Il ventaglio

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Il ventaglio

Il ventaglio

di Carlo Goldoni

PERSONAGGI

Il signor Evaristo

La signora Geltruda, vedova

La signora Candida, sua nipote

Il Barone del Cedro

Il Conte di Rocca Marina

Timoteo, speziale

Giannina, giovane contadina

La signora Susanna, merciaia

Coronato, oste

Crespino, calzolaio

Moracchio, contadino fratello di Giannina

Limoncino, garzone di caffè

Tognino, servitore delle due signore

Scavezzo, servitore d'osteria

La scena è una villa del Milanese della Case nuove

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

TUTTI - Disposizione e colpo d'occhio di questa prima scena. - GELTRUDA e CANDIDA a seder sulla terrazza. La prima facendo de' gruppetti, la seconda dell'entoilage. EVARISTO ed il BARONE vestiti propriamente da cacciatori, sedendo su i seggioloni, e bevendo il caffè co' loro schioppi al fianco. Il CONTE da campagna con rodengotto, cappello di paglia e bastone, sedendo vicino allo Speciale, e leggendo un libro. TIMOTEO dentro la sua bottega, pestando in un mortaio di bronzo sulla balconata. GIANNINA da paesana, sedendo vicino alla sua porta filando. SUSANNA sedendo vicino alla sua bottega, e lavorando qualcosa di bianco. CORONATO  sedendo sulla banchetta, vicino all'osteria, con un libro di memorie in mano ed una penna da lapis. CRESPINO a sedere al suo banchetto, e lavorando da calzolaro con una scarpa in forma. MORACCHIO di qua dalla casa di Giannina verso i lumi, tenendo in mano una corda con un cane da caccia attaccato, dandogli del pane a mangiare. SCAVEZZO di qua dell'osteria, verso i lumini, pelando un pollastro. LIMONCELLO presso alli due, che bevono il caffè colla sottocoppa in mano, aspettando le tazze. TOGNINO spazzando dinanzi alla porta del palazzino, e sulla facciata del medesimo. Alzata la tenda, tutti restano qualche momento senza parlare, ed agendo come si è detto, per dar tempo all'uditorio di esaminare un poco la scena.

EVARISTO  Che vi pare di questo caffè? (al Barone)

BARONE  Mi par buono.

EVARISTO  Per me lo trovo perfetto. Bravo, signor Limoncino, questa mattina vi siete portato bene.

LIMONCINO  La ringrazio dell'elogio, ma la prego di non chiamarmi con questo nome di Limoncino.

EVARISTO  Oh bella! Tutti vi conoscono per questo nome, siete famoso col nome di Limoncino. Tutti dicono: andiamo alle Case nove a bevere il caffè da Limoncino, e ve ne avete a male per questo?

LIMONCINO  Signore questo non è il mio nome.

BARONE  Oh via da qui innanzi vi chiameremo signor Arancio, signor Bergamotto. (bevendo il caffè)

LIMONCINO  Le dico che io non son fatto per far il buffone.

CANDIDA  (ride forte)

EVARISTO  Che ne dice signora Candida?

CANDIDA  (si fa fresco col ventaglio, e lo rimette sul poggio) Che vuole ch'io dica? Sono cose da ridere veramente.

GELTRUDA  Via signori, lasciatelo stare quel buon ragazzo, egli fa del buon caffè, ed è sotto la mia protezione.

BARONE  Oh quando è sotto la protezione della signora Geltruda, gli si porterà rispetto. (Sentite la buona vedova lo protegge). (piano ad Evaristo)

EVARISTO  Non dite male della signora Geltruda. Ella è la più saggia, e la più onesta donna del mondo. (piano al Barone)

BARONE  Tutto quel che volete, ma si dà aria di protezione come lei... il signor Conte, che siede e legge con un'aria da giurisdicente. (come sopra)

EVARISTO  Oh in quanto a lui, non avete il torto, è una vera caricatura, ma è troppo ingiusta la comparazione colla signora Geltruda. (come sopra)

BARONE  Un per un verso, l'altra per l'altro, per me li trovo ridicoli tutti due. (come sopra)

EVARISTO  E cosa trovate di ridicolo nella signora Geltruda?

BARONE  Troppa dottrina, troppo contegno, troppa sufficienza.

EVARISTO  Scusatemi, voi non la conoscete. (piano fra loro)

BARONE  Stimo più la signora Candida cento volte.

(Il Barone ed Evaristo finiscono di bere il caffè. Si alzano, rendono le tazze a Limoncino. Tutti e due vogliono pagare. Il Barone previene; Evaristo lo ringrazia piano. Limoncino con le tazze e i denari va in bottega. In questo tempo Timoteo pesta più forte)

EVARISTO  Sì, è vero... La nipote ha del merito... (Non vorrei che costui mi fosse rivale).

CONTE  Eh! signor Timoteo (grave)

TIMOTEO  Che mi comanda?

CONTE  Questo vostro pestamento m'annoia.

TIMOTEO  Perdoni... (battendo)

CONTE  Non posso leggere, mi rompete la testa.

TIMOTEO  Perdoni, or ora ho finito. (seguita, staccia e ripesta)

CRESPINO  Ehi Coronato. (lavorando e ridendo)

CORONATO  Cosa volete mastro Crespino?

CRESPINO  Il signor Conte non vuole che si batta. (batte forte sulla forma)

CONTE  Che diavolo d'impertinenza! Non la volete finire questa mattina?

CRESPINO  Signor illustrissimo non vede cosa faccio?

CONTE  E cosa fate? (con sdegno)

CRESPINO  Accomodo le sue scarpe vecchie.

CONTE  Zitto là impertinente. (si mette a leggere)

CRESPINO  Coronato! (ridendo batte, e Timoteo batte)

CORONATO  Or ora non posso più. (dimenandosi sulla sedia)

SCAVEZZO  Moracchio. (chiamandolo e ridendo)

MORACCHIO  Cosa c'è Scavezzo?

SCAVEZZO  Il signor Conte! (ridendo e burlandosi del Conte)

MORACCHIO  Zitto, zitto che finalmente è un signore...

SCAVEZZO  Affamato.

GIANNINA  Moracchio. (chiamandolo)

MORACCHIO  Cosa vuoi?

GIANNINA  Cosa ha detto Scavezzo?

MORACCHIO  Niente, niente bada a te, e fila.

GIANNINA  Oh è gentile veramente il mio signor fratello. Mi tratta sempre così. (Non vedo l'ora di maritarmi). (con sdegno volta la sedia, e fila con dispetto)

SUSANNA  Cos'è Giannina? Che cosa avete?

GIANNINA  Oh se sapeste signora Susanna! Non credo che si dia al mondo un uomo più grossolano di mio fratello.

MORACCHIO  Eh bene! Son quel che sono. Cosa vorresti dire? Finché state sotto di me...

GIANNINA  Sotto di te? Oh, spero che vi starò poco. (con dispetto fila)

EVARISTO  Via cosa c'è? (a Moracchio) Voi sempre tormentate questa povera ragazza. (s'accosta a lei) E non lo merita, poverina.

GIANNINA  Mi fa arrabbiare.

MORACCHIO  Vuol saper tutto.

EVARISTO  Via via basta così.

BARONE  È compassionevole il signor Evaristo. (a Candida)

CANDIDA  Pare anche a me veramente. (con un poco di passione)

GELTRUDA  Gran cosa! Non si fa che criticare le azioni altrui, e non si prende guardia alle proprie. (a Candida)

BARONE  (Ecco questi sono que' dottoramenti ch'io non posso soffrire).

CRESPINO  (Povera Giannina! Quando sarà mia moglie, quel galeotto non la tormenterà più). (lavorando)

CORONATO  (Sì la voglio sposare se non fosse che per levarla da suo fratello).

EVARISTO  Ebbene signor Barone volete che andiamo? (accostandosi a lui)

BARONE  Per dirvi la verità, questa mattina non mi sento in voglia d'andar alla caccia. Sono stanco di ieri...

EVARISTO  Fate come vi piace. Mi permetterete che ci vada io?

BARONE  Accomodatevi. (Tanto meglio per me. Avrò comodo di tentare la mia sorte colla signora Candida).

EVARISTO  Moracchio.

MORACCHIO  Signore.

EVARISTO  Il cane ha mangiato?

MORACCHIO  Signor sì.

EVARISTO  Prendete lo schioppo, e andiamo.

MORACCHIO  Vado a prenderlo subito. Tieni. (a Giannina)

GIANNINA  Cosa ho da tenere?

MORACCHIO  Tieni questo cane fin che ritorno.

GIANNINA  Date qui mala grazia. (prende il cane e lo carezza; Moracchio va in casa)

CORONATO  (È proprio una giovane di buon cuore. Non vedo l'ora ch'ella divenga mia).

CRESPINO  (Che bella grazia che ha a far carezze! Se le fa ad un cane tanto più le farà ad un marito).

BARONE  Scavezzo.

SCAVEZZO  Signore. (si avanza)

BARONE  Prendete questo schioppo e portatelo nella mia camera.

SCAVEZZO  Sì, signore. (Questo almeno è ricco e generoso. Altro che quello spiantato del Conte!) (porta lo schioppo nell'osteria)

EVARISTO  Pensate voi di restar qui per oggi? (al Barone)

BARONE  Sì, mi riposerò all'osteria.

EVARISTO  Fate preparare che verrò a pranzo con voi.

BARONE  Ben volentieri, vi aspetto. Signore a buon riverirle. (alle signore) (Partirò per non dar sospetto). Vado nella mia camera, ed oggi preparate per due. (a Coronato, ed entra)

CORONATO  S'accomodi, sarà servita.

SCENA SECONDA

MORACCHIO, EVARISTO e dette

MORACCHIO  (collo schioppo esce di casa, e si fa dare il cane da Giannina) Eccomi, signore sono con lei. (ad Evaristo)

EVARISTO  Andiamo. (a Moracchio) Signore mie, se me lo permettono vado a divertirmi un poco collo schioppetto. (verso le due signore, e prende lo schioppo)

GELTRUDA  S'accomodi, e si diverta bene.

CANDIDA  L'auguro buona preda, e buona fortuna.

EVARISTO  Son sicuro d'essere fortunato, se sono favorito da' suoi auspizi. (a Candida, e va accomodando lo schioppo e gli attrezzi di caccia)

CANDIDA  (Veramente è gentile il signor Evaristo!) (a Geltruda)

GELTRUDA  (Sì è vero. È gentile e compito. Ma nipote mia non vi fidate, di chi non conoscete perfettamente).

CANDIDA  (Per che cosa dite questo signora zia?)

GELTRUDA  (Perché da qualche tempo ho ragione di dirlo).

CANDIDA  (Io non credo di poter esser condannata...)

GELTRUDA  (No non mi lamento di voi, ma vi prevengo perché vi conserviate sempre così).

CANDIDA  (Ah, è tardo il suo avvertimento. Sono innamorata quanto mai posso essere).

EVARISTO  Oh tutto è all'ordine: andiamo. (a Moracchio) Nuovamente servitor umilissimo di lor signore. (saluta le due signore in atto di partire)

GELTRUDA  Serva. (s'alza per fargli riverenza)

CANDIDA  Serva umilissima. (s'alza ancor ella, urta, ed il ventaglio va in istrada)

EVARISTO  Oh! (raccoglie il ventaglio)

CANDIDA  Niente, niente.

GELTRUDA  La non s'incomodi.

EVARISTO  Il ventaglio è rotto, me ne dispiace infinitamente.

CANDIDA  Eh non importa, è un ventaglio vecchio.

EVARISTO  Ma io sono la cagione ch'è rotto.

GELTRUDA  Non si metta in pena di ciò.

EVARISTO  Permettano ch'abbia l'onore... (vorrebbe portarlo in casa)

GELTRUDA  La non s'incomodi. Lo dia al servo Tognino. (chiama)

TOGNINO  Signora. (a Geltruda)

GELTRUDA  Prendete quel ventaglio.

TOGNINO  Favorisca. (lo dimanda ad Evaristo)

EVARISTO  Quando non mi vonno permettere... tenete... (dà il ventaglio a Tognino, che lo prende e va dentro)

CANDIDA  Guardate quanta pena si prende, perché si è rotto il ventaglio! (a Geltruda)

GELTRUDA  Un uomo pulito, non può agir altrimenti. (Lo conosco che c'entra della passione).

SCENA TERZA

Tognino sulla terrazza dà il ventaglio alle donne; esse lo guardano e l'accomodano. EVARISTO, SUSANNA, e detti

EVARISTO  (Mi spiace infinitamente che quel ventaglio si sia rotto per causa mia; ma vo' tentare di rimediarvi). Signora Susanna. (piano alla stessa)

SUSANNA  Signore.

EVARISTO  Vorrei parlarvi. Entriamo in bottega.

SUSANNA  Resti servita. S'accomodi. (s'alza)

EVARISTO  Moracchio.

MORACCHIO  Signore.

EVARISTO  Andate innanzi. Aspettatemi all'entrata del bosco, ch'or ora vengo. (entra con Susanna)

MORACCHIO  Se perde il tempo così prenderemo delle zucche, e non del selvatico. (via col cane)

GIANNINA  Manco male che mio fratello è partito. Non vedo l'ora di poter dire due parole a Crespino; ma non vorrei che ci fosse quel diavolo di Coronato. Mi perseguita, e non lo posso soffrire.(da sé, filando)

CONTE  Oh oh bella, bellissima. (leggendo) Signora Geltruda.

CRESPINO  Cosa ha trovato di bello signor Conte?

CONTE  Eh cosa c'entrate voi? Cosa sapete voi che siete un ignorantaccio?

CRESPINO  (Ci scometto che ne so più di lei). (batte forte sulla forma)

GELTRUDA  Che mi comanda il signor Conte?

CONTE  Voi che siete una donna di spirito, se sentiste quello, ch'io leggo presentemente è un capo d'opera.

GELTRUDA  È qualche istoria?

CONTE  Eh! (con sprezzatura)

GELTRUDA  Qualche trattato di filosofia?

CONTE  Oh! (come sopra)

GELTRUDA  Qualche bel pezzo di poesia?

CONTE  No. (come sopra)

GELTRUDA  E ch'è dunque?

CONTE  Una cosa stupenda, meravigliosa, tratta dal francese: è una novella, detta volgarmente una favola.

CRESPINO  (Maledetto! Una favola! stupenda! maravigliosa!)

GELTRUDA  È di Esopo?

CONTE  No.

GELTRUDA  È di monsieur de la Fontaine?

CONTE  Non so l'autore, ma non importa... La volete sentire?

GELTRUDA  Mi farà piacere.

CONTE  Aspettate. Oh ch'ho perduto il segno. La troverò... (cerca la carta)

CANDIDA  Voi che leggete de' buoni libri amate di sentir delle favole? (a Gertruda)

GELTRUDA  Perché no? Se sono scritte con sale, istruiscono, e divertono infinitamente.

CONTE  Oh, l'ho trovata. Sentite...

CRESPINO  (Maledetto! legge le favole!) (pesta forte)

CONTE  Oh principiate a battere? (a Crespino)

CRESPINO  Non vol che li metta li soprattacchi? (al Conte, e batte)

TIMOTEO  (torna a pestar forte nel mortaio)

CONTE  Ecco qui quest'altro canchero che viene a pestar di nuovo. La volete finire? (a Timoteo)

TIMOTEO  Signore io faccio il mio mestiere. (pesta)

CONTE  Sentite. «Eravi una donzella di tal bellezza...». (a Gertruda) Ma quietatevi, o andate a pestare in un altro luogo. (a Timoteo)

TIMOTEO  Signore, mi scusi. Io pago la mia pigione, e non ho miglior luogo di questo. (pesta)

CONTE  Eh andate al diavolo con questo maledetto mortaio. Non si può leggere, non si può resistere. Signora Geltruda verrò da voi. Sentirete che pezzo, che robba, che novità. (batte sul libro, ed entra in casa di Gertruda)

GELTRUDA  È un poco troppo ardito questo signor speziale. Andiamo a ricevere il signor Conte. (a Candida)

CANDIDA  Andate pure, sapete che le favole non mi divertono.

GELTRUDA  Non importa, venite, che la convenienza lo vuole.

CANDIDA  Oh questo signor Conte! (con sprezzo)

GELTRUDA  Nipote mia; rispettate, se volete essere rispettata. Andiamo via.

CANDIDA  Sì sì verrò per compiacervi. (s'alza per andarvi)

SCENA QUARTA

EVARISTO e SUSANNA escono dalla bottega, CANDIDA, SUSANNA e detti.

CANDIDA  Come! Ancora qui il signor Evaristo! Non è andato alla caccia? Son ben curiosa di sapere il perché. (osserva in dietro)

SUSANNA  La non si lagni di me, perché le assicuro che le ho dato il ventaglio a buonissimo prezzo. (a Evaristo)

EVARISTO  (Non v'è più la signora Candida!) Mi dispiace che non sia qualche cosa di meglio.

SUSANNA  Non ne ho né di meglio, né di peggio: questo è il solo, questo è l'ultimo che m'era restato in bottega.

EVARISTO  Benissimo mi converrà valermi di questo.

SUSANNA  M'immagino che ne vorrà fare un presente. (ridendo)

EVARISTO  Certo ch'io non l'avrò comprato per me.

SUSANNA  Alla signora Candida?

EVARISTO  (È un poco troppo curiosa la signora Susanna). Perché credete voi, ch'io voglia darlo alla signora Candida?

SUSANNA  Perché ho veduto che si è rotto il suo.

EVARISTO  No, no il ventaglio l'ho disposto diversamente.

SUSANNA  Bene bene lo dia a chi vuole. Io non cerco i fatti degl'altri. (ride e lavora)

EVARISTO  (Non li cerca ma li vuol sapere. Questa volta però, non l'è andata fatta). (si accosta a Giannina)

CANDIDA  Gran segreti colla merciaia. Sarei bene curiosa di sapere qualche cosa. (s'avanza un poco)

EVARISTO  Giannina. (piano accostandosi a lei)

GIANNINA  Signore. (sedendo e lavorando)

EVARISTO  Vorrei pregarvi d'una finezza.

GIANNINA  Oh cosa dice! comandi se la posso servire.

EVARISTO  So che la signora Candida ha dell'amore per voi.

GIANNINA  Sì signor per sua grazia.

EVARISTO  Anzi m'ha ella parlato, perché m'interessi presso di vostro fratello.

GIANNINA  Ma è una gran disgrazia la mia! Sono restata senza padre, e senza madre, e mi tocca essere soggetta ad un fratello, ch'è una bestia, signore, è veramente una bestia. (fila con sdegno)

EVARISTO  Ascoltatemi.

GIANNINA  Parli pure che il filare non mi tura l'orecchie. (altiera, filando)

EVARISTO  (Suo fratello è stravagante, ma ha anche ella il suo merito mi pare). (ironico)

SUSANNA  (Che avesse comprato il ventaglio per Giannina, non credo mai).

CORONATO e CRESPINO:  (mostrano curiosità di sentir quel che dice Evaristo a Giannina, ed allungano il collo per sentire)

CANDIDA  (Interessi colla merciaia, interessi con Giannina! non capisco niente). (si avanza sulla terrazza)

EVARISTO  Posso pregarvi di una finezza? (a Giannina)

GIANNINA  Non le ho detto di sì? Non le ho detto che mi comandi? Se la rocca le dà fastidio, la butterò via. (s'alza, e getta la rocca con dispetto)

EVARISTO  (Quasi quasi non direi altro, ma ho bisogno di lei).

CANDIDA  (Cosa sono mai queste smanie?)

CRESPINO  (Getta via la rocca?) (colla scarpa e martello in mano s'alza e s'avanza un poco)

CORONATO  (Mi pare che si riscaldino col discorso!) (col libro s'alza e s'avanza un poco)

SUSANNA  (Se le facesse un presente non andrebbe in collera). (osservando)

GIANNINA  Via eccomi qua mi comandi. (ad Evaristo)

EVARISTO  Siate buona, Giannina.

GIANNINA  Io non so d'essere mai stata cattiva.

EVARISTO  Sapete che la signora Candida ha rotto il ventaglio?

GIANNINA  Signor sì. (col muso duro)

EVARISTO  Ne ho comprato uno dalla merciaia.

GIANNINA  Ha fatto bene. (come sopra)

EVARISTO  Ma non vorrei lo sapesse la signora Geltruda.

GIANNINA  Ha ragione. (come sopra)

EVARISTO  E vorrei che voi glie lo deste secretamente.

GIANNINA  Non lo posso servire. (come sopra)

EVARISTO  (Che risposta villana!)

CANDIDA  (Mi dà ad intendere che va alla caccia, e si ferma qui).

CRESPINO  (Quanto pagherei sentire!) (s'avanza e mostra di lavorare)

CORONATO  (Sempre più mi cresce la curiosità). (s'avanza, fingendo sempre di conteggiare)

EVARISTO  Perché non volete farmi questo piacere? (a Giannina)

GIANNINA  Perché non ho ancora imparato questo bel mestiere.

EVARISTO  Voi prendete la cosa sinistramente.

La signora Candida ha tanto amore per voi.

GIANNINA  È vero ma in queste cose...

EVARISTO  Mi ha detto che vorreste maritarvi a Crespino... (dicendo così si volta, e vede li due che ascoltano) Che fate voi altri? Che baronata è questa?

CRESPINO  Io lavoro, signore. (torna a sedere)

CORONATO  Non posso scrivere, e passeggiare? (torna a sedere)

CANDIDA  (Hanno dei segreti importanti).

SUSANNA  (Che diavolo ha costei, che tutti gl'uomini le corrono dietro?)

GIANNINA  Se non ha altro da dirmi, torno a prendere la mia rocca.

EVARISTO  Sentite: mi ha pregato la signora Candida, acciò m'interessi per voi, per farvi avere delle doti, e acciò Crespino sia vostro marito.

GIANNINA  Vi ha pregato? (cangia tuono, e getta via la rocca)

EVARISTO  Sì, ed io sono impegnatissimo perché ciò segua.

GIANNINA  Dov'avete il ventaglio?

EVARISTO  L'ho qui in tasca.

GIANNINA  Date qui, date qui, ma che nessuno veda.

EVARISTO  Eccolo. (glie lo dà di nascosto)

CRESPINO  (Le dà qualche cosa). (tirando il collo)

CORONATO  (Cosa mai le ha dato?) (tirando il collo)

SUSANNA  (Assolutamente le ha donato il ventaglio).

CANDIDA  (Ah sì, Evaristo mi tradisce. Il Conte ha detto la verità).

EVARISTO  Ma vi raccomando la segretezza. (a Giannina)

GIANNINA  Lasci far a me, e non dubiti niente.

EVARISTO  Addio.

GIANNINA  A buon riverirla.

EVARISTO  Mi raccomando a voi.

GIANNINA  Ed io a lei. (riprende la rocca, siede e fila)

EVARISTO  (vuol partire, si volta e vede Candida sulla terrazza) (Oh, eccola un'altra volta sulla terrazza. Se potessi prevenirla!)  (guarda intorno, e le vuol parlare) Signora Candida?

CANDIDA  (gli volta le spalle, e parte senza rispondere)

EVARISTO  Che vuol dir questa novità? Sarebbe mai un disprezzo? Non è possibile... So che mi ama, ed è sicura che io l'adoro. Ma pure... Capisco ora cosa sarà. Sua zia l'avrà veduta, l'avrà osservata, non avrà voluto mostrare presso di lei... Sì sì, è così, non può essere diversamente. Ma bisogna rompere questo silenzio, bisogna parlare alla signora Geltruda, ed ottenere da lei il prezioso dono di sua nipote. (via)

GIANNINA  In verità sono obbligata alla signora Candida che si ricorda di me. Posso far meno per lei? Fra noi altre fanciulle sono piaceri che si fanno, e che si cambiano senza malizia. (filando)

CORONATO  (s'alza, e s'accosta a Giannina) Grand'interessi, gran segreti col signor Evaristo!

GIANNINA  E cosa c'entrate voi? e cosa deve premere a voi?

CORONATO  Se non mi premesse non parlerei.

CRESPINO  (s'alza pian piano dietro Coronato per ascoltare)

GIANNINA  Voi non siete niente del mio, e non avete alcun potere sopra di me.

CORONATO  Se non sono ora niente del vostro, lo sarò quanto prima.

GIANNINA  Chi l'ha detto? (con forza)

CORONATO  L'ha detto e l'ha promesso, e mi ha data parola, chi può darla, e chi può disporre di voi.

GIANNINA  Mio fratello forse... (ridendo)

CORONATO  Sì vostro fratello, e gli dirò i segreti, le confidenze, i regali...

CRESPINO  Alto alto padron mio! (entra fra li due) Che pretensione avete voi sopra questa ragazza?

CORONATO  A voi non deggio rendere questi conti.

CRESPINO  E voi che confidenza avete col signor Evaristo? (a Giannina)

GIANNINA  Lasciatemi star tutti due, e non mi rompete la testa.

CRESPINO  Voglio saperlo assolutamente. (a Giannina)

CORONATO  Cos'è questo voglio? Andate a comandare a chi v'appartiene. Giannina m'è stata promessa da suo fratello.

CRESPINO  Ed io ho la parola da lei, e val più una parola della sorella che cento parole di suo fratello.

CORONATO  Su questo ci toccheremo la mano. (a Crespino)

CRESPINO  Cosa vi ha dato il signor Evaristo? (a Giannina)

GIANNINA  Un diavolo che vi porti.

CORONATO  Eh ora ora. L'ho veduto sortire dalla merciaia. La merciaia me lo dirà. (corre da Susanna)

CRESPINO  Che abbia comprato qualche galanteria? (va alla medesima)

GIANNINA  (Oh, io non dico niente sicuro... Non vorrei che Susanna...)

CORONATO  Ditemi in grazia. Che cosa ha comprato da voi il signor Evaristo? (a Susanna)

SUSANNA  Un ventaglio. (ridendo)

CRESPINO  Sapete voi che cosa ha donato a Giannina?

SUSANNA  Oh bella! Il ventaglio. (ridendo)

GIANNINA  Non è vero niente. (contro Susanna)

SUSANNA  Come non è vero niente? (a Giannina, alzandosi)

CORONATO  Lasciate veder quel ventaglio. (a Giannina, con forza)

CRESPINO  Voi non c'entrate. (dà una spinta a Coronato) Voglio veder quel ventaglio. (a Giannina)

CORONATO  (alza la mano, e minaccia Crespino)

CRESPINO  (lo stesso)

GIANNINA  Per causa vostra. (a Susanna)

SUSANNA  Per causa mia? (a Giannina, con sdegno)

GIANNINA  Siete una pettegola.

SUSANNA  A me pettegola? (s'avanza minacciando)

GIANNINA  Alla larga che giuro al Cielo... (alza la rocca)

SUSANNA  Vado via perché ci perdo del mio. (ritirandosi)

GIANNINA  Ci perde del suo?

SUSANNA  Siete una contadina, trattate da quella che siete. (corre via in bottega)

GIANNINA  (vorrebbe seguitarla. Crespino la trattiene) Lasciatemi stare.

CRESPINO  Lasciatemi vedere il ventaglio. (con forza)

GIANNINA  Io non ho ventaglio.

CORONATO  Cosa vi ha dato il signor Evaristo? (a Giannina)

GIANNINA  Vi dico ch'è un'impertinenza la vostra. (a Coronato)

CORONATO  Voglio saperlo. (si accosta a Giannina)

CRESPINO  Non tocca a voi vi dico. (lo rispinge)

GIANNINA  Non si tratta così colle fanciulle onorate. (s'accosta alla sua casa)

CRESPINO  Ditelo a me Giannina. (accostandosi a lei)

GIANNINA  Signor no. (s'accosta di più alla sua porta)

CORONATO  Io, io ho da saperlo. (rispinge Crispino, e s'accosta a Giannina)

GIANNINA  Andate al diavolo. (entra in casa, e li serra la porta in faccia)

CORONATO  A me quest'affronto? (a Crespino) Per causa vostra. (minacciandolo)

CRESPINO  Voi siete un impertinente.

CORONATO  Non mi fate riscaldare il sangue. (minacciandosi)

CRESPINO  Non ho paura di voi. (minacciandosi)

CORONATO  Giannina dev'esser mia. (con forza)

CRESPINO  No, non lo sarà mai. E se questo fosse, giuro al Cielo...

CORONATO  Cosa sono queste minaccie? Con chi credete di aver che fare?

CRESPINO  Io sono un galantuomo, e son conosciuto.

CORONATO  Ed io cosa sono?

CRESPINO  Non so niente.

CORONATO  Sono un oste onorato.

CRESPINO  Onorato?

CORONATO  Come! ci avreste voi qualche dubbio?

CRESPINO  Non sono io che lo mette in dubbio.

CORONATO  E chi dunque?

CRESPINO  Tutto questo villaggio.

CORONATO  Eh amico non è di me che si parla. Io non vendo il cuoio vecchio per il cuoio nuovo.

CRESPINO  Né io vendo l'acqua per vino, né la pecora per castrato, né vado di notte a rubbar i gatti per venderli o per agnelli, o per lepre.

CORONATO  Giuro al Cielo... (alza la mano)

CRESPINO  Ehi!... (fa lo stesso)

CORONATO  Corpo di bacco! (mette la mano in tasca)

CRESPINO  La mano in tasca! (corre al banchetto per qualche ferro)

CORONATO  Non ho coltello... (corre, e prende la sua banchetta)

CRESPINO  (lasciai ferri e prende un seggiolone dello speciale, e si vogliono dare)

SCENA QUINTA

TIMOTEO, SCAVEZZO e detti

TIMOTEO  (dalla sua bottega, col pisteto in mano)

LIMONCINO  (dal caffè, con un legno)

SCAVEZZO (dall'osteria, con uno spiedo)

CONTE  (dall casa di Gertruda, per dividere) Alto, alto, fermatevi, ve lo comando. Sono io, bestie, sono il conte di Roccamonte; ehi bestie, fermatevi, ve lo comando. (temendo però di buscare)

CRESPINO  Hai ragione che porto rispetto al signor Conte. (a Coronato)

CORONATO  Sì, ringrazia il signor Conte, altrimenti t'avrei fracassato l'ossa.

CONTE  Animo, animo, basta così. Voglio saper la contesa. Andate via voi altri. Ci sono io, e non c'è bisogno di nessuno.

TIMOTEO  C'è alcuno che sia ferito? (Limoncino e Scavezzo partono)

CONTE  Voi vorreste che si avessero rotto il capo, scavezzate le gambe, slogato un braccio, non è egli vero? Per avere occasione di esercitare il vostro talento, la vostra abilità.

TIMOTEO  Io non cerco il mal di nessuno, ma se avessero bisogno, se fossero feriti, storpiati, fracassati, li servirei volentieri. Sopra tutti servirei di cuore in uno di questi casi V. S. illustrissima.

CONTE  Sei un temerario, ti farò mandar via.

TIMOTEO  I galantuomini non si mandano via così facilmente.

CONTE  Si mandano via i speciali ignoranti, temerari, impostori, come voi siete.

TIMOTEO  Mi maraviglio, ch'ella parli così, signore; ella che senza le mie pillole sarebbe morto.

CONTE  Insolente!

TIMOTEO  E le pillole non me l'ha ancora pagate. (via)

CORONATO  (Il Conte in questo caso mi potrebbe giovare).

CONTE  Ebbene cosa è stato? cos'avete? qual è il motivo della vostra contesa?

CRESPINO  Dirò, signore... Non ho riguardo di dirlo in faccia di tutto il mondo... Amo Giannina...

CORONATO  E Giannina dev'esser mia.

CONTE  Ah, ah ho capito. Guerra amorosa. Due campioni di Cupido. Due valorosi rivali. Due pretendenti della bella Venere, della bella dea delle Case nove. (ridendo)

CRESPINO  Se ella crede di volermi porre in ridicolo... (vuol partire)

CONTE  No. Venite qui. (lo ferma)

CORONATO  La cosa è seriosa, glie l'assicuro.

CONTE  Sì lo credo. Siete amanti, e siete rivali. Cospetto di bacco! guardate le combinazioni! Pare la favola ch'ho letto alla signora Geltruda. (mostrando il libro, e legge) «Eravi una donzella d'una bellezza sì rara...»

CRESPINO  (Ho capito). Con sua licenza.

CONTE  Dov'andate? Venite qui.

CRESPINO  Se mi permette, vado a terminar di accomodare le sue scarpe.

CONTE  Oh sì, andate che siano finite per domattina.

CORONATO  E sopra tutto che non siano accomodate col cuoio vecchio.

CRESPINO  Verrò da voi per avere del cuoio nuovo.

CORONATO  Per grazia del Cielo, io non faccio né il ciabattino, né il calzolaro.

CRESPINO  Non importa, mi darete della pelle di cavallo, della pelle di gatto.

CORONATO  (Certo colui ha da morire per le mie mani).

CONTE  Che ha detto di gatti? Ci fareste voi mangiare del gatto?

CORONATO  Signore, io sono un galantuomo, e colui è un impertinente, che mi perseguita a torto.

CONTE  Questo è un effetto della passione, della rivalità. Siete voi dunque amante di Giannina?

CORONATO  Sì signore, ed anzi voleva raccomandarmi alla di lei protezione.

CONTE  Alla mia protezione? (con aria) Bene si vedrà. Siete voi sicuro ch'ella vi corrisponda?

CORONATO  Veramente dubito, ch'ella sia portata più per colui, che per me.

CONTE  Male.

CORONATO  Ma io ho la parola di suo fratello.

CONTE  Non è da fidarsene molto.

CORONATO  Moracchio me l'ha promessa sicuramente.

CONTE  Questo va bene, ma non si può violentare una donna. (con forza)

CORONATO  Suo fratello può disporre di lei.

CONTE  Non è vero: il fratello non può disporre di lei. (con caldo)

CORONATO  Ma la di lei protezione...

CONTE  La mia protezione è bella e buona; la mia protezione è valevole; la mia protezione è potente. Ma un cavaliere, come son io, non arbitra, e non dispone del cuor di una donna.

CORONATO  Finalmente è una contadina.

CONTE  Che importa questo? La donna è sempre donna; distinguo i gradi, le condizioni, ma in massima rispetto il sesso.

CORONATO  (Ho capito la sua protezione non val niente).

CONTE  Come state di vino? Ne avete provveduto di buono?

CORONATO  Ne ho del perfetto, dell'ottimo, dell'esquisito.

CONTE  Verrò a sentirlo. Il mio quest'anno è riuscito male.

CORONATO  (Son due anni che l'ha venduto).

CONTE  Se il vostro è buono mi provvederò da voi.

CORONATO  (Non mi curo di questo vantaggio).

CONTE  Avete capito?

CORONATO  Ho capito.

CONTE  Ditemi una cosa. S'io parlassi alla giovane, e con buona maniera la disponessi?

CORONATO  Le sue parole potrebbero forse oprar qualche cosa in mio vantaggio.

CONTE  Voi finalmente meritate d'essere preferito.

CORONATO  Mi parrebbe che da me a Crespino...

CONTE  Oh, non vi è paragone. Un uomo come voi, proprio, civile, galantuomo...

CORONATO  Ella ha troppo bontà per me.

CONTE  E poi rispetto alle donne, è vero, ma appunto per questo trattandole, com'io le tratto, vi assicuro che fanno per me quel che non farebbero per nessuno.

CORONATO  Questo è quello che pensavo anch'io, ma ella mi voleva disperare.

CONTE  Io faccio, come quegli avvocati che principiano dalle difficoltà. Amico, voi siete un uomo che ha una buona osteria, che può mantenere una moglie con proprietà, fidatevi di me, mi voglio interessare per voi.

CORONATO  Mi raccomando alla sua protezione.

CONTE  Ve l'accordo, e ve la prometto.

CORONATO  Se volesse darsi l'incomodo di venir a sentir il mio vino...

CONTE  Ben volentieri. In casa vostra non vi ho alcuna difficoltà.

CORONATO  Resti servita.

CONTE  Buon galantuomo! (gli mette la mano sulla spalla) Andiamo. (entra)

CORONATO  Due o tre barili di vino non saranno mal impiegati.

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

SUSANNA sola, ch'esce dalla bottega, e accomoda la roba della mostra.

SUSANNA  Gran poche faccende si fanno in questo villaggio! Non ho venduto che un ventaglio fin ora, ed anche l'ho dato ad un prezzo... Veramente per disfarmene. Le persone che ponno spendere, vanno alla città a provvedersi. Dai poveri vi è poco da guadagnare. Sono una gran pazza a perdere qui il mio tempo; e poi in mezzo a questi villani senza convenienza, senza rispetto, non fanno differenza da una mercante merciaia a quelle che vendono il latte, l'insalata, e le ova. L'educazione ch'io ho avuta alla città non mi val niente in questa campagna. Tutte eguali, e tutti compagni: Susanna, Giannina, Margherita, Lucia, la mercante, la capraia, la contadina; si fa d'ogni erba un fascio. Si distinguono un poco queste due signore, ma poco v'è; poco pochissimo. Quell'impertinente di Giannina poi, perché ha un poco di protezione, si crede di essere qualche cosa di grande. Gli hanno donato un ventaglio! Cosa vuol fare una contadina di quel ventaglio? Oh, farà la bella figura! Si farà fresco... la... così... Oh, che ti venga del bene! Sono cose da ridere; ma cose che qualche volta mi fan venire la rabbia. Son così, io che sono allevata civilmente, non posso soffrire le male grazie. (siede e lavora)

SCENA SECONDA

CANDIDA, ch'esce dal palazzino, e detta

CANDIDA  Non son quieta, se non vengo in chiaro di qualche cosa. Ho veduto Evaristo sortire dalla merciaia, e poi andar da Giannina, e qualche cosa sicuramente le ha dato. Vo' veder se Susanna sa dirmi niente. Dice bene mia zia, non bisogna fidarsi delle persone, senza bene conoscerle. Povera me! Se lo trovassi infedele! È il mio primo amore. Non ho amato altri che lui. (a poco a poco s'avanza verso Susanna)

SUSANNA  Oh signora Candida, serva umilissima.(si alza)

CANDIDA  Buon giorno, signora Susanna che cosa lavorate di bello?

SUSANNA  Mi diverto, metto assieme una cuffia.

CANDIDA  Per vendere?

SUSANNA  Per vendere, ma il Cielo sa quando.

CANDIDA  Può essere, ch'io abbia bisogno d'una cuffia da notte.

SUSANNA  Ne ho di fatti. Vuol restar servita?

CANDIDA  No no, c'è tempo, un'altra volta.

SUSANNA  Vuol accomodarsi qui un poco? (le offre la sedia)

CANDIDA  E voi?

SUSANNA  Oh, io prenderò un'altra sedia. (entra in bottega e piglia una sedia di paglia) S'accomodi qui che starà meglio.

CANDIDA  Sedete anche voi, lavorate. (siede)

SUSANNA  Mi fa grazia a degnarsi della mia compagnia. (siede) Si vede ch'è nata bene. Chi è ben nato si degna di tutti. E questi villani sono superbi come luciferi, e quella Giannina poi...

CANDIDA  A proposito di Giannina, avete osservato quando le parlava il signor Evaristo?

SUSANNA  Se ho osservato? e come!

CANDIDA  Ha avuto una lunga conferenza con lei.

SUSANNA  Sa dopo cosa è succeduto? Sa la baruffa ch'è stata?

CANDIDA  Ho sentito uno strepito, una contesa. Mi hanno detto che Coronato e Crespino si volevano dare.

SUSANNA  Certo, e per causa di quella bella grazia, di quella gioia.

CANDIDA  Ma perché?

SUSANNA  Per gelosia fra di loro, per gelosia del signor Evaristo.

CANDIDA  Credete voi che il signor Evaristo abbia qualche attacco con Giannina?

SUSANNA  Io non so niente, non bado ai fatti degli altri, e non penso mal di nessuno, ma l'oste, e il calzolaio se sono gelosi di lui, avranno le loro ragioni.

CANDIDA  (Povera me! L'argomento è troppo vero in mio danno!)

SUSANNA  Perdoni, non vorrei commettere qualche fallo.

CANDIDA  A proposito di che?

SUSANNA  Non vorrei, ch'ella avesse qualche parzialità per il signor Evaristo...

CANDIDA  Oh io! non ce n'ho nessuna. Lo conosco, perché viene qualche volta in casa; è amico di mia zia.

SUSANNA  Le dirò la verità. (Non credo, ch'ella si potrà offendere di questo). Credeva quasi che fra lei ed il signor Evaristo vi fosse qualche buona corrispondenza... lecita e onesta, ma dopo ch'è stato da me questa mattina, mi sono affatto disingannata.

CANDIDA  È stato da voi questa mattina?

SUSANNA  Sì signora, le dirò... È venuto a comprar un ventaglio.

CANDIDA  Ha comprato un ventaglio? (con premura)

SUSANNA  Sì certo, e come io aveva veduto, ch'ella aveva rotto il suo, quasi per causa di quel signore, dissi subito fra me: lo comprerà per darlo alla signora Candida...

CANDIDA  L'ha dunque comprato per me?

SUSANNA  Oh signora no; anzi le dirò che ho avuto la temerità di domandarglielo, se lo comprava per lei. In verità mi ha risposto in una maniera, come se io l'avessi offeso; non tocca a me, dice, cosa c'entro io colla signora Candida? L'ho destinato altrimenti.

CANDIDA  E che cosa ha fatto di quel ventaglio?

SUSANNA  Cosa ne ha fatto? L'ha regalato a Giannina.

CANDIDA  (Ah, son perduta, son disperata!) (agitandosi)

SUSANNA  Signora Candida. (osservando la sua inquietudine)

CANDIDA  (Ingrato! Infedele! E perché? per una villana?)

SUSANNA  Signora Candida. (con premura)

CANDIDA  (L'offesa è insopportabile).

SUSANNA  (Povera me l'ho fatta!) Signora s'acquieti la cosa non sarà così.

CANDIDA  Credete voi, ch'egli abbia dato a Giannina il ventaglio?

SUSANNA  Oh, in quanto a questo l'ho veduto io con questi occhi.

CANDIDA  E cosa dunque mi dite che non sarà?

SUSANNA  Non so... non vorrei vederla per causa mia...

SCENA TERZA

GELTRUDA sulla porta del palazzino.

SUSANNA  Oh, ecco la sua signora zia. (a Candida)

CANDIDA  Per amor del cielo, non dite niente. (a Susanna)

SUSANNA  Non v'è pericolo. (E voleva dirmi di no. Suo danno, perché non dirmi la verità?)

GELTRUDA  Che fate qui nipote? (Candida e Susanna si alzano)

SUSANNA  È qui a favorirmi, a tenermi un poco di compagnia.

CANDIDA  Son venuta a vedere se ha una cuffia da notte.

SUSANNA  Sì è vero, me l'ha domandata. Oh, non dubiti niente, che con me può esser sicura. Non sono una frasca, e in casa mia non vien nessuno.

GELTRUDA  Non vi giustificate fuor di proposito signora Susanna.

SUSANNA  Oh io sono assai dilicata signora.

GELTRUDA  Perché non dirlo a me se avete bisogno d'una cuffia?

CANDIDA  Voi eravate nel vostro gabinetto a scrivere; non ho voluto sturbarvi.

SUSANNA  Vuol vederla? La vado a prendere. S'accomodi qui, favorisca. (dà la sua sedia a Geltruda, ed entra in bottega)

GELTRUDA  Avete saputo niente di quella contesa ch'è stata qui fra l'oste, ed il calzolaio? (a Candida, e siede)

CANDIDA  Dicono per amore, (siede) per gelosie. Dicono che sia stata causa Giannina.

GELTRUDA  Mi dispiace, perché è una buona ragazza.

CANDIDA  Oh signora zia scusatemi, ho sentito delle cose di lei che sarà bene che non la facciamo più venire per casa.

GELTRUDA  Perché? cosa hanno detto?

CANDIDA  Vi racconterò poi. Fate a modo mio signora, non la ricevete più che farete bene.

GELTRUDA  Siccome ella veniva più da voi che da me, vi lascio in libertà di trattarla, come volete.

CANDIDA  (Indegna! Non avrà più l'ardire di comparirmi dinnanzi).

SUSANNA  (che torna) Ecco le cuffie signora, guardi, scelga, e si soddisfi. (tutte e tre si occupano alla scelta delle cuffie, e parlano piano tra loro)

SCENA QUARTA

Il CONTE ed il BARONE escono insieme dall'osteria.

CONTE  Ho piacere che mi abbiate fatto la confidenza. Lasciatevi servire da me, e non dubitate.

BARONE  So che siete amico della signora Geltruda.

CONTE  Oh amico vi dirò. Ella è una donna che ha qualche talento, io amo la letteratura, mi diverto con lei più volentieri che con un'altra. Del resto poi ella è una povera cittadina. Suo marito le ha lasciato quella casuppola con qualche pezzo di terra, e per essere rispettata in questo villaggio ha bisogno della mia protezione.

BARONE  Viva il signor Conte, che protegge le vedove, che protegge le belle donne.

CONTE  Che volete? A questo mondo bisogna essere buoni da qualche cosa.

BARONE  Mi farete dunque il piacere...

CONTE  Non dubitate, le parlerò, le domanderò la nipote per un cavaliere mio amico; e quando gliela dimando io son sicuro che non avrà ardire, che non avrà coraggio di dire di no.

BARONE  Ditele chi sono.

CONTE  Che serve? Quando gliela domando io.

BARONE  Ma la domandate per me?

CONTE  Per voi.

BARONE  Sapete voi bene chi sono?

CONTE  Non volete che io vi conosca? Non volete che io sappia i vostri titoli, le vostre facoltà, i vostri impieghi? Eh fra noi altri titolati ci conosciamo.

BARONE  (Oh come me lo goderei, se non avessi bisogno di lui!)

CONTE  Oh, collega amatissimo... (con premura)

BARONE  Cosa c'è?

CONTE  Ecco la signora Geltruda con sua nipote.

BARONE  Sono occupate, credo che non ci abbiano veduto.

CONTE  No certo. Se Geltruda mi avesse veduto, si sarebbe mossa immediatamente.

BARONE  Quando le parlerete?

CONTE  Subito se volete.

BARONE  Non è bene che io ci sia. Parlatele, io anderò a trattenermi dallo speciale.

CONTE  Perché dallo speciale?

BARONE  Ho bisogno di un poco di reobarbaro per la digestione.

CONTE  Del reobarbaro? Vi darà della radica di sambuco.

BARONE  No no lo conosco. Se non sarà buono non lo prenderò. Mi raccomando a voi.

CONTE  Collega amatissimo. (lo abbraccia)

BARONE  Addio collega carissimo. (È il più bel pazzo di questo mondo). (entra nella bottega dello speziale)

CONTE  Signora Geltruda. (chiama forte)

GELTRUDA  Oh, signor Conte, perdoni, non l'aveva veduta. (si alza)

CONTE  Una parola in grazia.

SUSANNA  Favorisca se comanda si servi qui; è padrone.

CONTE  No no; ho qualche cosa da dirvi segretamente. Scusate l'incomodo, ma vi prego di venir qui. (a Geltruda)

GELTRUDA  La servo subito. Mi permetta di pagar una cuffia che abbiamo preso, e sono da lei. (tira fuori la borsa per pagare Susanna, e per tirare in lungo)

CONTE  Vuol pagar subito! questo vizio io non l'ho mai avuto.

SCENA QUINTA

CORONATO esce dall'osteria con SCAVEZZO, che porta un barile di vino in spalla.

CORONATO  Illustrissimo questo è un barile che viene a lei.

CONTE  E l'altro?

CORONATO  Dopo questo si porterà l'altro; dove vuol che si porti?

CONTE  Al mio palazzo.

CORONATO  A chi vuole che si consegni?

CONTE  Al mio fattore, se c'è.

CORONATO  Ho paura che non vi sarà.

CONTE  Consegnatelo a qualcheduno.

CORONATO  Benissimo, andiamo.

SCAVEZZO  Mi darà poi la buona mano il signor Conte.

CONTE  Bada bene a non bever il vino, e non vi metter dell'acqua. Non lo lasciate andar solo. (a Coronato)

CORONATO  Non dubiti, non dubiti, ci sono anch'io. (via)

SCAVEZZO  (Sì sì non dubiti che fra io ed il padrone, l'abbiamo accomodato a quest'ora). (via)

GELTRUDA  (ha pagato, e si avanza verso il Conte. Susanna siede e lavora. Candida resta a sedere, e pralano piano fra di loro) Eccomi da lei signor Conte. Cosa mi comanda?

CONTE  In poche parole. Mi volete dar vostra nipote?

GELTRUDA  Dare? Cosa intendete per questo dare?

CONTE  Diavolo! non capite? In matrimonio.

GELTRUDA  A lei?

CONTE  Non a me, ma a una persona che conosco io, e che vi propongo io.

GELTRUDA  Le dirò signor Conte, ella sa che mia nipote ha perduto i suoi genitori, e ch'essendo figliuola d'un unico mio fratello, mi sono io caricata di tenerle luogo di madre.

CONTE  Tutti questi, compatitemi sono discorsi inutili.

GELTRUDA  Mi perdoni. Mi lasci venire al proposito della sua proposizione.

CONTE  Bene, e così?

GELTRUDA  Candida non ha ereditato dal padre tanto che basti per maritarla secondo la sua condizione.

CONTE  Non importa, non vi è questione di ciò.

GELTRUDA  Ma mi lasci dire. Io sono stata beneficata da mio marito.

CONTE  Lo so.

GELTRUDA  Non ho figliuoli...

CONTE  E voi le darete una dote... (impaziente)

GELTRUDA  Sì signore, quando il partito le convenirà.(con caldo)

CONTE  Oh ecco il proposito necessario. Lo propongo io, e quando lo propongo io, le convenirà.

GELTRUDA  Son certa che il signor Conte non è capace che di proporre un soggetto accettabile, ma spero che mi farà l'onore di dirmi, chi è.

CONTE  È un mio collega.

GELTRUDA  Come? Un suo collega?

CONTE  Un titolato, come son io.

GELTRUDA  Signore...

CONTE  Non ci mettete difficoltà.

GELTRUDA  Mi lasci dire se vuole; e se non vuole gli leverò l'incomodo, e me n'anderò.

CONTE  Via via siate buona; parlate, vi ascolterò. Colle donne sono civile, sono compiacente; vi ascolterò.

GELTRUDA  In poche parole le dico il mio sentimento. Un titolo di nobiltà fa il merito di una casa, ma non quello di una persona. Non credo mia nipote ambiziosa, né io lo sono per sacrificarla all'idolo della vanità.

CONTE  Eh si vede che voi avete letto le favole.

GELTRUDA  Questi sentimenti non s'imparano né dalle favole, né dalle storie. La natura gl'ispira, e l'educazione li coltiva.

CONTE  La natura, la coltivazione, tutto quel che volete. Quello ch'io vi propongo è il barone del Cedro.

GELTRUDA  Il signor Barone è innamorato di mia nipote?

CONTE  Oui madame.

GELTRUDA  Lo conosco, ed ho tutto il rispetto per lui.

CONTE  Vedete che pezzo ch'io vi propongo?

GELTRUDA  È un cavaliere di merito...

CONTE  È mio collega.

GELTRUDA  È un poco franco di lingua, ma non c'è male.

CONTE  Animo dunque. Cosa mi rispondete?

GELTRUDA  Adagio, adagio, signor Conte, non si decidono queste cose così sul momento. Il signor Barone avrà la bontà di parlare con me...

CONTE  Quando lo dico io, scusatemi, non si mette in dubbio, io ve la domando per parte sua, e si è raccomandato, e mi ha pregato, e mi ha supplicato, ed io vi parlo, vi supplico, non vi supplico, ma ve la domando.

GELTRUDA  Supponiamo che il signor Barone dica davvero.

CONTE  Cospetto! Cos'è questo supponiamo? La cosa è certa; e quando lo dico io...

GELTRUDA  Via la cosa è certa. Il signor Barone la brama. Vossignoria la domanda. Bisogna bene, ch'io senta se Candida vi acconsente.

CONTE  Non lo saprà, se non glie lo dite.

GELTRUDA  Abbia la bontà di credere che glielo dirò.

CONTE  Eccola lì, parlatele.

GELTRUDA  Li parlerò.

CONTE  Andate, e vi aspetto qui.

GELTRUDA  Mi permetta, e sono da lei. (fa riverenza) (Se il Barone dicesse davvero, sarebbe una fortuna per mia nipote. Ma dubito, ch'ella sia prevenuta). (va verso la merciaia)

CONTE  Oh, io poi colla mia buona maniera faccio fare alle persone tutto quello che io voglio. (tira fuori un libro, si mette sulla banchetta, e legge)

GELTRUDA  Candida andiamo a fare due passi. Ho necessità di parlarvi.

SUSANNA  Se vogliono restar servite nel mio giardinetto, saranno in pienissima libertà. (si alzano)

GELTRUDA  Sì andiamo che sarà meglio, perché devo tornar qui subito. (entra in bottega)

CANDIDA  Cosa mai vorrà dirmi? Son troppo sfortunata, per aspettarmi alcuna consolazione. (entra in bottega)

CONTE  È capace di farmi star qui un'ora ad aspettarla. Manco male che ho questo libro che mi diverte. Gran bella cosa è la letteratura! Un uomo con un buon libro alla mano non è mai solo.(legge piano)

SCENA SESTA

GIANNINA di casa, ed il CONTE.

GIANNINA  Oh via, il desinare è preparato, quando verrà quell'animale di Moracchio non griderà. Nessuno mi vede; è meglio che vada ora a portar il ventaglio alla signora Candida. Se posso darglielo senza che la zia se ne accorga glielo do; se no aspetterò un altro incontro.

CONTE  Oh ecco Giannina. Ehi! quella giovine. (s'incammina al palazzino)

GIANNINA  Signore. (dove si trova, voltandosi)

CONTE  Una parola. (la chiama a sé)

GIANNINA  Ci mancava quest'impiccio ora. (si avanza bel bello

CONTE  (Non bisogna che io mi scordi di Coronato. Gli ho promesso la mia protezione, e la merita). (si alza e mette via il libro)

GIANNINA  Son qui, cosa mi comanda?

CONTE  Dove eravate indirizzata?

GIANNINA  A fare i fatti miei, signore. (rusticamente)

CONTE  Così mi rispondete? Con quest'audacia? con quest'impertinenza?

GIANNINA  Come vuol ch'io parli? Parlo come so, come sono avezza a parlare. Parlo così con tutti, e nessuno mi ha detto che sono una impertinente.

CONTE  Bisogna distinguere con chi si parla.

GIANNINA  Oh io non so altro distinguere. Se vuol qualche cosa, me lo dica; se vuol divertirsi, io non ho tempo da perdere con vossignoria...

CONTE  Illustrissima.

GIANNINA  E eccellentissima ancora se vuole.

CONTE  Venite qui.

GIANNINA  Son qui.

CONTE  Vi volete voi maritare?

GIANNINA  Signor sì.

CONTE  Brava, così mi piace.

GIANNINA  Oh io quel che ho in core ho in bocca.

CONTE  Volete che io vi mariti?

GIANNINA  Signor no.

CONTE  Come no?

GIANNINA  Come no? perché no. Perché per maritarmi non ho bisogno di lei.

CONTE  Non avete bisogno della mia protezione?

GIANNINA  No in verità, niente affatto. (ridendo dolcemente)

CONTE  Sapete voi quel che io posso in questo villaggio?

GIANNINA  Potrà tutto in questo villaggio, ma non può niente nel mio matrimonio.

CONTE  Non posso niente?

GIANNINA  Niente in verità, niente affatto.

CONTE  Voi siete innamorata in Crespino.

GIANNINA  Oh, per me ha dello spirito che mi basta.

CONTE  E lo preferite a quel galantuomo, a quell'uomo ricco, a quell'uomo di proposito di Coronato?

GIANNINA  Oh, lo preferirei bene ad altri che a Coronato.

CONTE  Lo preferireste a degli altri?

GIANNINA  Se sapesse a chi lo preferirei! (ridendo, ed a moti si spiega per lui)

CONTE  E a chi lo preferireste?

GIANNINA  Cosa serve? non mi faccia parlare.

CONTE  No, perché sareste capace di dire qualche insolenza.

GIANNINA  Comanda altro da me?

CONTE  Orsù io proteggo vostro fratello, vostro fratello ha dato parola per voi a Coronato, e voi dovete maritarvi con Coronato.

GIANNINA  Vossignoria...

CONTE  Illustrissima.

GIANNINA  Vossignoria illustrissima protegge mio fratello?

CONTE  Così è, sono impegnato.

GIANNINA  E mio fratello ha dato parola a Coronato?

CONTE  Sicuramente.

GIANNINA  Oh, quando è così...

CONTE  E bene?

GIANNINA  Mio fratello sposerà Coronato.

CONTE  Giuro al Cielo, Crespino non lo sposarete.

GIANNINA  No? perché?

CONTE  Lo farò mandar via di questo villaggio.

GIANNINA  Anderò a cercarlo dove sarà.

CONTE  Lo farò bastonare.

GIANNINA  Oh in questo ci penserà lui.

CONTE  Lo farò accoppare.

GIANNINA  Questo mi dispiacerebbe veramente.

CONTE  Cosa fareste s'egli fosse morto?

GIANNINA  Non so.

CONTE  Ne prendereste un altro?

GIANNINA  Potrebbe darsi di sì.

CONTE  Fate conto ch'egli sia morto.

GIANNINA  Signor non so né leggere, né scrivere, né far conti.

CONTE  Impertinente!

GIANNINA  Mi comanda altro?

CONTE  Andate al diavolo.

GIANNINA  M'insegni la strada.

CONTE  Giuro al cielo, se non foste una donna!

GIANNINA  Cosa mi farebbe?

CONTE  Andate via di qua.

GIANNINA  Subito l'obbedisco, e poi mi dirà ch'io non so le creanze. (s'incammina verso il palazzino)

CONTE  Creanze, creanze! Va via senza salutare. (sdegnato dietro a Giannina)

GIANNINA  Oh, perdoni. Serva di vossignoria...

CONTE  Illustrissima. (sdegnato)

GIANNINA  Illustrissima. (ridendo corre nel palazzino)

CONTE  Rustica progenies nescit habere modum. (sdegnato) Non so cosa fare, se non vuol Coronato, io non la posso obbligare; non ha mancato da me. Cosa si è messo in capo colui di voler una moglie che non lo vuole! Mancano donne al mondo? Glie ne troverò una io. Una meglio di questa. Vedrà, vedrà l'effetto della mia protezione.

SCENA SETTIMA

GELTRUDA e CANDIDA fuori dalla bottega della merciai, e detto.

CONTE  E così, signora Geltruda?

GELTRUDA  Signore, mia nipote è una giovane saggia e prudente.

CONTE  E così, alle corte.

GELTRUDA  Ma ella m'affatica in verità, signor Conte.

CONTE  Scusatemi; se sapeste quel ch'ho passato con una donna! è vero che un'altra donna... (Ma tutte donne!) E così cosa dice la saggia e prudente signora Candida?

GELTRUDA  Supposto che il signor Barone...

CONTE  Supposto, maledetti i vostri supposti!

GELTRUDA  Dato, concesso, assicurato, concluso, come comanda vossignoria.

CONTE  Illustrissima. (frà denti, da sé)

GELTRUDA  Signore. (domandandogli cosa ha detto)

CONTE  Niente niente, tirate innanzi.

GELTRUDA  Accordate le condizioni e le convenienze, mia nipote è contenta di sposare il signor Barone.

CONTE  Brava, bravissima. (a Candida) (Questa volta almeno ci sono riuscito).

CANDIDA  (Sì, per vendicarmi di quel perfido d'Evaristo).

GELTRUDA  (Non credeva, certo, ch'ella v'acconsentisse. Mi pareva impegnata in certo amoretto... ma mi sono ingannata).

SCENA OTTAVA

GIANNINA sulla terrazza, e detti.

GIANNINA  (Non c'è, non la trovo in nessun luogo). Oh, eccola lì.

CONTE  Così dunque la signora Candida sposerà il signor barone del Cedro.

GIANNINA  (Cosa sento? cosa risponderà?)

GELTRUDA  Ella lo farà quando le condizioni... (al Conte)

CONTE  Quali condizioni ci mettete voi? (a Candida)

CANDIDA  Nessuna, signore, lo sposerò in ogni modo. (al Conte)

CONTE  Viva la signora Candida, così mi piace. (Eh! quando mi meschio io negli affari, tutto va a meraviglia). (si pavoneggia)

GIANNINA  (Questa è una cosa terribile. Povero signor Evaristo! È inutile ch'io le dia il ventaglio).(via)

GELTRUDA  (Mi sono ingannata. Ella amava il Barone, ed io la credeva accesa del signor Evaristo).

CONTE  Se mi permette, vado a dare questa buona nuova al Barone, al mio caro amico, al mio caro collega.

GELTRUDA  E dov'è il signor Barone?

CONTE  Mi aspetta dallo speziale. Fate una cosa. Andate a casa; ed io ve lo conduco immediatamente.

GELTRUDA  Cosa dite nipote?

CANDIDA  Sì, parlerà con voi. (a Geltruda)

CONTE  E con voi. (a Candida)

CANDIDA  Mi rimetto a quello che farà la signora zia. (Morirò, ma morirò vendicata).

CONTE  Vado subito. Aspettateci. Verremo da voi... Come l'ora è un poco avanzata non sarebbe male che gli offeriste di tenerlo a pranzo.

GELTRUDA  Oh per la prima volta!

CONTE  Eh queste sono delicatezze superflue. L'accetterà volentieri, mi impegno io, e per obbligarlo ci resterò ancor io. (parte, ed entra dallo speziale)

GELTRUDA  Andiamo ad attenderli adunque. (a Candida)

CANDIDA  Andiamo. (malenconica)

GELTRUDA  Che cosa avete? Lo fate voi di buon animo? (a Candida)

CANDIDA  Sì, di buon animo. (Ho data la mia parola, non vi è rimedio).

GELTRUDA  (Povera fanciulla, la compatisco. In questi casi, (s'incammina verso il palazzino) malgrado l'amore, si sente sempre un poco di confusione). (come sopra)

SCENA NONA

GIANNINA dal palazzino, e CANDIDA.

GIANNINA  Oh signora Candida.

CANDIDA  Cosa fate voi qui? (in collera)

GIANNINA  Veniva in traccia di lei...

CANDIDA  Andate via, e in casa nostra non ardite più di mettervi il piede.

GIANNINA  Come! A me quest'affronto?

CANDIDA  Che affronto! Siete un'indegna, e non deggio, e non posso più tollerarvi. (entra nel palazzino)

GELTRUDA  (È un poco troppo veramente).

GIANNINA  (Io resto di sasso!) Signora Geltruda...

GELTRUDA  Mi dispiace della mortificazione che avete provata, ma mia nipote è una giovane di giudizio, e se vi ha trattata male, avrà le sue ragioni per farlo.

GIANNINA  Che ragioni può avere? Mi maraviglio di lei. (forte)

GELTRUDA  Ehi portate rispetto. Non alzate la voce.

GIANNINA  Voglio andare a giustificarmi... (in atto di partire)

GELTRUDA  No no fermatevi. Ora non serve, lo farete poi.

GIANNINA  Ed io le dico che voglio andare adesso. (vuol andare)

GELTRUDA  Non ardirete di passare per questa porta. (si mette sulla porta)

SCENA DECIMA

CONTE e BARONE dallo speciale, per andar al palazzino, e dette.

CONTE  Andiamo, andiamo.

BARONE  Ci verrò per forza.

GELTRUDA  Impertinente! (a Giannina; poi entra e chiude la porta nell'atto che si presentano il Conte ed il Barone, non veduti da lei)

GIANNINA  (arrabbiata s'allontana e smania)

CONTE  (resta senza parlare, guardando la porta)

BARONE  Come ci chiude la porta in faccia?

CONTE  In faccia? Non è possibile.

BARONE  Non è possibile? Non è possibile quel ch'è di fatto?

GIANNINA  A me un affronto? (da sé, passeggiando e fremendo)

CONTE  Andiamo a battere, a vedere, a sentire. (al Barone)

BARONE  No, fermatevi, non ne vo' saper altro. Non voglio espormi a novelli insulti. Mi son servito di voi male a proposito. V'hanno deriso voi, ed hanno posto in ridicolo me per cagion vostra.

CONTE  Che maniera di parlare è codesta? (si scalda)

BARONE  E ne voglio soddisfazione.

CONTE  Da chi?

BARONE  Da voi.

CONTE  Come?

BARONE  Colla spada alla mano.

CONTE  Colla spada? Sono vent'anni che sono in questo villaggio, e che non adopero più la spada.

BARONE  Colla pistola dunque.

CONTE  Sì, colle pistole. Anderò a prendere le mie pistole. (vuol partire)

BARONE  No, fermatevi. Eccone due. Una per voi e una per me. (le tira di saccoccia)

GIANNINA  Pistole? Ehi gente. Aiuto, pistole. Si ammazzano. (corre in casa)

CONTE  (imbarazzato)

SCENA UNDICESIMA

GELTRUDA sulla terrazza, e detti [poi LIMONCINO e TOGNINO].

GELTRUDA  Signori miei, cos'è questa novità?

CONTE  Perché ci avete serrata la porta in faccia? (a Geltruda)

GELTRUDA  Io? Scusatemi. Non sono capace di un'azione villana con chi che sia. Molto meno con voi, e col signor Barone che si degna di favorir mia nipote.

CONTE  Sentite. (al Barone)

BARONE  Ma, signora mia nell'atto che volevamo venir da voi, ci è stata serrata la porta in faccia.

GELTRUDA  Vi protesto che non vi aveva veduti, ed ho serrato la porta per impedire che non entrasse quella scioccherella di Giannina.

GIANNINA  (mette fuori la testa con pausa dalla sua porta) Cos'è questa scioccarella? (caricando con disprezzo, e torna dentro)

CONTE  Zitto lì impertinente. (contro Giannina)

GELTRUDA  Se vogliono favorire darò ordine che sieno introdotti. (via)

CONTE  Sentite? (al Barone)

BARONE  Non ho niente che dire.

CONTE  Cosa volete fare di quelle pistole?

BARONE  Scusate la delicatezza d'onore... (mette via le pistole)

CONTE  E volete presentarvi a due donne colle pistole in saccoccia?

BARONE  Le porto in campagna per mia difesa.

CONTE  Ma se lo sanno che abbiate quelle pistole: sapete cosa sono le donne, non vorranno che vi accostiate.

BARONE  Avete ragione. Vi ringrazio di avermi prevenuto, e per segno di buona amicizia, ve ne faccio un presente. (le torna a tirar fuori e gliele presenta)

CONTE  Un presente a me? (con timore)

BARONE  Sì, spero che non lo ricusarete.

CONTE  Le accetterò perché vengono dalle vostre mani. Sono cariche?

BARONE  Che domanda! Volete ch'io porti le pistole vuote?

CONTE  Aspettate. Ehi dal caffè.

LIMONCINO  (dalla bottega del caffè) Cosa mi comanda?

CONTE  Prendete queste pistole, e custoditele che le manderò a pigliare.

LIMONCINO  Sarà servito. (prende le pistole del Barone)

CONTE  Badate bene che sono cariche.

LIMONCINO  Eh ch'io le so maneggiare. (scherza con le pistole)

CONTE  Ehi, ehi non fate la bestia. (con timore)

LIMONCINO  (È valoroso il signor Conte). (via)

CONTE  Vi ringrazio, e ne terrò conto. (Dimani le venderò).

TOGNINO  (dal palazzino) Signori, la padrona li aspetta.

CONTE  Andiamo.

BARONE  Andiamo.

CONTE  Ah! che ne dite? Sono uomo io? Eh collega amatissimo. Noi altri titolati! La nostra protezione val qualche cosa. (s'incammina)

GIANNINA  (di casa, pian piano, va dietro di loro per entrare. Il Conte ed il Barone entrano, introdotti da Tognino, che resta sulla porta. Giannina vorrebbe entrare, e Tognino la ferma)

TOGNINO  Voi non ci avete che fare.

GIANNINA  Signor sì, ci ho che fare.

TOGNINO  Ho ordine di non lasciarvi entrare. (entra e chiude la porta)

GIANNINA  Ho una rabbia a non potermi sfogare, che sento proprio che la bile mi affoga. (avanzandosi) A me un affronto? A una giovane della mia sorte? (smania per la scena)

SCENA DODICESIMA

EVARISTO di strada, collo schioppo in spalla, e MORACCHIO collo schioppo in mano, una sacchetta col salvatico, ed il cane attaccato alla corda; e detta [poi TOGNINO].

EVARISTO  Tenete, portate il mio schioppo da voi. Custodite quelle pernici fino che io ne dispongo. Vi raccomando il cane. (siede al caffè, piglia tabacco e s'accomoda)

MORACCHIO  Non dubiti che sarà tutto ben custodito. (ad Evaristo) Il desinare è all'ordine? (a Giannina, avanzandosi)

GIANNINA  È all'ordine.

MORACCHIO  Cosa diavolo hai? Sei sempre in collera con tutto il mondo, e poi ti lamenti di me.

GIANNINA  Oh è vero. Siamo fratelli, non vi è niente che dire...

MORACCHIO  Via andiamo a desinare ch'è ora. (a Giannina)

GIANNINA  Sì sì va' avanti che poi verrò. (Voglio parlare col signor Evaristo).

MORACCHIO  Se vieni, vieni, se non vieni mangerò io. (entra in casa)

GIANNINA  Se ora mangiassi, mangerei del veleno.

EVARISTO  (Non si vede nessuno nella terrazza. Saranno a pranzo probabilmente. È meglio ch'io vada all'osteria. Il Barone mi aspetta). (si alza) Ebbene Giannina avete niente da dirmi? (vedendo Giannina)

GIANNINA  Oh sì signore ho qualche cosa da dirli. (bruscamente)

EVARISTO  Avete dato il ventaglio?

GIANNINA  Eccolo qui il suo maladetto ventaglio.

EVARISTO  Che vuol dire? non avete potuto darlo?

GIANNINA  Ho ricevuto mille insulti, mille impertinenze, e mi hanno cacciato di casa come una briccona.

EVARISTO  Si è forse accorta la signora Geltruda?

GIANNINA  Eh, non è stata solamente la signora Geltruda. Le maggiori impertinenze me l'ha dette la signora Candida.

EVARISTO  Perché? Cosa li avete fatto?

GIANNINA  Io non le ho fatto niente, signore.

EVARISTO  Le avete detto che avevate un ventaglio per lei?

GIANNINA  Come poteva dirglielo, se non mi ha dato tempo, e mi hanno scacciata come una ladra?

EVARISTO  Ma ci deve esser il suo perché.

GIANNINA  Per me so di non averle fatto niente. E tutto questo maltrattamento son certa, son sicura che me lo ha fatto per causa vostra.

EVARISTO  Per causa mia? La signora Candida che mi ama tanto?

GIANNINA  Vi ama tanto la signora Candida?

EVARISTO  Non vi è dubbio, ne son sicurissimo.

GIANNINA  Oh sì vi assicuro anch'io che vi ama bene, bene, ma bene.

EVARISTO  Voi mi mettete in una agitazione terribile.

GIANNINA  Andate, andate a ritrovare la vostra bella, la vostra cara.

EVARISTO  E perché non vi posso andare?

GIANNINA  Perché il posto è preso.

EVARISTO  Da chi? (affannato)

GIANNINA  Dal signor barone del Cedro.

EVARISTO  Il Barone è in casa? (con meraviglia)

GIANNINA  Che difficoltà c'è che sia in casa, se è lo sposo della signora Candida?

EVARISTO  Giannina, voi sognate, voi delirate, voi non fate che dire degli spropositi.

GIANNINA  Non mi credete, andate a vedere, e saprete, s'io dico la verità.

EVARISTO  In casa della signora Geltruda...

GIANNINA  E della signora Candida.

EVARISTO  Vi è il Barone?

GIANNINA  Del Cedro...

EVARISTO  Sposo della signora Candida...

GIANNINA  L'ho veduto con questi occhi, e sentito con queste orecchie.

EVARISTO  Non può stare, non può essere, voi dite delle bestialità.

GIANNINA  Andate, vedete, sentite, e vedrete s'io dico delle bestialità. (cantando)

EVARISTO  Subito immediatamente. (corre al palazzino e batte)

GIANNINA  Povero sciocco! Si fida dell'amore d'una giovane di città! Non sono come noi no, le cittadine.

(Evaristo freme, e poi torna a battere)

TOGNINO  (apre, e si fa vedere sulla porta)

EVARISTO  E bene!

TOGNINO  Perdoni, io non posso introdur nessuno.

EVARISTO  Avete detto che sono io?

TOGNINO  L'ho detto.

EVARISTO  Alla signora Candida?

TOGNINO  Alla signora Candida.

EVARISTO  E la signora Geltruda non vuole ch'io entri?

TOGNINO  Anzi la signora Geltruda aveva detto di lasciarla entrare, e la signora Candida non ha voluto.

EVARISTO  Non ha voluto? Ah, giuro al Cielo! Entrerò. (vuol sforzare e Tognino gli serra la porta in faccia)

GIANNINA  Ah! cosa le ho detto io?

EVARISTO  Son fuor di me. Non so in che mondo mi sia. Chiudermi la porta in faccia?

GIANNINA  Oh, non si maravigli. L'hanno fatto anche a me questo bel trattamento.

EVARISTO  Com'è possibile che Candida m'abbia potuto ingannare?

GIANNINA  Quel ch'è di fatto non si può mettere in dubbio.

EVARISTO  Ancora non lo credo, non lo posso credere, non lo crederò mai.

GIANNINA  Non lo crede?

EVARISTO  No, vi sarà qualche equivoco, qualche mistero, conosco il cuore di Candida; non è capace.

GIANNINA  Bene. Si consoli così. Speri, e se la goda che buon pro le faccia.

EVARISTO  Voglio parlar con Candida assolutamente.

GIANNINA  Se non l'ha voluto ricevere!

EVARISTO  Non importa. Vi sarà qualche altra ragione. Andrò in casa del caffettiere. Mi basta di vederla, di sentire una parola da lei. Mi basta un cenno per assicurarmi della mia vita, o della mia morte.

GIANNINA  Tenga.

SCENA TREDICESIMA

CORONATO e SCAVEZZO vengono da dove sono andati. SCAVEZZO va dirittura all'osteria, CORONATO resta in disparte ad ascoltare; e detti [poi CRESPINO.]

EVARISTO  Cosa volete darmi?

GIANNINA  Il ventaglio.

EVARISTO  Tenetelo, non mi tormentate.

GIANNINA  Me lo dona il ventaglio?

EVARISTO  Sì tenetelo, ve lo dono. (Son fuor di me stesso).

GIANNINA  Quand'è così, la ringrazio.

CORONATO  (Oh oh, ora ho saputo cos'è il regalo. Un ventaglio). (senza esser veduto entra nell'osteria)

EVARISTO  Ma se Candida non si lascia da me vedere, se per avventura non si affaccia alle sue finestre, se vedendomi ricusa di ascoltarmi, se la zia glielo vieta, sono in un mare di agitazioni, di confusioni.

CRESPINO  (con un sacco di curame e scarpe ecc. va per andare alla sua bottega, vede li due, si ferma ad ascoltare)

GIANNINA  Caro signor Evaristo ella mi fa pietà, mi fa compassione.

EVARISTO  Sì, Giannina mia lo merito veramente.

GIANNINA  Un signore sì buono, sì amabile, sì cortese!

EVARISTO  Voi conoscete il mio core, voi siete testimonio dell'amor mio.

CRESPINO  (Buono, sono arrivato a tempo). (col sacco in spalla)

GIANNINA  In verità, se sapessi io la maniera di consolarlo!

CRESPINO  (Brava!)

EVARISTO  Sì ad ogni costo voglio tentar la mia sorte. Non voglio potermi rimproverare di aver trascurato di sincerarmi. Vado al caffè, Giannina, vado e vi vado tremando. Conservatemi l'amor vostro, e la vostra bontà. (la prende per mano, ed entra nel caffè)

GIANNINA  Da una parte mi fa ridere, dall'altra mi fa compassione.

CRESPINO  (mette qui il sacco, tira fuori le scarpe ecc., le mette sul banchetto e in bottega, senza dir niente)

GIANNINA  Oh, ecco Crespino. Ben ritornato. Dove siete stato sin ora?

CRESPINO  Non vedete? A comprare del cuoio, e a prendere delle scarpe d'accomodare.

GIANNINA  Ma voi non fate che accomodar delle scarpe vecchie. Non vorrei che dicessero... Sapete che non vi sono che delle male lingue.

CRESPINO  Eh le male lingue avranno da divertirsi più sopra di voi che sopra di me. (lavorando)

GIANNINA  Sopra di me? che cosa possono dire di me?

CRESPINO  Cosa m'importa che dicano, ch'io faccio più il ciabattino che il calzolaro? Mi basta d'essere un galantuomo, e di guadagnarmi il pane onoratamente. (lavorando)

GIANNINA  Ma io non vorrei mi dicessero la ciabattina.

CRESPINO  Quando?

GIANNINA  Quando sarò vostra moglie.

CRESPINO  Eh!

GIANNINA  Eh! cosa questo eh? cosa vuol dir questo eh?

CRESPINO  Vuol dire che la signora Giannina non sarà né ciabattina, né calzolaia, ch'ella ha delle idee vaste e grandiose.

GIANNINA  Siete pazzo, o avete bevuto questa mattina?

CRESPINO  Non son pazzo, non ho bevuto, ma non sono né orbo, né sordo.

GIANNINA  E che diavolo volete dire? Spiegatevi, se volete ch'io vi capisca.

CRESPINO  Vuol che mi spieghi? Mi spiegherò. Credete ch'io non abbia sentito le belle parole col signor Evaristo?

GIANNINA  Col signor Evaristo?

CRESPINO  Sì Giannina mia... voi conoscete il mio core... voi siete testimonio dell'amor mio. (contrafacendo Evaristo)

GIANNINA  Oh matto! (ridendo)

CRESPINO  In verità se sapessi la maniera di consolarlo! (contrafacendo Giannina)

GIANNINA  Oh matto! (come sopra)

CRESPINO  Giannina conservatemi l'amor vostro e la vostra bontà. (contrafacendo Evaristo)

GIANNINA  Matto, e poi matto. (come sopra)

CRESPINO  Io matto?

GIANNINA  Sì, voi, voi, matto, stramatto, e di là di matto.

CRESPINO  Corpo del diavolo non ho veduto io? Non ho sentito la bella conversazione col signor Evaristo?

GIANNINA  Matto.

CRESPINO  E quello che gli avete risposto?

GIANNINA  Matto.

CRESPINO  Giannina finite con questo matto che farò da matto da vero. (minacciando)

GIANNINA  Ehi ehi! (con serietà, poi cangia tuono) Ma credete voi che il signor Evaristo abbia della premura per me?

CRESPINO  Non so niente.

GIANNINA  E ch'io sia così bestia per averne per lui?

CRESPINO  Non so niente.

GIANNINA  Venite qua, sentite. (dice presto presto) Il signor Evaristo è amante della signora Candida, e la signora Candida lo ha burlato, e vuol sposare il signor Barone. E il signor Evaristo è disperato, è venuto a sfogarsi meco, ed io lo compassionava per burlarmi di lui, ed egli si consolava con me. Avete capito?

CRESPINO  Né anche una parola.

GIANNINA  Siete persuaso della mia innocenza?

CRESPINO  Non troppo.

GIANNINA  Quando è così, andate al diavolo. Coronato mi brama, Coronato mi cerca. Mio fratello gli ha dato parola. Il signor Conte mi stimola, mi prega. Sposerò Coronato. (presto)

CRESPINO  Adagio, adagio. Non andate subito sulle furie. Posso assicurarmi che dite la verità? Che non avete niente a che fare col signor Evaristo?

GIANNINA  E non volete che vi dica matto? Caro il mio Crespino che vi voglio tanto bene che siete l'anima mia, il mio caro coccolo, il mio caro sposino. (accarezzandolo)

CRESPINO  E cosa vi ha donato il signor Evaristo? (dolcementei)

GIANNINA  Niente.

CRESPINO  Niente sicuro? niente?

GIANNINA  Quando vi dico niente, niente. (Non voglio che sappia del ventaglio che subito sospetterebbe).

CRESPINO  Posso esser certo?

GIANNINA  Ma via non mi tormentate.

CRESPINO  Mi volete bene?

GIANNINA  Sì vi voglio bene.

CRESPINO  Via facciamo la pace. (le tocca la mano)

GIANNINA  Matto. (ridendo)

CRESPINO  Ma perché matto? (ridendo)

GIANNINA  Perché siete un matto.

SCENA QUATTORDICESIMA

CORONATO ch'esce dall'osteria, e detti.

CORONATO  Finalmente ho saputo il regalo che ha avuto la signora Giannina.

GIANNINA  Cosa c'entrate con me voi?

CRESPINO  Da chi ha avuto un regalo? (a Coronato)

CORONATO  Dal signor Evaristo.

GIANNINA  Non è vero niente.

CRESPINO  Non è vero niente?

CORONATO  Sì sì, e so che regalo è. (a Giannina)

GIANNINA  Sia quel ch'esser si voglia, a voi non deve importare, io amo Crespino, e sarò moglie del mio Crespino.

CRESPINO  E bene che regalo è? (a Coronato)

CORONATO  Un ventaglio.

CRESPINO  Un ventaglio? (a Giannina, in collera)

GIANNINA  (Maladetto colui).

CRESPINO  Avete ricevuto un ventaglio? (a Giannina)

GIANNINA  Non è vero niente.

CORONATO  Tanto è vero che lo avete ancora in saccoccia.

CRESPINO  Voglio veder quel ventaglio.

GIANNINA  Signor no. (a Crespino)

CORONATO  Troverò io la maniera di farvelo metter fuori.

GIANNINA  Siete un impertinente.

SCENA QUINDICESIMA

MORACCHIO di casa colla salvietta, e mangiando; e detti.

MORACCHIO  Cos'è questo baccanale?

CORONATO  Vostra sorella ha avuto un ventaglio in regalo, lo ha in saccoccia, e nega di averlo.

MORACCHIO  A me quel ventaglio. (a Giannina con comando)

GIANNINA  Lasciatemi stare. (a Moracchio)

MORACCHIO  Dammi quel ventaglio che giuro al Cielo... (minacciandola)

GIANNINA  Maladetto! Eccolo qui. (lo fa vedere)

CRESPINO  A me, a me. (lo vorrebbe prendere)

CORONATO  Lo voglio io.(con collera lo vuole prendere)

GIANNINA  Lasciatemi stare, maladetti.

MORACCHIO  Presto, da' qui che lo voglio io.

GIANNINA  Signor no. (a Moracchio) Piuttosto lo voglio dare a Crespino.

MORACCHIO  Da' qui dico.

GIANNINA  A Crespino. (dà il ventaglio a Crespino, e corre in casa)

CORONATO  Date qui.

MORACCHIO  Date qui.

CRESPINO  Non l'avrete. (tutti due attorno a Crespino per averlo, egli fugge via per le quinte, e loro appresso

SCENA SEDICESIMA

CONTE sulla terrazza, TIMOTEO alla balconata [poi il BARONE e detti].

CONTE  Ehi, signor Timoteo. (forte con premura)

TIMOTEO  Cosa comanda?

CONTE  Presto, presto, portate dei spiriti, dei cordiali. È venuto male alla signora Candida.

TIMOTEO  Subito vengo. (entra in bottega)

CONTE  Che diavolo ha avuto a quella finestra? Bisogna che nel giardino del caffettiere vi siano delle piante avvelenate. (entra)

CRESPINO  (traversa il teatro, e va dall'altra parte correndo)

CORONATO e MORACCHIO (gli corrono dietro senza dir niente, e tutti via)

BARONE  (dal palazzo va a sollecitare lo speziale) Animo presto signor Timoteo

TIMOTEO  (dalla speziaria con una sottocoppa di varie boccette) Eccomi, eccomi.

BARONE  Presto che vi è bisogno di voi. (corre nel palazzino)

TIMOTEO  Son qui, son qui. (va per entrare)

(Crespino, Coronato, Moracchio da un'altra quinta corrono come sopra. Urtano Timoteo, e lo fanno cadere con tutte le sue boccette, che si fracassano. Crespino casca e perde il ventaglio. Coronato lo prende e lo porta via. Timoteo si alza e torna in bottega)

CORONATO  Eccolo, eccolo lo ho avuto io. (a Moracchio)

MORACCHIO  Ci ho gusto, tenetelo voi. Giannina mi renderà conto da chi l'ha avuto. (entra in casa)

CORONATO  Intanto gliel'ho fatta vedere, l'ho avuto io. (entra nell'osteria)

CRESPINO  Oh maladetti! Mi hanno stroppiato. Ma pazienza. Mi dispiace più che Coronato abbia avuto il ventaglio. Pagherei sei para di scarpe a poterlo ricuperare, per farlo in pezzi... Per farlo in pezzi? Perché? Perché è un regalo fatto alla mia amorosa? Eh pazzie pazzie: Giannina è una buona ragazza, le voglio bene, e non bisogna esser così delicati. (zoppicando entra in bottega)

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Muta sino alla sortita del CONTE e del BARONE. - CRESPINO esce dalla bottega con del pane, del formaggio, un piatto con qualche cosa da mangiare, ed un boccale vuoto. Si fa luogo al suo banchetto per desinare. TOGNINO  dal palazzino con la scopa in mano corre alla speziaria ed entra. Crespino si mette a tagliare il pane, sempre senza parlare. CORONATO dall'osteria con SCAVEZZO, che porta una barila in spalla, simile a quella che ha portato al Conte. Coronato passa davanti a Crespino, lo guarda e ride, Crespino lo guarda e freme. Coronato ridendo passa oltre, e va per la stessa scena ove ha portato la prima barila. Crespino guarda dietro a Coronato che parte e, quando non lo vede più, seguita le sue faccende. Tognino, dalla speziaria, viene a spazzare i vetri delle caraffe rotte. TIMOTEO, correndo dalla speziaria , passa al palazzino con sottocoppe e caraffe, ed entra. Tognino spazza, Crespino prende il suo boccale e va pian piano e malenconico all'osteria, ed entra. Tognino spazza. SUSANNA esce di bottega, accomoda la sua mostra, poi si mette a sedere e lavorare. Tognino va in casa, e serra la porta. Crespino esce dall'osteria col boccale pieno di vino, e ridendo guarda il ventaglio che ha sotto la gabbana, per consolarsi da sé, ma per farlo vedere al popolo; e va al suo banchetto e mette il boccale in terra. GIANNINA esce di casa, siede e si mette a filare. Crespino si mette a sedere; fa vedere a tirar fuori il ventaglio, e lo nasconde ridendo sotto il curame, e si mette a mangiare. Coronato solo torna dalla stessa strada. Passa davanti a Crespino e ride. Crespino mangia e ride. Coronato alla porta dell'osteria mangia, ride ed entra. Crespino tira fuori il ventaglio, lo guarda e ride, poi lo rimette, poi seguita a mangiare e bere (Qui termina la scena muta). - Il CONTE e il BARONE escono dal palazzo.

CONTE  No, amico, scusatemi, non vi potete doler di niente.

BARONE  Vi assicuro che non ho nemmeno ragione di lodarmi.

CONTE  Se la signora Candida si è trovata male, è un accidente, vi vuol pazienza. Sapete che le donne sono soggette ai vapori, agli affetti sterili.

BARONE  Sterili? Isterici vorrete dire...

CONTE  Sì, isterici, isterici come volete. In somma, se non vi ha fatto tutta l'accoglienza, non è colpa sua, è colpa della malattia.

BARONE  Ma quando siamo entrati, non era ammalata, e appena mi ha veduto si è ritirata nella sua camera.

CONTE  Perché si sentiva il cominciamento del male.

BARONE  Avete osservato la signora Geltruda, quando è sortita dalla camera della nipote, con che premura, con che ammirazione leggeva alcuni fogli che parevano de' viglietti?

CONTE  È una donna che ha degli affari assai. Saranno viglietti arrivati allora di fresco.

BARONE  No, erano viglietti vecchi. Ci scommetto, ch'è qualche cosa che ha trovato o sul tavolino, o indosso della signora Candida.

CONTE  Siete curioso, collega mio, siete caro, siete particolare. Cosa vi andate voi immaginando?

BARONE  M'immagino quel che potrebbe essere. Ho sospetto che vi sia dell'intelligenza fra la signora Candida, ed Evaristo.

CONTE  Oh non vi è dubbio. Se fosse così lo saprei. Io so tutto. Non si fa niente nel villaggio che io non sappia. E poi se fosse quello che dite voi, credete ch'ella avrebbe acconsentito alla vostra proposizione? Ch'ella avrebbe ardito di compromettere la mediazione di un cavaliere della mia sorte?

BARONE  Questa è una buona ragione. Ella ha detto di sì senza farsi pregare. Ma la signora Geltruda dopo la lettura di quei viglietti, non mi ha fatte più le gentilezze di prima, anzi in certo modo ha mostrato piacere che ce ne andiamo.

CONTE  Vi dirò. Tutto quello, di cui si possiamo dolere della signora Geltruda si è, ch'ella non ci abbia proposto di restar a pranzo da lei.

BARONE  Per questo non mi fa spezie.

CONTE  Le ho dato io qualche tocco, ma ha mostrato di non intendere.

BARONE  Vi assicuro, ch'ella aveva gran volontà che le si levasse l'incomodo.

CONTE  Mi dispiace per voi... Dove pranzate oggi?

BARONE  Ho ordinato all'oste il desinare per due.

CONTE  Per due?

BARONE  Aspetto Evaristo ch'è andato alla caccia.

CONTE  Se volete venire a pranzo da me...

BARONE  Da voi?

CONTE  Ma il mio palazzo è mezzo miglio lontano.

BARONE  Vi ringrazio, perché il pranzo è di già ordinato. Ehi dall'osteria. Coronato.

SCENA SECONDA

CORONATO dall'osteria, e detti.

CORONATO  Mi comandi.

BARONE  È venuto il signor Evaristo?

CORONATO  Non l'ho ancora veduto, signore. Mi dispiace che il pranzo è all'ordine, e che la robba patisce.

CONTE  Evaristo è capace di divertirsi alla caccia fin sera, e farvi star senza pranzo.

BARONE  Cosa volete che io faccia? Ho promesso aspettarlo.

CONTE  Aspettarlo, va bene fino ad un certo segno. Ma caro amico, non siete fatto per aspettare un uomo di una condizione inferiore alla vostra. Accordo la civiltà, l'umanità, ma, collega amatissimo, sosteniamo il decoro.

BARONE  Quasi quasi vi pregherei di venir a occupare il posto del signor Evaristo.

CONTE  Se non volete aspettare, e se vi rincresce di mangiar solo, venite da me, e mangeremo quello che ci sarà.

BARONE  No caro Conte fatemi il piacere di venir con me. Mettiamoci a tavola, e se Evaristo non ha discrezione a suo danno.

CONTE  Che impari la civiltà. (contento)

BARONE  Ordinate che diano in tavola. (a Coronato)

CORONATO  Subito resti servita. (Avanzerà poco per la cucina).

BARONE  Andrò a vedere che cosa ci hanno preparato da pranzo. (entra)

CONTE  Avete portato l'altro barile di vino? (a Coronato)

CORONATO  Signor sì l'ho mandato.

CONTE  L'avete mandato? Senz'accompagnarlo? Mi faranno qualche baronata.

CORONATO  Le dirò, ho accompagnato il garzone fino alla punta dello stradone, ho incontrato il suo uomo...

CONTE  Il mio fattore?

CORONATO  Signor no.

CONTE  Il mio cameriere?

CORONATO  Signor no.

CONTE  Il mio lacchè?

CORONATO  Signor no.

CONTE  E chi dunque?

CORONATO  Quell'uomo che sta con lei che va a vendere i frutti, l'insalata, gli erbaggi...

CONTE  Come! quello...

CORONATO  Tutto quel che comanda. L'ho incontrato, gli ho fatto veder il barile, ed egli ha accompagnato il garzone.

CONTE  (Diavolo! colui che non vede mai vino è capace di bevere la metà del barile). (vuol entrare)

CORONATO  Favorisca.

CONTE  Cosa c'è? (brusco)

CORONATO  Ha parlato per me a Giannina?

CONTE  Sì, l'ho fatto.

CORONATO  Cosa ha detto?

CONTE  Va bene, va bene. (imbarazzato)

CORONATO  Va bene?

CONTE  Parleremo, parleremo poi. (in atto di entrare)

CORONATO  Mi dica qualche cosa.

CONTE  Andiamo, andiamo che non voglio far aspettare il Barone. (entra)

CORONATO  (Ci ho buona speranza... È un uomo che quando vi si mette... qualche volta ci riesce). Giannina. (amoroso e brusco)

GIANNINA (fila e non risponde)

CORONATO  Almeno lasciatevi salutare.

GIANNINA  Fareste meglio a rendermi il mio ventaglio. (senza guardar, e filando)

CORONATO  Sì... (Uh, a proposito mi ho scordato il ventaglio in cantina!) Sì sì, parlaremo poi del ventaglio. (Non vorrei che qualcheduno lo portasse via). (entra)

CRESPINO  (ride forte)

SUSANNA  Avete il cuor contento signor Crespino, ridete molto di gusto.

CRESPINO  Rido perché ho la mia ragione di ridere.

GIANNINA  Voi ridete, ed io mi sento rodere dalla rabbia. (a Crespino)

CRESPINO  Rabbia? E di che avete rabbia?

GIANNINA  Che quel ventaglio sia nelle mani di Coronato.

CRESPINO  Sì, è nelle mani di Coronato. (ridendo)

GIANNINA  E per che cosa ridete?

CRESPINO  Rido perché è nelle mani di Coronato. (si alza, prende gl'avanzi del desinare, ed entra in bottega)

GIANNINA  È un ridere veramente da sciocco.

SUSANNA  Non credeva che il mio ventaglio avesse da passare per tante mani. (lavorando)

GIANNINA  Il vostro ventaglio? (voltandosi con dispetto)

SUSANNA  Sì, dico il mio ventaglio, perché è sortito dalla mia bottega.

GIANNINA  M'immagino che ve l'avranno pagato.

SUSANNA  Ci s'intende. Senza di questo non l'avrebbero avuto.

GIANNINA  E l'avranno anche pagato il doppio di quel che vale.

SUSANNA  Non è vero, e se fosse anche vero, cosa v'importa? Per quello che vi costa lo potete prendere.

GIANNINA  Cosa sapete voi quello che mi costi?

SUSANNA  Oh se vi costa poi qualche cosa... non so niente io... Se chi ve l'ha dato ha delle obbligazioni... (con flemma caricata, satirica)

GIANNINA  Che obbligazioni? Cosa parlate d'obbligazioni? Mi maraviglio de' fatti vostri. (balza in piedi)

SUSANNA  Ehi, ehi non crediate di farmi paura.

CRESPINO  (dalla bottega) Cosa c'è? Sempre strepiti, sempre gridori.

GIANNINA  (Ho una volontà di rompere questa rocca). (siede e fila)

SUSANNA  Non fa che pungere, e non vuol che si parli.

CRESPINO  Siete in collera Giannina? (siede e si mette a lavorare)

GIANNINA  Io in collera? Non vado mai in collera io. (filando)

SUSANNA  Oh ella è pacifica, non si altera mai. (ironica)

GIANNINA  Mai, quando non mi tirano per li capelli, quando non mi dicono delle impertinenze, quando non pretendono di calpestarmi. (in modo che Susanna senta)

SUSANNA  (mena la testa, e brontola da sé)

CRESPINO  Sono io che vi maltratta che vi calpesta? (lavorando)

GIANNINA  Io non parlo per voi. (filando con dispetto)

SUSANNA  No non parla per voi, parla per me. (burlandosi)

CRESPINO  Gran cosa! In questo recinto di quattro case non si può stare un momento in pace.

GIANNINA  Quando vi sono delle male lingue...

CRESPINO  Tacete, ch'è vergogna...

SUSANNA  Insulta, e poi non vuol che si parli.

GIANNINA  Parlo con ragione, e con fondamento.

SUSANNA  Oh è meglio, ch'io taccia, ch'io non dica niente.

GIANNINA  Certo, ch'è meglio tacere che dire delle scioccherie.

CRESPINO  E vuol esser l'ultima.

GIANNINA  Oh sì anche in fondo d'un pozzo.

TIMOTEO  (dal palazzino,con sottocoppa e caraffe)

GIANNINA Chi mi vuole mi prenda, e chi non mi vuole mi lasci.

CRESPINO  Zitto, zitto non vi fate sentire.

TIMOTEO  (In questa casa non ci vado più. Che colpa ci ho io, se queste acque non vagliano niente? Io non posso dare che di quello che ho. In una campagna pretenderebbero di ritrovare le delizie della città. E poi cosa sono i spiriti, gli elisiri, le quintessenze? Ciarlatanate. Questi sono i cardini della medicina: acqua, china e mercurio). (entra nella speziaria)

CRESPINO  Bisogna che ci sia qualcheduno d'ammalato in casa della signora Geltruda. (verso Giannina)

GIANNINA  Sì quella cara gioia della signora Candida.(con disprezzo)

SUSANNA  Povera signora Candida! (forte)

CRESPINO  Che male ha?

GIANNINA  Che so io che male abbia! Pazzia.

SUSANNA  Eh, so io che male ha la signora Candida.

CRESPINO  Che male ha? (a Susanna)

SUSANNA  Dovrebbe saperlo anche la signora Giannina. (caricata)

GIANNINA  Io? Cosa c'entro io?

SUSANNA  Sì, perché è ammalata per causa vostra.

GIANNINA  Per causa mia? (balza in piedi)

SUSANNA  Già con voi non si può parlare.

CRESPINO  Vorrei ben sapere, come va quest'imbroglio. (si alza)

GIANNINA  Non siete capace che di dire delle bestialità. (a Susanna)

SUSANNA  Via, via la non si scaldi.

CRESPINO  Lasciatela dire. (a Giannina)

GIANNINA  Con qual fondamento potete dirlo? (a Susanna)

SUSANNA  Non parliamo altro.

GIANNINA  No, no parlate.

SUSANNA  No Giannina non mi obbligate a parlare.

GIANNINA  Se siete una donna d'onore parlate.

SUSANNA  Oh quando è così, parlerò.

CRESPINO  Zitto zitto, viene la signora Geltruda, non facciamo scene dinnanzi a lei. (si ritira al lavoro)

GIANNINA  Oh, voglio che mi renda ragione di quel che ha detto. (da sé, camminando verso la sua causa)

SUSANNA  (Vuol che si parli? Sì parlerò). (siede e lavora)

CRESPINO  (Se posso venire in chiaro di quest'affare...) (siede e lavora)

SCENA TERZA

GELTRUDA dal palazzino, e li suddetti.

GELTRUDA  Dite voi. È ritornato vostro fratello? (a Giannina, con gravità)

GIANNINA  Signora sì. (con malagrazia, e camminando verso casa sua)

GELTRUDA  Sarà tornato anche il signor Evaristo. (come sopra)

GIANNINA  Signora sì. (come sopra)

GELTRUDA  Sapete dove sia il signor Evaristo? (a Giannina)

GIANNINA  Non so niente. (con dispetto) Serva sua. (entra in casa)

GELTRUDA  (Che maniera gentile!) Crespino.

CRESPINO  Signora. (si alza)

GELTRUDA  Sapete voi dove si trovi il signor Evaristo?

CRESPINO  No signora, in verità non lo so.

GELTRUDA  Fatemi il piacere di andare a vedere se fosse nell'osteria.

CRESPINO  La servo subito. (va nell'osteria)

SUSANNA  Signora Geltruda. (sottovoce)

GELTRUDA  Che volete?

SUSANNA  Una parola. (si alza)

GELTRUDA  Sapete niente voi del signor Evaristo?

SUSANNA  Eh signora mia so delle cose assai. Avrei delle cose grandi da dirle.

GELTRUDA  Oh Cieli! Ho delle cose anch'io che m'inquietano. Ho veduto delle lettere che mi hanno sorpreso. Ditemi, illuminatemi, ve ne prego.

SUSANNA  Ma qui in pubblico?... Si ha da fare con delle teste senza ragione... Se vuole ch'io venga da lei...

GELTRUDA  Vorrei prima vedere il signor Evaristo.

SUSANNA  O se vuol venire da me...

GELTRUDA  Piuttosto. Ma aspettiamo Crespino.

SUSANNA  Eccolo.

CRESPINO  (dall'osteria)

GELTRUDA  E così?

CRESPINO  Non c'è, signora. L'aspettavano a pranzo, e non è venuto.

GELTRUDA  Eppure dalla caccia dovrebbe essere ritornato.

CRESPINO  Oh, è ritornato sicuramente. L'ho veduto io.

GELTRUDA  Dove mai può essere?

SUSANNA  Al caffè non c'è. (guarda in bottega)

CRESPINO  Dallo speziale nemmeno. (guarda dallo speziale)

GELTRUDA  Vedete un poco. Il villaggio non è assai grande, vedete, se lo ritrovate.

CRESPINO  Vado subito per servirla.

GELTRUDA  Se lo trovate, ditegli che mi preme parlargli, e che l'aspetto qui in casa della merciaia. (a Crespino)

CRESPINO  Sarà servita. (s'incammina)

GELTRUDA  Andiamo, ho ansiosità di sentire. (entra in bottega)

SUSANNA  Vada, vada; sentirà delle belle cose. (entra)

CRESPINO  Vi sono degl'imbrogli con questo signor Evaristo. E quel ventaglio... Ho piacere di averlo io nelle mani. Coronato si è accorto che gli è stato portato via... Manco male che non sospetta di me. Nessuno gli avrà detto che sono stato a comprar del vino. Sono andato a tempo. Chi mai mi avrebbe detto che io avrei trovato il ventaglio sopra una botte? Sono casi che si danno, accidenti che accadono. Sciocco! lasciar il ventaglio sopra una botte! Il garzone tirava il vino, ed io prendilo, e mettilo via. E Coronato ha la debolezza di domandar a me se l'ho veduto, se ne so niente! Sono pazzo io a dirgli che l'ho preso io? Acciò vada dicendo che sono andato a posta, che ho rubato... È capace di dirlo. Oh è così briccone, ch'è capace di dirlo. Ma dove ho d'andar io per trovar il signor Evaristo? Dal Conte no, perché è all'osteria che lavora di gusto. (dà cenno che mangia) Basta cercherò nelle case buone. Sono sei, o sette, lo troverò. Mi dispiace che sono ancora all'oscuro di quel che ha detto Susanna. Ma le parlerò. Oh se trovo Giannina in difetto, se la trovo colpevole!... Cosa farò? L'abbandonerò? Eh poco più, poco meno. Le voglio bene. Cosa mai sarà? (va per partire)

SCENA QUARTA

LIMONCINO dal caffè, e detto [poi CORONATO].

CRESPINO  Oh, mi sapreste dire dove sia il signor Evaristo?

LIMONCINO  Io? Cosa sono? Il suo servitore?

CRESPINO  Gran cosa veramente! non potrebbe esser nella vostra bottega?

LIMONCINO  Se ci fosse lo vedreste. (si avanza)

CRESPINO  Limoncino del diavolo.

LIMONCINO  Cos'è questo Limoncino?

CRESPINO  Vieni vieni a farti rappezzare le scarpe. (via)

LIMONCINO  Birbante! Subito anderò a dirgli che il signor Evaristo è nel nostro giardino. Ora ch'è in giubilo, in consolazione, non ha bisogno di essere disturbato. Ehi dall'osteria. (chiama)

CORONATO  (alla porta) Cosa c'è?

LIMONCINO  Ha mandato a dire il signor Evaristo che dite al signor Barone che desini, e non l'aspetti, perché è impegnato, e non può venire.

CORONATO  Ditegli che l'ambasciata è arrivata tardi, e che il signor Barone ha quasi finito di pranzare.

LIMONCINO  Bene, bene, glie lo dirò quando lo vedrò. (va per partire)

CORONATO  Dite quel giovane.

LIMONCINO  Comandate.

CORONATO  A caso, avreste sentito a dire che qualcheduno avesse ritrovato un ventaglio?

LIMONCINO  Io no.

CORONATO  Se mai sentiste a parlare, vi prego farmi avvisato.

LIMONCINO  Signor sì, volentieri. L'avete perduto voi?

CORONATO  L'aveva io. Non so come diavolo si sia perduto. Qualche briccone l'ha portato via, e quei stolidi de' miei garzoni non sanno nemmeno chi sia stato a prender del vino. Ma se lo scopro! Se lo scopro! Mi raccomando a voi. (entra)

LIMONCINO  Dal canto mio farò il possibile. (s'incammina)

SCENA QUINTA

Il CONTE alla finestra dell'osteria, e LIMONCINO [poi GIANNINA].

CONTE  Ho sentito la voce di Limoncino. Ehi quel giovane. (forte)

LIMONCINO  Signore. (si volta)

CONTE  Portateci due buoni caffè.

LIMONCINO  Per chi, illustrissimo?

CONTE  Per me.

LIMONCINO  Tutti due per lei?

CONTE  Uno per me, ed uno per il Barone del Cedro.

LIMONCINO  Sarà servita.

CONTE  Subito, e fatto a posta. (entra)

LIMONCINO  (Ora che so che vi è il Barone che paga, glieli porterò). (s'incammina)

GIANNINA  (di casa, senza la rocca) Ehi Limoncino.

LIMONCINO  Anche voi volete seccarmi con questo nome di Limoncino?

GIANNINA  Via via non andate in collera. Non vi ho detto né rava, né zucca, né cocomero, né melenzana.

LIMONCINO  Ne avete ancora?

GIANNINA  Venite qui, ditemi: il signor Evaristo e ancor là?

LIMONCINO  Dove là?

GIANNINA  Da voi.

LIMONCINO  Da noi?

GIANNINA  Sì da voi. (si scalda un poco)

LIMONCINO  La bottega è lì, se ci fosse lo vedreste.

GIANNINA  Puh! nel giardino.

LIMONCINO  Puh! non so niente. (via, ed entra in bottega)

GIANNINA  Pezzo d'animalaccio! Se avessi la rocca gliela scavezzerei sul collo. E poi dicono ch'io son cattiva. Tutti mi strapazzano; tutti mi maltrattano. Quelle signore di là, questa sguaiata di qua, Moracchio, Coronato, Crespino... Uh maledetti quanti che siete.

SCENA SESTA

EVARISTO dal caffè. Correndo con allegria, e detta [poi CORONATO]

EVARISTO  Oh eccola, eccola. Son fortunato. (a Giannina)

GIANNINA  Ih! ih! Cosa vuol dir quest'allegria?

EVARISTO  Oh Giannina, sono l'uomo il più felice, il più contento del mondo.

GIANNINA  Bravo, me ne consolo. Spero che mi farete dare soddisfazione delle impertinenze che m'hanno detto.

EVARISTO  Sì tutto quel volete. Sappiate, Giannina mia che voi eravate presa in sospetto. La signora Candida ha saputo ch'io aveva dato il ventaglio, credeva che lo avessi comprato per voi, era gelosa di me, era gelosa di voi.

GIANNINA  Era gelosa di me?

EVARISTO  Sì, certo.

GIANNINA  Ah che ti venga la rabbia! (verso il palazzino)

EVARISTO  Si voleva maritar con altri per sdegno, per vendetta, per disperazione. Mi ha veduto, è caduta, è svenuta. Sono stato un pezzo senza più poterla vedere. Finalmente per sorte, per fortuna sua zia è sortita di casa. Candida è discesa nel suo giardino; ho rotto la siepe, ho saltato il muro, mi son gettato a' suoi piedi; ho pianto, ho pregato, l'ho sincerata, l'ho vinta, è mia, è mia, non vi è più da temere. (con giubilo, e affannoso)

GIANNINA  Me ne rallegro, me ne congratulo, me ne consolo. Sarà sua, sua sempre sua, ne ho piacer, ne ho contento, ne ho soddisfazione. (lo carica un poco)

EVARISTO  Una sola condizione ella ha posto alla mia sicura, alla mia intera felicità.

GIANNINA  E qual è questa condizione?

EVARISTO  Per giustificare me intieramente, per giustificar voi nel medesimo tempo, e per dar a lei una giusta soddisfazione, è necessario, ch'io le presenti il ventaglio. (come sopra)

GIANNINA  Ora stiamo bene.

EVARISTO  Ci va del mio, e del vostro decoro. Parerebbe, ch'io l'avessi comprato per voi, si darebbe credito a' suoi sospetti. So che siete una giovane saggia, e prudente. Favoritemi quel ventaglio. (sempre con premura)

GIANNINA  Signore... Io non l'ho più il ventaglio. (confusa)

EVARISTO  Oh via, avete ragione. Ve l'ho donato, e non lo domanderei, se non mi trovassi in questa estrema necessità. Ve ne comprerò un altro. Un altro molto meglio di quello; ma per amor del cielo datemi subito quel che vi ho dato.

GIANNINA  Ma vi dico signore, ch'io non l'ho più.

EVARISTO  Giannina si tratta della mia vita, e della vostra riputazione.

GIANNINA  Vi dico sull'onor mio, e con tutti i giuramenti del mondo che io non ho quel ventaglio.

EVARISTO  Oh cielo! cosa dunque ne avete fatto? (con caldo)

GIANNINA  Hanno saputo, ch'io aveva quel ventaglio, mi sono saltati intorno come tre cani arrabbiati...

EVARISTO  Chi? (infuriato)

GIANNINA  Mio fratello...

EVARISTO  Moracchio... (corre a chiamrlo alla casa)

GIANNINA  No fermate, non l'ha avuto Moracchio.

EVARISTO  Ma chi dunque? (battendo i piedi)

GIANNINA  Io l'ho dato a Crespino...

EVARISTO  Ehi? Dove siete? Crespino! (corre alla bottega)

GIANNINA  Ma venite qui, sentite...

EVARISTO  Son fuor di me.

GIANNINA  Non l'ha più Crespino.

EVARISTO  Ma chi lo ha? Chi lo ha? Presto.

GIANNINA  Lo ha quel birbante di Coronato.

EVARISTO  Coronato? Subito. Coronato? (all'osteria)

CORONATO  Signore.

EVARISTO  Datemi quel ventaglio.

CORONATO  Qual ventaglio?

GIANNINA  Quello che avevo io, e ch'è robba sua.

EVARISTO  Animo, subito, senza perder tempo.

CORONATO  Signore, me ne dispiace infinitamente...

EVARISTO  Che?

CORONATO  Ma il ventaglio non si trova più.

EVARISTO  Non si trova più?

CORONATO  Per distrazione l'ho messo sopra una botte. L'ho lasciato lì, son andato, son ritornato, non l'ho trovato più, qualcheduno l'ha portato via.

EVARISTO  Che si trovi.

CORONATO  Dove? Ho fatto di tutto.

EVARISTO  Dieci, venti, trenta zecchini lo potrebbero far ritrovare?

CORONATO  Quando non c'è, non c'è.

EVARISTO  Son disperato.

CORONATO  Mi dispiace, ma non so cosa farle. (entra)

EVARISTO  Voi siete la mia rovina, il mio precipizio. (contro Giannina)

GIANNINA  Io? Che ci ho colpa io?

SCENA SETTIMA

CANDIDA sulla terrazza, e detti.

CANDIDA  Signor Evaristo. (lo chiama)

EVARISTO  (Eccola, eccola: son disperato).

GIANNINA  Che diavolo! È finito il mondo per questo?

CANDIDA  Signor Evaristo! (torna a chiamare)

EVARISTO  Ah Candida mia dilettissima sono l'uomo più afflitto, più mortificato del mondo.

CANDIDA  Eh che sì che il ventaglio non si può più avere?

GIANNINA  (L'ha indovinata alla prima).

EVARISTO  Quante combinazioni in mio danno! Sì pur troppo è la verità. Il ventaglio è smarrito, e non è possibile di ritrovarlo per ora. (a Candida)

CANDIDA  Oh, so dove sarà.

EVARISTO  Dove? dove? Se aveste qualche indizio per ritrovarlo...

GIANNINA  Chi sa? Può essere che qualcheduno l'abbia trovato.

EVARISTO  Sentiamo. (a Giannina)

CANDIDA  Il ventaglio sarà nelle mani di quella, a cui lo avete donato, e non vuol renderlo, ed ha ragione.

GIANNINA  Non è vero niente. (a Candida)

CANDIDA  Tacete.

EVARISTO  Vi giuro sull'onor mio...

CANDIDA  Basta così. Il mio partito è preso. Mi meraviglio di voi che mi mettete a fronte di una villana. (via)

GIANNINA  Cos'è questa villana? (alla terrazza)

EVARISTO  Giuro al cielo, voi siete cagione della mia disperazione, della mia morte. (contro Giannina)

GIANNINA  Ehi, ehi non fate la bestia.

EVARISTO  Ella ha preso il suo partito. Io deggio prendere il mio. Aspetterò il mio rivale, l'attaccherò colla spada, o morirà l'indegno, o sagrificherò la mia vita... Per voi, per voi a questo duro cimento.

GIANNINA  Oh è meglio che vada via. Ho paura che diventi matto. (va pian piano verso la casa)

EVARISTO  Ma come! la passione mi opprime il core; mi manca il respiro. Non mi regge il piede; mi si abbagliano gli occhi. Misero me! chi m'aiuta? (si lascia cadere su una sedia del caffè, e si abbandona affatto)

GIANNINA  (voltandosi lo vede cadere) Cos'è? cos'è? More povero diavolo! More, aiuto gente, ehi Moracchio! Ehi dal caffè!

SCENA OTTAVA

LIMONCINO dal caffè, con le due tazze di caffè per andare all'osteria; MORACCHIO dalla casa accorre in aiuto di Evaristo [seguono CRESPINO e TIMOTEO, poi il CONTE].

CRESPINO  (di strada) Oh eccolo qui il signor Evaristo. Cos'è stato?

GIANNINA  Dell'acqua, dell'acqua. (a Limoncino)

CRESPINO  Del vino, del vino. (corre in bottega)

LIMONCINO  Dategli del vino. Io porterò il caffè all'osteria. (parte)

MORACCHIO  Animo, animo, signor Evaristo. Alla caccia, alla caccia.

GIANNINA  Sì altro che caccia! È innamorato. Ecco tutto il suo male.

TIMOTEO  (dalla speziaria) Cosa c'è?

MORACCHIO  Venga qui, venga qui, signor Timoteo

GIANNINA  Venga a soccorrere questo povero galantuomo.

TIMOTEO  Che male ha?

GIANNINA  È in accidente.

TIMOTEO  Bisogna cavargli sangue.

MORACCHIO  È capace vossignoria?

TIMOTEO  In caso di bisogno si fa di tutto. (va alla speziaria)

GIANNINA  (Oh povero signor Evaristo, lo stroppia assolutamente).

CRESPINO  (dalla bottega con un fiasco di vino) Ecco, ecco, questo lo farà rinvenire, è vino vecchio di cinque anni.

GIANNINA  Pare che rinvenga un poco.

CRESPINO  Oh questo fa risuscitare i morti.

MORACCHIO  Animo animo si dia coraggio.

TIMOTEO  (dalla speziaria con bicchiere, pezze e rasoio) Eccomi qui, presto, spogliatelo.

MORACCHIO  E cosa volete far del rasoio?

TIMOTEO  In caso di bisogno serve meglio di una lancetta.

CRESPINO  Un rasoio?

GIANNINA  Un rasoio?

EVARISTO  Chi è che vuol assassinarmi con un rasoio? (pateticamente, alzandosi)

GIANNINA  Il signor Timoteo

TIMOTEO  Son un galantuomo, non assassino alcuno, e quando si fa quello che si può, e quello che si sa, nessuno ha occasione di rimproverare. (Che mi chiamino un'altra volta che or verrò!) (entra in bottega)

MORACCHIO  Vuol venire da me, signor Evaristo? Riposerà sul mio letto.

EVARISTO  Andiamo dove volete.

MORACCHIO  Mi dia il braccio, s'appoggi.

EVARISTO  Quanto meglio saria per me che terminassi questa misera vita!(s'incammina sostenuto da Moracchio)

GIANNINA  (Se ha volontà di morire basta che si raccomandi allo speziale).

MORACCHIO  Eccoci alla porta. Andiamo.

EVARISTO  Pietà inutile a chi non desidera che di morire. (entrano)

MORACCHIO  Giannina, vieni ad accomodar il letto per il signor Evaristo. (sulla porta, ed entra)

GIANNINA  (vorrebbe andare anch'ella)

CRESPINO  Giannina? (la chiama)

GIANNINA  Cos'è?

CRESPINO  Siete molto compassionevole per quel signore!

GIANNINA  Faccio il mio debito perché io e voi siamo la causa del suo male.

CRESPINO  Per voi non so che dire. Ma io? Come c'entro io?

GIANNINA  Per causa di quel maladetto ventaglio. (entra)

CRESPINO  Maladetto ventaglio! L'avrò sentito nominare un milione di volte. Ma ci ho gusto per quell'ardito di Coronato. È mio nemico, e lo sarà sempre, fino che non arrivo a sposar Giannina. Potrei metterlo quel ventaglio in terra, in qualche loco, ma se gli camminano sopra, se lo fracassano? Qualche cosa farò, io non voglio che mi mettano in qualche imbarazzo. Ho sentito a dire che in certe occasioni i stracci vanno all'aria. Ed io i pochi che ho, me li vo' conservare. (va al banco suo, e prende il ventaglio)

LIMONCINO  Ed il...

CONTE  (dall'osteria) Vien qui aspetta. (prende un pezzetto di zucchero e se lo mette in bocca) Per il raffreddore.

LIMONCINO  Per la gola.

CONTE  Che?

LIMONCINO  Dico che fa bene alla gola. (parte e va in bottega)

CONTE  (passeggia contento, mostrando aver ben mangiato)

CRESPINO  (Quasi, quasi... Sì questo è il meglio di tutto). (s'avanza col ventaglio)

CONTE  Oh buon giorno, Crespino.

CRESPINO  Servitor di V. S. illustrissima.

CONTE  Sono accomodate le scarpe? (piano)

CRESPINO  Domani sarà servita. (fa vedere il ventaglio)

CONTE  Che cosa avete di bello in quella carta?

CRESPINO  È una cosa che ho trovato per terra vicino all'osteria della posta.

CONTE  Lasciate vedere.

CRESPINO  Si servi. (glie lo dà)

CONTE  Oh un ventaglio! Qualcheduno passando l'averà perduto. Cosa volete fare di questo ventaglio?

CRESPINO  Io veramente non saprei cosa farne.

CONTE  Lo volete vendere?

CRESPINO  Oh venderlo! Io non saprei cosa domandarne. Lo crede di prezzo questo ventaglio?

CONTE  Non so, non me n'intendo. Vi sono delle figure... ma un ventaglio trovato in campagna non può valere gran cosa.

CRESPINO  Io avrei piacere che valesse assai.

CONTE  Per venderlo bene.

CRESPINO  No in verità, illustrissimo. Per aver il piacere di farne un presente a V. S. illustrissima.

CONTE  A me? Me lo volete donare a me? (contento)

CRESPINO  Ma come non sarà cosa da par suo...

CONTE  No no, ha il suo merito, mi par buonino. Vi ringrazio, caro. Dove posso, vi esibisco la mia protezione. (Ne farò un regalo, e mi farò onore).

CRESPINO  Ma la supplico d'una grazia.

CONTE  (Oh, già lo sapevo. Costoro non danno niente senza interesse). Cosa volete? Parlate.

CRESPINO  La prego non dire di averlo avuto da me.

CONTE  Non volete altro?

CRESPINO  Niente altro.

CONTE  (Via via è discreto). Quando non volete altro... ma ditemi in grazia, non volete che si sappia che l'ho avuto da voi? Per avventura l'avreste rubbato?

CRESPINO  Perdoni illustrissimo, non son capace...

CONTE  Ma perché non volete che si sappia che l'ho avuto da voi? Se l'avete trovato, e se il padrone non lo domanda, io non ci so vedere la ragione.

CRESPINO  Eh c'è la sua ragione. (ridendo)

CONTE  E qual è?

CRESPINO  Le dirò. Io ho un'amorosa.

CONTE  Lo so benissimo. È Giannina.

CRESPINO  E se Giannina sapesse che io aveva questo ventaglio, e che non l'ho donato a lei se ne avrebbe a male.

CONTE  Avete fatto bene a non darglielo. Non è ventaglio per una contadina. (lo mette via) Non dubitate, non dirò niente d'averlo avuto da voi. Ma a proposito: come vanno gli affari vostri con Giannina? Avete veramente volontà di sposarla?

CRESPINO  Per dirle la verità... Le confesso il mio debole. La sposerei volontieri.

CONTE  Quand'è così non dubitate. Ve la faccio sposar questa sera, se voi volete.

CRESPINO  Davvero!

CONTE  Che sono io? Cosa val la mia protezione!

CRESPINO  Ma Coronato che la pretende?

CONTE  Coronato?... Coronato è uno sciocco. Vi vuol bene Giannina?

CRESPINO  Assai.

CONTE  Bene dunque. Voi siete amato, Coronato non lo può soffrire: fidatevi della mia protezione.

CRESPINO  Fin qui l'intendo ancor io. Ma il fratello?

CONTE  Che fratello? che fratello? Quando la sorella è contenta, cosa c'entra il fratello? Fidatevi della mia protezione.

CRESPINO  Mi raccomando dunque alla sua bontà.

CONTE  Sì, alla mia protezione.

CRESPINO  Vado a terminare d'accomodar le sue scarpe.

CONTE  Dite piano. Ne avrei bisogno d'un paio di nuove.

CRESPINO  La servirò.

CONTE  Eh! le voglio pagare, sapete? Non credeste mai... Io non vendo la mia protezione.

CRESPINO  Oh per un paio di scarpe!

CONTE  Andate, andate a fare le vostre faccende.

CRESPINO  Vado subito. (va per andare al banco)

CONTE  (tira fuori il ventaglio, e a poco a poco lo esamina)

CRESPINO  (Oh cospetto di bacco! Mi era andato di mente. Mi ha mandato la signora Geltruda a cercar il signor Evaristo, l'ho trovato qui, e non gli ho detto niente. Ma la sua malattia... Il ventaglio... Me ne sono scordato. Andarei ad avvertirlo, ma in quella casa non ci vado per cagion di Moracchio. Farò così, anderò a ritrovare la signora Geltruda. Le dirò che il signor Evaristo è in casa di Giannina, e lo manderà a chiamare da chi vorrà). (entra nella bottega della merciaia)

CONTE  Eh! (con sprezzo) Guarda e riguarda: è un ventaglio. Che può costar?... che so io? Sette o otto paoli. Se fosse qualche cosa di meglio, lo donerei alla signora Candida, che questa mattina ha rotto il suo. Ma perché no? Non è poi tanto cattivo.

GIANNINA  (alla finestra) (Non vedo Crespino. Dove sarà andato a quest'ora?)

CONTE  Queste figure non sono ben dipinte, ma mi pare che non siano mal disegnate.

GIANNINA  (Oh cosa vedo! Il ventaglio in mano del signor Conte! Presto presto andiamo a risvegliare il signor Evaristo). (via)

CONTE  Basta, non si ricusa mai niente. Qualche cosa farò.

SCENA NONA

BARONE dall'osteria, e detto [poi TOGNINO].

BARONE  Amico, mi avete piantato lì.

CONTE  Ho veduto che non avevate volontà di parlare.

BARONE  Sì, è vero; non posso ancor darmi pace... Ditemi, vi pare che possiamo ora tentar di riveder queste signore?

CONTE  Perché no? Mi viene ora in mente una cosa buona. Volete, ch'io vi faccia un regalo? Un regalo, con cui vi potete far onore colla signora Candida.

BARONE  Cos'è questo regalo?

CONTE  Sapete che questa mattina ella ha rotto il suo ventaglio?

BARONE  È vero; m'è stato detto.

CONTE  Ecco un ventaglio. Andiamola a ritrovare, e presentateglielo voi colle vostre mani. (lo dà al Barone) Guardate, guardate non è cattivo.

BARONE  E volete dunque...

CONTE  Sì, presentatelo come voi. Io non voglio farmi alcun merito. Lascio tutto l'onore a voi.

BARONE  Accetterò volentieri quest'occasione, ma mi permetterete che dimandi cosa vi costa?

CONTE  Cosa v'importa a sapere quel che mi costa?

BARONE  Per soddisfarne il prezzo.

CONTE  Oh cosa serve! Mi meraviglio. Anche voi mi avete donato quelle pistole...

BARONE  Non so che dire. Accetterò le vostre finezze. (Dove diavolo ha trovato questo ventaglio? Mi pare impossibile, ch'egli l'abbia comprato). (guardandolo)

CONTE  Ah cosa dite? Non è una galanteria? Non è venuto a tempo? Oh io in queste occasioni so quel che ci vuole. So prevedere. Ho una camera piena di queste galanterie per le donne. Orsù andiamo, non perdiamo tempo. (corre e batte al palazzino)

TOGNINO  (sulla terrazza) Cosa comanda?

CONTE  Si può riverire queste signore?

TOGNINO  La signora Geltruda è fuori di casa, e la signora Candida è nella sua camera che riposa.

CONTE  Subito che si sveglia avvisateci.

TOGNINO  Sarà servita. (via)

CONTE  Avete sentito?

BARONE  Bene, bisogna aspettare. Ho da scrivere una lettera a Milano, andrò a scriverla dallo speziale. Se volete venire anche voi...

CONTE  No no da colui vi vado mal volentieri. Andate a scrivere la vostra lettera, io resterò qui ad aspettare l'avviso del servitore.

BARONE  Benissimo. Ad ogni cenno sarò con voi.

CONTE  Fidatevi di me, e non dubitate.

BARONE  (Ah, mi fido poco di lui, meno della zia, e meno ancora della nipote). (va dallo speziale)

CONTE  Mi divertirò col mio libro; colla mia preziosa raccolta di favole meravigliose. (tira fuori il libro, e siede)

SCENA DECIMA

EVARISTO dalla casa di Giannina, e detto.

EVARISTO  (Oh, eccolo ancora qui, dubitava, ch'ei fosse partito. Non so come il sonno abbia potuto prendermi fra tante afflizioni. La stanchezza... la lassitudine. Ora mi par di rinascere. La speranza di ricuperar il ventaglio...) Signor Conte la riverisco divotamente.

CONTE  Servitor suo. (leggendo e ridendo)

EVARISTO  Permette, ch'io possa dirle una parola?

CONTE  Or ora son da voi. (come sopra)

EVARISTO  (Se non ha il ventaglio in mano, io non so come introdurmi a parlare).

CONTE  (si alza ridendo, mette cvia il libro e s'avanza) Eccomi qui. Cosa posso fare per servirvi?

EVARISTO  Perdonate se vi ho disturbato. (osservando se vede il ventaglio)

CONTE  Niente, niente finirò la mia favola un'altra volta.

EVARISTO  Non vorrei che mi accusaste di troppo ardito.

CONTE  Cosa guardate? Ho qualche macchia d'intorno? (si guarda)

EVARISTO  Scusatemi. Mi è stato detto che voi avevate un ventaglio.

CONTE  Un ventaglio? (confondendosi) È vero, l'avete forse perduto voi?

EVARISTO  Sì signor l'ho perduto io.

CONTE  Ma vi sono bene dei ventagli al mondo. Cosa sapete che sia quello che avete perduto?

EVARISTO  Se volete aver la bontà di lasciarmelo vedere...

CONTE  Caro amico mi dispiace che siete venuto un po' tardi.

EVARISTO  Come tardi?

CONTE  Il ventaglio non è più in mano mia.

EVARISTO  Non è più in mano vostra? (agitato)

CONTE  No, l'ho dato ad una persona.

EVARISTO  E a qual persona l'avete dato? (riscaldandosi)

CONTE  Questo è quello, ch'io non voglio dirvi.

EVARISTO  Signor Conte mi preme saperlo; mi preme aver quel ventaglio, e mi avete a dire chi l'ha.

CONTE  Non vi dirò niente.

EVARISTO  Giuro al cielo, voi lo direte. (trasportato)

CONTE  Come! mi perdereste il rispetto?

EVARISTO  Lo dico, e lo sosterrò; non è azione da galantuomo. (con caldo)

CONTE  Sapete voi che ho un paio di pistole cariche? (caldo)

EVARISTO  Che importa a me delle vostre pistole? Il mio ventaglio signore.

CONTE  Che diavolo di vergogna! Tanto strepito per uno straccio di ventaglio che valerà cinque paoli.

EVARISTO  Vaglia quel che sa valere, voi non sapete quello che costa, ed io darei per riaverlo... Sì, darei cinquanta zecchini.

CONTE  Dareste cinquanta zecchini!

EVARISTO  Sì, ve lo dico, e ve lo prometto. Se si potesse ricuperare darei cinquanta zecchini.

CONTE  (Diavolo, bisogna che sia dipinto da Tiziano, o da Raffaelo d'Urbino).

EVARISTO  Deh signor Conte fatemi questa grazia, questo piacere.

CONTE  Vedrò se si potesse ricuperare, ma sarà difficile.

EVARISTO  Se la persona che l'ha, volesse cambiarlo in cinquanta zecchini, disponetene liberamente.

CONTE  Se l'avessi io, mi offenderei d'una simile proposizione.

EVARISTO  Lo credo benissimo. Ma può essere che la persona che l'ha non si offenda.

CONTE  Oh in quanto a questo, la persona si offenderebbe quanto me, e forse forse... Amico, vi assicuro che sono estremamente imbrogliato.

EVARISTO  Facciamo così, signor Conte. Questa è una scattola d'oro, il di cui solo peso val cinquantaquattro zecchini. Sapete che la fattura raddoppia il prezzo; non importa, per ricevere quel ventaglio, ne offerisco il cambio assai volentieri. Tenete. (glie la dà)

CONTE  Ci sono de' diamanti in quel ventaglio? Io non ci ho badato.

EVARISTO  Non ci sono diamanti, non val niente, ma per me è prezioso.

CONTE  Bisognerà vedere di contentarvi.

EVARISTO  Vi prego, vi supplico, vi sarò obbligato.

CONTE  Aspettate qui. (Sono un poco imbrogliato!) Farò di tutto per soddisfarvi... e volete, ch'io dia in cambio la tabacchiera?

EVARISTO  Sì datela liberamente.

CONTE  Aspettate qui. (s'incammina) E se la persona mi rendesse il ventaglio, e non volesse la tabacchiera?

EVARISTO  Signore la tabacchiera l'ho data a voi, è cosa vostra, fatene qual uso che vi piace.

CONTE  Assolutamente?

EVARISTO  Assolutamente.

CONTE  (Il Barone finalmente è galantuomo, è mio amico). Aspettate qui. (Se fossero i cinquanta zecchini non li accetterei, ma una tabacchiera d'oro? Sì signore, è un presente da titolato). (va alla spezieria)

EVARISTO  Sì per giustificarmi presso dell'idol mio farei sagrifizio del mio sangue medesimo, se abbisognasse.

SCENA UNDICESIMA

CRESPINO dalla bottega della merciaia, e detti [poi GIANNINA]

CRESPINO  (Oh, eccolo qui). Signore la riverisco. La signora Geltruda vorrebbe parlar con vossignoria. È qui in casa dalla merciaia, e la prega di darsi l'incomodo di andar colà che l'aspetta.

EVARISTO  Dite alla signora Geltruda che sarò a ricevere i suoi comandi, che la supplico d'aspettar un momento, tanto ch'io vedo se viene una persona, che mi preme vedere, e verrò subito ad obbedirla.

CRESPINO  Sarà servito. Come sta? Sta meglio?

EVARISTO  Grazie al cielo sto meglio assai.

CRESPINO  Me ne consolo infinitamente. E Giannina sta bene?

EVARISTO  Io credo di sì.

CRESPINO  È una buona ragazza Giannina.

EVARISTO  Sì è vero; e so che vi ama teneramente.

CRESPINO  L'amo anch'io, ma...

EVARISTO  Ma che?

CRESPINO  Mi hanno detto certe cose...

EVARISTO  Vi hanno detto qualche cosa di me?

CRESPINO  Per dir la verità, signor sì.

EVARISTO  Amico io sono un galantuomo, e la vostra Giannina è onesta.

CRESPINO  (Oh sì, lo credo anch'io. Non mancano mai delle male lingue).

CONTE  (sulla porta della spezieria, che torna)

EVARISTO  Oh andate dalla signora Geltruda, e ditele che vengo subito.(a Crespino)

CRESPINO  Signor sì. (s'incammina) Son sicuro, non vi è pericolo, son sicuro. (passa vicino al Conte) Mi raccomando a lei per Giannina.

CONTE  Fidatevi della mia protezione.

CRESPINO  Non vedo l'ora. (entra da Susanna)

EVARISTO  Ebbene, signor Conte?

CONTE  Ecco il ventaglio. (lo fa vedere)

EVARISTO  Oh, che piacere! Oh quanto vi sono obbligato! (lo prende con avidità)

CONTE  Guardate se è il vostro?

EVARISTO  Sì, è il mio senza altro. (vuol partire)

CONTE  E la tabacchiera?

EVARISTO  Non ne parliamo più. Vi son schiavo. (corre ed entra dalla merciaia)

CONTE  Cosa vuol dire non conoscere le cose perfettamente! Io lo credevo un ventaglio ordinario, e costa tanto! Costa tanto, che merita il cambio d'una tabacchiera d'oro di questo prezzo! (piglia la tabacchiera) Evaristo non l'ha voluta indietro. Il Barone forse forse... non l'avrebbe voluta ricevere... Sì, è un poco disgustato veramente, ch'io gli abbia ridomandato il ventaglio, ma avendogli detto, ch'io lo presenterò in nome suo, si è un poco acquietato. Ne comprerò uno di tre, o quattro paoli, che farà la stessa figura.

CRESPINO  (che torna dalla merciaia) Manco male che la mia commissione è poi andata assai bene. La signora Geltruda merita d'esser servita. Oh, signor Conte, adunque ella mi dà buone speranze?

CONTE  Buonissime. Oggi è una giornata per me fortunata, e tutte le cose mi vanno bene.

CRESPINO  Se gli andasse bene anche questa!

CONTE  Sì, subito aspettate. Ehi Giannina.

GIANNINA  (di casa) Signore, cosa vuole? Cosa pretende? (in collera)

CONTE  Non tanta furia, non tanto caldo. Voglio farvi del bene, e maritarvi.

GIANNINA  Io non ho bisogno di lei.

CRESPINO  Sente? (al Conte)

CONTE  Aspettate. (a Crespino) Voglio maritarvi a modo mio. (a Giannina)

GIANNINA  Ed io gli dico di no.

CONTE  E voglio darvi per marito Crespino.

GIANNINA  Crespino? (contenta)

CONTE  Ah! cosa dite? (a Giannina)

GIANNINA  Signor sì, con tutta l'anima, con tutto il core.

CONTE  Vedete l'effetto della mia protezione? (a Crespino)

CRESPINO  Sì signore lo vedo.

SCENA DODICESIMA

MORACCHIO di casa, e detti.

MORACCHIO  Cosa fate qui?

GIANNINA  Cosa c'entrate voi?

CONTE  Giannina si ha da maritare sotto gli auspici della mia protezione.

MORACCHIO  Signor sì, son contento, e tu vi acconsentirai o per amore, o per forza.

GIANNINA  Oh vi acconsentirò volentieri. (con serietà)

MORACCHIO  Sarà meglio per te.

GIANNINA  E per farti vedere che vi acconsento, do la mano a Crespino.

MORACCHIO  Signor Conte. (con affanno)

CONTE  Lasciate fare. (placidamente)

MORACCHIO  Non era ella signor Conte impegnata per Coronato?

SCENA TREDICESIMA

CORONATO dall'osteria, e detti

CORONATO  Chi mi chiama?

MORACCHIO  Venite qui, vedete. Il signor Conte vuol che mia sorella si mariti.

CORONATO  Signor Conte...(con smania)

CONTE  Io sono un cavalier giusto, un protettor ragionevole, umano. Giannina non vi vuole, ed io non posso, non deggio, e non voglio usarle violenza.

GIANNINA  Signor sì, voglio Crespino a dispetto di tutto il mondo.

CORONATO  Cosa dite voi? (a Moracchio)

MORACCHIO  Cosa dite voi? (a Coronato)

CORONATO  Non me n'importa un fico. Chi non mi vuol, non mi merita.

GIANNINA  Così va detto.

CONTE  Ecco l'effetto della mia protezione. (a Crespino)

CORONATO  Signor Conte ho mandato l'altro barile di vino.

CONTE  Portatemi il conto, e vi pagherò. (dicendo così, tira fuori la scatola d'oro e prende tabacco)

CORONATO  (Ha la scatola d'oro, mi pagherà). (via)

MORACCHIO  Hai poi voluto fare a modo tuo. (a Giannina)

GIANNINA  Mi par di sì.

MORACCHIO  Se te ne pentirai sarà tuo danno.

CONTE  Non se ne pentirà mai; avrà la mia protezione.

MORACCHIO  Pane, pane, e non protezione. (entra in casa)

CONTE  E così quando si faranno le vostre nozze?

CRESPINO  Presto.

GIANNINA  Anche subito.

SCENA QUATTORDICESIMA

BARONE dalla spezieria, e detti.

BARONE  Ebbene signor Conte, avete veduta la signora Candida? Le avete dato il ventaglio? Perché non avete voluto che avessi io il contento di presentarglielo?

GIANNINA  (Come! non l'ha avuto il signor Evaristo?)

CONTE  Io non ho ancora veduto la signora Candida, e circa il ventaglio ne ho degli altri, e ve ne ho destinato un migliore. Oh ecco qui la signora Geltruda.

SCENA QUINDICESIMA

GELTRUDA, EVARISTO, SUSANNA, tutti tre dalla bottega di Susanna.

GELTRUDA  Favoritemi di far discendere mia nipote, ditele che li ho da parlare, che venga qui. (a Susanna)

SUSANNA  Sarà servita. (va al palazzino, batte, aprono ed entra)

GELTRUDA  Non ho piacere che il signor Conte, ed il signor Barone entrino in casa. A quest'ora possiamo discorrere qui. (piano ad Evaristo)

CONTE  Signora Geltruda, appunto il signor Barone, ed io volevamo farvi una visita.

GELTRUDA  Obbligatissima. Adesso è l'ora del passeggio, prenderemo un poco di fresco.

BARONE  Ben tornato signor Evaristo. (serio)

EVARISTO  Vi son servitore. (serio)

SCENA SEDICESIMA

CANDIDA e SUSANNA dal palazzino, e detti.

CANDIDA  Che mi comanda la signora zia?

GELTRUDA  Andiamo a far quattro passi.

CANDIDA  (Ah, è qui quel perfido d'Evaristo!)

GELTRUDA  Ma che vuol dire che non avete il ventaglio? (a Candida)

CANDIDA  Non sapete che questa mattina si è rotto?

GELTRUDA  Ah sì è vero; se si potesse trovarne uno!

BARONE  (Ora è il tempo di darglielo). (piano al Conte, urtandolo con premura)

CONTE  (No in pubblico, no). (piano al Barone)

GELTRUDA  Signor Evaristo, ne avrebbe uno a sorte?

EVARISTO  Eccolo a' vostri comandi. (a Gertruda lo fa vedere, ma non lo dà)

CANDIDA  (si volta dall'altra parte con dispetto)

BARONE  (Il vostro ventaglio). (piano al Conte)

CONTE  (Diavolo! oibò). (al Barone)

BARONE  (Fuori il vostro). (al Conte)

CONTE  (No, ora no). (al Barone)

GELTRUDA  Nipote non volete ricevere le grazie del signor Evaristo?

CANDIDA  No signora, scusatemi; non ne ho di bisogno.

CONTE  (Vedete non l'accetta). (al Barone)

BARONE  (Date a me, date a me il vostro). (al Conte)

CONTE  (Volete far nascere una disfida?) (al Barone)

GELTRUDA  Si potrebbe sapere, perché non volete ricevere quel ventaglio?

CANDIDA  Perché non è mio, perché non era destinato per me. (a Geltruda, con caricatura) E perché non è mio, né vostro decoro, ch'io lo riceva.

GELTRUDA  Signor Evaristo a voi tocca a giustificarvi.

EVARISTO  Lo farò, se mi vien permesso.

CANDIDA  Con licenza. (vuol andar via)

GELTRUDA  Restate qui che ve lo comando. (Candida resta)

BARONE  (Che imbroglio è questo?) (al Conte)

CONTE  (Io non so niente). (al Barone)

EVARISTO  Signora Susanna conoscete voi questo ventaglio?

SUSANNA  Sì signore, è quello che avete comprato da me questa mattina, e ch'io imprudentemente ho creduto che l'aveste comprato per Giannina.

GIANNINA  Oh così mi piace: imprudentemente! (a Susanna)

SUSANNA  Sì, confesso il mio torto, e voi imparate da me a render giustizia alla verità. Per altro io aveva qualche ragione, perché il signor Evaristo ve l'aveva dato.

EVARISTO  Perché vi aveva io dato questo ventaglio? (a Giannina)

GIANNINA  Per darlo alla signora Candida: ma quando voleva darglielo mi ha strapazzato; e non mi ha lasciato parlare. Io poi voleva rendervelo, voi non l'avete voluto, ed io lo ho dato a Crespino.

CRESPINO  Ed io son caduto, e Coronato l'ha preso.

EVARISTO  Ma dov'è Coronato? Come poi è sortito dalle mani di Coronato?

CRESPINO  Zitto, non lo stiano a chiamare che giacché non c'è dirò io la verità. Piccato sono entrato nell'osteria per trovar del vino, l'ho trovato a caso, e l'ho portato via.

EVARISTO  E che cosa ne avete fatto?

CRESPINO  Un presente al signor Conte.

CONTE  Ed io un presente al signor Barone.

BARONE  Voi l'avete riavuto! (al Conte, con sdegno)

CONTE  Sì, e l'ho rimesso nelle mani del signor Evaristo.

EVARISTO  Ed io lo presento alle mani della signora Candida.

CANDIDA  (fa una riverenza, prende il ventaglio, e ridendo si consola)

BARONE  Che scena è questa? Che impiccio è questo? Sono io messo in ridicolo per cagione vostra? (al Conte)

CONTE  Giuro al Cielo, giuro al Cielo signor Evaristo!

EVARISTO  Via via signor Conte si quieti. Siamo amici, mi dia una presa di tabacco.

CONTE  Io son così, quando mi prendono colle buone non posso scaldarmi il sangue.

BARONE  Se non ve lo scaldate voi, me lo scalderò io.

GELTRUDA  Signor Barone...

BARONE  E voi signora vi prendete spasso di me? (a Geltruda)

GELTRUDA  Scusatemi, voi mi conoscete poco, signore. Non ho mancato a tutti i numeri del mio dovere. Ho ascoltate le vostre proposizioni, mia nipote le aveva ascoltate, ed accettate, ed io con piacere vi acconsentiva.

CONTE  Sentite? Perché le avevo parlato io. (al Barone)

BARONE  E voi, signora, perché lusingarmi? Perché ingannarmi?

CANDIDA  Vi domando scusa, signore. Ero agitata da due passioni contrarie. La vendetta mi voleva far vostra, e l'amore mi ridona ad Evaristo.

CONTE  Oh qui non c'entro.

EVARISTO  E se foste stato amante meno sollecito, ed amico mio più sincero, non vi sareste trovato in caso tale.

BARONE  Sì è vero, confesso la mia passione, condanno la mia debolezza. Ma detesto l'amicizia, e la condotta del signor Conte. (saluta e via)

CONTE  Eh niente, siamo amici. Si scherza. Fra noi altri colleghi ci conosciamo. Animo facciamo queste nozze, questo matrimonio.

GELTRUDA  Entriamo in casa, e spero che tutto si adempirà con soddisfazione comune.

CANDIDA  (si fa fresco col ventaglio)

GELTRUDA Siete contenta d'aver nelle mani quel sospirato ventaglio? (a Candida)

CANDIDA  Non posso spiegare l'eccesso della mia contentezza.

GIANNINA  Gran ventaglio! ci ha fatto girar la testa dal primo all'ultimo.

CANDIDA  È di Parigi questo Ventaglio?

SUSANNA  Vien di Parigi ve l'assicuro.

GELTRUDA  Andiamo; v'invito tutti a cena da noi. Beveremo alla salute di chi l'ha fatto. (ai comiciE ringrazieremo umilmente, chi ci ha fatto l'onore di compatirlo.