Il viaggio di Ulisse

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Il viaggio di Ulisse

Il viaggio di Ulisse

- lettura animata -

Testo: Mirko Montini

“Il viaggio di Ulisse” è un libero adattamento del celebre poema omerico “Odissea” in cui si narrano le avventure di Ulisse durante il suo lungo viaggio di ritorno verso la sua patria Itaca, dopo la caduta di Troia.

Il testo ha la struttura di un copione teatrale con la suddivisione delle battute in  solisti e coro. I solisti comprendono il narratore, il cui ruolo può essere affidato a più lettori, e i singoli personaggi, mentre il coro non ha nessun ruolo canoro e, secondo la struttura della tragedia greca, impersonifica anch’esso gruppi di personaggi, interviene per descrivere scene particolari e rappresenta la voce del divino, allo scopo di creare nell’ascoltatore un forte impatto emotivo.

La messinscena delle azioni per un tradizionale spettacolo teatrale risulta piuttosto complessa con questo tipo di impostazione principalmente narrativa, ma nulla vieta un ulteriore adattamento!

L’effetto creato dalla lettura corale-animata è straordinario, grazie alle innumerevoli sfumature di voce che si intrecciano perfettamente  nella trama del racconto.

La lettura, per facilitare la comprensione del testo, può essere affiancata da rappresentazioni grafico-pittoriche che descrivono visivamente ciò che si sta narrando. 

Per informazioni sulla realizzazione pratica della lettura animata, contattare l’autore dell’adattamento: mirkomontini@hotmail.com

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Narratore:                  La guerra di Troia è ormai conclusa da dieci anni. Dieci anni è durato l’assedio! Infine i Greci vincono, grazie all’astuzia di Ulisse, re di Itaca.

Ulisse parte con tutti gli altri, ma una ad una, le vele delle sue navi scompaiono all’orizzonte.

Coro:                          E Ulisse dov’è?

Narratore:                  Lo sanno gli dei, perché il destino degli uomini è nelle mani di Zeus, re di tutti gli dei.

Narratore:                  Prima di partire per la guerra di Troia, Ulisse sposa una donna molto bella e molto saggia di nome Penelope, che gli dà un figlio: Telemaco…

Coro:                          Telemaco ora ha vent’anni!

Narratore:                  Visto che Ulisse non torna in patria, una quarantina di giovani, tutti nobili, si fanno avanti per chiedere la  mano di Penelope.

Quei giovani, chiamati Proci, si comportano in maniera indegna: fanno da padroni in casa di Ulisse.

Coro Proci:                Penelope, tuo marito Ulisse è ormai morto, è inutile che tu lo attenda ancora. Scegli uno di noi come sposo.

Narratore:                  Penelope, con un trucco, riesce per qualche anno ad eludere le richieste di matrimonio dei Proci: inizia a tessere una tela in-ter-mi-na-bi-le.

Penelope:                  Quando avrò finito di tesserla, sceglierò tra voi il mio nuovo sposo, abbiate pazienza!

Narratore:                  Ma Penelope disfa di notte la tela intessuta di giorno.

Uno dei Proci:          Penelope, abbiamo scoperto che di notte disfai quanto tessi di giorno. Ora basta, devi scegliere uno di noi come sposo.

Narratore:                  Athena, la dea Pallade, mette a conoscenza di tale situazione il padre Zeus e insiste perché questi faciliti il ritorno di Ulisse, prigioniero della bella ninfa di nome Calipso. Zeus  acconsente:

Zeus:                          Ermes, mio messaggero, vola da Calipso e dille che le ordino di lasciar partire Ulisse.

                                    E tu, Athena, recati sotto mentite spoglie da Telemaco, figlio di Ulisse, e spingilo alla ricerca del padre.

Athena:                      Telemaco, sii forte e ardito: sali sopra una rapida nave e abbi fiducia in te.

Narratore:                  E così avviene. Convinto dalla dea, Telemaco raduna alcuni  amici fidati e dice loro:

Telemaco:                  Amici miei, parto alla ricerca di mio padre, volete seguirmi?

Coro amici:               Telemaco, siamo con te.    

Narratore:                  Preparata in fretta e in furia una nave, senza dir nulla ad alcuno, Telemaco e gli amici partono.

Narratore:                  Nel frattempo il messaggero Ermes raggiunge la ninfa Calipso e le riferisce gli ordini di Zeus. Con le lacrime agli occhi, perché la ninfa ama Ulisse, va verso di lui e gli rivolge queste parole:

  

Calipso:                     Ulisse, sei libero di partire se lo vuoi, me lo ordina Zeus. Coraggio, costruisci una zattera.

Narratore:                  In pochi giorni la zattera è pronta e, salutata la ninfa, Ulisse prende il largo. Dopo tre settimane di tranquilla  navigazione, quando è prossimo alla terraferma, il dio del mare, Poseidone, si accorge che su quella zattera vi è colui che odia, e, assetato di vendetta per l’uccisione del proprio figlio Polifemo, urla: 

Poseidone:                Scendi notte, venti accorrete in tumulto e cominciate a  gonfiare e rotolare onde su onde verso l’imbarcazione di quell’infame. 

Coro:                          (Creare l’immagine sonora della tempesta servendosi dell’intensità della voce – in crescendo) Tempesta… tempesta… tempesta… (15 volte)

Narratore:                  Il dio del mare scatena una violenta tempesta, che in breve disperde i tronchi con cui è fatta la zattera.

Narratore:                  Ulisse, ormai stremato nelle forze, riesce ad aggrapparsi a uno di essi e resiste finché le acque  non si calmano.

Narratore:                  Le onde e i venti lo portano ad arenarsi su una spiaggia dove, ancor più sfinito, si addormenta.

Le festanti voci di alcune fanciulle che giocano a palla lo risvegliano:

Coro fanciulle:         Aiuto Nausicaa, è qui disteso un uomo ricoperto di foglie con i capelli arruffati.

Narratore:                  La bella principessa Nausicaa si rivolge a Ulisse:

Nausicaa:                   Sappi, straniero, che sei giunto nella terra dei Feaci sui quali regna Alcinoo, mio padre. Vedo che non sei un nemico, andando in quella direzione potrai raggiungere la reggia della mia famiglia.

Narratore:                  Ulisse si incammina e, con l’aiuto di Athena invisibile, arriva al  palazzo di Alcinoo, dove viene accolto benevolmente e  rifocillato. Il re pensa che quell’uomo sia giunto fino a lui per volere degli dei.

Ulisse, interrogato dalla moglie di Alcinoo, inizia a  raccontare le lunghe peripezie che lo hanno portato verso quella corte: la prigionia presso Calipso, il naufragio per la forte tempesta, l’approdo all’isola e l’incontro con Nausicaa. Ma il re, accortosi della stanchezza dell’uomo che aveva accolto, ordina di  preparare un giaciglio per lui e promette:

Alcinoo:                     Domani avrai in dono una nave per poter far ritorno alla tua patria. Ora dormi e, se vorrai, al tuo risveglio ci  dirai il tuo nome.

Narratore 2:               Il giorno dopo - alla corte del re - Ulisse rivela il proprio nome, suscitando lo stupore di tutti, e continua il racconto delle peripezie che hanno preceduto il suo approdo all’isola  di Calipso.

Ulisse:                        Una spaventosa tempesta ha fatto naufragare molte  delle mie navi dopo la partenza da Troia, dove la guerra ci ha visti vittoriosi. Dopo una breve sosta in un’isola per far rifornimento di provviste, arrivammo nella terra  dei Ciclopi, uomini giganti che vivono in enormi caverne.

Con un gruppo di dodici uomini, ci dirigemmo verso una delle caverne portando doni e un grosso otre pieno di vino. Nella grotta non vi era nessuno; ci sedemmo e  mangiammo; poco dopo udimmo dei rumori: era il  ciclope che spingeva dentro il suo gregge di pecore e  subito dopo, con un grosso macigno, serrò l’ingresso. (Qui il coro inizia a ripetere in crescendo “Polifemo… Polifemo…” fino al termine della battuta di Ulisse, per poi urlarlo a squarciagola nel momento in cui inizia la battuta seguente) Era un gigante peloso e con nel mezzo della fronte un  unico occhio.

Coro:                          (A squarciagola per creare effetto spavento) Polifemo, questo è il nome di quel gigante. 

Polifemo:                  Chi siete stranieri? 

Ulisse:                        Greci, venuti qui per caso, e ti chiediamo ospitalità.

Coro:                          (Sottovoce per creare l’effetto di un consiglio divino) Polifemo, stendi la tua mano agguanta due uomini e divorali!

Ulisse:                        Ora che hai mangiato, ciclope, bevi il nostro vino.

Narratore:                  Il ciclope bevve tutto il contenuto dell’otre e, prima di  addormentarsi ubriaco, chiese ad Ulisse:

Ciclope:                     Dimmi qual è il tuo nome, o straniero?

Ulisse:                        Il mio nome è... (urlando) Nessuno!

Coro:                          (Per creare effetto eco) Nessuno… Nessuno… Nessuno…

Narratoreo:                  Dopo pochi istanti il ciclope cade in un sonno profondo, e Ulisse, rivolto ai suoi amici superstiti, dice:

Ulisse:                        Prendete quel tronco laggiù, con le vostre spade appuntitelo, io, intanto, preparo il fuoco.

[L’alternanza del tempo presente e passato dipende da chi racconta.

Presente: narratori – passato: Ulisse]

Narratoro”re  spade   ipuntitelo:vi il nostro vinoi capelli arruffati e i tronchi mcon cui è fatta la zattera.e:                  Sul fuoco acceso Ulisse fa arroventare la punta del tronco,  poi ….:

Ulisse:                        Amici, vendichiamo i compagni uccisi e mangiati, poi cerchiamo  salvezza!

 

Coro:                          (Sottovoce per creare l’effetto di un consiglio divino) Spingi, Ulisse, il palo nell’occhio di Polifemo, affinché entri più  profondamente e possa girare dentro… (effettto eco) dentro… dentro…

 

Ulisse:                        Ficcammo il tronco dalla punta ardente nell’unico occhio chiuso del  ciclope; questi diede un urlo spaventoso, strappò dall’occhio il tronco, si  alzò e cominciò a chiamare:

Polifemo:                  Fratelli! Aiuto! Mi stanno uccidendo…. Aiuto!…

Narratore:                  Poco dopo dall’esterno della grotta vengono le voci degli altri ciclopi:

Coro Ciclopi:            Polifemo, perché gridi così? Che ti succede?

Polifemo:                  Nessuno… mi sta uccidendo!

Ciclopi:                                 Se nessuno ti fa del male, sei ubriaco o sogni! Prega Poseidone, tuo  padre, che ti aiuti.

Polifemo:                  Nessuno, Nessuno!

Narratore:                  All’alba Polifemo, dopo aver tolto il macigno si mette accanto all’uscita con le mani aperte, e tasta la groppa delle pecore pensando che Ulisse e i suoi uomini le cavalchino per fuggire.

Coro:                          Che fare, come uscire? (Sottovoce per creare l’effetto di un consiglio divino) Ulisse, aggrappati alla grossa lana delle pecore  e fuggi.

Ulisse:                        Così facemmo. Riuscimmo a fuggire, ci imbarcammo veloci e, dalla mia  nave gli gridai il mio vero nome... Ulisse...

Coro:                          (Effetto eco) Ulisse… Ulisse… Ulisse!

 

Ulisse:                        Infuriato Polifemo cominciò a scagliare grossi sassi in mare nel tentativo di colpire la nave, ma  invano. 

Polifemo:                   Poseidone dalla chioma azzurra, ascoltami! Se è vero che io sono figlio del mare e che tu sei mio padre, fa’ che Odisseo non riveda mai più la sua patria.

Ulisse:                        Affidandoci ai venti favorevoli raggiungemmo l’isola di Eea. Vedemmo in lontananza una casa. Prima di raggiungerla, guidato dalla prudenza, inviai un gruppetto dei miei uomini a controllare. Uno solo tornò tremante e spaventato. 

Compagno:               (Balbettando) Una donna bellissima ci ha offerto cibo e una bevanda,  poi con la sua verga magica ha toccato i miei amici e li ha così tramutati in porci; io sono riuscito a fuggire perché sospettoso non ho bevuto la bevanda che ci aveva dato.

Narratore:                  Armato, Ulisse si incammina verso quella dimora; lungo la via incontra Ermes, con le sembianze di un giovane che gli dice:

Ermes:                        Bada, Ulisse! Non appena Circe ti offrirà da bere, sguaina la spada e  minacciala di morte. Solo così puoi salvarti!

Circe:                          Chiunque tu sia, straniero, sei il benvenuto. Ecco, bevi questo e  ristorati.

Ulisse:                        Gettai a terra il bicchiere e trassi la spada minacciandola di morte.

Io sono Ulisse e se vuoi salva la vita, ridammi i miei compagni.

Circe:                          Nobile figlio di Laerte, leva quell’arma e ritorna alla tua nave, i tuoi compagni saranno di nuovo uomini al tuo fianco.            

Narratore:                  Circe soffia un vento favorevole che gonfia le vele della nave di Ulisse. In poco tempo giunge all’isola delle Sirene.

 

Coro Sirene:             Ulisse, ascolta le nostre voci armoniose. Ulisse... Ulisse...

Ulisse:                        Compagni portatemi un blocco di cera, così che io possa tapparvi le orecchie. Legatemi saldamente all’albero della nave, il loro canto non potrà ucciderci.

Sirena:                       Fermati sulla mia Isola, bell’Ulisse, è ben chiaro il tuo desiderio di fermarti con me.

Ulisse:                        Stringete le catene. Più forte!

Narratore:                  Così Ulisse riesce a evitare il pericolo e, insieme ai compagni, continua il viaggio.

Coro:                          (Con energia sfruttando l’intensità vocale ed emotiva) Pericolo, pericolo! Da una parte Scilla crudele, dall’altra Cariddi che inghiotte l’onda salata. Afferra una nave, la divora in un attimo e rigetta con un rigurgito i resti dello scafo.

Narratore:                  Ma Ulisse riesce ad oltrepassare lo stretto con i due mostri e, dopo altre peripezie, raggiunge l’isola dei Feaci.

Ulisse:                        Si conclude qui il mio racconto e ora sono qui tra voi, sempre lontano dalla mia Itaca.

Alcinoo:                     Tu hai sofferto molto, Ulisse, ma ora potrai tornare a casa. La nave ti  attende al porto; domani, se lo desideri, potrai partire.

Narratore:                  Ulisse augura felicità al re, alla regina e a tutti i Feaci. Sale sulla nave, esce dal porto e poco dopo si addormenta. Dorme a lungo e nel frattempo appare all’orizzonte l’isola di Itaca. I marinai sbarcano Ulisse e lo distendono sotto un olivo con i doni ricevuti.

Al suo risveglio, Ulisse si chiede dove è e all’improvviso appare  Athena che così lo tranquillizza:

Athena:                      Sei a Itaca, ma occorre che tu agisca con molta prudenza. Chiunque,  vedendoti, ti potrebbe riconoscere.

Ulisse:                        Come posso fare, dunque?

Athena:                      Ti tramuto in un vecchio mendicante, poi vai a cercare Eumeo che ti è sempre stato fedele. Sappi, inoltre, che tuo figlio è a Sparta, alla corte  di Menelao; là è andato a chiedere notizie di te. Gli ordinerò di tornare.

Narratore:                  Athena tocca con la verga Ulisse trasformandolo in un povero vecchio.

Ulisse si incammina per cercare Eumeo e lo trova nel suo capanno.

Eumeo:                      Vecchio, vieni dentro, beviamo una tazza di vino, poi mi dirai chi sei.

Ulisse:                        Amico, mi hanno parlato del tuo re di cui non si sa più nulla. Dimmi il  suo nome, chissà che non ne abbia notizie.

Eumeo:                      No, vecchio, inutile illudersi. Ulisse, questo è il suo nome, è ormai  morto.

Ulisse:                        Dimmi, Eumeo, ha ancora un padre, Ulisse? Ha ancora una madre?

Eumeo:                      Certo che ha ancora un padre. È Laerte, l’uomo più buono e più disgraziato che conosco. Ora vive in una capanna. Quanto alla madre è morta, morta di crepacuore.

Ormai si è fatta sera, sdraiati e dormi; io vado a sorvegliare i porci.    

Narratore:                  Telemaco, sollecitato da Athena, torna a Itaca e si avvia verso la  capanna di Eumeo. Entrato, saluta lui e l’ospite e prega lo stesso Eumeo di andare alla reggia per avvisare sua madre, la regina, del ritorno del figlio. 

Coro:                          (Sottovoce per creare l’effetto di un consiglio divino) Athena, ridai a Ulisse le vere sembianze, è giunto il momento che si riveli al figlio.

Telemaco:                  (Stupito) Ma tu chi sei? Una divinità dell’Olimpo?

                                   

Ulisse:                        Non sono un dio, Telemaco, sono tuo padre.

Telemaco:                  Mio padre? Ma… come è possibile? Soltanto un minuto fa….

Ulisse:                        Un minuto fa ero un vecchio miserabile, e ora, per volere di Athena, sono tornato a essere me stesso.

Narratore:                  Lungo è l’abbraccio che segue e numerose le lacrime.

Ulisse, poi, chiede al figlio quanti sono i Proci e gli raccomanda di non rivelare la sua presenza a nessuno, nemmeno a Penelope. 

Ulisse:                        Vai al palazzo, prendi le armi che trovi appese alle pareti della sala e nascondile. Tieni pronte per noi due lance, due spade e due scudi. Ora  va’, presto!

Narratore:                  Athena, riapparsa, trasforma di nuovo Ulisse in un vecchio. Telemaco, tornato alla reggia, tranquillizza la madre.

Ulisse, poco dopo, si incammina per recarsi anch’egli alla reggia in cui fingerà di mendicare.

Narratore:                  Nelle  vicinanze del palazzo incontra il suo vecchio cane che lo riconosce, ma subito dopo muore.

Entrato nella reggia, Ulisse comincia a chiedere l’elemosina ai Proci seduti a banchettare.

Ulisse:                        (In disparte) Antinoo, il destino ti punirà per quello che hai fatto!

Narratore:                  A quel punto entra nella sala un altro mendicante, Iro, che schernisce e  insulta Ulisse.

Ulisse:                        Iro, siamo tutte e due poveri, perché mi insulti? Mangia e bevi, non  provocarmi se vuoi tornare ancora in questa sala!

Iro:                              Ma sentite come parla questo straccione! Vuoi batterti con me che sono  più giovane e più grosso?

Antinoo:                    Amici, se i due mendicanti si battono, avremo uno spettacolo  interessante. Sentite: chi di loro vincerà, sarà il solo che potrà venire ogni giorno a mangiare i nostri avanzi.

Narratore:                  Subito Iro attacca Ulisse, ma riceve un forte pugno che lo stende;  Ulisse afferratolo per un piede le trascina fuori nella polvere. Poi  rientra in sala accolto con un mormorio di stupore (il coro crea mormorio di stupore). Poco dopo ecco fare  il suo ingresso la bella Penelope che si rivolge al figlio Telemaco.

Penelope:                  Mi hanno detto, figlio mio, che quest’uomo è stato insultato e percosso. È ben triste che ciò accada sotto il tetto della reggia di Ulisse! Ogni  straniero è sacro. Voi, principi, con il vostro comportamento mi  offendete.

Narratore:                  Detto ciò, Penelope si ritira e i Proci continuano il banchetto e, giunta  la sera, se ne vanno.

Ulisse:                        Presto, figlio mio, prendiamo le armi appese e nascondiamole. Se i  Proci se ne accorgeranno, di’ che le hai mandate a lucidare.

Penelope:                  Straniero, chi sei, da dove vieni?

Ulisse:                        Che ti importa chi sono? Vengo dalla lontana Creta.

Penelope:                  Hai visto? I Proci esigono che mi decida a sposare uno di loro. Ho tenuto saldo per dieci anni, ma non posso più resistere. Sono riuscita ad  ingannarli con un semplice trucco: tessevo un lenzuolo per Laerte, il  padre del mio sposo, e di notte disfacevo la tela tessuta. Sono però stata scoperta.

Ulisse:                        Donna, devo rivelarti qualcosa: io ho visto il tuo sposo… a Creta.

Penelope:                  Tu  menti!

Ulisse :                       No, mia signora. Ho saputo che Ulisse sta tornando a casa.

Penelope:                  Vorrei tanto crederti, ma ormai devo decidermi. Domani farò piantare  a terra, in fila, le dodici grandi scure del mio sposo; ognuna di esse ha un anello. Ulisse riusciva a lanciare una freccia attraverso tutti gli anelli. Ecco, proporrò questo ai Proci.

Ulisse:                        Sì, mia signora, la tua è una buona idea. Vedrai, ancor prima che i Proci  possano tendere l’arco, il tuo sposo sarà tornato.

Penelope:                  Che gli dei ti ascoltino!

Narratore:                  Penelope si ritira e Ulisse cerca invano di dormire. Al mattino, preparata la sala per la competizione, arriva Eumeo con un aiutante, portando diversi capi scelti tra i migliori delle greggi. Arrivano i Proci  che si siedono per banchettare. Le voci cessano quando appare Penelope. In mano ha un grande arco e una faretra ricolma di frecce.

Antinoo:                    Sono pronto! Accetto, e così fanno anche gli altri.

Narratore:                  Telemaco, il figlio di Ulisse, prende l’arco e, invano, tenta di tenderlo.

Telemaco:                  Ahimé! Sono troppo giovane, non riesco!

Antinoo:                    Avanti amici! Vediamo chi di noi si merita la bella Penelope!

Narratore:                  Ulisse, chiamati fuori Eumeo e l’aiutante Filezio dice loro:

Ulisse:                        Ebbene, eccomi, sono io Ulisse; Eumeo guarda questa cicatrice, la  riconosci?

Narratore:                  Entrambi restano come folgorati e capiscono che, chi è loro davanti, è  proprio il re di Itaca da tempo lontano.

Ulisse:                        Per favore, nobili principi, lasciate che anch’io tenti di piegare  quell’arco, solo per vedere se ho ancora la forza di un tempo. Non certo  per avere in sposa la bella Penelope.

Antinoo:                    Vecchio, cosa pretendi? Mangia e non metterti in gara con i giovani.

Penelope:                  Antinoo, non si trattano così i miei ospiti. Di che cosa hai paura? Che  io lo sposi, se riesce?

Telemaco:                  Madre, queste sono cose da uomini. Ti prego, torna nelle tue stanze.

Narratore:                  Penelope non osa rispondere e torna nelle sue stanze. Nel frattempo Eumeo porta l’arco ad Ulisse, mentre la vecchia serva chiude la porta. Ulisse impugna l’arco e senza fatica lo tende, incocca una freccia, tende nuovamente la corda, prende la mira, e… la freccia, sibilando, attraversa tutti gli anelli andando a spuntarsi contro la parete. I Proci  rimangono stupefatti.

Ulisse:                        La gara è finita! E ora tirerò ad un altro bersaglio.

Narratore:                  La seconda freccia scoccata da Ulisse va proprio a colpire la gola di  Antinoo, che stramazza a terra.

Ulisse:                        Cani! Pensavate che non sarei più tornato a casa, dunque! Ebbene,  eccomi! La vostra ora è giunta!

Proci:                          Perdono, grande Ulisse, è per colpa di Antinoo che è accaduto tutto ciò. Risparmiaci!

Narratore:                  Inizia così il combattimento, ma i Proci, che si scagliano contro Ulisse, vengono trafitti uno ad uno.

Narratore:                  Impartiti gli ordini alle ancelle e ai servi di portare fuori i cadaveri e pulire la sala, Euriclea corre su per le scale.

Euriclea:                    Penelope! Penelope! Vieni a vedere. È accaduto ciò che per anni hai  desiderato: il tuo sposo è tornato, e ha fatto giustizia dei Proci!

Penelope:                  Vuoi prenderti gioco di me, vecchia?

Euriclea:                    Vieni tu stessa a vedere. Ulisse è tornato!

Narratore:                  Penelope, dubbiosa, scende le scale, appare sulla soglia della sala e si  ferma. Ulisse è in piedi.

Interviene, dopo il lungo silenzio dei genitori, Telemaco:

Telemaco:                  Madre, il tuo cuore è dunque così duro che non corri vicino a mio padre?

Penelope:                  Se questo è davvero Ulisse, allora potremo intenderci molto bene, perché vi sono dei segreti che custodiamo solo io e tuo padre.

Narratore:                  Telemaco lascia soli padre e madre che, in breve tempo, condividendo alcuni ricordi della loro vita, si abbracciano felici.  Penelope, tra le lacrime sussurra:

Penelope:                  Sì, ora so che sei veramente il mio sposo tanto amato quanto atteso!

Narratorequanto  atteso!”:                  Ulisse passa la notte a raccontare alla moglie tutte le sue avventure e, giunta  la mattina, esclama:

Ulisse:                        Ora devo andare a riabbracciare mio padre Laerte.

Narratore:                  Dopo aver raccomandato a Penelope di non lasciare le sue stanze, in  quanto teme la vendetta dei parenti dei Proci, Ulisse si incammina armato verso la capanna del padre. Lo vede mentre sta lavorando con la  zappa e gli si avvicina.

Ulisse:                        Ehi, vecchio! Il tuo orto è ben curato. Tu, invece, non lo sei affatto: sei  sporco e indossi stracci.

Narratore:                  Ulisse parla un po’ con il padre, mentendo sulla propria identità, ma quando vede che Laerte scoppia in un pianto sfrenato, non è più in grado di trattenersi.

Ulisse:                        No, padre mio! No, non piangere! Io sono Ulisse! Io sono tuo figlio! Sono tornato e - con l’aiuto di Athena, di mio figlio Telemaco, di  Eumeo e di Filezio - ho compiuto vendetta sui Proci che offendevano mia moglie. Nessuno di loro è più vivo!

Laerte:                        Sei davvero tu, figlio mio? Dammi un segno!

Narratore:                  Ulisse scopre la gamba e mostra al padre la vecchia cicatrice, la ferita che gli fece un cinghiale. Allora Laerte s’abbandona e abbraccia il  figlio.

Laerte:                        Sì, sì… esistono gli dei dell’Olimpo! Finalmente sei tornato!

Athena:                      Cessate, cessate figlioli di una medesima terra! Non versate più altro sangue fraterno.

Zeus:                          Facciamo che Ulisse regni in pace, che i morti siano dimenticati e che  torni ad Itaca pace, saggezza e ricchezza.

Athena:                      Avete compreso l’ordine di Zeus? Ebbene tornate tutti alle vostre case e  che la pace voluta da mio padre sia duratura.    

FINE