Inventiamo l’amore

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Inventiamo l'amore

Tre atti di Bruno Corra e Giuseppe Achille

PERSONAGGI

ANNA DE GIUDICI

CARLO MORELLI

CECCO BORGHETTI

Comm. GIACOMO CARBONI

ADA BIANCARDI

Rag. ANTONIO BIANCARDI

ELSA BIANCARDI, loro figlia

LENA BRUNI, sorella di ada

ALBERTO TORRESI

AMEDEO BIAGI

IL PORTINAIO

LA PORTINAIA

UNA CAMERIERA

A Roma. Nell'appartamento di Carlo Morelli e Anna de Giudici.

Oggi.

ATTO PRIMO

(Salotto-studio nell'appartamento del giovane scrit­tore Carlo Morelli. È un ambiente vasto, tra lo studio e l’atelier d'artista. Mobili novecento, due divani con libreria unita, disordine pittoresco. Ri­volto alta parete di fondo un cavalletto da pittore con sopra una tela, coperta da un rettangolo di stoffa grigia. Sulla spalliera di uno dei divani-letto un apparecchio telefonico. In un angolo il tavolo da lavoro di Carlo Moretti. Molti fiori a tinte sgargianti disposti con gusto. Libri aperti, sparpagliati un po' dappertutto. Nel fondo un'ariosa finestra, da casa modernissima, più targa che alta. Tende di mus­sola, vasi di fiori sul davanzale. Le saracinesche di legno sono abbassate; poca luce filtra tra le connessure. Porta a destra che dà nella camera da letto di Carlo e Anna. La comune è a sinistra. Sono le dieci del mattino. Una bella mattinata di marzo precocemente primaverile. All'alzarsi del sipario la scena è vuota. Suona a lungo il campanello. Nessuno nella casa dà segno di vita. Di lì a poco si sente il tonfo di un uscio che si richiude. Una voce maschia che chiama: « Ehi, di casa. Tutti morti? » Appare sulla porta di sinistra il comm. Giacomo Carboni, bell'uomo sulla cinquantina, di salda strut­tura, capelli brizzolati, vestito elegantemente. Ha ancora in mano un mazzo di chiavi appeso a una catenella, e se lo rimette in tasca mentre accende la luce. Attraversa la scena con fare da padrone e va a bussare alla porta di destra).

Carboni                - (bussando) Anna! Carlo!... Si dorme ancora alle dieci? Su! (non ricevendo alcuna ri­sposta apre l'uscio e si affaccia alla camera. La stanza è vuota. Carboni rientra in scena bronto­lando) Tutta la notte fuori! Che gente! (guarda l'orologio, s'avvicina a uno dei divani con libre­ria unita; da un ripostiglio in basso toglie una bottiglia di vermut, se ne versa un bicchierino e centellinandolo si avvicina al tavolo da lavoro di Carlo. Prende un foglio, da un blocco che sta sulla cartelliera, e legge): L'alba confessa il suo segreto bianco. Ogni raggio è un'idea che inventa il mondo. (Carboni commenta, sorseggiando il vermut) Mah!... Poesia!... Magari sarà anche bella!... (depone il blocco di fogli e s'avvicina al caval­ietto da pittore; alza la tela che lo copre. Il cavalletto è disposto in modo che il pubblico non può vedere quel che il quadro raffigura. Con espressione ammirativa) Questa sì che è una bel­lezza. Che bocca!... (pausa di contemplazione) Già, scommetto che lo fanno per venderlo a me. (Con tono di sopportazione) Pagheremo anche questo! (Resta lì incantato a guardare il ritratto. Intanto qualcuno è entrato in casa. Un rumore di voci nell'ingresso distoglie Carboni dalla sua appassionata contemplazione; egli lascia cadere la tela che torna a ricoprire il cavalletto e si volge verso la porta di fondo da cui entrano in fila indiana tenendosi a braccetto, come sorreg­gendosi l'un l'altro, Carlo, Anna, Alberto Torresi, regista, e Amedeo Biaci, pittore e car­tellonista, loro amici. Cantano in coro: « C'era una volta un pìccolo naviglio... ». Portano abiti da sera. Alberto ha infilato il mantello a col­lo di pelliccia di Anna. Scherzano fra di loro. Anna entra fra Carlo e Alberto. Carlo, eh'è capofila, punta un indice contro Carboni che, bicchierino in mano, li guarda scuotendo il capo) Eccoli qui! Alle dieci! Che sciagurati!

Carlo                    - Guarda che faccia da suocero!

Alberto                - (a Carboni) Andiamo, Carboni. Non faccia il feroce.

Anna                    - Aurf, come sono stanca! (Ad Alberto, ac­cennando al suo mantello) Levatelo, adesso, se no me lo sciuperai. (A Carboni) Ma come mai già qui, voi?

Carboni                - (seccato) Già qui? Ma se sono le dieci! Sto prendendo l'aperitivo, come vedete. (Intanto Amedeo e Alberto sono andati a sdraiarsi sui due divani-letto),

Amedeo               - Senta, commendatore. Tra persone che fanno parte del Circolo della « Libera chiave »... (e così dicendo toglie dalla tasca dei pantaloni un mazzetto di chiavi) ...è contrario al regola­mento, scusi, prendere queste arie!

 Alberto               - (ammaestrali voi con un indice levato) Articolo quinto: il commendator Giacomo Car­boni, di professione milionario, il signor Ame­deo Biagi, pittore e cartellonista di grido, e il si­gnor Alberto Torresi... (addita se stesso) ... regista cinematografico destinato alla celebrità... (Carlo si raschia la gola) Be'?...

Carlo                    - Niente!.... possederanno ciascuno una chia­ve che darà loro libero accesso all'appartamento dei signori Carlo Morelli e Anna De Giudici, a patto che... (Intanto Anna si è adagiata in una poltroncina e Carlo s'è messo a cavalcioni su una sedia, con gli avambracci appoggiati alla spalliera).

Carboni                - (rude e sbrigativo, interrompendo la chiac­chierata del regista, posa il bicchierino, si avvi­cina ad Alberto sdraiato, si china su lui e pren­dendogli il risvolto della giacca, fra pollice e in­dice) Dica, bel giovane! Di professione milio­nario, io, eh? Ma i milioni per sua regola non li ho trovati fatti; li ho tirati su sgobbando quattordici ore al giorno, per trent'anm. E an­che adesso che sono sotto i cinquanta, sono in ufficio prima delle sette, io. (Pausa. Volgendosi un po' a tutti) Dunque, patti chiari. Così non si va avanti, ragazzi! Se credete di pren­dermi per il naso e di sfruttarmi comodamente perché... sì... perché fabbrico dei mattoni e non sono un intellettuale come voi, vi sbagliate di grosso, lo metto dei quattrini per fare questo hlm, ma voi dovete mettere dell'energia e della buona volontà. Se no, amici come prima e chi s'è visto s'è visto. (/ quattro hanno ascoltato la paternale un po' mogi).

Carlo                    - Andiamo, commendatore, non s'arrabbi. Abbiamo fatto baldoria una volta tanto.

Carboni                - Caro lei, una volta tanto! Ho telefona­to anche l'altra mattina, giovedì, alle otto e mezzo. Non mi ha risposto nessuno.

Carlo                    - Le assicuro che una volta cominciato il lavoro vero e proprio saremo tutti disciplinatis-simi. (E sogguarda con intenzione verso Anna come per dirle: metti una buona parola anche tu, andiamo!) Ieri sera siamo andati al Quirino. Abbiamo trovato Rivi, Federico Rivi, sa, e ci ha proposto una corsa con la sua nuova macchi­na fino a Frascati dove ha un villino. Abbiamo accettato anche perché speriamo di farlo entrare nella combinazione con una somma importante.

Carboni                - Macché somma! 1 danari li ha suo padre, non lui. E suo padre li tiene stretti.

Anna                    - (intervenendo per ammansire Carboni) Poi era una serata così bella che proprio invitava a star fuori. Tutt'a un tratto, usciti da teatro, un'aria calda come se fossimo già in maggio. Che meraviglia la primavera a Roma! La colpa" è stata un po' anche mia, Carboni.

Amedeo               - (ispirato) C'era una luna!... Un venti­cello tepido!... Ho fatto il bagno nella vasca del giardino...

Anna                    - Abbiamo ballato un po' col grammofono. C'era anche l'amica di Rivi. Carina. Ve la pre­senterò. Alle tre c'è venuta fame e abbiamo fat­to la pasta asciutta. Fra chiacchiere e risate so­no venute le nove. Rivi ci ha portati tìn cjui in macchina. (AMEDEO sbadiglia. Tutti gli altri su­biscono il contagio, a uno a uno).

Carboni                - (vedendo che tutti fanno sforzi eroici per non addormentarsi) He', vedo che cascate dal sonno; non è il momento di discutere. Andate a dormire. (Si accosta ad Anna, e piegato sopra lei le prende una mano fra le sue e con tòno af­fettuosamente protettivo) lo ini preoccupo so­prattutto per voi, Anna. Loro hanno la pelle du­ra, ma voi non potete resistere a questi stra­pazzi. Guardate clic faccina stanca avete stamat­tina! (li con un gesto furtivo tenta di carezzarla sotto il mento. Anna in grande orgasmo ritrae vivamente la testa, ma poiché nessuno sì è ac­corto di quel gesto confidenziale di Carboni, gli sorride).

Anna                    - (alzandosi) Vi accompagno, Carboni.

Carboni                - Grazie. Molto gentile. (Si avviano. Car­boni fa un saluto circolare agli altri) Arrivederci. Vi aspetto in uflicio alle cinque.

Tutti                     - (insieme) Arrivederci. (Anna e Carboni escono dalla comune).

Amedeo               - (a Carlo) Hai visto? Hai fatto malis­simo a dargli la chiave di casa. Adesso ci sorve­glia. Non potremo più fare i nostri comodi.

Carlo                    - E come facevo a rifiutare? Sei un bel tipo! Ha saputo che l'avevo data a voi! Non gli si poteva rifiutare questa prova di confidenza, di amicizia!

Amedeo               - (grattandosi la testa) Hai ragione anche tu. (A questo punto Carlo si accorge che Anna tarda a rientrare e pur continuando la conversa­zione coi due amici landa di quando in quando occhiate impazienti alla porta di fondo, da cui Anna è uscita con Carboni. È Amedeo che, dopo una pausa, conclude) In fondo è un gran tirchio!

Alberto                - S'è ostinato su quella cifra di quattro­centomila e non c'è verso di levargli un soldo di più. Come se si potesse fare un film appena appena ducente con meno di scicentomila lire!

Amedeo               - Vaglielo a dire! « Cifra massima. Chiu­do la borsa », — dice lui — « Trovatele da un'altra parte le altre duecentomila ». Una pa­rola! E dove si trovano? Chi ce le dà?

Carlo                    - (di malumore) Io ho tentato tutte le stra­de; non so più dove battere la testa!

Alberto                - Ma tu non potresti?...

Carlo                    - (vivamente) Cosa?... Ridurre il mio sog­getto?... Ma tu sei matto! Immcschinire tutto?... Ma nemmeno per idea. L'ho già tagliato anche troppo! Non voglio mica buttar fuori un pastic­cio che screditi il mio nome.

Alberto                - Ma... e quel vostro amico di Urbino? Non doveva arrivare uno di questi giorni? È pieno dì quattrini, no?

Carlo                    - Mah! É l'ultima speranza. Io non lo co­nosco, ma Anna e in buone relazioni con lui e spera di potergli cavare qualcosa. (Durante queste battute, Carlo ha continuata a lanciare occhiate sospettose verso la comune e s'è rive­lato via via più nervoso; d'improvviso, ora, vol­ge il capo verso la comune e chiama spazientito) Anna!... Anna!...

Anna                    - (apparendo dalla comune) Be'?... Sono qui!... (Si ferma sulla soglia. Il suo viso ha una espressione stranita e pare che anche il suo modo di fare sia un po' imbarazzato. Carlo e Anna si fissano. Anna, come giustificandosi, dice pre­cipitosamente) Carboni l'ha presa male, stavolta. Mi ha fatto un'altra paternale di là. Bisogna cambiar registro! Carlo     - Ma cosa pretende? Che si faccia la vita dei frati?

Alberto                - O cosa c'entra lui?

Amedeo               - Quando si comincerà il film andremo magari a letto all'ora delle galline, se sarà ne­cessario.

Carlo                    - Ma poi, questo sindacare la nostra vita privata!... È una cosa intollerabile! Io glielo dico sul muso, sai.

Anna                    - Sentite: se s'andasse un po' a dormire, invece? Io sono stanca morta.

Amedeo               - Non ci manderai mica a casa, eh? Fra qualche ora dovremmo tornare qui per andare da Carboni. Con la distanza che c'è, fra an­dare e venire!...

Anna                    - Per conto mio, figurati! Ci avete dormito tante volte su quei due divani.

Alberto                - Benissimo. (li si sdraia ancor più como­damente imitato da Amedeo).

Anna                    - (andandosene dalla porta di sinistra e bat­tendosi le dita sulla bocca per soffocare uno sba­diglio) Buon riposo!

Carlo                    - (fa un cenno di saluto ai due camerati) Addio.

Amedeo e Alberto- (ins'eme) Buona notte.

(Carlo esce dietro Anna e chiude la porta di comunicazione. I due cercano una posizione più comoda e, sempre sdraiati, si strizzano l'occhio e commentano a gesti la situazione fra Carboni, Anna e Carlo).

Amedeo               - Di'?... Hai visto che faccia aveva quan­do è rientrata? Carboni le aveva dato una striz­zata di là e lei ci sta, ci giuoco l'osso del collo: ci sta!

Alberto                - (anche lui a voce bassa) Per fortuna! Ma cosa credi: che Carboni ci tenga davvero al film? È per lei che tira fuori le quattroccn-tomila lire!

Amedeo               - Eh. non esageriamo adesso! Quattrocen­tomila lire, alla grazia! Un tipo come lui! No, no, ti dico io com'è la storia: spera di fare un buon affare co! film e nello stesso tempo, sai... Anna è la primi attrice...

Alberto                - Naturalmente! L'utile e il dilettevole.

Amedeo               - C'è rimasto preso forte, Carboni. Però bella donnina, eh?

Alberto                - Ah, questo sì! (Una pausa; poi levando­si di scatto appoggiato a un gomito) E lui è ge­loso, sai! Si dà delle arie da cinico, ma ci soffre...

Amedeo               - Cosa credi? Che sia già successo il fat­taccio fra Anna e Carboni?

Alberto                - Chi lo sa! Certe volte mi pare di si e certe volte giurerei di no.

Amedeo               - Secondo me lui ha tutto un piano: la­sciarla andare fino a un certo punto, sfruttare la situazione, e al momento buono dare una fre­nata. Cosa dici?

Alberto                - Mah!... (Distendendosi meglio e sbadi­gliando) Giuoco pericoloso con le donne! Acci­denti che sonno! Dormiamo, va là!

Amedeo               - (si leva a sedere sul divano, allunga un braccio e gira l'interruttore che gli è vicino. Buio in scena) Buona notte. (Qualche istante di si­lenzio. Squilla il telefono che è su uno degli scafjalctti uniti al divano dove e sdraiato Ame­deo). Io non muovo un dito neanche se suona un'ora. (Altro squillo) Scocciatore! (altro squillo) Che te possino! (altro squillo) Va all'inferno! (altro squillo) Crcpa !

Alberto                - E rispondi! Se no non la smette più. (Mentre Amedeo, pigro, sta sollevandosi per pren­dere il ricevitore entra impetuosamente da de­stra Anna in babbucce e vestaglia scendiletto che le lascia un po' scoperte le spalle).

Anna                    - (ad AMEDEO che sta alzando il ricevitore) Danniti, dammi. (Gli strappa il ricevitore di mano, monta coi piedi sul divano e si mette a sedere su una delle spalliere) Pronto?... Pron­to?... Sì, sono io... Ah, è lei Borghetti!... Sì, certo!... Soltanto pensavo stasera o domani... (Amedeo le prende una mano, gliela bacia) Stai buono!... (Amedeo ha lasciato scivolare le gambe giù dal divano e scantinandosi i capelli, inson­nolito, scrolla rabbiosamente la testa per scuote­re via il torpore. Poi si volge verso Anna che parla, allunga una mano, le accarezza le caviglie titidc. Anna, parlando, respinge la sua mano con piccoli calci) No, no, poteva telefonare anche prima. Ci alziamo sempre presto la mattina... (Amedeo s'impadronisce di una sua babbuccia e la bacia in atteggiamento estatico. Sempre con­tinuando la conversazione, Anna gli strappa di mano la babbuccia e torna a calzarla) Sì, in genere facciamo una vita rithatissima!

Amedeo               - (che le ha preso una mano e le studia il palmo, sottovoce) Hai la linea della menzo­gna molto marcata!...

 Anna                   - Dimenticarmi di lei?... Ma cosa dice, Bor­ghetti!... Anzi volevo scriverle da molto tem­po... Io sono fedelissima alle vecchie amicizie!...

Amedeo               - (come seguendo con la punta dell'indice le linee sul palmo di Anna) Macché! Facilità a dimenticare... Infedeltà... Tradimento...

Anna                    - (strappa la sua mano da quelle di Amedeo e gli dà un colpo sulla testa. Una picco/a risata) Grazie!... Sempre gentile, Borghetti!... (Intanto Amedeo s'è chinato e furtivamente tenta di ba­ciarle una caviglia) La delicatezza e la cortesia sono proprio le qualità che apprezzo di più nella vita, lei lo sa!... (Ha appena finito questa battuta, quando, per difendersi dal tentativo di Amedeo, gli sferra un potente colpo di piede, che cogliendo di sorpresa il giovanotto lo fa ruz­zolare giù dal divano).

Amedeo               - (in terra) Accidenti che delicatezza!... (A questo punto entra Carlo, in pantaloni e ma­niche di camicia, e si stupisce di vedere l'amico per terra).

Carlo                    - (a Amedeo, sottovoce) O cosa fai lì?

Amedeo               - Ah, una piccola cortesia di Anna! Par­lavo... sai... disturbavo la sua telefonata e mi ha dato un calcio. Gentile, come vedi...

Carlo                    - (ascolta distrattamente le spiegazioni di A-medeo, intento com'è alla telefonata di Anna. Più a gesti che a parole, a Anna) Chi e?...

Anna                    - (non risponde alla domanda, ma riprende a parlare al telefono) Questo glielo spiegherò a voce. Venga da noi a colazione. Vuole? (Pau­sa). Sì, sì, ma non si faccia illusioni. La cuoca sono io... (Pausa; una risatina di Anna) Va be­ne... A mezzogiorno e mezzo, allora!... Arri­vederci, Borghetti... (Carlo che fino ad ora ave­va prestato molta attenzione alla telefonata per indovinare con chi Anna stesse parlando, al no­me di Borghetti ha un vivo moto di sorpresa).

Carlo                    - (ad Anna che riattacca il ricevitore) Bor­ghetti?... Allora siamo a posto!... Li dà i quat­trini?...

Anna                    - (un po' seccata alza le spalle) Cosa vuoi che sappia?... Vedremo... Gliene parlerò... (una pausa) È un gran buon diavolo. Mi dispia­ce di seccarlo.

Alberto                - È quel tuo amico di Urbino?

Anna                    - Già! (Muove qualche passo per la scena. Si abbandona su una sedia).

Amedeo               - Senti : se non riesci a pelare questo provinciale, ti levo il saluto.

Anna                    - Ma smettila!... Pensiamo piuttosto che cosa gii diamo da mangiare. (Sul tavolo lì ac­canto c'è la sua borsetta. La prende, l'apre, verifica quanto danaro c'è nel borsellino) Dodici lire!... (e guarda interrogativamente i tre).

Carlo                    - (mette due dita in un taschino del pan­ciotto e ne trae qualche moneta, si fruga nelle ta­sche dei pantaloni e ne trae qualche altra) Sette lire, e devo prendere le sigarette... (Amedeo e Alberto controllano la loro cassa).

Amedeo               - (desolato) Tre e cinquanta.

Alberto                - Otto e trentacinque.

Carlo                    - Non ci siamo. Capirete che bisogna fare bella figura. Non possiamo offrirgli due fette di salame e una frittata!...

Amedeo               - Quel maledetto Carboni che non si de­cide ancora a passarci lo stipendio!...

Alberto                - (alzandosi con fare grandioso) Non im­porta! Penso a tutto io.

Anna                    - Con otto e trentacinque?

Alberto                - Noo!... Sacrifico l'orologio d'oro. (Lo toglie dal taschino e lo bacia) Lo riservavo per un'occasione di suprema importanza, e più im­portante di questa... Film o non film: vita o morte, cari mici!

Carlo                    - Non sarà mica placcato!

Alberto                - Oro, oro! Diciotto carati.

Carlo                    - Anna! E se invitassimo i Biancardi? Con la signora Biancardi siamo abbastanza in confi­denza; possiamo dirle di portare la cameriera.

Anna                    - Ma no, cosa ti salta in testa! Sono quattro persone di più a mangiare! Poi io dovrò spie­gare tutto 1'atiare a Borghetti. Avrò bisogno di stare un po' sola con lui. Sarà un impiccio avere tanta gente in casa...

Carlo                    - Per questo ci penso io. Al momento buo­no li porto di là in sala da pranzo. In queste

 cose, tu capisci, è la prima impressione che con­ta. Si tratta di chiedere quattrini. Borghettì ve­drà che abbiamo relazioni, amicizie, che invi­tiamo gente, che non siamo dei morti di fame...

Anna                    - (arrendendosi) Come vuoi, allora. Facciamo presto, però, se no quello arriva e siamo ancora qui a discutere.(Amedeo e Alberto se ne vanno; saluti a sog­getto. Anna va alla finestra, tra su le saraci­nesche. La luce del giorno invade la scena. Anna spegne le lampade).

Carlo                    - (riordinando i suoi libri e le sue carte sul tavolo) Cosa t'ha detto Carboni, di là? Non avrà mica intenzione di tirarsi indietro proprio adesso?...

Anna                    - No, no. Ma dice che manchiamo di se­rietà. E poi questa vita in comune con gli amici non gli va... Questi estranci per casa...

Carlo                    - (vivamente) Estranci?... Ragazzi di ta­lento, veri artisti. Abbiamo le stesse idee, la stes­sa sensibilità... Un uomo come Carboni non può capire queste cose, ma mi stupisco di te. In fondo non ti sei mai liberata di certi piccoli pregiudizi. Anche questa visita di Borghettì, in realtà...

Anna                    - (interrompendolo) Sì, mi secca, mi secca, non te lo nascondo affatto! Quando sono scap­pata di casa con te, ho tagliato tutti i ponti... Siamo partiti in uno stato d'animo molto dif­ferente da quello di oggi... Era una sfida, uno schiaffo!... Credevamo di andare verso il suc­cesso!... Adesso, questo dover ripiegare, doman­dare aiuto a Borghetti che conosce lo zio, che e al corrente di tutto...

Carlo                    - Ma sei stata tu che hai voluto scrivergli. Non te l'ho mica imposto io!...

Anna                    - Quanti decorsi, Carlo! Per forza!... Biso­gnava pur uscire da questa situazione!... Senza contare che altro è scrivere una lettera, altro e trovarsi faccia a faccia...

Carlo                    - (dopo una pausa pensosa) Ma, scusa, come mai non abbiamo più un soldo in casa? D'ac­cordo, i conti non sono il mio forte, ma non m'avevi detto ieri l'altro che avevi ancora cin­quecento lire?

Anna                    - Infatti. Ma con tutti questi amici che ab­biamo intorno!... Gente che mangia, sai! Si fa presto!...

Carlo                    - (con le mani in tasca, leggerone) Una bella seccatura!... La colpa è tua. So che tu metti sempre da parte qualche piccola cosa e non mi dò pensiero. Maledetti quattrini! (Guar­dandola sorridendo) Non hai proprio più niente? Di' la verità!...

Anna                    - (netta, senza guardarlo) Sì. Ho tremila lire.

Carlo                    - Eh!... Tremila lire?... Ma fa il piacere!... Da dove son saltate fuori?

Anna                    - (fredda) Mia cugina. Sai, quella di Anco­na... La Tilde. È l'unica che è rimasta in rap­porti con me. Le avevo scritto... (pausa) È stato un altro boccone amaro da mandar giù... Non te l'ho detto perché avevo pochissima speranza che me le mandasse...

Carlo                    - Ma quando le hai avute?

Anna                    - Ieri mattina. (/ due si guardano e si stu­diano. Una pausa. Imbarazzo reciproco).

Carlo                    - Tremila lire! (E si guardano ancora).

Anna                    - (correndo ai ripari) Non avrei voluto dir­telo perché...

Carlo                    - (interrompendola, con tòno spigliato, pun­tando un indice contro di lei) Perché avevi paura che mi mettessi a spendere e a spandere!... Indovinato?...

Anna                    - (con un respiro dì sollievo) Sì!

Carlo                    - (le si avvicina, le gira un braccio intorno alle spalle, e, scherzosamente) Quanto giudi­zio!... Davvero sci rimasta una piccola borghese.

Anna                    - E poi, se anche avessi voluto dirtelo, non siamo mai soli! È da ieri mattina che abbia­mo attaccati alle costole quei due. (Cingendogli il collo con le braccia) Carlo!... Mi piacerebbe tanto di stare un po' sola con te!

Carlo                    - (accarezzandole la fronte, come se le rega­lasse un milione con quelle parole) Quando saremo ricchi andremo a vivere ogni estate in solitudine per due mesi. Contenta?... Pro­messo !...

Anna                    - (un po' infantile) Sì?... E quando, sare­mo ricchi?...

Carlo                    - Prestissimo. Non ci credi?...

Anna                    - (fra due baci) Caro! Ci credo perché vo­glio credere tutto quello che credi tu! (E si stac­ca da lui. Una pausa).

Carlo                    - Su, va a vestirti adesso.

Anna                    - Carlo, fammi un favore. Non invitare i Biancardi. È gente che non mi piace.

Carlo                    - Io li trovo simpaticissimi. Si presentano bene. Sono sempre molto gentili con te.

Anna                    - Sai quello che voglio dire.

Carlo                    - Ma sono sciochezzc, andiamo! Non capi­sco perché ti debba dare sui nervi la sorella della signora Biancardi!

Anna                    - Lo sai bcncl È il tòno che ha preso con te che non mi va. E tu le dai corda!...

Carlo                    - Naturale! Cerco di tenerla buona perche potrebbe venire utile. È ricca, indipendente... Se per esempio Borghetti non desse i danari per il film!... Pare che il marito le abbia lasciato in Brasile una grossa sostanza.

Anna                    - Insomma, io non vado su a invitarli. Se ci tieni, va tu!

Carlo                    - E va bene, va bene! (Con disinvoltura) Vado io! M'infilo la giacca e faccio un salto di sopra. (Esce per la porta di destra e torna ra­pidamente infilandosi la giacca. Attraversa la sce­na di corsa ed esce da sinistra gridando) Vestiti! Fa presto! (Esce).

Anna                    - (dopo un attimo d'esitazione, correndogli dietro) Carlo, senti! Carlo!... (Ma Carlo è già uscito dall'appartamento. Anna torna indietro e si dirige in fretta verso la porla di destra, nel­l'atto di togliersi la vestaglia. È appena entrata nella sua camera quando si vede apparire dalla comune Amedeo, che va al cavalletto, rialza la tela che lo ricopre e per qualche istante contem­pla pensoso il quadro. Poi con uno scatto prende la tavolozza e il pennello posati lì, sul panchet­to da lavoro Anna di dentro) Chi è?...

Amedeo               - Sono io.

Anna                    - (di dentro) Come? Siete già tornati? (Spor­ge la testa) Ah, no, sei solo! (Rientra nella stanza).

Amedeo               - Sì. M'è venuta un'idea per il quadro e ho rifatto la strada di corsa. (Con voluta in­differenza) Dov'è Carlo?

Anna                    - è su dai Biancardi.

Amedeo               - Ah!... (Continuando a ritoccare il ritrat­to con piccoli colpi di pennello) Scusa, vuoi ve­nire un momento, che ho bisogno di vedere le spalle?...

Anna                    - (di dentro) Non posso. Devo vestirmi.

Amedeo               - Aspetta un po'. Vieni prima un mo­mento qui. (Entra Anna avvolta in una vestaglia in maniera da lasciar scoperte le spalle. Amedeo la rimira un attimo; aggiunge qualche tocco al ritratto) Mettiti in posa. Girati un pochino, ab­bi pazienza. (Anna eseguisce) No, troppo! A-spctta! (Depone tavolozza e pennello, si acco­sta ad Anna, le fa cambiare posizione prenden­dola per le braccia. D'improvviso sì china su lei e le tempesta di baci una spalla. Anna si ritrae bruscamente).

Anna                    - Diventi matto? Sei un...

(Si ode rumore di passi nell'anticamera. Anna s'interrompe. Entra Carlo. Anna e Amedeo assumono un'aria indifferente).

Carlo                    - Vengono subito. Anna, la cameriera, è di là. (Puntando l'indice verso Amedeo) Figurati quello, gli vien l'estro adesso!.... Sei un bcll'im-piastro! Metti via, va là!... (a Anna che sta per uscire) C'è ancora del vermut, in casa?

Anna                    - (nervosa, seccata) Non so! Guarda. (Esce sbattendo la porta).

Carlo                    - Anna è di cattivo umore. Non ha mica torto, però! Io ho proprio le mani bucate... Be', i quattrini verranno, eh?.... (e batte affettuosa­mente sulla spalla di Amedeo) E Alberto?

Amedeo               - (che ha deposto la tavolozza, ma è davanti al ritratto) È ancora fuori. M'era venuto in mente di ritoccare questi tòni sul rosa... (Copre il ritratto con la tela).

 Carlo                   - (che riordina le sue carte sulla scrivania, prende un foglio e legge) Senti : Attonito, puro, fisso, il silenzio si annoda in se stesso.

AMEDEO           - Cos'è? Un indovinello?

CARLO              - (entusiasta, sbattendo i fogli sul tavolo) Che indovinello! Sono versi mici! Se non è bello questo!... (smorfia significativa) Se ne scrivono pochi dì versi come questi in Italia, oggi, te lo dico io! Ma verrà anche l'ora della poesia. Adesso c'è questo film che deve trionfare, che deve rendere fior di danaro! (Suono di campa­nello) Eccoli! (Esce dalla comune; va ad aprire. Rientra coi Biancardi, moglie, marito, figlia, e con la signora Ei.ena Bruni, sorella della signo­ra Ada Biancardi).

Ada                     - (che precede tutti, si ferma un attimo sulla soglia a guardare) Ma qui non c'era una sala da pranzo?

Carlo                    - Sì, ma poi ho preferito trasportare qui lo studio. C'è più silenzio. La finestra dà sul giar­dino... (Saluti a soggetto fra Amedeo e i nuovi arrivati).

ADA                   - (volgendosi alla sorella) Io adoro gli artisti, hanno sempre delie novità. Non lasciano tran­quilli nemmeno i mobili. (Ada Biancardi e Ele­na Bruni si somigliano pochissimo. La signora Biancardi, più vicina ai cinquanta che ai qua­ranta, è sott.le, nervosa, ag.tata. Ha l'aria di una modesta signora borghese, ma è chiacchie­rona, affannata, invadente; non sta mai un at­timo ferma. Veste senza ricercatezza ed è mal pettinata. £ una donna che ha rinunciato per conto suo ad ogni vanità, riversando il suo esu­berante bisogno di Vita e di successo sul marito e sulla figLa. La signora Bruni, sulla trentina, elegantissima, è una bella donna che evidente­mente ha avuto un passato avventuroso. Il rag. Antonio Biancardi e un piccolo uomo tranquil­lissimo, il vero tipo dell'impiegato modello. Le manìe, d'ambizione della moglie non hanno avu­to alcuna presa su di lui. Elsa, loro figlia, è esteriormente quello che la madre vorrebbe che fosse: spregiudicata, pratica, moderna, senza fi­sime romantiche, attenta al sodo nella vita. Ma c'è in lei qualcosa anche del padre, che talora sì rivela in una sua tendenza a seguire gli slanci del cuore. Ultimo a entrare in scena è il rag. Biancardi che, timido e impacciato, si tiene a prudente distanza dalla moglie e fa tutto il pos­sibile per farsi dimenticare da lei).

Amedeo               - (stringendo la mano al rag. Biancardi) Coma va, ragioniere?

Biancardi             - (a voce bassa, per farsi notare il meno possibile) Bene, grazie. (E quasi in punta di piedi va a sedersi in un angolo, trae il giornale di tasca e s'immerge nella lettura).

Ada                     - (ammirando il quadro sul cavalletto) Bella! Chi è?...

Elena                   - Come chi è? La signora Anna!...

Ada                     - (pronta) Ah già! Somigliantissima! Ah, non vedo l'ora che sì faccia il film! Dio voglia che questo signor Borghetti vi dia i quattrini che vi mancano! Ve lo auguro proprio con tutto il cuore!.. Ah, senti, tu... (Si guarda intorno agi­tata) Antonio! Dov'è Antonio?

Biancardi             - (che e seduto in un angolo, sull'orlo di una sedia, e si legge in pace il giornale, a malin­cuore) Sono qui.

Ada                     - Oh, bravo! Stammi bene attento, perché in queste cose ti rigiri male, tu... I signori Morelli stanno aspettando un loro amico, un ricco si­gnore di Urbino, che pare sia disposto a finan­ziare l'impresa. Tu capisci, avranno bisogno di parlare a quattr'occhi. Quando s'andrà tutti di là, tu non venir fuori a dire: « Io sto qui a leggermi in pace il giornale! ». (Breve pausa) Poi, perché non dici al signor Carlo quello che avre­sti deciso per la costituzione della Società? (A Carlo) Mio marito ha delle idee, se sentisse, pro­prio delle idee straordinarie!...

Biancardi             - (con tranquilla sopportazione, ripiegan­do il giornale con un sospiro e mettendoselo in tasca) Macché straordinarie! (modesto) Dicevo soltanto che trattandosi di un affare che per ora ha proporzioni limitate, mi sembrerebbe meglio (lì non costituire un'anonima, ili fare una pic­cola società in accomandita.

Ada                     - (entusiasta) Ha sentito?... Ha una visione così lucida, queir uomo I È un'autorità, nel suo campo, sa! Se non tosse per quella maledetta timidezza, a quest'ora sarebbe un pezzo grosso .della Finanzi. Glicl'avrò detto mille volte! Fatti avanti, stupido, mettiti in mostra, fatti valere! Col tuo ingegno non essere così! (Le cascano le braccia) Non c'è niente da lare! Gli manca quel... quel... c'è una parola moderna... (ha trovato; scatta) 11 dinamismo!

Elsa                      - Cosa c'entra il dinamismo, mamma?

Ada                     - (alla sorella) Ecco, vedi, Elena?... (indica Elsa) Quella e un'altra spina che ho qui. (Si tocca il cuore) Anche lei non vuol capire che con la vita d'oggi bisogna buttarsi sotto. Glielo dico sempre: — Buttati sotto! Stupida come sua madre! Seria, riservata... Finirà anche lei mo­glie dì un piccolo ragioniere... ija un gesto di disprezzo verso il marito) Senza ambizioni, sen­za orizzonti!... (trasportata dalla joga) Eh, tu mi capisci Eiena, perché tu la vita l'hai saputa prendere!

Elena                   - Sai, è anche questione di fortuna.

Ada                     - Va là, va là, cha la fortuna va aiutata. Pratica, pratica, ci vuole! badare al sodo! Lo dico sempre alla mia Elsa: bada al sodo!

Carlo                    - (sorridendo) Cara signora, ma lei dovreb­be scrivere un bel decalogo per sua figlia...

Ada                     - Si liguri! L'ho qui sulla punta della lingua: i° Sii sempre riservata con un uomo lincile non hai avuto informazioni sul suo patrimonio. -2° Ricordati che nel matrimonio la felicità è di uno solo, prenditela tu. - 3" Prima di ridanzarti decidi col tuo innamorato una stagione al mare. L'uomo d'iniziativa è quello che sa fare i tulli dal trampolino. (E sogguarda verso il marito cori dispregio) Se il tuo pretendente, prima di en­trare in acqua, l'assaggia col piede... (fa l'atto del bagnante cauto e pauroso. Il marito sorride nell'angolo e ad Amedeo, che gli è vicino, striz­za l'occhio puntandosi l'indice al petto) ...di­gli che hai cambiato idea e non sposarlo. - 40 Alla larga dai sognatori, dai chiaccliieroni e dai poeti... (un coro di proteste le impedisce di con­tinuare).

Carlo                    - (ridendo) Come? Lei parla male dei poeti in casa mia?

Ada                     - Ah, non me la dà a bere! Lei sognerà la notte. Ma di giorno sa far bene i suoi alfari!... (Entrano dalla comune Anna e Alberto. Anna, sorridente, va incontro agli ospiti. Ada le strin­ge le mani con effusione. Saluti a soggetto Jra Alberto e gli altri. Ada ammirando Anna) Ma sa che lei mi diventa più bella tutt'i giornil La iingrazio proprio, guardi, d'avermi invitata. C'è un'atmosfera così eccitante, in casa sua; ci si sta d'incanto. Già, le case degli artisti! Oh, badi, se vuole vengo a darle una mano in cucina, eh, senza complimenti... Ma la mia donna sa far tutto; ci si può fidare di lei. (Strette di mano, saluti a soggetto fra Anna, Elena, il rag. Bian­cardi Elsa e Alberto).

Carlo                    - (trova modo di prendere in disparte un at­timo Alberto) Tutto bene?

Alberto                - (sottovoce) Sì. V'ho mandalo a casa della roba straordinaria. Faremo una figurona!

Carlo                    - Bravo!

Ada                     - (a Anna) Non vedo l'ora di sapere se il loro amico di Urbino appoggia l'aliare. (Cam­biando ancora argomento) £ ricco, vero, molto ricco?...

Anna                    - Chi?... Ah, sì, abbastanza!...

Ada                     - (golosa) Immagino. Patrimoni di provincia. Terreni, case... Ricchezza solida. È sposato, sposato?...

Anna                    - (secca) Non credo. Se non ha preso mo­glie in questi ultimi anni...

Ada                     - (sincera) Speriamo di no! Voglio dire... Le mogli son sempre impicci, negli affari. C'è sem­pre un po' di gelosia...

Elena                   - (intanto s'è avvicinata a Carlo e gli dice sottovoce) Perché non è venuto ieri da Latour? L'ho aspettato fino alle sei.

Carlo                    - Mi deve scusare. In questi giorni sono molto preso.

(Sì ode dì nuovo la voce della signora Ada).

Ada                     - (ad Anna) Mia sorella è entusiasta della « Strada degli amanti ». Dice che è un bellissimo soggetto e che il signor Carlo ha un grande in­gegno. Vero, Elcna?

Elena                   - (interrotta nel suo discorso con Carlo) Cosa? (Trilla il campanello della porta).

Ada                     - È lui? (Un po' d'agitazione in scena).

Anna                    - Non credo. È la puntualità in persona e m'ha detto al telefono che sarebbe stato qui alle dodici e mezzo.

(Entra la Cameriera con un biglietto da visita sul vassoio).

Cameriera            - (s'avvicina a Ada e le porge il vassoio) C'è...Ada (nervosa alla Cameriera, accennando ad Anna) Lì, lì! (La Cameriera non capisce) Cosa l'ho detto, stupida?... Che per oggi la tua padrona è lei! Dunque daglielo a lei, il biglietto!

Cameriera            - (un po' imbarazzata per la sua gaffe si rivolge ad Anna) Oh, scusi! C'è questo si­gnore...

Anna                    - (prendendo iì biglietto e leggendo, mentre tutti sono intenti al suo viso, agitata a Carlo) E Borghetti! (Movimento generale. La signora Ada si avvicina alla figlia),

Ada                     - (imperiosa a Elsa) Hai il naso lucido! Inci­priali! Sii gemile. Sorridi... (Mentre Elsa afferra la borsetta e si passa m fretta il piumino sulla faccia, Anna, andando verso la comune, grida festosamente)

Anna                    - Avanti, avanti, Borghetti! (Prima ch'ella raggiunga la porla appare Cecco Borohetti dal­la comune, li lungo, allampanato, biondo come un albino, con piccoli baffi e una barbetta a punta. Porta occhiali con grosse lenti; è vestito m modo serio e riservato. £ mezzo calvo. Una vasta fronte. Il suo viso slavato e mansueto ha lineamenti abbastanza regolari; ha qualcosa del topo bianco. Nella mano sinistra regge un gran­de mazzo di fiori, nella destra i guanti e una scatola di cioccolatini. Si guarda intorno con l'imbarazzo e la scrutatrice cautela del miope. Vorrebbe afferrare le mani che Anna gli porge con atto espansivo, ma non sa come liberarsi dal mazzo e dalla scatola e sorride continuando a fare piccoli inchini col capo. È ancora Anna che parla) Caro Borghctli, che festa rivederla! Dia qua, dia qua! (odora i fiori) Che magnifi­che rose! (mostrando la scatola) E qui?

Cecco                  - Cioccolatini di Urbino.

Anna                    - Quelli con la pasia di nocciola?

Cecco                  - Proprio quelli. Mi sono ricordato che le piacevano tanto!

Anna                    - Carlo, vieni qui. Borghetti, le presento... (un'esitazione) Carlo... Lei lo conoscerà già di...

Cecco                  - (cordiale) Già, di nome e di vista. (Sì stringono la mano).

Anna                    - (presentandolo al gruppo degli invitati) La signora Biancardi, la signora Bruni, la signorina Biancardi, il ragionier Biancardi, il regista Tor­res! e il pittore Biagi.

(Strette di mano. Ad ogni stretta di mano, Cec­co ripete a macchinetta, con un cenno secco del capo, « piacere! »).

Alberto                - (che è l'ultimo a stringergli la mano è il solo che gli risponde un marcato) Piacere!

Anna                    - Non l'aspettavo così presto!

Cecco                  - Già, infatti. Avevo un appuntamento alle undici e tre quarti col cav. Petiuccelli della Li­breria Antiquaria. Mi aveva promesso una certa edizione aldina. Invece, poi, sembra che il vo­lume sia stalo accaparrato da un altro collezio­nista. Allora mi son trovato libero mezz'ora pri­ma coi fiori e i cioccolatini. Il tassametro an­dava su, e mi sono detto: andiamo un po' prima! Già, lo confesso, in queste cose io sono un po' tirchio! Dico la verità, sono un po' tirchio! (A quella nota di economia dell'ipotetico finan­ziatore, tutti i presentì si scambiano occhiate pes­simistiche).

Anna                    - (per rompere il disagio) Ha fatto benissi­mo. Sono molto contenta che quel libro non ci fosse.

Cecco                  - (contrariato, con slancio) Ah, no, no, noi Io no! Era un esemplare raro! M'ha fatto un dispiacere!...

 Anna                   - (mettendo i fiori in un vaso, sorridente) Spero che non sarà venuto a Roma soltanto per l'edizione aldina!

Cecco                  - (confuso e precipitoso) Ma figurarsi!... Ma cosa dice mai!...

Anna                    - (agli altri) il nostro amico Borghetti ha raccolto nel suo palazzo di Urbino una magni­fica collezione di libri antichi.

Cecco                  - (alla signora Ada che gli è vicina) Cono­sciuta anche all'estero!

Ada                     - (a Borghetti, con entusiasmo) Io la capisco benissimo la sua passione, sa! Direi anzi che l'ho anch'io un po' nel sangue. Si figuri che mio nonno aveva due stanze addirittura tappezzate di libri! E del resto mio marito sino a ire anni la luceva i bilanci alla Libreria Schùimanu. Dunque vede! Poi, guardi mia figlia, la mia Elsa.... questa è la mia bambina! (p gli indica la figlia che subito assume un atteggiamento di circostanza) ...Se prende in mano un romanzo, è finita; non c'è più verso di farla venire a tavola!

Elsa                      - Ma mamma! Cosa c'entra? Romanzi, libri moderni, è tuu'alira cosa!

Ada                     - (seccata dall'osservazione della figlia) Nien­te allatto- I libri son sempre libri! Si comincia col nuovo e sì linisce col vecchio, non è vero si­gnor Borghetti?

Cecco                  - (pignolo) Eh, no, no, vede signora...

Ada                     - (irruente) Giusto, giusto! Non ci avevo pensato! (Borcheiti resta un po' disorientato e rinuncia alla sua rettifica. La signora Ada al ma­rito, col tono di dirgli: ma fatti avanti! Met­titi in vista!) Antonio, spiega un po' al signor Borghetti com'è che è fallita la Libreria Schiif-mann!

Cecco                  - Dico bene: m'ha meravigliato. Un'azien­da così seria...

Ada                     - Mio marito aveva subito visto giusto, sa; vero, Antonio?

Biancardi             - (tirato per i capelli nell'argomento, offre la sua modesta spiegazione) Eh, cosa vuole, la solita storia! La crisi!... Poi hanno voluto aprire delle filiali... Troppe spese, pochi incassi...

Ada                     - (a Cecco) Ha sentito? Ha un colpo d'oc­chio!... In due parole spiega una situazione complicatissima. Clic cervello, mio marito! Se avesse più slancio, se non fosse così umido si sarebbe fatto una situazione di prim'ordine! (Durante queste battute, Elena s'è avvicinata a Carlo e ha scambialo di quando in quando qual­che parola con lui. Alberto e Amedeo, in dispar­te, presso la scrivania, discutono sottovoce, curvi su un foglio che Alberto ha spiegato sul piano dei tavolo).

Ada                     - (a Borghetti) Scusi, una curiosità. Cosa po­trà costare la sua collezione?

Cecco                  - Ecco, di preciso non saprei, ma certo una cifra da poter comprare una bella tenuta.

Elena                   - Ah, senta, francamente, io preferirci la tenuta, allora. Immobilizzarc così un patrimonio è un peccato. Molto meglio investirlo in imprese produttive. C'è tanta gente che ha ingegno e buona volontà!

(Ada, alla battuta della sorella, ha un soprassal­to. Si è ricordata che c'è l'affare del film in ballo).

Cecco                  - (in risposta a Elena) Già! Così mi man­giano i quattrini e mi danno dell'imbecille! (Senso d'imbarazzo generale. Non è un tipo di finanziatore troppe brillante, quel Borghetti. il rag. Biancardi, nel suo angolo, tossisce e sì ra­schia la gola).

Ada                     - (con uno sguardo circolare, rompendo quel greve silenzio) Se la signora Anna permette noi andremmo un po' di là. Non vogliamo es­sere indiscreti! Due vecchi amici come loro chis­sà quante cose hanno da dirsi!

Carlo                    - (con forzatura cordiale) Vi facciamo av­vertire quando la colazione è pronta, eh? (// rag. Biancardi, per eccesso di disciplina, me­more delle raccomandazioni della moglie, è il primo ad avvicinarsi alla comune, e fila via).

Ada                     - (uscendo in gruppo, a sua figlia, a voce alta perché Borghetti senta) Elsa, perché non ci fai sentire il nuovo pezzo che stai studiando? Come suona la musica moderna, la mia bam­bina!...

Carlo                    - Che cos'è?

Elsa                      - (artificiosa) Una canzone di RachmaninofF. (Ed escono, ultimi, Carlo ed Elsa. Durante la scena seguente, si udirà venire da lontano, ad ogni tanto, il suono di un pianoforte).

Cecco                  - (con un sorrisetto furbo, ad Anna, im­pacciati ssima) Ecco fatto. Ci hanno lasciati soli perché lei mi possa pelare con comodo.

Anna                    - (jra rimprovero e malinconia) Cecco!...

Cecco                  - Ieri sera, in treno, ho riletto la tua let­tera... (corregge prontamente) ...la sua lettera...

Anna                    - La sua Ietterai Mi ha sempre dato del tu!

Cecco                  - Sì, ma... non so... è una curiosa im­pressione. ..

Anna                    - Capisco! L'Anna di prima era una signo­rina di buona famiglia. Adesso sono una ragazza scappata di casa che vive con un amante...

Cecco                  - Io, figurati! Per carità!... Ti ho sempre difesa!... Se c'è uno che ha capito il tuo gesto... È solo perché... Sono degli anni che non ci si vede... Insomma, sono qui. Di che cifra si tratta ?

Anna                    - (a precipizio) Duecentomila lire! (Si comin­cia a sentire il pianoforte).

Cecco                  - Accidenti!... Oh, scusa!...

Anna                    - Quattrocentomila le dà il comm. Carboni, glicl'ho scritto. Per tutto quello che è il mecca­nismo dell'affare, le garanzie, lei dovrà parlare con Carlo e col rag. Biancardi. Io vorrei sapere soltanto se lei sarebbe disposto, dato che l'af­fare la convinca...

Cecco                  - Ma che idea, questa, di metterti nel cine­matografo!

Anna                    - (rassegnata) Pare che riesca bene in film... Capirà, bisogna pur vivere! Carlo non e ancora riuscito a sistemarsi. Sì, ha un posticino in un giornale, ma niente di serio, niente di solido. Uno stipendio irrisorio...

Cecco                  - Ma non e laureato in legge? Perché non fa l'avvocato?

Anna                    - Eh, ha voglia! Prima di arrivare a guada­gnare come avvocato! Quando siamo venuti a Roma, aveva una bella somma; circa centocin­quanta mila lire: l'eredità di sua nonna. Ma è così fuori dalla vita! Il danaro non ha impor­tanza, per lui; l'ha sempre buttato via con una leggerezza incredibile. E non ci si può far nien­te, sa? Lui è sempre ottimista, fiducioso nell'av­venire. Un niente lo esalta!... Sperava di lanciar­si nel giornalismo, di pubblicare dei libri e in­vece...

Cecco                  - Finito tutto? Non avete più niente?

Anna                    - Quasi. Ho tremila lire.

Cecco                  - Un bel guaio!... (Pausa) Vedi, cara, se fossi sicuro con le mie duecentomila lire di siste­marti per sempre... Cosa vuoi che sia! Sono solo, per vivere mi basta un decimo della mia rendita... Ma invece di aiutarti ti farei del male, ti spingerei ancora di più sulla strada falsa che hai preso. È questo che non voglio!...

Anna                    - Dal momento che non posso più tornare in­dietro!

Cecco                  - Ma perché, benedetta figliola?

Anna                    - Dica la verità, Borghetti: prima di venire a Roma lei è andato dallo zio con la mia lettera!

Cecco                  - Sì, che male c'è? Sono andato da tuo zio, sì. E se tu tornassi gli daresti una grande consolazione.

Anna                    - Forse. Ma non mi faccio più molte illu­sioni. Gli ho scritto tante lettere in questi due anni! Non mi ha mai risposto, mai una volta.

Cecco                  - Come se tu non lo conoscessi! Un gran brav'uomo, ma debole, non vuol fastidi. E in casa i pantaloni li ha sempre portati tua zia. È lei che lo mette su. Quando è solo in ufficio fa gran progetti di riconciliazione, ma torna a casa e il gendarme gli fa una tremenda inte­merata.

Anna                    - Euh, mi par di sentirla! (imitando il tono aspro della zia) Quella sciagurata! Dopo uno scandalo simile!... L'onore della nostra fami-glia!...

 Cecco                 - (che vorrebbe dire e non dire, scoppia in una risatina maliziosa che non riesce a repri­mere, poi si decide) Io sono un maledetto pet­tegolo! Lo sai come mi chiamano, a Urbino? Prezzemolo! Perché entro in tutte le pietanze! (Breve pausa ad effetto; si accosta ancor più ad Anna, punta l'indice malizioso) Nell'avversione della zia Matilde per tua madre c'era sotto una faccenda di cuore. (Avvicina ancora la sua sedii a quella di Anna, si protende verso di lei, la sua voce freme nel gusto di raccontare) Sicuro! Lei, la zia Matilde, era innamorata di quello che poi sposò tua madre. Così le è sempre rimasta una gelosia nel sangue, capisci? E, morta lei, il suo astio s'è iovcsciato su te.

Anna                    - (in tono vibrato, ma senza pianto) Quan­te me ne ha fatte passare! Dirci quasi che è sta­ta lei a creare il mio destino. A furia di sentirmi dire che ero cattiva, che un giorno avrei fatto qualcosa dì male, ho finito col farlo proprio. Mi pareva di avere addosso una fatalità che per forza dovesse vincermi!... Non so se lei mi ca­pisce! (Cecco assente col capo) È stata la mia aguzzina, per diciassette anni! E s'indispettiva di più perché io sopportavo senza piangere qua­lunque insulto e qualunque punizione. Sa che io non ho mai pianto? Mai, neanche da bambi­na! Se anche volessi non ne sarei capace. Non so... è come se qualcosa si fosse gelato qui dentro!

Cecco                  - Eh, piangerai anche tu! Verrà il momen­to che piangerai anche tu. E forse sarà una fortuna!...

Anna                    - Si figuri che una volta, a dodici anni, mi sorpresero in giardino dietro il cancello, mentre gettavo dei baci a un sergente di cavalleria che passava per la strada. Era tempo di manovre e passando mi aveva fatto un cenno dì saluto. Che terremoto in casa e che scena quando tornò lo zio! « Tutta sua madre! Finirà come lei! È pie­na d'istinti cattivi!... » La sera, a volte, prima d'addormentarmi, pensavo a mia madre. Non riuscivo neppure a ricordarla vagamente. In ca­sa non c'erano sue fotografie. Mi sforzavo d'im­maginare come poteva essere stata una donna così cattiva, e cosa mai poteva aver fatto di ma­le!... Poi, man mano che crescevo, un po' dai servitori, un po' dallo zio, sono venuta a sapere la verità.

Cecco                  - Cosa vuoi! (Crollando la testa) C'era una tale distanza fra tua madre e loro! Di un'altra razza addirittura!... Lo zio Alberto, sai, notaio fino alla punta dei capelli. La zia, rigida, scru­polosa, tutta chiesa e casa. Lei invece! Non po­tevano capirsi!... Cosa vuoi che ne sapesse lei della vita! Un bel giorno sì crede innamorata, si sposa. In provincia sai com'è. Le ragazze hanno poco da scegliere; e allora lavorano di fantasia. Credeva d'aver trovato il Principe Az­zurro e invece! Un marito pedante, mezzo ne­vrastenico... molti più anni di lei... E tua ma­dre, con que! sangue che bolliva! Un'altra a-vrebbe fatto il proprio comodo salvando le ap­parenze. Lei no. Lei aveva bisogno di voler be­ne, di dare tutta se stessa, di prodigarsi. E s'in­namora di un altro. Ma stavolta è la grande passione sul serio. Dopo quattro mesi lascia un biglietto al marito e se ne va con l'amante. E così nasci tu. Passano altri sei mesi. Tuo padre muore; tua madre è sola, ormai. Tornare a Ur­bino, dal fratello, dopo quel po' po' di scan­dalo? E per di più con una bambina illegitti­ma?... Nemmeno da pensarci!... Soltanto quan­do s*è sentita vicina a morire ha scritto due pa­role a tuo zio: « Vieni. Fallo per la bambina ». (Una pausa) Sì, la colpa, la colpa! Ma dov'è, poi? Ah, si fa presto a condannare! Ma, vivad­dio, ti garantisco che preferisco un'unghia di tua madre, con tutti i suoi torti, alle mezze virtù di quelli che le hanno buttato la croce addosso!

Anna                    - (che ha seguito il racconto di Borghetti tutta intenta e protesa, si alza di scatto, gli afferra la testa fra le mani e gli schiocca due baci sulle guance. Poi ardente, vibrante) Cecco! Che caro, che è lei! Come le voglio bene! È la prima volta che sento parlare così della mamma. Lei non può capire!... (e ancora, dì scatto, gli afferra il capo e lo bacia. Borghetti resta stordito e commosso e afferra appena in tempo gli oc­chiali che stanno per cadere).

Cecco                  - (intenerito) Ecco, anche tu!.... Come una ventata!... Un po' di riflessione, andiamo!

Anna                    - (c. s.) Mi dica, mi dica: le somiglio?

Cecco                  - (guardandola) Sì!... Gli occhi, la bocca... Forse la maniera di muoverti!... Oh, ma era più bella di te! Una bellezza da far voltare la gente per la strada! Che cotta ci avevo preso! (estasiato) Il mio primo amore!... (cambiando tono) Anzi, l'unico, perché, sai, le donne, io!... A un certo punto della vita ho capito che per me erano meglio i libri antichi...

Anna                    - Ma lei aveva qualche anno meno della mamma, no?

Cecco                  - Sì, tre anni meno. Ne avevo quindici quando mi sono innamorato di lei. Che ubbria-catura! Mi ci vedi?... Un ragazzo magro, lun­go lungo, con due grandi occhiali, che la se­guiva per le strade come un sonnambulo?... Guarda, ne sono passati degli anni, eh? Ep­pure, se chiudo gli occhi, riprovo ancora il bri­vido caldo che mi dava il suo sguardo. Come se fosse ieri. Come se uscendo di qui io potessi incontrarla!... (Una pausa. Cecco sorride ai ri­cordi che gli si affollano in mente) E quelle domeniche d'estate che la sera s'andava a se­dere al caffè, in piazza, dove suonava la ban­da... Già, non so perché, la banda m'ha sempre fatto malinconia!... Be', le manovre che facevo per riuscire a sedermi poco lontano da lei e sentire la sua voce! A un tratto, capisci, la sua risata mi colpiva qui dietro come una scarica elettrica. (Si tocca la nuca) Il cucchiaino mi tre­mava in mano e il gelato mi bruciava la lìn­gua... Andavo a letto che mi pareva di avere la febbre!...

Anna                    - (puntandogli l'indice contro) Cecco, ma lei è ancora innamorato!

Cecco                  - (la guarda a lungo come incantato, poi si alza bruscamente e stringendosi nelle spalle) Non ho mai voluto sposarmi... Ho tirato avanti questa vita inutile!... Ho preso tre lauree che non mi sono servite a niente! Mi sono appas­sionato alla mia collezione... Ogni tanto venivo a casa vostra....

Anna                    - Per vedere me?

Cecco                  - (fa un gesto come per dire: Eh, sì, proprio per questo) Ho commesso anche delle viltà per vederti più spesso! (Ridacchiando) Qualche volta ho fatto persino un po' di corte a tua zia.

Anna                    - (commiserandolo) Oh, povero Cecco!

Cecco                  - Eri la bambina di Elisa!... Le somigliavi tanto!... (china la testa; una lunga pausa) Dun­que, duecento mila lire, eh? Darei altro che questo, per tei Darei tutto quello che ho, per portarti via di qui. Non è la tua vita questa, figliola!

Anna                    - Che cosa vorrebbe? Che tornassi a casa degli zii?

Cecco                  - (è un po' reticente all'inizio, ma poi si fa forza) No... non dico questo... Non ci sareb­be nemmeno bisogno di stare a Urbino. Qua­lunque altro posto... Non avresti che da sce­gliere!... Con questo non credere che io speri che tu... oh, per l'amor di Diol... Io sono... (fa un gesto come per dire: non sono niente!) ... sì, quello che sono!... Ma avresti un nome rispettato, l'avvenire sicuro...

Anna                    - Ma no, Cecco! Ma cosa dice?.... Lei mi sposerebbe?... Dopo quello che ho fatto?...

Cecco                  - Sicuro! E con piena fiducia, anche!

Anna                    - Ma no!... (A cólpo di vento gli porge le mani, lo attira a sé in uno slancio di gratitu­dine, gli appoggia un attimo la fronte sulla spal­la, e, rialzandola, dà in una squillante risata) No, no! Hanno proprio ragione a Urbino di di­re che lei e un po' matto!... Ma perché?... Si sacrificherebbe per salvarmi da questa vita?....

Cecco                  - Sacrificarmi?... Forse non mi hai capito bene... non mi sono spiegato bene!... Saranno i ricordi... sarà che tu... fatto sta che... io ti... ti.. Capisci?... Ti... (non riesce a dire: ti amo!) Ma davvero, sai?...

Anna                    - Cecco!

Cecco                  - (per togliersi da quella situazione imbaraz­zante, si avvia bruscamente alla comune) Pen­saci!... Per ora io sio a Roma... li se proprio non vuoi, potremo riparlare dell'affare del film. Stasera, domani... Anzi, guarda, vorrei andar­mene, se non ti dispiace...

Anna                    - Andarsene?...

Cecco                  - Sì, permettimi di non restare a colazione. Oggi avete troppa gente... lì io in questo mo­mento non potrei... Credimi... Puoi trovare una scusa tu... Dire che m'hanno telefonato dalla Libreria, non so... (quasi supplichevole) Potrei uscire senza essere visto?...

Anna                    - Ma certo! Se proprio lo vuole! Aspetti!... (Va alla comune a guardare se c'è qualcuno nel corridoio. Dalla comune, aperta, giunge più net­to il suono del pianoforte. Anna fa cenno a BorChetti di avvicinarsi) Non c'è nessuno... Di là ballano... Venga! L'accompagno...

Cecco                  - Grazie! (Febbrilmente, miope com'è, sten­ta a trovare i guanti che aveva deposto su una sedia. Finalmente li vede e in punta di piedi esce dietro Anna, che rientra quasi subito, so­prappensiero, si avvicina alla tavola dove accan­to ai fiori di Borghf.tti c'è la scatola dei ciocco­latini. Dispone meglio i fiori nel vaso con qual­che tòcco distratto e, sempre assorta, apre la scatola dei cioccolatini, ne prende uno e se lo mette in bocca. Appare dalla comune la signora Ada Biakcakdi).

Ada                     - Signora Anna, la colazione... (s'interrompe) Ma il signor Borghetti dov'è?

Anna                    - Ah!... È andato via. Gli hanno telefonato dalla Libreria. Per quell'edizione, sa!... Era ur­gente... Si scusa, saluta tutti...

 Ada                    - Oh, che peccato! Avrei tanto voluto che sentisse al piano la mia lìlsa! (Subito torna sui suoi passi per dare la notizia a quelli di là. Si sente la sua voce nel corridoio) Ragazzi. È an­dato via, sapete, l'antiquario!...

Alberto                - E io che ho impegnato l'orologio! (La voce si perde. Un momento dopo entra conci­tato Carlo).

Carlo                    - Cos'è successo? Tutto a monte?... Ri­fiuta?....

Anna                    - (senza calore) Ma no, anzi! Pare ben di­sposto. Dobbiamo parlarne ancora...

Carlo                    - E me lo dici con quel tono? Ma siamo a cavallo! (Abbracciandola) Evviva la mia Anna! Faremo grandi cose insieme! Vedi, te lo dicevo io! La nostra alleanza trionferà, vedrai! Questo e appena il principio!...

(Durante questa battuta si sente venire di den­tro un grande urlìo festoso e sulle ultime pa­role di Carlo irrompe in scena, dalla comune, il gruppo degli invitati con in testa Amedeo che s'è messo il grembialino bianco della cameriera e batte con una forchetta su un vassoio d'ar­gento).

Amedeo               - (con voce stentorea) Suona il gong! I signori sono serviti!

Alberto                - E il film?

Carlo                    - (esultante) Tutto bene! (Un urlo genera/e).

Tutti                     - Evviva!

(Amedeo strepita ancor più col piatto e la for­chetta. Alberto abbraccia impetuosamente Elsa e si mette a ballare in tondo con lei, fischiet­tando).

 Ada                    - Che matti! Che matti!...

(Avanza dalla comune con la sua aria spaurita il RAG. Biancardi).

Biancardi             - La Cesira domanda se può servire in tavola... (un urlo famelico accoglie la sua timi­da domanda).

Tutti                     - Sì, sì, sì!... A tavola!... (E impetuosamen­te vanno verso la comune. Im signora Ada pren­de a braccio Anna e si avvia con lei parlandole animatamente. Restano ultimi Carlo ed Elena. Carlo è già presso la soglia quando Elena lo richiama).

Elena                   - Carlo! (Carlo si volta) Venga qui! (Car­lo s'avvicina) Domani verrà all'appuntamento? Non mi farà aspettare ancora fino alle sci?...

Carlo                    - (fra serio e buffonesco) Mah!... Chissà!... Vedremo!...

Elena                   - Impertinente! (E di scatto lo afferra con una mano per i capelli e gli scuote il capo stiz­zosamente) Ragazzaccio cattivo e stupido che non capisce niente! (Costringendolo a curvarsi) Giù, giù!... Mi domandi scusa in ginocchio!... (In questo momento appare dalla comune Anna. Ha una piccola smorfia ironica).

Anna                    - (col tono di voler dire: oh, guarda, guar­da che spettacolo'.) Ah!... (Un momento di gelo. Carlo si ravvia i capelli).

Elena                   - (subito padrona di /-*) Ho castigato suo marito come si fa coi bambini. Ma sa che è un bell'insolente!

Anna                    - (mordente) Capisco!... Lei ha trovato il sistema giusto!... Volete venire a tavola?... Volta le spalle bruscamente ed esce mentre

CALA IL SIPARIO

ATTO SECONDO

 La stessa scena; manca solo il cavalletto col ritratto. Quindici giorni dopo. Le cinque del pomeriggio. Sono in scena Elsa Biancardi e Cecco Borghetti. Elsa è in abito da passeggio molto elegante, con una volpe intorno al collo. Borghetti è a testa scoperta e in soprabito primaverile. Sono evidente­mente appena rientrati.

Cecco                  - (togliendosi il soprabito) E così? Le è pia­ciuto il nostro teatro di posa?

Elsa                      - Molto interessante. È tanto tempo che desi­deravo di vedere uno studio cinematografico.

Cecco                  - Bello, vero? Da principio me ne occupavo contro voglia, ma adesso ci sto prendendo gusto.

Elsa                      - Infatti. In queste due settimane che è a Roma lei è molto cambiato! I primi giorni non mi rivolgeva quasi la parola. Pareva che avesse paura di me! (Breve pausa, insinuante) E non è mica facile, sa, ispirarmi tanta confidenza! Io, già, pei giovanotti della mia età non ho nessun interesse. A me piace l'uomo che ha uno sfondo di vita dietro di sé. Se no, non mi dice niente. Mi dà una sigaretta?

Cecco                  - (togliendo di tasca l'astuccio) Volentieri! (Gliene offre una e se ne mette un'altra fra le labbra. Poi accende).

Elsa                      - (premendosi una mano sul fiancò) Ahi, ahi!

Ma sa che lei mi ha rovinato, Borghetti?

Cecco                  - Io?

Elsa                      - Proprio lei! Qui, guardi. (E sì tocca il fianco).

Cecco                  - (miope, si piega quasi a sfiorare col naso il punto indicato da Elsa) Dove? Cosa c'è?

Elsa                      - (gli prende la mano, se l'appoggia sulla parte dolente) Qui! Scommetto che c'è un livido! (Si fa un piccolo massaggio sul bel fianco con le dita di luì) Sente? Ahi, che male! Cosa diavolo aveva di così duro nella tasca?

Cecco                  - (stranito) Io?... Ah, sì, un libriccino! Ri­legato in pergamena, però. Una piccola edizione del Seicento.

Elsa                      - Sfido io! Copertina di pergamena! Adesso capisco. In quella macchina si era così stretti, in ire, di dietro, e ad ogni scossa mi sentivo pian­tare qui quello spigolo duro.

Cecco                  - Lasci fare. Un'altra volta lo metterò nel­l'altra tasca, dalla parte delta mamma... (Intan­to ha tratto dalla tasca del soprabito il volumet­to incriminato e lo mostra a Elsa) Guardi che amore di edizionel (Apre sul tavolo il libretto e chino, fianco a fianco con Elsa, volgendo en­trambi le spalle alla comune, Borghetti com­menta le bellezze dell'edizione con piccoli gesti ispirati e leggeri) Guardi, guardi questo fregio! Guardi che eleganza. E come la composizione è riposata.

(Elsa che gli si struscia contro senza averne l'a­ria, fingendosi immersa nell'esame della bella edizione, ha trovato modo di avvicinare la sua gota a quella di Borghetti).

Elsa                      - Ma che pelle morbida ha lei, Borghetti! Permette?.... (e con la punta delle dita, leziosa come una bambina viziata, gli accarezza la guancia) Quegli omacci con le barbe dure non li posso soffrire!

Cecco                  - (modesto) Troppo gentile, signorina! Ma anch'io ho la barba dura, e come! Sono appena rasato, e allora!...

 Elsa                    - Ah! (E torna a guardare l'edizione) Bello questo!

Cecco                  - (sfogliando) Vede? Come respirano i caratteri fra questi margini?...

Elsa                      - (avida e svenevole) Ah, come vorrei vedere la sua collezione, Borghetti!

Cecco                  - (candido) Venga a trovarmi a Urbino. È tanto semplice!

Elsa                      - Davvero lei m'invita?... (Durante queste ultime battute la signora Ada Biancardi s'era af­facciata cautamente dalla comune, ma vedendo  i due in quell'atteggiamento d'intimità ha avuto un sorriso radioso, un sospiro di felicità le ha gonfiato il petto; ha accostato religiosamente la porta e si è ritirata leggera come un'ombra).

Cecco                  - Ma sarò onoratissimo! Urbino e una citta piena di belle cose. Sarò felice di farle da guida.

Elsa                      - (graziosa, porgendogli la mano) Promesso?

Cecco                  - (dandole la sua) Naturalmente! Elsa        - (stringendo fra le sue la mano di Cecco) Lei mi dà una grande gioia! (Guardandolo ne­gli occhi) Proprio, mi creda! Cecco           - (tonto) Ma non c'è di che! Lei e troppo buona!

(Si sente di dentro la voce ingenua della signora Biancardi chiamare).

Ada                     - (d. d.) Elsa! Signor Borghetti! Elsuccia! Do­ve siete?...

Cecco                  - Qui nello studio, signora.

(Appare dalla comune la signora Biancardi).

Ada                     - (entra passandosi una mano sulla fronte) Ec­co, preso anche il cachet. Speriamo bene! Ma co­me mi duole la testa! (Intanto s'è avvicinata a loro e guarda sua figlia con un teatrale sguar­do dì tenerezza. Le sfiora con la mano una gota) Tesoro, sci un po' pallìdìna! Cos'hai?...

Elsa                      - Niente, mamma!

Ada                     - Ci sono due lettere su. I tuoi adoratori, biricchina? (Volgendosi a Borghetti) Sciocchezze, sa! Ragazzi di vent'anni! Pesciolini da frìggere! Poi la mia bambina è così riservata, così seria, non c'è pericolo! (Con espressione grave) L'ab­biamo educata con una severità! Ah, mio mari­to, sa, non transige! Ha il pugno di ferro, in queste cose. (Un'altra carezza alla figlia) Vuoi andar su a dare un'occhiata, cara? Sai che la Cesira, se non la sorvegli tu...

Elsa                      - (ammaestrata) Subito, mamma. Arrivederla Borghetti.

Cecco                  - Arrivederla, signorina.

Ada                     - Una vera donnina di casa. E un carattere!... Non perché è la mia figliola, eh! Ma una pa­stai... Una pasta dolce! (Borghetti fa dei cenni di consenso imbarazzati. Una breve pausa dì Ada, che riprende)'Non capisco come mai il re­sto della comitiva non sia ancora qui...

Cecco                  - Dovevano passare dal notaio Garlanda. Forse hanno dovuto aspettare lì...

Ada                     - (scuotendo la testa) Hml... Capacissimi di aver deciso da un momento all'altro di andare a prendere un aperitivo... a Ostia! Un tal disor­dine in questa casa! Se ne sarà accorto, del re­sto. Teste matte, leggeroni!... Però simpaticissi­mi, eh! Generosi, cordiali, di cuore... Direi an­zi che hanno le mani bucate, purtroppo. Que­sta casa è un pozzo di San Patrizio! (Alludendo ai quattrini) Più ne entrano, più ne vanno! Eh, povera Anna, c'è sotto qualcosa, qui!

Cecco                  - (curioso) Ah, sì, eh?.... Mi dica mi dica!

Ada                     - (con un sospirone) Signor Borghetti, non mi faccia parlare! (Spingendolo verso il sofà) Venga qua che si discorre in pace. Senta, parliamoci col cuore in mano: come fanno questi figlioli a andare avanti? Ma sa che io mi sveglio certe volte la notte con questo chiodo piantato qui? (Si tocca con l'indice la fronte) Il mese scorso avevano un conto di 600 lire col droghiere qui sotto, 400 col macellaio e 272,70 col fruttiven­dolo; diciamo 275, cifra tonda. Lo so di sicu­ro perché la mia donna, vero?... Be', tutto sal­dato! Mi dica lei chi paga! Lui, al giornale, guadagna una miseria, lei, che sappia, danari...

Cecco                  - Avranno avuto da Carboni qualche anti­cipo sul soggetto.

Ada                     - Bravo! Qui la volevo! Carboni!... Come si spiega che metta fuori queste quattrocentomila lire. Per speculazione? Un uomo che s'è arric­chito fabbricando mattoni? Ma tutti gli affari tenterà, tranne il cinematografo, caro lei! E allora? Per amore dell'arte? Non mi faccia ri­dere! Capisco lei, uomo di gusto, di coltura, ma Carboni! E lei fa bene, sa, a andare coi piedi di piombo! Si fidi di me.. (Impetuosa) Io le parlo con un cuore aperto, sa, ma aperto in una maniera!

Cecco                  - (riconducendola « al punto ») Sicché lei diceva che Carboni...

Ada                     - (abbassando la voce, col tono di confidargli un gran segreto) Che Carboni non e uomo da da­re tanti danari senza avere qualche cosa in cambio. Anna è furbissima, capace di menare per il naso anche... (con intenzione) tre uomini in una volta; ma però, lei capisce, sempre vi­cini a teatro, sempre vicini in macchina, quasi ogni sera a pranzo insieme, sfrega oggi e sfrega domani va a finire che il fiammifero s'accende! E allora?... Carboni ha moglie; vivono separati, ma intanto non può sposare Anna. Dunque, mantenuta. Oh, povera, povera figliola! Crede? Io non mi so dar pace! (Afflitta, quasi singhioz­zando) Che cosa ne pensa lei, signor Borghetti?

Cecco                  - (scaltro) Ecco, in queste cose, vero, è così facile ingannarsi! Bisognerebbe avere degli in­dizi sicuri, quasi delle prove...

Ada                     - Delle prove?... Circa tre settimane fa, una mattina verso le undici, voltavo l'angolo qui giù, quando vedo Anna uscire dal portone; sola. Mi pareva che avesse una ccrt'aria! Il cuore mi ha detto: Ada, segui quella ragazza! Lei piglia l'autobus e io dietro; lei prende un tassì e io dietro. Scende ai Parioli davanti a un villino in costruzione. E sa che cosa c'era fuori dal re­cinto? L'automobile di Carboni. Ora, senta, questa è una sciarada che la risolve anche uno stupido! Lei l'ha risolta, no? Uomo d'età, don­na giovane, villino in costruzione! Io ti regalo questo villino se tu... C'intendiamo, vero?...

Cecco                  - Eh, sì!... E il fatto che sia andata a ve­derlo e già...

Ada                     - È già come dire: sono decisa a accettare. Qui, caro signor Borghetti, qui siamo vicini a un patatrac. Vvv! (Descrive a gesti l'addensarsi di un temporale) Temporale per aria! Un giorno o l'altro vedrà cosa scoppia qui dentro! (Contan­do sulle dita di una mano) Lui, non si sa per­ché, in questi ultimi giorni ha una faccia da tragedia; lei, preoccupatissima e coi nervi così... (artiglia le dita e le fa vibrare per dar l'idea del­la tensione nervosa)... Carboni sul chi va là. Hm!... Dev'essere successo qualcosa! Faccia con' to, caro signor Cecco... Oh, scusi! Volevo dire... (si arresta un attimo) Però, in fondo, potrei an­che chiamarla per nome, no?...

Cecco                  - (fa un gesto come per dire: faccia pure!),

Ada                     - (contenta di aver conquistata una posizione, sorride, ha un sospiro di soddisfazione, si acco­moda meglio sul sofà e riprende) Faccia conto, caro Cecco, che la chiacchiera arrivi alla moglie di Carboni. Robaccia, sa? Lui l'ha sposata quan­d'era muratore, si figuri! Capace di pigliarli a schiaffi tutt'c due per la strada. Le dico: siamo seduti su una polveriera!... (S'interrompe d'im­provviso; ha sentito qualcuno entrare in casa. Si sente dall'anticamera la voce di Elena; entra Elena, quasi subito seguita da Carlo).

Ada                     - (si alza di scatto) Buona sera!

Carlo                    - (brusco) Buona sera! (È accigliato e chiu­so in sé e il suo atteggiamento contrasta visibil­mente con quello di Elena, sorridente e fer­vente di vita).

Cecco e Ada        - (insieme, in risposta al saluto di Car­lo) Buona sera! (Ada fa una smorfia signifi­cativa a Cecco come per dirgli: ha visto che 'fac­cia? Cosa le avevo detto io?).

Elena                   - Come mai non ci sono gli altri?

Ada                     - Dovevano andare dal notaio.

 

Cecco                  - (a Carlo) L'abbiamo aspettato allo studio, oggi. Abbiamo fatto un provino interessante.

Carlo                    - Ah!... (Asciutto) Avevo molto lavoro al giornale. (Accende una sigaretta, fa al suo ta­volo e si mette a leggere, serio, con un pugno contro una tempia. Altra smorfia significativa di Ada a Cecco, e un cenno come per dirgli: burrasca] Meglio svignarsela!).

Cecco                  - (le strizza un occhio, poi a Carlo) Io va­do un momento all'albergo. Tornerò dopo. Sta­sera siamo invitati a pranzo da Carboni e dopo si deve andare a teatro.

Carlo                    - (continuando a leggere) Arrivederci! (Cec­co va verso la comune seguito da Ada).

Ada                     - (incamminandosi fa un gesto di saluto con la mano) Addio! Vado a occuparmi un po' del nostro pranzo. A proposito, Elcna : stasera si mangia mezz'oia prima perche Antonio ha una adunanza.

Elena                   - (fumando) Va bene. Finisco la sigaretta e vengo su.

Ada                     - Buona sera!

Carlo                    - Buona sera!

Ada                     - Addio, cara. (Uscendo, a Borghetti) Ha visto che faccia? (Via. Restano soli Elena e Carlo. Si sente richiudere l'uscio di casa. Una pausa durante la quale Elena fissa Carlo sempre assorto nella lettura).

Elena                   - Carlo... (Carlo alza gli occhi) Ci siamo di nuovo?

Carlo                    - Cosa?

Elena                   - Ma sì, appena entrato qui le è tornato il malumore... (Carlo alza le spalle) Su, non faccia quel muso! (Di scatto butta la sigaretta nel porta­cenere, si alza e va ad appoggiarsi alla spalliera della poltrona dov'è seduto Carlo) Le dispiace tanto di essere venuto a prendere una tazza di tè in mia compagnia?... (gli appoggia le mani sulle spalle e si china a parlargli, gota contro gota) Io invece sono così felice di amarti, anche se tu ti ostini a sfuggirmi... a chiuderti in te. Ma perché, Carlo?

Carlo                    - (si alza e si allontana da lei) No, vede... Mi scusi!... Non posso spiegarle tutto... Sono in uno stato d'animo...

Elena                   - Perché sci un gran bambino! Devi troncare tutto! Un colpo deciso! Sarà meglio anche per lei! Non puoi andare avanti così. Quella donna è un peso che ti schiaccia, che t'impedisce di andare avanti. Un uomo ambizioso, pieno d'ingegno co­me te ha bisogno di una donna che possa aiutarlo. E io sono ricca, io...

Carlo                    - No, guardi, Elcna, non ricominciamo!

Elena                   - Ma basta con questo lei\ Hai paura di comprometterti?

Carlo                    - (scattando) Ma insomma, cosa vorresti? Che io la piantassi? Dopo che l'ho fatta scappare di casa, dopo che i suoi parenti le hanno chiuso la porta dietro le spalle?

Elena                   - Ma va là, caro, non montarti la testa! L'hai fatta scappare di casa! Siete scappati insieme!... Per queste cose bisogna essere in due, sai! Una ragazza d'oggi, intelligente come lei, a dician­nove anni sapeva quello che si faceva.

Carlo                    - Mai, capisci, mai! Non la lascerò mai! So bene che cosa si è detto dopo la nostra fuga : che ero un mascalzone, che quando mi fossi stancato di lei l'avrei piantata in mezzo alla strada. No, mia cara! Darei partita vinta a troppa gente! Non lo farò!... Mai, ti ripeto!

Elena                   - Vedi, però, che tu ragioni... Resti con lei per un senso di responsabilità, per orgoglio, per una picca, ma non perché tu sia ancora inna­morato! Del resto, se tu fossi ancora innamorato di Anna non la lasceresti andare tanto in giro con Carboni...

Carlo                    - (che è in piedi, di fronte a lei, la fissa a lun­go in silenzio, poi lentamente) Ho fiducia asso­luta in lei!... Sono sicuro del suo amore!...

Elena                   - Bada! Un uomo che dice così e sempre più o meno ridicolo!

Carlo                    - (forzatamente calmo) Eppure io mi fido di lei ciecamente... Anna non e una donna come le altre!

Elena                   - (punta, con ironia) Però va a vedere ai Parioli, tutta sola, un villino che Carboni sta co­struendo, forse con l'intenzione di regalarglielo.

 Carlo                   - Fai delle insinuazioni?

Elena                   - No, caro! Verità sacrosanta! L'ha vista mia sorella.

Carlo                    - (colpito) Ah!... Questo non lo sapevo! (Una pausa di profonda riflessione durante la quale Carlo scruta Elena) Ma tu avresti un progetto preciso nel caso che io...?

Elena                   - (con entusiasmo, avvicinandoglisi appassio­nata) Certo! Ho già pensato a tutto! Qui non diciamo niente a nessuno. Lasci per Anna una lettera di spiegazioni. C'imbarchiamo a Napoli e per un po' di tempo andiamo a vivere a Rio de Janeiro, dove ho una casa. Vedrai! Una città ma­gnifica! Un mondo nuovo per te! Arricchirai la tua esperienza, potrai scrivere delle cose molto interessanti. Poi...

Carlo                    - (interrompendola e sempre fissandola a fondo, negli occhi, come per leggerle dentro) Proprio pensato a tutto! Tu insomma, sci sicura che io, prima o poi, accetterò la tua offerta?

Elena                   - Sicura... (ardente) Lo spero, lo desidero! (Breve pausa) No, tu non hai ancora capito il bene che io ti voglio! E de! resto anch'io non mi riconosco più. Ho sempre creduto di essere ri­flessiva, fredda. Più cervello che cuore. Ho fatto un matrimonio di ragione, soltanto per sistemar­mi bene nella vita, e adesso che ho tutto, che potrei levarmi qualunque capriccio, non m'im­porta più di niente. Questo tormento, questa sofie -renza, questa gelosia!... È una tortura!... Io ho perso la testa... non capisco più... Macché tren-t'anni! Ne ho venti, diciotto... Farci qualunque cosa per convincerti, per portarti via con me!...

Carlo                    - Ecco! Faresti qualunque cosa!... Se tu po­tessi crearmi qui una situazione insostenibile, per­ché io fossi costretto ad andarmene, avresti rag­giunto il tuo scopo, vero?...

Elena                   - (disorientata dal tono e dall'atteggiamento di Carlo) No, scusa, non capisco bene... Cosa vuoi dire con questa domanda? Hai qualcosa negli occhi, mi guardi in un certo modo!... Anche oggi... È tutto il pomeriggio che mi osservi così... come se tu avessi dei sospetti su di me...

Carlo                    - (sempre studiandola) Mi convinco sempre di più che saresti capace di servirti di qualunque mezzo per arrivare dove vuoi.

Elena                   - (insorgendo) Ma Carlo!... Io esigo che tu mi spieghi!...

Carlo                    - (le afferra le mani e impetuosamente l'attrae a sé, dominandola con lo sguardo) Qualcuno ha tentato di rovinarmi... Un colpo a tradimento... Una coltellata nella schiena, capisci? Sono due giorni che mi rodo, che mi tormento... Sei stata tu, sei stata tu?...

Klena (disperata) Io, Carlo?... Ma che cosa?... Che cosa?... (Squillo di campanello. Suonano alla porta di casa).

Carlo                    - (avviandosi alla comune) Ne riparleremo. Adesso e meglio che tu vada. Preferisco che Anna non ci trovi qui insieme. (Esce. Elena, agitata, raccoglie in fretta la borsetta e i guanti, e nel frattempo, dalla comune, entrano Carlo e il rag. Biancardi. Quest'ultimo ha una borsa di cuoio sot­to il braccio e avanza con la solita aria timida, quasi paurosa).

Biancardi             - Ciao Elena.

Elena                   - Ciao Antonio. Arrivederci, Morelli. Conti­nueremo domani il nostro discorso, non è vero?

Carlo                    - È inteso. (Con un piccolo inchino) Non l'accompagno... Lei è di casa...

Elena                   - Naturalmente. (Al rag. Biancardi) Addio, Antonio.

Biancardi             - Ciao, cara. Vengo su anch'io fra qual­che minuto. Devo consegnare delle carte al signor Carlo. (Via Elena. Biancardi fruga un attimo nella borsa, toglie un documento, e, con la sua vocetta flebile) Ecco. Questa è una copia dell'atto di costituzione della Società. Un'altra l'ho con­segnata oggi al signor comm. Carboni. Come ho detto al commendatore, a questo punto mi par­rebbe opportuno che... (S'interrompe; un'espres­sione di beatitudine gli si dipinge in volto, alza gli occhi come rapito, e tira un lungo sospiro di soddisfazione) Oh, che bel silenzio!...

Carlo                    - Prego, s'accomodi, ragioniere! (E comincia a leggere il documento che Biancardi gli ha dato).

 Biancardi            - Grazie! (Si tira su i calzoni con un ge­sto meticoloso, mette la borsa sulle ginocchia, tutto ordinato, assestato, preciso in ogni movi­mentò) Le sono proprio grato! Lei non può immaginare che cosa sia per me un po' di pace! (Felice finalmente di potersi sfogare) Allo studio, si sa, c'è il lavoro, le macchine da scri­vere, il telefono, il campanello ogni volta che aprono la porta... Non c'è un momento di quie­te! Per la strada, la gente, le automobili, le bi­ciclette, si sta sempre sospesi!... Si vorrebbe ar­rivare a casa e... Invece le mie donne non mi lasciano tranquillo un minuto. Mia moglie, poi, è una macchina parlante!... (con viso preoccu­pato, puntando l'indice verso il soffitto) Sono su?... Sa se sono tornate?...

Carlo                    - Sì. La sua signora era qui poco fa, poi è salita.

Biancardi             - (come per dire: non ci si scappai) Eh, già!... (fissa il pavimento con aria depressa).

Carlo                    - Si metta più comodo! Dia qua la sua borsa.

Biancardi             - No, grazie. Guardi, mi basta poco; un niente, un minuto, un momento di riposo... Oh, che bel silenzio!... Proprio bello, bello, bel­lo!... (A questo punto un rimbombo che viene dal piano superiore lo fa trasalire. Scatta in pie­di. Di sopra, le sue donne, devono aver smos­so un mobile, lasciato cadere qualcosa di pesante) Eccole!... Arrivederla!... (Escono insieme dalla comune. Si sente di dentro un brusìo di voci, di saluti, e un momento dopo Carlo rientra preceduto da Anna).

Anna                    - (si sfila i guanti e li butta con la borsetta sulla tavola) Che cosa è venuto a dirti, Bian­cardi?

Carlo                    - (seccamente) Mi ha portato l'atto di costi­tuzione di questa maledetta Società. (E getta il foglio sul tavolo, con rabbia).

Anna                    - (si toglie anche il cappello e si lascia cadere su una sedia) Stanca da morire! E stasera bi­sogna andare a pranzo fuori e a teatro.

Carlo                    - Con Carboni, naturalmente...

Anna                    - Sì! Perché?... Non è una novità!... Del resto, se ti secca, puoi benissimo trovare un pre­testo e stare a casa.

Carlo                    - (ironico) Se è questo che desideri!...

Anna                    - Al contrario! Mi fa molto piacere che tu venga. A patto, però, che tu sia un po' più gentile con lui. Da due giorni sei di una tale scortesia! Mi meraviglio che Carboni abbia tanta pazienza. Io, a quest'ora... (Pausa) Cos'hai fat­to oggi? Sei stato al giornale?

Carlo                    - Sì. Fino alle cinque. Poi sono andato al­l'Excelsior a prendere il tè con la signora Bruni.

Anna                    - Ah!... È solo con me che sei di malumore, allora? Scommetto che all'Excelsior sei stato brillantissimo. Si direbbe che ci tieni a far cre­dere a tutti che Elena è la tua amante!

Carlo                    - Dal momento che tutti credono che tu sci l'amante di Carboni! Almeno non ci farò troppo la figura dello stupido.

Anna                    - Senti : se c'è uno che sa esattamente che cosa c'è fra me e Carboni e che non ha nem­meno il diritto di riportarmi delle stupide chiac­chiere, sei proprio tu! (Sincera) Dio sa se ne ho anch'io fino alla gola, di questa storia, eppure resisto, mi tengo su, e riesco anche a sorridere per non affliggere ne gli altri né te coi miei nervi e con le mie malinconie. Ma che tu poi mi venga a rinfacciare...

Carlo                    - (brutale) Se tu ne hai fino alla gola, io ne ho fin sopra i capelli!

Anna                    - Sei straordinario! E ti meravigli tanto? Non sapevi che la gente, alla lunga, avrebbe detto delle malignità sul conto nostro? Con Car­boni a pranzo, con Carboni a teatro, con Car­boni in automobile! Ma era mai possibile che non nascessero pettegolezzi ?...

Carlo                    - (esasperato, picchiando un pugno sul tavolo) Lo sapevo, così... Lo immaginavo vagamente!... Ma quando me lo sono sentito gridare in faccia come un insulto, è stato un colpo tremendo... Non ci ho visto più! (Ha un gesto di furore).

Anna                    - Ma quando? Come?

Carlo                    - L'altro ieri, al giornale. È stato Taddci. Quella carogna! Se non me lo levavano dalle mani gli avrei spaccata la testa! Sai, cominciato da niente; una discussione qualunque. Mi ave­vano impaginato male il mio ultimo articolo; diceva tali assurdità che gli ho dato dell'imbe­cille. Una belva! In presenza di tutti si mette a gridare: « Sta zitto tu, che ti fai mantenere dalla tua amica! ». In quattro mi tenevano, ma ho fatto in tempo a lasciargli qualche segno. Dopo, poi, ho saputo da Casali che il giorno prima era arrivata in redazione una lettera anonima dattilografata...

Anna                    - Una lettera anonima?

Carlo                    - Sì. In sostanza diceva questo: che io avrei montato tutto l'affare del film per metterti in vetrina e per farti fare lo specchietto da richia­mo. Carboni avrebbe abboccato e in compenso della cifra investita nel film, tu saresti diventata la sua amante. Naturalmente io sarei al corrente della cosa e chiuderei tult'e due gli occhi. Chi è stato? Evidentemente una persona che ci co­nosce bene, che vive vicino a noi. Nella lettera si davano pellicolari troppo precisi!

Anna                    - Non mi meraviglierei affatto che fosse un tiro della bella signora con la quale vai a pren­dere il tè.

Carlo                    - L'ho pensato anch'io! Ed è appunto per questo che sono andato oggi con lei all'Kxccl-sior. O lei, o sua sorella, o Borghctti... Di qui non si esce.

Anna                    - Borghctti?... Ma fammi il piacere!

Carlo                    - (picchiando il pugno sulla tavola) Voglio
andare a fondo! Scoprire chi è stato. Veder
chiaro... (Amaro, fissandola) Potrebbe anche
darsi che gli altri ne sapessero più di me!  

Anna                    - Bene! Avanti, avanti! Giacché ci siamo, vuotiamo il sacco. Ho anch'io qualcosa che mi sta qui.

Carlo                    - Quelle tremila lire di quindici giorni fa, da dove venivano? Veramente da Ancona, da tua cugina, o avevano qualche altra provenienza?

Anna                    - Come sci buffo! (Calma) E ti sembra di fare una gran scoperta? Sì! Ti ho detto una bugia. (Con malinconia) Ormai si e formata tra noi una situazione così: io ti dico delle piccole bugie che in realtà non sono bugie perché so che tu non le credi. Da parte tua, tu fingi di crederle perché ti fa comodo. E tiriamo avanti da buoni alleati.

Carlo                    - Ma, insomma, chi te le ha date?

Anna                    - Carboni! Ma se lo sai!... L'ho accompa­gnato alla porta, e di là. nel corridoio, ha insi­stito per prestarmi quel danaro. Sapeva che non avevamo più niente! Dovevo rifiutarle? E per­ché? Dava già i danari per il film!

Carlo                    - Non c'è nessun rapporto! Quelli li inve­stiva in un affare che poteva anche rendergli. E li dava apertamente. Queste le offriva a te, in segreto, di nascosto!

Anna                    - (sempre calma e fredda) Ti ho detto che me le ha prestate. Nessuno c'impedisce di resti­tuirgliele appena potremo. Quali siano, poi. i sentimenti di Carboni verso di me ci vuol poco a capirlo!

Carlo                    - (impetuoso, violento) Carboni ti ha fatto delle proposte precise, e io Io so. Tu sci andata a vedere un villino che lui sta costruendo ai Parioli...

Anna                    - Non lo nego. Ma ti faccio osservare che due amanti non si danno appuntamento in una casa in costruzione, fra muratori e secchi di calcina.

Carlo                    - E perche ci sei andata, allora?

Anna                    - Per cortesia; per non rifiutare un invito qualunque. Come sarci andata a prendere una tazza di tè in un locale pubblico. (Breve pausa) P, stato dopo, tornando, che lui mi ha detto... (un'esitazione).

Carlo                    - Che cosa?

Anna                    - Sì!... Che se un giorno fossi rimasta sola, quella era casa mia. È un buon diavolo. Carboni, un semplice! Sa che non siamo sposati, sup­pone come tanti altri che tu un giorno mi possa lasciare...

Carlo                    - (ironico) E mette avanti la sua candida­tura, eh? Si direbbe che tu abbia esaminato con serietà la sua proposta!...

Anna                    - Non ho detto questo.

Carlo                    - Però ammetti che hai una certa simpatia per lui?

Anna                    - (che tiene bravamente testa all'irruenza di Carlo) Sì, almeno ho della stima. È un gran lavoratore, un carattere fermo, se Dio vuole! E anche lui ha della stima per me. Questo lusinga molto una donna nelle mie condizioni...

Carlo                    - (con una risata dolorosa) Ti stima! Ah, ah, ah!... Se ti stimasse non ti farebbe propo­ste di questo genere.

Anna                    - Non può sposarmi, mi offre quello che può, poveraccio! Ma Io fa con inolia delicatez­za... Ha sempre l'aria di chiedermi scusa di quello che dice. Vorrei che fossero corretti come-lui tutti i tuoi amici!...

Carlo                    - Cosa vorresti dire?

Anna                    - Che se quella lettera anonima non è par­tita dalle nostre buone amiche quassù... (indica il soffitto) ... potrebbe averla scritta uno di quelli che con te parlano sempre di fraternità intellet­tuale e di ideali artistici. Per esempio. Amedeo, tanto per fare un nome.

Carlo                    - Amedeo?... Perché proprio lui?!...

Anna                    - Perche una volta, mentre stava dipingen­do il mio ritratto, ha tentato di baciarmi. Io l'ho trattato come si meritava. Non mi mera­viglierei che la lettera anonima fosse una sua vendetta. Del resto, sai, fra tutt'i tuoi amici non ce n'è stato uno che a un dato momento non abbia cercato di mettermi le mani addosso. Naturale! Come potevo pretendere che mi sti­massero gli altri, se nemmeno tu mi stimavi!

Carlo                    - Io?

Anna                    - Sì, tu. Oh, eri innamoratissimo di me, ma non mi stimavi. Ti piacevo molto, sentivi ch'ero piena d'illusioni, pronta a credere a tutto, « non hai avuto scrupoli. Forse pensavi anche tu che ero figlia di mia madre e che con me si poteva fare l'avventura.

Carlo                    - Ma che sciocchezze! Poi cosa c'entra adesso tutto questo rivangare nel passato! Pare quasi che mi accusi di avere approfittato della tua inesperienza! Io con te ho parlato chiaro fin dal principio. Adesso ti fa comodo di non ricor­dartene più, ma...

Anna                    - No. no! Me ne ricordo perfettamente. E come mi avevano entusiasmato le tue idee! (Re­torica e caricaturale) Ribellarsi alle stupide re­dole sociali, innalzarsi sopra la mediocrità bor­ghese, considerare un onore la riprovazione del­la piccola gente! Avevi trovato un'espressione che mi dava  un effetto straordinario: « Inven­tiamo l'amore! Diamo vita a un nuovo tipo di passione ». Quella sera che sono scappata con te mi pareva di essere la donna più forte del mondo, la più sicura di sé. E oggi!...

Carlo                    - Oggi parli come una sartina sedotta che vuol farsi sposare! Ma è ridicolo! Che cos'è questo processo?! Chiacchiere!... Idee sballate!... Eravamo due ragazzi...

Anna                    - Il male è che la nostra vita si è impostata proprio su queste idee, Carlo! Tu credi che se fossi stata tua moglie mi avresti fatta vivere così?

Carlo                    - Così, come?...

Anna                    - Così, nella baraonda, nel disordine!... Casa aperta, corte bandita, gli amici che hanno In chiave, chi entra, chi va... E lasciamo andare indie questo! Ma finiscono i danari e quando si tratta di convincere Carboni a dare i capitali per il film, sono io che devo persuaderlo, spin­gerlo, star fuori delle ore con lui... Mi hai mai domandato, tu, che cosa facevo, che cosa mi di­ceva?... Mai'... Ti bastava che tornando a casa io ti assicurassi: sai, Carboni marcia! E tu eri a posto.

Carlo                    - Perché avevo una fiducia assoluta in te!

Anna                    - Eh, no, caro: troppo comodo! In realtà era perché di me t'importava fino a un certo punto. Non mi consideravi legata a te per la vita!

Carlo                    - (con sufficienza) Ci siamo di nuovo!

Anna                    - (con forza) Sì, ed è proprio qui il centro della questione. Se fossi stata tua moglie non avresti mai permesso che si creasse una situazio-  ne simile. (Esasperata) C'è voluto che qualcuno te lo gridasse in faccia, proprio come un in­sulto diretto a te, perché tu sentissi la bruciatura!

Carlo                    - Ma cosa dici? Si direbbe quasi che tu la pensi come quelli che tentano di sporcarmi con questa accusa infame!

Anna                    - No, Carlo! In realtà, vedi, ho detto più di quel che pensavo; per ferirti, per farti soffrire, per vedere se ti ribellavi! Ma no, niente! In fondo tu non mi ami più!...

Carlo                    - Per carità, non metterti a piangere, ades­so! Ci mancherebbe anche questa!

Anna                    - Piangere, io?... Mi hai mai vista pian­gere, tu?... Sai che non mi riesce di piangere. Dunque, sta tranquillo che non ti farò una scena di lagrime nemmeno stavolta!

Carlo                    - (d'improtvìso ha un balzo, risolutamente le si avvicina, l'afferra per i polsi e stringendola rabbiosamente) Guardami in faccia! Sai perché non reagisco, perché non perdo ancora la testa? Perché ho l'impressione che tu voglia eludere la mia domanda precisa. Guardami bene, Anna: è il tuo amante Carboni?

Anna                    - (sfidandolo con gli occhi fiammanti) E se ti dicessi di sì?... Non avresti il diritto di con­dannarmi!

Carlo                    - Rispondi!... fc o non è il tuo amante?... Questo solo m'importa!

Anna                    - (ironica) Già!... Perche è in giuoco il tuo egoismo, la tua vanità, vero?...

Carlo                    - (scuotendola) Anna, non esasperarmi! Ri­spondi!...

Anna                    - (c. s.) Ma se in fondo saresti contento che ti dicessi di sì!... Sarebbe così facile, allora, li­berarti di me!

Carlo                    - (dandole una spinta rabbiosa che la fa va­cillare, si scosta da lei) Ho capito. Avevano ragione. Sei la sua amante. (Si torce le mani, stringe i pugni e se li ficca in tasca) Stupido, stupido! Fino a un momento fa avrei giurato che non era possibile! Sì. il mio orgoglio, il mio egoismo: questo solo conta, questo solo m'in­teressa. Non soffro, sai. dì gelosia come credi tu. Mi brucia soltanto di essere stato ingannato, giuocato da te come un bambino. Sei più forte di me. Oh, se sci cambiata, in questi due anni! D'improvviso, qui a Roma, ho Scoperto ac­canto a me una donna che non conoscevo: più bella, più elegante, più audace, pochi gior­ni, poche settimane erano bastate ad abituarti alla libertà e al lusso come se tu ci fossi vissuta da sempre. Io davo tutto quello che avevo, ma sapevo che a breve scadenza i mici danari sa­rebbero finiti. E allora? Che cosa sarebbe acca­duto? Tu non saprai mai quello che ho passato! Le mie notti di angoscia! C'era un pensiero che mi perseguitava come un incubo: è troppo bella — mi dicevo — troppo avida di vivere. Il giorno che sarò povero non potrò più te­nerla!... Per forza mi tradirà! E ti amavo e mi pareva di non poter assolutamente vivere senza di te! Così, a furia di torturarmi, non sapendo come sfuggire a questa sofferenza, ho finito col rifugiarmi nel mio orgoglio e allora... (Carlo ha un attimo d'esitazione).

Anna                    - (con ansia) E allora?

Carlo                    - Allora mi è parso che la certezza de! male, il dolore affrontato a occhi aperti fossero preferibili al dubbio, all'alternativa affannosa fra il sì e il no. Sentivo che per guarire non c'era che questo: la certezza che tu non fossi più mia, la prova del tuo tradimento, visto che mi pa­reva inevitabile che un giorno tu arrivassi a questo...

Anna                    - E quando tu avessi saputo?

Carlo                    - Me ne sarci andato, immediatamente. Come me ne vado adesso! (E fa l'atto di av­viarsi verso la comune).

Anna                    - (con uno slancio) Carlo!... No!... Aspetta: io non ho risposto alla tua domanda eli poco fa. Volevo incitarti a parlare. Ma dopo quello che hai detto, al punto a cui siamo arrivati, io non avrei più ragione di mentirti. (E afferrandolo per le braccia, risoluta, lo costringe a volgere il ca­po e a guardarla) Non sono stata l'amante di Carboni. (Con forza) E non Io sarò mai finché tu mi sarai vicino, veramente vicino!

Carlo                    - Non ti credo più.

Anna                    - Posso darli cento prove!

Carlo                    - Sfido io! Si fa presto a mettersi d'accordo!

Anna                    - Con quale scopo? Se fossi l'amante di Carboni non chiederci di meglio che di essere liberal

Carlo                    - Oh, sei molto abile! Forse non è ancora Venuto il momento migliore per il tuo giuoco!

Anna                    - Ma se sei il primo a non credere una pa­rola di quello che dici! Se t'avessi lasciato uscire saresti arrivato sì C no al portone, e saresti tor­nato indietro.

Carlo                    - Cento prove! Parole! Dammene una, avanti!...

Anna                    - Vuoi che telefoni a Carboni? Gli dico che sono sola Avvio una conversazione intima... Sentirai come mi parla!...

Carlo                    - (deciso va al telefono, stacca il ricevitore e componendo sul quadrante il numero dì Car­boni) Ti suggerirò io quello che devi dire...

Anna                    - Benissimo. (Prende il ricevitore che Carlo le passa. Persuaso da quell'atteggiamento di as­soluta sicurezza, Carlo con un colpo secco sulla leva dell'apparecchio interrompe la comunicazio­ne. Strappa il ricevitore ad Anna e lo appende. Poi l'abbraccia impetuosamente, le rovescia in­dietro la testa).

Carlo                    - Vero? Vero?...

Anna                    - Te lo giuro, Carlo! (Un lungo abbraccio).

Carlo                    - (in una folata di gesti e di parole avvam­panti) Sei tutto, per me, tutto!... Il mondo in­tero!... Cosa mi fanno le chiacchiere, i pette­golezzi, le lettere anonime! Miserie! Se ho il tuo amore sono l'uomo più ricco della terra! (Con volubile, esuberante sventatezza) Sai cosa facciamo domani? Piantiamo tutti e andiamo a fare una bella gita, noi due soli. Devo parlarti. Ci sono grosse novità per aria. Perche non ri­nuncio a niente, sai, a niente! Adesso che ho la convinzione, la certezza, sì, la certezza che sei mia, che sarai sempre mia... adesso posso dirti che grande impresa sto per iniziare!

Anna                    - Oh, Dio, Carlo, mi fai paura!

Carlo                    - Macche! È un mese che traffico. Non t'ho dttio niente per farti un'improvvisata...

Anna                    - (fra rimprovero e tenerezza) Perché?... Sempre la tua manìa di far grandi cose!

Carlo                    - Eh, sciocca! Ormai ci siamo! Si tratta di un giornale: un grande settimanale cinemato­grafico. Titolo: o Cine Omnia ». E sulla testata ci sarà il mio nome di direttore grande così. Già pronto il primo numero; uscirà ira ire giorni...

Anna                    - (spaventati sstma) No!...

Carlo                    - (irruente, ottimista, felice) Sì! Vedrai che importanza orendo a Roma! Sarà un'arma for­midabile! Non avrò più bisogno di mendicare un aiuto dagli eterni Carboni e Borghetti!

Anna                    - E con che danari lo fai, Carlo? In che impicci ti sci messo?...

Carlo                    - Ho trovato un sistema straordinario per la vendita e per lo sfruttamento della pubbli­cità. Tutto calcolato. Guadagno sicuro. Per l'amministrazione ho un uomo in gamba. Fio­rini!

Anna                    - (con le mani nei capelli) Fiorini?!... Ma tu sei matto!...

Carlo                    - (che non si smonta) Mi ha trovato lui i danari per cominciare; ma prestiti a tulio como­do, sai!

Anna                    - (e. s.) Carlo! Carlo! Ma Fiorini è un...

Carlo                    - So, so quello che vuoi dire! Lascia fare a me. Lo controllo, lo metto al passo... Voglio vincere su tutta la linea! E non mi dimentico mica di quel farabutto che ha scritto la lettera anonima, sai! Vedrai che pesco anche quello e gli dò una lezione che se la ricorda per un pezzo!

Anna                    - (fra delusa e tenera) Come sci rimasto gio­vane! Mi sembri ancora il ragazzo di quando ci siamo conosciuti!

Carlo                    - Quello che ti ha fatto innamorare, però, e che ti piace anche adesso, di' la verità!

Anna                    - Molto!... Ma vorrei...

Carlo                    - Vorresti che cosa? Che avessi la barba bianca, la testa pelata, che scoppiassi di buon senso? Ma se ti sono piaciuto così e ti piaccio così? (Con impeto) Quel che importa è riuscire! Voglio avere tanto danaro da... Lo butterò via, lo schiaccerò sotto i piedi!... Maledetto danaro che ci fa tanto patire, che ci avvelena la gioia di amare!... Ma bisogna averlo, capisci? Il da­naro è forza! E noi l'avremo!... (Ha detto que­ste ultime battute con concentrato furore, a pu­gni stretti. Ma ora e travolto da uno slancio di passione) Qua, fra le mie braccia! (L'afferra alla vita e la solleva trionfalmente) Evviva Carlo e Anna! (Iji rovescia su una poltrona. Dall'antica­mera viene il trillo del campanello).

Anna                    - (dibattendosi) Matto! Sei matto!...

Carlo                    - Sì, malto furioso! Innamorato di te!... Sei diventata troppo bella!... Sono pazzo!... Le cerca la bocca. Altro suono dì campanello).

Anna                    - (persa, ira i baci) Sì, baciami, caro... Oh come sono stupide le donne! (Ancora il cam­panello).

Carlo                    - Ech! All'inferno gli scocciatori!... (si stac­ca da lei) A proposito: Amedeo era allo studio,

Anna                    - No. non s'è visto!

Carlo                    - Ah!... (Fa per avviarsi, si volge verso Anna e le dà ancora un bacio in fretta, poi an­dando verso la comune) Bada, hai i capelli in disordine! (Carlo esce. Anna sì alza e si ravvia i capelli. Dalla comune entrano Alberto e Car­boni seguiti da Carlo che, dopo la spiegazione avuta con Anna ha Pana di trovarsi perfetta­mente a suo agio con Carboni).

Carboni                - (salutando Anna) Buona seral Eccoci pronti. Ho fissalo le poltrone al « Quirino ». Dove si va a pranzo?

Carlo                    - Scusi, Carboni, vengo subito.

Carboni                - Prego.

Carlo                    - (ad Alberto, un po' sostenuto) Alberto, vuoi venire di là? Ho bisogno di chiederti qual­cosa...

Alberto                - Ma sì!

Carlo                    - (uscendo con lui; con intenzione) Sai niente di Amedeo? Com'è che non si fa più vedere?... (Escono chiudendosi dietro la porta).

Carboni                - (piuttosto eccitato) Passati i nervi, eh?... Meglio per lui! Ero proprio venuto con delle intenzioni buone, stasera! Se mi faceva qualche altro scarto, salda\o il conto tutto in una volta!

Anna                    - Vi prego, Carboni!

Carboni                - Mando giù, mando giù, ma ho tanta di quella rabbia qui! Pezzo di villano! E poi, poi...

Anna                    - (a lassa voce) Ho saputo la ragione. Una lettera anonima mandata alla redazione del suo giornale.

(Questa breve scena fra Anna e Carboni sarà rapida e vibrante, tenuta in un tono sommesso, ma piena di tensione).

Carboni                - Lo immaginavo! La stessa lettera è sta­ta mandata a mia moglie. Naturalmente sono cominciate le persecuzioni...

Anna                    - Perche non me l'avete detto?

Carboni                - Per non darvi degli altri fastidi. Vor­rei portarvi sempre delle notizie buone. Quan­do ne ho una cattiva la tengo per me.

Anna                    - E ora vostra moglie...

Carboni                - State tranquilla. Ci penso io: ho !e spalle buone. L'importante è che mi vogliate un po' di bene. (Con l'aria un po' vergognosa) Sapete... adesso vi taccio ridere... Ho fatto una cosa che quasi mi vergogno a dirvela!... Ieri sono stato da una chiromante!...

Anna                    - Ma no!

Carboni                - Sì!... A farmi leggere la mano!

Anna                    - Carboni!...

Carboni                - Roba da ragazzi, eh? Be', cosa volete!... Quando si e innamorati!... (Guardandosi il pal­mo della sinistra) Non so dove, ma pare che qui, da qualche parte, ci sia una crocetta che vuol dire fortuna in amore a cinquantanni. Stupidaggini, d'accordo! Ma sono usciio di là che non ragionavo più dalla contentezza!... Ci credete, voi, a queste cose?...

Anna                    - Come tutti: sì e no! (Scherzosa) Certo che se quella chiromante è brava, io corro un bel pe­ricolo !

Carboni                - (appassionato e grave) Anna, in questi ultimi giorni mi sono sforzato di capire che cosa c'è in voi! Vi vedo incerta, sento che siete li lì per decidere qualche cosa... E non posso far niente... non so nemmeno parlare!?... Ma se penso che possiate prendere una strada che vi allontani da me, mi va via la testa!... Anna!... Non potete capire che cosa sia l'amore per un uomo di cinquantanni!... È tutto!... Tutto!.... Lavoro, lavoro, e a un tratto mi pare che la mia fatica non abbia più nessuno scopo se voi mi dite di no! Non ho figli... posso dire che non ho nessuno al mondo!...

Anna                    - Carboni, non vi farò più aspettare tanto la mia risposta. Sento che a una decisione bi­sogna pur venire. Qualunque sia...

Carboni                - Ad ogni modo, Anna, ricordatevi: in qualunque momento della vostra vita, se aveste bisogno di un aiuto...

Anna                    - (porgendogli la mano) Grazie! So che siete un buon amico!... (Ritrae la mano in fretta; entra Alberto).

Carboni                - (con l'aria ài continuare un discorso già incominciato) Un tipo fenomenale, questo Bor­ghetti! E i primi giorni pareva così accomodante!

Alberto                - Per me, ha perduto la testa! Adesso gli par d'essere chissà che cosa! Ha letto quattro libri sul cinematografo e pretende d'insegnare il mestiere a me!

Carboni                - Il male è che ha voluto nel contratto quella clausola che ci lega mani e piedi. Tutto è subordinato alla sua approvazione. Chi s'a­spettava mai che piantasse tante graneì Era così quieto, così remissivo! Io ho firmato a occhi chiusi !

Alberto                - Lo so io che cos'è che gli ha dato alla testa! Le maschiette romane!

Anna                    - Ma va là!... Proprio Borghetti!...

Alberto                - Borghetti, sì! Se te lo dico io!... Visto coi miei occhi! La bella Elsa: il fiore di pu­rezza quassù!... (indica con l'indice l'apparta­mento dei Biancardi, di sopra) Sa ch'è pieno di quattrini e gli fa intorno la danza di Salomc (accenna a qualche gesto caricaturale di danza) ... con la madre che le fa da regista!...

Anna                    - Caro mio, se credi che Borghetti sia un imbecille!

Alberto                - No, no, ma provinciale! E una ragazza di grande città, navigata come quella... Secon­do me sono arrivati lontano parecchio, quei due!

Anna                    - (toccata dalle rivelazioni di Alberto, con improvvisa decisione) Sentite, parlo io a Bor-ghettil Se impegnate un'altra discussione come quella di ieri finite per litigare e lui si impunta più che mai.

Alberto                - Allora, guarda: noi andiamo avanti e tu con la scusa che non sei ancora vestita ti fai trovare sola...

Carboni                - (verificando l'orologio) Bisognerà sbri­garsi, però. A momenti sarà qui.

Alberto                - (va alla porta di sinistra) Carlo, sbri­gati!

Carlo                    - (d. d.) Eccomi!

Anna                    - Dove vi raggiungiamo?

Carboni                - Dal Pastarellaro, direi. Alle otto ci siamo.

Anna                    - Va bene.

Alberto                - Niente mezzi termini, però, con Bor­ghetti, eh! O sì o no. E la smetta di fare il cataplasma! (Entra Carlo).

Carlo                    - Oh, c'è giù Borghetti! Sta pagando il tassì, l'ho visto dalla finestra. Cosa si fa? (Alberto che ha finito di fumare la sua sigaretta, depone il mozzicone nel portacenere).

Anna                    - Voi andate. Gli parlo io.

Carlo                    - Facciamo presto, allora. Usciamo dalla por­ta di servizio. (In fretta Carboni e Alberto van­no per uscire).

Carboni                - E i nostri soprabiti?

Alberto                - Ah, già, che testa! (E tutt'e due fretto­losamente escono dalla comune).

Carlo                    - (restato solo con Anna, sottovoce) Trova­to, eh' Ci giuochcrci l'osso del collo. La vi­gliaccata della lettera me l'ha fatta Amedeo. Ma lo ripescherò, quel farabutto, e gliela farò pagare, vedrai!

(Rientrano Carboni e Alberto ed escono dalla porta di destra seguiti da Carlo. Saluti a soggetto mentre suona il campanello della porta. Ansa va ad aprire. Nell'attimo stesso in cui lei esce dalla comune, si apre furtivamente la porta di destra e Alberto sporge il capo).

Alberto                - (parlando rivolto a quelli di destra) Che idiota! Ho lasciata la cicca! Ma faccio in tempo!.., (Con un salto raggiunge il portacenere, afferra il mozzicone ed esce precipitosamente da destri/ mentre dalla comune entrano Anna e Cecco).

Anna                    - (come continuando un discorso già inco­minciato) .., Dovevo ancora vestirmi. Ci aspet­tano dai Pastarellaro alle otto.

Cecco                  - Hm!... Come dici male le bugie! Fuga ge­nerale. Nessuno si azzarda più a toccare il por­cospino.

Anna                    - Come è diventato sospettoso, Borghctti!

Cecco                  - (fiutando l'aria e arricciando il naso) E a recente, anche! (Con aria maliziosa) Il ne­mico deve avere abbandonato la posizione da poco. Sento un odore di sigaretta appena fuma­ta!... Ti hanno incaricata di mettermi con le spalle al muro, di' la verità.

Anna                    - Ma no! Sono io, piuttosto, che voglio sa­pere...

Cecco                  - Credevano di avermi impiccato, con quel contratto, e invece sono io che impicco loro!

Anna                    - Ma perché si ostina così? Su dei partico­lari, poi! Alberto se ne intende più di lei; se lo lasci dire, Borghetti!

Cecco                  - Più di me? Ci vuol poco! E finiscila con questo benedetto lei, te l'ho già detto! Tu credi proprio che io tiri in lungo la faccenda per scru­poli artistici? Che io faccia sul serio quando par­lo di primi piani, di sequenze e di carrellate? Ma cosa vuoi che me ne importi delle carrellate? Mi sono dato un'infarinatura in pochi giorni; ho letto qualche libro e mi sono improvvisato critico e regista. E quella clausola nel contratto l'ho fat­ta mettere appunto per mandare a picco l'affare!

Anna                    - Perché non hai rifiutato addirittura, allora3

Cecco                  - Brava! Perche non volevo che trovaste un altro finanziatore. A me preme che il film non si faccia. Il tuo nome sui cartelloni? Le fotografìe nei giornali? Ma nemmeno per idea! Una volta che tu avessi fatto questo, non potresti più tor­nare nel nostro ambiente...

Anna                    - Sei un bel tipo' Ma il fosso l'ho già saltato!

Cecco                  - No, no, vedi! In provincia è un'altra cosa. Fino adesso sei una ragazza dì buona fa­miglia che ha fatto un errore. Be', un errore si perdona, si dimentica! Domani, invece, con tut­ta questa pubblicità...

 Anna                   - Senti, Cecco. Io ho una grande amicizia per te. Voglio bene più a te che a chiunque altro, ma non credo che accetterò mai di spo­sarti!

Cecco                  - Ed io, invece, finché non vedrò che hai pre­so una decisione definitiva avrò sempre un pò di speranza!...

Anna                    - Ma chi ti dice che io non continui tran­quillamente per la mia strada?

Cecco                  - No! Stai attraversando una crisi. In fon­do sei fortunata. Tu puoi ancora scegliere: Car­lo, che è la passione romantica; il bel giovane egoista che innamora la donna e nove volte su dieci la iovina. Carboni, l'amore non tanto pu­lito, che lascia un po' d'amaro in bocca, ma col grosso conto conente in banca. Io, l'affetto tran­quillo, senza splendore, un nome rispettabile, una vita agiata in provincia, qualche rimpianto, un po' di noia. Se ci pensi bene, sono proprio le tre forme classiche dell'amore. Se poi il prefe­rito non sarò io, pazienza, ripiegherò su un al­tro progetto che ho ìn testa. Sarà l'aria di Ro­ma, sarà questa vita che ho fatto con voi, mi sento addosso un brìo, un'elettricità.... insomma io non posso più viver solo, ho bisogno di una donna vicino'

Anna                    - Sci tu che attraversi una crisi, mi pare... Sta attento!...

Cecco                  - (enigmatico, con importanza) Crisi!... È un caso di cuore e di coscienza!... Una povera figliola che viveva in pace,., io l'ho turbata, e capirai!...

Anna                    - (mettendogli una mano sul braccio) Mac­ché turbata, figurati! È la Biancardi, vero? El­sa?... Cecco, promettimi di non fare sciocchezze! Non e il tipo che fa per te. Non siete fatti per capirvi!...

Cecco                  - Accidenti, se ci capiamo! Anche troppo! Non ti posso raccontare tutto, ma ti dico che ha perso la te.^ta. Innamorata cotta! Mi trova molto distinto, molto interessante!... Vuole solo che mi tagli la barba...

Anna                    - Cecco, no!... Ragiona!

Cecco                  - Perché? Mi trovi meglio con la barba?...

Anna                    - Ma no! Voglio dire che... (supplice) Cec­co, non sposarla! (Spaventata) A che punto siete?...

Cecco                  - Così!... Mezza strada!... Te l'ho detto: la tengo in sospeso. Aspetto le tue decisioni.

Anna                    - (nervosamente) Ma non sono io che decido! Se fossi io, vorrei!... Non so, è un destino che mi spinge!... Nei momenti importanti c'è un istinto cattivo che mi prende la mano!... Sarà il san­gue che ho, l'eredità di mia madre.

Cecco                  - Ma fammi il piacere!... Tua madre!... (interrompendosi, con slancio, con rimprovero) Tua madre ha avuto un solo torto, capisci? Di credere troppo bella la vita. E di voler essere fe­lice, ad ogni costo. Eh, come vorrei che tu l'avessi conosciuta' Altro che istinti cattivi! L'a­vresti adorata, la tua mamma, adorata! Guarda, vorrei che tu te la potessi vedere qui davanti un momento solo... (estasiato) Bianca, bionda... Un visino pieno di sole... E un sorriso!... Così: tac! Come quando si spalanca una finestra e d'improvviso si ha il mare davanti. E bella, poi' Vedi, talmente bella che... (s'interrompe brusca­mente) Ma come? Non hai mai visto neanche un suo ritratto tu?...

Anna                    - Mai!...

Cecco                  - Ah, ma ci ho pensato io! Guarda! (Estrae il portafogli e cercandovi dentro qualcosa conti­nua a parlare. Anna lo guarda ansiosa, profen­dendo il viso) Mi son fatto mandare da Urbino il mio album di fotografie. Proprio apposta per te. Ho un'istantanea di tua madre che è un.i meraviglia! Gliel'ho fatta una mattina a tradi­mento, mentre usciva di casa. Aspetta... aspet­ta!... (continua a cercare nel portafogli) Ecco qui!... Guardala!... (Le porge l'istantanea. Anna l'afferra, ma còlta da una subitanea emozione non la guarda neppure e chiude un attimo gli occhi. P. una commozione violenta; un tuffo del cuore. È passata. Anna riapre gli occhi, guarda avidamente il ritratto. Pare che tutta la sua vita si concentri in quella contemplazione. Cecco, in piedi, si china un poco sopra di lei, che e seduta) Bella, eh?... Ti somiglia un poco, no? Qui... qui...

Anna                    - (curva sulla fotografìa accenna di sì col capo e si porta una mano alla gola, come per liberarsi dal nodo che gliela stringe. Non riesce a parlare).

Cecco                  - Vedi che espressione dolce?... Gli occhi... la bocca... (Anna ha un singulto) Anna, co­s'hai?... (Stupito) Piangi?... Tu?... Piangi?... (A un tratto una furia di lacrime e di singhiozzi vince Anna che piangendo si preme disperata­mente la fotografia sulla bocca. Cecco, commos­so, le accarezza con la punta delle dita i capelli) Su, su, andiamo, su!...

CALA IL SIPARIO

ATTO TERZO

 La stessa scena. Circa due mesi dopo. Anna è chi­na sopra una cassa e intenta a disporre gli oggetti che Rosa, la portinaia, man mano le porta dalla sala da pranzo. Aria di sgombero. Sul tavolo è aper­ta una valigia. Princìpio d'estate. Finestre aperte.

Rosa (accento romanesco. Entra dalla comune por­tando due piatti di argento) Questi sono pro­prio belli! Sarebbe stato un peccato lasciarli qui. Porti via più roba che può, signora!

Anna                    - (sorride e contìnua ad accomodar roba nella cassa) Ma cara, nessuno mi darà ventimila lire, allora!

Rosa                    - Pure la coperta di seta del Ietto, lascia qui?!...

Anna                    - Ma sì, sì. Rosa! Piuttosto mi vada a pren­dere quei pupazzi di là in camera! (Via Rosa che torna subito dopo con due pupazzi di stoffa. Un burattino in frac e una bambola bionda o bruna, a seconda del colore dei capelli dell'at­trice. Rosa fa per deporti nella cassa, ma Anna glieli toglie di mano, li guarda un attimo; triste) No, questi no. Li porto via con me... (e va a riparli nella valigia) Ecco fatto. Ha già chia­mato Giovanni?

Rosa                    - Sì. È di là, signora. (Va alla comune e chiama) Giovanni !

Giovanni              - (d. d.) Eccomi! (Entra Giovanni,  il portinaio, con martello e chiodi).

 Anna                   - Dunque, Giovanni, siamo d'accordo, eh? Dei due bauli che sono di là in anticamera quello alto fatto a armadio è mio, e quello basso è del signor Carlo.

Giovanni              - Benissimo, signora. E la cassa grande dove abbiamo messo anche i libri è del signor Carlo, e questa qui e sua. Dico bene?

Anna                    - Bravo, Giovanni. La roba mia la manderò a prendere uno di questi giorni; verrà un uomo con un mio biglietto a ritirarla. Per quella del signor Carlo v'intenderete con lui quando tornerà a Roma.

Giovanni              - (che ha seguito le istruzioni di Anna con cenni di approvazione del capo) Ho capito tutto. Stia tranquilla. (Mette il coperchio sulla cassa e comincia a inchiodarlo a gran colpi di martello; un colpo, due, poi si ferma e fruga in un car­toccio; cerca dei chiodi più adatti).

Anna                    - Rosa, passatemi quella roba! (Rosa esegui­sce; porge qualche oggetto).

Rosa                    - Ma la signora resta a Roma, però!

Anna                    - (che si dà da fare intorno alla sua valigia) Sì, parto domattina ma starò via pochi giorni. Rosa  - Va in albergo, vero, dopo?

Anna                    - (evasiva) Già!...

Rosa                    - Eh, ha ragione! La vita d'albergo è più comoda, non ci sono tante seccature. Poi c'è più allegria! Se io fosi una signora mi piacerebbe. Musica giorno e notte, si balla, ci si diverte... Se rinasco non faccio mica più la portinaia, sa! Porca miseria! Tutta la vita sacrificata a struscia­re le scale e a dar la cera nel portone!

Giovanni              - (che ha finito di scegliere i suoi chiodi) E piantala! (Con sopportazione a Anna) Sa, se attacca non la smette più! ( a Rosa) Aiutami a portai via la cassa, vieni! (A Anna) Qui faccio troppo baccano. Finisco di là. Poi la lego ben bene e ci metto i piombi anche a questa. (Rosa aiuta il marito a sollevare la cassa. Giovanni esce con un: Arrivederla, signora!

Anna                    - Arrivederci, Giovanni. Grazie.

(Si sentiranno venire dall'anticamera, a intervalli, colpi di martello).

Rosa                    - Se sapesse come ci dispiace che se ne va­dano! Gl'inquilini più simpatici della casa! Lo si diceva anche stamattina col mio Giovanni. Mica per le mance, veh!

Anna                    - (che le sta passando accanto le dà un buf­fetto sulla guancia) Ma no!...

Rosa                    - Almeno la potessero vender bene, la loro roba!... (Cambiando tòno, con aria di gran con­fidenza) Badi che c'è la persona, sa, che sarebbe disposta a darle anche qualche biglietto da mil­le in più. A me l'ha detto in confidenza! È la sorella della signora Biancardi...

Anna                    - (e fasi fa) Sì, sì, lo so!...

Rosa                    - Dice che siccome è amica loro, le secca di farsi avanti. Lei capisce! L'appartamento le fa­rebbe comodo: proprio sotto a quello dì sua so­rella... Se mai lei vuole...

Anna                    - Ci penserò.

Rosa                    - Sa, glielo dico perché ho visto che son già venute otto o dicci persone e lei non ha ancora combinato!

Giovanni              - (d. ti.) Permesso?... (e senza aspettare risposta entra) Hanno portato questa lettera. (l'orge una lettera ad Anna).

Anna                    - (apre, legge. Poi a Rosa) È l'agenzia. Mi avvertono che quel signore americano che e venu­to stamattina, rinuncia all'appartamento perche non ha terrazza.

Rosa                    - (faccia d'occasione) Davvero?... Quanto mi dispiace!.. Speravo proprio che questa fosse la volta buona.

Anna                    - (contrariata, fa al telefono, compone un nu­mero) Pronto?... L'avvocato Boni?... Sì, sono io... Le telefonavo appunto per questo. La cosa è fatta, ormai... Ma sì, glielo assicuro!... Entro domattina... Sì, sì, tutto!... La somma completa, Ah, subito; si. Lei resta in studio ancora. Va bene, subito!... Fra dieci minuti sono da lei... Va bene, arrivederla, avvocato. (Depone il rice-nitore ed esce da sinistra continuando di dentro a parlare con Rosa che è rimasta in scena inten­ta a far pulizia) Rosa !...

Rosa                    - Signora!...

Anna                    - Io devo uscire un momento. Verrà il si­gnor Borghetti; gli dica che sono andata dall'av­vocato. Che mi aspetti.

Rosa                    - Va bene, signora.

Anna                    - (rientra in scena col cappello) Lei continui pure il suo lavoro, intanto. Arrivederci.

Rosa                    - Arrivcdcrla.

Anna                    - (arrifata alla comune, si ferma con aria leg­germente imbarazzata) A proposito: si potreb­be avvertire la signora Ilruni. Visto che lo desi­dera tanto, l'appartamento. Mandi Giovanni ad avvertirla! è all'albergo Regina, credo. Ma che venga subito, però. Sono in parola con altri, e chi arriva prima...

Rosa                    - (esultante) Lo mando di corsa! (Anna esce dal fondo. Appena la portinaia è re­stata sola va alla comune e chiama il marito con un pss-pss. Appare Giovanni) Prendi la bicicletta e corri all'Albergo Regina. Dì alla si­gnora Elena di venire subito subito. L'apparta­mento è suo. Ma sbrigati. Mi ha promesso cento lire se glielo facevo avere.

Giovanni              - Benissimo! Te l'avevo detto che si la­sciavano, te l'avevo detto? La roba separata: uno da 'na parte, l'artra dall'artra.

Rosa                    - Sì, sì, lei ormai... va con Carboni. Be', sbrigati, su! E raccomanda alla signora Elcna di venire subito. (Pausa) Hanno aperto l'ascensore. Dev'essere il signor Borghetti. Va, va! (Via Gio­vanni. Un momento dopo entrano Carboni e Borghetti. Carboni ha la faccia scura; Bor­ghetti è fiero e impettito: ha un vestito molto chiaro, giovanile, di taglio elegante. Non è più il solito Borghetti; c'è qualcosa di nuofo, di di-ferso, in lui. Si è raso Barba e baffi; è pettinato con cura. Fuma una sigaretta. Ha un pacchetto in mano che tiene con cura gelosa).

Rosa                    - (a Borghetti) La signora non c'è. È andata dall'avvocato. Ha detto di aspettarla che torna subito.

Cecco                  - (asciutto) Va bene.

Rosa                    - Se hanno bisogno di qualcosa sono in cu­cina. La signora mi ha dato l'ordine di far pulizia.

Carboni                - (brusco) Vada pure. (Via Rosa dalla co­mune chiudendosi dietro i battenti. Appena restati soli Carboni e Borghetti si affrontano conti­nuando una discussione che de fé essere incomin­ciata fuori) Dunque...

Cecco                  - Insomma, le ripeto che non ho nessuna spiegazione da darle.

Carboni                - E io torno a dirle che è ora di finirla. Sono stufo di averla sempre fra i piedi! Vado una domenica in fabbrica, e lei è in portineria a chiacchierare col custode. Giovedì sera passo per combinazione davanti a un cinematografo e vedo  lei che entra con la mia stenografa. Non mi verrà a dire che s'è innamorato di quello sgorbio!

Cecco                  - Perché? Tanto gentile, poverina!

Carboni                - Vengo qui, e ci si incontra sul portone. Ma si levi di torno, una buona volta!

Cecco                  - Coincidenza! Pura coincidenza! (E depone con precauzione il suo pacchetto sul tavolo).

Carboni                - Macché coincidenza! Ma mi ha preso per uno stupido? Si occupi dei fatti suoi, ha capito?

Cecco                  - (calmo) Ma perché se la prende tanto? Si

direbbe che abbia qualcosa da tener nascosto!

Carboni                - (eccitato) Finché era in piedi l'affare del film portavo pazienza, ma adesso che lei ha mandato tutto a fondo...

Cecco                  - Ma se è felice, felicissimo!... Le ho fatto risparmiare tanti quattrini!

Carboni                - Questo lo dice lei' Ma poi, discorsi! Lei per la sua strada, io per la mia!...

Cecco                  - Mi dovrebbe ringraziare, vcdel

Carboni                - Oh, senta! Parliamoci chiaro: lei e in­namorato di Anna e mi sorveglia per rompermi le uova nel paniere, vero? Be', le dico una cosa sola: io sono buono buono, ma se mi fanno sal­tare la mosca al naso...

Cecco                  - Lei mi minaccia?...

Carboni                - Avviso a chi tocca!

Cecco                  - Oh, so, so, che lei è un uomo molto riso­luto! V. per questo che e riuscito dal niente a farsi dei milioni. Certo che in affari, per an­dare avanti, non bisogna avere troppi scrupoli! Se c'è anche da mandare all'aria un'azienda, da rovinare una famiglia, da buttare in terra un amico, come si fa? Gli affari sono affari! Quello che e successo, vero, quando lei ha rile­vato le fornaci del suo amico Martinotti? Ha fatto dichiarare fallimento e ha avuto le fornaci per un boccon di pane...

Carboni                - (avviànandoglìsi minaccioso) Ma sa che se lei non la finisce io le rompo il muso!...

Cecco                  - (girando, con molta dignità, tutto stecchito, dietro una sedia per mettere un ostacolo fra sé e l'avversario) Calma, calma! Lei mi ha frain­teso... Io non avevo nessuna intenzione di of­fenderla, le assicuro! Anzi, le dirò di più: che ho molta ammirazione per i tipi come lei. (Ora la minaccia di Carboni è un po' meno immi­nente e Cecco Borghetti torna all'attacco, sub­dolo, viperino) Viva la gente che sa andar dritta al suo scopo! Io non sarei mica stato capace, sa, di licenziare un bravo impiegato com'era nella sua azienda il rag. Massani perché la mo­glie, il giorno che lei ha messo le mani avanti, le ha lasciato andare uno schiaffo!

Carboni                - Spionaggio in piena regola, eh? Un vero poliziotto dilettante! (Afferrando il pacchet­to deposto da Borghetti e sbattendolo con for­za luì tavolo) Che razza di pettegolo!...

Cecco                  - (scattando come se una vipera l'avesse mor­so) Eeh! Stia attento! Ma cosa fa?... Non mi rovini quel libro, per carità!... (Ricupera il pac­chetto e se lo mette in tasca con delicatezza estrema).

Carboni                - (ghignando, con scherno) Pettegolo co­me una serva! Hanno ragione a Urbino di chia­marla « Prezzemolo »!.... Ma mi stia a sentire. Guardi: io vengo dal niente...

Cecco                  - (candido) Si vede!...

Carboni                - (una pausa, un passo avanti, minaccioso, e prosegue) Già!... Quindi sono abituato a spiegarmi senza tanti rigiri. Allora le dico che lei, qui, non ha più niente da fare. Niente, ca­pisce, perché Anna ha già preso la sua decisione.

Cecco                  - Ah, sì?...

Carboni                - Sicuro! Ormai non c'è più ragione di tacere. Anna viene con me. Vede, qui si sgom­bra! Anna ha finalmente capito qual'è la solu­zione del buonsenso. E butta a mare tutt'il resto...

Cecco                  - Piano, piano! La sua interpretazione è un po' semplicistica. Qui si liquida perché il giornale di Carlo è andato male, ci sono dei debiti, e Anna è costretta a vendere l'apparta­mento per pagarli.

Carboni                - Bene, la metta pure così! Apprezzo una volta di più la delicatezza di Anna! Non ha voluto rivolgersi a me per pagare i debiti del suo amico. Fatto sta che con la vendita di questo appartamento e come se liquidasse tutto il suo passato. Da domani, vita nuova con me. La porto in macchina a Rocca di Papa. Starà lassù qualche settimana finche il villino non sarà in ordine. Si rende conto, adesso, della figura ri­dicola che lei ci fa qui dentro?

Cecco                  - Sarà!... Del resto io ci sono avvezzo, a fare delle figure ridicole con le donne.

Carboni                - (con un vigoroso colpo di mano sulla spal­la di Cecco) Povero il mio Prezzemolo! Le da­rò il colpo di grazia, via! Avrà visto che in an­ticamera ci sono casse e bauli. Una parte di quella roba è di Anna. Resta in custodia ai por­tinai, deve essere ritirata fra un paio di giorni con un suo biglietto. Bene, il biglietto di Anna e già qui! (5/ batte una mano aperta sul porta­fogli) Servito, signor Borghetti? Ci crede, ades­so?... Sì o no?

Cecco                  - No!

Carboni                - (con rabbia) Peggio per lei! Ma mi fa dispetto! Testardo, zuccone fino all'ultimo!...

Cecco                  - (serafico) Sono nato così!...

Rosa                    - (d. d.) Permesso!...

Carboni                - Avanti!

Rosa                    - (fa capolino dalla comune) Ci sono di là i signori Biancardi che vorrebbero salutare il si­gnor Borghetti.

Cecco                  - (a/l'udire il nome dei Biancardi ha alzato gli occhi al cielo e ha fatto un gesto disperato).

Carboni                - (trionfante) Avanti, avanti! (S'avvia ver­so la comune dofe s'incontra coi Biancardi. Li saluta con la mano. A Cecco, ironico) Dica a Anna che ero passato a salutarla e che tornerò domattina, come d'accordo. (Ai Biancardi) Buo­na sera a loro. E tanti auguri, eh, signor Bor­ghetti!

Cecco                  - (con intenzione) Anche a lei! Proprio di cuore!....

(Via Carboni. I coniugi Biancardi afanzano in scena, seguiti dalla figlia Elsa. La signora Ada ha un'aria dignitosa e risoluta; il rag. Biancardi ha più che mai l'aria del naufrago, e sogguarda di tanto in tanto timidamente ferso la moglie. Elsa si dà un'aria un po' teatrale di afflizione e di pentimento).

Ada                     - (molto sostenuta, a Borghetti) Buona sera.

Biancardi             - (affabile) Buona sera, signor Borghetti! (La signora Ada dà un'occhiata fulminante al marito).

Cecco                  - Buoni sera! (Volgendosi a Elsa) Signo­rina!

Elsa                      - (con un sospiro abbassa gli occhi, china il ca­po con aria triste).

Ada                     - Signor Borghetti, qui c'è mio marito che ha bisogno di parlarle molto seriamente. (Con­troscena di Cecco) Lei sa quanta simpatia e quanta stima abbiamo sempre avuto per lei. Ci siamo fidati a occhi chiusi. Avevamo un solo tesoro nella vita, la nostra creatura, e gliela ab­biamo affidata col cuore tranquillo. (Al marito, che non ha nessuna intenzione d'intervenire e che fa l'atto dì sedere tranquillo) No, Antonio, non scattare!... Antonio voleva venire ieri all'alber­go da lei, solo; era così indignato che non so che cosa sarebbe successo! Quest'uomo che è un fiammifero!... Che diventa un leone quando si tratta della sua bambina!...

Biancardi             - (flebile e cauto) No, no, no!... Io ave­vo semplicemente l'intenzione di chiedere al si­gnor Borghetti se è vero...

Ada                     - No, Antonio, non eccitarti! (Con forza, per far capire l'antifona al marito imbelle) È meglio che parli io! (Gesto rassegnato di Biancardi) Mio marito, signor Borghetti, vuol chiederle ragione del suo modo di agire. Lei ha sorpreso la nostra buona fede!...

Cecco                  - Io?...

Ada                     - Sì, sì, lei!... Non finga, non tenti di sot­trarsi alle sue responsabilità! Sia uomo!...

Biancardi             - (alla moglie, cortesissimo, calmissimo) Scusa, Ada! Prima di tutto bisognerebbe...

Ada                     - Antonio, non scaldarti! Te l'ho tanto rac­comandato!... Tu perdi la misura e dici troppo!...

Cecco                  - (tagliando corto) Capisco, signora. Lei vuol alludere alla nostra gita a Tivoli, l'altra sera, non è vero? Ma non è colpa mia se...

Ada                     - Lasci andare, lasci andare! Propria colpa sua, invece! Lei e un sedutlorc raffinato! Quan­do ha capito dì piacere molto alla nostra Elsa Ha messo in opera tutte le sue arti!

Cecco                  - (modesto) Ma andiamo! Quali arti, si­gnora ...

Ada                     - (continuando il suo discorso) ...E ha propo­rlo come se niente tosse lu sua gita a inoli!...

Cecco                  - Veramente, signora, scusi, l'ha proposta ici!... lira presente anche il ragioniere!... (Con­troscena imbarazzato di Antonio).

Biancardi             - (come se volesse dire: Lh, si, quello che è giusto e giusto.) Infatti!

Ada                     - (seccata e cattedratica) Si era parlato di an­dare a prendere il te a Tivoli, non cambiamo le cane in tavola! Siete partiti alle quattro del po­meriggio e siete tornati a casa... (Con grinta mi­nacciosa) ...Di tu, Elsa!...

Elsa                      - (con voce contrita) Alle nove...

Ada                     - ...della mattina dopo!... tutta la notte fuori di casa!... (con una voce in cui pare tre­mi del pianto) Che cosa è successo?... Avanti, che cosa è successo!

Cecco                  - Ma, signora, giicl'avrà pur raccontato sua figlia che cosa è successo! Signorina Elsa, lei avrà detto alla mamma...

Elsa                      - (come se ripetesse una lezione imparata a me­moria) Ma si! Che quando abbiamo hnito di prendere il tè è scoppiato un tremendo tempo­rale; io avevo paura dei fulmini, per la strada, e abbiamo deciso di restare a pranzo a Tivoli. Uopo pranzo, Cecco... (brusca interruzione ben studiata e sorriso ironico e significativo della madre) ....il signor liorghetti... si e sentito male.

Cecco                  - (sincero) Molto male! Avevo mangiato del­l'aragosta... (Altro sorrisetto sarcastico della si­gnora Ada).

Ada                     - (con voce piena di significato, con un'occhiata d'intesa al marito) Dell'aragosta!... Non so se mi spiego!

Cecco                  - (candido) Sì, dell'aragosta! Si vede che non era fresca, e mi sono venuti dei dolori spa­ventosi !...

Elsa                      - (c. s., con un tono insincero, di consumata scaltrezza) ... Sì... Eia dovuto subito mettersi a letto con una bottiglia d'acqua calda sullo stomaco... (Tutto quello che dice è la pura ve­rità; ma lo dice in modo da dare alle sue pa­role l'apparenza della menzogna. Sono evidenti gl'in se guarnente materni)... Gli abbiamo fatto la camomilla, e dopo sono andata a letto anch'io...

Cecco                  - (precipitosamente) Nella sua stanza!...

Ada                     - (ticchettando con le unghie sul tavolo, a Borghetti) E lei non ha pensato a telefonare alia famiglia che stava in pena?... Eh, qui sotto gatta ci cova !...

Cecco                  - Signora!... Morivo dai dolori!... Mi pa­reva di avere l'aragosta intera, viva, con tutte quelle zampe, che mi camminava nello stoma­co!... Come facevo a telefonarle?! L'ho detto alla signorina, però! (Controscena di Biancardi che tirandosi un po' indietro, per non farsi ve­dere dalla moglie, segnala a Borchetti la sua approvazione cordiale con un gesto che significa: Se è così, tutto è a posto, allora!)

Elsa                      - (e. s.) Io... ho provato ma... si vede che il temporale...

Ada                     - (sarcastica) Già!... Aveva guastato le lince!.. Tutto studiato, eh, tutto combinato!... Ma bra­vi!... Lui t'ha insegnato la lezione e tu la ri­peti! (A Cecco) Bella prodezza, signor Borghetti, approfittarsi di una ragazza giovane e inesperta come la mia bambina!... Bella pro­dezza !...

Cecco                  - (protestando) Ma signora...

Ada                     - (imperiosa) Ma mi lasci dire! Sono una ma­dre ferita!... (Riprendendo il suo tono ironico) E in tutto il giorno dopo non ha sentito il bi­sogno di venire a casa nostra a giustificarsil...

Cecco                  - Signora, il solo bisogno che sentivo era di tenere un termoforo sul ventre, creda.

Ada                     - Be', tagliamo corto! (Si volge appena verso il marito) Antonio, parla tu. Ma controlla i tuoi nervi, ti prego, perché lo so come sei. Ti tieni, Lì tieni, e poi scoppi!

Biancardi             - (dopo una pausa, cercando le parole più cortesi e deferenti possibili) Ecco, signor Borghetti. Noi... noi siamo molto, creda, molto lusingati della simpatia, della preferenza che, a quanto mi dicono, lei ha dimostrato per nostra liglia. E... e considereremmo un grande onore e una vera fortuna per la nostra famiglia se i suoi sentimenti verso Elsa potessero concretarsi, dicia­mo così, condurre a una unione che... (Non vista dai tre Biancardi che voltano le spal­le alla comune, ma soltanto da Cecco, appare Anna che sente le ultime parole di Biancardi e la susseguente battuta della signora Ada). Ada - (tagliando la parola al marito, come una can­nonata) ila sentito? Mio marito le dice: egre­gio signore, se lei è un gentiluomo deve sen­tirsi in obbligo di sposare la ragazza che ha com­promesso!

Anna                    - (come buttandosi al salvataggio di Borchet­ti) Cecco! (Stupefazione dei tre Biancardi che si voltano di scatto).

Biancardi             - Oh, signora Anna! (Madre e figlia, in­vece, sono ammutolite e visibilmente contraria­te da quell'apparizione).

Cecco                  - Senta, signora, lo le assicuro che non ho proprio compromesso nessuno. Ad ogni modo ho una confessione da farle. Mi pesa, ma biso­gna che mi decìda : io non sono sposato, ma in realtà è come se lo fossi. Sa come succede in provincia! Si è giovani, il sangue bolle, si commettono delle imprudenze... e si resta legati per tutta la vita! lo, a Urbino, ho una donna: la padrona di una tabaccheria... Ci sono due figli!... Lei capirà!...

Biancardi             - (che vorrebbe svignarsela) Quand'c co­sì, Ada... Se ci sono di mezzo dei figli...

Cecco                  - Due!

Biancardi             - Due!...

Cecco                  - (rincarando la dose) Poi è una donna ven­dicativa... Gelosissima di me...

Elsa                      - (rude, sbrigativa, scattando) Sicuro!... E mi butterebbe il vetriolo in faccia!... Ma andiamo! Ma lei crede che io beva queste storie? Non sono mica nata ieri, sa?...

Ada                     - (trasecolando) Elsa, Elsa!... Ma cosa ti prende?...

Elsa                      - Ma sì, basta, mamma! Sono stufa! Cosa vuoi, che sia lui a rifiutarmi? Quel coso lì? Sono io che lo mando all'infcrnol (A Borghetti) Ma cosa crede, lei? Che davvero io abbia perso l'appetito e il sonno? Ma a me son sempre pia­ciuti i bei ragazzi, sa! (Voltandosi alla madre) A Tivoli non è successo proprio niente, e lo sai benissimo. (Esasperata) E cosa vuoi che succe­desse con quello lì!... Proprio il marito che ci sarebbe voluto per me! Col mal di pancia e la bottiglia di acqua calda sullo stomaco! Guarda, questa e l'ultima volta che seguo i tuoi consigli! Papà, diglielo anche tu alla mamma che mi lasci in pace. (Esplodendo) Sono stufa, stufa, stufa!... Biancardi - (trascinato dall'esempio della figlia, s'ac­cende; raduna tutte le sue forze per reagire, e gesticolando per darsi forza) Anch'io, anch'io, anch'io!... Stufo da non poterne più!... (Cam­mina impetuoso verso la moglie) E tu Ada... Questa volta... Bisogna che ti dica... (La moglie, pugni sui fianchi, lo trafigge con un'occhiata. Tutto lo slancio del ragioniere si fiacca; egli si volta impaurito alla figlia, a capo chino) Andiamo, Elsa, vieni via con me... (e s'aggrappa alla fi­glia, come per essere protetto. Escono dalla co­mune).

Ada                     - (a Anna) Ha sentito? Finisce sempre così, lo sono una vittima. È un tiranno quell'uomo!... (Muove qualche passo verso la comune, a testa china, ma d'improvviso rialza il capo, batta­gliera, e agitando la destra minacciosamente) Ah, ma adesso mi sentirà!... Lo metto a posto io, quel galletto! (Volge appena il capo verso Anna) Buona seri! (È vicina alla soglia; sì volge a squadrare ostentatamente da capo a piedi, con uno sguardo carico di sovrano disprezzo, il po­vero Borchetti e fa una smorfia di disgusto, come se volesse sputare per terra. Sono restati soli Anna e Cecco).

Cecco                  - (allargando le braccia) E io che avevo re­citato la parte del conquistatore per ingelosirti... Che figura ci ho fatto! Proprio davanti a te!...

 Anna                   - Sta zitto, che quando sono entrata e ho capito di che si trattava mi sono venuti i bri­vidi!... Con tutte le preoccupazioni che ho già per la testa !....

Cecco                  - Oh, io m'aspettavo la scena! Avevo già preparato la storiella della tabaccaia.

Anna                    - Però l'Elsa ti piaceva, va là! Da un po' di tempo ti vesti come un giovanotto. Ti sei perfino tagliata la barba!

Cecco                  - Ma cosa credi?... (È un po' impacciato come sempre quando parla dei suoi sentimenti per Anna) Mica per lei, vch!...

Anna                    - (guardandolo con bontà) Oh, che ragazzo anche tu!...

Cecco                  - (dopo una pausa) Anna... poco fa c'era qui Carboni. Sai cosa m'ha detto? Che vai con lui. Che ti porta domani a Rocca di Papa... (Anna lo guarda in silenzio; Cecco prosegue) È vero?...

Anna                    - (si siede con una mossa stanca) Vero.

Cecco                  - E Carlo?

Anna                    - Sempre via. Sono quattro giorni che non ho notizie.

Cecco                  - Forse questo vuol dire che spera ancora di avere i danari dai suoi parenti.

Anna                    - Noo!... Vuol dire che non torna più! O che aspetta che io sia partita per poter tornare, che e poi la stessa cosa. Una maniera qualunque per liberarsi di me...

Cecco                  - E tu?

Anna                    - Io che cosa?... Vendo l'appartamento. Qui tutto e stato comprato con danaro suo. Gli pago il debito fino all'ultimo centesimo e vado per la mia strada. (Prevenendo un gesto, una parola di Cecco, con dolorosa irritazione) Cecco, non mi fare delle paternali! Tu sapessi in che stato so­no i mici nervil La cosa è decisa, ormai. Dove­vo finire così.

Cecco                  - E tu va con Carboni! Domani sera ti troverai in un albergo con lui... avrete due camere comunicanti, e siccome lui paga, avrà il diritto di entrare nella tua stanza... (La scruta un attimo) Vedi?... Vedi che diventi pallida soltanto a pensarci?...

Anna                    - Insomma, Cecco, io non torno indietro. Ti conosco! Tu fai tanti discorsi, vuoi farmi ca­pire che chinando la testa, umiliandomi, potrei tornare dagli zìi e rifarmi una rispettabilità. No, caro! E’ inutile. Fra le due strade preferisco an­cora quella di Carboni.

Cecco                  - Sì, sì, ti leghi una pietra al collo per essere sicura di annegare, insomma! Perché è chiaro che il giorno che sarai diventata la... (esita).

Anna                    - Una mantenuta! Avanti, su! Vedi che non ho paura delle parole, io!

Cecco                  - Ma falla finita, che sei una gran brava figliola!... E ti vien male soltanto a pensare a Carboni in camicia da notte! Lo fai per rabbia! Contro Carlo, contro me, contro tutti! Carbo­ni!... Metterti nelle mani di un individuo si­mile. Due dita di pelo sullo stomaco...

Anna                    - Mi ha sempre trattato con delicatezza!

Cecco                  - Sì!... Povera illusa che sci! Perche non s'è ancora levato il capriccio! Ma aspetta di ve­dere la sua vera faccia, e poi... poi me lo saprai dire! Mi sono informato bene sul conto suo... Un farabutto, ti dico!

Anna                    - Di' quello che vuoi! Tanto quel che ho deciso ho deciso!

Cecco                  - (viperino) Ah, sì, eh?... Stupida, sci una stupida! Vuoi sapere dove andranno a finire le ventimila lire che pagherai per le cambiali di Carlo? Nelle tasche di Carboni. Prezzemolo a Urbino e Prezzemolo anche a Roma!... (Trion­fante) E mi sono cacciato nella minestra di Car­boni! Un minestrone di quelli!... Ma lasciamo andare tutto il resto; te ne dico una sola: è "ni che ha dato lo sgambetto a Carlo!

Anna                    - Cosa?...

Cecco                  - Proprio così! Te lo spiego subito: attra­verso Fiorini, Carlo trova ventimila lire. Il ti­zio che presta la somma esige delle cambiali a due mesi, ma assicura che alla scadenza non" avrà nessuna difficoltà a rinnovarle. Capirai, ci pren­deva il io%1 II giornale va discretamente, ma si capisce che occorrerà ancora un po' di tempo prima che renda. A otto giorni dalla scadenza il finanziatore avverte Carlo che ha passato le cambiali a un legale e che intende di essere sen­z'altro pagato... Carlo t'avrà pur raccontato la cosa

Anna                    - (molto interessata) Sì, e ho trovato molto strano anch'io tutto questo.

Cecco                  - Te lo spiego io. Sai dove sono finite le cambiali? Sai chi le ha? Carboni! Proprio Car­boni, che le ha rilevate a prezzo d'affezione e le ha passate pari pari all'avvocato per stroz­zare Carlo, per strappargli di mano la sua ultima carta, il giornale.

Anna                    - Carboni?... Fino a questo punto?

Cecco                  - Sì. Vedi? E questo è lo stile di Carboni. Il giorno che fosse stanco di te, ti tratterebbe così.

Anna                    - (pensosa) Eppure per me non c'è altra so­luzione!

Cecco                  - Ce n'è una magnifica, guarda: Carlo, Carboni, io: non vai con nessuno. Prima levi i piedi da questo pasticcio, poi deciderai con cal­ma che cosa vuoi fare, lo ho una villetta a Pesaro, sul Monte San Bartolo, vicino all'Impe­riale. Uno dei più bei posti del mondo. Tutto il mare davanti. Magnifico! Te ne stai lì tran­quilla fino a settembre. Posto deserto. Nessuno ti vede. Un paradiso, vedrai. Io non ti scrivo nemmeno, guarda. Ci rivediamo in autunno e ne riparleremo. Non credere con questo che tu assuma un impegno verso di me... Chi sono io?... Cecco!... Figurati!... So benissimo che non ti piaccio! Poi, non piaccio a nessuno! Però ti capisco; e qualche volta una donna s'attacca pian piano a un uomo a forza di sentirsi capita da lui...

Anna                    - (lo guarda teneramente, commossa da quella fedeltà delicata e inesauribile) Ma Cecco, quan­do perderai la fiducia in me?...

Cecco                  - (con un gesto risoluto!) Mai! (Una lunga pausa).

Anna                    - (lasciandosi andare come stremata) Dio, come sono stanca! Poter non pensare più a nien­te! A niente!...

Cecco                  - (incoraggiato, sentendo che Anna cede) Quello che dico io! Che bisogno hai di pensa­re!?... Alle nove e mezzo c'è un treno per An­cona. Vado all'albergo, faccio le valigie e quan­do sono pronto ti telefono, così ti fai trovare giù con la tua roba. Vedi? Fatto tutto il pro­gramma. Quanto al pagamento delle cambiali...

Anna                    - No, in questo tu non c'entri. Aspetto una persona che sicuramente rileverà l'appartamento. E tutto sarà sistemato.

Cecco                  - Come vuoi. Allora siamo intesi! Ti telefono alle otto! Cinque minuti dopo sono qui sotto. Guarda, hai già cambiato faccia, sì, sì. Ti senti il cuore più leggero adesso, eh?... Ciao, scappo. Alle otto! (Appena uscito Borghetti, Anna, rapidamente, va nella sua camera da let­to. Entra dalla comune la portinaia, seguita dal­la signora Elena Brcni).

Rosa                    - Signora !

Anna                    - (d. d.) Sono qui. Cosa c'è?

Rosa                    - C'è la signora Bruni. (Un attimo dopo appare Anna).

Elena                   - Buona sera! (Via la portinaia).

Anna                    - (con fredda cortesia) Buona sera. La rin­grazio di essere venuta subito. Io devo partire stasera e ho molta fretta.

Elena                   - Oh, credo che c'intenderemo facilmcntel Non ho nemmeno bisogno di visitare l'appar­tamento! Lei lascia tutta la mobilia, vero?

Anna                    - Tutto! La casa così come sta.

Elena                   - Benissimo. E il prezzo?

Anna                    - Vcnticinqucmila, purché il pagamento Sia fatto subito. A noi, in realtà, è costato molto di più. Posso farle vedere le fatture, se credei...

Elena                   - No, no, no, non ce n'è nessun bisogno! Piuttosto, se non sono indiscreta... Lei è d'ac­cordo col signor Carlo per questa vendita?

Anna                    - (ferita, ma con dignità venata di malinconia) Senza dubbio! Anzi, vendo appunto per pagarti un suo debito. Devo portare questa sera i enari all'avvocato. Domattina scadono le cam­biali...

 ELENA              - (con intonazione leggera e svagata) Forse non e un gran male per il signor Carlo che tutte queste sue iniziative siano finite in niente. Il film, il giornale, piccole cose!... Ha del ta­lento per fare molto di più quel ragazzo! Sono convinta che il signor Carlo..

Anna                    - Dica pure « Carlo » liberamente...

Elena                   - ... potrebbe arrivare molto in alto. Ceri) ha bisogno di aver vicino qualcuno che lo aiuti.

Anna                    - (sempre con finezza signorile) Quello che pensavo anch'io, signora. Per questo ho deciso di andarmene e di restituirgli la sua libertà.

Elena                   - È ancora fuori di Roma?

Anna                    - Credo. Ma non ho sue notizie da qualche giorno. Forse lei ne sa più di me.

Elena                   - (col tono di chi vuol evitare di rispondere) No... veramente, no. Allora abbiamo detto 25 mila lire, vero? Le posso rilasciare un assegno. (Apre la borsetta e ne toglie una penna stilogra­fica e il libretto degli assegni. Si siede alla ta­vola di Carlo e scrive) A chi devo intestare l'as­segno?

Anna                    - (dopo un momento di riflessione) Avvocato Ultore Boni; sarà meglio. II debito è di ventimi­la, credo che lei lo sappia. Ci sarà una rima­nenza di cinquemila lire che l'avvocato rimetterà a Carlo direttamente. (Elena scrive).

Elena                   - (dandole l'assegno) Ecco!

Anna                    - Grazie. Le scrivo due righe di ricevuta. (Prende la penna stilografica che Elena ha de­posto sulla tavola) Permette?

Elena                   - Prego. (Anna prende un foglio e comincia a scrivere). Allora io posso disporre dell'appar­tamento sino da domani?

Anna                    - (dandole la ricevuta) Fino da questa sera, signora, se vuole.

Elena                   - (congedandosi) Cara signora, non ci re­sta altro da dire. Io le faccio tanti auguri e spero che ci rivedremo...

Anna                    - Lo spero anch'io! Buona sera!

(Anna è sola. Si avvicina alla tavola, raccoglie l'assegno, lo osserva un istante, poi si guarda intorno lasciando un poco vagare gli occhi sugli oggetti che le ricordano quei due anni di felicità e di tormento; torna a guardare l'assegno e si strappa dai suoi pensieri con una spallucciata. Con rapidità febbrile chiude la valigia, si siede al tavolo e si mette a scrivere. È la lettera di congedo a Carlo. Il chiarore del crepuscolo che illumina la stanza si fa man mano più fioco. Anna scrive, si arresta, si passa la mano sugli occhi, riprende a scrivere. D'improvviso alla co­mune appare Carlo seguito da Elena. Anna alza gli occhi: i loro sguardi s'incontrano. Car­lo è pallido, disfatto, mal rasato. Ha l'aria di un uomo che non dorme da due 0 tre notti. Ha in mano una borsa di cuoio e il cappello; butta l'uria e l'altro su una poltrona lì accanto. Elena ha un'aria inquieta, allarmata).

Carlo                    - (a Anna) Dov'è l'assegno?

Elena                   - Tengo a dire che è stata la signora che mi ha mandato a chiamare.

Anna                    - Infatti. Proprio io. Perché?...

Carlo                    - Non importa. Dammi l'assegno. (Anna lo prende di sul tavolo e glielo dà. Carlo lo pren­de e lo porge a Elena) Vuole restituirmi la ri­cevuta?

Elena                   - (apre la borsetta, fruga dentro, toglie la ri­cevuta di Anna) Certo!... Ma non capisco, non vedo perché...

Carlo                    - Perché non posso accettare nessun favore da lei.

Elena                   - Non si tratta di un favore. Era un affare come un altro...

Carlo                    - No, non come un altro. E lei lo sa benis­simo. È stata un'umiliazione per Anna ricorrere a lei.

Anna                    - Carlo...

Carlo                    - (sempre senza asprezza) Taci. L'apparta­mento è mio e ne faccio quel che voglio. (In­tanto ha stracciato la ricevuta). (Con un piccolo inchino, indicandole la porta) L'accompagno. (Avvilita, Elena esce seguita da Carlo che rien­tra quasi subito).

Anna                    - Hai trovato le ventimila lire a Urbino?

Carlo                    - Niente. Non ho concluso niente. Tutti d'accordo. Genitori, parenti, amici. Pareva una  parola d'ordine! Ti sei buttato in acqua? Affo­ga. Ventimila lire, sii M'avrebbero impiccato piuttosto che tirar fuori quattro soldi, h dopo tutto hanno ragione. Un imbecille come me deve restare senza nemmeno la camicia!... (Pau­sa) Non me ne importa niente. Faccia quel che vuole, l'avvocato, con le sue cambiali! C'è l'ap­partamento: vengano a sequestrarlo! (Ancora una pausa; cambiando tono) E tu che stai tacendo? Cosa scrivi?...

Anna                    - Scrivevo a te. (Si alza e porgendogli il foglietto) Leggi.

Carlo                    - (legge, poi) Ah, non hai perduto tempo! Anche tu come gli aitri. Appena hai visto che ciò a terra hai preso le tue decisioni. (Ironico) Ti deve seccare moito che sia tornato stasera; se avessi tardato un po' non avrei trovato che questo pezzo di carta.

Anna                    - (freada) Mi hai lasciata quattro giorni sen­za notizie, sapevo che la scadenza era domatti­na, non c'era altra soluzione che vendere l'ap­partamento entro oggi. Poi, credevo che tu non tornassi più...

Carlo                    - l>.cché te ne vai... Caschi in piedi! L'a­vevi sottomano, il successore: pronto, generoso, innamorato...

Anna                    - Ormai è inutile discutere, Carlo. Tu vai per la tua strada, io vado per la mia... (Afferra la valigetta che è sul tavolo e fa l'atto d'incam­minarsi) Addio!... Buona fortuna!

Carlo                    - Però, Dada, che questo conto con Carboni io voglio regolare! Sei avvertita! Addio!

Anna                    - (aepone la valigetta su una sedia) Senti, Carlo: finiamola con le scene! Basta con le pa­role! Tu sai bene che a questo si doveva arrivare. Il tuo torto è stato di montarti troppo la testa. Sei un ragazzo di provincia come tanti altri, e dovevi restare in provincia. Saresti diventato un buon professionista: la tua clientela, il tuo tran tran... Invece sci uscito dalle rotaie. Ti vedo a cinquantanni, coi capelli grigi, sventato e leg­gero come adesso, e ancora le tue illusioni, le tue grandi frasi: io farò, io dirò... Ah, no, caro mio! Ne ho avuto abbastanza! Metto la testa a posto.

Carlo                    - (fra sconforto e ironia) Anche tu! Le stes­se parole che mi son sentito dire a casa! (Pausa) Hai ragione. Dovevo rimanere in provincia. Me­no pretese e nessuna ambizione. Mangiar bene, dormire molto... Vedi, in questi quattro giorni non ho fatto che litigare coi miei; li ho odiati, detestati... E sai perché? Perché in fondo sen­tivo che ero della loro razza, mediocre come lo­ro, e non volevo riconoscerlo, non volevo con­fessarlo a me stesso. Eppure preferisco rompermi la testa. Meglio spostato con tutte le mie spe­ranze, che sistemato bene ma finito lì. Però, tu hai ragione di andartene; non ho il diritto di sa­crificare ancora la tua vita!... (Pausa; senza guardarla, malinconicamente) Resti a Roma, vero?...

Anna                    - No, parto stasera. Adesso!...

Carlo                    - E dove vai?

Anna                    - A Pesaro. Borghetti mi ha offerto per l'e­state la sua villa sul monte San Bartolo...

Carlo                    - Borghetti? E tu lo sposi?...

Anna                    - Non subito... Mi lascerà sola fino all'au­tunno. Vuol darmi tempo di riflettere. Ma tu capisci che accettare la sua ospitalità è già una mezza promessa...

Carlo                    - Ah!... Avrai una vita in ordine... Senza preoccupazioni... (Pausa; la luce è andata via via scemando; non ci si vede quasi più) A che ora parti?...

Anna                    - Tra poco. Aspetto una sua telefonata...

Carlo                    - Allora è meglio che io me ne vada subito. (Punta i gomiti sulle ginocchia e si chiude la fac­cia fra le mani) Solo un momento... è incre­dibile che si possa arrivare a questo punto di stanchezza. Questi quattro giorni mi hanno pro­prio ammazzato!...

Anna                    - Hai denari per l'albergo?

Carlo                    - (si stringe nelle spalle, con noncuranza) Sì... qualche cosa! Anna            - (timidamente) Ci sarebbero i mici due anelli... il braccialetto... Potresti venderli... Io non ho più bisogno di nulla, ormai.

Carlo                    - No, grazie Anna!... È la sola cosa che ti resta di noi... Di questi due anni... Vorrei che tu li tenessi... sempre!...

Anna                    - (accennando al tavolo dov'era l'assegno) Se tu avessi avuto un po' di giudizio non avre­sti restituito quell'assegno ad Elena. Pagato il debito ti sarebbero restate cinquemila lire!

Carlo                    - Ma io non ho giudizio, lo sai. Fallito per fallito, ho voluto levarmi almeno questa sod­disfazione.

Anna                    - E tu?

Carlo                    - Io?... Oh, per me!... Finché c'eri tu, finché eravamo insieme, si lottava, c'era uno sco­po. Ma da nolo, cosa importa. (Dalla finestra en­tra ora il riverbero della luce di una lampada ac­cesa nella strada. Carlo che ha preso il cappello dalla poltrona su cui l'aveva gettato, resta un at­timo in silenzio, poi lucendosi forza) Valgo poco, è vero, ma tu mi ha giudicato peggiore di quello che sono. Cinico, egoista, no!... Fra me e Elcna non c'è mai stato niente, te lo giuro. L'no scia­gurato, un pazzo! Se sapessi come l'ho sentito in questi giorni! L'altra sera sono passato tre o quattro volte davanti a casa tua. Ho ripensato a tante cose! Ma ti ricordi cosa ho fatto quella notte?... La paura che tu non venissi mi aveva fatto impazzire. Ho scavalcato il cancello, mi sono arrampicato sul tiglio vicino alla tua fine­stra, ho battuto alle persiane, a rischio di sve­gliare qualcuno. Matto, proprio matto!... Quan­do sei scesa ti ho presa per un braccio e ti ho trascinata di corsa per il viale. Ero ubriaco, non ragiovano più. Sono sempre stato così!... Una fiammata!... Se non ti avessi travolta con la mia maledetta furia non saresti venuta con me, quel­la notte! Ti ho proprio rovinata io!... Meno male che tu ti salvi!...

Anna                    - Sei giovane anche tu. Troverai la tua strada...

Carlo                    - Ma quale strada se non so far niente! Non mi faccio più illusioni, sail Non ho crite­rio; non ho carattere; tutto gonfio di superbia e bastai Adesso, capisco tante cose. Altro che « inventiamo l'amore! » Altro che « nuova ma­niera di amare! » Non ce n'è che una: quella vecchia, quella buona, eterna! Anche questo l'ho capito troppo tardi! (Breve pausa; intensamente) Se potessi tornare indietro!...

Anna                    - (commossa) Su, non fare il bambino! Ho tanto bisogno di forza io, e devo far coraggio anche a te!... (Si avvicina a Carlo che s'è la­sciato cadere ancora nella poltrona. Gli si siede accanto sul bracciolo e gli parla con indulgente tenerezza) Non devi abbatterti così! Se tante cose ti sono andate male è perché mancavi d'espe­rienza... Ti sci fidato troppo, ecco... Vedrai che...

Carlo                    - Ma se me l'hai detto anche tu, che sono un buono a nulla!

Anna                    - Intanto non esagerare sulle tue responsa­bilità. Sarci venuta con te anche se tu non avessi battuto alla mia finestra! Ti aspettavo da un'ora, già tutta vestita, con la valigia sulle ginocchia!... Quella lì, vedi?... (Punta l'indice verso la vali­getta chiusa che è sulla sedia) Ma guarda come sci spettinato!... La cravatta storta!... (Gli ac­comoda con un tocco delle dita il nodo della cravatta: gli mette la mano nei capelli, glieli rav­via e intanto continua a parlare) Tu sai che io non sono, che io non sarò mai innamorata di Borghctti! Né di lui, né di nessuno. Ho ama­to una volta sola e ti ricorderò sempre, sempre!..

Carlo                    - (senza guardarla, afferrandole la mano che sta pettinando/o, con voce profondamente com­mossa) Anna!... Se io ti...

Anna                    - (che ha capito la proposta che Carlo vuol farle, lo interrompe bruscamente premendogli una mano sulla bocca, e sbigottita) Zitto!... Non dire niente!...

Carlo                    - (liberando a forza la bocca dalla mano di Anna, riesce a completare la sua frase) ...ti sposo... perche ti amo, perché sci tutto per me...

Anna                    - Per carità, Carlo! Cosa mi fai fare an­cora!... (È settata dalla poltrona, ha buttato il pettine sul tavolo e si e messa le mani nei ca­pelli) Guarda : lasciami andare. Lasciamoci su­bito, dà retta a me, se no facciamo un'altra grossa sciocchezzai... Oh, Dio... Carlo!...

Carlo                    - (con uno scatto appassionato le è vicino, le cinge le spalle) Anna, ti voglio tanto bene... Ora saprò farti felice!... Scappiamo!

Anna                    - (ha uno scoppio di riso nervoso e sensuale) Scappiamo? Un'altra volta?... Lo vedi che sei matto!...

Carlo                    - Ma sì, Anna! Scappiamo! Come allora!... Ma stavolta tutto sarà diverso! Oggi so quello che bisogna fare per una donna che si ama. Torneremo a Urbino a testa alta... Il brutto è passato, Anna... Sai com'è, in provincia; finché siamo degli irregolari, dei ribelli, tutti contro di noi; appena sarai mia moglie e io mi metterò a lavorare sul serio, tutti ci aiuteranno!...

Anna                    - Ho paura, ho paura, Carlo!... Se faccio anche questa...

Carlo                    - ...non potrai più tornare indietro, è ben questo che voglio! Mia, per tutta la vita!... Ve­ro che lo vuoi anche tu, vero che sei felice?»..

Anna                    - (si sottrae bruscamente al suo abbraccio e atla sua furia appassionata; si concentra un attimo col volto fra le mani. Disperatamente) Oh, Dio, ma non guarirò mai da questa malattia di vo­lerti bene?... (Ha ancora un attimo d'indecisio­ne, poi di scatto si avvicina alla valigetta, l'a­pre, vi rovista febbrilmente e ne trae i due fan­tocci: una bambola di stoffa, coi capelli biondi, e un pupazzo bruno in giacchetta nera. Nel frat­tempo ha continuato a parlare) Ti lasciavo... ve­di... mi separavo da te, per sempre, eppure guarda cosa portavo con me!... (Mostra i due fantocci),

Carlo                    - (con uno slancio verso di lei) Anna!

Anna                    - Ti ricordi?... Da bambina non avevo mai avuto un giocattolo. La tremenda severità di mia zia!... E quella notte tu mi hai fatto trovare l'automobile tutta piena di bambole, di trombette, di bestie feroci, di palloncini... Che risate, che felicità, ti ricordi?... Ma i più belli erano questi; tu sostenevi che ci assomigliavano e li abbiamo battezzati coi nostri nomi!...

Carlo                    - (afferrando il pupazzo bruno e osservandolo) Sì, mi assomiglia davvero! (Con amarezza) Guarda che faccia da imbecille! (Levandolo in alto, sarcastico) Carlo Morelli, direttore del gran­de giornale « Cinc-Omnia »! Idiota!...

Anna                    - Non dire così! Il giornale non sarebbe ca­duto senza il tranello di Carboni.

Carlo                    - Di Carboni?...

Anna                    - Sì, l'ho saputo da Cecco, poco fa. Ha rile­vato le cambiali da Mancai per rovinarti. Vedi, dunque, che la colpa è un po' anche mia...

Carlo                    - Che lazzarone! (Stringendo i pugni con rabbia) Roba da tirargli il collo!

Anna                    - Perché? Dovremmo fargli un monumento, anzi! Ci ha aiutato a trovare la nostra strada!

Carlo                    - (le fa cenno di tacere; tende l'orecchio. Al­larmato) S'è fermata qui sotto un'automobile. Che sia Borghetti ?...

Anna                    - No, no, mi deve telefonare prima. Verso le otto e un quarto...

Carlo                    - Ma allora mancano pochi minuti! Presto, presto, Anna!

Anna                    - (ha un'ultima esitazione) Carlo!... Ma cosa faccio?... Cosa faccio?...

Carlo                    - Scappi con mei Sei felice?... Dimmelo che sei felice! Andiamo!... Chiudi la valigia!... (Anna ha ancora in mano la bambola, Carlo il pupazzo).

Anna                    - (tendendo la mano per prendere il fantoccio) Dà qui! Li metto via!...

Carlo                    - Ah, no!... Questi restano! Li lasciamo in eredità a Carboni con tutto l'appartamento. Que­sti sono ì vecchi Carlo e Anna. Quelli dell'av­ventura, del peccato!... Restano qui... Non vo­gliamo più sentir parlare di loro!... Cara!... È la nostra nuova vita che comincia!... (Carlo gi­ra l'interruttore. Luce in scena. Afferra la vali­gia di Anna. Ognuno di loro depone il proprio pupazzo sul tavolo e per farlo star ritto, lo ap­poggia all'apparecchio telefonico. I due pupazzi restano lì, appoggiati l'uno all'altro, quasi abbracciati. Girandole teneramente un braccio in­torno alla spalla, Carlo conduce Anna verso la comune. Dalla soglia, prima di uscire, ognuno getta ai pupazzi un bacio appassionato, sulla pun­ta delle dita) Toh, Anna!... Addio!...

Anna                    - Toh, Carlo!...

(Il telefono comincia a squillare. È la telefonata di Borghetti).

Anna                    - Questo è Borghetti!

Carlo                    - Allora scappiamo! (Telefono).

Anna                    - Aspetta che spengo la luce!

Carlo                    - Ma no! Paga Carboni! (Via dalla comune rapidamente. Il campanello trilla trilla nella ca­sa vuota con rabbiosa insistenza. Pare il dispe­rato appello di Borghetti. La vibrazione del­l'apparecchio fa scivolare i pupazzi, che cadono per terra).

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