ACHILLE CAMPANILE
IL VIAGGIO DI CELESTINO
Quattro Atti
1936 Non rappresentata
personaggi
Giacomo
Giulia
Edmondo
Piera
Scipione
Susanna
Capizzucchi
Elvira
Clara
Terenzio
Aristide
Antonio
Celestino
Avvocato Fava
Avvocato Delle Bobole
Il Viandante Scalcagnato
Suo Figlio
Il professor Limone
Facchino
Il Parrucchiere
Il Gendarme
Facciata della Pensione «La Quiete» sugli Appennini. A sinistra tavolini apparecchiati. Distributore di benzina.
atto primo
La luce cinerea dell'alba, salendo come un incenso dalla terra verso il cielo, schiarisce la facciata della pensione «La Quiete», tra le montagne. Passa un brivido nel bosco, s'odono piccoli fremiti tra le fronde degli alberi e gli uccellini si mettono a cinguettare.
La pensione, un poco fuori del paese, sta sulla strada che passa tra le montagne. Chi sa quante volte sarete passati in automobile davanti a uno di questi alberghetti che d'estate ospitano villeggianti; chi sa quante volte persone stese sulle sedie a sdraio v'hanno fatto un festoso cenno di saluto. Poco lungi dalla pensione c'è una pompa distributrice di benzina, davanti a una casupola.
Mentre una luce ancora grigia dà colori incerti ai fiori lilla, gialli e cilestrini delle grame aiuole ai lati dell'entrata, s'apre la porta della pensione e viene fuori Aristide il cameriere col grembiule davanti e una scopa in mano e comincia a spazzare il suolo sotto il pergolato e fra i tavolini del giardinetto.
Contemporaneamente s'apre la porta della casupola accanto alla pensione, ne esce il vecchio Antonio anch'egli con una scopa in mano e si mette a spazzare il ciglio della strada davanti alla casupola.
Tra un colpo di scopa e l'altro, Aristide sogguarda Antonio, che spazzando s'avvicina alla pensione. Quando questi è presso di lui, il cameriere smette di spazzare e lo fìssa con occhi di basilisco.
I.
Aristide e Antonio.
Aristide Indietro, con questa polvere volgare!
Antonio (ghignando) Sta' a vedere che la tua è polvere di stelle.
Aristide(con disprezzo) Che cosa scopi, tu? Sterco di capre. Io spazzo carte, pezzi di fogli, frammenti di manoscritti, ecco che cosa spazzo. Il mio è un lavoro di concetto.
Antonio (con un riso sgangherato che rivela più l'invidia che lo scherno) Ah, ah!
Aristide(raccogliendo detriti della propria spazzatura e levandoli superbamente in alto) Ecco qua, questo è un frammento di manoscritto buttato via dal generale Cobollis, questa è una scatola vuota delle pillole del conte Capizzucchi, questa è una pagina di diario stracciata della signorina Elvira de Rubillis, questa è la busta d'una lettera proveniente dalla capitale, questo è un mozzicone di sigaretta col bocchino dorato. Quando mi mostrerai nella tua spazzatura residui di questa fatta, potrai competere con me.
Antonio (livido, si sente schiacciato dall'imponente documentazione dell'avversario; davvero sotto la sua scopa non ha che detriti di capre; nella rabbia impotente non trova di meglio che lanciare al rivale un insulto) Lavapiatti!
Aristide (alzando la scopa) Chi lavapiatti?
Antonio Se fai un passo, ti spacco la testa.
I due rientrano, mentre escono dalla pensione Giulia e Giacomo.
II.
Giacomo, Giulia, Piera e Edmondo.
Giacomo (a Giulia) Sono proprio contento di avere scelto questo luogo di villeggiatura. Che pace! Che tranquillità!
Giulia Siamo stati fortunati soprattutto perché ci sono soltanto persone simpatiche, con le quali si va d'accordo che è un piacere. (Vedendo entrare la coppia Edmondo- Piera)Buongiorno, signora Piera. Buongiorno, signor Edmondo.
Piera e Edmondo Buongiorno, buongiorno.
Scambio di saluti; i nuovi venuti prendono posto a un'altra tavola. Aristide torna e affigge presso la porta la minuta del pranzo. Giacomo la legge con interesse.
Giacomo(a Giulia) E’ un'ottima cosa questa di esporre la minuta del pranzo fin dalle prime ore del mattino, in modo che i pensionanti possano prepararsi spiritualmente al pasto. (Aristide toma coi caffellatte.) Il pensionante esce dall'albergo pensando: «Oggi, dunque, mangerò nasello gratinato». Mi concentro qualche istante, pensando al nasello gratinato e poi comincio la mia giornata.
Giulia Mi pare il modo di guastarsi la giornata fin dal mattino.
Giacomo Perché, Giulia? Viviamo! C'è posto anche per il nasello gratinato, nella vita. Ha anch'esso diritto di cittadinanza.
Piera ( placida) E come!
Edmondo (c. s.) E come!
Giulia Se è gratinato, vuol dire che non aveva diritto di cittadinanza.
Edmondo Anche questo è vero.
Piera Certo.
Edmondo A me piace il nasello gratinato.
PIERA Anche a me.
Prendono tutt'e quattro il caffellatte, mentre escono dall'albergo sul ballatoio, il conte Capizzucchi e Terenzio.
III.
Detti, Capizzucchi e Terenzio.
Capizzucchi (esce, inforca le lenti e va a leggere la minuta) Nasello gratinato. Bene, bene, bene. (Siede a un tavolo.)
Terenzio (esce e va a leggere la minuta) Nasello gratinato. (Fa una piccola smorfia. Scambio di saluti. Poi Terenzio, a Capizzucchi, che ha un libro giallo) Lei sempre coi suoi libri gialli.
capizzucchi È l'unico svago per un vecchio scapolo come me, ormai fuori concorso.
Terenzio Che c'entra? Anch'io leggo i libri gialli.
capizzucchi (mostrando il suo libro) Vede? La farfalla incatenata.
Terenzio Conosco. Interessante. Dov'è arrivato?
capizzucchi A quando scompare il professore.
Terenzio Ha capito chi è il colpevole?
capizzucchi (allarmato) Non me lo dica.
Terenzio Io lo capii subito. Perché, quando mi accingo a leggere un libro giallo, per prima cosa vo' all'ultima pagina a vedere chi è il colpevole. Questo mi permette di gustare meglio le sfumature e le bellezze stilistiche del contesto.
capizzucchi Grave errore! Questo è un genere di letteratura che richiede tutta una speciale tattica nel lettore. Il libro giallo bisogna saperlo leggere e io mi lusingo di saperlo leggere. Mai sfogliarlo a caso.
Edmondo Certo.
Piera (come l'eco) Certo.
capizzucchi Guai se si viene a sapere in anticipo chi è il colpevole. Il libro perde ogni fascino.
Piera Certo.
Edmondo (come l'eco) Certo.
capizzucchi (a Terenzio) Pensi che io, verso l'ultima pagina, quando sento che sta per essere rivelato il colpevole, copro le righe con la mano e poi le scopro una alla volta, per tema che l'occhio involontariamente intraveda il nome prima del tempo.
Terenzio Questa, però, è un'esagerazione. Quasi quasi sarei tentato di rivelarglielo io quel nome.
capizzucchi (allarmato) Guardi che me ne avrei a male.
Terenzio Stia tranquillo, non parlo.
Capizzucchi s'immerge nella lettura; Giulia s'accomoda nella sua sedia a sdraio e lavora d'uncinetto. Intanto esce sul ballatoio Scipione, omaccione con una grande barba nera, in calzoncini e polpacci nudi, da turista, con una piccozza da arrampicatore, una lanterna e un seggiolino pieghevole sotto il braccio; si ferma anche lui a leggere la minuta, indi va a prender posto a una tavola.
iv.
Detti e Scipione.
Scipione (con voce stentorea) Buondì a tutti.
Terenzio Signor Scipione, buongiorno. La signora dorme ancora?
Scipione Si sta vestendo. Facciamo una passeggiata al Pizzo Tre Corni.
Terenzio Passeggiata per modo di dire. Sono dieci chilometri fra andare e tornare. (Stendendosi nella sua poltrona a sdraio) Io, le dirò, sono un fortissimo camminatore, ma quello che mi andicappa è la stanchezza. Se a un certo punto non mi stancassi, andrei avanti chi sa quanto.
Scipione Io, invece, non conosco la stanchezza.
Terenzio Ma vedo che si porta dietro un seggiolino.
Scipione È per quando scendo dalla carrozza.
Terenzio Ah, la fa in carrozza?
Scipione E vuole che la faccia a piedi?
Terenzio In carrozza anch'io resisto molto. Ma perché porta la piccozza?
Scipione È l'ultima novità della moda sportiva: (preme una molla e la piccozza si apre, trasformata in ombrellino da sole) un ombrellino da sole.
Terenzio E la lanterna?
Scipione Un panierino per la colazione.
V.
Detti, Elvira e Clara.
Escono dall'albergo sul ballatoio le signorine Elvira, bruna, e Clara, bionda e seggono a prendere il caffellatte dopo aver scambiato qualche saluto.
Terenzio Dormiglione!
Elvira Si riposa così bene in questo silenzio!
Intanto anche Piera e Edmondo, finito di prendere il caffellatte, spostano le loro sedie a sdraio per metterle in fila con le altre e vi si stendono su. Piera fa un gomitolo di lana mentre Edmondo le regge la matassa. Poi anche Elvira e Clara portano le loro sedie a sdraio in rango con le altre. Scambio di cortesie con qualche vicino che fa posto. «S'accomodino. Qui.» «Prego, prego non si disturbino.» «Qui prende meglio il sole.» ecc. Clara si stende e si mette a ricamare. Elvira, che ha in lavorazione una maglia di lana, ne misura le spalle su quelle di Terenzio e poi si stende nella sua sedia e si mette al lavoro.
Adesso sono tutti stesi in fila davanti all'albergo, in quest'ordine, da sinistra a destra:
Piera, che fa il gomitolo,
Edmondo, che le regge la matassa,
Giulia, che lavora d'uncinetto,
Giacomo, che legge un libro giallo,
Capizzucchi, id.,
Elvira, che fa la maglia di lana,
Terenzio, che si bea al sole nel dolce far niente,
Clara, che ricama,
Scipione, che legge il giornale.
Terenzio Che pace!
Una pausa di silenzio.
Poi si sente, lontano, lo strombettio d'un'automobile a tre note: «Tatà - ta ta ta tà!
(do fa - do la do fa)».
S'ode avvicinarsi lo strombettio e il fracasso d'un motore.
Dopo poco entra dalla destra Celestino al volante della sua minuscola e sgangherata macchinetta utilitaria. Egli è equipaggiato quasi come un aviatore o un corridore automobilista: occhialoni da corsa, casco paraorecchi, spolverino, ecc.; si ferma davanti alla pompa della benzina e strombetta con fare autoritario.
VI.
Celestino, Antonio e Detti.
ANTONIO (placidamente affacciato alla sua finestrella) Vuole la benzina?
AGOSTINO Si discute tanto di arte razionale, mobili razionali, architettura razionale; ma, benedetta gente, cominciate col rendere razionale la vita. Lei vede che mi fermo
davanti al distributore della benzina, chiamando, e mi domanda se voglio la benzina. E che dovrei volere? Un mazzo di fiori? La sua domanda è superflua. È irrazionale. Bisogna semplificare. Due litri.
Antonio(uscendo dalla sua casupola e cominciando a pompare la benzina) Ma vede, signore, io non sono per lo stile razionale. Alcuni personaggi non più giovanissimi sono rimasti ferocemente attaccati a certi concetti ch'essi ritengono audaci. Ma sappiano che il cosiddetto '900 altro non è che il «dernier cri» dell'800. (Intanto ha finito di pompare. Mentre Celestino paga) Ha bisogno d'altro?
Celestino Ho bisogno d'altro! Ma benedetto uomo, se avessi bisogno d'altro glielo chiederei. Avrò bisogno, forse, d'un altro litro di benzina stasera quando ripasserò, nel viaggio di ritorno, perché vado lontano; ma adesso la sua domanda è superflua e tale da produrre impaccio nell'ingranaggio dei rapporti sociali, con conseguente rallentamento, perdita di tempo e di energia. Tutto questo perché? Perché il mondo
non è razionale. Tutto, tutto. Vede, per esempio,(indicando Scipione che legge un giornale) la barba di quel signore...
Scipione (alzando gli occhi dal giornale; piccato) Che c'entra la mia barba?
celestino Oh, niente. Volevo dire soltanto, mi scusi, sa, coi dovuti riguardi per lei, che la sua barba sarà bellissima, ma non è razionale.
Mentre Scipione, che è rimasto a bocca aperta per l'uscita, lo guarda indignato, senza trovare una risposta, riparte strombettando, pomposamente. Il vecchio Antonio rientra in casa.
VII
Detti meno Celestino e Antonio. Poi Susanna.
Scipione Che razza d'imbecille! La mia barba non è razionale!
Giacomo (senza dar troppo peso alla cosa) In fondo, però, in quello che dice costui, pur con le sue esagerazioni, c'è qualcosa di vero. A che serve avere una barba simile?
Scipione Come a che serve? E a che serve essere senza barba?
Giacomo D'accordo. Ma, poiché è inutile, via. Questo è razionale.
Scipione Fino a un certo punto. La barba nasce da sé. Quindi, poiché è inutile non averla, è irrazionale tagliarla. D'altronde, è un ornamento.
Giulia Ma è un ornamento inutile. Orpello.
Giacomo (a Giulia) Che orpello! Non è mica una barba finta. (A Scipione) Del resto, vede,
perfino la barba finta serve a qualche cosa. Serve a camuffarsi. Ma la barba vera non serve proprio a niente.
Scipione Nemmeno per sogno. Se la natura ce l'ha data, vuol dire che serve a qualche cosa.
Giacomo Serviva. Serviva in altri tempi. Quando l'uomo era ancora selvaggio. Serviva forse per vestirlo, o per riparare il collo dal freddo, o per incutere spavento nei nemici, sa il diavolo a che serviva. Ma oggi, con la vita che facciamo, non solo è inutile ma è addirittura dannosa. Può prendere fuoco.
Scipione Andiamo, prende fuoco! L'ha presa per un pagliaio. Del resto, sono assicurato contro l'incendio. Ed ho l'estintore. Le dirò anche che doversi radere tutti i giorni è una schiavitù e una perdita di tempo.
giacomo Ma avere la barba è antigienico. Per quanto sia, non è mai pulita.
Scipione Prego credere, signori.
Clara Io certo non bacerei un uomo con la barba.
Scipione (sostenuto) Fortunatamente, signorina, non tutte le donne la pensano come lei. clara (dispettosa) Questione di gusti.
scipione (nervoso, s'alza e chiama in direzione d'una finestra dell'albergo) Susanna! Susanna!
Susanna (affacciandosi) Che c'è?
SCIPIONE Spicciati se vuoi fare questa passeggiata!
SUSANNA Mi sto vestendo. Che modi!
SCIPIONE(nervoso) Andiamo, andiamo! Io mi avvio. (Via)
Susanna (placida)Calmati, Scipione. Tu hai bisogno di bromuro. (Si ritira dalla finestra e dopo qualche minuto esce dall’’albergo e se ne va nella direzione dove è andato il marito.)
VIII
Detti meno Scipione e Susanna.
Terenzio Io, però, non trovo che la barba sia tanto irrazionale. Per conto mio la uso come orologio. Mi regolo su quanto è cresciuta per capire se è presto o tardi. La mattina, appena sveglio, mi tocco le guance; se me le sento lisce, mi rimetto a dormire; se no, salto dal letto: «Santo cielo, che ora ho fatto!». Quando ho un appuntamento galante non mi rado per tema di non potermi poi regolare con l'ora.
Giacomo Ma per far questo bisogna appunto non avere la barba.
Terenzio Già, è vero. Però uno scopo deve averlo, se ce l'abbiamo.
Giacomo E perché? Anche l'appendice l'abbiamo e non serve a niente. Del resto, signori, la natura non ha che uno scopo: la conservazione della specie. Bisogna guardare tutto da questo punto di vista e così si spiegano molte cose. Perché la barba l'hanno soltanto gli uomini e le donne no? Evidentemente perché non si confondano gli uomini con le donne.
Terenzio E lei vuol dire che io, sol perché non ho la barba, potrei essere scambiato con una donna?
Giacomo Non dico questo. S'intende, inorigine la Natura ci fornì di questo mezzo per evitare gli equivoci. Poi abbiamo imparato a riconoscere gl'individui dei due sessi senza bisogno di quel distintivo ed ecco che la barba è diventata inutile come l'appendice e finirà per scomparire.
capizzucchi(interloquendo con una vocetta stridula e un poco timidamente) In Natura si riscontra anche che il maschio è sempre più appariscente e - diciamolo pure - più bello della femmina.
clara (saltando su inviperita) Chi lo dice?
capizzucchi Me ne appello a tutti i presenti.
TERENzio (fatuo) Io personalmente preferisco le femmine ai maschi.
clara Bravo!
capizzucchi Questa è un'altra faccenda. Io ho enunciato una regola costante.
clara Se la regola è vera, lei, caro conte, è un'eccezione.
capizzucchi (punto sul vivo) Eppure, cara signorina, debbo dirle che da un punto di vista, diciamo così, di estetica architettonica, io sono più bello di lei.
clara Non mi faccia ridere.
capizzucchi Sono più bello, sì.
clara Lei si fa delle illusioni. Si guardi allo specchio.
Qualcuno ride.
CAPizzuccHi Non c'è proprio da ridere. Io ho formulato una tesi scientifica. (Indignato,s'alza ed entra in albergo senza salutare nessuno.)
XI.
Detti meno Capizzucchi.
Giacomo II conte Capizzucchi voleva dire semplicemente che il maschio è in generale più appariscente della femmina, perché deve attirarla, e che forse in origine l'onor del mento serviva per attirar la femmina.
clara Forse in origine, ma oggi non l'attira più. A me, per lo meno, non mi attira affatto.
Elvira Eppure a me gli uomini con la barba non dispiacciono.
clara Uh, che orrore, Elvira mia! Sposeresti un tipo come; Mosè?
Elvira Come Mosè no, ma con un bel pizzettino sì.
Giacomo Dite quello che volete, ma per me la barba è un resto di barbarie.
Giulia Lo dice la parola stessa: barba, barbarie.
Giacomo Che c'entra barba con barbarie?
giulia Come che c'entra? Barbarie deriva dalla parola barba.
Giacomo Santo cielo, guai quando le donne si mettono a parlare di cose che non capiscono.
Giulia Le capisco molto bene. E se credi di trattarmi come un'ignorante, ti sbagli. Le due parole hanno la stessa etimologia. La stessa radice.
Giacomo Almeno non farti sentire quando dici simili bestialità.
Giulia Le bestialità le dici tu. Presuntuoso, ignorante e villano.
Giacomo Ma sta' zitta. Non ti vergogni? Ti sentono.
Giulia Dovresti vergognarti tu di trattarmi così in presenza della gente.
Pallone gonfiato.
Giacomo Giulia, smettila.
Giulia Oggi non vengo a tavola. (S'alza ed entra in albergo sulle furie.)
X.
Detti, meno Giulia, che poi torna.
Giacomo Le donne, che disastro!
Clara Sapeste come siete disastro voi.
Giacomo Ma fanno sempre una questione personale di tutto.
Clara Lei l'ha offesa.
Giacomo E’ lei che ha offeso me. (Giulia riappare pronta per andare a passeggio e s'avvia sostenutissima.) Dove vai?
Giulia Dove mi pare.
Giacomo (alzandosi e seguendola) Giulia!
Giulia Non mi seccare.
Giacomo Giulia, finisce male.
Giulia Va' all'inferno! {Via.)
Giacomo (inseguendola; drammatico) Giulia, bada a quello che fai. Non mettere l'irreparabile fra noi. Pensaci! Giulia! Giulia! (Via inseguendo la moglie. S'ode la sua voce allontanarsi.)
XI.
Capizzucchi e detti, meno Giacomo e Giulia.
capizzucchi (uscendo dalla porta dell'albergo; a parte, m mente, ad Aristide, che durante le scene precedenti è entrato e uscito dall'albergo per servire i pensionanti)
Aristide fatemi preparare il conto.
Aristide II signore parte?
capizzucchi Non son uso stare in luoghi dove mi si manca di riguardo. Vado a fare un telegramma e fra mezz'ora voglio trovare il mio bagaglio giù.
Aristide Va bene.
Capizzucchi via a destra e Aristide entra nell'albergo.
xii.
Detti meno Capizzucchi e Aristide.
Terenzio, Elvira e Clara s'alzano dalle tavole rispettive e vengono nella strada.
Terenzio (a parte, a Elvira, fremendo) Cosicché, la signorina ha un debole per gli uomini col pizzetto, eh?
ELVIRA Che c'entra? Ho parlato in senso generico.
Terenzio (amaro) Ah, s'intende. Anch'io, in senso generico preferisco le bionde alle brune. (A Clara) Clara, vuol fare una passeggiata con me?
CLARA (maligna) Se non dispiace a Elvira.
ELVIRA (con crescente interna irritazione) Che c'entro io? Anzi, mi fa piacere. Divertitevi.
CLARA No, se ti dispiace, vieni anche tu con noi. (Malignamente) Non vorrei che poi mi dicessi che ti porto via i corteggiatori.
ELVIRA (c. s.) A me? Ma io ne trovo quanti ne voglio! Te lo regalo.
TERENZIO Lei, cara signorina, regali le cose che le appartengono. Clara, andiamo?
CLARA (raggiungendo Terenzio e mettendoglisi sotto braccio) Eccomi. (Via a sinistra.)
ELVIRA (tra sé, quasi piangendo) Hai ragione che non ci sono altri li giovinotti in albergo, se no ti farei vedere! (Via a destra.)
XIII.
Edmondo e Piera.
Sono rimasti in scena soltanto Edmondo e Piera.
Edmondo (secco) Per me ci sono tipi che stanno meglio sbarbati e tipi no.
Piera Certo.
Edmondo (c. s.) Trovo che un mingherlino sta meglio sbarbato.
piera Anch'io.
Edmondo Ma insomma con te è impossibile fare una discussione. Sei sempre del mio parere. E sostieni un punto di vista contrario almeno una volta, santo cielo. Se sosteniamo tutt'e due la stessa cosa è inutile discutere.
piera D'accordo.
Edmondo D'accordo! Ma se sto dicendo che non dobbiamo essere d'accordo?
piera Dico: sono d'accordo con te nel fatto che, se siamo d’accordo, non possiamo discutere. Ma che vuoi farci se anch’io sono convinta che un mingherlino sta meglio sbarbato.
Edmondo Che donna impossibile! Da dieci anni che siamo sposati, ci fosse stata una volta che avesse manifestato un parere opposto al mio. Io dico bianco, lei dice bianco; io dico nero e lei nero.
piera Caro Edmondo, tu non te ne accorgi, ma anche tu la pensi come me, sempre, su tutto, in un modo esasperato. Potrei citarti migliaia di casi.
Edmondo Senti, Piera, o sono io che la penso come te, o sei tu che la pensi come me, il fatto è che la pensiamo allo stesso modo e questo mi rende infelice.
piera Rende infelice me, caro.
Edmondo Lo vedi? C'è una cos che mi rende infelice? Rende infelice anche te.
piera Ma per forza. Sto dicendo che sono infelice proprio perché andiamo d’accordo. Non posso discutere, non posso polemizzare, non posso sforgarmi.
EDMONDO E’ quello che dico anch’io
PIERA Lo vedi? Adesso sei tu che la pensi come me.
EDMONDO Ma se io lo sto dicendo da mezz’ora!
piera Io lo penso da anni. Non ne posso più. È una vita insopportabile.
Edmondo Sicuro. Così non si va avanti.
piera D'accordo.
Edmondo Sono stanco di sentirmi dire «d'accordo».
PIERA D'accordo.
Edmondo Sono stanco di sentirmi dire «anch'io».
Piera Anch'io.
EDMONDO Ma tu vuoi provocarmi. E di' una volta almeno: io invece no, io non sono di questo parere. No. Sempre: anch’io, io pure, d'accordo. Che tortura, che vita d'inferno!
PIERA Sì, inferno, tortura, anche per me. Io invidio quei mariti e moglie che si prendono a capelli. Almeno discutono. Almeno vivono.
EDMONDO Se sapessi come li invidio io.
PIERA (esasperata) Ma sentitelo! Ma sentitelo se non la pensa come in tutto. Io li invidio? Li invidia anche lui. È questa eterna placidezza, questa perpetua bonaccia della nostra esistenza, quello che mi fa diventare pazza. Soffoco. Voglio separarmi.
EDMONDO Ah, sì, anch'io. Non ne posso più.
PIERA Nemmeno io.
EDMONDO Adesso vado da un avvocato.
PIERA Anch’io
EDMONDO Bè, Piera, è inutile continuare a rilevare quest'insopportabile situazione a ogni passo. Tanto durerà ancora per poco. Tu sei d'accordo con me di mettere in mezzo degli avvocati e questo è necessario, visto che noi, andando sempre d’accordo, non potremmo discutere la separazione. Discuteranno gli avvocati. Soltanto, vorrei pregarti d'una cosa: dimentica per un momento d'essere sempre d'accordo in tutto, fa forza a te stessa e vedi se ti riesce di non chiamare lo stesso avvocato chiamerò io. Questo mi pare necessario, perché almeno possano litigar loro. Sei d'accordo?
PIERA D’accordissimo.
EDMONDO Figuriamoci se non era d’accordo. Allora, mettiamoci d’accordo … Cioè... Sì, chiameremo gli avvocati Fava e Delle Bobole, che sono in villeggiatura qui. Scegli quello che preferisci.
piera Scegli tu, io non ho preferenze.
Edmondo Nemmeno io ho preferenze.
piera Ma qualcuno dovrà scegliere.
Edmondo e piera (insieme) E perché dovrei essere io?
Edmondo Vedi? Non si va avanti così. (Tira fuori due monete) Deciderà la sorte.
Il ventino è Fava, il pezzo da cinque lire è Delle Bobole. (Presenta i pugni chiusi.)
piera Destra.
Edmondo T'è venuto Fava. Io prenderò Delle Bobole.
piera Ma se preferisci Fava...
Edmondo Adesso non ricominciamo. Fava abita da quella parte, Delle Bobole dall'altra. Andiamo a chiamarli.
Via, l'uno a destra, l'altro a sinistra.
XVI.
Aristide solo, poi Antonio.
Aristide (che da qualche istante è venuto sul ballatoio, in giacca da fatica e berretto, a sparecchiare le tavole; tra sé alludendo a Edmondo e Piera) Fra tanta gente che viene quassù in villeggiatura, non ho mai visto un marito e una moglie così bene assortiti. Proprio la coppia ideale.
Sipario.
Atto secondo
Stessa scena.
I.
Aristide e Antonio.
Aristide (vede il vecchio Antonio che s'è affacciato alla sua finestrella) Oh, Antonio! Beato te che non fai niente dalla mattina alla sera. È un miracolo se passa un'automobile in un giorno. A proposito, sai che ti dico? Quella teoria a me mi convince.
Antonio (flemmatico) Quale teoria?
Aristide Quella del signore che ha preso la benzina.
Antonio Ah, quel cretino della vita razionale.
Aristide Sì, in realtà noi non siamo razionali. C'è tutto da rifare in questo campo. In fondo anche i capelli, a che servono? Prendi per esempio l'illuminazione solare, non è razionale. Non è a luce indiretta.
ANTONIO Aristide, ho paura che tu ti metti su una brutta strada.
ARISTIDE Sono razionale.
ANTONIO Tu non sei razionale, sei cretino.
Aristide rientra nell'albergo con stoviglie.
II.
Antonio e il professor Limone.
Il professor Limone, con grossi occhiali e redingote, arriva dalla destra accaldato e si ferma vicino alla pompa della benzina asciugandosi il sudore.
Antonio (dalla finestra) Vuole la benzina?
limone (cercando con lo sguardo chi ha parlato) M'hanno preso per automobile. ( Vede Antonio) Scusate, brav'uomo, è vero che questa pensione è molto quieta?
Antonio Si chiama appunto «La Quiete».
limone Ma tante volte il nome non corrisponde alla realtà, Io. per esempio, alloggio nell'altro albergo, al «Posta e Pernice». Non c'è né la posta né la pernice. In compenso,
c'è molto chiasso. Allora ho pensato di trasferirmi qui. Io, sapete» sono uno studioso. Ho bisogno di quiete, di solitudine.
Antonio Quest'albergo è rinomato per la solitudine. Tutti quelli che cercano la solitudine accorrono qui dai più lontani paesi. Con permesso.(Si ritira e chiude la finestra.)
III.
Limone e Aristide.
limone(tra sé) Non voglio sentir altro. Questo è l'albergo che fa per me. (Ad Aristide, che è riapparso sul ballatoio per finire di sbarazzare) Ehi, ci sono camere?
Aristide Si parla tanto di arte razionale, architetturarazionale, mobili razionali, ma cominciate col rendere razionale la vita, benedetta gente. Lei si presenta in un albergo e domanda se ci sono camere. In un albergo non ci sono camere. La sua domanda è superflua. È irrazionale.
limone (apre le braccia) Abbracciatemi. Abbracciatemi, vi dico. Io sono il professor Limone. Capite, ora? L'apostolo del razionalismo applicato. È la mia buona stella che vi ha messo sulla mia strada. Oh, cielo! Uno scienziato di fama mondiale ha da imparare qualcosa venendo fra questi rozzi montanari.
Aristide Adesso non cominci a offendere.
limone Tutt'altro, caro. Pensate che io sto scrivendo un libro che farà epoca: Lo stile razionale in casa e fuori. Vengo qui per lavorare in solitudine e trovo in voi il più genuino campione della vita razionale. Non capite che in voi lo stile razionale è innato, istintivo, allo stato puro? Voi siete l'anello che mancava alla mia catena, il trionfo vivente della mia tesi. E chi si muove più da quest'albergo? Dunque, ditemi, le vostre parole sono per me una dolce musica: la mia domanda era irrazionale. Verissimo. Me ne accorgo anch'io. Ma io intendevo dire se ci sono camere disponibili.
Aristide Ora cominciamo a ragionare. Nossignore. L'albergo è completo.
limone E mi fate fare tutto questo discorso?
Aristide Cioè, un momento. C'è il conte Capizzucchi in partenza. Fra mezz'ora si libera una camera.
LIMONE Benissimo. Una camera per me.
Aristide Anche quel «per me» è ozioso. Si presume che la camera è per lei. E del resto all'albergo importa poco se sia per lei o per altri.
LIMONE Oh, caro! Toh! (Gli getta un bacione.) E che avrei dovuto dire?
ARISTIDE Niente. Niente alla lettera. Si presenta. Io capisco che vuole una camera e gliela do. Se la camera non c'è, non mi muovo. Lei capisce che non c'è e se ne va.
LIMONE (incantato, quasi non crede ai propri orecchi) Perfetto. Io dovrei appuntarle queste cose. Me le ripeterete poi con calma. Ne farò oggetto d'una relazione al prossimo congresso scientifico. Voi sarete il documento umano della mia opera monumentale. Ma ditemi, come avete queste teorie? Di dove siete?
ARISTIDE Sono di qui, ma ho studiato a Rocca di Mezzo.
LIMONE E dov'è Rocca di Mezzo?
ARISTIDE A due chilometri da qui.
limone Parlatemi di voi. No, parleremo poi.Fra mezz’ora avete detto che sarà libera la camera? Fra mezz’ora sarò qui. Vado a disdire al «Posta e Pernice». Pensate: sono solo al mondo. Non ho nessuno. Non un fratello, non un amico. Spero d'averlo trovato in voi. A tra poco.
Aristide Ah, dimenticavo: io accetto la mancia.
limone Come sarebbe a dire?
Aristide Ci sono locali dove è vietato accettare la mancia. Qui non è vietato. Non già che io la voglia, ma, nel caso che me la deste, l'accetterei.
limone Ma io non ve la do.
Aristide E io non la pretenderò. Mi sono limitato a informarvi per il caso che vi domandaste: qui è permesso o no accettare la mancia?
limone Grazie della premura, ma, ripeto, io non ve la do. Comunque, avete fatto bene a dirmelo.
Aristide (con un sorrisetto di scherno) Ci sono certi che rifiutano la mancia.
limone Che cretini! A tra poco. (Via dalla parte d'onde è venuto.
Aristide finisce di sbarazzare le tavole durante le prime battute della scena seguente, indi via.
IV.
Edmondo, Piera, avvocato Delle Bobole e avvocato Fava.
La voce di Aristide.
Dalla destra entrano Piera e l'avvocato Fava; dalla sinistra Edmondo e l'avvocato Delle Bobole. Scambio di saluti.
Edmondo (salutando l'avvocato della moglie, Fava) Buongiorno, avvocato Fava.
FAVA Caro signor Edmondo.
Saluti.
PIERA (c.s.) Buongiorno, avocato Delle Bobole.
DELLE BOBOLE Riverisco signora.
EDMONDO (agli avvocati) Vogliono accomodarsi nella sala?
FAVA Qui si sta più freschi.
I due avvocati vanno sul ballatoio.
EDMONDO Già conoscete i fatti e la nostra decisione. Vi preghiamo di discutere il lato interessi della faccenda. Noi ci ritiriamo e appena avrete concretato qualcosa favorite chiamarci. (Verso l'interno dell'albergo) Aristide!
LA VOCE DI ARISTIDE Comandi, signor Edmondo.
EDMONDO (c. s.) Portate due birre fresche ai signori che sono qui fuori. Le segnerete sul mio conto. (Via lui a destra, Piera a sinistra.)
V.
Fava e Delle Bobole.
FAVA (prendendo posto col collega a una tavola) Mi pare che il fatto sia assolutamente sproporzionato alle conseguenze.
delle bobole Non vuol dire. Tante volte, tra moglie e marito è una goccia quella che fa traboccare il vaso.
fava Ma è nostro dovere tentare una conciliazione.
delle bobole Vedi, Carlo, ti dirò per esperienza che questi tentativi non approdano a nulla. Quando s'è arrivati a una situazione d'incompatibilità, anche se si riesce ad appianare il piccolo incidente che è stato - diciamo così - la scintilla che ha dato fuoco alle polveri...
fava O la goccia che ha fatto traboccare il vaso...
delle bobole Come vuoi. Domani ci sarà un'altra scintilla...
fava O un'altra goccia.
delle bobole O un'altra goccia, se preferisci, e saremo da capo.
fava E sta bene. Allora non ci resta che andare avanti. Tu conosci i fatti?
delle bobole Sì. Una sciocchezza. La scintilla...
fava La goccia...
delle bobole Lui ha detto che un mingherlino sta meglio sbarbato.
fava Veramente questo l'ha detto lei.
delle bobole No, no, me l'ha raccontato lui stesso.
fava Hai capito male. Comunque non ha importanza.
delle bobole Ha importanza e come! Tu capisci che bisognerà fare una valutazione dei fatti, vedere chi ha torto e chi ha ragione. La questione muta profondamente d'aspetto, se lei ha qualche motivo per sostenere una cosa piuttosto che un'altra. Tu m'intendi. Uno con barba, piuttosto che uno senza.
fava O se lui è un provocatore che vuol cimentarla a ragion veduta.
delle bobole Giustissimo. Allora bisogna assodare.
Via l'uno a destra, l'altro a sinistra, mentre entrano dalla destra i due della scena seguente.
VI.
Il Viandante Scalcagnato e Figlio. Poi Aristide.
Il Viandante Scalcagnato - tipo di pover uomo afflitto da ristrettezze finanziarie, scalcagnato, vestito di nero, con la bombetta e un nodoso bastone per difendersi dagli attacchi dei cani da pastore - e suo Figlio, che potrà avere un dodici-quattordici anni entrano dalla destra sudati, sotto il solleone; ché ormai è passato mezzogiorno.
il figlio Papà, se ci pigliassimo due birre?
il viandante scalcagnato (drammaticamente) Figlio mio ormai sei in età da potertisi esporre le cose come stanno. Sappi dunque che io sono rovinato. Il mio patrimonio è finito nelle mani dei creditori, da anni. Speculazioni errate e un eccessivo gravame ipotecario hanno divorato ogni mio avere. E tu mi parli di due birre. Anch'io le vorrei, ma, purtroppo...
Aristide (uscendo dall'albergo con vassoio) Ecco le due birre.
viandante (sorpreso) Chi le ha ordinate?
Aristide II signor Edmondo per lorsignori.
viandante Ma si debbono pagare?
aristide Tutto pagato.
viandante Oh, grazie. (Bevono) Ma che brava persona, questo signor Edmondo. Aristide Ah, sì, veramente brava.
vii.
Detti. Poi Fava e Delle Bobole, un momento.
Mentre i due bevono la birra, Fava e Delle Bobole rientrano, ognuno dalla parte donde era uscito, e traversano in fretta la scena, sbuffando, accaldati. Mentre s'incrociano.
FAVA (a Delle Bobole) Lei è di là.
DELLE BOBOLE (a Fava, insieme) Lui è di là.
Escono dalle parti opposte.
VIANDANTE (riconsegnando ad Aristide i boccali vuoti) Ringrazi tanto il signor Edmondo.
ARISTIDE Non mancherò.
Aristide via.
VIII.
Viandante e Figlio.
FIGLIO (al padre) Papà, chi è il signor Edmondo?
VIANDANTE E chi lo sa? Sarà bene allontanarci in fretta.
Via.
Entrano dalla destra Elvira e il conte Capizzucchi, conversando.
IX.
Elvira e Capizzucchi.
Elvira No, no, caro conte, quello che vi ha detto Clara è ingiusto. Io trovo che siete il più simpatico fra tutti i villeggianti.
capizzucchi Voi siete molto gentile, mia cara, ed io accolgo le vostre parole unicamente come una prova della vostra squisitezza d'animo.
Elvira No, no, quel che è giusto è giusto. A me non piacciono i giovinotti scipiti d'oggi. Trovo che è molto più interessante un uomo maturo e voi...
capizzucchi Tacete. Mi basta il pensiero delicatissimo. Iosonoun cuore solitario, signorina. E sono anche un timido. E pensi che ho partecipato l'anno scorso al congresso dei cuori solitari e, benché ce ne fossero molti dell'uno e dell'altro sesso, non ebbi il coraggio d'attaccar con nessuna delle congressiste. Un'invincibile timidezza mi paralizza, quando sono in presenza d'una persona dell'altro sesso, specie se giovane e bella. È stato sempre così, e questa è la ragione per cui sono diventato un vecchio scapolo.
elvira Vecchio, poi!
capizzucchi Be', l'età magari non ancora. Ma mi pare che nessuna donna potrebbe interessarsi di me.
Elvira Errore.
capizzucchi Vedete, se voi oggi non m'aveste gentilmente parlato, non avrei mai avuto il coraggio di rivolgervi La parola. Mi sembra che tutte le donne debbano trovarmi goffo.
Elvira Per niente affatto.
capizzucchi Parlate sinceramente?
Elvira Dico quello che penso.
capizzucchi Oh, signorina, le vostre parole mi fanno bene al cuore. Pensate che avevo deciso di lasciare quest'albergo, dove mi sentivo così solo. E adesso mi pare un Paradiso, per merito della vostra presenza e delle vostre parole gentili.
Elvira Troppo buono.
capizzucchi Comprendetemi. Non sono uno sciocco e non mi faccio illusioni, che mi renderebbero ridicolo. Capisco benissimo quello che dipende unicamente dalla vostra gentilezza d'animo. Ma mi basta. Sono sempre così solo! Sapeste, signorina, com'è triste la mia vita! Guardate: libri gialli e solitudine. (Mostra il libro.)
ELVIRA Ah,La farfalla incatenata. L'ho letto. Ha capito chi è il colpevole?
capizzucchi Non me lo dite.
ELVIRA Non farei mai una simile mascalzonata.
capizzucchi Ma adesso, dopo aver parlato con voi, il mondo non mi sembra più un deserto. Scusate un momento, voglio avvertire l'albergo che non parto più.(Lascia il libro su un tavolinetto ed entra nell'albergo.)
X.
Elvira, Terenzio e Clara; poi Capizzucchi.
Entrano dalla destra Terenzio e Clara.
TERENZIO (a Elvira, ironico) Complimenti, complimenti, abbiamo visto.
ELVIRA Che cosa?
TERENZIO Di lontano sembravate due colombi che tubavano. Il vecchietto s'è ringalluzzito, eh?
ELVIRA Il conte Capizzucchi è una persona simpaticissima, che ne vale dieci, di certi giovanotti che so io.
TERENZIO E tienitelo, allora, cara, nessuno te lo tocca.
ELVIRA Certamente. Ascolta …
TERENZIO Va' all'inferno.
Elvira Crepa.
capizzucchi (uscendo dall'albergo, a Elvira) Ecco fatto. (Via con Elvira.)
Elvira(guarda Terenzio ironicamente, prendendo sottobraccio Capizzucchi e canticchiando, mentre escono)
Fior di giaggiolo,
gli angioli belli stanno a mille in cielo...
(Aria della «Cavalleria rusticana».)
Terenzio Di lei non m'importa. Ma quel vecchio rammollito s'accorgerà che non son tipo da prendersi in giro. Di lui mi vendico. E la mia vendetta sarà terribile. (Furioso, si guarda intorno, quasi per cercare la vendetta. Vede il libro giallo lasciato da Capizzucchi sulla tavola e un ghigno satanico gli increspa il volto; prende il libro, scrive un biglietto, lo mette nel libro e se ne va.)
XI.
Professor Limone, Facchino, Terenzio in fondo, poi Aristide.
Torna dalla destra il professor Limone seguito da un facchino piegato letteralmente in due sotto l'enorme peso d'un grandissimo baule.
facchino Questo baule pesa come un accidente.
limone Ci sono libri, mio caro. Tutti libri. Io, sapete, sono uno studioso. Voi v'intendete di studi?
facchinoIo voglio scaricare il baule.
Aristide (uscendo dall'albergo; al professor Limone) Non c’è più la camera per lei.
limone Come? Prima mi fate disdire al “Posta e pernice” e poi mi dite che la camera non c'è più. Vi faròpagare i danni.
Aristide II conte Capizzucchi non parte più. Non è colpa mia.
limone Deciderà il magistrato. (Al Facchino) Torniamo al «Posta e Pernice». (Via.)
XII.
Aristide, Capizzucchi, Elvira.
capizzucchi(rientra affannato con Elvira) Aristide, avete visto il mio libro?
Aristide (prende il libro di sulla tavola) È questo, signor conte?
capizzucchi Sì, grazie. (Aristide consegna il libro e via. Dal libro cade una lettera.) Una lettera? (Raccoglie la lettera, l'apre con mano tremante) Una lettera anonima? (Sorpreso legge e tosto con impeto di rabbia getta il libro a terra) Mascalzoni!
ELVIRA Lo butta via?
CAPIZZUCCHI Che volete che me ne faccia? Dal momento che un mascalzone mi ha rivelato chi è il colpevole. (Via, lasciando la lettera sulla tavola.)
xiii.
Fava e Delle Bobole.
Fava e delle bobole (insieme) Avevo ragione io.
FAVA Lei mi ha confermato d'aver detto che un mingherlino sta meglio sbarbato.
delle bobole Benedetto il cielo, non sono né pazzo né sordo.
Lui m'ha confermato d'averlo detto lui.
FAVA Ma allora qui c'è un enorme equivoco. Bellissima, bellissima!
delle bobole E già, nella foga della discussione non hanno capito che si battevano per l'identica tesi. Ah, ah! Che gente! Ma allora tutto è risolto. Bisogna chiamarli.
Via l’uno da destra, l'altro da sinistra.
XIV.
Aristide. Poi Giacomo e Giulia. Indi Clara, Terenzio, Elvira e Capizzucchi.
Aristide si fa sulla porta dell'albergo e suona il tam-tam della colazione. Cominciano a rientrare i pensionanti; tutti accigliati, neri; prima coppia, Giacomo e Giulia; mentre essi
parlano, passano la coppia Clara e Terenzio e la coppia Elvira e Capizzucchi; controscene di Elvira e Terenzio, che si vogliono ingelosire reciprocamente.
Giacomo Ma senti, ragiona...
Giulia Non resto un giorno di più in un albergo dove sono stata pubblicamente insultata da mio marito.
Giacomo (rassegnato) E va bene. (Chiama) Aristide!
Aristide (smette di suonare il tam-tam) Comandi.
Giacomo Senti, caro, noi partiamo. Tu resti?
Aristide Iosì.
Giacomo Bene, allora facci preparare il conto. A cheora passail treno per Roma?
Aristide (consulta l'orario) Dunque, dunque, il treno per Roma passa a mezzanotte alla stazione di Piedicolle.
Giacomo Benissimo. Partiamo a mezzanotte.
Aristide Per andare a Piedicolle ci sono 20 Km e c’è il trenino locale delle 11 in coincidenza col direttissimo.
Giacomo Ottimamente. Partiremo alle 11.
Aristide L'ultima corsa della funicolare in coincidenza del trenino è alle 10.
Giacomo Alle 10 allora.
Aristide Ma se vogliono valersi della carrozza dell’albergo per andare alla funicolare, questa parte alle 9.
Giacomo Alle 9, allora.
Aristide Però, siccome stasera c'è la festa, lacarrozza anticipadi un'ora.
Giacomo Senti, dimmelo francamente: dobbiamo andarcene subito?
Aristide No. Ma se vogliono mandare le valige direttamente alla stazione di Piedicolle, c'è un furgoncino che fa questo servizio per i signori villeggianti. Così stasera partiranno con comodo, senza pensieri. Ma in questo caso debbono preparare subito il bagaglio, perché il furgoncino parte fra poco, dovendo fare il giro di vari paesi.
Giulia E’ una buona idea.
Giacomo Brava. E io dovrei mettermi subito a far le valige?
Giulia Ma ti pare possibile, stanotte, mettersi a fare quattro trasbordi di valige, fra carrozza, funicolare, trenino e direttissimo?
Giacomo (rassegnato) E va bene. Vuol dire che adesso invece di mangiare vado a fare le valige. Con questo caldo da morire. Se dovesse venirmi un colpo, poi, non ti lamentare. L'hai voluto tu. Resterai vedova.
Giulia Pazienza.
Giacomo Pensaci.
GIULIA Meglio vedova che quattro trasbordi con le valige, di notte.
Giacomo Una donna, sola, alla tua età... E sta bene. Vai pure a mangiare.
GIULIA Io non ho appetito. Sono stanchissima e ho bisogno Soltanto di riposo.
Entrano nell'albergo.
ARISTIDE (al ragazzo dell'albergo) Corri al «Posta e Pernice» e di' al professor Limone che ritiri la querela, perché la camera ci sarà stasera. (Si rimette a suonare il tam-tam.)
SIPARIO
atto terzo
Stessa scena.
I.
Aristide e Giacomo.
All'alzarsi del sipario è fermo davanti alla porta dell'albergo un furgoncino e Aristide va sistemandovi sopra le valige di Giacomo, mentre questi sorveglia l'operazione dalla finestra della sua camera, in maniche di camicia, asciugandosi il sudore. Poi il furgoncino parte.
Aristide (a Giacomo) Il signore scende per la colazione?
Giacomo Che colazione! Non ne posso più dalla stanchezza. Ho fatto una sfacchinata. Adesso mi metto a riposare. (Si ritira e chiude la finestra.)
Aristide entra nell'albergo
II.
Piera, Edmondo, avvocato Fava, avvocato Delle Bobole.
Intanto sono entrati da una parte Piera e l'avvocato Fava, dall'altra Edmondo e l'avvocato Delle Bobole. I due coniugi sono neri. Gli avvocati soddisfattissimi e misteriosi.
piera (all'avvocato Fava, entrando) Ma insomma, perché questi misteri?
Edmondo (a Delle Bobole) È quello che dico anch'io. Che cosa avete deciso?
delle bobole Adesso lo saprete.
FAVA Datevi la mano. (Edmondo e Piera li guardano sorpresi.) Abbracciatevi, via! (Li spingono. Edmondo e Piera non si muovono.) Ma non capite che siete d'accordo? Edmondo Appunto per questo vogliamo separarci.
delle bobole Ma non d'accordo nell'idea di separarvi. L'incidente è nato mentre voi sostenevate tutt'e due la stessa cosa.
piera Naturalmente.
dellebobole E allora fate la pace. Il nostro compito è finito.
Edmondo (agli avvocati) Scusate, non avete capito niente: noi vogliamo separarci perché andiamo d'accordo su tutto e questo c'impedisce di fare delle discussioni.
delle bobole (sorpreso, cercando di raccapezzarsi) Come, come, come?
Edmondo Ogni volta che io esprimo un'opinione, mia moglie mi dice: «giustissimo». Che altro posso aggiungere io? Se insisto nel dimostrarle che la mia opinione è giusta, lei mi dice: «Verissimo». E mi tappa la bocca.
piera Tàl'e quale come fa lui con me.
fava E non siete soddisfatti?
piera Ma che vita è questa? Mai uno sfogo!
Edmondo Sono anni che andiamo avanti in questo monologo a due, in questo tète à tète silenzioso.
I due avvocati si guardano sorpresi.
fava ( a Delle Bobole) Hai capito?
delle bobole La questione è molto più complicata di come credevo. (Ai due clienti) Ma scusate, non potreste cercare di pensarla diversamente, almeno in qualche cosa? Edmondo Non dipende da me. Io dico quello che penso.
piera Anch'io.
Edmondo La sentite? Questa è la mia vita dalla mattina alla sera. Di sentirmi dire: «anch'io», o qualcosa del genere.
piera è anche la mia vita.
Edmondo Che vi dicevo? La mia vita; la sua vita. È esasperante.
piera Ah, sì, proprio esasperante.
Edmondo (con le mani nei capelli) Ma la sentite? Sembra l'eco.
piera Ma, Edmondo, tu ripeti cose che io ho detto mille volte.
Edmondo Le ho dette anch'io.
piera (agli avvocati) Sentono? Noi diciamo sempre tutti e due le stesse cose. È vita? fava Ma scusate, se proprio ci tenete a discutere, e visto che andate così bene d'accordo, perché non cercate di mettervi d'accordo su questo: che di quando in quando e magari a turno, uno dei due, tanto per rendere possibile una discussione, sostenga il contrario di quello che sostiene l'altro.
Edmondo E che discussione sarebbe? Oltre tutto farebbe rabbia sostenere l'opposto di quello che si pensa, in contraddittorio con uno che sostiene proprio la vostra opinione.
piera Giustissimo. (Ogni volta che uno dei due coniugi approva quello che dice l'altro, l'altro ha uno scatto nervoso.) Con che calore si potrebbe sostenere la tesi contraria?
Edmondo Proprio così.
Scatto di Piera.
fava (a Delle Bobole) Ma guarda come vanno d'accordo. Strappano gli schiaffi.
piera Se fa rabbia a voi, figuratevi a noi che ci viviamo.
Edmondo E come!
Scatto di Piera.
piera Lo sentono come approva?
delle bobole È davvero un caso grave. Scusate. Ragioniamo un po' con calma. Vediamo se si può risolvere. Siete sicuri di andare d'accordo su tutto, proprio su tutto? Avete discusso, che so io, d'arte, di politica, di letteratura, di sport? Forma e contenuto, '900 e '800, «Lazio»-«Roma»?
piera Siamo tutt'e due per la «Lazio».
delle bobole «Milan» - «Inter».
piera Siamo tutt'e due per il «Milan».
Edmondo Che vuol discutere? Se le dico che appena uno esprime un'opinione l'altro è d'accordo? Basta. È finita. Non si va avanti.
delle bobole Ma avete provato con argomenti meno consueti, che so io, su questioni d'astronomia, di filosofia?
Edmondo S'è tentato tutto. (Drammatico) Dall'immortalità dell'anima agli spaghetti al pomodoro, lei la pensa come me e questo è asfissiante.
fava Ma allora perché non cercate di litigarvi per il fatto che andate d'accordo?
piera Lo stiamo facendo. Ma siamo stati subito d'accordo che l'unica è separarci.
fava Ma invece di separarvi, profittate, continuate a litigarvi su questo tema.
Edmondo E come è possibile? Se io sono convinto che per questa ragione non ci resta che separarci...
piera ... e io sono dello stesso avviso...
Edmondo ... è impossibile discuterne.
fava Ma io voglio convincervi invece che non è il caso di separarvi.
delle bobole Senti, non li convincere tutti e due. Convincine uno solo, se no saremo da capo.
fava Hai ragione. Allora cercherò di convincere lei, signora, che mi sembra più ragionevole.
Edmondo Ma sono ragionevole anch'io.
fava Lei stia zitto, mi faccia il favore. E non cerchi d'influenzare l'opinione della signora.
Edmondo Ma se io cerco proprio il contrario.
fava Tanto meglio. Allora, favorisca ritirarsi un momento così non c'è pericolo che io convinca anche lei.
Edmondo (a Delle Bobole) Benissimo, noi andiamo a far colazione dentro. (S'avvia per entrare in albergo.)
fava (a parte, a Delle Bobole) Fammi il favore, cerca di convincerlo della necessità di separarsi, io cercherò di convincere del contrario la moglie e vediamo se è possibile metterli d'accordo, cioè, di disaccordo, insomma, di farli pensare diversamente l'uno dall'altra.
delle bobole Proviamo. (Entra in albergo con Edmondo.)
III.
Avvocato Fava e Piera.
fava Lei, signora, mentre aspettiamo la colazione, venga a fare due passi con me e stia a sentire senza preconcetti.
piera S'immagini. Sono piena di buona volontà.
Parlando escono da destra, mentre dalla sinistra rientrano il Viandante Scalcagnato e suo Figlio tristi, assetati e stanchi.
IV.
Il Viandante Scalcagnato e suo Figlio, poi Aristide.
viandante Non c'è da battere un chiodo. (Si ferma presso le tavole asciugandosi il sudore. Dall'interno dell'albergo s'ode acciottolio di piatti e stoviglie.) Senti, senti. Tutti hanno un desco fumante, tutti fanno colazione e noi niente. Aristide (uscendo con un vassoio; al Viandante e Figlio) Ecco la colazione per lorsignori.
viandante (sorpreso) Eh?! Aristide La manda il signor Edmondo. Ha detto che intende assolutamente che anche loro facciano colazione qua fuori, perché non è giusto che mentre tutti mangiano lorsignori restino digiuni.
viandante Finalmente, ecco uno che ragiona.
Aristide Tanto più, ha detto, che possono benissimo parlare anche mangiando.
viandante Ah, s'intende. (Siede col Figlio e si mettono a mangiare soddisfattissimi.)
Aristide rientra nella sala da pranzo dell'albergo.
V.
Piera, Fava e detti, meno Aristide.
Piera e l'avvocato Fava rientrano passeggiando dalla sinistra e traversano lentamente la scena per uscire dalla destra, mentre parlano.
fava Anzitutto, voglio dirle che andare sempre d'accordo tra moglie e marito non è poi un gran male.
piera Ma d'accordo su tutto, caro avvocato, è cosa da morire.
fava Glielo concedo. Però ella ammetterà che è preferibile al non andare d'accordo.
piera Non sono del suo parere. Ma continui pure.
fava No, tengo a questa premessa …
Parlando escono dalla destra.
VI.
Viandante Scalcagnato e Figlio. Professor Limone e Facchino.
Rientra il professor Limone seguito dal Facchino sempre più curvo sotto l'enorme baule.
limone Alt.
Facchino Posso scaricare?
Limone Un momento. Dovete portarmelo in camera.
facchino Non ce la faccio più. È da stamattina che ho questo baule addosso.
limone Pazientate ancora pochi istanti. Se no poi, lo sapete, ci vogliono quattro uomini per rimettervelo sulle spalle. (Vede Aristide che esce a servire il Viandante e suo Figlio e si fa avanti.)
Scena muta razionale fra lui e Aristide. Limone si mette in posizione d'attesa. Aristide gli fa cenno d'aspettare un minuto. Guarda la finestra di Giacomo e fa il gesto d'uno che dorme. Muta interrogazione di Limone, che non ha capito.
Aristide (secco, razionale) Dorme.
limone Chi?
Aristide II viaggiatore in partenza.
limone(secco, razionale) Svegliarlo.(Aristide fa un gesto di costernazione; Limone, duramente) Svegliarlo! Non capite che ho disdetto al «Posta e Pernice»?(Secco e autoritario) Finestra?
Aristide indica la finestra di Giacomo. Limone prende un sasso e lo tira sulle impannate. La finestra si apre e appare Giacomo che sbadiglia.
Aristide Scusi, signore, abbiamo dato via la camera.
Giacomo Di già? Va bene. Adesso la libero. Il tempo di vestirmi. (Un'orribile smorfia si disegna sul suo volto appena dette queste parole, come per un pensiero improvviso; e tosto egli emette un lugubre ululato) Uh! Uh! Uh! Ho chiuso nelle valige anche i vestiti che dovevo mettermi addosso; anche le scarpe! Bisogna raggiungere il furgoncino. Dov'è?
Aristide Vattelapesca. Sta facendo il giro dei paesi. Lo troverà a mezzanotte alla stazione di Piedicolle.
Giacomo E come vado alla stazione di Piedicolle ? In camicia?
facchinO (A Limone, da sotto il baule) Signore, il baule pesa.
limone Un momento, caro, se no poi ci vogliono quattro uomini. (A Giacomo) Signore, ho bisogno della camera.
Giacomo Ma non capisce che sono nudo? Ho soltanto questa camicia addosso. È una camicia da giorno. Non ho nemmeno le scarpe, i calzini.
limone Ma io ho disdetto al «Posta e Pernice». Vi farò causa. (Ad Aristide) Vi mangerò l'albergo. (A Giacomo) Le porterò via anche la camicia.
Giacomo Aristide, per pietà, si raggiunga il furgoncino! Sguinzagliate dei ciclisti a Vallefonda, a Roccadilepre, a Torredimezzo, a Pratoverde, a Belvedere, a Macchiarossa; si perlustri la montagna. Non capisci che se no, io non posso partire nemmeno stanotte?(A Limone) È nel suo interesse. Io non posso muovermi se non ho
i miei abiti.(Si ritira e richiude la finestra.)
Aristide In realtà non c'è altro da fare che battere la montagna in cerca del motofurgoncino. Adesso manderò dei ragazzi. (Al professor Limone) Vuol dire che lei avrà la bontà di tornare più tardi.
limone Pazienza che stai per scapparmi! (Al Facchino) Torniamo al «Posta e Pernice». (Via col Facchino mentre Aristide rientra in albergo.)
VII.
Piera, avvocato Fava. Viandante e Figlio (che continuano a mangiare a quattro palmenti disinteressandosi del resto).
fava(rientra con Piera, passeggiando e sempre catechizzandola) Voi e vostro marito dovreste rassegnarvi. C'è di peggio. E ora, al secondo punto: forse, se desistete dall'idea di separarvi, con un po' di buona volontà, con un po' di spirito conciliativo, prò bono pacis, insomma, potrete trovare qualche piccolo punto di disaccordo.
Piera Impossibile.
fava Ma via! Se l'uno o l'altro, o magari tutt'e due... no, tutt'e due no... se l'uno o l'altro vorrà non essere troppo intransigente con se stesso, finirete per non andare più d'accordo, almeno nelle piccolezze. Occorre della buona volontà, nient'altro che questo.
piera Per conto mio ce la metto. Provi a dirlo anche a mio marito.
fava No, se lo dico anche a lui è finita.
Continuano a bassa voce ed escono dalla parte opposta.
VIII.
Viandante, Figlio e Aristide, poi Capizzucchi.
Aristide (uscendo dall'albergo sul ballatoio; al Viandante) Il signor Edmondo vuol sapere se hanno finito.
viandante (mangiando a quattro ganasce) Non ancora.
capizzucchi (uscendo sul ballatoio, radioso, elettrizzato; ad Aristide misteriosamente) Aristide, tu dovresti farmi un favore. Quando hai finito il servizio, dovresti andare in paese al «Piccolo Parigi» e farmi mandare in albergo una dozzina di cravatte da scegliere, le migliori, mi raccomando. Che ci sia anche una cravattina nera per il ballo di questa sera. Che altro volevo dirti? Ah, ho bisogno di tagliarmi i capelli; dovresti farmi venire il parrucchiere in albergo. (Rientra nella sala da pranzo.)
viandante Cameriere, dica al signor Edmondo se "si possono avere due buoni sigari.
Aristide Subito. (Rientra in albergo.)
IX.
Viandante, Figlio, Fava e Piera.
fava (rientra con Piera, continuando un discorso) Il mio collega sta in questo momento catechizzando Edmondo perché insista nell'idea di separarsi. Fra poco lo chiamerò, lei gli anderà incontro, dirà che non vuole separarsi, l'abbraccerà e così litigherete.
Proseguono a bassa voce, uscendo dalla parte opposta.
X.
Viandante, Figlio e Aristide.
Aristide (tornando, al Viandante) Il signor Edmondo dice che la richiesta del sigaro è una provocazione perché il sigaro era l'unica cosa in cui non andavano d'accordo e adesso lei si mette a fumare anche i sigari. Perciò manda un solo sigaro.
viandante Ma non vorrà mica farmelo pagare!
Aristide (offeso) Ci mancherebbe altro! Tutto pagato.
viandante Lo ringrazi tanto da parte mia.
Aristide via.
XI.
Viandante, Figlio, Fava e Piera.
fava (rientra con Piera, continuando un discorso) E se lui dovesse cambiare idea, lei dice
che vuol separarsi. Cerchi, insomma, di provocarlo, dandogli torto sistematicamente. piera Veramente mio marito considera una provocazione il fatto che io gli dia ragione. In ogni modo tenterò.
fava Andiamo a chiamarlo. (Entrano in albergo.)
il figlio del viandante Papà, io ho l'impressione che il signor Edmondo ci abbia confuso con qualcuno.
viandante Credi?
figlio Non so. Il suo contegno nei nostri riguardi ha qualche lato poco chiaro. Credo che ci converrebbe tagliare la corda.
viandante Forse non hai tutti i torti. Peccato. Si stava così bene!
S'alzano.
viandante Comunque torneremo all'ora di cena e vedremo come si regolerà con noi. (Vede il foglietto che Capizzucchi ha lasciato cadere.) To', hanno perso una lettera. (Raccoglie il foglietto e legge.)
figlio Che dice?
viandante (atterrito) Un delitto!
Via col figlio.
XII.
Piera, Edmondo, avvocato Fava e avvocato Delle Bobole.
Edmondo (uscendo dall'albergo, agli avvocati che l'accompagnano) Insisto assolutamente per la separazione.
piera (con forza) E io no.
fava (piano, a Piera) Brava!
Edmondo (sorpreso, fìssa Piera incredulo) Finalmente non sei del mio parere. Abbracciami. Non mi separo più.
delle bobole Sia lodato il cielo! Ce l'abbiamo fatta.
piera (piano, irritata, a Fava) Lo vede? Subito d'accordo; io dico che non voglio separarmi e lui: non mi separo più.
fava (a parte, a Piera) Ma lui non vuole più separarsi perché non siete d'accordo.
piera (c.s.) Ma se non vuole più separarsi, ecco che siamo nuovamente d'accordo.
fava (c. s.) E lei gli dica subito che invece vuole separarsi. Energica!
piera (a Edmondo) E io voglio separarmi.
Edmondo (deluso) Allora non era vero che non sei del mio parere! Allora eri d'accordo con me nell'idea di separarti.
fava (piano a Piera) Dica di no.
piera No. Ci ho ripensato. Non voglio separarmi.
delle bobole (piano a Edmondo) Dica di sì, insista.
Edmondo E io sì. Voglio separarmi.
fava Molto bene. Bravi.
delle bobole (a Fava) Allora, mi pare inutile che si separino, se ormai hanno raggiunto il disaccordo.
piera e Edmondo Certo. (Accorgendosi d'aver detto la stessa cosa, hanno un gesto di rabbia.)
fava (rassegnato) Be', se siete d'accordo per non separarvi, l'unica cosa che vi resta da fare è separarvi. (A Delle Bobole) Andiamo ad abbozzare l'atto.
Via entrambi.
SIPARIO
ATTO QUARTO
Stessa scena.
È l'ora in cui, in montagna, le greggi tornano all'ovile e s'ode la campana della sera. Suono di campanacci di greggi che tornano all'ovile. Suono di campana. Durante l'atto annotta e s'accendono i lumi sul ballatoio.
All'alzarsi del sipario sono in scena Elvira e Terenzio, seduti sul muricciuolo della strada.
I.
Elvira e Terenzio.
TERENZIO Hai cominciato tu, col pizzettino. Per ingelosirmi. Per farmi soffrire.
Elvira Ma tu avevi già cominciato, con Clara. Quando io t'amo più di me stessa.
Terenzio Non è vero.
Elvira E pretenderesti anche che fosse vero? Non ti basta che te lo dica? (Si mette a piangere) La commedia, in amore, è un pensiero gentile, una prova d'amore.
Terenzio (commosso) Hai ragione. Via, non piangere più.
Elvira (rincarando la dose delle lagrime) E credi che pianga sul serio? Il mio pianto è una finzione, per farti piacere. Tutto per te, brutto mostro, che mi ricompensi in questo modo.
Terenzio (pentito) Perdonami.
Si abbracciano.
II.
Detti, Aristide e Antonio. Poi Capizzucchi.
Aristide arriva trafelato dalla destra.
ANTONIO (che da un istante s'è affacciato alla sua finestrella, gli fa cenno di non far chiasso per non disturbare i due innamorati) St! (Gl'indica i due abbracciati.)
Aristide II bacio, in fondo, a che serve?
Antonio Ma fa piacere.
Aristide Che vuol dire? È inutile.
Antonio Lo dici tu.
Capizzucchi appare sulla porta dell'albergo e vede i due innamorati abbracciati. Resta dolorosamente sorpreso.
I due si staccano e se ne vanno assieme.
Aristide (a Capizzucchi) Ecco le cravatte. (Gliele sciorina davanti.) Il parrucchiere tarderà un po', perché è occupatissimo con le signore per il ballo di stasera.
capizzucchi (patetico) Grazie. Le cravatte non servono più. Anche il parrucchiere non serve più. (Via malinconico.)
III.
Aristide e Antonio. Poi Giacomo alla finestra.
Antonio (ad Aristide) È stato qui il professor Limone e mi ha incaricato di dirti che a ogni costo gli prepariate la camera, perché al «Posta e Pernice» hanno affittato la sua e lui l'aveva disdetta per colpa vostra. Altrimenti vi fa causa e vi mangia tutto l'albergo.
Aristide Oh, santo cielo! (Chiama) Signor Giacomo.
Giacomo (affacciandosi) Be'?
Aristide La camera!
Giacomo E le valige?
Aristide Le troverà alla stazione a mezzanotte. Non s'è riusciti a trovare il furgoncino. Giacomo Ma come vado alla stazione? Lo capisci sì o no che sono in camicia?
Aristide Vada con un lenzuolo addosso.
Giacomo Ma ti pare possibile che io parta involtato in un lenzuolo? Che vada facendo il fantasma?
la voce di Giulia (dall'interno della camera) Giacomo!
Giacomo (con un gemito) Ahi! S'è svegliata mia moglie.
la voce di Giulia Invece di stare a far conversazione alla finestra, occupati della partenza. Si può sapere dove hai ficcato i miei vestiti?
Giacomo allibisce. Senza far motto chiude la finestra. Alcuni istanti di silenzio, durante i quali Antonio e Aristide fissano ansiosi la finestra di Giacomo. Poi dall'interno della camera giunge fracasso di stoviglie e bacinelle rotte. Antonio e Aristide scambiandosi occhiate di spavento, si ritirano, mentre arrivano gli avvocati Fava e Delle Bobole.
IV.
Avvocato Fava e avvocato Delle Bobole.
fava (entrando con Delle Bobole, al quale sta terminando di leggere rapidamente la bozza dell'atto di separazione) «…onde appare necessaria la separazione poiché se sono d'accordo di separarsi, debbono separarsi perché lo vogliono; se sono d'accordo di non separarsi debbono separarsi perché non hanno raggiunto il disaccordo; se lui insiste per separarsi e lei per non separarsi la conclusione non potrà essere che una di queste due: o che si separano, e in tal caso lei avrà adottato l'opinione dell'altro e quindi saranno da capo; o che non si separeranno, e in tal caso lui avrà adottato l'opinione di lei e quindi saranno da capo lo stesso».
delle bobole Chiarissimo. Vai a chiamarli. Io aspetto qui. (Siede sul ballatoio, mentre Fava entra nell'albergo.)
V.
Giacomo e Giulia alla finestra e Delle Bobole. Poi Edmondo, Piera e Fava.
Giacomo (riapre la finestra; vede Delle Bobole) Caro Delle Bobole, è una fortuna che tu sia qui. Giudica tu...
Giulia (facendosi alla finestra e interrompendolo) Lascia parlare me.
Giacomo Dannazione della mia vita! Soltanto lei sa parlare, soltanto lei è intelligente.
Giulia Ma smettila, presuntuoso! Non c'è volta che io apra bocca e che lui non mi dia sulla voce, che non mi dia torto. In tutto.
Giacomo Ma sei tu. Se io dico bianco, tu dici nero. Sistematicamente. Per partito preso.
Edmondo (che da qualche minuto è venuto sul ballatoio con Piera e l'avvocato Fava, e ha ascoltato con morboso interesse) Cosicché avete delle discussioni?
Giacomo Delle discussioni? Volano i piatti. La nostra vita è una perpetua discussione. Non andiamo d'accordo su niente.
Edmondo Ma finirete bene per arrivare a una conclusione, no?
Giacomo Che conclusione? Si rimanda il seguito, come in un romanzo d'appendice.
fava (a Edmondo e Piera) Imparate. Prendete esempio.
Piera Scusate, venite un momento fuori.
Giacomo Siamo in camicia.
Delle bobole E vestitevi! Che scioperataggine è questa? A momenti è notte e siete ancora in camicia.
Giulia (indicando il marito) Quest'imbecille...
Giacomo Di' tutto, allora. Comincia dalla storia di stamattina. Non è onesto isolare un episodio che è conseguenza di qualche cosa che tu ben sai.
GIULIA Allora bisogna che dica anche il precedente di ieri, che spiega la storia di stamattina.
Giacomo Quand'è questo, cara, bisogna raccontare quello che mi stai facendo da una settimana, se no non possono capire la ragione per cui ieri...
Giulia Ma io non sono una pazza che di punto in bianco cambio. Sei tu che da un anno...
Giacomo E ti sei domandata perché? Ti rendi conto che tu fin dal 1938...
Giulia Ma allora di' tutto. Comincia dal primo dissenso...
Giacomo E va bene. Dovete sapere che il giorno in cui sposammo, e precisamente mentre uscivamo dalla chiesa...
Giulia Parla piano che viene gente.
Continuano a bassa voce accalorandosi sempre più nei gesti tutti e sei, fino a esplodere quando verrà detto.
VI.
Terenzio, Elvira e detti.
Terenzio (rientrando a braccetto con Elvira; tenero) No, sono io che ho mancato e ti chiedo scusa.
Elvira (tenera) No, no, sono stata cattiva io. Perdonami.
Terenzio (cominciando ad alterarsi) Non insistere Elvira. Vedi, te lo dico con calma. Perché ti ostini?
Elvira Perché sono stata cattiva, ecco. E tu ora vuoi contraddirmi.
Terenzio Ricomincia, sai.
Elvira Ma sei tu che ricominci.
Terenzio Testarda!
Elvira Non ti far sentire, che c'è quella civetta di Clara.
una baruffa. Durante il dialogo seguente essi litigheranno a bassa voce in disparte.
VII.
Scipione, Susanna, Capizzucchi, Clara e detti.
Scipione, vestito da turista come la mattina, rientra nerissimo insieme con Susanna, placida.
Susanna Ma si può sapere che cos'hai? Da stamattina schizzi veleno. Che t'è successo? (Intanto, guardandosi allo specchietto del suo portacipria, si ritocca il trucco placida, mentre Scipione si palpa la barba con evidente malumore, immusonito.)
Scipione Dammi un momento quello specchio. (Si guarda allo specchio esaminandosi la barba con difficoltà, a distanza, data la piccolezza di quello. Con rabbia) Questo specchio è piccolo.
Susanna (placida) Vuoi che porti nella borsetta un armadio a specchio?
Scipione (guardandosi ancora allo specchio; a Susanna) Come trovi la mia barba?
Susanna Perché?
Scipione Così. Domandavo.
Susanna Che razza di domande.
Scipione Tieni. (Fa per restituirle lo specchio, ma questo cade e si rompe.)
Susanna Bravo. Hai rotto lo specchio. Disgrazia sicura. Non ne fai una buona. Hai le mani di pasta frolla.
Scipione Ma perché non l'hai preso?
Susanna L'hai lasciato cadere tu. (Raccoglie i pezzi dello specchio.)
Scipione Che fai adesso?
Susanna Bisogna buttarsi i pezzi dietro le spalle, se no porta disgrazia.
Scipione Che ridicole superstizioni.
Susanna Mio caro, non si scherza con lo specchio rotto. (Con la solennità di chi compie un rito si getta i pezzi dello specchio dietro le spalle.)
VIII
Detti, Limone e Facchino.
il professor limone (che arrivava in quel momento, seguito dal Facchino sempre curvo sotto l'enorme baule, riceve una scheggia dello specchio in un occhio) Ah! Mi ha accecato!
IX.
Detti, Aristide e Antonio.
Scipione e Susanna sono atterriti. Dall'albergo esce Aristide a soccorrere il professor Limone, mentre Antonio scende dalla sua casupola per fare altrettanto; gli altri continuano a litigarsi a
bassa voce con gesti sempre più concitati, per conto loro; durante il dialogo seguente, Aristide rientra in albergo e ne riviene fuori subito con una bacinella e delle bende. Il vecchio Antonio ha messo una sedia dietro il professor Limone che ci sta riverso, lamentandosi.
Susanna (a Scipione, in primo piano) Lo vedi che disgrazia?
Lo sapevo. La rottura dello specchio...
Scipione Ma non è la rottura, è il lancio dello specchio che ha provocato la disgrazia. Susanna Ma se non ti pigliava il ticchio di guardarti la barba allo specchio, questo non succedeva. Si doveva guardare la barba, se no crepava. (Con rabbia) Tanto sei ridicolo, sì, con quella barba. Non te ne accorgi? Non te l'ha detto nessuno? Te lo dico io, tua moglie: ti fai ridere dietro. Sembri uno scimmione ammaestrato!
X.
Detti e il Parrucchiere.
Scipione ha ascoltato la tirata gonfiandosi di furore; sta per esplodere contro la moglie, quando dalla destra entra il Parrucchiere - ben riconoscibile dalla candida giacca, dalla valigetta coi ferri del mestiere e dal pettine che ha nel vistoso ciuffo della capigliatura - e va diritto verso Scipione.
parrucchiere (rispettosissimo, a Scipione) Il signore desidera il barbiere? (Scipione gli tira uno schiaffo. Il Parrucchiere ululando sfodera un rasoio e fa per saltargli addosso, ma viene trattenuto da Antonio) Lasciatemi! Lo ammazzo!
Scipione Mi ha provocato!
PARRUCCHIERE Lo Sgozzo!
Antonio Fermo! Fermo! Tutto questo succede per un cretino che è passato stamattina in automobile e ha detto che la barba non è razionale.
Scipione E tutti mi si sono messi contro.
Terenzio Meno la signorina Elvira.
capizzucchi E che dovrei dire io? Sono stato offeso da tutti.
Giulia Meno che dalla signorina Elvira.
parrucchiere (con la spuma alla bocca) Lasciatemi! Lasciatemi! Lo voglio sgozzare. (Riesce a liberarsi dalla stretta di Antonio e si slancia col rasoio brandito per sgozzare Scipione).
Questi scappa dall'ingresso principale; il Parrucchiere lo insegue; poco dopo i due riverranno fuori sempre correndo dalla porta che dà sul ballatoio e rovesciando sedie e tavole nuovamente traverseranno la scena di corsa, per rientrare nella porta principale e riuscire sul ballatoio.
Contemporaneamente, essendo esploso il litigio fra Giulia e Giacomo, questi salterà dalla finestra, con lenzuolo addosso, cercando uno scampo; la moglie - anch'essa con lenzuolo addosso - verrà fuori dalla porta dell'albergo, inseguendolo; Giacomo entra dalla porta del ballatoio e la moglie dietro, facendo entrambi i giri in senso opposto alla coppia Scipione-Parrucchiere; indi Giulia e Giacomo s'afferrano per i polsi, l'uno trattenendo l'altra. L'avvocato Fava afferra Scipione e l'avvocato Delle Bobole afferra il Parrucchiere e si vede che cerca di spiegargli il doloroso equivoco per il quale Scipione ha creduto d'essere preso in giro da lui. Intanto la coppia Edmondo e Piera coi pugni alzati sta per prendersi a capelli, ognuno additando all'altro l'esempio ammirevole della coppia Giacomo-Giulia.
Elvira e Terenzio stanno per accapigliarsi, Capizzucchi corre a fare scudo del suo corpo a Elvira e sta per venire alle mani con Terenzio; contemporaneamente Clara difende Terenzio contro Capizzucchi e Elvira la minaccia di cavarle gli occhi.
Aristide mette un impacco sull'occhio del professor Limone; Susanna, abbandonata su una sedia, è svenuta per lo spavento e il vecchio Antonio cerca di farla tornare in sé pompandole addosso un potente getto di benzina mediante il lungo cannello del distributore. All'improvvisa doccia, Susanna balza in piedi e inviperita, brandendo la seggiola aggredisce il vecchio Antonio che si difende minacciandola di nuovi spruzzi di benzina con la pompa del distributore. Ciò facendo, tutti gridano le rispettive battute qui sotto indicate.
parrucchiere Io lo scanno!
delle bobole (trattenendolo) Guardi che c'è un equivoco. Non lo uccida!
Scipione E’ un insolente! Reggetelo forte.
fava Non aggravi la situazione!
Elvira (a Clara) Maligna, invidiosa e civetta! Ti cavo gli occhi.
Clara Bada, Elvira, ti do due schiaffi.
capizzucchi (a Terenzio) Lei è un facchino.
Terenzio Lei è un vecchio rammollito.
Aristide (a Limone) Ma è inutile che si lamenti. Il lamento non è una cosa razionale.
limone (alzandosi e brandendo la sedia per accopparlo) Imbecille, asino, cretino!
Giacomo Salvatemi! Reggetela! Mi accoppa. Io sono un infelice.
Giulia Pallone gonfiato! Sono io un'infelice.
Edmondo (a Piera, esasperato) Tu non sapesti mai dirmi questo! Io sono un infelice!
Piera Mollusco! Flaccidone! Sono io un'infelice.
Antonio (a Susanna svenuta su una sedia) Signora, coraggio!
Spruzzo di benzina.
Susanna (alzandosi di scatto e aggredendolo) Pezzo di mascalzone!
facchino (con voce lamentosa) Il baule!... Il baule!...
Tutte queste battute vanno dette rapidamente. L'effetto dev'essere della massima confusione.
Nel colmo della confusione, entra il gendarme.
XI.
Detti e il Gendarme.
gendarme (additando il baule sulle spalle del Facchino) Fermi tutti! In questo baule c'è un cadavere!
limone Un cadavere?
gendarme Ho una denunzia. (Legge il foglio avuto dal Viandante) «L'assassino è il professore, che ha chiuso la vittima nel baule».
capizzucchi Ma questo è il delitto dell'ultimo romanzo giallo, La farfalla incatenata.
tutti (in atti di disperazione) Ah! Lo stavo leggendo anch'io! (Costernazione generale, a cui segue un silenzio angoscioso).
Nel silenzio, come nel primo atto, ma dalla parte opposta, s'ode lo strombettio d'un'automobile che s'avvicina Ta-tà-ta tà-ta tà! Tutti, tacendo all'improvviso come per incanto, si fermano quasi pietrificati nei rispettivi atteggiamenti sopra descritti coi pugni alzati e lì lì per darsele:
Giacomo contro Giulia; Edmondo contro Piera;
Parrucchiere (con rasoio) e Delle Bobole contro Scipione e Fava;
Capizzucchi contro Terenzio; Elvira contro Clara;
Professor Limone, con sedia alzata, contro Aristide con bacinella brandita;
Facchino con baule sulle spalle.
Si sentirebbe volare una mosca.
Nel silenzio generale s'ode di nuovo più forte lo strombettio dell'automobile che s'avvicina.
Antonio E’ il colpevole di tutto, il signore di stamattina.
E’ Celestino che ripassa nel suo viaggio di ritorno. Ormai tutti guardano dalla parte dond'egli sta per arrivare.
XII.
Detti e Celestino.
Ecco la macchinetta entra in iscena dalla sinistra, si ferma e resta in attesa. Il gruppo minaccioso gli sbarra la strada, tutti s'avvicinano, con passi lenti e inesorabili, pronti a scattare.
celestino (comincia a spaventarsi) Ma... che c'è? Che volete da me?
Con scatto felino, selvaggiamente, tutti gli sono addosso e lo percuotono, gridando, mentre cala il
Sipario.