Il veleno del teatro

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Un bicchiere di succo d’arancia, signora

 

Rodolf Sirera

Il veleno del teatro

(traduzione di Pino Tierno)


Parigi, 1784. Salone di ricevimento di un palazzo rococò. Mobili nello stile e nel gusto dell’epoca. Una parte del fondale forma un angolo, incorniciato da una specie di grande arco praticabile coperto da tendaggi. Il resto del fondale presenta un finestrone ferrato, dalle vetrate del quale si osserva l'inesorabile avanzare del crepuscolo. A destra e a sinistra due porte chiuse. Seduto in una poltrona, Gabriel de Beaumont aspetta di essere ricevuto dal signor MARCHESE di…

Un servitore, dal passo insicuro, accende con grande lentezza i candelabri.

Gabriel: - (Parlando con voce tonante dopo una lunga pausa) Il Signor Marchese deve essersi probabilmente dimenticato della mia presenza…(Il servitore non risponde. Silenzio, GABRIEL insiste in tono indifferente) Gli hai ricordato, di grazia, che sto aspettando di essere ricevuto…(Piccola pausa) oramai da quasi un’ora? (Davanti al mutismo dell’altro si finge offeso) Per di più, non è che io sia particolarmente interessato in questo colloquio…Il signor Marchese, in persona…(S’interrompe, insicuro. Con nuovo piglio) sì, è stato proprio il Marchese a darmi appuntamento…Non lo sapevi? Ieri, nell’intervallo dello spettacolo, mi ha inviato un messaggio: “Desidererei intrattenermi qualche minuto con il signor Gabriel de Beaumont, commediante…” Ma si dà il caso, amico mio, che un attore della mia fama sia sempre occupato. Oggi dovevo leggere varie opere…(Si odono i sei rintocchi di un lontano orologio. GABRIEL si sente sempre più irritato) Va bene, basta così. Mi stai rendendo nervoso…Sembri un fantasma con tutto questo andare e venire di qua e di là. Credi che mi importi nulla se accendi venti o quaranta candelabri?  Se è per me puoi risparmiarti questo lavoro. Me ne vado. (Si alza) Evidentemente, si tratta di  uno scherzo. Ora mi è chiaro. Il signor Marchese oggi non mi riceverà ed io ho ancora tanto da fare…

SERVITORE: - (In tono neutro e senza cessare il suo lavoro) Il signor Marchese vi prega di perdonarlo. Sarà da voi tra un momento…

GABRIEL (Sarcastico): - Alla buon’ora! Allora ce l’hai, la lingua. Per un attimo avevo pensato che non fossi un essere umano ma una statua animata…

SERVITORE: - Il Signor Marchese desidera che il vostro soggiorno a casa sua vi risulti piacevole e che non vi dispiaccia…

GABRIEL (Dubbioso): - Non dico che mi dispiaccia…particolarmente…Questa camera, poi,  è confortevole, però…

SERVITORE: - Con il vostro permesso…(Prepara un tavolino basso con servizio di bevande e coppe, che tira fuori da dietro una delle porte laterali che risulta essere quella di un armadio a muro) Il Signor Marchese mi incarica di dirvi che potete disporre di tutto ciò che vi aggrada…

GABRIEL: - Non desidero nulla, molte grazie…

SERVITORE (Come se non avesse udito) In particolare, oserei consigliarvi questo vino di Cipro…Si tratta di un liquore pregiatissimo e dal sapore esotico…(Gli serve una coppa che GABRIEL si vede costretto ad accettare)

GABRIEL: - Va bene, va bene…(Lo beve d’un fiato desiderando chiudere la conversazione. Non può impedirsi un gesto di disgusto) Però dovresti dire al tuo padrone che mi sentirei altamente onorato se potessi essere ricevuto al più presto. Mi hai sentito?

SERVITORE: - Lo comunicherò al Signor Marchese…(Senza muoversi)

GABRIEL: - Però se rimani lì come un  mammalucco non vedo in che modo  potrai trasmettergli le mie parole. (Nuovamente irritato) Per favore, fai ciò che ti ordino.

SERVITORE (Gli serve un’altra coppa): - Il Signor Marchese non ha bisogno di me per sapere tutto quanto avviene all’interno di questo palazzo. (Breve pausa) Accettereste, forse, un’altra coppa di questo vino, signore?

GABRIEL (Seccamente): - E’ un vino troppo dolce per i miei gusti…

SERVITORE (Impersonale): - Eppure, il signor Marchese gli è molto affezionato…

GABRIEL (Cedendo infine e prendendo la coppa): - E va bene…Però se credi che con questo genere di carinerie  riuscirai ad ammansirmi…(Beve d’un fiato e rimette la coppa sul tavolino) Ecco fatto. Ed ora? (Accentuando la sua durezza) Ma cos’altro volete da me tutti voi? Perché non compi il tuo dovere?

SERVITORE (Umilmente): - Signore…

GABRIEL: - Non mi hai tolto gli occhi di dosso da quando ho messo piede in questa stanza. E’ per caso il Signor Marchese che ti manda a spiarmi?

SERVITORE (Scandalizzato): - Oh, no, signore! (Pausa) E’ solo che…(Come dubbioso) Sulla scena voi sembrate più alto…

GABRIEL (Sorpreso): - Ma pensa! (Accalorandosi inconsciamente) Molto semplice: sulla scena lo spettatore non ha altro punto di riferimento che quello che noi vogliamo offrirgli…

SERVITORE (Dolcemente): - E la vostra voce…

GABRIEL (Divertito, nonostante tutto): - Lì risulta più vibrante e più solida…Non è così? (Didattico) E’ logico: Parlando qui con te non mi debbo preoccupare di impostarla. Non esistono problemi di distanza, né di sonorità…

SERVITORE (Forzando il suo interesse): - Volete dire che quando recitate non siete sulla scena esattamente come nella realtà?

GABRIEL (Sentendosi definitivamente coinvolto nella conversazione): - Ovvio che no. Diversamente sarebbe impossibile. Nessuno mi ascolterebbe correttamente, ed io nemmeno riuscirei a trasmettere agli altri i sentimenti del personaggio…

SERVITORE: - Spero perdonerete l’insistenza, però tutto ciò che ha a che fare con il teatro mi appassiona. Avete parlato dei sentimenti dei personaggi. Avete inteso dire esattamente questo, o forse vi riferivate ai vostri propri sentimenti, che nella rappresentazione…?

GABRIEL (Tagliando corto): - No, no…Si tratta proprio dei sentimenti dei personaggi, che però in un certo modo sono anche i miei…(Torna a sedersi, continuando a parlare) Voglio dire che quando si recita arriva un momento in cui non è facile distinguere dove comincia e dove finisce la finzione…

SERVITORE (in tono ansioso): - Allora, è necessario sentire sinceramente ciò che si esprime sulla scena?

GABRIEL: - L’hai detto: si esprime quello che si sente.

SERVITORE: - Però, al contrario, voi stesso avete appena affermato che è necessario ricorrere a determinate maniere di parlare…la corretta impostazione della voce…Questo risulta convenzionale. E poi, come partecipare sinceramente ai sentimenti, poniamo, di un personaggio di Racine,  quando Racine, come tutti i classici, si esprime in versi e in una forma, che, secondo il mio meschino intendimento, non è affatto naturale e con un vocabolario che non è  nemmeno un vocabolario di uso corrente?…

GABRIEL (Divertito): - Mi sei diventato un filosofo, come il signor Diderot. (Ride) No, amico mio, queste disquisizioni non si confanno  troppo alla tua categoria sociale…

SERVITORE: - Perdonatemi l’ardire, signore, però le categorie sociali non dovrebbero essere che convenzioni, come tante altre cose…

GABRIEL: - Ah no! Questo non è affatto certo! Il tuo Marchese, per esempio, detiene un potere…gode di un potere effettivo e reale…Il suo potere – e tu devi saperlo, senza dubbio, meglio di me - non è esattamente una…convenzione sociale.

SERVITORE: - Sì, però si può passare dalla miseria al potere, o dal potere alla miseria. Le posizioni  sociali possono essere invertite…

GABRIEL: - (Sorpreso) Tu devi senz'altro essere un iscritto clandestino alla Enciclopedia. Non avevo mai udito un servitore esprimersi con un vocabolario simile.

SERVITORE: - Non so perché vi meravigliate, signore…Voi stesso avete conseguito un posto nella società senza essere nobile…E lo avete conseguito esclusivamente grazie al vostro personale sforzo…il che è altamente ammirevole…

GABRIEL (Con amarezza): - Un posto in società…(Contenendo un malessere improvviso)

SERVITORE (Sollecito): - Signore…

GABRIEL: - Questo vino non deve avermi fatto molto bene. Non avrei dovuto berlo...Mi succede sempre così…(Pausa) Il mio posto in società, dicevi? Il mio posto in società rimane assai precario. Dipende dalla mia arte e l’arte, a sua volta,  dipende dai gusti di un’epoca...E ad ogni modo, il mio lignaggio, la mia professione mi si parano sempre davanti come un muro invalicabile, come una sentinella  sempre all’erta, che mi dice: tu sei ricevuto dai re, ti siedi alle tavole dei nobili, ma non potrai mai essere al loro livello. Tu sarai sempre un comico.

SERVITORE (Emozionato): - Un comico…la professione più disprezzata e al tempo stesso più invidiata. Tutti sentono a volte la necessità di rappresentare…voglio dire nella vita reale, fuori dalla scena…(Dopo una breve pausa come decidendosi a fargli una grande confessione) Io stesso…

GABRIEL (Che non si è accorto dell’agitazione crescente del servitore): - Non mi sorprende. Il lavoro dei  servitori porta inesorabilmente alla menzogna. Essere servitore significa ugualmente recitare, rappresentare un  ruolo…

SERVITORE: - (Interrompendolo rapidamente): - No, non è questo che intendevo dire…In realtà si tratta di qualcosa di più semplice. Io ho recitato per voi, ho fatto un personaggio…E voi, nonostante la vostra esperienza, non siete stato capace di scoprirlo. Dunque la mia recita è stata un successo, e questo è dovuto principalmente al fatto di essermi presentato davanti ai vostri occhi con la più completa e assoluta naturalezza…

GABRIEL (Disorientato): - Che stai dicendo? Non ti capisco…

SERVITORE: - Semplicemente questo: io non sono il servitore del signor Marchese. (Lentamente e senza guardarlo) Io sono il signor Marchese …lui stesso…in persona…

GABRIEL: - (Dopo una pausa. Insicuro, cercando di dimostrare che non ha creduto allo scherzo, che d’altra parte gli sembra di cattivo gusto) Non essere ridicolo…Questo è impossibile…

SERVITORE (Senza abbandonare il tono umile e discreto mantenuto dal principio): - E perché no? Quante volte avete visto il signor Marchese, cioè me, in vita vostra? Tre o quattro…al massimo cinque, e sempre da lontano, con la sua parrucca, i suoi abiti di gala…No…Guardate: è facilissimo; una discreta penombra, una pettinatura differente, una giacca ordinaria e, soprattutto, il modo di parlare, i gesti propri di un servitore. Tutto questo è sufficiente…(Sorride) Ed io, invece, che credevo di non poter reggere questa finzione neanche per un attimo davanti a un professionista come voi…! Ma sul serio non ve ne eravate accorto? La mia maniera di conversare, le cose che ho detto – e non la maniera in cui le dicevo, capite? - la…la profondità dei miei ragionamenti, la tematica…Tutto questo avrebbe dovuto attirare la vostra attenzione, tutto questo mi tradiva. Invece no…Sono riuscito a convincervi solo grazie all'aspetto esteriore…Ero vestito da servitore, e dunque non potevo essere altro che un servitore…Ma il vestito è sempre un travestimento.

GABRIEL (Sempre più violento): - Travestimento o no,  non riuscirai a ingannarmi, se è quello che intendi fare. Conosco bene quelli della tua classe…(Energicamente) Chiamerò il tuo padrone e noi tre avremo una spiegazione…

SERVITORE (Molto tranquillo e in tono dolcissimo): - Amico mio, non occorre nessuna prova…Sarebbe meglio se confidaste nelle mie parole…

GABRIEL (Che si è alzato e ha tirato con forza il cordone della campanella di servizio mentre il servitore continuava a parlare): - Sta' zitto…

SERVITORE (Dopo una lunga pausa): - Vedete? Non risponde nessuno. Ancora dubitate di ciò che dico?

GABRIEL (Tornando a suonare tristemente la campanella i cui echi sembrano perdersi in camere lontane): - Mi rifiuto di accettarlo. Se non risponde nessuno,  andrò io stesso a cercarlo. (Avanza verso un lato però, nell’eccitazione momentanea, si sbaglia e apre la porta che corrisponde all’armadio da cui il servitore ha precedentemente estratto le bevande. Infuriato richiude l'armadio e attraversa la camera in direzione dell’altra porta)

SERVITORE: - Quello è un guardaroba. (Sorride) E l’altra porta, quella che dà al vestibolo, è chiusa a chiave…

GABRIEL (Fattane la prova, si pianta di fronte al servitore): - A chiave?

SERVITORE: - Da fuori…Questi sono gli ordini che ho dato al mio maggiordomo…

GABRIEL (Gridando): - Chiusa da fuori? Tu hai perso la testa! Dammi la chiave! (Avanzando minaccioso) O mi dai la chiave o te la strappo con la forza. Mi hai sentito?

SERVITORE: - Sì, sì…però adesso già non siete così sicuro come prima…Incominciate a dubitare…

GABRIEL (Violento): - La chiave…!

SERVITORE: - Gabriel de Beaumont…!(Il cambio di voce del servitore è tanto violento che Gabriel ne rimane sorpreso): Se io sono ciò che ho detto di essere e voi osate alzare la mano contro la mia persona minacciandomi…(Il tono delle sue parole è talmente duro che la frase, benché incompiuta, impone un lungo e impressionante silenzio nella camera)

GABRIEL (Riprendendosi, ma senza la stessa convinzione di prima): - Io non vi minaccio. Mi state trattenendo qui contro la mia volontà.

SERVITORE: - Disgraziatamente non vi sono testimoni che possano dimostrarlo. (Dopo una breve pausa e addolcendo la voce) Però non…non intendo imporvi nulla. Chiedo solo che mi ascoltiate. (Attraversando la camera in direzione dell’armadio a muro) Ancora non siete convinto. Non mi accettate come Marchese, perché non sono vestito da Marchese. (Mentre parla, apre la porta dell’armadio e ne estrae una parrucca con la quale sostituisce quella che portava e una giacca lussuosa che mette al posto di quella da servitore) E allora mi appresto a soddisfarvi (Una volta vestitosi, chiude l’armadio e si gira verso GABRIEL che lo contempla esterrefatto) Cosa ve ne pare?

GABRIEL (Balbettando): - Io…non so…sono sconcertato.

MARCHESE (Si siede e fa un gesto conciliatore a GABRIEL) Sedetevi, per favore, amico Gabriel…(GABRIEL si siede come un automa) Volevo parlare con voi, perché debbo farvi una proposta…attinente alla vostra professione…Ecco il perché di questo gioco innocente dei travestimenti. Spero che mi perdoniate, però avevo bisogno di provarvi…

GABRIEL (Dopo una pausa e con molta insicurezza): - Signor Marchese …Dovrò chiamarvi così d’ora in poi? Perdonerete anche me, se ancora mantengo i miei dubbi? Tu sei…voglio dire, voi siete realmente il Marchese? O si tratta forse di un nuovo scherzo? Ma no...sono uno stupido. Le prove che mi avete appena dato sembrano definitive. Sì, voi siete davvero il Marchese. Ed io avrei dovuto indovinarlo dal principio…(Le convenzioni sociali si impongono a poco a poco) In verità mi avete turbato…E temo ora di non essermi comportato col dovuto rispetto sin dal principio. Però dovete comprendermi…Non avrei potuto sospettare che…Insomma, intendo dire…se ho mancato in qualcosa…

MARCHESE (Amabilmente) : - Oh, no! Ognuno agisce con gli altri secondo ciò che crede essi siano…e secondo il posto che uno crede di occupare – ed occupa realmente – nella società…E’ così? Per questo, ora che sapete che io sono il Marchese state abbandonando il vostro tono di sufficienza…questo tono dominante, sicuro, con cui vi rivolgevate al servitore. Già non mi date più del tu, ma del voi. Proprio adesso, forse senza rendervene conto, cominciate la vostra rappresentazione…

GABRIEL (Esagerando le proteste): - Signor…Insinuate che…Oh, come potete dubitare della mia sincerità?

MARCHESE: - Non si tratta di dubitare, amico mio. Semplicemente segnalo un fatto di cui forse neanche voi avete coscienza. (Breve pausa) Nella vita reale, come cercavo di dirvi prima, recitiamo…tutti, sempre… Questa rappresentazione quotidiana è, d’altra parte assolutamente necessaria per la sopravvivenza dello ‘status sociale’. Addirittura per la nostra sopravvivenza in quanto individui…Ah, se prendessimo alla lettera le teorie di Monsieur Rousseau, questo mondo sarebbe un inferno (Parla con un certo morboso compiacimento) Il buon selvaggio…(Pausa. Sorride) No…L’uomo al suo stato naturale non è esattamente buono… Si manifesta come un essere autentico, questo sì, però tale autenticità, tale sincerità, amico Gabriel, ci mostrerebbero ciò che siamo realmente. E noi siamo peggiori delle più terribili fiere della foresta. Ve lo dico io che lo so…

GABRIEL: - Eppure, signor Marchese …in questo nostro secolo, tanto illuminato, fra i nostri civili contemporanei…si sono dati casi di estrema crudeltà…di persone che lasciate ai loro primari istinti…

MARCHESE: - Certo che sì…Ma quando io parlavo dell’inferno sulla terra non lo dicevo in tono di ripulsa…morale…né di pietosa condanna…Constatavo obiettivamente un fatto per il quale sento anzi una certa ammirazione…di tipo per così dire estetico...

GABRIEL (Sorpreso): - Signor Marchese, non vi comprendo…In che modo la trasgressione può avere…bellezza?

MARCHESE: - Oh, andiamo…(In qualche modo deluso) Non la pensate così anche voi? Mi sorprende… Sul serio, quando interpretate dei personaggi depravati o degli assassini, non sentite nel fondo della vostra anima una certa invidia? Intendo dire…che così per un po’ abbandonate la pelle delle convenzioni sociali, delle norme stabilite…Cessate di essere come si conviene…

GABRIEL (Con molta serietà): - Però è finzione…

MARCHESE (Sorridendo di nuovo): - Oh, sì! Finzione…Chiaro…Me ne ero dimenticato…(Lunga pausa, si alza, va verso un  mobile, apre il cassetto e ne tira fuori un libro) Vi ho fatto venire perché desidero che rappresentiate una mia opera.

GABRIEL: - Un’opera? Voi scrivete, signor Marchese? (Lo dice in tono molto sorpreso per risultare convincente e il Marchese lo osserva con curiosità)

MARCHESE: - Ho fatto un tentativo. (Avvicinandosi a lui) Gabriel, sono molto interessato a che voi la mettiate in scena. Mi farò carico io di tutte le spese. Se accettate riceverete una buona ricompensa…

GABRIEL: - E’ la mia professione. (Pausa) Mi permettete di leggerla?

MARCHESE: - Sì, però…(Senza consegnargli il libro) Devo prima avvertirvi che la mia opera non assomiglia molto a quelle che  solitamente rappresentate. Non posso assicurarvi un grande successo…

GABRIEL: - Non vi comprendo. L’autore che scrive un’opera si augura sempre il successo.

MARCHESE: - A me, non preoccupano troppo le opinioni del mondo…(Pausa) No, amico Gabriel. La mia opera è una investigazione. Con essa intendo provare – e allo stesso tempo dimostrare – le mie personali teorie. Monsieur Diderot dice, in modo assoluto, che il miglior attore è quello che rimane il più lontano possibile dal suo personaggio. Il teatro è finzione e in quanto tale la forma più adeguata per  comunicare con lo spettatore è appunto quella di fingere in maniera cerebrale. Da parte vostra, in questo stesso punto vi contraddite. Avete detto che l’emozione vi domina durante la rappresentazione, che la vostra personalità si confonde con quella del personaggio, che però allo stesso tempo riconoscete che tale identificazione non è completa giacché sono necessarie determinate tecniche: l’impostazione della voce, i movimenti, e così via. Io, da parte mia, intendo difendere la posizione contraria: le migliori rappresentazioni saranno quelle in cui l’attore E’ il personaggio, lo vive in tutta la sua intensità, fino a perdere persino coscienza della sua stessa individualità. Il teatro non deve essere finzione, né arte, né tecnica...Il teatro deve essere sentimento, emozione...e sopra ogni altra cosa, il piacere di trasgredire le norme stabilite...Dobbiamo mettere in scena tutte le nostre miserie, le nostre angosce, i nostri inconfessabili desideri, i nostri timori, Gabriel...la nostra verità...Tutto quello che non desideriamo riconoscere, né accettare nella nostra esistenza quotidiana, questo è ciò che mi interessa...E voglio uomini come voi, amico mio...uomini valenti e immaginativi, che siano disposti ad arrivare sino in fondo.

[GABRIEL, vinto da una stanchezza repentina si è addormentato. Il MARCHESE, sempre più eccitato nel corso della sua declamazione, se ne accorge e si arresta. Molto dolcemente e senza alcun segno di rimprovero, si avvicina a GABRIEL e gli parla quasi sussurrandogli all’orecchio]

Ma voi non mi ascoltate...

GABRIEL (Si sveglia agitato): - Signore...

MARCHESE (Con uno strano affetto che accresce il turbamento di GABRIEL) Vi siete addormentato, Gabriel... e non mi ascoltavate...

GABRIEL (Vergognoso e cercando di giustificarsi): - Signor Marchese...io...io non so come sia potuta succedermi una cosa simile... E’ un po’ che sento il mio cervello come invaso da una strana stanchezza...Però...non...non è niente... Mi sento già meglio...Conseguenza dell’eccesso di lavoro, semplicemente...Stanchezza momentanea, niente di più...

MARCHESE (Molto interessato): - Ah, vi sentite stanco. (Osserva il suo orologio) Allora bisognerà affrettarsi, amico mio...Non ci resta molto tempo...(Mentre GABRIEL fa il gesto di andare a prendere la coppa di vino che aveva lasciato sopra il tavolino) No, non bevete più di questo vino...ora. Aumenterà la vostra pesantezza e io ho bisogno che vi sentiate molto lucido. (Riempie, da una diversa bottiglia, una coppa che offre a GABRIEL. Questi la beve con ansia. In tono naturale) Ad ogni modo non dovete preoccuparvi e presto vi sentirete meglio. Adesso facciamo una prova.

GABRIEL: - Una prova? (Irritato e ferito nel suo orgoglio professionale): - Volete dire che non avete fiducia nella mia capacità...nella mia esperienza? Credete forse che io sia un principiante?

MARCHESE (Mellifluo): - Oh, no! Vi prego...Non fraintendete le mie parole. Non mi riferisco a voi, bensì alla mia opera...

GABRIEL (Senza abbandonare il tono precedente): - Non vi comprendo...

MARCHESE: - Vi ho già detto che quest’ opera non è in alcun modo simile a quelle che soddisfano i gusti...decadenti...della nostra epoca (Dubbioso) Io l’ho letta spesso, anche ad alta voce, però questo non è sufficiente. Bisogna ascoltarla dal di  fuori...mentre esce dalle vostre labbra...s’incarna nella vostra persona...

[Il MARCHESE fa scorrere le tende della grande arcata che forma l'angolo del fondale e lascia scoperto una specie di abside con finestrelle ferrate e nessuna porta. Sembra la scena teatrale di una prigione del Medioevo. Al centro di questo spazio e come unico mobile c’è uno scranno con spalliera e braccioli, tutto in pietra, che ricorda un trono reale.]

Mirate...vi ho predisposto la scena idonea...

GABRIEL: - Ma...io non posso!...Non posso recitare così per voi...senza conoscere l’opera...senza provarla...Dovrei prima leggerla e cercare di comprenderne l’azione, i personaggi...

[Il MARCHESE non risponde, giacché sta accendendo le luci della scena; GABRIEL, sempre più nervoso, si avvicina al proscenio del piccolo teatro.]

Spiegatemi almeno di che si tratta...il tema, la situazione, l’argomento...qualcosa...

MARCHESE (Senza cessare la sua incombenza): - Credete che questo abbia veramente importanza? (Girandosi e abbandonando il suo lavoro fino a porsi di fronte a GABRIEL, con tono dolce) E va bene...E’ un libero adattamento della vita di Socrate, dall’apologia di Senofonte. Però, non so come dirvelo, non è che la storia mi interessi granché...Potrei aver scritto su qualsiasi altro personaggio, o su qualsiasi altra situazione mi fosse venuta in mente...

GABRIEL: - Però, Socrate...

MARCHESE (Scendendo dalla scena): - Socrate è un pretesto, amico Gabriel. In realtà non si tratta della sua vita...bensì della sua morte. Il processo della sua morte (Insistendo), è questo ciò che intendo studiare...

GABRIEL (Con un certo scetticismo): - La sua morte? Dunque, la psicologia...Tutti gli eventi storici che conosciamo...   

MARCHESE (Soddisfatto): - Lo avete detto: che conosciamo. Così, visto che già li conosciamo, possiamo metterli da parte. (Sorride) E quanto alla psicologia, bah! non sono altro che sottigliezze filosofiche...No...L’unica cosa che non sappiamo di Socrate - né di tanti altri personaggi - è esattamente questo, la sua, la loro  morte. Non mi riferisco al fatto che siano morti, naturalmente, né al modo in cui morirono - al modo, non alla causa, capite? - bensì alla loro morte, alla loro stessa morte, il processo della loro morte, ripeto...Morire con loro...Non vedere come muoiono, bensì sentire con loro la loro morte...e la nostra stessa morte...

GABRIEL (Impressionato): - Ancora il tema del sentire...

MARCHESE: - Sì, sì, sentire. Sentire, Gabriel. Sentire senza retorica...Partecipare in qualche modo alle loro angosce, costatare nella nostra carne, percepire con l’intelligenza, passo dopo passo, tappa dopo tappa, l’inesorabile avanzare della distruzione...

GABRIEL: - Accompagnare il condannato sino al patibolo, è così?

MARCHESE: - Non soltanto questo...Se ci fosse possibile, per qualche sorta di incanto mimetico, penetrare nella loro interiorità e vederli, senza cessare di essere allo stesso tempo noi stessi...che piacere, allora, che piacere sublime, quale piacere della conoscenza e come questo piacere si comunicherebbe fino ad estendersi a tutti gli angoli e alle fibre più distanti del nostro misero corpo! Quale piacere, amico Gabriel, in un’epoca di razionalismo e di stupidaggini come la nostra. (Ride) Però vedete...Non smetto di parlare...Le parole, ah, le parole mi perdono...! (Consulta nuovamente l’orologio) Sto godendo anzi tempo di alcune emozioni che, a quanto pare, non riesco nemmeno a farvi intravedere...(Pausa e con apparente indifferenza) Ma voi non mi avete ancora detto se accettate il mio gioco...

GABRIEL (Finendo col cedere alle stravaganze dell'altro, in tono di  stanchezza): - Non arrivo a comprendervi, signore, però se questo può rendervi felice, sono disposto a rappresentare per voi soltanto il frammento dell’opera che ordinate. Ditemi, dunque, ciò che volete che faccia. (Sale sulla scena) Vi avverto, comunque, che senza alcun tipo di preparazione non credo di poter conseguire, di getto, risultati troppo favorevoli, ma dal momento che insistete...

MARCHESE: - Oh sì, insisto, Gabriel! ...Insisto! (Sale anch’egli con rapidità sulla scena osservando ogni cosa con grande attenzione) Aspettate. (Soddisfatto dopo l’esame) Sì, sì...E' tutto a posto....(Scende dalla scena, prende il libro, lo apre alla pagina desiderata e si avvicina al proscenio per offrirlo a GABRIEL) Mi interessa particolarmente questo brano...

GABRIEL (Dalla scena e dopo aver dato una rapida scorsa alla pagina del libro): - La morte...

MARCHESE: - Esatto.

GABRIEL: - Però...gli altri personaggi..

MARCHESE: - Possiamo fare a meno di loro.

GABRIEL: - D’accordo. (Si dirige al trono di pietra)

MARCHESE: - Non vi muovete da quel posto. Siete già senza forze.

GABRIEL (Sedendosi): - Sempre seduto?

MARCHESE: - Sì...

GABRIEL: - Però questo mi impedirà di comporre alcune attitudini... diciamo, tragiche...

MARCHESE: - Lasciate perdere. Si suppone che stiate agonizzando.

GABRIEL: - Già. (Dopo una pausa) Però...

MARCHESE: - Perché non incominciate?

GABRIEL: - Mi stavo chiedendo...

MARCHESE: - Non è il momento ora. (Correggendosi) Oh...! (Torna alla cortesia) Cosa?

GABRIEL: - Se la realtà vi ossessiona così tanto...(Con un tono di celato sarcasmo) non vi dà fastidio che io non sia vestito alla greca?

MARCHESE (Inconsciamente): - No. Anzi è necessario che...(Fermandosi come sorpreso dalle sue stesse parole) No, per ora, no...(Passando ad un tono più leggero) Dopo vi spiegherò. Ora non mi comprendereste...(Sorridendo) o non mi credereste...

GABRIEL (Che evidentemente non capisce ciò che l’altro vuole dire): - Ah...! (Lunga pausa, dubitando) Dunque...Vestito così...?

MARCHESE: - Sì, è assolutamente indispensabile farlo così.

GABRIEL: - Bene. Siete voi a dirigere questa rappresentazione.

MARCHESE (Dolce): - Sì, amico Gabriel. Sono io, effettivamente, quello che dirige.

GABRIEL: - D’accordo. Mi concederete almeno qualche secondo per entrare nella situazione?

MARCHESE: - Aspetterò quanto occorre.

GABRIEL: - Grazie (Legge con rapidità e con grande attenzione la pagina del libro datogli dal MARCHESE. Lungo silenzio. Improvvisamente comincia a declamare con una certa affettazione): - Ditemi, amici…Ditemi voi, che mi accompagnate in quest’ora terribile…cos’è che vi aspettate da me…quale atteggiamento la Storia chiede che assuma…in questa mia morte…Un atteggiamento eroico e un volto pieno di serenità…Un’immagine esemplare…Però la Storia ignora tutto della morte…della morte degli individui…La Storia disprezza i casi isolati. Generalizza. Non si parla di sintomi, di processi vitali…Ad essa interessano solo i fatti…Ma io? Cosa sono io dentro questo ingranaggio? Un mito soltanto. E i miti non possono gridare. (Pausa. Il MARCHESE inconsciamente inizia a far cenni di diniego con la testa, però GABRIEL che a poco a poco è entrato nella parte non se ne rende conto) Però quelli che muoiono sono gli uomini…E gli uomini muoiono fra dolori, fra convulsioni, grida…muoiono in modo miserabile…sporcano le lenzuola con vomiti di sangue ed escrementi…Ed hanno paura…soprattutto questo…hanno paura…una paura spaventosa…non un timore religioso per ciò che verrà dopo…no…è un terrore innominato…il concreto terrore per la morte concreta di ciascuno…perché la morte è la consacrazione, la grande cerimonia del terrore…lo capite, eh, lo capite?

MARCHESE (Repentinamente e con voce indifferente): - No.

GABRIEL (Sorpreso, interrompe la recita. Insicuro, non sa cosa dire): - Come?

MARCHESE: - Ho detto di no, semplicemente, che non lo capisco. O almeno non lo capisco nel modo in cui lo fate...

GABRIEL (Alzandosi dal trono, contenendo la sua collera e molto lentamente): - E così la mia recitazione non vi aggrada?

MARCHESE: - Quel che intendo dire è che il vostro modo di recitare non arriva a trasmettere quanto accade al personaggio. (Convincente) Come si può comprendere quando non si riesce a sentire?

GABRIEL (Assai freddo): - La vostra opinione circa la mia capacità artistica, signor Marchese, risulta alquanto singolare e in pratica contraddice quella dell’immensa maggioranza del pubblico di Parigi. E parlando del pubblico, mi riferisco, beninteso, anche agli intenditori...(Rimarcando le parole) intenditori e colti come potreste esserlo voi...

MARCHESE (In tono conciliante): - Vi prego, Gabriel...Ascoltatemi.

GABRIEL (Fuori di sé e scendendo dalla piccola scena): - O forse mi avete fatto venire a casa vostra e mi avete fatto rappresentare questa pantomima per mettermi in ridicolo? In tal caso perdonatemi, ma mi rifiuto di prendere ancora parte al vostro passatempo. Non mi piace che mi insultino e dubitando della mia arte è come se mi si insultasse…Lo stesso accadrebbe a voi, suppongo, se dubitassero della vostra nobiltà.

MARCHESE (Senza alzare la voce): - Non volete ascoltarmi. La mia opera non è come le altre...

GABRIEL (Dispettoso): - Di questo me ne sono già accorto, benché non veda quale relazione possa esserci fra una cosa e l’altra...

MARCHESE: - Una relazione assai evidente. Uno stile diverso obbliga ad uno stile nuovo per la rappresentazione.

GABRIEL (Con superiorità): - Ah, certo...! Non vi basta il fatto di saccheggiare il campo della poesia drammatica, ora venite anche a darmi lezioni nel mio lavoro.

MARCHESE (Con pazienza): - Quello che voglio dire, semplicemente, è che voi non potete interpretare correttamente ciò che non avete mai sperimentato...Che non avete sperimentato in modo diretto e personale. Perché voi non siete mai stato sul punto di morire... veramente...

GABRIEL (Con sarcasmo mal contenuto): - Se fossi stato sul punto di morire alla fine sarei morto e ora non starei facendo teatro...(Sorpreso dal suo stesso ragionamento) Voi finirete col farmi dire delle sciocchezze. (Cerca di spiegarsi) Se fosse così ogni volta che un attore rappresenta la morte di un personaggio...(Si trattiene indeciso fra l’indignarsi oltre o scoppiare a ridere) Andiamo, vi prego...Mi avete preso per un imbecille? I morti in scena resuscitano ogni sera quando finisce lo spettacolo. E le opere di teatro si ripetono un giorno dopo l’altro...

MARCHESE (Come pensando a voce alta): - Però una rappresentazione non sarà mai identica ad un’altra....ci saranno sempre... piccole differenze...

GABRIEL: - Appunto. Piccole differenze, niente di più.

MARCHESE (Animandosi progressivamente a mano a mano che parla): - Però ciò che io intendo fare della mia opera è un esemplare unico. Allo stesso modo in cui sono esemplari unici i miei quadri...i miei mobili...i miei abiti...(Passeggia eccitato per la camera) e i miei libri...(Segnala alcuni esemplari disposti fra due statuine classiche) Anche i miei libri...Edizioni uniche, fatte appositamente per me, con i testi preferiti...

GABRIEL (Senza comprendere): - Però questo non è possibile in teatro. Con il testo dell’opera, forse...ma nella rappresentazione...

MARCHESE (Rapido): - Anche nella rappresentazione...Questo è per l’appunto ciò che mi importa, la rappresentazione, Gabriel...

GABRIEL: - Ma come potreste conservarla? (Divertito) Una rappresentazione teatrale non si può incorniciare come un quadro né collocarla in uno scaffale...

MARCHESE: - Desidero conservarla qui...(Si tocca la fronte) Nella memoria...

GABRIEL (Girandosi di spalle): - Trattandosi di un capriccio...

MARCHESE (Con voce solenne): - Non è un capriccio, bensì una necessità.

GABRIEL (Dopo una pausa e con tono di forzata indifferenza, intanto che si appresta a scendere dalla scena): - Molto bene...ma mi dispiace. Credo di non essere la persona adatta a soddisfarvi. Dovrete cercare un altro attore capace di conseguire il realismo che pretendete. Sebbene, permettetemi di dirlo, dubito molto che troverete qualcuno. Usciamo tutti, chi più chi meno, dalla stessa scuola.

MARCHESE: - Ma io non ho bisogno d’altri che di voi...

GABRIEL (Sconcertato): - Ma se dicevate che...

MARCHESE (Irritato): - Se solo mi lasciaste finire...Voi non mi lasciate finire e quasi quasi entrambi ci dimentichiamo del passar del tempo...(Come parlando fra sé e sé) Il passare del tempo...Questo può risultare assai pericoloso...

GABRIEL: - Pericoloso? Per quale ragione...? Non vi capisco.

MARCHESE: - Oh, come potreste capirmi? Ogni volta che cerco di entrare in argomento, sviate il corso dei miei pensieri con le vostre disquisizioni accademiche...e, in questo caso, amico mio, completamente superflue.

[GABRIEL, all’improvviso, sembra incapace di mantenere l’equilibrio. Si porta la mano alla testa ed emette un gemito. Il MARCHESE lo osserva preoccupato.]

Che vi succede? Per caso non vi sentite bene?

GABRIEL: - Un senso di nausea...Ho le vertigini...E’ strano...E’ come se le mie gambe si rifiutassero di sostenermi...Col vostro permesso...debbo sedermi un momento...

[Avanza torpidamente verso il trono e si siede senza che il MARCHESE si commuova o  faccia il gesto di  aiutarlo.]

Dovrete perdonarmi...ma mi risulta assai difficile...concentrarmi...Dovete perdonarmi, se...non riesco...non riesco a seguire i vostri ragionamenti...Sinceramente...non ricordo...non so di cosa stavate parlando...L’ho dimenticato...Sul serio...io...ora...ignoro persino le ragioni...di questa spossatezza inaspettata...

MARCHESE (Con voce tranquilla dopo una breve pausa): - Le ragioni? Le ragioni sono molto semplici, Gabriel...Le ragioni si trovano in questo vino di Cipro...e nell’orologio...

GABRIEL: - Il...vino?

MARCHESE (Spazientendosi): - Oh...! Ma dovrò spiegarvi tutto per filo e per segno come foste un bambino a scuola? Ho voluto mettervi alla prova, Gabriel, fare un esperimento con voi.

GABRIEL (Comincia a reagire con una certa paura): - Un esperimento...artistico? E’ questo ciò che intendete dire?

MARCHESE: - Oh, no, certo che no...Un esperimento fisiologico...applicato alla tecnica dell’attore.

GABRIEL: - Fisiologico...(Comprende all’improvviso. Atterrito, però senza sufficienti forze per alzarsi dal trono) Il vino...E’ questo...Oh, no! No. Dio mio, no! Come avete potuto farlo!

MARCHESE (Energico): - Perché ho bisogno di sapere.

GABRIEL (Preso dal panico, gridando): - Sapere? Questo è quello che dovete sapere: siete un assassino.

MARCHESE (Con dignità): - Non sono un assassino. Sono uno scienziato. L’estetica non è altro che una finzione ed io non posso sopportare ciò che non è veridico. Tutto quel che mi interessa è il comportamento dell’essere umano. Gli esseri umani sono cose reali, cose vive e il loro studio produce in me più piacere di tutte le vostre opere di teatro e le vostre sinfonie.

GABRIEL: - Siete impazzito. Voi siete un mostro.

MARCHESE: - Vedete? Il vostro comportamento verso di me cambia. Ora sì...ora sì che siete atterrito. Ora sì che avete paura e una paura autentica! Sapete che state per morire. Che vi restano soltanto pochi minuti di vita...Oh, quale eccezionale occasione per portare a fondo la mia esperienza. Morirete allo stesso modo del mio personaggio. La finzione si ritira, sopraffatta dalla realtà. E non ci sono due visioni del mondo, o delle cose. Una soltanto, un’unica visione: la verità. La verità, al di  sopra di tutti i sentimenti e di tutte le convenzioni sociali. La verità, Gabriel, e questo vale una vita intera.

GABRIEL (Che è riuscito con difficoltà a mettersi in piedi, facendo qualche passo verso la ribalta.  Con voce roca e totalmente privo di controllo) Se devo morire io, allora ammazzerò anche voi. Consumerò in questo atto le mie ultime forze. Mi vendicherò...

MARCHESE (Autoritario e senza indietreggiare di un passo): - Aspettate, Gabriel. Fermatevi...Vi propongo...un patto...

GABRIEL (Indeciso ma senza smettere di avanzare): - Non c’è tempo...non c’è più tempo per questo...

MARCHESE: - Sì, che c’è. (Consultando l’orologio) Otto minuti esattamente.

GABRIEL (Fermandosi prima di scendere dalla scena): - Che dite?

MARCHESE: - La droga si sta impossessando a poco a poco del vostro corpo...dei vostri movimenti...però potete ancora mantenere per qualche momento la vostra mente lucida...(Breve pausa. Con energia) Volete salvare la vostra vita, vero? Bene. Questo dipenderà solo dal vostro talento...(Estrae una piccola ampolla dal taschino e gliela mostra) Vedete quest'ampolla?  E’ l’antidoto.

GABRIEL (Nuovamente minaccioso): - Datemela...se non me lo date vi ammazzo.

MARCHESE (Tranquillamente): - Se vi azzardate a scendere dalla scena, getterò l’ampolla per terra.

GABRIEL (Dopo un lungo silenzio, resta inerte, si lascia cadere al suolo vinto, piangendo e preso da un attacco isterico): - Oh, no…! No…Io…io non voglio morire…Stavo fingendo…Non voglio morire…

MARCHESE (Impassibile e come se si trattasse di un affare senza importanza): - Smettetela di piangere e ascoltatemi. Accetterete le mie condizioni? (GABRIEL contiene le lacrime e senza alzarsi dal suolo, assente umilmente con la testa) Va bene, allora: tornerete a recitare per me.

GABRIEL (Piangendo di nuovo codardamente): - Recitare…Oh no! Io…non potrei…

MARCHESE (Inflessibile): - Dovrete potere…

GABRIEL: - Ma anche se fosse…la mia rappresentazione sarebbe…oh…sarebbe…(Trattiene le lacrime) pessima…

MARCHESE: - Sarà la vostra migliore rappresentazione, Gabriel. Se non mi piace, mi sentite? – se non mi piace…non vi darò l’antidoto.

GABRIEL (Scoprendo nelle parole del MARCHESE come l’ultima speranza del condannato a morte): - Me lo giurate? Voglio dire, mi giurate…Mi giurate che nel caso io riesca a…

MARCHESE (Calcando le parole) - La mia parola d’onore…(Breve pausa. Torna a guardare l’orologio):-  Vi restano sette minuti, Gabriel. Una rappresentazione di sette minuti in cambio della vostra vita. E se riuscirete a salvarla, potete star sicuro che pagherò per essa più di quanto avete guadagnato nel corso della vostra carriera. Però dovete affrettarvi. Fate uno sforzo per concentrarvi e disponetevi a incominciare immediatamente.

[Apre il cassetto del tavolino e ne estrae una piccola clessidra  di sabbia che colloca al lato dell’ampolla con l’antidoto.]

Quando tutta questa sabbia sarà passata al cilindro di sotto, la vostra rappresentazione terminerà e voi stesso saprete se avrete superato soddisfacentemente la prova.

[Si siede in una poltrona vicino al tavolino dove ha collocato la clessidra e l’ampolla.]

Sono pronto.

[GABRIEL, dopo una pausa si alza da terra e con passo vacillante si dirige nuovamente verso il trono. Si siede, prende il libro e, con espressione indecifrabile, osserva la pagina alla quale è aperto. Alla fine, GABRIEL fa un gesto di assenso con la testa al MARCHESE, ma senza guardarlo in viso. Questi, in tono solenne, declama:

Inizi la rappresentazione.

[Subito dopo, il MARCHESE, lentamente e con gesti cerimoniali, gira la clessidra e la sabbia inizia a scendere; GABRIEL, come spinto da una molla, dà immediatamente inizio  alla sua rappresentazione.]

GABRIEL: (Nonostante il suo stato fisico, si nota chiaramente che fa un grande sforzo di volontà per superarsi. Con i nervi in tensione, si concentra nel suo ruolo cercando di sfumare ogni parola, ogni discorso, dando senso ad ogni movimento delle braccia e del corpo. Persino i gesti più piccoli  e insignificanti sono animati da un desiderio selvaggio di trascendere le miserie presenti dell’attore ed elevarle al gran rito del sacrificio offerto alle implacabili categorie di una suprema bellezza senza affettazione. Recitando  contro se stesso, contro la sua natura, contro le sue convinzioni e la sua esperienza artistica, GABRIEL si impegna anima e corpo alla ricerca di vibranti intonazioni, piene di umiltà, e allo stesso tempo assolutamente  distanti dallo stile retorico con il quale aveva letto la prima volta il frammento dell’opera. Parla molto lentamente, ascoltando i silenzi, lasciandosi trasportare dal suo stesso ritmo   vitale, meravigliosamente compenetrato nel suo personaggio. Il MARCHESE, ansioso, trattiene il respiro, osservando con avidità il viso dell’attore. Grosse gocce di sudore cominciano a imperlare la fronte dei due uomini. Ogni pausa, ogni parola nuova spande nelle pareti e nei mobili, risonanti di ritmi misteriosi, presentimenti di morte e di speranza) Ditemi, amici…Ditemi voi, che mi accompagnate in quest’ora terribile…cos’è che vi aspettate da me…quale atteggiamento la Storia chiede che assuma…in questa mia morte…Un atteggiamento eroico e un volto pieno di serenità…Un’immagine esemplare…Però la Storia ignora tutto della morte…della morte degli individui…La Storia disprezza i casi isolati. Generalizza. Non si parla di sintomi, di processi vitali…Ad essa interessano solo i fatti…Ma io? Cosa sono io dentro questo ingranaggio? Un mito soltanto. E i miti non possono gridare. Però quelli che muoiono sono gli uomini…E gli uomini muoiono fra dolori, fra convulsioni, grida…muoiono in modo miserabile…sporcano le lenzuola con vomiti di sangue ed escrementi…Ed hanno paura…soprattutto questo…hanno paura…una paura spaventosa…non un timore religioso per ciò che verrà dopo…no…è un terrore innominato…il concreto terrore per la morte concreta di ciascuno…perché la morte è la consacrazione, la grande cerimonia del terrore…lo capite, eh, lo capite?

[Arrivato a questo punto, GABRIEL si ferma. Esattamente nello stesso punto in cui il MARCHESE lo aveva interrotto la prima volta. GABRIEL, che ha sentito con terrore avvicinarsi la battuta fatale, si sente incapace di continuare. Le conseguenze del grande sforzo fatto per dominarsi e recitare senza denotare il suo stato, iniziano a manifestarsi in modo inesorabile.]

MARCHESE (Dopo un lungo silenzio, di fronte allo sguardo interrogativo e angosciato di GABRIEL, comprendendo che la sua resistenza è arrivata al limite) Non occorre che continuiate. (Pausa. GABRIEL non osa dir nulla. Ha paura di chiedere. Il MARCHESE prolunga la tensione del momento parlando con gran lentezza) Ancora non è caduta tutta la sabbia.

[Afferra la clessidra e la lascia in posizione orizzontale sopra il tavolo.]

Ma è sufficiente.

[Si alza, prende l’ampolla con l’antidoto e molto lentamente si dirige verso il tavolino con il servizio di bevande. Occulta col corpo le azioni che compie: ha preparato una coppa di vino e con essa in mano, lentamente si avvicina alla scena. GABRIEL segue i suoi movimenti con uno sguardo pieno di avidità e allo stesso tempo di panico. Il silenzio è totale. Il MARCHESE sale sulla scena. Si avvicina a GABRIEL e gli dà la coppa. GABRIEL non dice nulla, né si muove. Allunga il braccio e prende la coppa con mano tremante. La porta alle labbra. Beve. Nelle pause sospira e chiude gli occhi. Il MARCHESE riprende la coppa e si muove lentamente verso la ribalta. Il corpo di GABRIEL inizia ad esser scosso da ritmiche convulsioni. Piange. Sono gemiti soffocati, lievi come quelli di un bambino. Il MARCHESE scende dalla scena e si ferma per contemplare GABRIEL con affetto.] Non piangete. E’ indegno di un uomo come voi.

GABRIEL (Senza guardarlo e senza poter trattenere le lacrime): Non posso…non posso…evitarlo…Piango di gioia.

MARCHESE (Dolcemente): - Allora, mi inchino davanti al vostro coraggio.
[Avanza verso un lato della scena; lì tira una tendina e preme una sporgenza della parete. Lievemente e senza rumore inizia a scendere dall’alto una grande grata, che in pochi secondi arriva fino al suolo chiudendo completamente l'imboccatura della piccola scena.]

Sì…siete coraggioso, Gabriel. Più coraggioso di quanto immaginassi. Perché avete giocato contro di me…recitato contro di me… vi siete arrischiato a giocare, Gabriel, perdendo la partita…e accettate con allegria la sconfitta.

GABRIEL (Alzando la testa lentamente e scoprendo la grata. Senza muovere un muscolo, sfinito, disfatto dalla tensione nervosa e incapace di alzare la voce): - Ho…perduto…Voi…voi avete detto che...Avete dato la vostra parola…

MARCHESE (Torna alla sua poltrona. Prima di prender posto, girandosi verso GABRIEL): - E la mantengo. Non vi ho detto che la vostra recita mi sia piaciuta.

GABRIEL: - Però voi…Oh, no!…Mi avete appena dato…l’antidoto…

MARCHESE (Estrae dal sacchetto l’ampolla intatta e la mostra a GABRIEL. Tranquillamente): - Io non vi ho dato nessun antidoto, Gabriel. Al contrario. Vi ho appena avvelenato.

GABRIEL (Incapace di reazione e con voce bassa): - Però…il vino…

MARCHESE: - Non vi ho mai detto che quel vino – il primo che avete bevuto quando siete arrivato in questa casa – fosse avvelenato. No…Ricordatevelo bene…Questa è stata una vostra supposizione di fronte a certi sintomi…(Si siede sulla poltrona) Era solo una droga leggera. Una droga inoffensiva, che produce stanchezza e rende difficili le reazioni corporali. (Sorride) Dovevo proteggermi da un eventuale comportamento violento da parte vostra…(Breve pausa. Indicandogli nuovamente l’ampolla) Se aveste preso l’antidoto, tutti questi sintomi che vi dico, sarebbero scomparsi nel giro di un solo minuto. Questa è fisiologia, Gabriel. Siete voi, solo voi, la vostra immaginazione, in una parola, ad aver creato questa viscerale finzione di agonia. L’unico vero veleno, l’unico veleno mortale contro cui, ve lo giuro, non c’è antidoto alcuno, è quello che avete appena preso. (Torna a sorridere e con dolcezza) Vedete? Anche in questo vi ho ingannato. (Guardando l’orologio) Vi dissi poco fa che vi restavano solo pochi minuti di vita e anche questo era certo. La differenza stava nel fatto che voi credevate di aver già assunto il veleno e che i minuti fossero quelli che mancavano prima che il veleno facesse effetto. Invece io intendevo spiegarvi che ciò che si decideva al termine di questo tempo, alla fine della prova, era semplicemente la vostra vita…o la vostra morte, Gabriel. (Controlla un orologio da taschino) Il vostro tempo è scaduto e non potete più decidere della vostra esistenza, né dei vostri atti. La morte vi tiene in suo potere, vi ha rinchiuso nella sua fortezza…e ha avuto cura di serrare bene le porte.

GABRIEL (Articolando con difficoltà): - La…grata…per quale …motivo?

MARCHESE: - Perché d’ora in avanti il corso della vostra agonia può risultare pericoloso. (Si alza e si avvicina alla scena) Ed io desidero contemplarlo tranquillamente senza dovermi preoccupare per la mia incolumità.

GABRIEL (Aggrappandosi ad un’ultima futile speranza): - Contemplare la morte di un essere umano?…No...Non è possibile…Non potete aver fatto una cosa simile…Mi state ingannando di nuovo…E’ un gioco…una nuova menzogna (Cerca di ridere col viso increspato da un gesto tragico) Volete spaventarmi, niente di più…Vi piace farmi soffrire…non è così? (La voce finisce per tradirlo. Piange, respirando affannosamente, prostrato) Ditemelo, per favore...Ditemi che non è vero…ditemi che sto sognando…

MARCHESE (Senza fare una piega): - No, Gabriel...non sognate. Disgraziatamente per voi e fortunatamente per me. Vi ho detto che desideravo ottenere da voi una rappresentazione unica. Forse, però, non adoperavo le parole giuste. Non è una rappresentazione quella che state per offrirmi. E’ una realtà. Lo capite? L’unica maniera di mostrare soddisfacentemente la propria morte – ve l’ho detto prima per scherzo – è precisamente questa…morendo sul serio…

GABRIEL: - Io…prima…rappresentavo…recitavo la paura…Ero atterrito…credevo di essere sul punto di morire.

MARCHESE: - Oh, sì, prima…Prima avevate paura, è vero. Avevate paura, però non era sufficiente. Vi restava ancora una speranza. Giocavate contro di me. Volevate vincere. E per questo, giacché stavate recitando, ancora non vi sentivate perduto in modo irrimediabile. Non eravate assolutamente perduto come lo siete ora. (Ride) Ah, Gabriel…Il vostro istinto di attore si è mantenuto sino alla fine. Sino all’ultimo momento avete continuato a fingere un personaggio. (GABRIEL emette un sospiro lacrimoso, la testa cade inerte sul petto) Cosa succede? Povero Gabriel, addormentato di nuovo…Vi siete addormentato perché non vedete altra scappatoia…Perché non volete vedere come la vostra vita vi sfugge fra le mani inesorabilmente ad ogni minuto che passa…ad ogni sospiro…ad ogni battito…ad ogni silenzio…(Pausa. Impersonale) Ma no. Non importa. Fra un momento riacquisterete conoscenza. Spariranno gli effetti della prima droga e tornerete a sentirvi pieno di lucidità ed energia, e il veleno, il veleno autentico, comincerà a poco a poco a far effetto sul vostro organismo...molto lentamente…nel giro di qualche ora e in maniera assai dolorosa…Ma non anticipiamo gli eventi, amico Gabriel. Rispettiamo le forme e le convenzioni della nostra arte. (Torna a sedersi in poltrona) E ora, Gabriel, lasciate che taccia. Si è appena levato il sipario. Suona una dolcissima musica di invisibili violini. La scena è illuminata dalla luce di centinaia di candelabri e l’attore principale col vestito di scena si prepara a fare la sua entrata…Quale enorme ansietà può concentrarsi nei pochi secondi che precedono le prime battute. Ma stiamo in silenzio…Gli spettatori debbono rimanere tranquilli ai lori posti. Dobbiamo rispettare tutto il rito. Stiamo zitti. Bisogna mantenere il silenzio. Questa è la notte della prima rappresentazione e lo spettacolo sta per cominciare…in questo stesso istante.

[Molto lentamente si spengono tutte le luci della scena fino a giungere al buio totale.]


 Rodolf Sirera (Valenza, 1948), è autore, regista e critico teatrale. Laureato in Storia, fra il 1967 e il 1976 diresse parecchi gruppi e compagnie, scrivendo altresì su molti giornali.

Nel 1979 fu nominato condirettore del Teatro Principale di Valenza e, in seguito, Direttore dei Teatri della Regione, incarico che mantenne fino al 1984 quando fu nominato Responsabile del Servizio Spettacoli della regione valenzana. I suoi testi, oltre la ventina e sempre scritti in catalano, comprendono fra gli altri Bloody Mary Show, La primera de la classe. Alcune sue opere sono state adattate per la televisione, e molte di loro sono state pubblicate e rappresentate in vari paesi.

SINOSSI

La pièce è ambientata a Parigi, nel secolo dei lumi. Un marchese invita nel suo palazzo Gabriel, un famoso attore, per chiedergli una rappresentazione privata ed esclusiva di un'opera da lui stesso creata. Al suo arrivo, invece del marchese, l'attore trova un servitore che fa sfoggio di zelo e di profonda cultura; con lui, Gabriel ingaggia una discussione su quelli che sono i limiti di ogni rappresentazione teatrale la quale, secondo questo stravagante domestico, non potrà mai, in alcun modo,  pretendere di eguagliare, in sincerità e in autentiche emozioni, la vita reale. A meno che…non si sia disposti a impegnare  se stessi e ad andare fino in fondo perché questo accada.