In fondo a destra
(Maldomande)
di Raffaello Bisso
«Le cose? Ah, le cose non sono buone o cattive, le cose
sono svariate».
Le cose sono buone o cattive?
«Non ci sono soldi».
Cominciamo (noi, io-voi, poiché m’avete in - qualche modo, con poco stile –
chiamato in causa); cominciamo male, malissimo: domanda in forma d'affermazione
posta. Mal posta?
Domandare a chi, se sono solo: ? (oggi non rido, avviso, dietro al vetro dello
sguardo.
Tetro? Sì, tetro)
Le vecchie mura vibrano del calore, e la mia finestra è uno specchio. Ci sono
già dentro.
Allons. Dentro il giro delle strade che mi chiamano, nel segno dell’aria?
Girotondare intorno al centro? A chi domandare?
A tutti – folla - cittadinifratelli- nessuno: Piazza de Ferrari. Alle vie che
tracimano giù piene di folla vita, lastre lustre dei commercianti, insegne
pericolanti; ai passanti, colorati passanti, ai bancarellanti (vendenti e
compranti, - non ci sono soldi!-) ai mendicanti, ai santi, sportellanti
automatici, telefonanti.
Attenti. Per una volta non dirò che è colpa mia.
Soldi non ce ne sono, e le cose... le cose non sono né buone né cattive. Le cose
sono svariate. Inciampo nella Parole: assomiglia a - sbagliate. Proviamo.
Le cose svariate sono sbagliate, né buone né cattive - le cose.
E le rose?
Vento caldo nella direzione buona, quella della follia, colorata follia,
quella di vento di parole che fa cambiar strada - nella direzione buona,
quella dell’odio. Io – voi.
Vorrei ritrovare la vena mia migliore, quella dei sogni di gloria e delle
cavalcate a spada sguainata, quella delle flebo più intense. Venticello di
parole, ciclone.
Voglio, essere, forte: resistente al dolore, renitente all'amore.
Ecco la vena delle parole, quelle giuste - per fingere. Almeno il folle vento
del fingere.
Fingere-mi poeta derelitto, affetto dal dolore arcano e rapinoso, che
inspessisce il
suo sangue cattivo con l'alcool e cura le ferite dell’anima sua con dosi
crescenti e
cicatrizzanti di poesia.
Bevi, bevi il buon nepente. Cos'è un nepente?
Precisiamo, via. Non è un rettile e non è velenoso, mio buon amico.
E' solo una parola desueta, desueta fuori moda: come certi colori, come certi
dubbi.
Parola che succede, come certi dubbi, a chi segue sentieri senza previdenza,
costeggiati da
tronchi antichi spezzati dalla folgore, che nella radura riescono che nessuno
sa: la radura dove a gambe incrociate sedersi, sotto il sole fermo, ad aspettar
che atterri il disco volante della Dea.
Parole che succedono, come succede la morte, distrazione di un momento.
Diciamo allora consolarsi con le parole. Non con parole qualsiasi. Parole di
cattiva dolcezza.
Per curare un'anima come col ferro rovente si curavano i corpi, dopo le
battaglie.
Inondare di acquavite le ferite aperte. Parole che facciano male.
Oggi questo è possibile per tutti. Cento pagine mille lire.
Duecento pagine 1500 lire. Diciassette poesie di Montale 2500 lire.
Ventotto poesie di Montale per lo stesso prezzo.
Saffo, Saffo e Withman, con lo sconto, e il dischetto, e la spilla, e l'adesivo
in omaggio.
E un aforisma di Nietzsche di resto, alla cassa.
Così accessibile la poesia oggi, così accessibile.
Anche la birra. Un mondo di birra. Costa meno. Dal 12 giugno
al 10 agosto. Tedesca, 3984 lire, danese, 6484 lire. Belga,
doppio malto, 7920 lire.
Si, perché adesso l'immaginazione è al potere, e il potere la rivende, non a
gocce perché
davvero è generoso e nobile, a bottiglie e ad almanacchi, a volte la regala,
perfino, perché è generoso come il mare, come il Re Sole: serate gratis, le vie
calde del centro, le luci, la musica e la
poesia, offerte dal Comune, nessuna condizione, nessuna tariffa, nessun esame
d'ammissione.
Ma non avevate detto che non c'erano soldi?
Taci spirito ribelle. Essere tutti uguali, tutti uguali davanti al Bello.
Ecco: la possibilità di vivere di ebbrezza e di poesia. Che età felice.
Che giovinezza, che fortuna, allungare la mano e prendere, come nell'Eden, la
Ceres nella mano e l'Arte che ti accarezza le orecchie e le parti più sensibili
dell'anima, quelle che l'educazione oppressiva ci ha insegnato a tenere coperte,
gratis. C'è anche la poesia analcolica, per chi ha un occhio alla salute, e sa
volersi bene. Come non approfittarne?
Perché non ne approfitti, spirito scontento?
Cosa rispondere? Non so. Non so. Non so. Come dirlo?
Mal dirlo?
Come mal dirlo, io cerco di scrivere. Cosa? Sì, di
scrivere. Io tento di mal scrivere.
Io? Noi!
No. Io, io, io, io.
Ritrovare la mia vena migliore. All'incrocio di un meridiano e di un parallelo,
la pentola d'oro della
ricchezza e della bellezza. Della gioventù...
Sei stato giovane, ciò avrebbe dovuto lasciarti qualcosa, un ricordo almeno,
un'abitudine, qualcosa di famigliare come il modo di piegare i calzoni quando
vai a letto. E il viaggio per chi non sa restare, per chi vuole sentire quel
canto che danna.
E allora, fatti consigliare un meridiano e parti.
Andare via? Ma se arriva, la morte, se arriva la morte come un brigante, allora,
meglio
non allontanarsi troppo, allora. In fondo, proprio in fondo sono nato qui.
Mi hanno nato qui, sono stato nato qui. Proprio in fondo, in fondo ai miei
giorni, guardati in controluce come una bottiglia opaca - e vuota.
Un percorso organizzato e curvo. Assicurato. Economico come l'arte, come
l'ebbrezza
frizzante e ambrata dei miei padri che si ungevano i capelli di burro prima
della battaglia.
Alpitour.
MA, tra ispirazione e traspirazione, una diastole di
dolore, che risveglia dal sonno artificiale. Scuote l'arto naturale.
Le cose. E le rose? Cediamo a quest'assonanza che ci riporta ad un contesto
poetico, sì poetico, così poetico.
Assonanza, o paio minimo, o cambio di consonante, a seconda che la cultura sia
classico-liceale, universitaria -linguistica, o da Settimana Enigmistica. E le
rose? E le rose? E le rose?
Vorrei chiederlo alla fioraia. Scusi, le rose sono buone o cattive?
Sono anch'esse svariate?
Sì, sono un po' appassite, ma appena appena, diciamo un po' svariate. Si vendono
lo stesso.
Quando scrivo mi metto il grembiule, come per lavare i piatti, come il
ciabattino per incollar le suole, ché ho paura che poi uscendo il vigile i
gendarmi di Pinocchio notino che ho to.
Ieri ero giovane e guerriero, oggi sono svariato, domani sarò appassito, come le
rose, e andrò nella spazzatura, come le rose: con le rose, i ventagli e le
vecchie bambole.
La sabbia scende molto lentamente: per chi scambia merci, o segni, per chi
sbaglia e per chi sbadiglia. E presto la mano si seccherà e non potrà più girare
la clessidra.
Visto che mal finirò, io mal scrivo, e faccio domande brutte. E a nessuno chiedo
scusa.
(Genova 1996/1998)
PS: I diritti di questo racconto sono riservati e proprietà del suo autore.
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