Io Tarzan, Tu Jane

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IO TARZAN, TU JANE

IO TARZAN, TU JANE.

Commedia musicale all’italiana

Testi di Enzo Ferrara

 Musiche e canzoni di Giuseppe Comis

Depositata alla SIAE

                                               Enzo Ferrara

Tel. 340 2304218

20025 Legnano (MI)

e-mail: enzo.ferrara1@alice.it

Giuseppe Comis

Tel. 331 1319905

95100 Catania

e-mail: giuseppecomis@alice.it


Personaggi:     Beatrice, la promessa sposa

                        Stefano, cameriere

                        Santini Laura, madre della sposa

                        Giovanni, il promesso sposo

                        Mario, titolare della ditta “Sposi fai da te”

                        Arturo, consulente cerimoniale.

                        Invitati ragazzi e ragazze

Ambiente: Un giardino nel quale si svolgerà il matrimonio con ricevimento della coppia: Beatrice e Giovanni. Atmosfera da vigilia di nozze. Beatrice parla al cellulare. Entra Stefano, trasandato e con una cassa che contiene qualcosa di pesante, si guarda attorno alla ricerca di un posto in cui sistemare il pesante fardello e quando crede di averlo individuato sente la voce di Beatrice che…

Musica in sottofondo “Io Tarzan, tu Jane” strumentale

Bea: NO! Quello no! (non è chiaro se lei stia rivolgendosi al telefono o a Stefano)

Ste: (cerca un altro posto; crede di averlo individuato e, dopo esserci arrivato, sta per posare la cassa, ma sente ancora…)

Bea: NO, NO, NO! ASSOLUTAMENTE NO!

Ste: (sempre con il fardello che diventa sempre più pesante, si mette alla ricerca di un posto diverso, lo individua e vi si avvia, ma imperiosa si leva la voce di Beatrice…)

Bea: IO LE PROBISCO, MI CAPISCE: IO LE PROIBISCO ASSOLUTAMENTE!

Ste: (al limite della stanchezza e dello sfinimento, si guarda attorno con scoramento e, alla fine, con un gesto di ribellione deposita il fardello davanti a Beatrice.)

Bea: (Sorpresa e indispettita, dopo aver chiuso il telefonino) Ma… ma come… ma le sembra il posto giusto in cui mettere queste cose?

Ste: Avanti, dimmi tu dove la devo mettere?

Bea: Ma non so… trovi lei il posto; è il suo lavoro.

Ste: Il lavoro è il mio, ma il posto è il tuo. Dimmelo tu dove devo sistemare questa cassa.

Bea: Ma scusi lei chi è?

Ste: E tu? Chi sei?

Bea: Io sono Santini Beatrice, la padrona di casa. E’ lei che deve dirmi chi è e da dove viene.

Ste: Io… io son venuto al punto de la rota / che l’orizzonte, quando il sol si corca, / ci partorisce il geminato cielo, / e la stella d’amor ci sta remota / per lo raggio lucente che la ‘nforca / si di traverso, che le si fa velo; eccetera, eccetera.

Bea: (sbigottita)

Ste: (Facendo un inchino) Dante Alighieri per la Beatrice.

Bea: (confusa)…ma…ma chi è lei? (lo guarda spaventata)

Ste: Vostro devoto servitore, diciamo facchino.

Bea: (ancora sorpresa  mentre va via)…Dante Alighieri che fa il facchino; a servire la torta chi ci sarà… Petrarca, Boccaccio…

(uscendo Beatrice incontra la madre che la vuole fermare, ma che lei con gesti decisi, rifiuta)

Lau: Ma Beatrice… (rivolgendosi a Stefano) io capisco che la vigilia delle nozze una ragazza può essere nervosa… ma lei esagera. Non va mica al patibolo?

Ste: La sua affermazione, signora, ha un sottotesto freudiano. Perché vede fra il patibolo, inteso come luogo in cui si consuma il crimine ammantato di legalità, e il matrimonio come strumento di tortura, la differenza è formale e non sostanziale.

Lau: Ma… ma lei? Chi è?

Ste:   Sono l’inserviente per il rinfresco. Dove la metto questa?

Lau: Ma la metta dove vuole. (va via nervosamente)

(Dalla parte opposta entra Arturo il consulente del ricevimento ha un palese atteggiamento gay.)

Art:   Laura! Laura! Dove sei tesoro? (chiede a Stefano)  Ha visto Laura?

Ste:   Ho visto una Beatrice, fa lo stesso, tanto siamo nel rinascimento.

Art:   Spiritoso! Cosa fa lei qui?

Ste: Cerco di sistemare questa cassa. Si accettano consigli.

Art.   Ma cosa vuole che mi interessi della cassa, la metta dove vuole!

(Esce dimenandosi)

Ste: (guardando la cassa e rivolgendosi a lei) Vedi, vedi come è cattiva la gente? Nessuno ti vuole, tutti ti rifiutano, come una appestata, come se tu avessi la lebbra,  mentre tu sei buona, io lo so, tu vuoi bene alle persone, sono loro che non ti amano, ma io… no. Io ti rispetto, ti voglio bene, ti riempirei di carezze, di baci… (nel frattempo apre la cassa, che si rivela una cassa di birra e ne apre una e la beve) loro non ti conoscono come ti conosco io, e non ti possono apprezzare per quello che sei, perché tu sei buona, fresca, dissetante…

(Entra Giovanni il futuro sposo)

Gio:   Scusi lei, ha visto Beatrice?

Ste:   (nascondendo la bottiglia) Beatrice? Non saprei…

Gio:   Non so più dove cercarla…

Ste:   Ha provato in paradiso?

Gio:   Già… in para… ma lei…

Ste:   Chi sono?

Gio:   Si:

Ste:   L’inserviente per il rinfresco. Lei non sa, per caso, dove io posso mettere questa cassa…

Gio:   Ma che mi frega a me della cassa… (va via)

(entra Mario, il titolare della ditta)

Mar: Stefano! Allora? Quanto ci vuole a scaricare la roba? E questa cassa? Cosa ci fa qui?

Ste:   Non saprei. Sai come sono le casse. Chiuse per carattere. Non sanno decidere.

Mar: Decido io. (solleva la cassa e la porta in un lato del palcoscenico)  E tu fai meno lo spiritoso e continua a prendere la roba dal furgone. Io intanto vado a parlare con i padroni di casa.

(escono insieme da lati opposti)

Entra Giovanni che introduce un gruppo di giovani che entrano in scena. Sono ragazzi e ragazze.

Entra anche Beatrice che viene attorniata dalle ragazze. Si formano due gruppi ai lati della scena.

(I ragazzi attorno a Giovanni)

1° ragazzo: (tono melodrammatico) Amico mio come è crudele il destino, dopo anni di allegria, ecco il momento della tristezza.

(I ragazzi lo spingono scherzando: “esagerato! Non gli dare retta! Ma vai via!)

(le ragazze attorno a Beatrice)

1° ragazza: (abbracciando Beatrice) Che bello, ti sposi, sono felice per te!

(le ragazze una alla volta la abbracciano complimentandosi)

(I ragazzi attorno a Giovanni)

2° ragazzo: Ragazzi ammettiamolo la festa di celibato che abbiamo fatto per dissuaderlo non è servita a niente!

3° ragazzo: Altro che festa, ci darebbe voluto un lavaggio del cervello.

Gio: Ma ragazzi voi lo sapete che non mi avreste convinto... anche se ammetto che avete fatto il possibile...

4° ragazzo: Ma si lo sappiamo che tu non vedevi l’ora di andare dalla tua Beatrice.

 (le ragazze attorno a Beatrice)

2° ragazza: Dai racconta, come ci si sente il giorno prima delle nozze...

3° ragazza: Come vuoi che ci si senta... devastate!

4° ragazza: Sempre la solita esagerata...

Bea: Ormai lo sappiamo che lei usa sempre iperbole... mi sento “ emozionata” o se preferite “stressata”

(I ragazzi attorno a Giovanni)

1° ragazzo: (cingendo le spalle di Giovanni)  Vedi caro amico mio prima che tu affronti questo passo è bene che tu sappia come fare a sopravvivere al matrimonio...

2° ragazzo: (affiancandosi ai due) In poche parole ti daremo i precetti del matrimonio...

3° ragazzo: ...considerali una specie di libretto di istruzione...

4° ragazzo: ...un manuale del perfetto marito.

(le ragazze attorno a Beatrice)

1° ragazza: Non vorrei sembrati pessimista ma sei sicura di ciò che fai...

2° ragazza: ...hai ben ponderato la decisione...

3° ragazza: ...conosci i pro e i contro della faccenda...

4° ragazza: ...lascia perdere i pro e soffermati sui contro..

(comincia la musica)

(I ragazzi attorno a Giovanni)

1° ragazzo:  Il matrimonio caro amico

                        è una ambigua condizione

                        una linea di demarcazione

                        fra dovere e libertà

                        in cui perdi la tua sovranità.

1° ragazza: Il matrimonio amica mia

                        è una vera emancipazione

                        una gara a chi più sa urlare

                        perciò comincia ad esercitare

                        la tua voce e il tuo coraggio.

Coro femminile: Tu sposati e vedrai

                        il mondo colorato

                        come un fumetto

                        ad acquarello

                        di sfumature leggere e lievi.

Coro maschile: Tu sposati e vedrai

                        il mondo tutto nero

                        come un fumetto

                        dell’horrore

                        di toni grigi e tenebrosi.

Insieme: Tu sposati e vedrai

Ragazze:                     la vie en rose

Ragazzi: l’orizzonte dietro di te

Ragazze:                     il blu dipinto di blu

Ragazzi: l’avvenire alle tue spalle

Ragazze:                     una casa bianca che

Ragazzi: il miraggio che scompare

Ragazze:                     io e te un grande amore e niente più.

Coro: Tu sposati e vedrai

            quello che vorrai

            quello che saprai

            costruire intorno a te

            perché l’amore è

            tutto ciò che vuoi per te.

 

 (Restano soli Beatrice e Giovanni)

Gio:   Ma tesoro, ragiona: io ho dieci giorni di ferie, più due festività fanno dodici, se il viaggio di nozze dura otto giorni compreso il trasferimento, ci rimangono quattro giorni per cui: due giorni potremo fare visita ai parenti, specie mia zia Luisa che ci tiene tanto, e gli altri due giorni ci riposiamo.

Bea: Hai calcolato tutto al minuto!

Gio:   Non per niente sono un ragioniere.

Bea: E, tanto per saperlo, hai già calcolato quante volte faremo l’amore? A che ora lo faremo, hai calcolato la durata, le pause…

Gio:   Ma Beatrice… non ti capisco… qualcuno deve organizzare le cose… un viaggio di nozze è una cosa complicata, ci sono gli alberghi da prenotare, gli spostamenti…

Bea: Ma non stiamo mica andando in Australia! Stiamo facendo il più banale, il più scontato, il più stupido dei viaggi di nozze.

Gio:   Ma… ma… come puoi dire una cosa del genere… quello che ho preparato è il viaggio di nozze classico…

(entra Stefano con un’altra cassa)

Gio:   (rivolgendosi a Stefano) Lei… lei…

Ste:   Dici a me?

Gio:   Si si… a lei. Qui davanti alla mia futura sposa, secondo lei, quale il più classico dei viaggi di nozze? Avanti, su… dica…

Ste:   Eh… non è semplice sai la tua domanda… il più classico dei viaggi di nozze… bisognerebbe intendersi sul significato di “classico”…

Gio:   Si va bene… non complichiamo le cose…

Ste:   No, no il problema non è semplice; prendiamo la tribù degli Lolombidas,

Gio:   La tribù dei?

Ste: Lolombidas!

Lolombidas

(Stefano e coro)

Ste:      Nella fascia tropicale,

            proprio al centro del Brasile

            sta nascosta la tribù dei Lolombidas.

            Ho vissuto in mezzo a loro

            per due anni, forse più

            i migliori anni della gioventù.

            Ahi, quanti ricordi, tu non lo sai,

            non lo puoi immaginare!

            La mia strada mi ha portato

            a tornare ancora qua,

            ma mi da fastidio questa civiltà,

            perciò ho in mente di tornarci

            per restare sempre là,

            puoi venire insieme a me, se poi ti va.

Coro+Ste:       Ahi, cosa ti perdi se non ci vai,

                        non dirmi che non lo farai,

                        provaci e non ti pentirai!

Ste:      Nella fascia tropicale,

            proprio al centro del Brasile

            sta nascosta la tribù dei Lolombidas.

La foresta li protegge

            dalla nostra inciviltà

            nei villaggi regna la felicità.

Coro+Ste:       Ahi, cosa ti perdi se non ci vai,

                        non dirmi che non lo farai,

                        provaci e non ti pentirai!

Ste:   Lolombidas, una tribù della foresta amazzonica con cui io ho vissuto per due anni; nel villaggio dei Lolombidas, il cui nome significa, uomini dagli occhi verdi, per esempio, il viaggio di nozze si fa insieme a tutto il villaggio…

Bea: Come sarebbe… insieme a tutto il villaggio?

Ste:   Una cosa magnifica: pensate la prima notte, la coppia fa l’amore davanti a tutti gli anziani del villaggio, che devono vedere se loro si amano veramente e alla fine il consiglio degli anziani si riunisce e decide se gli sposi avranno una lunga unione.

Bea: Che cosa oscena! L’amore davanti a tutti! Ma sono dei selvaggi!

Ste:   Selvaggi si… ma come fanno l’amore loro… Comunque per rispondere alla tua domanda sul viaggio di nozze; per me il viaggio di nozze, è una fra le più stupide usanze borghesi; no scusate: perché bisogna andare in viaggio di nozze? Perché la borghesia bigotta e ipocrita vuole che l’atto d’amore si consumi lontano dai suoi occhi concupiscenti e falsamente religiosi; perché la donna, angelo del focolare, si trasformi in demone assetato di sesso in un luogo non consacrato alla sua naturale verginità, cioè la casa paterna. Ora…

Gio:   Ma che cosa andate dicendo… ma poi, lei… chi è?

Ste:   Quello di prima.

Bea: Ma sei tu che lo hai chiesto. Chiedi pareri di cose intime a persone sconosciute poi ti lamenti.

Ste:   Già. Perché mi chiedi certe cose? Sono forse io un parente? Un amico? Un consulente matrimoniale?

Bea: Esatto. Lui è... è un...

Ste:   Un facchino.

Bea: Appunto... cioè non lo voglio mica offendere...

Ste:   No, no! offendi, offendi pure. Io sono un facchino, un lurido servo, un reietto della società...

Bea: Non esageriamo. Dico solo che non lo conosco... mi scusi, ma non volevo...

Ste:   Però scusa, ma il qui presente... come ti chiami?

Gio:   Giovanni.

Ste:   Il qui presente Giovanni, vuole solo un complice, uno che gli copra le spalle, dato che lui non è molto convinto della sua scelta...

Gio:   Ma... ma è ridicolo! Lei... signor...

Ste:   Stefano, ma dammi il tu.

Gio:   Signor Stefano, perché non fa il suo lavoro, invece di stare a dare consigli che non le sono stati richiesti.

Ste:   Giusto! Vi lascio. Vado a buttar sangue, sudore e lacrime.

Bea: Suvvia... signore...

Ste: (con gesto melodrammatico) Noo! Quello è il mio posto; fra i diseredati, i vilipesi, gli schiavi. (va via con esagerazione)

Bea: Hai visto! Si tratta così un uomo? Non hai cuore. Io... io sto per sposare un uomo senza cuore. Me meschina. (va via anch’essa melodrammaticamente)

Gio: (Allibito e avvilito) Ma che cosa ho fatto? Si stava a parlare... (cercando di ricostruire le cose che si erano detti e incamminandosi verso casa) io ho detto...

(entrano Arturo il consulente e Laura)

Lau: Senti Arturo, ma sei proprio convinto che codesto matrimonio si possa fare in questo giardino, non era forse meglio farlo in chiesa come tutti.

Art: Ascolta Lauretta, tesoro; se io ti dico che tutto riuscirà a meraviglia, tu mi devi credere, amore. Non è mica il primo matrimonio che organizzo, ed è sempre andata benissimo.

Lau: Io c’ho timore che qualcosa vada di traverso, me lo sento. Ho un sesto senso che mi dice che qualcosa non andrà per il verso giusto.

Art:   Tu la devi smettere di pensare sempre in negativo, tesoro. Tutto sta procedendo in maniera regolare...

Lau: Mah, se lo dici tu. Volesse il cielo che andasse tutto bene.

(entra Mario)

Mar: Signora Santini, i miei complimenti: lei ha un bel giardino. Sto facendo preparare tutto. Tavoli, sedie, ombrelloni, per cui anche se piovesse...

Lau: Piove? Oh Dio, no!

Art:   Ma no, chi ha detto che piove?

Mar: Io no!

Lau: Lei ha detto che piove.

Art:   Laura tesoro, non pioverà. Ti do la mia parola che non pioverà.

Mar: Signora, io non ho detto che pioverà. Io ho detto che: se piovesse... abbiamo gli ombrelloni. Ma se il meteorologo qui presente dice che non pioverà, stia tranquilla, non pioverà.

Art:   Scusi lei è il titolare della ditta che deve provvedere al pranzo?

Mar: Esattamente. Sono Mario Baldelli della ditta “Sposi fai da te”.

Art:   Mi raccomando, Baldelli tesoro, che tutto sia scintillante, vaporoso, leggiadro, come una favola.

Mar: Tanto per intendersi: la mia azienda non fa le cose... vapo... col vapore, come ha detto lei, la nostra è un’azienda che fa le cose nel miglior modo possibile. TESORO!

Art:   E’ inutile. La cultura o ce l’hai o non ce l’hai. Laura, amore, io vado da Beatrice per l’acconciatura. Ho avuto una idea semplicemente divina. (esce guardando con fastidio Mario)

Mar: Signora, stia tranquilla. Vedrà che tutto andrà liscio come l’olio. Le do la mia parola d’onore.

Lau: Grazie signor Mario. Lei capisce che per me è un giorno importante. Beatrice è la mia unica figliola, e voglio che per la mia bambina sia il giorno più bello della sua vita. Vede da quando sono vedova, lei è tutto per me.

Mar: Anch’io sono padre, signora e la capisco benissimo; e anch’io ho perso mia moglie.

Lau: Oh! Che tristezza perdere il proprio compagno, o la propria compagna. E’ da molto?

Mar: Molto o poco, è sempre troppo. Quando si ama una persona, tutta la vita insieme è un solo lungo giorno.

Lau: Che bello quello che ha detto.

Mar: (Un po’ commosso) Beh... io vado a lavorare. (esce)

(entra Stefano)

Ste:   Signora, ha visto il signor Mario?

Lau:  Si, poveretto.

Ste:   Poveretto?

Lau: Si, mi ha detto della morte di sua moglie.

Ste:   (una piccola pausa, poi afferra la situazione) Eh, si! Pover’uomo. Una tragedia.

Lau: Lei conosce la sua storia?

Ste:   Cara signora, una storia molto dolorosa.

Lau: (sempre più incuriosita) Siii?

Ste:   Guardi signora parlare di sofferenza non basta per capire la vera tragedia di quest’uomo.

Lau: Poveretto!

Ste:   Pensi che l’ho salvato due volte dal suicidio.

Lau: Ma no?

Era una notte

(Stefano)

Era una notte buia e tempestosa (si comincia sempre così, no?)

io stavo al caldo nella mia casetta,

il vento ululava in mezzo ai rami,

la pioggia era impietosa sopra i tetti.

Quando per strada, vidi un’ombra scura

si stava dirigendo verso il fiume,

d’un tratto, un lampo illuminò il suo volto

e riconobbi Mario, il mio amico.

Di fretta mi vestii e corsi in strada

senza l’impermeabile né ombrello

e cominciai a chiamare il suo nome

ma il vento mi portava via la voce.

Correvo contro il vento e la bufera

cercavo di raggiungerlo al più presto

e combattevo contro la natura

ed il furore dei suoi elementi.

E quando finalmente lo raggiunsi,

lo presi per le spalle e lo feci voltare,

e vidi nei suoi occhi la paura

di chi nel mondo non vuol più restare.

In viso era il ritratto del terrore,

contratto in una smorfia di dolore,

pareva non aver nulla di umano,

era lui, Mario, e presi la sua mano.

Mi raccontò la sua disavventura,

lo stetti tutta la notte ad ascoltare

lui si sfogò piangendo sulla mia spalla

lo supplicavo:  “Mario, non lo fare!”

Pian piano ritornammo verso casa,

poi ci asciugammo e bevemmo qualcosa,

e col viso tirato ma sereno

mi disse: “Grazie, ti devo la vita!”

Lau: (ormai commossa fino alle lacrime) Poveretto.

Ste:   Signora mi raccomando... non dica niente a lui... sa si vergogna...

Lau: Oh, no! No! Sarò una tomba.

Ste:   Eppoi signora... beve. Vede io per evitargli di bere sono costretto a togliergli di nascosto la birra, il vino, insomma tutto ciò che gli può fare male... mi raccomando; quindi se lei vede che io sto bevendo, lo faccio per lui, per sottrargli...

Lau: Ho capito! Che bravo ragazzo che siete.

Ste:   Mi raccomando... (Si allontana facendo segno di stare zitta)

(Entra Beatrice con i bigodini in testa)

Bea: Mamma, ma che fai? Piangi di già? Ma dovresti piangere durante la cerimonia, se cominci adesso che farai domani?

Lau: No, no, cara... non è niente.

Bea: Oh, senti, mamma, io con Giovanni non ce la faccio più.

Lau: Ma come ancora vi dovete sposare, fai passare qualche anno almeno.

Bea: Ma tu lo sai cosa vuole fare? Vuole mettere all’asta i regali doppi durante il ricevimento.

Lau: Doppi?

Bea: Ma si, abbiamo otto vassoi da frutta, tre pentole a pressione, tre servizi da te, insomma sai... succede nei matrimoni.

Lau: Ma... non mi sembra una cattiva idea, cosa te ne fai di tre pentole a pressione, e di otto vassoi. Quanta frutta devi comprare; che poi va a male e la devi buttare.

Bea: Mamma! Ma ti sembra normale dire alla gente che ti ha fatto il regalo riprendetevelo e datemi tutti i soldi che avete speso?

Lau: Noo! Tutti no! Uno sconto bisogna farlo. Comunque queste sono affari vostri e ve li sbrigate da voi. (esce)

(Beatrice da sola in scena, cammina nervosa, cerca il cellulare in qualche tasca; lo prende e forma il numero, ma qualcosa non funziona e al colmo del nervosismo lo sta per lanciare, quando interviene Stefano)

Ste:   No, no, no! Calma, non funziona il cellulare, te lo aggiusto io.

Bea: Cos’è un tecnico?

Ste:   Uno dei migliori. Se mi permetti? (Gli toglie con delicatezza il cellulare dalle mani)

Bea: Tecnico, poeta...

Ste:   ...vagabondo, cercatore d’oro, esploratore, cacciatore di stelle; per te posso essere tutto e il contrario di tutto.

Bea: (un po’ imbarazzata) E... che c’entro io, scusi.

Ste:   Perché non mi dai il tu? Abbiamo, forse, la stessa età.

Bea: Beh... io non lo... non ti conosco, non so niente di te.

Ste:   Giusto. Allora permettimi di presentarmi: Stefano Orsini e... da un superficiale esame al tuo telefonino ti debbo comunicare la diagnosi: trattasi di notizia drammatica, sei abbastanza forte da sopportare il tragico evento?

Bea: (afferra subito il senso ironico della battuta di Stefano e si presta al gioco con spontaneità) Si! Mi dica dottore. Saprò reggere.

Ste:   Vede cara signora. Ci sono momenti nella vita in cui bisogna accettare la realtà anche se essa è molto dura.

Bea: Sono pronta!

Ste:   Madonna Beatrice, lo cellulare suo, l’è finito, acciocchè il fato volle che finiti fossero le vili monete de la ricarica sua.

Bea: E mi dica messere, lo si puote riparare?

Ste:   Io madonna le prometto che a costo di andare all’inferno, al purgatorio e al paradiso per comprare una scheda lo farò ripartire.

(Beatrice scoppia a ridere insieme a Stefano)

Ste:   Sono contento di averti fatto ridere.

Bea: Sono un po’ nervosa... la cerimonia, gli invitati, il rinfresco... troppe cose da pensare e allora...

Ste:   Devi conservare sempre la calma interiore. Ti insegno come si fa. Siediti a terra come me, rilassati... guarda fai come me... chiudi gli occhi... la vedi?

Bea: (presa da gioco) Cosa?

La nuvola bianca

(Stefano e Beatrice)

Ste:      Siediti qui, accanto a me

            ti mostrerò quello che c’è dentro di te

            e che non hai veduto mai, ti stupirai …

            Guarda lassù, in mezzo al blu

            quello son io, là ci sei tu, niente di più

            lascia che sia la fantasia a portarti via.

            Guarda la nuvola bianca, galleggia nel cielo

            e vien verso di noi,

            scende leggera sui prati, sui boschi incantati,

            sui laghi del nord.

Ste:      Sorridi un po’, 

Bea:                                        se lo dici tu …

Ste:      fallo per me,

Bea:                                        lo faccio per te

            lascia quaggiù le ansie che hai, e volerai

Bea:                                                               si, volerò …

Ins:      sempre più su, perso(a) nel blu insieme a me (te).

Ste:      Ecco la nuvola bianca che ci viene incontro,

puoi saltarci su, (vieni)

come un tappeto volante, in volo sul mondo,

lei ci porterà.

Ste:   La nuvola, la nuvola bianca che leggera galleggia nel cielo azzurro che hai dentro. Adesso segui la nuvola, dentro di essa metti tutti i tuoi pensieri; quelli fastidiosi, pesanti, inutili e guardati attorno: non vedi come tutto e calmo. Lo vedo... stai sorridendo, hai messo tutto dentro la nuvola... brava... così.

Bea: (apre gli occhi. Entrambi rimangono seduti per terra come due ragazzi) Dove l’hai imparato.

Ste:   Un vecchio marinaio olandese me lo ha insegnato.

Bea: E dove?

Ste:   Eravamo su una baleniera al largo del Capo Buona Speranza, la nostra rotta era il mare di Bering dove le balene vanno a partorire. A me non piaceva ammazzare balene, ma ero stato costretto ad imbarcarmi; dopo essere fuggito dalla colonia penale della repubblica cinese non avevo alternativa.

Bea: Colonia penale?

Ste:   Si, ma fu un tragico errore, mi avevano scambiato per un pirata.

(musica in sottofondo)

Bea:  Un pirata?

Ste:   Io ero sulla mia giunca nell’arcipelago malese, insieme con alcuni indigeni, amici miei, stavamo pescando perle, io ero in acqua, stavo staccando una conchiglia, quando vidi uno squalo dirigersi verso una mia amica, io estrassi il coltello e mi misi addosso allo squalo e... No, no, tanto tu non mi crederesti.

Bea: Ma... certo che ti credo... ma capisci che non capita tutti i giorni sentire queste storie...

Ste:   Lo so, lo so. Per questo non ti racconto più niente...

Bea: No, perché? Io... a me piace... racconta... dai.

Ste:   Veramente?

Bea: Si.

Ste:   Allora, lo squalo, uno squalo tigre, la specie più feroce e aggressiva; si stava dirigendo a forte velocità verso questa ragazza pescatrice; mi superò senza accorgersi di me, io afferrai il coltello con il quale aprivo le conchiglie e nuotai dietro di lui, quando si trovava a pochi metri da Jochito...

Bea: Jochito?

Ste:   Jochito, la ragazza, era terrorizzata, io abbracciai lo squalo con una mano e con l’altra lo colpii ripetutamente, negli occhi, nella testa; lui si muoveva furiosamente, io ero come su un cavallo imbizzarrito, ma non gli riuscì di liberarsi di me fino a quando lo sentivo sempre più debole, allora approfittai, della sua debolezza, presi Jochito per la mano e la trascinai sulla barca.

(fine musica di sottofondo)

Bea: E... i pirati?

Ste:   Quando salimmo sulla barca feci fare rotta verso casa, ma venimmo assaliti dai pirati della costa, i pirati del terribile Chou Chan. Erano con dieci barconi tutti armati, ci abbordarono e ci rubarono le perle e ci fecero loro schiavi.

Bea: Oh, mio Dio!

Ste:   E’ stato terribile. Per sei mesi mi costrinsero, pena la morte, a fare lo sguattero nelle loro barche. Fui costretto anche a curare le loro ferite quando tornavano dai loro arrembaggi. Poi, al largo del mar della Cina, venimmo circondati dalla marina cinese, i pirati ingaggiarono battaglia, sparavano con mitragliatrici e cannoni; io di nascosto mi buttai in mare; in quel momento la battaglia infuriava e un proiettile mi colpì di striscio qui in testa...

Bea: Dove?

Ste:   Qui, guarda, tocca.

Bea: E’ vero! E Jochito?

Ste:   La misi su un relitto che la porto verso la riva… poi non ricordo più.

Bea: E poi …?

Ste:   Persi i sensi. Mi svegliai in una cella con i piedi e le mani incatenati.

Bea: Terribile!

Ste:   E’ stato terribile ma sono sopravvissuto; dopo due mesi di torture sono riuscito a  fuggire, ma questa è un’altra storia che ti racconterò un altra volta.

Bea: Ma tu... da dove vieni?

Ste:   I miei genitori erano degli esploratori; viaggiavano sempre in terre lontane e selvagge. Erano alla ricerca delle sorgenti dello Zambesi quando vennero assaliti da una tribù di cannibali. Tutti gli indigeni della spedizione morirono, mio padre e mia madre scamparono perché si nascosero in una caverna. Mia madre era incinta di me, dopo qualche giorno morì dandomi alla luce; dopo qualche giorno morì anche mio padre. Io sono nato nel deserto del Kalahari, sono stato allevato da scimmie e lupi fino alla età di 12 anni.

Bea: Sei... Tarzan?

Ste:   Io Tarzan, (comincia a fare salti e a battersi il petto facendo urla imitando una scimmia e Tarzan) Io Tarzan, tu Jane?

(I due scoppiano a ridere incontenibilmente)

Io Tarzan, tu Jane

(Stefano, Beatrice e il coro)

Ste:      Io Tarzan, tu Jane,

            dai vieni con me

            e ti porterò

            sui mari del sud,

            allaccia la cintura,

            inizia l’avventura

            e quando torneremo

            non sarai più come prima.

Bea:     Tu Tarzan, io Jane?

            Ci fai o ci sei?

            Un tipo così

            m’intriga, però

            e mi domando cosa

            mi fa così curiosa …

            saranno le tue storie,

            le inventi o sono vere?

Coro:   Cosa ti fa pensar

            che non è vero?

            Forse non hai fiducia in lui?

            Lasciati trasportar

            con lui in volo

            cosa ti costerà provar?

Ste:      Ascoltami, Jane,

            ma come potrei

            illuderti e poi

            lasciarti così?

            Ti giuro, è tutto vero,

            mi credi, son sincero

            son storie incredibili

            e vere, te l’assicuro.

Coro:   Ora ci credi un po’,

            ti sembra vero,

Bea:                sono un po’ più …

Coro:   ora ti fidi un po’di lui.

Bea:                            … sicura …

Coro:   Lasciati trasportar

            con lui in volo

Bea:                            … ci provo?

Coro:   cosa ti costerà provar?

Bea:     Tu Tarzan, io Jane, anzi …

            Io Ginger, tu Fred …

            Mi conquisterai

            facendo così …

Ste:                             Balliamo

Bea:     Mi gira già la testa,

Ste:                             affidati a me …

Bea:     guarda che storia è questa …

Ste:                             … ecco, così.

Bea:     mi sento frastornata,

            confusa, non so che fare …

(entra Mario, ha in mano una bottiglia)

Mar: Stefano, che cosa stai a fare li?

Ste:   Stavo... stavamo cercando la batteria del telefonino della signorina...

(prende una immaginaria batteria e la mette sulla mano di Beatrice stringendola. La ragazza giunge l’altra mano; i due si guardano negli occhi.)

Bea: Si... si, ecco, ecco, l’ho trovata. Adesso vado a sistemarmi i capelli... ciao. (esce)

Mar: Guarda che c’è ancora da sistemare i tavoli di la, questo lavoro lo dobbiamo finire entro oggi, hai capito. Domani qui sarà un casino con gli invitati, perciò sbrigarsi, muoversi.

Ste:   Va bene, va bene, vado, vado. (esce)

(Mario prende il telefonino e comincia a parlare, ha in mano una bottiglia di vino aperta.)

Mar: Umberto! Ma cosa mi hai mandato? E questo tu lo chiami vino doc? Tu non mi puoi prendere in giro, cosa credi che io di vino non ne capisca? Sono astemio, ma non fino al punto da essere scemo. Io ti avevo chiesto del Chianti Riserva del 2001, tu mi mandi Sangiovese del 2002, ....ma che c’entra se è buono... io il vino lo sento all’olfatto, ecco lo sto sentendo e non mi piace...

(Frattanto Laura fa capolino e, non vista, ascolta)

Mar: Quindi tu adesso mi fai il favore che mi mandi 20 casse del vino che ti avevo chiesto... Che ci faccio con solo 12 casse di vino? Lo sai che meno di 20 casse io rimango a secco...

(Mario continuando a parlare poggia la bottiglia di vino su un tavolino e parlando esce. Laura entra furtiva si avvicina al tavolino prende la bottiglia e cerca un nascondiglio, poi decide che è meglio berla e comincia a bere. Intanto Mario continua la sua conversazione fuori scena. L’ha scolata quasi tutta e barcollando si nasconde. Mario rientra. Chiude la conversazione e si avvicina al tavolino, prende la bottiglia e si accorge che è vuota. Resta allibito e si guarda intorno, non vede nessuno e esce confuso)

(Entrano Giovanni e Arturo)

Art:   Questa non ci voleva, Il prete, don Saverio, ammalato.

Gio:   Ma, ci sarà un sostituto?

Art:   Hanno detto che mandavano uno di un’altra chiesa: un certo don Mario.

Gio:   Ma quando verrà? Il matrimonio è domani.

Art:   Non lo so, spero che venga prima a sistemare l’altare. Ma non facciamo gli isterici, ti prego. Cerchiamo di restare calmi. Guarda me: io sono calmissimo.

Gio:   Io no! Io non sono calmo. Non posso essere calmo. Prima il viaggio di nozze, poi i regali, adesso anche il prete. Come faccio ad essere calmo?

(entra Beatrice)

Bea: Giovanni, Arturo... avete visto mia madre?

Gio:   No. Io l’ho lasciata qui!

Bea: Non riesco a trovarla...

(entra Stefano che regge Laura visibilmente alticcia)

Ste:   Era sdraiata per terra... ma non sta male...

Bea: Mamma! Ma cosa ti è successo?

Lau: Niente... non ti preoccupare... è tutto sotto controllo...

Bea:  Ma... ma sei... ubriaca?

Ste:   Credo... di si.

Bea: Mamma!

Art:   Laura, tesoro, ma che ti succede?

Gio:   Signora!

Lau:  Ehiiii! Ma cosa c’è di strano? ho solo bevuto un po’... non è mica un delitto... E tu cara la mia Beatrice, almeno una volta nella vita dovresti provarci a bere, perché non è mica male come credi...

Bea: Mamma!

Lau: Ehhhh! Mamma, mamma... fai sempre la precisina, adesso... ma io mi ricordo sai, quando eri piccola... eri una peste, dovete sapere che la Beatrice quando era ragazzina litigava con tutti, non si faceva passare una mosca sul naso, anche coi maschietti... dava filo da torcere a tutti... adesso invece sembra una buonina buonina, ma allora...

(Entra un prete. Il personaggio è interpretato dallo stesso attore che fa Mario)

Pre:   Scusate, figlioli... è qui che si deve celebrare un matrimonio.

Art:   Reverendo, lei è...

Pre:   Sono don Mario della parrocchia di San Godenzio.

(Sbalordimento di tutti)

Lau:     Ma... ma perché... (chiaramente ubriaca si avvicina al prete e lo prende per le braccia e lo scuote)

Bea: Mamma, ma che fai!

Art:   Laura! Controllati!

Pre:   Signora, ma...

Lau: Ma perché... dopo quello che ho fatto per te...

Pre:   Signora, ma io non la conosco...

Lau: Come non mi conosci, io... per te... sono caduta nel peccato...

Bea: Mamma, cosa dici?

Art:   Laura!

Pre:   Signora...

Lau:  Mario perché... perché ti sei fatto prete?

Pre:   Signora... è stato il volere di Dio!

(Beatrice sviene e cade in braccio a Stefano; Arturo cade in braccio a Giovanni; Laura cade in braccio a don Mario)

Cala sipario, musica in sottofondo “Io Tarzan tu Jane”

FINE PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

(Entra in scena Laura, risente dei postumi della sbornia del giorno prima; ha in testa una borsa del ghiaccio. Si siede su una sedia posta sul lato sinistro della scena)

(entra Arturo)

Art:   Laura, tesoro, ma cosa fai li? Sono le nove e fra due ore arrivano gli invitati.

Lau: Ce la farò! Ma adesso lasciami riposare… ho passato una notte bruttissima...

Art:   Ti capisco amore, non sei abituata all’alcool, io sarei morto al tuo posto. Vado da Beatrice che sembra abbia un diavolo per capello... è intrattabile questa mattina, non gli va bene niente; quel bellissimo vestito che ha scelto con tanto amore, sembra che sia diventato bruttissimo. (Si avvia, ma poi ci ripensa e ritorna) Ma... Laura, tesoro, che delizioso quel cappellino, ti sta un amore. (esce)

Lau: (Si toglie la borsa del ghiaccio dalla testa e la guarda)

(entra Mario)

Mar: Buon giorno signora, come sta?

Lau: Mi gira un po’ la testa.

Mar: Mi dispiace per ieri, ma... ma perché ha bevuto tutto quel vino?

Lau: E’ una lunga storia. Lei, piuttosto, aveva un fratello prete e non lo sapeva?

Mar: Ma non è mio fratello. Ci somigliamo molto, ma lei con tutto quel vino in testa ha creduto che fossi io.

Lau: Ho fatto la figura di una scema.

Mar: Ma no! Succede a tutti di prendere un abbaglio. Se le raccontassi le mie sciocchezze. Si figuri che una volta ho scambiato mia figlia con un’altra bambina. Ero andata a prenderla a scuola nella confusione, con la testa piena di pensieri di lavoro, ho preso una bambina per la mano e la stavo portando a casa, lasciando mia figlia a scuola. Vedendomi, la madre della bambina mi aggredì, prendendomi per un criminale; abbiamo chiarito tutto poi.

Lau: Deve essere stato tremendo per la bambina?

Mar: Anche per me.

(Laura si alza e barcolla un po’. Mario la sorregge)

Mar: Venga signora l’accompagno a casa.

(Da un lato della scena entra nervosamente Beatrice vestita con l’abito bianco.)

(Dall’altro lato entra Stefano vestito con abito bianco da cameriere che lo fa apparire come un uomo elegante. Porta un tovagliolo al braccio e dei bicchieri.)

(I due si guardano un po’ imbarazzati. Poi insieme)

Bea/Ste:  Stai benissimo....

Ste:   Scusa... Sei una favola.

Bea: Grazie. Anche tu stai bene; a momenti non ti riconoscevo.

Ste:   Grazie. Questa è l’altra mia identità. Elegante e raffinato uomo di mondo un giorno, facchino e ubriacone l’altro.

Bea: Ma chi è il vero Stefano?

Ste:   E chi lo sa? Forse nessuno dei due. E tu? Chi sei?

Bea: Credevo di saperlo, fino a ieri. Oggi non lo so più.

Ste:   Oggi sarai la “signora” Beatrice. Non sei contenta?

Bea: Si... no... non so. Mi sento confusa...

Ste:   Penso che sia normale... almeno... credo che sia così. Non mi sono mai sposato.

Bea: Perché?

Ste:   E chi lo sa. Forse perché, come si dice: non ho trovato la persona giusta. O forse non l’ho mai cercata. Tu invece l’hai trovata.

Bea: Allora perché mi sento così... sbagliata... in un posto sbagliato e un momento sbagliato.

Ste:   Che ti succede?

Bea:  Non lo so. Vorrei essere Jochito.

Ste:   Jochito?

Vorrei essere Jochito

(Beatrice)

Vorrei essere Jochito, io mi sento come lei

ho bisogno di un aiuto, ma non c’è

mai nessuno che capisca il bisogno che c’è in me

sto annegando e voglio aggrapparmi a te,

io sento che tu puoi aiutarmi

ti prego, fai qualcosa tu.

Qui mi sento fuori posto, la mia vita non è qui

sta migrando verso luoghi che non so,

sta inseguendo quei suoi sogni che non ha avverato mai,

io son qui, ma la mia vita è un po’ più in là

aspetta che io la raggiunga

e forse puoi aiutarmi tu.

Vorrei essere Jochito per restare insieme a te

le tue storie mi han rapito più che mai,

sorvoliamo le foreste, proprio come Peter Pan

affrontiamo tigri come Sandokan.

Ah, dimmi che tu mi aiuterai

dimmi che non mi lascerai, mai mai,

dimmi che tu mi salverai.

Sul vascello dei pirati, combattendo a fianco a te,

fra gli squali inferociti in mezzo al mare,

nella scia delle comete, negli spazi interstellari,

l’avventura che per noi non finirà

e ti accenderò le stelle, un’esplosione in mezzo al blu,

emozioni che puoi darmi solo tu.

Lo sento che tu puoi salvarmi,

ti prego, fai qualcosa tu.

Bea:  Mi sento come lei. Sento che sono in pericolo, e nessuno viene a salvarmi.

Ste:   Ma tu... vorresti essere salvata?

Bea: Si! Lo vorrei tanto... ma forse è troppo tardi. Non c’è tempo.

Ste:   Non devi disperare. Ho affrontato squali e pirati, credi che ci sia qualcosa che mi spaventi?

Bea: Tu e i tuoi pirati, mi avete rapito... e mi avete lasciato... e sono rimasta sola.

Ste:   E’ colpa mia. Non dovevo raccontarti quelle storie...

Bea: No, no... io avevo bisogno di quelle storie, non m’importa se non sono vere; io ci credo, credo che quelle favole mi appartengono...

Ste:   Non avevo il diritto di raccontartele e ora mi sento un ladro, uno che ha fatto promesse che non può mantenere...

Bea: Non puoi o non vuoi?

Ste:   Io posso... e voglio.

Bea: Allora salvami... ti prego.

Ste:   Ti salverò, dammi un po’ di tempo.

Bea: Non c’è tempo. Abbiamo solo due ore.

Ste:   Due ore...

(Beatrice esce correndo)

(Stefano resta solo attonito e turbato)

Due ore

(Stefano solo)

Mancano due ore

e dopo tutto finirà

e col tempo poi

tu ti scorderai

di quello che sento io per te …

Cosa posso fare

per portarti via da qui …

Io m’inventerò

altre storie ma

sembra troppo tardi, ormai ma tu …

fammi provare,

perché ci credo ancora,

ci riuscirò

perché non ho paura,

se il tempo passa

e un poco ci allontana

c’è un sentimento che

ti tiene a me vicina.

                        

Non ci sarà

un’altra occasione,

incontrerò

miliardi di persone

sorrisi e sguardi

discorsi e promesse

che non saranno

per me mai più le stesse.

Passano le ore

e ti sento andare via,

scivoli di più

fra le braccia sue

ma so che ti avrò.

(entra Mario)

Mar: Stefano! Che fai li come un lampione... vai a sistemare i tavoli.

Ste:   Si... vado.

Mar: Ma che ti sei rincitrullito?

Ste:   Mario ti posso chiedere una cosa?

Mar: Adesso? Cosa?

Ste:   Tu come hai capito che tua moglie  sarebbe diventata tua moglie?

Mar: Ma sono queste le domande che si fanno nel bel mezzo di un matrimonio?

Ste:   Rispondimi! Come lo hai capito che quella ragazza era lei quella che sarebbe diventata tua moglie.

Mar: Ma non te lo so dire adesso... io l’ho veduta, quando è venuta a lavorare dove anch’io lavoravo, e, dopo due ore eravamo fidanzati. Non so nemmeno io come è successo... forse eravamo due pazzi. Ma è stata una pazzia bellissima. E adesso, se fra dieci minuti non hai sistemato i bicchieri nei tavoli, ti licenzio.

(esce)

(Entra Giovanni)

Gio:   Scusa (rivolto a Stefano) Ho visto il menu... è sbagliato è tutto sbagliato.

Ste:   E dove sarebbe sbagliato?

Gio:   Tutto! I primi, i secondi, i vini... il secondo, per esempio, doveva essere pesce...

Ste:  Si, mi ricordo... ma poi abbiamo avuto ordine di cambiare

Gio:   Ordine di cambiare?  E da chi?

Ste:   Senti Giovanni, io te lo dico ma tu mi devi promettere che... insomma, non lo dirai...

Gio:   Ma cosa...

Ste:   Tu conosci la situazione finanziaria della madre di Beatrice, che ormai è in un stato di fallimento...

Gio:   Fallimento? Ma cosa dici... sei pazzo...

Ste:   Ma scusa tu lo sai, anzi c’è da apprezzare il tuo gesto... Grande, sei grande! Questa tua generosità, guarda è una cosa che ti fa onore. Bravo!

Gio:   Ma che sciocchezze vai dicendo...

Ste:   Ma... ma perché tu non lo sapevi? Non sapevi che il mio principale, il signor Mario, gli sta facendo tutto il ricevimento con pagamento a rate?

Gio:   Ma... io... io non so niente. Anzi sapevo che il padre di Beatrice ha lasciato un po’ di denaro... due appartamenti di cui questo, è uno...

Ste:   Quando avranno pagato l’ipoteca.

Gio:   Ipoteca?

Ste:   Ma figurati, una sciocchezza, un milione di euro appena. Dai, dai, preparati che mancano 95 minuti al tuo matrimonio e poi vivrai felice e contento. Io vado. Ciao.

(Giovanni rimane solo e in stato confusionale)

Gio:   (Ripetendo a bassa voce come fra se) Un milione di euro, Un milione di euro,...

(Entra Don Mario, il prete)

DonMa: Caro figliolo (rivolto a Giovanni) ti sei preparato a questo passo così importante?

Gio: Non lo so... dovrei fare un po’ di conti...

DonMa: Ma figliolo, il matrimonio non è una contabilità, quello che è importante è la fiducia e la comprensione fra i coniugi. Dovete imparare a mettere insieme le vostre vite, i vostri interessi... dare l’uno a l’altro per avere insieme...

Gio:   Dare, io ho dato, ma avere... e poi gli interessi... si va bene ma in che percentuale... Don Mario, un milione è un milione...

DonMa: Un milione... di cosa figliolo?

Un milione, forse più

(Giovanni, Don Mario e il coro)

Gio:     Un milione, forse più,

            roba da impazzire!

            Non ci posso credere,

            mi hanno imbrogliato,

            ma io, no, non ci sto!

Don:    Un milione, forse più,

            ma che brutto affare!

            Opera di Belzebù,

            guarda le donne

            cosa san combinar!

Coro:   Ti hanno truffato,

            ti hanno beffato,

            cosa ti resta

da fare, ormai?

Conto asciugato,

assegno a vuoto,

dovrai pensarci

da adesso tu!

Gio:     Un milione, forse più

Don:                           Davvero

Gio:     mi vien da sudare …

Don:                           ma come farai

Gio:     se non trovo un’idea

Don:                           adesso

Gio:     mi finirà

a chieder la carità!

Don:    Un milione, forse più

Gio:                            disdetta!

Don:    cosa si può fare?

Gio:                            ma mi sentiran!

Don:    sono troppi anche per me

Gio:                            adesso!

Don:    una colletta certo non basterà!

Coro:   Ti hanno imbrogliato,

            ti hanno ingannato,

            tutti quei soldi

li troverai?

Conto asciugato,

assegno a vuoto,

Tutti:   mi (ti) finirà

a chieder la carità!

Gio:   Niente... ero soprappensiero. Padre quando sarà la cerimonia?

DonMa: Se siamo tutti pronti fra un’ora, più o meno.

Gio:   Non si può ritardare...

DonMa: Ritardare?

Gio:   Un’ora, due...

DonMa: Ma... perché?

Gio:   Mi devo... confessare.

DonMa: Ma per confessarti bastano 5, 10 minuti...

Gio:   Non lo so se ce la facciamo... io ho molti, molti peccati...

DonMa: Ma figliolo purché non siano peccati mortali talmente grossi da avere bisogno della dispensa papale, ti posso assolvere io; vieni andiamo...

(Si stanno per avviare quando Giovanni vede arrivare dall’altro lato Beatrice e la madre che parlano)

Gio:   (a don Mario)Don Mario, intanto voi avviatevi io vi raggiungo subito.

(il prete si allontana, ma Giovanni rimane nascosto ad ascoltare ciò che si dicono Beatrice e la madre.)

Lau: ...io comunque non capisco il perché di tutto questo tuo nervosismo... Giovanni meno sa meglio è...

Bea: Mamma, ma ti sembra corretto non averlo messo al corrente. Ma poi, non lo puoi nascondere mica per tanto tempo. Vedrai, lui lo scoprirà e allora saranno discussioni a non finire...

Lau: Quando verrà il momento affronteremo la questione...

(Giovanni ha ascoltato tutto ed è molto turbato. Viene chiamato da don Mario)

DonMa: Giovanotto cosa fa li? Venga non voleva confessarsi?

Gio:   Si, si... vengo don Mario, vengo.

(I due non visti si allontanano)

(Laura e Beatrice continuano la conversazione)

Lau: A me non piaceva quel menu che avevate scelto.. il pesce non sarebbe stato fresco e poi i vini non si abbinavano bene...

Bea: Ma prima di cambiarlo potevi parlarne con noi.

Lau: E va bene, avrò sbagliato. Ma a me non piaceva e, visto che lo pago io, avrò il diritto di sceglierlo.

Bea: Mamma tu a volte non vuoi capire che ci vuole anche diplomazia nella vita.

Lau: Quando avevo la tua età ero molto diplomatica, adesso alla mia età permettimi di dire quello che penso senza peli sulla lingua... Ma... io... francamente non capisco... Ma ti sembra... intelligente, ad un’ora dal tuo matrimonio, che una madre e una figlia parlino di pesce, di tortellini e di sciocchezze del genere?

Bea: (Pausa) Hai ragione... dovremmo parlare di altro...

Lau: Esatto: Dovremmo parlare di come ti senti tu, dentro. Ho notato che in questi due giorni sei nervosa, ma non è per via dei preparativi, no, tu hai qualcosa che non mi vuoi dire...

Bea: Cosa? Niente... non ho niente.

Lau: Senti, piccola, io sono tua madre e ti conosco meglio di quanto tu possa conoscere te stessa. Per dirla chiara la cosa: tu non hai l’aria di chi si sta per sposare. Tu hai l’aria di chi sta andando ad un funerale.

Bea: Sono solo un po’ stanca e stressata.

Lau: Beatrice, tu non sei una stupida, ma a volte ti comporti come una stupida; e credi che lo sia anch’io. Se tu non mi dici che cosa hai, vado dal prete e faccio fermare tutto.

Bea: Come sarebbe fai fermare tutto!

Lau: Tutto! Niente matrimonio, niente cerimonia...

Bea: Ma... ma ci sono tutti gli invitati... il banchetto, i fiori, il prete...

Lau: E allora? Il banchetto lo facciamo fuori lo stesso, visto che l’ho debbo pagare. Insomma piccolina dimmi che sei contenta di sposarti o vado dal prete, subito!

(Beatrice resta sola presa dallo sconforto)

Sola così

(Beatrice e il coro)

Bea:     Sola così,

sola con me

rifletterò

su quel che accade

intorno a me,

cos’è che cambia

mi disorienta

e confonde ogni via.

Ora non so

se sbaglio o no,

dentro di me

che confusione

che adesso c’è.

Muti fuochi d’artificio

illuminano il cielo nero,

mi tormenta quel pensiero ed io

apro gli occhi per guardare

e la bocca per parlare

ma il silenzio è troppo immenso per me …

Solo così

io troverò

la strada che

mi porterà

verso di me

e spero che

non mi allontani

troppo da te.

Coro:   Muti fuochi d’artificio

            esplodono nel cielo nero

            ma c’è un solo gran silenzio su noi.

            Senza voce per gridare,

Bea:                                        oh, mio Dio!

Coro:   senza ali per volare

Bea:                                        sola in

Coro:   (con Bea) in un cielo troppo grande per te.

Bea:     (col coro) questo cielo troppo grande per me!

 

Coro:   Sola così

Bea:                            in questo cielo

Coro:   ti perderai

Bea:                            sempre più nero

Coro:   su rotte che

Bea:                            io precipito giù

Coro:   non capirai

            ma seguirai

Bea:                            sto seguendo una scia

Ins:      sperando che

            non mi allontani

            troppo da te.

Bea:     Si, spero che

            non mi allontani

            troppo da te.

(Entra Arturo)

Art:   Laura, tesoro, che sta succedendo? Ho visto la Beatrice che piange, tu che ancora non ti vesti, il prete e lo sposo che litigano...

Lau: Come sarebbe: litigano!

Art:   Ho visto Don Mario che alzava le mani su Giovanni che stava con il capo chinato... (mima il gesto di una mano alzata, che potrebbe rappresentare il gesto di una benedizione)

Lau: Ma questa è grossa! Adesso voglio una spiegazione. (Va verso la parte opposta)

Art:   Laura, tesoro, ma dove vai?

Lau: (uscendo)Dallo sposo!

(entra Stefano)

Art:   Ma sono diventati tutti matti? Chi piange da un lato, chi scappa dall’altro...

Ste:   Cosa c’è di strano? E’ normale che si sciolgano i nodi della matassa.

Art:   Matassa? Ma di quale matassa parli? Questo è un matrimonio, non è un film giallo.

Ste:   Che differenza c’è fra un film e la vita. Come nei film anche nella vita di ognuno di noi c’è un intrigo, un mistero da svelare.

Art:   Oh mamma mia bella, che dici! Io non ho nessun intrigo, nessun mistero...

Ste:   E’ stata così piatta la tua vita?

Art:   Piatta... è stata una vita normale, come quella di tutti...

Ste:   Mi dispiace per te.

Art: Come sarebbe ti dispiace! Io ho lottato, ho avuto momenti di gioia, di dolore... come tutti.

Ste:   Ma ti sei mai chiesto se tu sei tu o… qualcun altro?

Art:   Come sarebbe? Io sono io, come posso essere un altro… ma che bischerate sono queste…

Ste:   Non c’è niente di strano… potresti essere stato scambiato nella culla…

Art:   IO? Ma a te come ti gira il cervello? Io scambiato nella culla…

Ste:   Pensaci.

Art:   Ma che sciocchezze! Eppoi ho altro da pensare in questo momento.

(Fa per andare via. Si ferma a meta strada, torna da Stefano.)

Art:   Ma… tu dici che sarebbe potuto succedere?

Ste:   Ehhh! Con la confusione che c’è negli ospedali. Sai quanti ne succedono di queste cose.

Cicogna distratta

(Arturo, Stefano con il coro)

Coro    Cicogna distratta,

            sbagli la strada e tiri fuori

            la mappa,

            poi con la bussola fai il punto:

            sei matta,

            ma proprio matta da legar!

Art:      Ricordo ch’ero avvolto in un fagotto

            con l’indirizzo: “via Verdi trentotto”

            mi ero svegliato dalla pennichella

            e urlavo che volevo il biberon!

            D’un tratto cominciammo a decollare

            che bella sensazione di volare

            ma durò poco, presi a traballare

            e incominciai d’un tratto a vomitar …

Coro:   Cicogna, sta’ attenta!

            Sulla tua rotta c’è un po’ di

            turbolenza,

            il passeggero soffre di

            flatulenza

            e si potrebbe scoraggiar!

Cicogna distratta,

            sbagli la strada e tiri fuori

            la mappa,

            poi con la bussola fai il punto:

            sei matta,

            ma proprio matta da legar!

Art:      Facemmo uno scalo a Ciampino       

            per fare il pieno e il cambio pannolino,

            poi ripartimmo e di gran carriera

            per fare la consegna entro sera.

            La rotta mi sembrava quella giusta,

            ricordo il cognome sulla busta,

            il nome son sicuro ch’era Arturo,

            ma l’indirizzo, quello non lo so …

Coro:  Cicogna, vergogna

            l’hai fatta proprio grossa, si, da

            carogna,

            dovresti stare un po’ più attenta,

cicogna

e i neonati non scambiar!

Cicogna distratta,

            sbagli la strada e tiri fuori

            la mappa,

            poi con la bussola fai il punto:

            sei matta,

            ma proprio matta da legar!

(Arturo si sofferma a pensare per considerare anche questa possibilità)

Art:   Ma adesso che mi ci fai pensare… io, per esempio, con mio padre… due caratteri inconciliabili, guarda, il giorno e la notte.

Ste:   Hai visto che c’è un mistero nella tua vita; come c’è un mistero nella vita di Laura.

Art:   Un mistero? della povera Laura? Ma cosa dici...

Ste:   Devi sapere... No, meglio di no. Non sarebbe giusto rivelare cose personali...

Art:   Ma io conosco Laura da vent’anni; Beatrice da quando era una ragazzina... non mi risulta nessun mistero... la loro è una vita solare. Non crederò mai che ci sia qualcosa di misterioso...

Ste:   Si certo... ma io non posso parlare, e poi... oggi, nel giorno del suo matrimonio...

Art:   Ma... scusa cosa sarebbe questo mistero...

Ste:   No. Non posso parlare...

Art:   Ma scusa io sono un amico... a me puoi dirlo.

Ste:   Mi prometti che manterrai il segreto assoluto?

Art:   Ma certo!

Ste:   Me lo devi promettere solennemente.

Art:   Che devo fare... croce crocina...

Ste:   Ripeti insieme a me: Prometto solennemente di...

Art:   Ma che sciocchezze... prometto solennemente... cos’è il giuramento elle Giovani mamotte?

Ste:   Prometto solennemente di...

Art:   E va bene... Prometto solennemente di...

Ste:   ...non raccontare mai a nessuno...

Art:   ...non raccontare mai a nessuno...

Ste:   ... ciò che mi dirà adesso Stefano.

Art:   ... ciò che mi dirà adesso Stefano.

Ste:   Allora, ascolta... tu conoscevi il padre di Beatrice?

Art:   Il padre? Certo! Era il Colonnello Egidio Santini, morto alcuni anni fa, pover’uomo.

Ste:   Devi sapere che... il padre di Beatrice non era il vero padre!

Art:   Ma che sciocchezze stai dicendo...

Ste:  Tieniti forte: il vero padre di Beatrice era un inglese.

Art:   Ma... ma tu come le sai queste cose?

Ste:   Perché era anche mio padre.

Art:   Vuoi... dire che tu e... Beatrice... siete frate… sorell… insomma siete fratello e sorella?

Ste:   Mio padre... nostro padre era un esploratore e, in punto di morte, mi fece promettere di cercare la mia sorella, per dirle la verità; ma io non ho il coraggio di farlo.

Art:   Ma come si chiamava questo esploratore inglese?

Ste:   Si chiamava Milton. Anthony Milton, baronetto di Blockbuster.

Art:   Ma io lo conosco! Ci prendo sempre le videocassette!

Ste:   Macché videocassette era un Lord inglese!

Art:   Ma come … tu sei figlio di un Lord è fai il cameriere?

Gio:   Sono qui sotto mentite spoglie. Lo faccio per adempiere ad un giuramento fatto a mio padre in punto di morte.

Art:   E quando è morto?

Ste:   Sei anni fa. In una spedizione nelle Ande. Hai letto della sciagura che è successa a quella spedizione che si era perduta nei ghiacciai delle Ande?

Art:   Non... mi ricordo... forse... mi pare si, di aver letto...

Ste:   Quando seppi della sua sparizione andai a cercarlo insieme a due amici. Lo ritrovammo ormai in fin di vita. Aveva resistito per due mesi, nutrendosi dei corpi dei suoi amici per non morire...

Art:   Oddio! Che orrore!

Ste:   Una vicenda terribile. Ma quando arrivammo, lui era ormai senza forze. Abbiamo lottato fino all’ultimo per strapparlo alla morte. In quel ghiacciaio sperduto nelle Ande, la sua agonia fu lunga e disperata, e quando tutto ormai era inutile, le sue parole flebili e appena sussurrate furono: tu hai una sorella che si chiama Beatrice, vive a Firenze, cercala e dille che io l’ho sempre pensata e che mi perdonasse se non sono stato vicino a lei in tutti questi anni.

Art:   (Ormai in preda alle lacrime) Poveretto... e povera Beatrice.

Ste:   Mi raccomando non una parola con nessuno. Hai promesso solennemente.

Art:   E... quando gli rivelerai questa storia?

Ste:   Non so se adesso o dopo... quando ne avrò il coraggio.

(Stefano esce)

(Arturo in lacrime. Entra Beatrice)

Bea:  Arturo... ma che fai piangi? Anche tu? Ma cosa vi ha preso a tutti?

Ste:   Beh? Perché ... uno non si può commuovere...

Bea:  Anche tu?

Art:   Anch’io.  Se penso al tuo povero padre...

Bea:  Beh, certo mio padre se fosse qui... forse tutto questo non sarebbe successo.

Art:   Certamente... ma c’è sempre tuo fratello...

Bea:  Mio fratello? Ma che dici lo sai che sono figlia unica.

Art:   Non si può mai dire... nella vita c’è sempre un mistero... non si sa mai.

(esce lasciando Beatrice di sasso)

(entra Giovanni)

(Si avvicina con titubanza a Beatrice)

Gio:   Come stai...

Bea:     Un po’ nervosa...

Gio:   Già... anch’io... manca poco...

Bea: Già... poco...

Gio:   Sai... sono un po’ emozionato... e tu?

Bea: Anch’io...

Gio:   Fra poco saremo marito e moglie e allora... sarà tutto diverso... non ci dovranno   essere segreti fra di noi...

Bea:  Beh... certo... non ci dovranno essere...

Gio:   Se... se tu avessi dei segreti me li diresti... no?

Bea: Che genere di segreti...

Gio:   No, no niente di particolare... dicevo così, per dire... nel senso...

Bea: Credi che io abbia segreti?

Gio:   Nooo! Figurati... dicevo così... lo so che tu non hai segreti...

Bea: Cioè... i segreti... bisogna vedere cosa si intende per segreti...

Gio: I segreti sono segreti... cioè sono cose che altri non sanno... ma perché non sanno...

Bea: Ci sarà un motivo. Ohoooo! Insomma! Ognuno ha i segreti che vuole avere.

Gio: Va bene, va bene... non ti innervosire. Mi hanno detto che mi cercava tua madre. Tu sai perché?

Bea: No! E’ un segreto!

(esce piccata)

(Entra Arturo. Si avvicina a Giovanni con circospezione.)

Art: No, no, non mi chiedere niente. Ho fatto giuramento solenne. Non posso parlare. E’ un segreto.

Gio: Anche tu! Ma che cos’è questa storia di segreti?

Top secret

(Arturo, Giovanni e il coro)

Coro:  Top secret, top secret,

            qui dentro non possiamo parlare

            top secret, top secret,

            qualcuno ci potrebbe ascoltare.

                                

            Top secret, top secret,

            di questo non possiamo parlare

            è top secret, top secret

            nessuno in giro deve sapere.

Art:      Quanti misteri, che segreti hai,

            che a nessuno sveleresti mai,

            top secret,  è tutto quanto top secret.

            In quel tuo armadio quanti scheletri hai

            che a nessuno mostreresti mai

            qual è la verità che nascondi alla gente?

Coro: Top secret, top secret

            di te io non mi posso fidare

            top secret, top secret  

            non so se mi potresti tradire.

Gio:     Non ho segreti da celare, sai

            non temo nulla e non cerco guai

            davvero, mi credi son sincero,

            son trasparente, chiaro come il cristallo

            un libro aperto ma non un libro giallo

            non c’è mistero in me, tutto quanto evidente.

Coro:  Top secret, top secret

            stai fermo, zitto e non fiatare,

            top secret, top secret, 

            il nemico ci può intercettare.

Gio: Hai visto la signora Laura?

Art: Parlava con il signor Mario. Ma cos’è tutta questa confusione... segreti, tu cerchi lei, lei cerca te, quello cerca quell’altro... ma cos’é un matrimonio o una caccia al tesoro?

Gio: Per il matrimonio c’è tempo...

Art: Mancano appena trenta minuti e tutti gli invitati sono già arrivati... e non mi sembra questo il momento per sciogliere i misteri...

Gio: Quali misteri?

Art:   I misteri che ci sono nella vita di Beatrice...

Gio:   Misteri... nella vita di Beatrice?

Art:   Chi ha detto misteri nella vita di Beatrice?

Gio:   Tu! Hai detto i misteri nella vita di Beatrice.

Art:   Dicevo così in senso figurato... in ogni vita c’è un mistero... no? Eppoi devo andare, ho un mucchio di cose da fare... (fa per andare via ma Giovanni lo ferma)

Gio:   E no! Tu adesso mi dici qual è questo mistero.

Art:   Lasciami andare o strillo.

Gio:   Ti lascio andare se mi dici qual è questo mistero.

Art:   Te lo dico in due parole poi devo andare via. Beatrice ha un fratello.

Gio:   Cosaaaa?

Art:   Una storia commoventissima che poi ti racconterò. Adesso devo scappare.

(Fa per andare, ma poi torna indietro.)

Art:   Tu, per esempio, potresti essere stato scambiato nella culla. Si chiama “Sindrome della cicogna distratta”.

(Va via)

(entra Stefano)

Ste:   Giovanni! Cosa fai li, ti devi preparare fra venti minuti c’è la cerimonia.

Gio:   (in preda a catatonia) Si... lo so... ma non so cosa fare...

Ste:   Devi finire di vestirti e andare davanti al prete...

Gio:   .......

Ste:   Ma che ti prende?

Gio:   Ah... si… no...

Ste:   Ehi! Che ti succede? Il ripensamento dell’ultimo minuto?

Gio:   (scuotendosi) C’è troppo poco tempo per decidere...

Ste:   Poco tempo! Ma non siete fidanzati da ragazzini?

Gio:   Si... ma sto scoprendo più cose negli ultimi minuti che in tanti anni di fidanzamento...

Ste:   Non mi dire! Beatrice ti ha tenuto nascosti dei segreti? E’ ...una cosa... sconcertante... inammissibile... io al tuo posto mi cautelerei...

Gio:   In che modo?

Ste:   Semplice. Un contratto prematrimoniale.

Gio:   Un contratto prematrimoniale?

Ste:   Esatto! Stabilite prima le vostre situazioni patrimoniali, quali conseguenze potrà avere una separazione...

Gio:   Separazione?

Ste:   Giovanni bisogna essere realisti; guardare in faccia la realtà...

Gio:   Ma... io ho sempre pensato che io e Beatrice avremmo vissuto tutta la vita insieme...

Ste:   Sei certo che anche lei vuole questo?

Gio:   Io non lo so... Non sono certo un uomo affascinante, spesso faccio delle gaffe, non sono uno... sportivo, un elegante, insomma non ho nessuna di quelle qualità che le donne guardano in un uomo, ma io sono così.

Ste:   Si ma... se lei ti nascondesse qualcosa?

Gio:   Allora è giusto chiarire, non ci possono essere bugie e sotterfugi fra due che si stanno legando per la vita...

(Stefano è turbato dalla sincerità di Giovanni)

Ste:   Ma forse sono solo dei malintesi...

Gio:   Allora è necessario chiarire...

(entra Laura)

Lau: Ah, sei qui Giovanni, proprio te cercavo... ti devo parlare.

(Stefano capisce di essere un intruso e si allontana)

Gio:   Anch’io le devo parlare.

Lau: Bene! Adesso tu mi spieghi che cosa sta succedendo fra te e Beatrice.

Gio:   Niente. Signora lei mi conosce da sempre... può forse dire che io sono un bugiardo? Un imbroglione?

Lau: No. Un po’ troppo precisino da rompere le scatole... si.

Gio:   Mi dica... non sono stato sempre rispettoso e onesto nei confronti suoi e di Beatrice?

Lau: Si, si, e allora?

Gio:   Non crede che anch’io meriti rispetto?

Lau:  Oh, senti, ragazzo! Il rispetto uno mica se lo deve aspettare, lo deve anche pretendere. Ma perché mi stai dicendo queste cose... non lo capisco mica.

Gio:   Signora, io voglio molto bene a Beatrice, sono stato sempre innamorato di lei da ragazzini, e poi, ho voluto bene anche a lei... e non mi importa niente di niente dei soldi, dei...

Lau: Soldi? Quali soldi?

Gio:   No, non si preoccupi, io parlerò con le banche, con i suoi creditori e aggiusteremo tutto…

Lau: Banche? Creditori? Ma di cosa vai cianciando? Io non ho nessun creditore e con le banche, grazie a Dio, non ci salutiamo nemmeno.

Gio:   Ma mi avevano detto …

Lau: Chi ti ha detto … tutte questa bischerate!

Gio:   Ma … adesso capisco! Lo so io chi me le ha dette… ma non si preoccupi ora gliene dirò quattro a questo bugiardo, farabutto!

Lau: E chi sarebbe?

Gio:   Lo so io! Mi scusi signora, dovevo immaginarlo… lei è una persona per bene, è stata come una madre… che scemo io a crederci… 

(Entra Beatrice, vestita con l’abito da sposa ma senza velo)

Lau: Oh, Beatrice, vieni, vieni, che qui il tuo fidanzato mi sta facendo la dichiarazione d’amore.

(Beatrice si avvicina, è seria e decisa)

Bea: Anch’io ti cercavo. Perché volevo parlarti.

Lau: Ho bell’e capito. Qui c’è un cambiamento di programma in vista...

Bea: Mamma, ti prego...

Lau: Stai tranquilla Beatrice, la tua mamma adesso va fuori dai piedi, perché non mi piaci quando hai quella faccia li. Ciao ciao.

(I due rimangono soli e in silenzio. Musica in sottofondo)

Gio:   Beatrice, io ti ho amato dal primo giorno che ti ho incontrata, se qualcuno mi chiedesse: che cos’è l’amore, io direi: l’amore è Beatrice. Non m’importa niente di tutto quello che sta succedendo; io voglio solo una cosa: la tua felicità. Se tu in questo momento mi dicessi: Giovanni io amo un altro, io ti direi: se questa è la tua felicità, vai con lui, subito, non perdere altro tempo con me.

Bea: Beh, sei quello che ho sempre pensato che tu fossi: una brava persona. Tu ti svaluti sempre, credi che gli altri siano migliori di te, ma ti sbagli: tu sei migliore degli altri; sono io che non sono giusta per te.

Gio:   Ma cosa dici, tu sei perfetta...

Bea: Ascolta, io ti ho mentito e ho mentito a me stessa. Non è la tranquillità quella che cercavo... io non so come spiegarti... ma la vera Beatrice dorme dentro di me e ho paura che si stia per svegliare.

Gio:   Ma … non ti capisco …

Bea: Non mi capisco nemmeno io … mi sento come una che ha smarrito i suoi orizzonti… tutto ad un tratto sento che il mio posto non è qui… mi guardo attorno e non vedo niente. Tu, mia madre, gli amici, siete la mia infanzia, la mia adolescenza, ma non siete il mio futuro… non fraintendermi, io vi voglio bene, sono stato bene con voi, mi avete dato gioia, affetto, sostegno, mi avete aiutato a crescere, ma… ora io ho bisogno di stare da sola… con me stessa. Devo fare chiarezza, rimettere i giocattoli in una cassapanca e farli riposare…

Gio:   Beatrice… tu forse sei un po’ stanca… c’è troppo frastuono intorno…

Bea: No, Giovanni… non è così…

(entra Arturo. Fine musica in sottofondo)

Art:   Ragazzi, il prete è pronto, gli invitati sono…

(si accorge che i due sono di pessimo umore e si interrompe)

Art:   Che succede?

Gio:   Succede … che questo matrimonio non si fa.

(Arturo sbalordisce e sta quasi per svenire)

(entra anche Laura)

Lau:  Ma si può sapere cosa state facendo ancora qui…

(Capisce che è successo qualcosa e si blocca. Si accascia come per dire: “Ci siamo!”)

Lau: Ecco! Lo sapevo!

Bea: Mamma! Non farmi il discorsetto di circostanza, ti prego!

Lau: Ma che discorsetto vuoi che ti faccia! Non saprei cosa dirti… credevo che succedesse solo nella pubblicità che la sposa scappa il giorno delle nozze.

Art: Dopo tutto il lavoro fatto… ma, ragazzi, non vuole essere un suggerimento, ma… non potreste sposarvi e poi… magari… divorz… No?!… era solo una proposta.

(Beatrice fugge via.)

(Entra Mario)

Mar: Signora …

(Si guarda attorno vede l’aria che tira e tira un sospiro.)

(Laura si tira su dalla sorpresa e reagisce.)

Lau: E allora! Su ragazzi, su! Non è la fine del mondo! Può succedere che una ci ripensa, nooo?  Pure a me è successo… una volta al supermercato avevo preso un detersivo, ma poi prima di pagarlo ho cambiato idea, è una cosa norm …

(si accorge di aver trovato un paragone infelice.)

Lau: Beh! Insomma… piangerci su non serve. Signor Mario a che ora si mangia?

Mar:  A che or … quando vuole signora … ma gli invitati …

Lau: Gli invitati sono venuti per mangiare, mica per il matrimonio, perciò appena tutto è pronto, si va a tavola!

(Esce)

(Entra Stefano.)

Mar:  Vieni, Stefano… c’è un cambiamento di programma …

Ste:   Cioè?

Mar:  Il matrimonio diventa festa di celibato, il menù rimane invariato. A che punto è il pranzo?

Ste:   (confuso)… trenta, quaranta minuti … ma … che succede?

Gio:   Succede che tu sei un imbroglione…

(Giovanni si avventa su Stefano prendendolo per il bavero, i due hanno una colluttazione, si crea un parapiglia; Beatrice  entra in scena, senza abito da sposa e, insieme a Mario tenta di dividerli, ci riescono.)

Bea: Ma si può sapere che cosa succede?!

Gio:   Questo farabutto si è messo a dire un sacco di bugie… menzogne…

Mar:  Stefano! E’ vero quello che dice?

Ste:   Ma non l’ho fatto per cattiveria…

Gio:   Ma sentitelo! Non l’ho fatto per cattiveria!

Mar:  Ma che ti è saltato in mente? Perché?

Ste:   (dopo un momento di difficoltà, sbotta.) Si! E’ vero! Volevo… non volevo…

Gio:   Non volevi che ci sposassimo, vero?

Ste:   No… cioè si! Insomma io mi sono innamorato di Beatrice appena l’ho vista… Proprio come è successo a te Mario con tua moglie… non potevo subire questa ingiustizia …

Art:   Ma allora tutta la storia del Lord, blockbuster, i mangiatori di passeggeri, la culla… erano tutte frottole? Bugiardo, mentecatto che non sei altro…

Bea: Basta! Smettetela! Lui non ne ha colpa, non è con lui che ve la dovete prendere. Questa è una mia decisione, solo mia!

(Le luci si affievoliscono sugli altri attori che si allontanano. Le luci ritagliano uno spazio per Beatrice e Stefano.)

Solo per stupirti

(Stefano e Beatrice)

Ste:      Solo per stupirti,

            per far colpo agli occhi tuoi

            belli più che mai,

            ora che tu sei        

            un po’ più vicino a me.

Bea:    Sei un impostore

            ma ti sento così mio …

            con la tua allegria,

            la tua simpatia

            hai stravolto tutto in me, così …

Ins:      insieme a te

            inizia l’avventura,

            l’affronterò

            vincendo ogni paura,

            giorno per giorno

            andremo lontano,

            passo per passo

            tenendoci per mano.

            Scrivo da qui

le pagine di un diario,

i giorni infiniti

del nostro calendario,

sogni leggeri

di un solo momento,

cieli affollati

di foglie nel vento.

Ste:      Solo per piacerti

Bea:                            ti credo, sai

Ste:      perché piaci tanto a me

Bea:                            anche tu, sai

Ste:      so che capirai,

Bea:                            va bene

Ste:      non ti arrabbierai,

Bea:                            sicuro

Ste:      cerca di sorridere per me

Bea:                                 per te.

Orchestra

Ins:      Sorriderai

            e sarà primavera,

            mi guiderai

            e sembrerà sicura

            la nuova strada

            che porta lontano

            e ovunque vada

            ci andremo per mano.

Ste:      Era solo per spiegarti

Bea:    è abbastanza chiaro ormai

Ins:      che son qui per te,

            tu sei qui per me

            questo conta, ormai …

Ste:   Beatrice, non era vero niente di tutto quello che ti ho raccontato. Ho inventato tutto… per stupirti… perché appena ti ho visto, la realtà mi è sembrata banale, tu hai spalancato scenari da fiaba ed io ci sono entrato portandoti con la mano; forse ho esagerato, ma chi ama esagera sempre… mi sono sentito come un eroe, volevo  essere Peter Pan e portarti con me sull’isola che non c’è; volevo volare insieme a te; scoprire tesori nascosti e poi lasciarli a degli sconosciuti; assaltare diligenze per offrire un sorriso; liberare tutti i pesci rossi delle case e portarli nel mare; quante cose ho pensato di fare con te… ma poi, mi sono guardato allo specchio è… mi sono visto. Non sono Peter Pan… sono solo… un ragazzo perduto.

Bea: No! Tu sei stato Peter Pan, il Corsaro Nero, Tarzan, Mago Merlino, mi hai portato dentro un libro di fiabe ed io mi sono vista; non facevo arrembaggi, non lottavo contro i nemici, ero prigioniera. Incatenata dalla paura, schiava delle convenzioni; poi sei arrivato tu ed io ho trovato la forza di fuggire. Per questo ti sarò sempre grata. Avevo bisogno di sognare e tu lo hai capito appena mi hai visto. Vieni… dammi la mano! Conducimi dove vuoi, ma… tienimi stretta.

(I due si danno la mano e guardandosi negli occhi escono di scena.)

(Rientra in scena Laura e Mario)

Lau: E allora,  Mario? A che punto siamo con le vettovaglie? Gli invitati hanno fame!

Mar: Quando vuole signora!

Lau:  Senti abbiamo la stessa età, perché non mi chiami Laura, non siamo mica ragazzini!

Mar:  Come vuole … Laura … come vuoi … Laura.

Lau: Non dobbiamo essere tristi; tanto oggi Beatrice sarebbe andata via lo stesso, e io sono contenta e fiera di lei, e tornata la Beatrice che conoscevo. In fondo, detto fra noi, non la vedevo mica Beatrice a fare la casalinga tranquillina, è sempre stata un po’… matta! E tu Mario, sei un tipo tranquillino?

(Mario si schernisce un po’, poi si imbaldanzisce.)

Mar:   Mica tanto, Laura! Certo da quando sono tornato dalla Siberia…

Lau:     La Siberia!

Mar:    Si ma è stato dopo che ho perso la miniera di oro che avevo nella Sierra Madre…

Lau:     La Sierra Madre?

Mar:    Non te l’ho raccontato?

Lau:     Nooo! Dimmi, dimmi…

Mar:    Devi sapere che i miei genitori erano degli archeologi … o si dice archeologhi?

Lau:     Ma noi diciamo come vogliamo, tanto chi ci sente! Dai racconta!

Mar:    Mi trovavo nel Kilimangiaro e andavo a caccia di coccodrilli…

Lau:     I coccodrilli nel Kilimangiaro? Oh! Chi glieli ha messi?

Mar:    ‘un si sa! Ti devo raccontare quando ho attraversato la mezza manica a nuoto…

Lau:     Ma come “mezza”?

Mar:    Era d’estate! Io in estate porto sempre le mezze maniche… ti dicevo…

(Si allontanano a braccetto mentre Mario continua a raccontare.)

(Entra Arturo)

(Poi ad uno ad uno entrano i ragazzi che si mettono attorno ad Arturo)

Art:     Ma… dove sono andati tutti… mi hanno lasciato solo… no perché io voglio raccontare a qualcuno la mia storia… tu (si rivolge ad uno dei ragazzi lo prende a braccetto) devi sapere che io sono stato scambiato nella culla, perché i miei veri genitori erano i Duchi di Cornovaglia… non mi chiedere dov’è la Cornovaglia, perché proprio non lo so, pensa che a quest’ora io sarei un duca; andrei a pranzo con la regina, giocherei a briscola con il re, insomma farei una vita di una noia mortale; meno male che quella infermiera mi ha scambiato, Dio l’abbia in gloria, santissima donna. E tu? C’è un mistero nella tua vita? Nooo? Sei sicuro!

(Rientrano tutti. Cantano la canzone finale.

UNA FRECCIA VERSO IL CIELO

Coro:Come fu, com’è accaduto

            cosa avvenne di preciso

            cosa deviò la traiettoria

            di una vita che volava.

            Un’indagine è obbligata

            la faccenda va chiarita.

            ogni dubbio dissipato

            Il mistero va svelato.

            Apri ora i vecchi armadi

            cerca bene su in soffitta

            fra le pagine ingiallite

            del tuo diario di ragazza

            e rileggi quella storia

            che inventavi ogni dì.

            Era quella la tua storia

            scritta solo dal tuo cuore,

            ora riprendila fra le mani

            e falla volare via come fosse:

            Una freccia verso il cielo,

            un gabbiano alto in volo,

            un vela dispiegata.

            Non temere i forti venti

            e le notti buie e cupe,

            le maree ti sono amiche

            il tuo cielo è già in attesa.

            A te basta solo un sogno

            una sfida da accettare

            una vita da non spiegare

            a nessuno, solo a te.

            Scocca adesso

            la tua freccia verso il cielo

            il tuo volo di gabbiano

            la tua sfida da sognare

            attraversa i sette mari,

            vivi adesso che lo puoi,

            vivi adesso che lo sai.

FINE