hanno il vanto di farsi aspettare.

SCENA SECONDA

PLACIDA, ORAZIO ed EUGENIO

PLACIDA Eccomi qui; sono io la prima di tutti? E le altre signore dove sono? Signor Orazio, se tardano, io me ne vado.

ORAZIO   Cara signora, è arrivata in questo momento, e di già si spazientisce? Abbia pazienza; ne ho tanta io; ne abbia un po’ anche lei.

PLACIDA Mi pare che potevate chiamarmi quando tutti fossero arrivati.

EUGENIO (piano ad Orazio) Sente? Parla da prima donna.

ORAZIO   (piano ad Eugenio) Ci vuol politica; conviene sopportarla. (a Placida) Signora mia,  l’ho pregata di venir per tempo, e ho desiderato che venisse prima degli altri, per poter discorrere di alcune cose sulla direzione delle nostre commedie.

PLACIDA Aren’t you the boss? Non è lei il capo della compagnia? Dovrebbe comandare e non dipendere.

ORAZIO   Posso disporre, è vero, ma ho piacere che tutti siano contenti di me e di quel che faccio; e lei specialmente, per la quale ho così tanta stima...

EUGENIO (piano ad Orazio) Vuole dipendere dai suoi consigli?

ORAZIO   (piano) Questa è la mia massima; ascolto tutti, e poi faccio a modo mio.

PLACIDA Mi dica, signor Orazio, qual è la commedia, che ha deciso di fare domani sera?

ORAZIO   Quella nuova intitolata: Il Padre rivale del figlio. Ieri abbiamo provato il primo, e il secondo atto, e oggi proveremo il terzo.

PLACIDA Per provarla non ho difficoltà, ma di farla domani a sera, non sono convinta.

EUGENIO (piano ad Orazio) Sente? Non l'approva.

ORAZIO   (piano ad Eugenio) E sì, che l'approverà. (a Placida) Quale altra commedia crede che sarebbe meglio rappresentare?

PLACIDA L’autore che ci scrive le commedie, il signor Carlo, ne ha fatte in quest'anno sedici tutte nuove, tutte di carattere, tutte scritte. Facciamone una di quelle.

EUGENIO Sedici commedie in un anno? Pare impossibile. E quali sarebbero i titoli?

PLACIDA Ve le dirò io: Il teatro comico, I puntigli delle donne, La bottega del caffè, Il bugiardo, L'adulatore, I poeti, La Pamela, Il cavalier di buon gusto, Il giuocatore, Il vero amico, La finta ammalata, La donna prudente, L'incognita, L'avventuriere onorato, La donna volubile, e I pettegolezzi delle donne, commedia veneziana.

EUGENIO Fra queste non c’è la commedia, che stiamo per fare domani sera. Non è forse anche questa dello stesso autore?

ORAZIO   Sì, è sua; ma è una piccola farsa, ch'egli non conta nemmeno nel numero delle sue commedie.

PLACIDA Perché dunque vogliamo fare una farsa, e non piuttosto una delle migliori commedie?

ORAZIO   Cara signora, sapete pure che ci mancano due parti serie, un uomo, ed una donna. Li stiamo cercando, e se non li troviamo, non si potranno fare commedie di carattere.

PLACIDA E cosa facciamo allora? Commedie dell'Arte? Il mondo si è annoiato di veder sempre le stesse macchiette, di sentir sempre le medesime battute. Gli spettatori sanno già cosa dirà l'Arlecchino prima ch'egli apra la bocca. Per quanto mi riguarda, le assicuro, signor Orazio, reciterò solo in pochissime commedie antiche; I love new style! Solo questo mi piace. Peraltro, se non si completa la compagnia, può anche far di meno di me.

ORAZIO   Ma frattanto...

PLACIDA Orsù signor Orazio, sono stata in piedi tanto che basta. Vado nel mio camerino a sedermi. Quando si prova, chiamatemi, e dite a codeste signore comiche che non prendano l’abitudine di far aspettare la prima donna. (parte)

SCENA TERZA

ORAZIO ed EUGENIO

EUGENIO Io muoio dalle risate.

ORAZIO   Lei ride, ma io bestemmierei.

EUGENIO Non mi ha detto che ci vuoi pazienza?

ORAZIO   Caro amico, mi faccia un piacere, vada a sollecitar le donne.

EUGENIO Volentieri, andrò. Già prevedo di trovarle o a letto o davanti allo specchio. Queste sono le loro principali preoccupazioni,  riposarsi o farsi belle. (parte)

SCENA QUARTA

ORAZIO poi TONINO

ORAZIO   Ben svegliato signor Tonino.

TONINO   Cerea munsü.

ORAZIO   Che ha? Mi pare turbato…

TONINO   Mi sai pa. Sun ‘n camin c’a tramulu, ma s-mia d’avei la freu.

ORAZIO   Lasci ch'io senta il polso.

TONINO   Ca ciapa püra munsü, ca disa, s’a marcia bin o s’ambala.

ORAZIO   Lei non ha febbre, ma il polso è molto agitato; deve aver qualcosa che non va.

TONINO   Vostu savei cosa chi l’ai? I l’ai na pör dal diau.

ORAZIO   Ha paura? Di che?

TONINO   Me car munsü Orazio, cuntuma pa d’bale e parluma ciair. Le commedie di carattere hanno sconvolto il nostro mestiere. Un povero commediante, che ha studiato l'arte, e che è abituato a improvvisare bene o male quel che viene, si trova nella condizione di dover studiare, e se ha una reputazione, bisogna che si metta a studiare molto. E ogni volta che si fa una nuova commedia, trema di paura, dubitando o di non saperla quanto basta, o di non riuscire a  sostenere il carattere come è necessario.

ORAZIO   Sì, siamo d'accordo, che questa nuova maniera di recitare esige maggior fatica, e maggiore attenzione; ma vogliamo parlare di quanta reputazione dona agli attori? Mi dica, di grazia, con tutte le commedie dell'arte ha mai riscosso gli applausi che ha preso nelle nostre commedie di carattere?

TONINO   A l’è vera; son contentissimo, ma tremo sempre. M’a smia che lo sbalzo sia troppo grande, e mi ricordo quei versi del Tasso:

Mentre ai voli troppo alti e repentini

Sogliono i precipizi esser vicini.

ORAZIO   Conosce il Tasso? Si vede che è pratico di versi! Si è divertito da giovane?

TONINO   Ho fatto un po’ di tutto.

ORAZIO   E immagino che le la sia spassata con le donne…

TONINO                                    E porto in me di quelle donne istesse

                                                    le onorate memorie ancora impresse.

ORAZIO   Bravo il mio Pantalone; mi piace il suo brio, la sua allegria; spesso la sento cantare.

TONINO   Quandi chi l’ai pa dispiasì, cantu vulentè.

ORAZIO   Mi faccia un piacere, fintanto che i nostri carissimi signori compagni ci fanno attendere, mi canti una canzonetta.

TONINO   Adess? I l’ai studià la part par tre ure e chiel am ciama na cansunëtta? Lassuma perdi.

ORAZIO   Siamo soli, nessuno ci sente…

TONINO   Pöl esi n’autra vira.

ORAZIO   Oh, avanti, mi faccia la cortesia, mi piacerebbe sentire come sta la sua voce.

TONINO   E se stagu bin,  völ feme cantè an teatro?

ORAZIO   E perché no?

TONINO   Vostu ch’ai lu diga? Faccio Pantalone e non il cantante, e se non dovessi fare Pantalone, non avrei il fastidio di tenermi questa barba! (parte)

SCENA QUINTA

ORAZIO, poi VITTORIA

VITTORIA Buongiorno, signor Orazio.

ORAZIO   Oh, signora Vittoria, benvenuta; lei è delle più scrupolose.

VITTORIA Io faccio sempre volentieri il mio dovere; osservi: siccome la parte, che mi è toccata nella commedia che oggi si prova, è lunga un dito, ne ho presa un altra in mano, e la vado studiando.

ORAZIO   Bravissima, così mi piace. Di che commedia è la parte, che ha in mano?

VITTORIA Questa è la parte di Cate nella Putta onorata.

ORAZIO   Ah, ah! Le piace quel carattere tutto pepe? Una bella pelarina!

VITTORIA Sulla scena sì, ma fuori dalla scena no.

ORAZIO   Eh! Si sa, le donne, o poco, o molto spiumano sempre.

VITTORIA Una volta spiumavano, ma adesso son finiti i pollastri.

ORAZIO   Nonostante tutto si vedono anche adesso dei signori uomini spellati fino all'osso.

VITTORIA Sa perché? Glielo dirò io. Prima di tutto, i soldi son pochi. Poi: uno al gioco, uno ai bagordi, uno a teatro, per le povere donne non restano che quattro monetine, e qualche volta tocca a noi altre rivestire questi poveri spennacchiati.

ORAZIO   Lei ne ha mai rivestito alcuno?

VITTORIA Oh, io non sono una gonza.

ORAZIO   Certo che no, sa il fatto suo: è un’attrice.

VITTORIA So il fatto mio quanto basta per non lasciarmi infinocchiare, per altro, a proposito di quelle che recitano: ci sono signore che non girano il mondo, che fanno le casalinghe, ma che ne sanno cento volte più di noi.

ORAZIO   Sicché dunque per esser furba, basta esser donna.

VITTORIA È vero, ma sa perché, le donne son furbe?

ORAZIO   Me lo spieghi lei!

VITTORIA Perché gli uomini insegnano loro la malizia.

ORAZIO   (sarcastico) Se non fosse per gli uomini, sareste innocentissime.

VITTORIA Senza dubbio.

ORAZIO   (sicuro) E noi saremmo innocenti se non ci foste voi altre donne!

VITTORIA Eh galeotti maledetti!

ORAZIO   Eh streghe del malaugurio!

VITTORIA Orsù, signor Orazio, cosa facciamo? Si prova, o non si prova?

ORAZIO   Mancano ancora le signore donne, l'Arlecchino, e il Brighella.

SCENA SESTA

ANSELMO, ORAZIO e VITTORIA

ANSELMO Brighela a l’è sì par servirla.

ORAZIO   Ah finalmente.

ANSELMO Sun stait fin adess a ciaciarè con uno scrittore.

ORAZIO   Uno scrittore? Di che genere?

ANSELMO Scrive soggetti e sceneggiature.

VITTORIA È un certo signor Lelio?

ANSELMO Prope munsü Lelio.

VITTORIA È stato anche a trovar me, e appena l’ho visto, ho capito che si trattava di poeta, un uomo di Lettere.

ORAZIO   E da cosa l’avrebbe capito?

VITTORIA Perché era povero e allegro.

ORAZIO   Per questo ha immaginato che fosse un poeta?

VITTORIA Sì. I poeti di fronte alle miserie, trovano ispirazione, e stanno allegri.

ANSELMO Oh i na iè co d’autri c’a fan parei.

ORAZIO   E chi sarebbero?

ANSELMO I cumediant.

VITTORIA È vero, è vero; anche gli attori, quando non hanno soldi, pur di stare allegri vendono e impegnano tutto quel che hanno.

ANSELMO I na iè ca sun pien ad debit e a van, intrepidi come paladini.

ORAZIO   Perdonatemi, signori miei, fate torto a voi stessi parlando così. In teatro ci saranno pure dei profittatori; ma di questi il mondo è pieno, e qualcheduno se ne trova dappertutto. Il vero attor comico deve essere onesto; deve conoscere il suo dovere, e deve essere amante dell'onore e di tutte le virtù morali.

ANSELMO L’attor comico può avere tutte le virtù, fora che ün-a.

ORAZIO   E qual è quella virtù che non può avere?

ANSELMO L'ecunumia.

VITTORIA Appunto come i poeti!

ORAZIO   Eppure, se vi è qualcuno che avrebbe bisogno dell'economia, dovrebbero essere gli attori di teatro; perché essendo l'arte comica soggetta a infinite peripezie, il guadagno è sempre incerto, e le disgrazie succedono facilmente.

ANSELMO Stu poeta lu vuruma scutè?

ORAZIO   Noi non ne abbiamo bisogno.

ANSELMO A ‘mporta pa: sentumlu, che sun drolu.

ORAZIO   Ma io per semplice curiosità non lo sentirei. Degli uomini di lettere bisogna aver rispetto. Ma se me lo propone lei, lo sentirò: e se avrà qualche buona idea, lo terremo in considerazione.

VITTORIA E il nostro autore non se n'avrebbe a male?

ORAZIO   Non c’è di che preoccuparsi. Conosco il suo carattere. Egli se n'avrebbe a male se codesto signor Lelio volesse deturpare selvaggiamente i suoi componimenti, ma se sarà un uomo di garbo, un saggio, un critico discreto, son certo che non s’offenderà.

ANSELMO Donch, vadu a ciamelu?

ORAZIO   Sì, e già che c’è, mi faccia il piacere d'avvisare gli altri, che si trovino tutti qui a sentirlo. Voglio proprio sentire il loro parere. I commedianti, anche se non hanno l'abilità di comporre le commedie, hanno però sufficiente cognizione per separare le buone dalle cattive.

ANSELMO Sì, ma i sun cui che völu giüdichè la cumedia da la sua part, e se la parte è breve, dicono che la commedia è cattiva. Ognuno vorrebbe fare la prima figura. Gli attori godono solo se sentono le risate e gli applausi.

Poiché se il popol ride, e lieto applaude

il comico sarà degno di laude. (parte)

SCENA SETTIMA

ORAZIO e VITTORIA

ORAZIO   Ecco i soliti versi. Una volta tutte le scene si terminavano così.

VITTORIA È verissimo; tutti i dialoghi finivano in canzonetta. Tutti gli attori all'improvviso diventavano poeti.

ORAZIO   Sì, però oggi è cambiato il gusto a teatro, e l'uso dei versi si è moderato.

VITTORIA Si sono introdotte grandi novità nelle commedie!

ORAZIO   Le sembra che chi ha introdotto tali novità abbia fatto più bene o male?

VITTORIA Vedendo che tutto il mondo ci applaude, ritengo che abbia fatto più bene che male. Ciò nonostante, le dico che per noi è stato un problema, perché abbiamo molto di più da studiare, mentre per lei è stata una manna dal cielo, perché la saccoccia tintinna... (parte)

SCENA OTTAVA

ORAZIO poi GIANNI

ORAZIO   Tutti fanno i conti sull’incasso, e non pensano a tutte le spese, che ho io! Se un anno va male, addio signor capo della compagnia. Oh ecco l'Arlecchino.

GIANNI    This must be the place… Signor Orazio, siccome ho l'onore di lavorare per lei colla mia grande incompetenza, allora sono venuto a ricevere il dispiacere dei suoi favori.

ORAZIO   (tra sè) Non so se parli già da Arlecchino, o se creda di parlar bene.

GIANNI    Mi hanno detto di correre, e l’ho fatto, anzi ero in una bottega che bevevo il caffè, e per far presto ho rotto la chicchera...

ORAZIO   Mi dispiace.

GIANNI    Niente, niente, take it easy.

ORAZIO   Un servo sciocco come Arlecchino non deve parlar inglese.

GIANNI    Yeah, Mister. Tell me: in che lingua parla il secondo Zanni delle commedie?

ORAZIO   Dovrebbe parlare in dialetto.

GIANNI    He must do it! Lo so anch'io che dovrebbe. Ma in che dialetto parla oggi?

ORAZIO   Non lo so neanch’io. Oggi non siamo nel Settecento…

GIANNI    Vada dunque a imparare come parlano gli Arlecchini, e poi venga a correggere noi.

Humpty Dumpty sat on a wall.

Humpty Dumpty had a great fall.

All the king's horses and all the king's men

Couldn't put Humpty together again.

ORAZIO   (tra sè) In effetti fa ridere anche me.

ORAZIO   Signor Gianni, domani sera bisogna andar in scena colla commedia nuova.

GIANNI    Sun sì, bel e prunt. Sta bela facia d’bruns

ORAZIO   Si ricordi che non si recita più all'antica.

GIANNI    Nuiautri lu faruma alla moderna.

ORAZIO   E’ cambiato il gusto del pubblico. E cambia ad ogni generazione.

GIANNI    Se a cambia par tüti, va bin co par nui.

ORAZIO   E gli spettatori non si accontentano di poco.

GIANNI    Chiel a l’è bütase ad bun-a len-a par feme sbarüè. Io faccio un personaggio che deve far ridere, ma se devo far ridere gli altri, bisogna innanzitutto che rida io, onde per cui al “rinnovato gusto del pubblico” non ci voglio pensare. (Buttandosi ai suoi piedi) D'una cosa sola vi supplico,  vi imploro, vi domando udienza, per carità, per cortesia, che se mi vuole donare quaiche dusen-a d’ pum, al post che demie crü, ch’ a mie daga cöit.

ORAZIO   Mi piace la sua faccia tosta. In qualche altra persona potrebbe dar fastidio, ma in un Arlecchino che, come dice lei, deve far ridere, questa ironia è un bel capitale.

GIANNI    Good fortune helps the daring, cowards repels.

                   La fortuna aiuta gli audaci.

ORAZIO   Tra poco devo sentire uno scrittore, e poi voglio che proviamo qualche scena.

GIANNI    S’a völ an poeta, sun sì.

ORAZIO   E’ anche poeta?

GIANNI    Eccome!

Anch'io de' pazzi ho il triplicato onore.

Son poeta, son musico, e pittore. (parte)

ORAZIO   Buono, mi piace. Alla fine in un Arlecchino anche i versi sono tollerabili. Ma questi “signori attori” non vengono. Andrò io a sollecitarli. (parte)

SCENA NONA

BEATRICE e PETRONIO

BEATRICE Via, Dottore fai il bravo, andiamo... Voglio che sia tu il mio cavaliere alla festa di sabato sera.

PETRONIO Il Cielo me ne liberi.

BEATRICE Perché?

PETRONIO Primo, io non son così pazzo da volermi sottomettere all'umore stravagante di una donna.  Secondo, perché se volessi farlo, lo farei fuori dalla compagnia: chi è furbo “porta la puzza lontano da casa”; terzo, perché con te farei proprio la parte del Dottore nell’ultima nostra commedia

BEATRICE Che vuoi dire?

PETRONIO Che alla fine prenderei un due di picche.

BEATRICE Cavalier serventi non ne ho mai avuti, e non ne voglio, ma quando dovessi averne uno, lo vorrei giovane.

PETRONIO Le donne sono sempre capaci di dare il peggio di se stesse.

BEATRICE Non è il peggio se è quel che piace.

PETRONIO Non bisogna correre dietro a quel che piace, ma piuttosto a quel che conviene.

BEATRICE Sei buono solo a dar buoni consigli.

PETRONIO Io son buono per darli, ma tu non sei buona a riceverli.

BEATRICE Quando sarò vecchia, li riceverò.

PETRONIO Do something before it’s too late. La medicina si prepara sempre troppo tardi…

SCENA DECIMA

EUGENIO, ORAZIO, PLACIDA e BEATRICE e PETRONIO

BEATRICE Buon giorno, Placida.

PLACIDA Benvenuta, Beatrice. Come stai?

BEATRICE Eh così, così! Un poco stanca per il viaggio.

PLACIDA Oh! Che sofferenza sono questi viaggi!

BEATRICE Mi fanno ridere quelli che dicono, che noi andiamo a spasso, a divertirci per il mondo.

PLACIDA Spasso eh? Si mangia male, si dorme peggio, si patisce ora il caldo, e ora il freddo. Questo spasso lo lascerei volentieri.

ORAZIO   Allora, signore mie, avete finito con i complimenti? Sediamoci dunque. Servitori! Portate da sedere. (i servitori portano le sedie, tutti siedono; le donne stanno vicine) Ora sentiremo un scrittore nuovo.

PLACIDA Lo sentirò volentieri.

EUGENIO Eccolo, che viene.

PETRONIO Poverino! È molto magro.

SCENA UNDICESIMA

LELIO, EUGENIO, ORAZIO, PLACIDA e BEATRICE e PETRONIO

LELIO       Ladies and Gentlemen, you are welcome. (chiama l’applauso; tutti lo salutano) Ditemi un po’, quale di queste belle signore è la vosta primadonna?

ORAZIO   Ecco a voi la signora Placida.

LELIO       Aha! Permetta allora che io faccia il mio dovere. (la tira a sé, ammicca al pubblico, le bacia la mano)

PLACIDA (infastidita) Troppo onore…

LELIO       (a Beatrice) And you, baby? Tu sei la piccola pupa della compagnia?

BEATRICE A disposizione…

LELIO       Let me try...

BEATRICE Ma lasci perdere. (ritira la mano, stupita dall’arroganza)

LELIO       Signorina, non sa cosa si perde (torna a provarci, presuntuoso)

BEATRICE Non si disturbi. (come sopra)

LELIO       (la prende e gliela bacia) Lo racconterà alle sue nipotine

BEATRICE (ironica) Può star sicuro...

ORAZIO   (a Eugenio) Questo scrittore è un po’ troppo sicuro di sè.

EUGENIO (ad Orazio) Basta una comparsata in tivù e diventano quasi tutti così. Colle donne sono convinti di poter fare tutto quello che vogliono.

ORAZIO   Lei dunque è il signor Lelio, opinionista televisivo e celebre scrittore, non è così?

LELIO       Let me show it!. Chi è lei, se è lecito saperlo?

ORAZIO   Sostengo la parte di prim’attore, e sono il capo della compagnia (sostenuto, fa tintinnare la scarsella).

LELIO       (Lo riverisce con affettazione) Le porgo i miei omaggi!!! (s’inchina servile)

ORAZIO   Non si scomponga. Ehi là, dategli da sedere! (i servi portano una sedia, e partono)

LELIO       Troppo gentile.

ORAZIO   S'accomodi.

LELIO       Se mi permette andrò vicino a queste belle signore. (spostandosi la sedia)

ORAZIO   Lei sta volentieri vicino alle donne.

LELIO       Ci vede bene, Mister. Del resto, le Muse son femmine.

PETRONIO (ironico) Signor “scrittore”, benvenuto.

LELIO       (sprezzante) Buongiorno a lei. Chi è lei, nella compagnia?

PETRONIO Il Dottore, per servirla.

LELIO       (finto ossequioso) Bravo, mi rallegro. Ho una bella commedia fatta apposta per lei.

PETRONIO E com'è intitolata?

LELIO       Il Dottore ignorante.

PETRONIO (ironico) Sa, mi diletto anch'io di comporre, ed ho scritto anch’io una commedia.

LELIO       Sì? Com'è intitolata?

PETRONIO Il Poeta mentecatto.

LELIO       Ah! Ha fatto la battuta! Evviva il signor Dottore…    
(a Placida) Milady, ho delle scene strappalacrime, fatte apposta per lei, che faranno piangere non solo gli spettatori, ma anche le poltrone del teatro.
(a Beatrice) Babe, ho delle scene di sesso, fatte apposta per te, che faranno battere le mani anche ai palchi.

EUGENIO (tra sé) Piangere le poltrone, battere le mani ai palchi. Questo è un poeta del Seicento.

ORAZIO   Allora, vuole farci sentire qualcosa?

LELIO       (tirando fuori un plico) Questa è una commedia a soggetto, che ho scritto ieri, in tre quarti d'ora.

PETRONIO (ironico) Si può ben dire che è fatta precipitevolissimevolmente.

LELIO       Sentite il titolo. Pantalone padre padrone e Arlecchino servo fedele, quel ruffiano di Brighella, Ottavio si ritira in campagna e Rosy schiatta per amore. Riusciranno i nostri eroi…?. Che ne dite? (alle donne) È bello? Vi piace?

PLACIDA Sì, bravo! È talmente lungo che già non me lo ricordo più.

BEATRICE Il titolo comprende tutta la compagnia.

LELIO       Questo è il bello: che il titolo racconti tutta la trama.

ORAZIO   Mi scusi, signor Lelio. Le buone commedie devono avere unità d'azione; uno solo deve essere l'argomento, e il titolo deve essere semplice.

LELIO       Certo, ma è meglio è abbondare, che essere scarsi. Questa ha sei titoli, prendete quello che più vi piace. Anzi fate così: ogni anno che tornate a recitarla, cambiate solo il titolo, e avrete per sei anni una commedia, che sembrerà sempre nuova. Al cinema o in televisione facciamo spesso così…

ORAZIO   Andiamo avanti. Sentiamo come inizia.

LELIO       (a Placida, seduttivo) Aha! Mia bella signora, mi farebbe un gran piacere riuscire a scrivere qualcosa per lei.

PLACIDA (indispettita) Oh, I’m sorry, non credo che la cosa mi interessi.

LELIO       Quanto mi piace il suo modo di esprimersi!      
(a Beatrice) E tu? Sei fatta apposta per recitare una delle mie Lolite...

BEATRICE Lei mi prende in giro…

PETRONIO Signore, mi scusi, lei ha mai recitato?

LELIO       Ho recitato nei più celebri teatri d'Italia.

PETRONIO Mi pare che lei sia fatto apposta per recitare, ma per interpretare una caricatura.

ORAZIO   Insomma, possiamo sentire questo soggetto?

LELIO       Eccomi, vi servo subito: Atto primo. Strada. Pantalone e il Dottore. Scena d'amicizia.

ORAZIO   Vecchio, vecchio, è roba da museo!

LELIO       Ma ascoltatemi! Il Dottore chiede la mano della figlia a Pantalone.

TUTTI INSIEME (cantilena) …e Pantalone gliela promette.

LELIO       Bravi, è vero. Pantalone gliela promette. Il Dottore rientra in casa. Pantalone bussa e chiama Rosaura.

TUTTI INSIEME (cantilena) …e Rosaura scende in strada.

LELIO       Sì signori; e Rosaura scende in strada.

ORAZIO   Col suo permesso, non voglio sentir altro. (s'alza)

LELIO       Perché? Cosa c'è di male?

ORAZIO   Ma le sembra possibile, oggi, che uno chiama una donna e quella, per parlargli, scenda in strada? Si è mai visto? Solo nelle peggiori commediole...

LELIO       Facciamo così. Pantalone va nella casa della giovane, e il Dottore resta in scena.

ORAZIO   E mentre  Pantalone è in casa, cosa deve dire il Dottore?

LELIO       Mentre Pantalone è in casa, il Dottore... dice quel, che vuole! (gli attori disapprovano) Nel frattempo, sentite. Nel frattempo Arlecchino, l’autista del Dottore, arriva piano piano, e scambiandolo per un malintenzionato, dà una bastonata al suo padrone.

ORAZIO   … sempre peggio!

PETRONIO Se il qui presente scrittore facesse la parte del Dottore, lo scherzetto sarebbe appropriato.

ORAZIO   Che il servo bastoni il padrone è una vergogna. Lo adoperavano nelle comiche, ma ora non si usa più. Si può essere più scontati? Arlecchino bastona il padrone, e il padrone lo sopporta, perché fa ridere? Caro il mio scrittore, se non ha qualche cosa di più moderno, la prego, non vada nemmeno avanti.

LELIO       (imbarazzato) Sentite almeno questo dialogo.

ORAZIO   Sentiamo il dialogo.

LELIO       Dialogo primo.   
(Uomo) Tu sorda più del vento, non odi il mio lamento?         
(Donna) Olà, vammi lontano, insolente qual mosca, o qual tafano.    

ORAZIO   (disperato) Non ne posso più.

LELIO       (Uomo) Idolo mio diletto. Abbiate compassione...

ORAZIO   Andate a cantar sul cornicione… e buttatevi di sotto! (parte)

LELIO       (Donna) Quanto più voi mi amate, tanto più mi seccate.         
(Uomo) Barbaro cuore ingrato.

EUGENIO Anch'io mio caro scrittore, mi sono seccato. (parte)

LELIO       (Donna) Va' pure amante insano, già tu mi preghi invano.      
(Uomo) Sentimi o Donna o Dea.

PETRONIO Oh, mi ha fatto venir la diarrea. (corre fuori scena)

LELIO       (Donna). Fuggi vola sparisci.    
(Uomo) Fermati, o cruda Arpia.

BEATRICE Vado via, vado via! (mani nei capelli, scappa)

LELIO       Non far di me strapazzo.

PLACIDA Signore mio, …che versi del... (esita) lei è pazzo! (esce compìta)

LELIO       (Donna) Non sperar da me pietà, che pietà di te non ho.         
(Uomo) Se pietà da te non ho, disperato morirò.         
Come! Se ne sono andati tutti? Così prendono in giro uno scrittore della mia levatura? Giuro che mi vendicherò. Gli farò vedere chi sono io! E loro, chi sono che pretendono tutto a un tratto di rinnovare il teatro comico? Credono che, per avere recitato in pubblico alcune nuove commedie di carattere, si possano cancellare tutte quelle vecchie? Non sarà mai così, e con le loro novità non arriveranno mai a far tanti soldi quanti ne ha fatti per tanti anni la mia favolosa Soap Opera …

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

LELIO ed ANSELMO

LELIO       Ah! Signor Anselmo, sono disperato.

ANSELMO Olalà, me car munsü, l’ha fane sente na purcheria ad suget gnanca bun par la tus.

LELIO       In quanto al soggetto, sono d’accordo, ma il mio dialogo non lo dovevano strapazzare così.

ANSELMO Ma non lo sa che dialoghi, soliloqui e disperazioni, sono cose, che non si usano più?

LELIO       Ma oggi che cosa si usa?

ANSELMO Commedie di carattere. Letteratura, mio caro

LELIO       Oh, commedie di carattere ne ho quante ne voglio!

ANSELMO Perché dunque non ne ha proposta qualcuna al nostro capo?

LELIO       Perché credevo che agl'Italiani piacesse ancora la Commedia dell’Arte e il Melodramma. Le maschere, le marionette, le ariette cantate….

ANSELMO Al contrario:  in Italia adesso va di moda un solo tipo di commedie, e tutti, anche il popolino, son diventati critici!

LELIO       Incredibile!!!

ANSELMO Le spiego. La commedia è stata inventata per correggere i vizi, e mettere in ridicolo i cattivi costumi. Fin dai tempi antichi si faceva così: vedendo la copia d'un carattere in scena, ognuno trovava, o in se stesso, o in qualchedun'altro l'originale. Ma, grazie alla televisione e agli autori da botteghino, le commedie son diventate meramente ridicole, e col pretesto di far ridere, si facevano passare i più alti e i più sonori spropositi, così hanno perso la loro funzione educativa! Vede come siamo ridotti... è ora di tornare a fare un teatro impegnato…

LELIO       Lei parla in una maniera, che sembra più un politico che un commediante.

ANSELMO Colla maschera sun Brighela, senza maschera sun ‘n omu, i l’hai co mi la testa e la dövru par pensè.

LELIO       (Temo che questi comici ne sappiano più di me). Amico! Fatemi il piacere di dire al vostro capo di compagnia, che nel mio repertorio ho anche delle commedie di carattere.

ANSELMO I  lu disu, chiel ca ven-a turna staseira o duman matin, chi l’abiu parlane…

LELIO       No; avrei fretta di farlo adesso.

ANSELMO Suma ‘n camin chi fuma le pröve par duman seira; a pol pa deie da ment.

LELIO       Se non mi ascolta subito, vado via, e darò le mie commedie a qualche altra compagnia.

ANSELMO Bin, arveise. Suma pa nuiautri chi l’uma da manca

LELIO       Il vostro teatro perderà molto.

ANSELMO Andermagi.

LELIO       Domani devo partire; se ora non mi ascolta non faremo più a tempo.

ANSELMO Ca fasa bun viagi.

LELIO       (si butta in ginocchio ai suoi piedi) Amico, per dirla tutta, non ho un soldo, e non so come far a mangiare.

ANSELMO Custa sì ca l’è na bun-a rasun.

LELIO       Mi raccomando a lei; dica una buona parola per me.

ANSELMO Vado dal signor Orazio, e spero, che venga subito a sentire cos’ha nel suo repertorio, di commedie di carattere. (Ma credo, che il più bel carattere di commedia sia il suo, cioè  lo scrittore morto di fame!). (parte)

SCENA SECONDA

LELIO e poi PLACIDA

LELIO       Sono in una pessima situazione. I comici di oggi sono illuminati, ne  san più di certi scrittori e di molti politici. Animo, ci devo provare. Ma ecco la prima donna che torna. Credo di aver fatto buona impressione su di lei.

PLACIDA (entra) Signor Lelio, ancora qui?

LELIO       Sì mia signora: stavo girando come una farfalla innamorata intorno al lume delle vostre pupille.

PLACIDA Se va avanti con questo stile, cadrà definitivamente nel ridicolo.

LELIO       Ma i vostri libri, quei soggetti per le commedie che chiamate "generici", non sono tutti pieni di battute così?

PLACIDA Quei libri di cui parlate, li abbiamo già bruciati tutti, come hanno fatto le altre compagnie moderne. Ora facciamo commedie di carattere, con tutte le parti scritte e non solo il soggetto! Ma quando capita di improvvisare, adoperiamo uno stile familiare, naturale e facile: rende tutto più vero.

LELIO       Quand'è così, vi darò io delle commedie scritte con uno stile così dolce, che nell'impararle v'incanteranno.

PLACIDA Basta che non sia antico, pieno di "antitesi" e di "traslati".

LELIO       “…so che non foco ma ghiaccio eravate, o mie candide fedi giovanili…” non è un bel sentire? Il contrapporre le parole non suona bene all'orecchio?

PLACIDA Fin che l'"antitesi" si adopera come figura retorica, va bene; ma quando diventa un vizio è insopportabile.

LELIO       Noi scrittori sappiamo trarre dai vizi degli uomini le nostre "figure”.

PLACIDA (annoiata) …Staremo a sentire...

LELIO       Ah, signora Placida, lei è la mia regina; sarà la mia stella, la mia musa ispiratrice.

PLACIDA Questa mi sembra un’"iperbole".

LELIO       (avvicinandosi troppo) Andrò investigando colla mia più fina "retorica" tutti i "luoghi topici" del suo cuore.

PLACIDA (allontanandosi) (Non vorrei, che la sua "retorica" intendesse andare anche oltre).

LELIO       (tornando alla carica) Dalla sua bellezza "argomenterò filosoficamente" la sua bontà.

PLACIDA Piuttosto che "filosofo", lei mi sembra un po’ troppo "fisico".

LELIO       Sarò "speculativo" nei suoi confronti.

PLACIDA Ha fatto male i conti, è un cattivo "matematico".

LELIO       Non potrò "speculare" sulla sua bellezza?

PLACIDA Mi spiace, lei è un pessimo "ottico"…

LELIO       Possibile che lei non voglia esser "medico" delle mie piaghe d’amore?

PLACIDA Sarò il medico che la farà legare, e condurre al manicomio! (Se continua così, questo farà impazzire anche me. ). (parte)

SCENA TERZA

LELIO e poi ORAZIO

LELIO       Queste principesse di teatro pretendono d'aver troppa autorità sugli autori. Se non fosse per noi, non riscuoterebbero certo gli applausi che prendono dal pubblico.... Ma ecco il capo; conviene rivolgersi a lui con umiltà. Oh fame, fame, quanto mi costi!!!

ORAZIO   Buongiorno di nuovo, Mi ha detto il signor Anselmo, il mio Brighella, che lei ha delle commedie di carattere, e anche se noi non ne abbiamo bisogno, tuttavia, per farle piacere, potrei prenderne qualcuna.

LELIO       Le sarò eternamente obbligato.

ORAZIO   Sediamoci. (i servi portano due sedie, e partono)

LELIO       (Fortuna aiutami!).

ORAZIO   Mi mostri qualche cosa di bello.

LELIO       La servo subito. Questa è una commedia americana, ed è intitolata...

ORAZIO   Non occorre altro. Se è una commedia tradotta, non fa per me.

LELIO       Perché? Non le piacciono le commedie americane?

ORAZIO   Non le disprezzo; Anzi le lodo e le stimo, ma non fanno al caso nostro. Gli americani hanno trionfato nell'arte delle commedie per un secolo intero; Guardi cosa passa al cinema… Ma sarebbe ora che l'Italia si facesse di nuovo avanti: abbiamo anche noi dei buoni autori, i quali dopo i Greci, ed i Latini sono stati i primi ad arricchire, e a dare lustro al teatro. Gli americani, nelle loro commedie, non si può dire che non abbiano dei buoni caratteri, che non maneggino bene le passioni, e che i loro concetti non siano arguti, spiritosi, e brillanti, ma il pubblico di quel paese si accontenta di poco. Due o tre caratteri bastano per sostenere la trama di un’intera serie televisiva. In queste nuove serie, intorno ad una sola passione ben maneggiata e condotta, girano una quantità di roba, e fanno finta ogni volta che sia una novità. Gli Italiani, a teatro vogliono molto più. Vogliono che il carattere principale sia forte, originale, e anche conosciuto, che quasi tutte le persone che formano gli episodi siano altrettanti caratteri; che l'intreccio sia ricco di colpi di scena e di novità. Vogliono la morale mescolata con la saggezza e con il ridicolo. Vogliono il finale inaspettato, ma coerente con lo svolgimento della commedia. Insomma vogliono tante cose, che sarebbe troppo lungo raccontarle, e solamente sui palcoscenici, colla pratica, e col tempo si può arrivar a conoscerle e a seguirle.

LELIO       Ma poi, quando una commedia ha tutte queste buone qualità, in Italia, piace davvero a tutti?

ORAZIO   Signor no. Perché, siccome ognuno, che va a teatro pensa in un modo particolare, così fa in lui effetto secondo il suo modo di pensare. Al malinconico non piace se raccontano barzellette; all'allegro non piace quando fanno la morale. Questa è la ragione per cui le commedie non hanno mai, e mai avranno l'applauso universale. Ma la verità però è che quando sono buone, alla maggior parte piacciono, quando non lo sono quasi tutti le fuggono.

LELIO       Quand'è così, io ho una commedia di carattere di mia invenzione, che sono sicuro che piacerà alla maggior parte. Mi pare d'avere osservato in essa tutti i precetti, ma soprattutto, sono certo d'avere osservato il più importante, che è quello della scena fissa, dell’unità di spazio.

ORAZIO   Chi le ha detto, che la scena stabile sia un precetto essenziale?

LELIO       Aristotele.

ORAZIO   Ha letto Aristotele?

LELIO       (timidamente) In verità non l'ho letto, ma ho sentito dire qualcosa.

ORAZIO   Le spiegherò io cosa dice Aristotele. Questo buon filosofo intorno alla commedia ha cominciato a scrivere, ma non ha terminato, e non abbiamo che sue poche imperfette pagine sulla commedia. Egli ha prescritto, nella sua poetica, l'osservanza della scena stabile nella tragedia. Vi è chi dice, che quanto ha detto della tragedia si debba intendere anche della commedia, e che se avesse terminato il trattato della commedia, avrebbe prescritto anche lì la scena stabile. Ma se Aristotele fosse vivo al giorno d’oggi, cancellerebbe egli medesimo questo precetto, perché da questo ne nascono mille assurdi, mille improprietà.

                   La commedia "semplice" può essere rappresentata con la scena stabile. La commedia d'"intreccio" non si può far così senza farla diventare rigida e improbabile. Gli antichi non avevano la facilità che abbiamo noi oggi per cambiare le scene, e per questo osservavano l'unità. Noi oggi teniamo l'unità del luogo nel caso che si faccia la commedia in una stessa città, o in una stessa casa; basta non fare degli assurdi. Se la commedia, senza stiracchiature, si può fare in scena stabile, si faccia; ma altrimenti è meglio cambiar la scena, e osservare piuttosto le regole del verosimile.

LELIO       Ed io che ho fatto tanta fatica per osservare questo precetto…

ORAZIO   Può darsi che la scena stabile vada bene. Qual è il titolo della sua commedia?

LELIO       Il padre ruffiano per le proprie figlie.

ORAZIO   Oimè! Pessimo argomento. Quando il protagonista della commedia è di cattivi costumi, deve cambiar carattere andando incontro ai buoni precetti, o la stessa commedia deve mostrare che è uno scellerato.

LELIO       Non si devono mettere sulla scena i cattivi caratteri per correggerli e svergognarli?

ORAZIO   Certo, ma non i caratteri scandalosi, come sarebbe questo di un padre che faccia il ruffiano per le proprie figliuole. E poi quando si vuole introdurre un cattivo carattere in una commedia, si mette in secondo piano, e non nella posizione principale, affinchè maggiormente si esalti la virtù e si condannino i vizi.

LELIO       Signor Orazio, non so più cosa dire. Io non ho altro da offrirle

ORAZIO   Mi spiace infinitamente, ma quanto mi ha offerto non fa per me.

LELIO       Signor Orazio, io sono in grande difficoltà… c’è la crisi...

ORAZIO   Mi rincresce, ma non so come aiutarla.

LELIO       Una cosa mi resta da offrirle, e spero che non la disprezzerà.

ORAZIO   Mi dica, in che consiste?

LELIO       Nella mia stessa persona.

ORAZIO   Che cosa dovrei farmene di lei?

LELIO       Farò il comico, se si degna di accettarmi.

ORAZIO   (s'alza) Lei si mostrerebbe sulle scene da comico? Uno scrittore, che deve esser maestro dei comici, scende al grado di un attore? Lei è un impostore, e come è stato un falso poeta, così sarebbe un cattivo comico. Rifiuto la sua persona come ho già rifiutato le sue opere! S'inganna, se crede che i comici onorati, come noi siamo, diano ospitalità ai vagabondi. (parte)

LELIO       Vadano al diavolo i soggetti, le commedie e la poesia. Sarebbe stato meglio se avessi fatto la gavetta e mi fossi messo a recitare fin dall’inizio. Ora il capo mi scaccia e non mi vuole, Ma chissà, se mi aiuta Brighella, pardon, il signor Anselmo, che non mi accetti. Tant'è: il teatro mi piace. Se non son buono per scriverlo, mi metterò a recitarlo. (esce)

SCENA QUARTA

Il SUGGERITORE con fogli in mano e candela accesa; poi PLACIDA ed EUGENIO

SUGGERITORE Animo, signori, che l'ora è tarda. Venite a provare le vostre scene. Tocca a Rosaura e a Florindo.

BEATRICE Eccomi, io son pronta.

EUGENIO Son qui, suggerisci. (al Suggeritore)

BEATRICE Senti bene, mio caro suggeritore: dove so la parte, suggerisci piano, dove non la so, vedi di suggerire forte.

SUGGERITORE Ma come farò io a sapere dove la sai e dove non la sai?

BEATRICE Se conosci il tuo mestiere, lo devi sapere. Va’, e se mi fai sbagliare, povero te.

SUGGERITORE Al solito: gli attori quando non sanno le parti, danno la colpa al suggeritore. (entra e va a suggerire)

SCENA QUINTA

ROSAURA e FLORINDO

ROSAURA Flo, non fare così che tremi tutto; stai sciallo. Mio padre non tirerà a fregarmi in questo modo.

FLORINDO Non mi preoccupa il tuo, piuttosto il mio. Il dottore è un buon padre e farà di tutto per sua figlia; ma mio padre è innamoratissimo di te, e io mi cago sotto solo a pensare che scopra che io e te... Potrebbe fare degli spropositi!

ROSAURA Ma cosa credi? Che io accetterei di sposare Pantalone? Ho detto che mi sarei sposata in casa Bisognosi, ma pensavo a te, mica a tuo padre.

FLORINDO Ma lui si è messo in testa di impalmarti, e per me saranno guai quando scopre (che stiamo assieme.

ROSAURA Terrò la bocca chiusa, non voglio perderti, tanto meno per mano di tuo padre .

FLORINDO Addio, cerca di mantenere le promesse.

ROSAURA Hai fretta?

FLORINDO Se tuo padre ci becca, siamo fritti.

ROSAURA Lui non viene a casa a quest’ora.

SCENA SESTA

PANTALONE ROSAURA e FLORINDO

PANTALONE (dietro la scena) Oi di casa; a s pöl intrè?

FLORINDO Aiuto! MIO padre.

ROSAURA Nasconditi in quella camera.

FLORINDO Verrà a baccagliare.

ROSAURA Lo asseconderò per non farlo sospettare.

FLORINDO Assecondalo sì, ma solo fino a un certo punto....

ROSAURA Muoviti, non c’è tempo da perdere.

FLORINDO Porcavacca! Essere gelosi del proprio padre! (si ritira)

PANTALONE A ie caidün? As pöl intrè?

ROSAURA Venga, venga, signor Pantalone.

PANTALONE Madamin Rosaura, a l’è sula?

ROSAURA Sì, signore, son sola. Mio padre è fuori di casa.

PANTALONE Ai dispias pa se am fërmu na minüta cun chila, o völ chi gava le tende?

ROSAURA Lei può restare o andarsene, a suo piacimento.

PANTALONE Che bel döit. Rosaura, la vida sensa chila a l’è pi lunga che na giurnà sensa pan.

ROSAURA Immagino che sia venuto a trovare mio padre.

PANTALONE No sun pa mnüit par al papà, sun sì par la tota.

ROSAURA E chi sarebbe questa tota?

PANTALONE Ah furbetta! Ladra di cuori! Lo sai che perdo le bave per te?

ROSAURA Sono onorata dei vostri complimenti.

PANTALONE Fuma n’presa, fin c’aie gnün ca sent. Ti va bene se ci sposiamo?

ROSAURA Bisognerà parlarne a mio padre.

PANTALONE Suma tra amis, lui non mi dirà di no. Ma vuria che ‘t füïse ti a dilu. Vorrei sentirlo venire dal tuo cuore… dimmi che mi vuoi bene, che anche se sono vecchio ti piaccio ancora. Le tue paroline mi fanno morire… Quando mi dici di sì mi sciolgo come burro al sole..

ROSAURA Io queste cose non le so dire.

PANTALONE Tota, t’las già falu?

ROSAURA    Cosa?

PANTALONE L’amore!!!

ROSAURA No, signore, mai.

PANTALONE T’ses pa bun-a?

ROSAURA Non so, davvero...

PANTALONE T’mustru mi! Sarò il tuo precettore.

ROSAURA Queste non mi sembrano cose per la sua età.

PANTALONE L’amore non guarda in faccia nessuno. Ciapa i giüu cuma i veij; e quando sono innamorati, possono fare qualunque cosa...

FLORINDO Dunque devi capire anche me, che sono innamorato.

PANTALONE Ti? Co ‘t fase sì parei?

FLORINDO Son qui per lo stesso motivo per cui ci sei tu, papà.

PANTALONE Sun rabià cume ‘na bestia, e rus cume n’ puvrun! Prope me fiöl a l’a ciapame. Una vergogna per tutta la famiglia Bisognosi! Io sorpreso a far la corte alla ragazzina, tu che ti butti in avventure senza chiedere a tuo padre… Chi ha figli dovrebe pensare prima di tutto alla famiglia. E chi vive ancora con i genitori dovrebbe imparare a chiedere il permesso prima di fare qualcosa di sventato! Adesso, sia io che te, fuori di qui! Cerchiamo di rimediare allo scandalo…

FLORINDO Ma, papà...

PANTALONE Fora da sì!

FLORINDO scusa, ma...

PANTALONE Fila mach o ‘t bütu le man a col.

FLORINDO Maledetta gelosia. (parte)

PANTALONE Madamin Rosaura, sai pa pi n’dua rampieme.  Avevo perso la testa per lei, ma in un solo momento mi sono accorto di aver sbagliato tutto, e le chiedo scusa. In questa casa non ci voglio più tornare, che vergogna!!! (parte)

ROSAURA Oddio! Cosa è successo! In un colpo solo il padre e il figlio…  Florindo, scoperto dal padre, non potrà più venire in casa mia (Dite piano, che la parte la so). (verso il Suggeritore), non sarà più mio sposo? Ahi, che dolore. Ahi, che affanno... (Suggerite, che non me ne ricordo) Questo dolore mi distrugge, Povera Rosaura,  potrai vivere senza il tuo diletto Florindo? E soffrirai... (al Suggeritore) zitto! …questa dolorosa separazione? Ah no. A costo di perder tutto, voglio andare incontro all’amore, voglio superare ... ... E voglio far conoscere al mondo... … Maledetto suggeritore, non si sente! Basta, me ne vado. (parte)

SCENA SETTIMA

Il SUGGERITORE col libro in mano, poi VITTORIA

SUGGERITORE Animo Colombina. Tocca a Colombina, e poi ad Arlecchino. Non finiamo mai più. Maledetto questo mestiere! Bisogna star qui tre o quattr'ore a sfiatarsi, e poi gli attori sempre urlano, e non si accontentano mai. E tardi, e chissà se il capo di compagnia almeno mi ospiterà per colazione. (chiama forte) Colombina!

VITTORIA Son qui, son qui.

SUGGERITORE Animo, che è tardi. (entra e va a suggerire)

COLOMBINA Povera signora Rosaura, povera la mia padrona! Che cosa ha mai che piange e si dispera? Eh so ben io cosa ci vorrebbe per il suo male! Un bel pezzo di… giovinotto ben fatto, che le facesse passare la malinconia. Ma il punto sta che anch'io ho bisogno della stessa cura. Arlecchino e Brighella sono ugualmente innamorati delle mie strepitose bellezze, ma non saprei a quale di loro dovrei dar…  la preferenza. Brighella è troppo spocchioso, Arlecchino è un voltagabbana. Il primo vorrà fare a modo suo, l'altro non saprà fare a modo mio. Col furbone starò male di giorno, e col furbetto starò male di sera. Se ci fosse qualcuno a cui potessi chiedere consiglio...

SCENA OTTAVA

BRIGHELLA e ARLECCHINO che ascoltano, e COLOMBINA

COLOMBINA Basta, andrò girando per la città, e a quante donne incontrerò, voglio chiedere, se sia meglio prendere un marito troppo saggio, o troppo ignorante.

BRIGHELLA Saggio, saggio. (s'avanza)

ARLECCHINO Ignorante, ignorante. (s'avanza)

COLOMBINA Ognuno difende la propria causa.

BRIGHELLA Mi disu da bun.

ARLECCHINO Mi l’ai rasun.

BRIGHELLA E te lo proverò con argomenti in forma.

ARLECCHINO E io lo proverò con argomenti in scarpa.

COLOMBINA Bene, chi di voi mi persuaderà, sarà mio marito.

BRIGHELLA Mi da omu ‘d giüdissi, travaierai cume n’asu, perché ‘n te cà t‘l abie sempre da mangè.

COLOMBINA Questo è un buon capitale.

ARLECCHINO Mi, da fol ch’i sun, bun a fè gnente, farai purtè da mange e da beive ai mei amis.

COLOMBINA Anche così potrebbe andar bene.

BRIGHELLA Mi, da omu d’unur, farai che tüti ‘t portu rispet.

COLOMBINA Mi piace.

ARLECCHINO Mi, da bun umas, farai che tüti at vöru bin.

COLOMBINA Non mi dispiace.

BRIGHELLA Mi buterai an urdin tüta la cà.

COLOMBINA Buono.

ARLECCHINO Mi lasserai che ‘t la guverne ti.

COLOMBINA Meglio.

BRIGHELLA Si vudras divertiment, mi ‘t purterai daspartüt.

COLOMBINA Benissimo.

ARLECCHINO Si vudras divertiment, mi ‘t lasserai ande ndua chi t völe.

COLOMBINA Ottimamente.

BRIGHELLA Si vëddu quaiche giuvnot ch’at gira ‘n turn, mi lu masu.

COLOMBINA Bravo.

ARLECCHINO Si quaiche bel giuvnot a riva ‘n te ca, mi te-nu la candeila.

COLOMBINA Bravissimo.

BRIGHELLA (a Colombina) Cum’a l’è?

ARLECCHINO (a Colombina)  Cum’a l’è?

COLOMBINA Ora, che ho sentito le vostre ragioni, concludo che Brighella mi sembra troppo rigoroso, e Arlecchino troppo paziente. Quindi, fate così: impastatevi tutti due, fate di due pazzi un uomo savio, ed allora vi sposerò.

BRIGHELLA Arlechin?

ARLECCHINO Brighela?

BRIGHELLA Cum’a saria?

ARLECCHINO Parei!

BRIGHELLA Ti, ‘t ses na pasta mola.

ARLECCHINO Ti pitost, ‘t ses …………………………………………..

BRIGHELLA Basta parei. Mi ‘m bütu pa cun ti.

ARLECCHINO Sastu cosa puduma fè? Culumbin-a sa fè la fürba e la fola, quandi ch’a völ; fuma na pasta tüti dui cun chila, e faruma ad tre paste an pastis! (la prendono in braccio al volo e partono)

[SCENA NONA tagliata]

SCENA DECIMA

ORAZIO ed EUGENIO

ORAZIO   Bisogna fare di tutto per tenere i commedianti legati al testo!

EUGENIO Dunque si devono abolire del tutto le improvvisazioni?

ORAZIO   Completamente no; anzi va bene che gli Italiani restino capaci di fare quello che non hanno avuto il coraggio di fare gli altri. In Europa dicono che i comici italiani sono temerari perché si arrischiano a parlare in pubblico improvvisando; ma questa è una bella virtù nei comici virtuosi; i quali sanno “parlare a soggetto” con pari eleganza di quello che può fare un poeta scrivendo.

EUGENIO Invece le maschere di solito, patiscono a recitare i testi scritti.

ORAZIO   Quando il testo è grazioso e brillante, adatto al carattere del personaggio che deve dirlo, ogni buona maschera lo impara volentieri.

EUGENIO Dalle nostre commedie di carattere non si potrebbe fare che levare le maschere?

ORAZIO   Guai a noi, se lo facessimo di botto: non è ancora tempo. Una volta la gente andava a teatro solamente per ridere, e non voleva vedere altro che le maschere in scena. Se le parti serie avevano un dialogo un po’ lungo, s'annoiavano immediatamente; ora si stanno abituando a sentir volentieri le parti serie, e godono delle parole, e si compiacciono, e gustano la morale, e ridono della satira, ma vedono volentieri anche le maschere, quindi non bisogna levarle del tutto,

EUGENIO Così è più difficile.

ORAZIO   Ora si fa così, e molti altri più bravi di noi la miglioreranno ancora.

SCENA UNDICESIMA

PETRONIO, ORAZIO ed EUGENIO

PETRONIO Signor Orazio!

ORAZIO   Dica, Petronio.

PETRONIO Volevo provare ancora le mie scene, ma mi pare che non sia il momento.

ORAZIO   Per questa mattina basta così. Proveremo qualche altra cosa dopo pranzo.

PETRONIO Ma io sono lontano da casa, mi rincresce d'andare e tornare…

EUGENIO Resta qui a pranzo dal signor Orazio: già faccio conto di restarci anch’io.

ORAZIO   Accomodatevi.

SCENA DODICESIMA

Il SUGGERITORE della scena; e poi ANSELMO, LELIO, PETRONIO, ORAZIO ed EUGENIO

SUGGERITORE (entra) Quand'è così, starò anch'io alla sua tavola.

ORAZIO   Va bene.

ANSELMO Signor Orazio, so che lei è così gentile con me, che non mi negherà un favore.

LELIO       (fa riverenze)

ORAZIO   Dica pure; in quel che posso, volentieri.

LELIO       (come sopra)

ANSELMO A ie sì munsü Lelio che a vuria fè ‘l cumediant: a l’è n’omu fin e spiritus; sta cumpania ai manca n’aut murus; c’am fasa an piasì: ca lu ciapa e ai fasa na grassia.

ORAZIO   Per compiacere il mio caro Anselmo, lo farei volentieri, ma chi mi assicura che ce la faccia?

ANSELMO Bitumlu an pröva! Par chiel a va bin?

LELIO       Sono contentissimo. Mi rincresce solo che ora non posso subito provare, perchè non ho fatto colazione, e sono di stomaco e di voce un po’ debole.

ORAZIO   Faremo così: torni dopo pranzo, e proverà.

LELIO       Ma frattanto dove dovrei andare?

ORAZIO   Vada a casa, poi torni.

LELIO       Casa non ne ho…

ORAZIO   Ma dove è alloggiato?

LELIO       In nessun luogo.

ORAZIO   Quant'e che è qui, in città?

LELIO       Da ieri.

ORAZIO   E dove ha mangiato ieri?

LELIO       In nessun luogo.

ORAZIO   Ieri non ha mangiato?

LELIO       Né ieri, né stamattina.

ORAZIO   Ma dunque come farà...

EUGENIO Povero scrittore con la pancia vuota, venga con noi a pranzo dal capo della compagnia!

LELIO       (servizievole) La ringrazio, illustrissimo signor capo, perché questi appunto sono gl'incerti degli scrittori.

ORAZIO   Io non la ospito come scrittore, ma come attore.

PETRONIO Venga, venga, questo è un incerto anche dei comici, quando si fa la prova.

LELIO       Grazie, accetto! Oggi vedrà la mia abilità.

PETRONIO Intanto cominceremo a vederla a tavola.

SCENA TREDICESIMA

VITTORIA, ANSELMO, LELIO, PETRONIO, ORAZIO ed EUGENIO

VITTORIA Signor Orazio, è arrivata alla porta una signora che pare straniera, piena di ricciolini,  col mantello e un  cappellino…  chiede del capo della compagnia.

ORAZIO   Venga avanti.

LELIO       Non sarebbe meglio riceverla dopo aver mangiato?

ORAZIO   Sentiamo cosa vuole.

VITTORIA Ora la faccio passare.

ORAZIO   Ma mandiamo un servitore…

VITTORIA Eh io so fare la serva sul palco, non sarà un problema farla anche per davvero.

[SCENA QUATTORDICESIMA tagliata]

SCENA QUINDICESIMA

ELEONORA, con un SERVITORE, PLACIDA, BEATRICE, VITTORIA, ANSELMO, LELIO, PETRONIO, ORAZIO ed EUGENIO

ELEONORA Signori,buongiorno.

ORAZIO   Benvenuta, signorina. (le donne le fanno riverenza, e tutti gli uomini stanno col cappello in mano)

ELEONORA Siete comici, voi?

ORAZIO   Sì, certo, per servirla.

ELEONORA Chi è il capo della compagnia?

ORAZIO   Io.

ELEONORA Ed è questa  la prima donna? (verso Placida)

PLACIDA Che bell’intuito. (con una falsa riverenza)

ELEONORA Brava; so che si dà da fare in teatro.

PLACIDA Grazie ...

ELEONORA Ahah! Anch’io vado volentieri alle commedie, e quando vedo le vostre buffonate, rido, come una pazza.

ORAZIO   Mi scusi, ma con chi ho l'onor di parlare.

ELEONORA Ma come: non mi riconosce? Fino a due settimane fa ero in televisione, in prima serata. Vengo dal reality con lo share più alto nel prime-time, sono una grande promessa della musica italiana.

ORAZIO   Lei è dunque una cantante?

ELEONORA Cantante? Sono una virtuosa di musica. (tutti si guardano fra di loro, e si mettono a ridere in silenzio o sottovoce)

ORAZIO   Insegna musica?

ELEONORA No, signore, canto.

ORAZIO   Dunque è una cantante.

PLACIDA E in tivvù ha fatto la prima donna?

ELEONORA Qualche volta, ovvio

PLACIDA (prendendola in giro) Brava ragazza, la verrò a vedere.

PETRONIO (in falsetto, per prenderla in giro) Anch'io, signorina, quando sento le smorfie delle cantanti, crepo dalle risa.

LELIO       Mi scusi, ma lei non è Eleonora?

ELEONORA Oh sì, son io

LELIO       Non si ricorda che ha recitato in un mio sceneggiato?

ELEONORA Dove? Non mi ricordo.

LELIO       Su Canale Cinque.

ELEONORA Com'era intitolato?

LELIO       Vivere.

ELEONORA Ah, sì, è vero, la prima puntata. Facevo la parte più importante. Ma ottenne uno share bassissimo a causa del testo di pessima qualità, e così annullarono le puntate successive.

LELIO       Tutti dicevano a causa dell’interpretazione, di bassa qualità…

BEATRICE Dunque lei recita in commedie?

ELEONORA (svogliatamente) Sì signora, qualche volta.

BEATRICE E poi ride delle buffonate dei commedianti?

ELEONORA (sarcastica) Vi dirò: mi piace così tanto il vostro modo di trattare, che verrei volentieri a lavorare con voi.

ORAZIO   Vuol fare la commediante?

ELEONORA Io la commediante?!?

ORAZIO   Ma allora cosa vuol fare con noi?

ELEONORA Verrò a cantare.

ORAZIO   Oho! Generosissima.

ELEONORA Il compagno lo troverò io, e con tremila euro di cachet vi levate il disturbo per tutti due.

ORAZIO   Non più di tremila euro?

ELEONORA Viaggi, albergo, vestiario: su queste cose ci mettiamo d’accordo.

ORAZIO   Certo, cose che si usano.

ELEONORA Le canzoni le scegliamo noi; ne faremo quattro in ogni rappresentazione, e volendone di più, ci farete un regalo di mille euro per ogni cambio.

ORAZIO   Anche così non c'è male.

ELEONORA L'orchestra poi, deve esser sufficiente.

ORAZIO   Questo s'intende.

ELEONORA E gli abiti sempre nuovi.

ORAZIO   Ho il sarto in casa

ELEONORA Il mio body-guard farà la parte muta, e si accontenterà di quello che gli darete.

ORAZIO   Un tipo discreto.

ELEONORA Allora va tutto bene.

ORAZIO   Va benissimo.

ELEONORA Il contratto è fatto, mi pare

ORAZIO   Perfetto!!!

ELEONORA Dunque?

ORAZIO   Dunque, signorina, non abbiamo bisogno di lei.

TUTTI        Bravo, bravo. (con allegria)

ELEONORA Come! Mi disprezzate così?

ORAZIO   Cosa credete, signorinella, che i comici abbiano bisogno della vostra musica per fare soldi? Purtroppo per qualche tempo la nostra arte si è avvilita a mendicare dalla musica i favori per attirare la gente. Ma grazie al Cielo, ci siamo svegliati. E’ finita l’epoca delle canzonette! Non voglio entrare nel merito (o nel demerito) dei professori di canto, ma vi dico che tanto è virtuoso il musico quanto il comico, quando ognuno sappia fare il suo mestiere; con questa differenza: che noi per andare in scena, dobbiamo studiare, mentre voi altre canterine vi fate mettere in bocca … un paio di canzonette, come i pappagalli, e andate avanti a forza di televoti pagati dalle case discografiche. Vi fate batter le mani dalla claque e credete di essere diventate famose. Signorina, arrivederci e grazie. (parte)

ELEONORA Lo sapevo! I comici sono sempre stati nemici dei cantanti.

PLACIDA Non è vero, signorina! I comici sanno rispettare quei cantanti che hanno del merito e della virtù; ma i cantanti di merito e virtuosi rispettano a loro volta i comici onorati e per bene. Se lei lo fosse, non sarebbe qua. Ma se le riuscisse di restar con noi, avrebbe migliorato di molto la sua condizione. Meglio vivere in mezzo a comici mediocri che fra produttori di spazzatura televisiva, coi quali è stata lei finora. Signorina, arrivederci. (parte)

ELEONORA Questa avrà fatto la principessa, e si crede ancora di esser tale.

BEATRICE Come lei, che ha visto i cartoni di qualche libro di musica, e si crede di essere virtuosa. È passato il tempo, signorina, in cui la musica teneva sotto i piedi l'arte drammatica. Adesso abbiamo anche noi un teatro nobile, e se prima venivano a vedere voi per ammirarvi, e da noi per ridere, ora vengono da noi per gustare la commedia, e guardano i vostri reality per le ciance. (parte)

ELEONORA Davvero coraggiose queste attrici. Signori, non credevo di ricevere un simile trattamento da voi.

EUGENIO Sareste stata meglio trattata, se vi foste proposta in maniera meno spocchiosa.

ELEONORA Noi professioniste della televisione parliamo  tutte così.

EUGENIO E noi altri comici rispondiamo a tono! (parte)

ELEONORA Sia maledetto il giorno in cui sono venuta qui!

PETRONIO Certo che ha fatto male a venir a sporcare i suoi piedini virtuosi sulle tavole del palcoscenico.

ELEONORA E lei, chi è?

PETRONIO Il Dottore, se non le dispiace.

ELEONORA Dottore in teatro...

PETRONIO Come lei è una virtuosa in televisione.

ELEONORA Che vuol dire: dottore senza scienza.

PETRONIO Che vuol dire: virtuosa senza saper né leggere né scrivere. (parte)

ELEONORA Ma questo è troppo; se resto qui, ne va della mia riputazione. Staff, voglio andar via.

LELIO       Signorina, se vuol fermarsi con noi, andiamo a mangiare il risotto...

ELEONORA Oh lei si che è  un uomo gentile.

LELIO       Io non sono il padrone di casa, mi hanno invitato. Tuttavia gli amici degli amici… insomma, venga con noi e sarà ospite a tavola!

ELEONORA Ma (le donne) mi prenderanno (tutti quanti) in giro...

LELIO       Basta che si comporti bene...

ELEONORA (tentennando) Vada a dirlo al capo della compagnia, e se lui m'invita, magari potrei convincermi a venire.

LELIO       Signorina Eleonora, a me può parlare liberamente. Come vanno gli affari?

ELEONORA Molto male. Il produttore dell'opera in cui recitavo, è fallito; ho perso la paga, ho dovuto far il viaggio a mie spese, e per dirle tutto, non ho altro che quello che mi vedete addosso.

LELIO       Anch'io sono nelle stesse condizioni, e se vuole fare come ho fatto io, starà bene anche lei.

ELEONORA A che cosa si è appigliato, nella compagnia?

LELIO       Ho accettato di fare il comico.

ELEONORA Ed io dovei abbassarmi a tanto?

LELIO       Come sta d'appetito?

ELEONORA Alquanto bene.

LELIO       Ed io benissimo. Andiamo a mangiare, che poi ne parleremo.

ELEONORA Ho qualche difficoltà, mi vergogno.

LELIO       Se lei ha difficoltà, io non ce l'ho. Vado a sentire l'armonia dei cucchiai, che è la più bella musica di questo mondo. (parte)

ELEONORA Staff, che facciamo?

BODY GUARD Io ho una fame schifosa, che non ne posso più.

ELEONORA Andiamo, o non andiamo?

BODY GUARD Andiamo, porco boia!

ELEONORA Bisognerà superare la vergogna. Ma che farò? Mi lascerò convincere a fare l’attrice? Comunque, tra continuare a fare una serata in discoteca ogni tanto, in mezzo a pessima musica, o lavorare onestamente in questa compagnia, forse è meglio diventare una mediocre comica. Quante mie compagne del reality farebbero così, se potessero! È meglio guadagnarsi il pane con il lavoro e la fatica, piuttosto che sedersi sulle ginocchia di qualcuno e dare occasione di dubitare dell’arte... Andiamo! (parte col Body Guard)

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

ORAZIO ed EUGENIO

EUGENIO Ora la compagnia è veramente al completo. Il signor Lelio e la signorina Eleonora suppliscono alle due persone che ci servivano.

ORAZIO   Chissà se saranno capaci a recitare?

EUGENIO Li provi, ma io credo che ci possano riuscire ottimamente.

ORAZIO   Converrà fare attenzione al loro modo di vivere. Uno ha in testa la poesia, l'altra la musica: non vorrei che ci mettessero agitazione colle loro idee. Sa che io soprattutto ci tengo alla quiete nella mia compagnia; che stimo più una persona di buoni costumi piuttosto che un bravo comico che pesca nel torbido, o di malaffare.

EUGENIO E così va fatto. La buona armonia fra compagni contribuisce al buon esito delle commedie. Dove ci sono contrasti, invidie, gelosie, tutte le cose vanno male.

ORAZIO   Non so come Eleonora si sia convinta in così poco tempo a voler fare l’attrice.

EUGENIO La necessità la conduce a procacciarsi il pane.

ORAZIO   Quando si sarà rimessa in buono stato, farà come tanti altri, non si ricorderà del beneficio, e ci volterà le spalle.

EUGENIO Osservi il signor Lelio. Medita qualche cosa per dar prova della sua abilità. Ora verrà qui a farsi sentire. Non voglio metterlo in soggezione.

ORAZIO   Va bene. Vada dalla signora Eleonora, e quando mi sarò sbrigato del poeta, mi mandi la virtuosa.

EUGENIO Poeta selvatico e virtuosa ridicola. (parte)

SCENA SECONDA

ORAZIO, poi LELIO

LELIO                                   Sono stato a rivedere la mia bella, e non avendo avuto la fortuna di trovarla, voglio rintracciarla al mercato.

ORAZIO   Signor Lelio, con chi parla?

LELIO       Non vede che recito?

ORAZIO   Capisco che recita; ma recitando, con chi parla?

LELIO       Parlo da me stesso. Questa è un'uscita, un soliloquio.

ORAZIO   E parlando tra sé, dice: Sono stato a riveder la mia bella? Un uomo da se stesso, non parla così. Sembra che lei venga in scena a raccontare a qualche persona dov’è stato.

LELIO       Ebbene, parlo col pubblico.

ORAZIO   Qui la volevo. Non sa che col pubblico non si parla? Che il comico deve immaginarsi, quando è solo, che nessuno lo senta e che nessuno lo veda? Quello di parlare col pubblico è un vizio intollerabile, e non si deve fare in nessun modo.

LELIO       Ma se quasi tutti quelli, che improvvisano fanno così. Quasi tutti, quando escono soli vengono a raccontare al pubblico dove sono stati, e dove vogliono andare.

ORAZIO   Fanno male, malissimo, e non si devono imitare

LELIO       Dunque non si faranno mai soliloqui.

ORAZIO   Signor sì, i soliloqui sono necessari per spiegare i sentimenti del cuore, dar senso al pubblico del proprio carattere, e mostrar gli effetti e i cambiamenti delle passioni.

LELIO       Ma come si fanno i soliloqui senza parlare al pubblico?

ORAZIO   Invece di dire:

                   Sono stato dalla mia bella, e non l'ho ritrovata; voglio andarla a ricercare, ecc.

                   Si dice così:

                   Fortuna ingrata, tu che mi vietasti di rivedere nella propria casa il mio bene, concedimi che possa rivederla...

LELIO       …al mercato.

ORAZIO   Oh questa è bella! Volete andar a ritrovare la vostra bella al mercato?

LELIO       Sì signore, al mercato. Mi immagino che la mia bella abbia una bancarella, e se mi avesse lasciato finire, avrebbe sentito chi sono io, chi è lei, come ci siamo innamorati, e come penso di concludere le nostre nozze.

ORAZIO   Tutta questa roba voleva dire da solo? Le serva di regola, che non si fanno mai gli argomenti della commedia da una sola persona in scena, non essendo verosimile che un uomo, che parla da solo, faccia a se stesso la storia dei suoi amori o dei suoi accidenti. Si deve dividere l'argomento stesso in più scene, e a poco a poco andarlo a scoprire, con piacere e con sorpresa del pubblico.

LELIO       Almeno, sono capace a recitare?

ORAZIO   E’ sufficiente.

LELIO       Mi accettate nella vostra compagnia?

ORAZIO   La accetto con soddisfazione.

LELIO       Quand'è così, son contento. Mi presterò a recitare, e lascerò da parte l’idea di comporre; giacché sento che sono tante le regole d'una buona commedia, quante sono per così dire le parole, che la compongono. (parte)

SCENA TERZA

ORAZIO, poi ELEONORA

ORAZIO   Questo giovine ha del brio. Sembra un po’ …easy, ma in scena ci vuole sempre uno a cui affidare le parti più “brillanti”.

ELEONORA Buongiorno, signor Orazio. A disposizione.

ORAZIO   Ecco la signora virtuosa.

ELEONORA Non mi mortificate così. So benissimo, che mi sono presentata a voi con poco garbo, avevo necessità di soccorso, ma l'aria della televisione ci riempie di boria. Invece il contegno, la cortesia, la modestia delle vostre donne ha fatto sì ch'io mi sono innamorata di tutti voi. Ecco smentita la massima di chi crede che le attrici siano di facili costumi, e traggano il loro guadagno in parte dalla scena, e in parte... dietro le quinte!

ORAZIO   Per fortuna il teatro non è come la tivù. Da noi non ci sono solo lustrini e tette al vento. Non si vedono certe oscenità, non si sentono solo parolacce, non diamo il cattivo esempio! A teatro ci vengono anche i ragazzini, e hanno sempre qualcosa da imparare!

ELEONORA Orsù, signor Orazio, io voglio diventare un’attrice, e mi raccomando a lei!

ORAZIO   Datevi da fare! Vale a dire: studi, osservi gli altri, impari bene le parti, e soprattutto, se sente un po’ d'applausi, non creda subito di essere una grande attrice. Se sente  battere le mani, non si fidi. Molti battono le mani per abitudine, altri per passione; alcuni perché gli è piaciuto, altri per riconoscere l’impegno. Molti altri ancora perché sono pagati dai produttori.

ELEONORA Io produttori non ne ho.

ORAZIO   E’stata cantante in tivù, e non ha produttori?

ELEONORA Io non ne ho, e mi raccomando a lei.

[ORAZIO Io sono il capo di compagnia; sono amico di tutti nello stesso modo, e desidero che tutti si facciano onore, per il loro e per il mio interesse: ma non uso favori con nessuno, e specialmente con le donne, perché, per quanto siano buone, fra loro sono invidiose.

ELEONORA Ma non vuole nemmeno provare se sono capace di sostenere il posto, che mi da, di terza donna?

ORAZIO   Oh questo sì, m’interessa assicurarmi delle sue capacità.

ELEONORA Vi reciterò qualche pezzo che so.

ORAZIO   Ma non in musica.

ELEONORA Senza musica. Sentite: (si rivolge verso di lui)

Dicono di me, che sono un bastardo, bugiardo e lo fanno senza un perchè...

ORAZIO   Si volti verso la platea.

ELEONORA Ma se devo parlare con lei.

ORAZIO   Ebbene; si tiene il petto verso il pubblico, e con grazia si gira un poco il capo verso il personaggio; osservate:

Dicono di me, che sono un bastardo, bugiardo e lo fanno senza un perchè...

ELEONORA In musica, non mi hanno insegnato così.

ORAZIO   Eh lo so, che voi altre non badate ad altro che alle cadenze.

ELEONORA

Dicono di me,

che sono un bastardo, bugiardo e lo fanno senza un perchè...

Dicono di me,

che sono una strega drogata e truccata e piena di sè...

E dicono di me,

che sono una stupida frase da dire davanti a un caffè...

E invece no, nessuno sa.

Che avrei soltanto l'amore per lei...

Per lei che ha il nome di un fiore, per lei...

ORAZIO   Basta così; non dica altro per amor del Cielo.

ELEONORA Perché? Recito tanto male?

ORAZIO   Nooo…

ELEONORA Dunque le pare ch'io possa passare per attrice?

ORAZIO   Per una principiante è passabile; la voce non è ferma, ma questa si fa coll'uso. Badi bene di battere le ultime sillabe, che si sentano bene. Reciti piuttosto adagio, ma non troppo, e nelle parti di forza, carichi la voce, e acceleri più del solito le parole. Si guardi soprattutto dalla cantilena, e dalla declamazione, piuttosto reciti naturalmente, come se parlasse, Il teatro è imitazione della natura, si deve fare tutto quello, che è verosimile. Anche il gesto deve essere naturale. Non muovete le mani tutte due in una volta, se non quando un impeto di collera, una sorpresa, una esclamazione lo richieda. Quando un personaggio fa scena con lei, lo guardi e non si distragga cogli occhi e colla mente.

ELEONORA La ringrazio dei buoni consigli che mi da; procurerò di metterli in pratica.

ORAZIO   Quando è libera e non recita, vada a teatro. Osservi come recitano i buoni comici, questo è un mestiere che s'impara più colla pratica, che colle regole.

ELEONORA Anche questo non mi dispiace.

ORAZIO   Un altro avvertimento voglio darle, e poi andiamo, e lasciamo, che i comici provino il resto della commedia. Signora Eleonora, sia amica di tutti, e non dia confidenza a nessuno. Se sente dir male dei compagni, procuri di mettere una buona parola. Se le riportano qualche cosa di sgradevole, non ci creda e non badi alle dicerie. Circa le parti, prenda quello che le si dà; non creda che sia la parte lunga quella che fa onore al comico, ma la parte buona. Sia diligente, venga presto in teatro, procuri di andare a genio a tutti, e se qualcuno vi vede mal volentieri, faccia finta di niente. (parte)

ELEONORA Questo capo di compagnia, mi ha dato più avvertimenti di quello che fa un maestro il primo giorno quando riceve un nuovo scolaro. Però gli sono grata. Cercherò di essere, se non  una delle prime, almeno non delle ultime. (parte)

SCENA QUARTA

Il SUGGERITORE, poi ROSAURA e PETRONIO

SUGGERITORE Animo, signori, che il tempo passa, e si fa notte. Tocca a Rosaura, e al Dottore. (entra)

DOTTORE Rosy, da dove arriva tutta questa malinconia? Dillo a papà, che ti vuol bene…

ROSAURA Papi, ti prego, lascia stare.

DOTTORE Vuoi un vestito nuovo? Te lo farò. Vuoi che facciamo qualche giorno di vacanza? Ti ci porto. Vuoi una festa di ballo? Te la pago. Vuoi un ragazzo?

ROSAURA Ecco il tasto dolente!(sopirando)

DOTTORE Dai, ti darò una mano. Dimmi un po’, sei innamorata?

ROSAURA (piangendo) Sì, purtroppo.

DOTTORE Via, non piangere. È normale, alla tua età, ed io non ho niente in contratio, se è quello giusto. Dimmi: chi è quello che ti piace?

ROSAURA È Flo, il figlio del signor Pantalone Bisognosi.

DOTTORE E’ un bravo ragazzo. Son contentissimo. Darò il mio consenso.

ROSAURA Ahi ahi! (respirando)

DOTTORE Sì, te lo darò, te lo darò.

SCENA QUINTA

COLOMBINA, ROSAURA e PETRONIO.

COLOMBINA Poverino! Non ho cuore di vederlo penare così.

DOTTORE Cosa c'è Colombina?

COLOMBINA C’è un povero giovanotto, che passeggia sotto le finestre di questa casa, e piange, e si dispera, e picchia la testa contro il muro.

ROSAURA Oimè! Chi è? Dimmelo.

COLOMBINA È Florindo.

ROSAURA Proprio lui! Papà, per favore….

DOTTORE Bella di papà, voglio incoraggiarti. Presto, Colombina, chiamalo, e digli che gli voglio parlare.

COLOMBINA Subito, non perdo tempo; quando si tratta di far servizio ai giovani, mi do da fare.

ROSAURA (saltandogli al collo) Caro il mio papi, mi vuoi così bene…

DOTTORE Sei la mia unica figlia!

ROSAURA Posso sposarlo?

DOTTORE Ti ho già detto, darò il mio consenso.

ROSAURA Ma c’è una difficoltà.

DOTTORE E quale?

ROSAURA Il padre di Florindo non si accontenterà.

DOTTORE No? Per qual ragione?

ROSAURA Perché il vecchio è innamorato di me…

DOTTORE Lo so, lo so, ma non importa; rimedieremo anche a questo.

SCENA SESTA

FLORINDO, COLOMBINA, ROSAURA e PETRONIO

COLOMBINA Ecco, eccolo, è mezzo morto!

ROSAURA (Ah! Quegli occhi; mi fanno sudare tutta).

FLORINDO Signor Dottore, mi scusi, Colombina mi ha chiamato... perché la signorina Rosaura... Anzi, lei che è suo padre... Mi compatisca, non so più che cosa dico.

DOTTORE Capisco, capisco; sei innamorato di Rosy, e la vorresti sposare, non è così?

FLORINDO Non desidero altro.

DOTTORE Ma tuo padre pare abbia delle pretese ridicole.

FLORINDO Il padre è rivale del figlio.

DOTTORE Dunque non si deve perder tempo. Bisogna levargli la speranza, è l’unico sistema.

FLORINDO Ma come?

DOTTORE Sposandovi subito, ora!

FLORINDO Questo sì che è parlare!

ROSAURA Questo sì che mi fa passare tutte le malinconie!.

COLOMBINA Questo sì, mi fa crepare dall'invidia.

DOTTORE Animo dunque, datevi la mano.

FLORINDO Eccola, la mano ed il cuore.

ROSAURA Eccola, la mano e la fedeltà sempiterna.

COLOMBINA Oh, che cari! Oh che bella cosa! Mi sento l'acquolina in bocca.

SCENA SETTIMA

PANTALONE, FLORINDO, COLOMBINA, ROSAURA e PETRONIO

PANTALONE  Co a l’è  stu ciadel

DOTTORE Signor Pantalone, benché lei non mi abbia parlato prima, ho fatto come volevate fare voi.

PANTALONE Co a dis?

DOTTORE Mi dica: non  desiderava che mia figlia sposasse suo figlio Florindo?

PANTALONE A l’è pa vera! Gnanca na frisa.

DOTTORE Ma ha detto che la voleva sposare in casa sua!

PANTALONE Prope parei, ma pa cun me fiöl.

DOTTORE E con chi, dunque?

PANTALONE Cun mi, cun mi.

DOTTORE Alla sua età? Mi perdoni ma questo non mi è neanche passato per la mente. Mi spiace, ho equivocato; ma questo equivoco ha già prodotto il matrimonio di suo figlio Florindo con mia figlia Rosaura.

PANTALONE (alterato) Mi sun pa d’acordi, mia firma la büterai pa, ne ura ne mai.

DOTTORE Se non la mette lei, l’ho già messa io. Sia lei che suo figlio avete fatto la corte a Rosy; dunque o il padre o il figlio doveva sposarla. Per me, tanto valeva l’uno quanto l'altro. Ma siccome il figlio è più giovane, è più lesto di gamba, ed è arrivato prima, e lei che è vecchio, non ha potuto fare le corse, ed è rimasto a mezza strada...

COLOMBINA È normale per i vecchi: ogni quattro passi devono fare una sosta a riposarsi.

PANTALONE Disu mi, sta situasiun ale n’ciadel. N’pare ……………………………… ………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………...

FLORINDO(a Pantalone) Via, papà, non t’arrabbiare. In fondo, è una bella notizia!

DOTTORE Un uomo d'onore, per giunta di una certa età, non ci deve provare con la figlia di un amico, contro le buone regole dell’amicizia…!

ROSAURA (al Dottore) Per amor del Cielo, non arrabbiarti.

SCENA OTTAVA

LELIO, TONINO, FLORINDO, COLOMBINA, BEATRICE e PETRONIO

LELIO       Bravi! Veramente una bella scena! Il signor capo di compagnia va dicendo che il teatro si è riformato, che ora si osservano tutte le buone regole ma questa scena è uno sproposito; non si può fare così.

[EUGENIO Perché? Qual è lo sproposito che voi notate in questa scena?

TONINO   Chi c’a l’è chielsì? Cul che ni scriu le cumedie?

BEATRICE È un poeta famosissimo. (fa il cenno che mangia bene)

EUGENIO E’ uno che sa perfettamente a memoria le Bucoliche.

                   Titire tu patulae recubans sub tegmine fagi

                   silvestrem tenui Musam meditaris avena; …

                  

In alternativa: E’ uno che sa a memoria tutto Shakespeare:

                   To be or not to be, this is the question.

                   Whether 'tis nobler in the mind to suffer


                   the slings and arrows of outrageous fortune,


                   or to take arms against a sea of troubles,


                   and by opposing end them?


                   To die: to sleep;

LELIO       So e non so; ma so che questa è una cattiva scena.

SCENA NONA

ORAZIO, LELIO, TONINO, EUGENIO, VITTORIA, BEATRICE e PETRONIO

ORAZIO   Cosa c'è adesso?

EUGENIO Abbiamo quasi finito, ma il signor Lelio grida, e dice che questa scena va male.

ORAZIO   Per quale ragione, signor Lelio?

LELIO       Perché Orazio nella sua Poetica fissa la regola che non si facciano lavorare in scena più di tre persone per volta, e in questa scena sono cinque.

ORAZIO   Mi perdoni, Orazio non va inteso così. Egli dice: Nec quarta loqui persona laboret. Alcuni intendono: Non lavorino più di tre. Ma egli ha inteso dire, che se sono quattro, il quarto non si affatichi, cioè che non si diano fastidio i quattro attori un con l'altro; come succedeva in Commedia dell’Arte nelle scene di improvvisazione, nelle quali, quando sono quattro, o cinque persone in scena, fanno subito confusione. Le scene si possono fare anche di otto o dieci persone, quando siano ben regolate, se tutti i personaggi si fanno parlare a tempo, senza che uno disturbi l'altro.

LELIO       Anche qui dunque ho sbagliato.

ORAZIO   Prima di parlare delle regole degli antichi, conviene considerare due cose; la prima: il vero senso con cui hanno scritto. La seconda, se ai nostri tempi convenga quel che hanno scritto E’ cambiato il modo di vestire, di mangiare e di conversare, così è anche cambiato il gusto e l'ordine delle commedie.

LELIO       E cambierà ancora?

ORAZIO   Migliorerà. Ogni virtù, ogni vizio, ogni costume, ogni difetto, prende aria diversa dalla varietà delle circostanze.

VITTORIA Capo, per favore, o ci lascia finire di provare, o ci lascia andare a casa!.

ORAZIO Avete ragione. Questo giovin’attore mi fa fare degli spropositi: quando i comici provano, non s'interrompono.

SCENA DECIMA

Il SUGGERITORE, ORAZIO, LELIO, TONINO, EUGENIO, VITTORIA, BEATRICE e PETRONIO

SUGGERITORE Maledizione! Si finisce, o non si finisce questa commedia?

ORAZIO   Ma lei grida sempre. Quando si prova, vuole far presto. E quando si fa la commedia, se qualcuno parla dietro le scene, urlate così forte che vi si sentono dapperttutto.

SUGGERITORE Se urlo e straparlo, ho ragione: la scena è sempre piena di gente, che fa rumore, e mi meraviglio di lei, che li lascia venire. Noi tecnici qua dietro non ci possiamo più muovere. Allora, andiamo?

TONINO   Se t’vade pa ti, t’mandu mi.

SUGGERITORE Fai attenzione tu, porta rispetto, altrimenti te ne pentirai! Se non mi tratti bene, ti farò dire degli spropositi in scena! Se i commedianti si fanno onore, è grazie ai miei suggerimenti e al lavoro di noi tutti qua dietro! (rientra)

ORAZIO   Certamente, tutto contribuisce al buon esito delle cose.

SUGGERITORE (di dentro, suggerendo) So che lei non vorrebbe che suo figlio... So che lei non vorrebbe che suo figlio...

TONINO   Dutur, tuca a ti.

DOTTORE Ah son qui. So che lei non vorrebbe che suo figlio sposasse Rosy, perché è innamorato lei della mia figliuola, ma questa sua debolezza fa torto alla sua età. Rosaura non si sarebbe mai convinta a sposarla; dunque era tutto inutile, ed è un atto di giustizia che possa sposare suo figlio. Se vuol bene a Rosaura, faccia un bel gesto, da uomo onesto, savio, e prudente: la ceda a un giovane che la renderà felice, e almeno avrà la consolazione di avere contribuito alla sua felicità.

PANTALONE A l’a rasun chiel, mi völu bin a sta fiëtta. Chila marierà Florindo, ma mi pös pa dismentiela, e vöi pa pi ancuntrela. Florindo, sang dal me sang, si t’la marie va a ste ‘n te ca d’so pare e mi t’ dagu la pensiun. Nora, già che non hai voluto stare con me, almeno stai bene con mio figlio: trattalo con amore. Ti prego di compatire le debolezze di un povero vecchio, accecato dal tuo garbo ancor più che dalla tua bellezza. Dottore, venga che mettiamo tutto nero su bianco. Se han bisogno di qualcosa, sono qua. Spenderò tutto quel che devo, ma in questa casa non ci voglio più mettere piede!Ahimè un vecchio col cuore infranto, rischia il ridicolo. Ho un groppo in gola… vado via! (parte)

ROSAURA Papi, mi fa pena.

SCENA ULTIMA

BRIGHELLA, ARLECCHINO, ORAZIO, LELIO, TONINO, PLACIDA, EUGENIO, VITTORIA, BEATRICE e PETRONIO

LELIO       Una cosa volevo dirvi per ultimo, e poi ho finito.

ORAZIO   Dica pure.

LELIO       Il mio soggetto finiva con un sonetto, vorrei che mi diceste se sia ben fatto o meno terminare la commedia con un sonetto.

ORAZIO   I sonetti in qualche commedia stanno bene, e in qualche altra stanno male. Anche il nostro autore alcune volte li ha usati con ragione, e alcune volte ne poteva far di meno.

LELIO       Meno male che ha sbagliato anche lui.

ORAZIO   E’ un uomo, come gli altri, e ha scritto più volte che tremava sempre ogni qual volta doveva portare una nuova commedia sulle scene, come tutti gli autori. Scrivere per il teatro è difficile, non se ne sa mai abbastanza, ma Carlo Goldoni, con la sua riforma già sarebbe contento di aver dato uno stimolo alle persone di spirito e di cultura, per migliorare un giorno la reputazione del Teatro Comico Italiano.

PLACIDA Orazio! Sono stanca di stare in piedi, abbiamo  finito di chiacchierare?

ORAZIO   Andiamo pure: la prova è terminata. Da quanto abbiamo avuto occasione di trattare, credo che si possa ricavare quale debba essere, secondo l'idea di Goldoni, il Teatro Comico.