Il vecchio geloso

Stampa questo copione

 


Farsa in un atto

di Miguel De Cervantes y Saavedra

da FARSE SPAGNOLE del secolo d’oro

Edipem Novara 1974

PERSONAGGI

LORENZA

CRISTINA, sua cameriera

ORTIGOSA

VICINO

CANIZARES

COMPARE

GALANTE

PIZZARDONE

SUONATORI

DANZATORE


Entrano donna Lorenza, Cristina sua cameriera, e Ortigosa,una vicina.

Lorenza         È stato un vero miracolo, signora Ortigosa, che non mi abbia rinchiusa a chiave quel mio padrone, mio giogo e mia dispe­razione. Da quando mi sono maritata con lui, è questo il primo giorno che parlo con una persona non di casa. Possa io vederlo uscir di questa vita, lui e chi con lui mi maritò!

Ortigosa        Suvvia, mia signora donna Lorenza, non si lamenti tanto, che con una pentola vecchia se ne compra un'altra nuova.

Lorenza         Con codesto e altri proverbi e canzonette del genere mi hanno ingannata. Maledetti siano i suoi denari, a parte le croci che vi sono incise sopra! Maledetti i suoi gioielli, maledetti i suoi fron­zoli, e tutto quanto mi da e mi promette! A che mi serve tutto questo, se in mezzo alla ricchezza sono povera, e in mezzo all'ab­bondanza muoio di fame?

Cristina         In verità, signora zia, hai ragione! Io preferirei andare in giro con uno straccetto davanti e un altro dietro, ma avere un ma­rito giovane, piuttosto che vedermi sposata e insozzata insieme con il vecchio putrefatto che hai preso per sposo.

Lorenza         Io l'ho preso, nipote? Me l'ha dato, ahimè, chi aveva auto­rità di darmelo; e io, ragazza, fui più pronta all'obbedire che a con­traddire. Ma se avessi avuto l'esperienza che ho adesso di queste cose, avrei preferito strapparmi la lingua a brandelli piuttosto che pronunciare quel sì, che consta di due lettere e dà da piangere per duemila anni! Ma penso che è successo quel che mi doveva succe­dere, e quando è destino, non c'è diligenza né previdenza umana che possa impedirlo.

Cristina         Gesù! che vecchio della malora! Tutta la notte: « dammi l'orinale, prendi l'orinale;  alzati. Cristinuccia, scaldami dei pannolini, che mi fa male al fianco; dammi questi bastoncini, che mi tor­menta il mal della pietra »... Ha più unguenti e medicine in camera che se fosse una farmacia. E io, che appena so vestirmi, devo fargli da infermiera! Accidenti a te, vecchio sfiaccolato, tanto ernioso quanto geloso, geloso come non ce n'è di peggio al mondo!

Lorenza         Mia nipote dice il vero.

Cristina         Piacesse a Dio che fosse falso!

Ortigosa        Ebbene, signora donna Lorenza, vossignoria faccia quello che le ho consigliato, e vedrà come si troverà bene. Il giovanotto è bello come un giuggiolo verde; sa amare, tacere e gradire quel che si fa per lui. E siccome la gelosia e la tirannia del vecchio non ci consentono troppo domande e risposte, coraggio e buon animo, che secondo quanto abbiamo convenuto io condurrò il moroso nella camera di vossignoria, e lo farò poi uscire, anche se il vecchio avesse più occhi di Argo e vista più d'un negromante, che dicono che ci vede fino a sette stadi sotto la terra.

Lorenza         Siccome è la prima volta, ho timore, e non vorrei, in cambio del mio piacere, mettere a repentaglio l'onore.

Cristina         Codesto somiglia, signora zia. alla canzonetta di Gómez Arias:

Signor              Gómez Arias, doletevi di me; son pura pulzella, non l'ho fatto mai!

Lorenza         Dici certe cose, nipote, che un qualche spirito cattivo deve parlare per bocca tua.

Cristina         Chi parli non so; ma so che farei ben volentieri, senza omet­tere nulla, quello che ha detto la signora Ortigosa.

Lorenza         E l'onore, nipote?

Cristina         E lo spassarsela, zia?

Lorenza         E se si viene a saperlo?

Cristina         E se non si viene a saperlo?

Lorenza         Chi mi garantisce che non lo si saprà?

Ortigosa        Chi? La buona diligenza, la sagacia, la furberia; e soprat­tutto il coraggio, e i miei piani.

Cristina         Badi, signora Ortigosa, che ce lo deve portare galante, pu­lito, disinvolto, un po' ardito e, soprattutto, giovane.

Ortigosa        Tutte codeste doti ha colui che io ho proposto, e due in più:  è anche ricco e generoso.

Lorenza         Io non voglio ricchezze, signora Ortigosa; gioielli ne ho anche troppi, i differenti colori dei miei molti abiti mi confondono la vista. Per questo non ho nulla da desiderare, che Dio aiuti Canizares. Sono vestita più d'una pianta di euterpe, e più ingioiellata d'una vetrina d'orefice ricco. Se egli non m'inchiodasse le finestre, non sbarrasse le porte, non perquisisse a tutte le ore la casa e non tenesse lontani persino i gatti e i cani solo perché hanno nome di maschi; se non facesse queste e altre cose mai viste in materia di gelosia, io rinuncerei ai suoi doni.

Ortigosa        Davvero è cosi geloso?

Lorenza         Pensi che l'altro giorno gli offrivano a ottimo prezzo un arazzo, ma non lo volle perché vi erano rappresentate figure umane, e ne prese uno a fogliami, che costava di più e non era altrettanto bello. Sette porte ci sono prima di arrivare alla mia stanza, senza contare la porta di strada, e tutte si chiudono a chiave; e ancora non ho potuto vedere dove nasconda le chiavi, la notte.

Cristina         Zia, la chiave apritutto credo che se l'infili sotto la camicia.

Lorenza         Non lo credere, nipote, ché io dormo con lui e non ho mai visto né sentito che abbia alcuna chiave.

Cristina         E inoltre scorrazza tutta la notte come un folletto per la casa intera, e se qualcuno in istrada fa una serenata, gli tira sassate perché si allontani. È un antipatico, è uno stregone, è un vecchiaccio, che è detto tutto!

Lorenza         Signora Ortigosa, se ne vada, perché se viene il brontolone e la trova qui, è rovinato tutto. Quello che ha da fare, lo faccia su­bito: sono così stanca, che non mi manca altro che attorcigliarmi una corda al collo, per farla finita con questa vita da cani.

Ortigosa        Con la vita che comincerà adesso, dimenticherà ogni dispia­cere e vivrà giorni belli e felici.

Cristina         Così avvenga, dovesse costarmi un dito della mano. Voglio molto bene alla mia signora zia. e mi struggo nel vederla così triste e angosciata in potere di questo vecchio, vecchione e peggio che vecchiaccio, che non so stancarmi di chiamarlo vecchio.

Lorenza         Eppure ti vuol bene. Cristina.

Cristina         E con questo cessa di essere vecchio? D'altronde ho sen­tito dire che sempre i vecchi sono amici delle fanciulle.

Ortigosa        È vero. Cristina. Bene, addio! Appena finito di mangiare, ritorno. Vossignoria faccia esattamente quello che abbiamo stabilito d'accordo, e vedrà che si entra e si esce a meraviglia.

Cristina         Signora Ortigosa, mi faccia il piacere di portarmi per me un fraticello piccolino, con cui possa spassarmela.

Ortigosa        Te lo porterò dipinto, ragazza.

Cristina         No. non lo voglio dipinto, ma vivo, vivo, piccolino come una perla!

Lorenza         E se lo vede tuo zio?

Cristina         Gli dirò che è un folletto e ne avrà timore, e io mi divertirò.

Ortigosa        Te lo porterò. Addio! (Esce.)

Cristina         Senta, zia, se la Ortigosa ci porta l'innamorato e a me il fraticello, e se lo zio li vede, non abbiamo altro da fare che acchiap­parlo, tutti insieme, e strozzarlo, e poi gettarlo nel pozzo o sotter­rarlo nella stalla.

Lorenza         Ti considero capace di far questo meglio ancora di come lo dici.

Cristina         E lui non sia tanto geloso e ci lasci vivere in pace; e noi non gli facciam nessun male e viviamo come delle sante.

Escono. Entrano il vecchio Canizares e un suo Compare.

Canizares      Signor compare, signor compare! Il settantenne che sposa una ragazza quindicenne, o è privo di giudizio o ha voglia di visi­tare il mondo di là al più presto possibile. Mi ero appena sposato con donna Lorenzina, pensando di aver in lei compagnia e sollievo, e persona che si trovasse al mio capezzale e mi chiudesse gli occhi al momento della mia morte, e immediatamente fui assalito da una turba di travagli e inquietudini. Avevo casa e mi accasai; ero posato e mi sposai!

Compare         Errore fu, compare; ma non molto grave, giacché, secondo il detto dell'Apostolo, è meglio sposarsi che bruciarsi.

Canizares      Quanto c'era in me che potesse bruciare, signor compare, che con la più piccola fiammata sarei rimasto cenere! Compagnia cercai, compagnia volli e compagnia trovai. Ma Dio mi aiuti, per la sua santa grazia!

Compare         È geloso, signor compare?

Canizares      Del sole che vede Lorenzina. dell'aria che la sfiora, della gonna che la tocca.

Compare         Ve ne dà motivo?

Canizares      Neppur per sogno, e non ne avrebbe il perché né il come né il quando né il dove. Le finestre, oltre che chiuse a chiave, hanno sbarre e gelosie; le porte non si aprono mai; vicine non passano la mia soglia, né la passeranno finché Dio mi conceda la vita. Statene certo, compare: il male non viene alle donne dall'andare ai giubilei o alle processioni o agli atti di pubblico divertimento; dove invece si torcono, dove si rovinano, dove si dannano, è in casa delle vicine e delle amiche! Più infamie occulta una cattiva vicina, che la cappa della notte. Più accordi si prendono in casa di lei e più si conclu­dono, che non in un'assemblea.

Compare         Sembra anche a me. Ma se la signora Lorenza non esce di casa, e nessuno entra in casa sua, di che cosa vi preoccupate, compare?

Canizares      Molto tempo non passerà senza che Lorenzina mi tradisca. E sarà una cosa tanto bruita e tanto infame, che solo pensandola temo, e temendo mi dispero, e disperando vivo nell'angoscia.

Compare         È un timore fondato, perché le donne vorrebbero godere interi i frutti del matrimonio.

Canizares      La mia li gode, in certo modo.

Compare         Già, ma qui è il guaio, signor compare.

Canizares      Ma no, perché Lorenzina è più candida d'una colombella, e finora non capisce le sottigliezze... Ma addio, signor compare, che debbo rincasare.

Compare         Vorrei accompagnarvi, per salutare la signora donna Lorenza.

Canizares      Dovete sapere, compare, che i latini antichi avevano un proverbio che diceva: amicus usque ad aras; che significa: l'amico, fino all'altare. Cioè: l'amico ha da fare per il proprio amico tutto quello che non va contro Dio. Da parte mia dico: amico usque ad portam, fino alla porta, vale a dire che nessuno deve oltrepassare la soglia di casa mia! E addio, signor compare, e perdonatemi! (Se ne va.)

Compare         In vita mia non ho mai conosciuto uomo più sospettoso, più geloso, né più insolente. Ma costui è di quelli che si trascinano ap­presso la corda che li impiccherà, e che finiscono sempre col morire del male che temono. (Se ne va.)

Entrano Donna Lorenza e Cristina.

Cristina         Zia, tarda molto lo zio, e più ancora la Ortigosa.

Lorenza         Magari egli non arrivasse mai più; ed ella nemmeno, perché lui mi infastidisce e lei mi fa vergognare.

Cristina         Tutto sta nell'assaggiare, zia, e se non riesce bene, riprovare!

Lorenza         Ah, nipote! In queste cose, o io non ci capisco nulla, o so che tutti i guai cominciano dell'assaggiare!

Cristina         In verità, zia, lei ha molti timori. Avessi io la sua età, non mi spaventerebbero uomini armati.

Lorenza         Torno a dire e lo ridirò centomila volte: il diavolo parla per bocca tua. Ma ahimè, è entrato il padrone. Come avrà fatto?

Cristina         Deve aver aperto con la sua chiave che apre tutto.

Lorenza         Il diavolo si porti lui e le sue chiavi apritutto!

Entra Canizares.

Canizares                  Con chi parlavate, donna Lorenza?

Lorenza         Con Cristinuccia parlavo.

Canizares                  Dite la verità!

Lorenza         Dico che parlavo con Cristinuccia. Con chi altri potevo parlare? Ho forse qualcuno con cui parlare?

Canizares      Non vorrei che aveste qualche soliloquio con voi stessa che si risolvesse in mio pregiudizio.

Lorenza         Non comprendo le vostre circonlocuzioni, né voglio com­prenderle. E non guastiamoci la festa e la pace.

Canizares      Neppur la vigilia della festa vorrei trascorrere in guerra con voi. Ma chi bussa così furiosamente a questa porta? Vedi un po' chi è, Cristinuccia, e se è un povero, fargli l'elemosina e mandalo via.

Cristina         Chi è?

Ortigosa        Ortigosa, la vicina, signora Cristina.

Canizares      Ortigosa e vicina? Dio sia con me! Domandale che cosa vuole, Cristina, e daglielo, con la condizione che non oltrepassi la soglia.

Cristina         Che cosa desidera, signora vicina?

Canizares      Il termine di vicina mi turba e mi dà apprensione. Chia­mala col suo nome, Cristina.

Cristina         Risponda: che cosa desidera, signora Ortigosa?

Ortigosa        Debbo dire una parola al signor Canizares. È questione im­portante per l'onore, per la vita e per l'anima.

Canizares      Dite a quella signora, nipote, che ancora più importante per il mio onore, per la mia vita e per la mia anima è ch'ella non metta piede qui dentro.

Lorenza         Gesù, che uomo impossibile! Non sono qui davanti a voi? Possono mangiarmi con gli occhi? Possono portarmi via a volo per l'aria?

Canizares     Poiché voi lo volete, entri pure, con centomila belzebù!

Cristina         Entri, signora vicina.

Canizares     Nome fatale, per me, quello di vicina!

Entra la Ortigosaportando un grande arazzo di cuoio artistico di Gadamés 1, nei cui angoli sono rappresentate le figure di Rodomonte, Mandricardo, Ruggero e Gradasso; e Rodomonte sarà rappresentato tutto ammantellato.

Ortigosa        Signor mio dell'anima mia, mossa e incitata dalla buona fama di vossignoria, dalla sua grande carità e dalle sue molte elemo­sine, mi son presa la libertà di venir a supplicare vossignoria di farmi il sommo favore, la carità e l'elemosina di comprarmi questo arazzo di cuoio, perché ho un figlio imprigionato per aver ferito un cimatore di panni, e la Giustizia ordina che il chirurgo dia il suo parere, e io non ho di che pagarlo, sicché c'è il rischio che gli conte­stino altri reati, che potrebbero essere parecchi essendo mio figlio molto accattabrighe. Vorrei farlo uscire di carcere oggi o domani, se fosse possibile. L'oggetto è di pregio e nuovo, ma io lo darò a vossi­gnoria per qualsiasi prezzo ella voglia darmene, poiché non m'im­porta di perderci data l'importanza dello scopo. Lo tenga da questa parte vossignoria, signora Lorenza, e scioriniamolo, affinché il signor Canizares veda che non c'è inganno nella mie parole. Lo alzi un poco di più, signora, e guardi com'è bello così ritto, e come le figure dipinte sembrano vive!

Mentre alza l'arazzo per mostrarlo, entra un Galantee passa dietro di esso. Intanto Canizaresguarda le figure dipinte.

Canizares      Oh, che bel Rodomonte! E che vuole questo signore im­bacuccato a casa mia? Se sapesse quanto poco mi piacciano queste cose e questi mascheramenti, si spaventerebbe!

Cristina         Signor zio, io non so nulla di mascheramenti; e se egli è entrato in casa, la colpa è della signora Ortigosa, che io, il diavolo mi rapisca se ho fatto niente per farlo entrare. In fede mia, cosa diabolica sarebbe se il signor zio desse a me la colpa della sua entrata.

Canizares      Vedo bene, nipote, che la signora Ortigosa ha la colpa; ma non c'è da meravigliarsi, perché ella non conosce i miei gusti e ignora quanto io sia nemico di pitture di tal genere.

Lorenza         Lo dice per le  pitture, Cristinuccia,  non per altra cosa.

Cristina         Lo dicevo anch'io per quelle! Ah, Dio sia con me. mi è tornata nel corpo l'anima, che se n'era andata via a volo!

Lorenza         (a parte a Cristina)  Accidenti a codesto becco largo undici braccia! Dice bene il proverbio, che chi si tiene a letto fantolini...

Cristina         (a parte a Lorenza)  Sciocca che sono stata, per poco non buttavo all'aria tutto questo trucco!

Canizares      Signora Ortigosa, io non sono amico di figure imbacuc­cate né da imbacuccare. Prenda questo doppio scudo, con cui potrà far fronte alla sua necessità, e se ne vada di casa mia il più presto possibile, subito anzi; e si porti via il suo arazzo.

Ortigosa        Viva vossignoria più anni che il Matto di Gerusalemme 1, per la vita della mia signora donna... come si chiama, che io la sup­plico mi comandi, e la servirò di giorno e di notte, con la vita e con l'anima, che la sua dev'essere candida come quella d'una tortorella!

Canizares      Signora Ortigosa, abbrevi e se ne vada, e lasci perdere adesso le anime altrui.

Ortigosa        Se vossignoria avesse bisogno d'un cerotto per il mal di ventre, ne ho di miracolosi, e se ha mal di denti, conosco certe parole miracolose che levano il dolore come con la mano.

Canizares      Basta, signora Ortigosa, che donna Lorenza non ha mal di ventre né di denti! Li ha tutti sanissimi, i denti, né se n'è mai strappato uno in vita sua!

Ortigosa        Se li toglierà, se piace al Cielo, perché questo le concederà molti anni di vita, e la vecchiaia distrugge tutta intera la dentatura.

Canizares      In nome di Dio! Non sarà possibile liberarsi da questa vicina? Ortigosa, o demonio, o vicina, o chiunque tu sia, vattene con Dio e lasciami in pace in casa mia!

Ortigosa        Giusta è la pretesa; e vossignoria non s'arrabbi, che me ne vado. (Esce.)

Canizares      Oh, vicine, vicine! Mi fanno male persino le buone parole di questa vicina, perché sono uscite da bocca di vicina!

Lorenza         A me pare che abbiate un modo di fare da barbaro e da selvaggio! Che cosa ha detto questa vicina perché tanto ve la pren­diate con lei? Tutte le vostre opere buone le fate in stato di peccato mortale! Le avete dato due dozzine di reali, accompagnate da due dozzine di insulti, bocca di lupo, lingua di scorpione e granaio di malizie!

Canizares      No, no, a brutto vento va questa messe! Non mi piace neanche un po' che difendiate tanto caldamente la vostra vicina!

Cristina         Signora zia, se ne vada nell'altra stanza e si calmi, e lasci qui lo zio che sembra in collera.

Lorenza         Sì, avete ragione, nipote; e forse non mi vedrà più in viso per un paio d'ore! E in fede mia, gliela farò bere, per quanta poca voglia ne abbia!                                       

Esce donna Lorenza.

Cristina         Zio, non vede come ha chiuso di colpo la porta? E credo che ora cerchi una sbarra per sprangarla di dentro.

Lorenza         (da dentro)   Cristinuccia! Cristinuccia!

Cristina         Mi dica, zia!

Lorenza         (dentro)    Sapessi che innamorato mi ha concesso la fortuna! È giovane, bello, nero di capelli, e la bocca gli profuma di mille zagare!

Cristina         Gesù! Che sciocchezze e che pazzie! È ammattita, zia?

Lorenza         (dentro)  No, al contrario, sono del tutto savia. E  ti dico davvero che, se lo vedessi, ti si rallegrerebbe l'anima.

Cristina         Gesù, che assurdità e che follie! La rimproveri, zio, che non osi dire cose disoneste neppur per ischerzo!

Canizares      Non dire sciocchezze, Lorenza! Davvero non mi sento di umore tale da tollerare codesti scherzi!

Lorenza         (dentro) Non sono scherzi, sono cose vere, e così vere che, in questo genere, non potrebbero esserlo di più.

Cristina         Gesù, che pazzie e che bambinaggini! E mi dica, zia, c'è anche il mio fraticello?

Lorenza         (dentro) No, nipote, ma verrà un'altra volta, se vuole Ortigosa, la vicina.

Canizares      Lorenza, di' quello che vuoi; ma non adoperare il ter­mine vicina, che solo a sentirlo mi viene la pelle d'oca!

Lorenza         (dentro)     Viene anche a me, per amore della vicina!

Cristina         Gesù, che pazzie e che assurdità!

Lorenza         (dentro) Adesso comprendo bene chi sei, vecchio maledetto, che finora ho vissuto teco con gli occhi chiusi!

Cristina         Zio, la rimproveri, la faccia tacere, che sta dicendo cose senza pudore!

Lorenza         (dentro)  Voglio lavare al mio amante la poca barba che ha con una bacinella di acqua d'angeli 11, perché il suo viso è quello d'un angelo dipinto.

Cristina         Gesù, che pazzie e che bambinaggini! La pesti, zio!

Canizares     Non la pesterò, ma spaccherò la porta che la nasconde!

Lorenza         (aprendo) Non ce n'è motivo, eccola aperta! Entri e vedrà com'è vero quel che ho detto finora.

Canizares                  So che scherzi, ma entrerò lo stesso per calmarti.

Mentre Canizaresentra gli buttano un catino d'acqua in faccia. Egli cerca di asciugarsi, Cristina e donna Lorenza gli si mettono davanti, e in questo modo gli impediscono di vedere il Galanteche esce dalla camera e se ne va.

Canizares      In nome di Dio, Lorenza, per poco non mi accecavi. Al diavolo gli scherzi che fanno perdere gli occhi!

Lorenza         Guardate un po' che mala sorte, la mia, aver per marito l'uomo più malizioso del mondo. Come ha creduto subito le mie frottole, per causa della sua maledetta gelosia, povera sciagurata me, vittima della mia sventura! Pagate voi, capelli, i debiti di questo vecchio! Occhi miei, piangete voi le colpe di questo infame! Guar­date in che conto tiene il mio onore e il mio credito, pronto subito a fare dei sospetti certezze, delle menzogne e delle burle verità, e dei passatempi maledizioni. Ahimè, mi si strappa l'anima!

Cristina         Zia, non gridi tanto, che accorrerà il vicinato.

Voci fuori    Ehi, aprite la porta, aprite subito, se no la buttiamo giù!

Lorenza         Apri, Cristinuccia, che tutti sappiano la mia innocenza e la cattiveria di questo vecchio.

Canizares      Viva Dio, credevo che tu scherzassi, Lorenza! Sta zitta!

Entrano un Pizzardone, dei suonatori, un danzatore e la Ortigosa.

Pizzardone    Che cosa succede? Chi sta litigando? Chi stava gridan­do qui?

Canizares      Non è nulla, signore: liti fra marito e moglie, che fini­scono subito.

Un Suonatore          In nome di Dio! I miei compagni ed io stavamo suo­nando u una festa di nozze, qui nell'appartamento vicino, e sentendo gridare siamo corsi con non poco spavento, pensando che era ben altro!

Ortigosa        E io lo stesso, per l'anima mia peccatrice!

Canizares      In verità, signora Ortigosa, la colpa è vostra, che senza di voi non sarebbe successo niente di quel ch'è successo.

Ortigosa        Sarà per colpa dei miei peccati! Sono talmente disgraziata che, senza sapere dove, né perché, si riversano su di me le colpe commesse da altri!

Canizares     Signori, le signorie loro possono ritirarsi, ch'io gli sono grato delle buone intenzioni. Mia moglie ed io abbiamo già fatto la pace.

Lorenza         È vero, ma ad una condizione: deve prima chiedere scusa alla vicina per aver pensato male di lei.

Canizares      Se dovessi chiedere scusa a tutte le vicine di cui ho pen­sato male, non la finirei più. Comunque sia, domando perdono alla signora Ortigosa.

Ortigosa        E io le perdono, per adesso e per dopo di Piero García1.

Suonatore     Non è giusto però che noi si sia venuti per nulla. Faremo una suonatina, il danzatore ballerà, e così festeggeremo il ristabili­mento della pace.

Canizares     Signori, non voglio musica. La considero già eseguita.

Suonatore    Anche se ella non vuole, suoniamo lo stesso.

Cantano:

L'acqua di San Giovanni

sottrae vino e non dà pane.

Le liti di san Giovanni

dànno pace per tutto l'anno.

Quando piove, e il grano è sull'aia,

e le vigne metton le foglie,

più non riempie il contadino

i suoi granai e le sue botti.

Ma le liti più serie

se succedono a san Giovanni,

per tutto l'anno ci dàn la pace.

(Il danzatore balla)

Alla canicola ardente

la collera avvampa presto,

ma passato quel momento

meno attiva si sente.

Così non mente chi dice

che le liti a san Giovanni

per tutto l'anno ci dàn la pace.

(Balla)

Le liti di marito e moglie

siano sempre come questa,

e subito dopo si vedano

lieti e senza rancore.

Il sole dopo il temporale

è gioia dopo l'affanno:

le liti per san Giovanni

ci dàn pace per tutto l'anno.

Canizares      Considerino le loro signorie i fastidi e i guai causatimi da una vicina, e dicano se non ho ragione di pensar male di esse.

Lorenza         Benché  mio marito non possa soffrire le vicine, io bacio le mani alle signorie vostre, signore vicine.

Cristina         E anch'io. Ma se la mia vicina mi avesse condotto il mio fraticello, io la considererei una miglior vicina. Intanto, addio, signore vicine.


1   Cittadina del deserto libico, dove si conservano tracce delle civiltà succedutesi nell'Africa mediterranea. I cuoi artistici, lavorati dai Berberi, erano famosi anche in Europa.

1   Si tratta naturalmente del biblico Matusalemme, buffamente storpiato.

1   Acqua profumata che si ricava dal fior d'angiolo, bianco e fragrante come quello dell'arancio.

1   Personaggio del folclore.