Isabella e il duca

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TI SALUTO, MARIA

 

“ISABELLA E IL DUCA”

dramma in due atti di Giuseppe D’Addario

Credo che la maggior parte dei larinesi abbiano sentito raccontare, alme-no una volta nella loro vita, la storia dell’uccisione del prepotente Duca di Larino da parte di nobili locali, tale avvenimento risale verso la fine del XVII secolo e precisamente il 1 maggio del 1679.

“L’avvenimento si svolge nei prodromi di quel vasto movimento dottri-nario e rinnovatore che doveva portare all’eversione della Feudalità nel Regno e s’appartiene alla migliore Storia del Mezzogiorno di quel perio-do costituendo, nel contempo, una bella pagina della Storia Larinate pur ricca di fasti millenari”. (Giuseppe Orazio de Gennaro, da “Almanacco del Molise”- 1975)

Tutto è iniziato quando l’amico Nicola Lozzi (ex assessore alla Cultura del comune di Larino), nell’agosto 2002,mi chiese di realizzare un testo teatrale della vicenda storica e, per suffragare tale richiesta, mi informò che, addirittura Alessandro Dumas padre aveva inserito tale episodio nel suo romanzo “Un regno insanguinato”: infatti, nel romanzo si parla lun-gamente del Molise ed, in particolare, della città di Larino. I presupposti per suscitare in me l’interesse necessario per dare inizio al lavoro c’era-no tutti. Dopo un’attenta lettura del romanzo, e appurato che il Dumas, traspose la vicenda in epoca successiva a quella in cui i fatti sono real-mente accaduti, a questo punto, si creava la necessità di verificare la ve-ridicità storica e le effettive modalità di tale accadimento.

Innanzitutto, per comprendere meglio la vicenda, è opportuno citare la narrazione fatta da Alberto Magliano nel suo libro “Città di Larino” (Ed. 1986): “…lo Stato di Larino fu venduto per estinzione di candela a don Inico Ventura per ducati 45.000, ed egli dichiarò di averlo acquistato per don Francesco Maria Carafa, Principe di Belvedere, donatario e te-nutario di suo zio Tiberio Carafa, generale di artiglieria. Questo princi-pe orgoglioso e prepotente fu subito in discordia con l’Università e con i cittadini, per abuso sulle persone e sulle proprietà, tanto più sensibili in quanto che pochi erano gli abitanti a causa della peste di pochi anni prima. Egli fu catturato dai briganti in Città e dovè pagare una forte somma per riscatto ed il 1° maggio 1679 fu ucciso.

Isabella Sorella, moglie di Raimondo de Raimondo, per la sua rara bellezza, aveva destato nel Principe desiderio di possederla, per cui il marito col giovine congiunto Abate Cornacchielli si appostò presso i Cappuccini ed allorché il Duca ritornava in calesse da Campomarino, scortato da 40 guardie a causa dei briganti che infestavano i nostri luo-ghi, lo uccisero con due colpi di archibugio. Gli uccisori per sfuggire alle ire delle guardie, insieme ai parenti ed amici che temevano ugual-mente, si rifugiarono in numero di 120, così almeno scrive Antonio Palma, uno dei rifugiati, nella Cattedrale e nella Torre dell’Episcopio, dov’eravi diritto di Asilo. Isabella imprudentemente si affacciò ad una finestra ed una guardia la uccise con un colpo di archibugio che la colpì in faccia. Essendo essa incinta di nove mesi il dottor Antonio Palma operò il parto cesareo ed il bambino nato vivo morì dopo tre ore. Così scrive il Palma, ma la tradizione vuole invece che egli vivesse e che proprio egli fosse poi quel Matteillo Maggiopalma, che per tanti anni fu Mastro Giurato.

L’Abate Cornacchielli fu, nonostante il diritto di asilo, arrestato sull’al-tare e nel giorno anniversario dell’uccisione del Principe fu impiccato sulla porta della Chiesa. Raimondo de Raimondo fu ucciso, difenden-dosi, in un confessionale, dove erasi rifugiato.

Gli altri parte riuscirono a fuggire e parte furono perdonati.”

Insieme a studi generali di ordine storico-sociale sul secolo XVII dell’aria meridionale e, nello specifico del Molise, ho consultato ulteriori scritti redatti da storici locali quali: il già citato Alberto Magliano, Giambattista Masciotta, Giuseppe Orazio de Gennaro e, a questo punto, iniziarono i problemi. Infatti, ognuno di loro, dava una versione dei fatti completa-mente diversa e, soprattutto, non era affatto chiaro chi era o erano i veri uccisori del Duca e la reale motivazione.

Se Giambattista Masciotta e Alberto Magliano danno una sintetica nar-razione concordando sulla motivazione passionale dell’omicidio (ma non sui nomi dei reali esecutori), de Gennaro, oltre ad una più ampia esposi-zione, esprime una causa unicamente di carattere economico, lasciando intendere che, il movente passionale, non era stata altro che un’inven-zione popolare. Egli descrive un avvenimento, che gli altri due storici non citano e, precisamente, l’occupazione abusiva, da parte di 40 guardiani armati al comando del Carafa, dei terreni Colle di Lauro di proprietà Palma. Da qui la reazione e la decisione della famiglia Palma di reprimere il torto con la forza e, dopo aver radunato circa 120 uomini armati e deci-si, mossero contro il Duca. La vicenda assumeva i contorni di un vero e proprio giallo. A chi dare credito e come si sono svolti veramente i fatti?

Dopo approfondimenti e ulteriori ricerche, ho potuto verificare alcune innegabili realtà di fatto. Da questi presupposti e, tenendo presente due fatti che influenzeranno tutto lo sfondo politico-sociale della vicenda (i moti popolari nel napoletano capitanati da Masaniello nel 1647-‘48 - con ripercussioni nel Molise con Nicola Mannara come esponente di spicco - e la peste del 1656),ho iniziato la stesura del dramma “Isabella e il Duca”. La loro vicenda è quella che ho potuto dipanare ed intrecciare, at-traverso una plausibile ricostruzione degli accadimenti narrati dai nostri storici locali. Nel dramma, in base alla documentazione consultata, espri-mo la mia versione dei fatti in cui, naturalmente, ho dovuto far convivere esigenze narrative insieme ad esigenze sceniche. Inoltre lo scopo del dramma non è semplicemente rievocativo ma l’intento è quello, in un periodo così difficile per la città di Larino, di guardare al suo passato e a come hanno saputo i suoi cittadini reagire in momenti altrettanto e, forse, ben più difficili di oggi.

“La morale che possiamo trarne noi moderni corrisponde al secolare filo conduttore della Storia seguendo il quale l’aspirazione alla libertà ed alla Giustizia è una costante del moto umano. Ogni regime viene eroso dall’interno allorché lo si esercita con tracotanza e ingiustizia; il ricambio sociale rappresenta la costante naturale di tutti i regimi. Il sistema pirami-dale dei Feudalesimo; uno degli ordinamenti maggiormente durati e più radicati nella Storia, non è sfuggito alla fatalità di quelle costanti allorché s’allontanò dai suoi stessi principii e cioè quelli della Cavalleria, del senso dell’Onore, della dura disciplina, l’obbligo al dovere e al suo grande e insostituibile contenuto morale. Chiudendo gli eventi larinesi del 1679 non si può ignorare che precedettero, nella loro essenza storica, di oltre 20 anni la grande Congiura della Macchia che, organizzata e diretta dai grandi Casati napoletani, si determinò nella capitale nel 1701 e la cui fisionomia storica, nazionalistica e liberale risulta simile a questa larinate sia pur differenziandosi per maggior risonanza, importanza e statura.

Detta sollevazione indipendentistica nel Regno di Napoli prese nome da Gaetano Gambacorta principe di Macchia Valfortore e iniziò nel nostro Molise al Castello di Campolieto. (Giuseppe Orazio de Gennaro, da “Al-manacco del Molise” - 1975)

Ringrazio Nicola Lozzi per l’idea, l’incoraggiamento e l’aiuto costante; Napoleone Stelluti per aver fornito il materiale e gli articoli sull’argo-mento; un ringraziamento particolare a Giuseppe Mammarella per la ri-cerca storica su documentazione originale, presso gli archivi arcivesco-vili, e a Luigi Carnevale Caprice per la consulenza storica.

Dedico questa mia a tutti i larinesi.

ISABELLA E IL DUCA

(Cronaca di un amore, Larino 1679)

dramma in due atti di Giuseppe D’Addario

 

 

  Personaggi

 

  Isabella Sorella

  Antonio Palma

  Duca Francesco Carafa

  Gaetano Cornacchiellis (abate fratellastro di Antonio)

  Raimondo dè Raimondi (amico di Antonio)

  Ermes De Obscuris (amico di Antonio)

  Zerbina (cameriera di Isabella)

  Pardino (servo di Antonio Palma)

  Capitano

  Espinosa

  Maria (serva di Isabella)

  Capocaccia

  I Guardia

  II Guardia

  Annina (ragazzina)

  I Serva

  II Serva

  III Serva

  IV Serva

  Servo

 

 

 

 

  L’azione si svolge a Larino e paesi limitrofi.

 

  

I ATTO

Scena I

(Sono in scena Zerbina e quattro serve, intente a lavare panni, presso un ruscello. Con loro vi è una ragazzina: Annina. Una corda tesa tra due legni attraversa la scena sulla quale, in seguito, verranno stese le lenzuola ad asciugare)

  III SERVA: (È anziana, si muove e parla con fatica. Ad Annina, che le porge una cesta piena di panni) Qua, vieni... appoggia qui, sopra queste pietre... Così, un po’ più vicino... Grazie Annina, tu sei proprio una brava figliola. Adesso siediti e osserva bene come si riesce a rendere puliti questi vestiti. Quest’acqua, chiara e limpida, porta via con sé ogni impurità. Ahhh, se quest’acqua potesse portar via tutto il male che cova nei cuori degli uomini. Vorrei poter lavare così anche il cuore di certi uomini malvagi e crudeli. (Sbatte con forza i panni attorcigliati sulle pietre)

  ZERBINA: Allora belle donne¼ più forza nelle braccia, voglio queste lenzuola, della mia bella padrona, pulite e asciutte prima di sera.

  I SERVA: Ueee¼ andiamo, andiamo¼ l’acqua porta via tutto. Loro sporcano e a noi tocca pulire. Ascoltate Zerbinetta, la cameriera di donna Isabella, eh! Lei sì, sa parlare! Sa parlare, ma non sa faticare! (Risate)

  II SERVA: Lasciate stare Zerbinetta¼ vi conviene¼

  ZERBINA: Ueeee, Filomena¼! Filomena sa solo chiacchierare e non si sa maritare! Quando apre bocca tutti gli uomini le scappano. Donne cantate, cantate¼ che è meglio per voi! (Le donne iniziano a cantare)

  IV SERVA: (Tra sé) Uhhh, quante arie¼ solo perché è al servizio della nobile Isabella! Vieni a faticare con noi¼ vieni. Altro che uomini.. proprio lei parla di uomini!

  I SERVA: (Sottovoce) Che strano! Chissà perché donna Isabella manda a lavare le proprie lenzuola qui al ruscello. Con tutta l’acqua che ha nel pozzo del suo palazzo¼

  IV SERVA: (Sottovoce) È quello che mi chiedo anch’io¼ Di solito i signori non si mischiano con noi poveri servi!

  II SERVA: Zitte stupide... state zitte...  (Canta più forte)

  ZERBINA: ¼più forte! Fate sentire le vostre voci! (Canta, intanto prende una stoffa da un cesto e l’appende al filo steso. Poi fa cenno alla II Serva e, insieme, prendono un grande lenzuolo, lo torcono, lo sbattono e lo sten-

dono sul filo. Poi un altro lenzuolo fino a coprire il centro della scena. Zerbina si guarda intorno, va verso sinistra e fa un cenno a)

Scena II

 ISABELLA: (Entra e sottovoce a Zerbina) È sicuro? Siamo al sicuro, Zerbina?

(Le serve, smettono di cantare, fanno per alzarsi accennando un  inchino di saluto per Isabella)

  ZERBINA: (Alle serve) Ferme¼ continuate tranquille¼ voi non avete visto niente, mi raccomando! (A Isabella) Sì, mia padrona, non abbiate timore, ho controllato e… tutto è tranquillo, per ora.

  ISABELLA: Mia cara Zerbina, hai fatto come richiesto?

  ZERBINA: Certo, mia signora¼ ho informato, come da vostro comando, il nobile don Antonio¼ Tra poco sarà qui!

  ISABELLA: Oh, Zerbina, ho il cuore impazzito dalla gioia! Ti sembrerà avventata la cosa ma¼ lo so, sono soltanto pochi giorni che non lo vedo… ma mi sembrano anni. Quando hai donato il tuo cuore è difficile star lontani da chi l’ha accolto. E quando il tuo bene si allontana da te, ti sembra di non poter vivere senza di lui. Sembra che ti manchi, perfino, il respiro!

  ZERBINA: Oh, come la capisco¼ mia nobile Isabella! Pare, proprio, che il cuore sia stato creato per palpitare e soffrire d’amore! Ecco, sento un rumore di zoccoli. E il cavaliere, che si avvicina, è senz’altro un innamorato desideroso di rivedere e di stringere fra le sue braccia il suo bene momentaneamente perso. Eccolo che arriva. Vedete?! Là, in fondo¼ vicino a quella quercia!

  ISABELLA: È lui¼! Sì, è lui il mio promesso sposo!

  ZERBINA: Oh, guardate come l’innamorato salta dal suo cavallo! E, senza badare ad altro, viene correndo verso il luogo dell’appuntamento.

  ISABELLA: Oh, Antonio¼ Antonio! (Fa per andare verso di lui)

  ZERBINA: Fermatevi! È meglio aspettare! È più sicuro, qui¼ e poi è opportuno lasciare che sia l’uomo a correre verso la sua preda d’amore¼ Lasciatelo soffrire ancora un poco!

  ISABELLA: (Con slancio si scioglie da Zerbina e va verso)

Scena III

  ANTONIO: (Entra e con slancio prende le mani di Isabella) Isabella¼ Isabella¼ mia adorata! (Girano due volte su loro stessi e si portano in mezzo alla scena)

 ZERBINA: (Intanto si rivolge verso le serve, che commentavano la scena con sguardi e risolini, e, a gesti, le invita a girarsi e a stare in silenzio)

  ANTONIO: Isabella¼ mia amata!

  ISABELLA: ¼mio unico bene!

  ANTONIO: Il desiderio di te mi fa sentire come l’assetato che si ristora presso la sorgente della tua bellezza!

  ISABELLA: E io fremo al solo vederti! Il mio cuore palpita e non smette neanche un attimo di battere, unicamente per te!

  ANTONIO: Soltanto adesso¼ vicino al mio unico bene, il mio animo si placa¼

Scena IV

  PARDINO: (Entra) Ossequi, donna Isabella, ciao Zerbina¼ eccomi a voi, don Antonio!

   ANTONIO: Hai legato i cavalli, Pardino?

  PARDINO: Certo, padrone¼

  ANTONIO: Bene, stai attento e tieni gli occhi bene aperti¼

  PARDINO: Sì, sì, non preoccupatevi¼ (Si avvicina a Zerbina)

  ISABELLA: Grazie per aver risposto al mio invito¼

ANTONIO: Appena ricevuto il tuo messaggio ho fatto di tutto per arrivare puntuale al luogo da te indicato. (Le prende le mani) Oh, come si sono raffreddate le tue belle e delicate mani! Penserò io a scaldarle!

I SERVA: (Sottovoce) ¼eh, delicate mani¼ (Si guarda le mani) Per forza! Perché non viene, lei, a lavare al posto mio¼

ISABELLA: Grazie, mio caro¼

  IV SERVA: (Sottovoce) Beati loro, non hanno altro a cui pensare!

  (Nello stesso tempo, Pardino prende una mano di Zerbina e se la porta al viso. Zerbina, dopo un po’, toglie la mano e spinge Pardino, allonta-nandolo da sé. Dopo qualche attimo, Pardino, le manda un bacio con la mano ed esce)

ANNINA: (Fa capolino da dietro il lenzuolo e timidamente offre un piccolo mazzetto di fiori da campo che aveva precedentemente raccolto)

 ISABELLA: (Prende i fiori) Oh, che cara¼ che tesoro¼ Grazie, tu sei Annina, vero? ¼ grazie, sei molto gentile...!

  ANTONIO: (Carezzando lievemente una guancia di Annina) Grazie¼ che bel gesto il tuo!

  ISABELLA: È proprio vero che la speranza di un mondo migliore è riposta nei fanciulli!

  ANNINA: (Con un sorriso se ne va e torna a giocare)

  ANTONIO: Già, speriamo che, almeno per loro, il futuro sia migliore! Dimmi Isabella, perché proprio qui, il nostro appuntamento?

  ISABELLA: Oh, ero stanca di starmene rinchiusa nel mio palazzo. Senza di te mi sentivo soffocare... qui invece... E poi, è proprio qui che venivamo a giocare da fanciulli¼ ricordi?!

  ANTONIO: Come potrei dimenticare! I nostri giorni più belli li abbiamo trascorsi su questi prati collinosi. Giocavamo presso questo ruscello e scherzavamo in mezzo a questi alberi.

  ISABELLA: Oh, com’era bello allora¼ correvamo liberi e spensierati¼ e gioivamo nel pensare al nostro futuro¼

  ANTONIO: Già, adesso invece¼ non c’è neppure concesso di coronare il nostro sogno d’amore. Per colpa di quel¼ Carafa! Maledetto Duca!

  ISABELLA: Calmati Antonio, non roviniamo questa magnifica giornata di ottobre. Sai, sognavo tanto di essere qui fra le tue braccia ad ammirare le luccicanti foglie rossastre, sotto questo tenero sole autunnale.

  ANTONIO: Sì, hai ragione, meglio non pensare alla nostra sciagura! Solo¼ non riesco a scacciare il pensiero che, a quest’ora, potevamo essere marito e moglie!

  ISABELLA: Da quando il nostro Duca mi vide, per la prima volta, ad una festa nel suo palazzo… basta, non ho avuto più pace!

  ANTONIO: E non si è limitato ad infastidirti, in ogni possibile occasione, ma ha anche proibito, a qualsiasi sacerdote del circondario, di celebrare le nostre nozze! Fa il prepotente¼! Solo perché discendente da una grande e nobile famiglia, crede di poter fare tutto quello che gli passa per la testa.

ISABELLA: No Antonio, basta parlare di lui. Anzi. cerca di essere prudente e accorto. Gli sgherri del Duca non fanno altro che cercare qualche pretesto per offendermi e mettere in difficoltà anche i miei congiunti. E so che anche a te¼

  ANTONIO: Ah, ma io sono sempre riuscito a tenerli a bada¼ che ci provino¼ Sono sempre pronto a rincarare la dose e a fargli sentire il sapore della mia spada!

  ISABELLA: Antonio! Lo so che sei forte, leale e coraggioso, ma quando si ha a che fare con le serpi, bisogna sempre essere molto accorti.

  ANTONIO: Non devi preoccupati per me, mia cara. Sei tu che hai bisogno di aiuto. (Suono di corno e abbaiare di cani)

  PARDINO: (Entra di corsa) Mio signore, attenzione, cavalieri in arrivo! Sono le guardie del Duca che tornano dalla caccia!

  ZERBINA: Dovete andare mia signora¼ meglio che nessuno vi veda qui¼

  ISABELLA: Oh no, proprio adesso¼

  PARDINO: (Guardando fuori scena) No, no¼ i cavalieri tirano diritto¼ se ne vanno¼

  ZERBINA: Meno male¼

  PARDINO: No, si sono fermati! E¼ accidenti, uno¼ uno di loro si è staccato dal gruppo e sta venendo verso di noi¼ tra poco sarà qui¼ Cosa facciamo?

  ISABELLA: Oh, Antonio, è meglio che io vada¼

  ANTONIO: Di cosa ti preoccupi, sono qua io! Non temere...

  ISABELLA: No, non voglio! Non voglio che mi vedano qui. Sono uscita senza avvisare nessuno. Lo sai, le nostre famiglie sono rigide in queste circostanze e non occorre creare altri problemi!

  ZERBINA: Presto, donna Isabella, da questa parte!

  ANTONIO: Sì¼ andate per quella salita e sarete subito alla Torricella, vicino alla Porta di basso. L’affido a te Zerbina¼ Io intanto¼

  ISABELLA: Ti prego. vai anche tu¼ non voglio che¼

  ANTONIO: Tranquilla mia cara¼ Pardino e io, adesso andiamo. A presto, amore mio¼ Verrò a trovarti!

  ISABELLA: Sì, a presto¼ Mi raccomando, sii prudente¼!

  ZERBINA: Da questa parte, seguitemi. (Esce seguita da Isabella)

  II SERVA: Che succede adesso, chi sta arrivando?

  PARDINO:Bene, padrone, i cavalli sono da questa parte, presto¼

  ANTONIO: Che fretta c’è Pardino?! Hai forse paura?

  PARDINO: Paura, io? No¼ è che avete detto, poco fa¼ Guardate, sta arrivando il cavaliere¼ Ah, è il Capocaccia del Duca¼ e so perché viene qua. Deve aver visto le donne che lavano¼ non è la prima volta che si diverte a sfottere queste serve.

  ANTONIO: Proprio lui? Il bastardo¼ si diverte a scorazzare per i campi e non perde occasione per molestare le nostre contadine e serve. Pardino, tu vai ai cavalli e tienti pronto.

  PARDINO: Don Antonio¼ la nobile Isabella ha suggerito di¼

  ANTONIO: Non preoccuparti. Fà come ti ho detto! Eccolo, sta arrivando. Stai attento a non farti scorgere. Vai, presto!

  PARDINO: Vado, vado! Ma usate cautela¼ (Esce)

  III SERVA: Che succede adesso? Anche voi ve ne andate?

  ANTONIO: No, non preoccupatevi. Mi raccomando, continuate a lavare e lasciate fare a me.

  II SERVA: Fate attenzione, don Antonio, quella è gente cattiva e ammazza per un nonnulla.

  ANTONIO: Lascia fare a me¼ Voi state calme e fate finta di niente. (Prende un lenzuolo steso e si copre completamente)

  I SERVA: Eccolo, è appena sceso da cavallo… si avvicina¼

Scena V

  CAPOCACCIA: (Entra baldanzoso) Ehi, donne, muchache, è arrivato il vostro hombre! Il vostro uomo con sangre caliente! Brave, brave, state lavando¼ che bella posizione che avete¼ (Si avvicina alla IV Serva e tenta di sollevarla prendendola per un braccio) Ehi, guapa, viene ustè con migo?

  IV SERVA: Ma che va cercando questo¼ lasciami lavorare¼ (Si stacca dalla presa)

  CAPOCACCIA: Ehi, donne come siete scortese! Torno adesso dalla caccia¼ è stata una bella giornata, con abbondante selvaggina! C’è qualcuna di voi che vuole un cosciotto di cinghiale, o una bella lepre?! Eh?! Non avete fame?

ANTONIO: (Dandogli le spalle e con voce in falsetto) Io, mio bel principe¼ io ho fame¼ molta fame¼

  CAPOCACCIA: Bè¼ e questa chi è? Chi sei, e perché ti copri tutta? Hai paura? Non devi aver paura¼ (Si avvicina) Ci sono qua io¼ Chi sei tu? Dimmi chi sei e perché ti nascondi?

  II SERVA: È una ragazza timida¼ è la prima volta che viene qui. (Si avvicina e sottovoce) È una giovane vergine¼

  CAPOCACCIA: Ahhh, intiendo¼ tu sei timida¼ giovane e¼ vergine! È vero che sei vergine?

  ANTONIO: (In falsetto prolungato) Sììììì¼ oooh… povera me¼!

  SERVE: (Trattengono a stento il riso)

  CAPOCACCIA: Oh, poverina¼ e come mai una ragazza così carina è questo luogo tutta sola¼ e in mezzo a queste¼

  I SERVA: Ehi, un po’ di rispetto!

  CAPOCACCIA: Vieni qua… ma perché ti copri? Vieni, fatti vedere!

  II SERVA: (Sottovoce) È molto timida¼ l’ho già detto, si vergogna a farsi vedere.

  CAPOCACCIA: (Sottovoce) Ma si vergogna per la sua bruttezza o per la sua bellezza?

  II SERVA: Volete scherzare? È di una bellezza incantevole! E, come un fiore appena sbocciato, aspetta solo chi lo saprà cogliere!

  CAPOCACCIA: Ah, sì¼ intiendo¼ intiendo¼ Ragazza, tu mi hai già fatto innamorare. Bella muchacha, vieni qui, vicino a me¼

  ANTONIO: (Si muove con movenze femminee) Oh, non ditelo¼ mi batte forte il cuore!

  II SERVA: Vi prego, cavaliere, lasciatela, è una ragazza ingenua¼ sola e indifesa.

  CAPOCACCIA: (La spinge lontana da sé) Via tu¼ e tu, bella fanciulla, vieni qui, mi hai incuriosito. (Prende Antonio per un polso)

  ANTONIO:Ah! Come osate! (Dà uno schiaffo al Capocaccia)

  CAPOCACCIA: (Barcolla) Per¼ Ehi, che guapa caliente¼ mi piacciono le donne come te! Vieni qua! (Lo prende per le spalle)

  ANTONIO: (Gli sferra un pugno al volto)

  CAPOCACCIA: (Cade a terra) Accidenti¼ per Diana, che forza, che calore¼ Mi piaci sempre di più! È così che devono essere le donne! (Si rialza e si slancia verso Antonio) Adesso mi hai veramente conquistato!

  ANTONIO: (Si libera del lenzuolo. Lo prende, da dietro, per le spalle, con un braccio lo stringe al collo e con l’altro sfila il coltello al Capocaccia e glielo mette alla gola. Con voce normale) Allora, mio bel principe, hai ancora voglia di fare il maiale?

CAPOCACCIA: Per¼ ma chi¼ chi sei? Ah, traditore. sei un uomo! Brutto mariuolo, è una trappola¼ questo è un imbroglio!

ANTONIO: Zitto o ti apro la gola in due, brutto caprone.

CAPOCACCIA: Chi sei, cosa vuoi qui? Come hai osato¼ contro il capocaccia del Duca. Ti faccio impiccare! Lo sai chi sono, io? E tu, vuoi dirmi che sei?!

  ANTONIO: Sono lu brigande Mannara¼ Nicola Mannara! Eccoti acconten-tato, imbecille!

  CAPOCACCIA: Il brigante Mannara? Ma come¼ un brigante? Vi prego, non fatemi del male! Vi scongiuro, lasciatemi andare¼

  ANTONIO: (Lo copre con il suo lenzuolo) No, vigliacco, non preoccuparti¼ (Lo mette carponi per terra) oggi è il tuo giorno fortunato¼ tieni! (Comincia a picchiarlo aiutato anche da qualche serva) Ti darò soltanto una lezione¼ Adesso vattene e non tornare più a dare fastidio alle nostre donne! (Con un calcio nel sedere lo stende per terra, ed esce)

Scena VI

CAPOCACCIA: (Si siede per terra e solleva il lenzuolo dalla testa. Si guarda in giro) Dov’è, dov’è andato quel maledetto? Aiuto! Guardie, aiuto¼ accorrete, presto! Sono stato assalito dal brigante Manna¼ Ma, il brigante Mannara?! Ma quello è morto parecchi anni fa¼ e tu chi sei, allora? Come hai osato? (Alle serve che stanno prendendo il secondo lenzuolo) Chi era, chi è stato, dov’è¼? (Si alza) È stato fortunato, perché mi ha colto di sorpresa, maldido¼ ma te la farò pagare! (Urlando) Guardie, guardie¼ a me, presto!

  II-IV SERVA: (Con il lenzuolo attorcigliato spingono il Capocaccia facendo-lo cadere) Oh, scusate signore¼ scusate¼

  CAPOCACCIA: Per Giove, ferme voialtre¼ ferme¼ adesso¼ (Fa per al-zarsi, ma le donne lo fanno ricadere) Adesso basta¼ aiuto, accorrete¼ al tradimento!

  II SERVE: Stanno arrivando le guardie¼ sono scesi da cavallo e corrono qua. Presto, è meglio andare!

  III SERVA: Prendete tutto e scappiamo, presto, prima che arrivino le guardie! Annina, Annina¼ vieni subito qua¼ (Escono)

  CAPOCACCIA: (Urla) Guardie, sono qui, sono qui¼ (Esce. Buio)

Scena VII

(Viene tirato un velario a metà palco, per permettere il cambiamento di scena e così sarà per ogni cambio scena. Entrano il Duca e il Capitano delle guardie) 

  CAPITANO: Eccellenza¼ abbiamo preparato quel pezzo di marmo¼

  DUCA: Pezzo di marmo¼?

  CAPITANO: ¼ sì, quella statua vecchia¼ antica come dite voi¼ Quella ritrovata, qualche giorno fa, da uno dei nostri contadini.

  DUCA: Bene, Capitano¼ fatela caricare sopra un carro. Verrà anch’essa trasportata, insieme alle altre, a Napoli.

  CAPITANO: Napoli?! Un bel viaggio! Ma ne varrà la pena? Tutti quei pezzidi… statue antiche? Cosa se ne faranno di quelle anticaglie?

  DUCA: Capitano¼ Capitano, con quelle anticaglie, come le chiamate voi, mi ingrazierò il viceré di Napoli. Il viceré è molto sensibile a questo genere di regali¼ E io ardo dal desiderio di tornare alla sua corte! Ho nostalgia della bellezza di Napoli: lo sfarzo, la musica, i balli delle feste di corte. Ahhh, mio Capitano, che città! È il centro d’Europa, in tutti i sensi. Napoli! che strana citt༠Città infestata da avvocati e da sgualdrine¼!

  CAPITANO: Avete ragione sono rimasto anch’io affascinato da quella città. Purtroppo sono anni che non vado a Napoli e mi mancano molto quei luoghi e… le femmine napoletane!

  DUCA: A proposito¼ cosa mi dici della donna che, in questo momento, suscita in me sentimenti¼

  CAPITANO: Ah¼ donna Isabella, della nobile famiglia Sorella¼

  DUCA: Proprio lei¼ In questa città che ho comprato, in questa città piena di cafoni e ridondante di orgoglio nobiliare, voglio cogliere l’unico fiore non ancora appassito.

  CAPITANO: Bisogna ammettere che quella donna farebbe girare la testa a qualsiasi uomo!

  DUCA: Sono rimasto abbagliato dalla sua bellezza e dalla sua grazia.  È sprecata per questa città! Deve essere mia! Con quel suo candore¼ O falso candore? Voglio appurare se anche lei è come tutte le altre donne! Dunque, che notizie mi porti!?

  CAPITANO: Eccellenza, ormai è difficile vederla¼ esce di rado dal suo palazzo e, quando lo fa, è solo per andare in chiesa¼ Prima la si poteva vedere ogni tanto al mercato, ma adesso¼ Casa e chiesa¼ e nulla più.

  DUCA: In chiesa? Strano, una giovane come lei dovrebbe frequentare i suoi pari. Partecipare alle feste, ai divertimenti¼ non è una nobildonna dunque? Questo significa fare violenza al suo sesso!

  CAPITANO: Eppure è così! Anche se¼ mi hanno riferito che, proprio una settimana fa, l’hanno vista uscire dalle mura della città. Era insieme alla sua cameriera e s’incamminavano verso il ruscello¼

  DUCA: Ruscello? È andata là¼?

  CAPITANO: Già, al ruscello¼ dove le serve vanno a lavare i loro stracci¼

  DUCA: E dove le tue guardie si sollazzano con loro¼ Ma com’è possibile¼ al ruscello! È impazzita?! È incredibile che una nobildonna, come lei, si mischi alle serve! Intende suscitare scandalo?! Non posso crederci, non può essere!

  CAPITANO: Eppure eccellenza¼ l’hanno vista¼

  DUCA: Ma che motivo aveva per andare in quel luogo?

  CAPITANO: Dicono, molto probabilmente, per incontrare il suo¼ quell’ Antonio… Antonio Palma.

  DUCA: Ancora lui¼ Come osa farmi questo affronto! Cosa si è messa in testa?! Palma… di nuovo questa famiglia sulla mia strada. Già hanno osato contrastarmi in occasione dell’acquisto di questa città… e adesso… Ma tutto questo non mi dispiace, sarà più dolce la mia vendetta.

  SERVO: (Entra e dopo un vistoso inchino) Perdonate Vostra Grazia! Ho urgenza di ricordare a Sua Eccellenza che i delegati dell’Università, aspettano una vostra¼

  DUCA: Delegati? Ancora¼ ma cosa vogliono! Mandateli via!

  SERVO: Vostra eccellenza, chiedo perdono, ma¼ è la quarta volta che li respingete. Ora sono in attesa di una vostra udienza¼

  DUCA: Che tornino un altro giorno¼!

  SERVO: Perdonate Vostra Grazia, chiedo venia ma, oggi, sono irremovibili. Non intendono andarsene¼

  DUCA: Vede, Capitano, detesto questi incontri. Sono così noiosi¼ e questi pezzenti vengono a elemosinare sempre le stesse cose¼ (Al servo) Informateli che tra poco li riceverò!

SERVO: Subito, Eccellenza! (Inchino ed esce)

DUCA: Vorrebbero più libertà, più autonomia economica! Non hanno ancora capito che sono io il padrone assoluto di questa città, e ho intenzione di spremere da questo feudo tutto ciò che è possibile!

CAPITANO: Mah, credo che ormai… qui, c’è poco da spremere…

DUCA: No! In certe questioni bisogna usare cervello!Come voi sapete, anni fa, la grande peste decimò questo paese.

CAPITANO: Certo fu una grande calamità! Ed è per questo motivo che la città ebbe un tracollo economico e adesso non ha…

CAPITANO: Qui vi sbagliate… gli uomini muoiono ma non certo le loro ricchezze! Infatti dove sono finiti l’oro, l’argento e tutti i preziosi di quei nobili larinesi deceduti?

CAPITANO: Ma… già, a questo non avevo pensato! Quindi ci deve essere, da qualche parte, un vero e proprio tesoro…

DUCA: …che aspetta soltanto di essere prelevato. Dobbiamo semplicemente scoprire dove. Qui c’è qualcuno che sa… qualcuno che ha… e tiene celato questo grande tesoro.

CAPITANO: Adesso capisco il motivo di quella scorribanda che mi avete comandato nel palazzo vescovile.

DUCA: Esatto… Ci devono essere degli indizi, delle tracce… devo a tutti i costi venire a capo di questo mistero. Bene! adesso pensiamo ai nostri noiosi ospiti. Odio questi incontri!

CAPITANO: Ma, mio Duca¼ basterebbe un vostro ordine e le mie guardie¼

  DUCA: Capitano¼ ricordatevi che, a volte, vi sono occasioni in cui l’utilizzo delle maniere forti reca più danni che benefici!

  CAPITANO: Ma io intendevo¼

  DUCA: Queste sono occasioni in cui conviene dare spazio alla diplomazia¼ Lo sai, i nostri amici spagnoli sono abili in questo. Insieme alla corruzione e al ripristino dei nostri vecchi privilegi ci hanno confermato che occorre dividere per poter prevalere sul nemico¼ ed io ho trovato come e su chi far leva per dividere i nobili di Larino. Bene, è ora di andare, a presto, Capitano e¼ mi raccomando, cercate di realizzare quanto abbiamo stabilito per… quella donna.

  CAPITANO: Senz’altro eccellenza, non dubitate, sarete obbedito puntual-mente! (Escono)

Scena VIII

  (Casa di De Obscuris, entrano Antonio seguito da Gaetano Cornacchielli e Raimondo dè Raimondi. Ermes De Obscuris è intento a svuotare bauli e a sistemare dei libri)

ANTONIO: De Obscuris? Ermes de Obscuris, sei proprio tu?

ERMES : Antonio ! Il mio caro amico Antonio, entra, entra... e questo giovane chi è?

  ANTONIO: Guardalo bene, non ti dice niente il suo volto?!

  ERMES: Ma… Gaetano! ti ho lasciato che eri un ragazzino e adesso…

  RAIMONDO: (Si fa avanti) Bentornato don De Obscuris…

  ERMES: Raimondo, anche tu! Fatti vedere… non sei affatto cambiato! Che piacere rivedervi. Mio giovane Gaetano e quell’abito cosa vuol dire?

  GAETANO: Ho ottenuto da poco l’incarico di Abate…

  ERMES: Alla tua età già Abate? Bravo, complimenti!

  ANTONIO: Ho saputo che sei tornato dal tuo peregrinare per l’Europa. Presto... muoio dalla voglia di sentire i resoconti dei tuoi viaggi.

  ERMES: Sono arrivato dall’Inghilterra, facendo tappa nei Paesi Bassi, nella terra dei fiamminghi e, poi, in Francia.

 GAETANO: Inghilterra… accidenti…!

  ANTONIO: Inghilterra?! Sei stato in quell’isola di barbari?! Quale motivo ti ha spinto ad avventurarti in quelle terre?

  ERMES: E no, amico Antonio¼ una volta si potevano considerare barbari ma, ormai, i sassoni credo saranno una delle future potenze europee. Per non parlare degli incredibili avanzamenti economici dei Paesi Bassi e anche la Francia sta¼

  ANTONIO: Mezza Europa sta avanzando economicamente, grazie alle nostre ricchezze. Ci stanno depredando di tutto.

  ERMES: Gli stati della nostra penisola sono come quelle vecchie zitelle imbellettate che si sono vendute e date a tutti e ora subiscono le angherie e i soprusi dei loro vecchi e nuovi avidi amanti stranieri. Sarà difficile che ritrovino la loro freschezza culturale e la loro baldanza economica giovanile.

  ANTONIO: Questo è un secolo strano.

  ERMES: Già… ormai siamo verso la fine. È iniziato con la condanna a morte di Giordano Bruno, il filosofo dell’infinito e sta…

  GAETANO: Giordano Bruno?! Non parlate di quell’uomo… lo sapete che è proibito!

ERMES: Cosa non è proibito ormai… adesso ci proibiranno anche di respirare! Ma le cose stanno cambiando… tutto cambierà.

  ANTONIO: So che ti sei consultato con i tuoi confratelli inglesi. Cosa dicono i grandi sapienti riguardo al nostro futuro? Riusciremo a riscattarci dal giogo straniero e dalla prepotenza dei nobili?

  ERMES: Gli astrofisici prevedono una confluenza astrale di eccezionale portata. Una confluenza che potrebbe stravolgere gli animi degli uomini.

  RAIMONDO: Ma… cosa vuol dire¼

 ANTONIO: Di cosa si tratta esattamente?

  ERMES: Tutti aspettano l’uomo della libertà. L’uomo che ci dovrebbe liberare dal giogo straniero. C’è chi lo chiama “l’uomo del destino”.

  ANTONIO: Davvero?! Allora c’è qualche speranza!

  ERMES: Mah! Alcuni dicono che l’uomo della libertà e della fratellanza porterà soltanto illusione¼ Si farà strada, entrerà in maniera irruente nel falso ordine costituito dalle monarchie europee. Aprirà le menti e i cuori alla ribellione, ma sarà soltanto una fase transitoria¼

  ANTONIO: Ma come¼ allora¼

  ERMES: L’uomo che nascerà dalla grande fratellanza deviata, porterà sì rovesciamenti di troni e di potenti, ma soprattutto porterà distruzioni, sangue e morte¼ L’intera Europa sarà sconvolta al suo passaggio, le genti oppresse lo saluteranno come un liberatore¼ Ma sarà, soltanto, un’illusione momentanea!

  ANTONIO: Quando accadrà tutto questo¼? Perché, se questo è il momento, comunque sia, noi siamo pronti a rischiare, pronti a combattere per un’idea. Sì, siamo pronti anche a morire, purché ne valga la pena¼ Quando¼ quando sarà tutto questo?

  ERMES: I figli dei nostri figli e i loro figli, forse, vedranno sventolare il vessillo della libertà. E, loro malgrado, saranno coinvolti nella grande illusione.

  RAIMONDO: Ma allora, non c’è alcuna speranza per noi!? Noi abbiamo bisogno adesso del riscatto da questa tirannia! Adesso e non fra cento o duecento anni...

ERMES: Oh, amici miei, ma questo è soltanto ciò che dicono le stelle. E noi siamo sulla terra… e chissà cosa ci riserva il nostro futuro. (Buio)

Scena IX

  (Stanza di Isabella. Zerbina sta pettinando Isabella)

  ZERBINA: Ecco mia signora¼ questi luminosi e morbidi capelli faranno impazzire qualsiasi uomo di Larino e non solo¼

  ISABELLA: Lo sai¼ per me conta soltanto un uomo¼

  ZERBINA: E quest’uomo è già ai vostri piedi. Ma come posso darvi torto¼ il bel don Antonio! So che ieri notte vi siete incontrati e¼ lungamente, appassionatamente, amati!

  ISABELLA: Zerbina, queste sono cose che non devono uscire da queste mura. È da tempo che aspettavamo tale evento, ma io ho sempre rimandato perché la nostra unione non era benedetta dalla Chiesa. Ma adesso, dopo il nostro matrimonio svoltosi tre mesi fa, in tutta segretezza, riusciamo a vederci in clandestinità, ma almeno con dignità.

  ZERBINA: Oh, povera Isabella¼ amare ed essere corrisposti, ma non poterlo fare  alla luce del sole¼

  ISABELLA: Sarebbe piaciuto anche a me avere un matrimonio bello, dignitoso in cui tutti potessero essere partecipi della nostra felicità.

  ZERBINA: Si... vi capisco…

  ISABELLA: Sai, Zerbina... quelle rare volte che sono tra le sue braccia, tutto svanisce, l’angoscia, la paura e la rabbia se ne vanno per lasciar posto ad una pace e felicità interiore! Poi, quando sono costretta a staccarmi da lui…

  ZERBINA: Ma non è detto che debba sempre essere così! Finirà questo periodo. Accadrà senz’altro qualcosa¼ Prima o poi, questo Duca dovrà capirlo che non ha niente a che spartire con voi e, soprattutto, quando saprà che siete maritata¼

  ISABELLA: Lo volesse il cielo¼ che il suo cuore s’intenerisse e mi lascias-se in pace. Ma non credo, perché sento che¼ nel mio caso c’è ben altro. Lui non ama me¼ la sua è soltanto un’ossessione carnale. Si è buttato come un avvoltoio sulla nostra libera città di Larino, e la sta portando alla rovina. Così intende infierire anche su di me. Io per lui sono soltanto un simbolo, un simulacro con il quale vuole dare un altro segno della sua potenza. Non si darà pace finché non avrà ottenuto il suo scopo.

  ZERBINA: Speriamo di no¼ Ah, mi capitasse a tiro, allora sì, saprei io cosa fare. Se non ci sono in questa città uomini in grado di ribellarsi apertamente¼ io sarei capace di¼

  ISABELLA: No, Zerbina, non è certo con la violenza che risolveremo i nostri problemi. Ricorda che la violenza non fa altro che richiamare altra violenza.

  ZERBINA: Ma quando vediamo, tutti i giorni, le ingiustizie, le più piccole libertà negate! Vi hanno riferito dei due nuovi impiccati? Proprio questa mattina¼ davanti al sagrato della chiesa!

  ISABELLA: Sì, Zerbina, ho appreso la notizia qualche ora fa¼

  ZERBINA: Bello spettacolo! Li hanno impiccati semplicemente perché li hanno sentiti nominare quel ribelle… Masaniello, morto, a quanto dicono, parecchi anni fa¼ Soltanto per questo! E dei due nobilastri che si sono affrontati ieri in duello, in strada, davanti a tutti, e semplicemente per una questione di precedenza?

  ISABELLA: Già, questi sono i regali che ci elargiscono i nostri amici spagnoli. I Conquistadores! Hanno reso i nostri nobili e la nostra migliore gioventù vanagloriosa e stupida come burattini! Basta¼ adesso basta parlare di queste cose tristi. Pensiamo a noi¼ tu piuttosto, almeno tu che puoi, Pardino, lo sai, non ha occhi che per te. Lui è proprio¼

  ZERBINA: Lo so, è un bravo ragazzo, ma, non mi sento pronta. E poi, che futuro potremmo sperare in questa esistenza di stenti e di miseria?

  ISABELLA: Prima o poi dovrai pur sposarti, o vuoi rimanere zitella per tutta la vita? Hai già ventitré anni. Non pensi ai figli?

  ZERBINA: Figli?

  ISABELLA: Lo sai, in noi donne è racchiuso il mistero della vita. E ogni donna cerca di completarsi grazie alla maternità.

  ZERBINA: Sì, ma gli uomini l’hanno dimenticato. Loro giocano con le armi e a noi tocca sopportare il pesante gioco dell’esistenza

  ISABELLA: Questo, purtroppo, è vero ma¼

  ZERBINA: No, il mio ventre non darà nuova linfa alla schiavitù! Non darò nuove braccia da spezzare. I miei seni non allatteranno bocche destinate a urlare di dolore! Non darò uomini da impiccare!

  ISABELLA: Ti capisco, Zerbina ma.. non sarà sempre così. Zerbina, cara, dobbiamo sperare in un... Oh! (Con una mano si tocca la fronte, poi con l’altra il ventre e barcollando) Cosa mi succede...?

  ZERBINA: Cosa avete, mia signora? Vi sentite male¼?

  ISABELLA: Oh! ¼mi sento come svenire¼ ma non è niente! Anche due giorni fa, ho avuto questo piccolo malore e poi niente più. Ecco, adesso è già passato¼

  ZERBINA: Ma non sarete per caso¼ in aspettativa?

  ISABELLA: Cosa dici, Zerbina? Non credo¼ penso proprio di no! Oh, santo cielo, io incinta?! Cosa ti salta in mente!

  ZERBINA: Oh, lo volesse il cielo¼ come ne sarei felice!

  ISABELLA: Tu dici? Adesso è presto per dirlo. Ma no, forse è soltanto un malore passeggero. Pensa piuttosto al tuo futuro, mia cara. Ma, guarda che bella giornata ci ha riservato questo rigido inverno¼ il sole si è fatto largo tra le nuvole e il mio dolce innamorato mi sta aspettando. Vogliamo farlo soffrire ancora nell’attesa?

  ZERBINA: Oh, gli uomini più aspettano e meglio è¼

  ISABELLA: Sì, ma non voglio andare incontro ad un marito di ghiaccio. Dunque, facciamo come stabilito.

  ZERBINA: Sì, così evitiamo brutti incontri¼ (Aiutandola a finire di vestirsi) Bè, non vi stanno poi tanto male i miei vestiti. Speriamo che non vi riconoscano, non è facile nascondere la vostra bellezza.

  ISABELLA: Oh, con questo freddo pochi saranno i temerari che sfideranno il gelido gennaio. (Prende il mantello) Dai qua, vedrai che tutto andrà per il meglio. Devo fare presto, il mio sposo mi sta aspettando.

  ZERBINA: Sembrate al vostro primo appuntamento¼

  ISABELLA: Oh, Zerbina non puoi immaginare quanto lo amo!

  VOCI: (Provenienti dal giardino) Chi siete, cosa volete? Fermi, non potete¼ Aaaah!!! Aiuto, aiuto, aiuto! Fermateli¼

  ZERBINA: (Che si era affacciata alla finestra) Presto, mia signora¼ ho paura che siano qui per voi!

  ISABELLA: Per me? Chi sono¼ chi sono¼? Chi può osare tanto!

  ZERBINA: Accidenti, sono gli sgherri del Duca¼ e si stanno facendo largo tra la servitù! Maledetti¼ in pieno giorno¼ non si fermano davanti a niente! Tra poco saranno qui¼ Sono qui per rapirvi! Presto dovete fuggire!!!

  ISABELLA: Fuggire dal mio palazzo?! Cosa dici¼ Io¼

  ZERBINA: Non avete un attimo da perdere¼ Hanno approfittato dell’assenza dei padroni! Presto, dal terrazzino, poi verso il giardino e siete fuori!

  ISABELLA: Venite con me¼ andiamo!

  ZERBINA: Andate¼ andate, io vi raggiungo subito!

  ISABELLA: Zerbina, non fate sciocchezze¼!

  ZERBINA: (La spinge fuori) Via, via, sono già qui¼ non fatevi scovare.. Penserò io a trattenerli¼ è voi che vogliono, non se ne fanno niente di una come me! Presto, andate!

  ISABELLA: Sii prudente, mi raccomando¼ (Esce)

  ZERBINA: (Indossa, in fretta, l’abito di Isabella)

  CAPOCACCIA: (Si sente la voce) Avanti¼ da questa parte, questa è la porta¼ entriamo¼

Scena X

(Entra il Copocaccia seguito da due guardie con pugnali alla mano e pistole alle cinture. Uno reca anche una grossa corda, l’altro un telo. Zerbina dà le spalle alla porta e sta finendo di vestirsi)

  II GUARDIA: (Urlando) Nobile Isabella?

  ZERBINA: (Camuffando la voce, senza voltarsi e con tono imperioso) Come osate entrare nelle mie stanze?

  CAPOCACCIA: È lei¼ Presto voialtri!

  I e II GUARDIA: (La avvolgono col telo e la legano con la corda)

  ZERBINA: Ma cosa fate¼ fermi! (Con voce soffocata) Voi non¼

  CAPOCACCIA: Presto, fate presto¼ prima che arrivi qualcuno!

  I e II GUARDIA: Ferma così¼ ecco¼ e sta ferma! (Coperto e legato si caricano il corpo di Zerbina, e lo portano fuori scena)

  CAPOCACCIA: Fuori, fuori! (Gira la testa guardingo, per la stanza con una pistola in mano ed un pugnale nell’altra e indietreggiando esce dalla stanza. Buio)

Scena XI

  (Interno Palazzo Ducale)

  DUCA: Dunque capitano?

  CAPITANO: Eccellenza¼ ci siamo! Ho eseguito i vostri ordini!

  DUCA: (Con eccitazione) Lei è qui?!

  CAPITANO: Tra poco sarà al vostro cospetto. La stanno portando i miei fidi.

  DUCA: Ah, bravo il mio Capitano, eccellente lavoro! Sapevo di potermi fidare di voi!

  CAPITANO: Sempre ai vostri comandi, mio Duca!

  DUCA: Finalmente¼ fremo all’idea di poterla riavere davanti a me! E stavolta sarà costretta a trattarmi con il dovuto rispetto! Non come due giorni fa… ricordate, nella Cattedrale?! Ho aspettato per più di un’ora il suo arrivo, dietro ad una colonna. E quando mi sono presentato davanti a lei… ha osato trattarmi con freddezza e mi ha sdegnosamente respinto! Adesso voglio scrutarla in quegli occhi che sanno di passione e osservare la sua alterigia e la sua caparbietà venir meno di fronte a questa sua nuova posizione. Tremo al solo pensiero che, tra poco, sarà mia!

  CAPITANO: Ecco mio signore, ecco i miei bravi che la conducono qui.

Scena XII

(Entra il Capocaccia seguito, da I e II Guardia, portano Zerbina infagottata e legata. La mettono in piedi,  e s’inchinano, prima verso il Duca e poi, verso il Capitano)

  CAPOCACCIA: Capitano¼ abbiamo eseguito i vostri ordini!

  CAPITANO: (Con un inchino al Duca) A voi¼ Eccellenza!

  DUCA: Grazie miei fedeli. Adesso slegatela, prima che soffochi! Liberatela e lasciate che sia io il primo a godere della sua bellezza! (Va verso di lei, mentre le guardie finiscono di togliere le corde. Zerbina dà le spalle al pubblico, mentre il Duca è di fronte, dietro di lei) E adesso mia cara¼ (Ha un sorriso maligno e, insieme, di soddisfazione e voluttà. Solleva il lenzuolo e scopre la testa) Ma¼ (Il sorriso si trasforma in una smorfia di disgusto) E questa chi è? Chi sei tu? Chi mi avete portato¼? Tradimento! Cosa avete fatto imbecilli!!!

  CAPITANO: Ma come, mio Duca¼ cosa succede?

  DUCA: Guardate voi¼ (Gira Zerbina verso il Capitano) È questa che vi ho chiesto di rapire? Eh? Cosa avete da dire¼ incompetenti ed incapaci!!!

  CAPITANO: Ma cosa è accaduto¼? Eppure avevo dato ordini precisi. (Alle guardie) E voi¼ presto, parlate! Com’è possibile questo errore?

  CAPOCACCIA: Ma¼ Capitano, noi siamo entrati nella stanza di donna Isabella, secondo le vostre istruzioni. L’abbiamo vista di spalle che si stava vestendo¼ con quell’abito¼ e abbiamo pensato¼ creduto che era lei! (Le altre due guardie annuiscono)

  CAPITANO: Ah, sì? Pensavate, avete creduto, razza di idioti! Ho degli inca-paci al mio comando! Come avete potuto commettere un simile errore?!

  DUCA: Basta¼! Non voglio sentire altro! Avete mandato a monte i miei piani! Adesso sarà tutto più complicato! E tu, brutta sguattera, come hai osato intrometterti in questa faccenda!

  ZERBINA: (Spavalda) Intromettermi? Sono stati i vostri sgherri a trascinar-mi qui! Comunque, Eccellenza, non mi dispiace affatto questo malinteso. Credo che siano poche le donne in grado di resistere al vostro fascino. Ecco perché sono contenta di essere qua!

  DUCA: Ah! Sfrontata¼ Donna insolente¼ ma tu chi sei? Come ti chiami? Come osi parlare al tuo Duca con questo tono!

  CAPOCACCIA: È la cameriera di donna Isabella. La chiamano Zerbina¼ Zerbinetta per gli amici¼

  DUCA: (Sprezzante) Una cameriera alla mia presenza¼?!

  ZERBINA: Bisogna ammettere che i vostri scagnozzi non sono molto affidabili¼

  CAPITANO: Come ti permetti! (Ha una frusta in mano) Duca, io¼

  DUCA: Fate pure¼

  CAPITANO: (Percuote con la frusta Zerbina) Tieni¼ così impari a trattenere la lingua!

  ZERBINA: (Trattenendo il dolore) Ma come¼ sono così felice di essere al cospetto del mio Duca¼ e voi intendete maltrattarmi?

  DUCA: Seguitate?!

  ZERBINA: Dico il vero¼ il mio cuore batte soltanto per voi! Bè, cosa avete? Non sono forse di vostro gradimento? Forse la mia pelle non è delicata come quella della nobile Isabella? (Si toglie completamente il telo, lasciandolo a terra) I miei capelli non sono forse morbidi come quelli della mia padrona? I miei fianchi non attirano forse la vostra¼

  DUCA: Taci¼ tu non hai niente che possa suscitare il mio interesse¼ non sei degna¼ Io, Don Francesco Carafa, principe di Belvedere¼ dei Carafa della Stradera, figlio di Don Diomede e di Cornelia Muscetola, come potrei abbassarmi¼

  ZERBINA: Oh, mi vengono i brividi ad essere di fronte a cotanta nobiltà! Non fate così… lo sapete che avete stregato il mio cuore, fin dal primo momento che vi ho visto!

  CAPITANO: (Mette, sotto il mento di Zerbina, il manico della frusta) Ades-so stai esagerando¼

  ZERBINA: (Scosta la frusta e verso il Duca) Non sono forse attraente? Guardate i miei seni¼ che ne dite? Non vi piacerebbe morire dolcemente dentro di essi? Volete sentire come batte il mio cuore?!

CAPITANO: Basta¼ sgualdrina! Basta¼! Adesso ti¼ (Solleva il braccio nell’intento di frustare Zerbina)

  DUCA: (Lo ferma e a Zerbina) Devo ammettere che non hai certamente torto. Tutto sommato¼ tu dici il vero. (Fa cenno alle guardie e al Capocaccia di allontanarsi. Si avvicina a lei) Sì, credo che potrei anche accontentarmi di una semplice cameriera. Fai vedere meglio come sei fatta. Ti farò provare io¼ So io cosa occorre ad una come te. Hai bisogno di un vero uomo, eh?! (Fa per toccarle il seno)

  ZERBINA: (Lesta tira fuori dal corpetto uno stiletto e lo rivolge verso il Duca) Ecco, come sono fatta!Questo è quello che meritate per tutti i vostri soprusi¼ Per Larino e la sua libertà! (Dà un fendente)

  DUCA:(Si ritrae all’improvviso da lei, ma viene graffiato ad un braccio) Bastarda! Che intenzioni hai¼? Bifolca, bastarda come tutti i tuoi concittadini!

CAPITANO: …mio Duca… Eccellenza!!!

DUCA: Non è niente, pensate a lei…  prendetela!

  CAPITANO: (Si butta addosso a Zerbina) Ferma! Tradimento¼ guardie a me! Bloccatela e legatela¼

  I e II GUARDIA: (L’afferrano per le braccia, tenendola ferma)

  CAPOCACCIA: (Raccoglie da terra la corda e lega Zerbina che tenta in ogni modo di liberarsi) Ferma! Stai ferma, maledetta!

  DUCA: Lo sapevo¼ Selvaggi! Siete dei ribelli e non sapete stare al vostro posto! Sapevo di non dovermi fidare! Volevi uccidere il tuo Duca con la scusa di sollazzarti con lui! Ma guarda, che donna¼ e chi ti dice che il tuo padrone ti avrebbe portato nella sua alcova. Credevi veramente che fosse così facile togliermi la vita?! Come hai potuto credere che io potessi sporcarmi con una semplice serva come te! Volevi il Duca¼ ti accontento subito. (Al Capocaccia) Tu, cosa ne dici di una femmina come questa? Guarda che petto¼ e tutto il resto! (Le dà una pacca sul sedere, Zerbina tenta di reagire) È anche bella soda! Che ne dici?

  CAPOCACCIA: Ferma¼ è inutile, sei nelle nostre mani! Eccellenza, lasciatela a noi per un po’! Sapremo cosa fare!

   DUCA: Visto?! Hai conquistato i miei fidi! È tutta vostra, fatele sentire il vostro sangue com’è caliente. Avanti¼ la lascio tutta per voi. Questa è la fine di chi osa affrontare il Duca!

  ZERBINA: No, fermi! Che intenzioni avete?

(Gli uomini trascinano Zerbina, in fondo alla scena.  Il Capitano slega Zerbi-na, le guardie le strappano gli abiti di dosso. Due di loro, la prendono per le braccia, gli altri due per le gambe.)

   ZERBINA: Che intenzioni avete¼ come vi permettete? Lasciatemi andare¼ aiuto! Aiuto!!! Vigliacchi¼ fermatevi!!!

  CAPOCACCIA: E stai ferma¼ vedrai che poi ti piacerà!

  ZERBINA: No, no¼ basta! Non potete¼ (Si dibatte e riesce a divincolarsi e a scappare verso una finestra, posta sulla sinistra della scena. Si aggrappa all’inferriata e urla) Aiuto! Aiutatemi¼ sono Zerbina e vogliono ammazzarmi! Larinesi, aiuto¼ aiutatemi¼ venite a salvarmi!!! Mi stanno uccidendo!

  CAPITANO: Imbecilli, riprendetela¼

  CAPOCACCIA: Vieni qua, dove credi di andare? (Afferra Zerbina insieme a)

  II GUARDIA: Stai ferma! Accidenti, mi ha anche graffiato, maledetta,! te la farò pagare!

  I GUARDIA: ¼e stai ferma! Ormai sei nostra e nessuno potrà aiutarti.

(Zerbina viene ripresa e riportata dove era prima. Vengono chiuse due  tende che sono a metà ai lati della scena. Una luce dal retro illumina le sagome dei personaggi che mimano le sevizie. Si sentono le urla di Zerbina che si fanno sempre più forti.)

  DUCA: Bravi ragazzi¼ queste sono le urla che mi piacciono!

(Si sente battere al portone e si odono voci concitate di cittadini che, avendo sentito le urla della ragazza, cercano di portarle aiuto. Zerbina è ormai in fin di vita e i soldati sono sfiniti. Le urla dalla strada si fanno sempre più pressanti.)

  CAPITANO: Cosa facciamo, Eccellenza? La ragazza è in fin di vita!

  CAPOCACCIA: La stessa fine che hanno fatto tutte le altre! Buttiamo anche lei nella botola?

  DUCA: Sì, questa è la fine che meritano tutte quelle come lei.

  I GUARDIA: Eccellenza, i cittadini reclamano la donna¼ sono inferociti!

  CAPITANO: Non hai capito, idiota? Facciamo come al solito? Giù nella botola, insieme alle altre, e nessuno ha visto e sa niente.

  DUCA: No, non senti questi poveri cafoni che chiedono la loro fanciulla? Non vorrai deluderli¼ nevvero?!

  CAPITANO: Ma¼ eccellenza le sue condizioni¼ sta per morire¼

  DUCA: Proprio per questo motivo. E diamo al popolo ciò che vuole. Portate questa donna sulla grande torre e buttatela giù. Così accontentiamo tutti. Eh? Che trovata geniale!

  CAPITANO: Eccellenza¼ così avremo tutta la popolazione contro. Se si in-ferociscono¼

  DUCA: E di cosa ti preoccupi? Forse queste mura non sono abbastanza soli-de per bloccare un piccolo gruppo di sudici contadini? Ci vuole ben altro per il vostro Duca! (Urlando) Francesco Carafa... principe di Belvedere¼ dei Carafa della Stradera, figlio di Don Diomede e di Cornelia Muscettola! Non pensi che sia arrivato il momento di spargere un po’ di sangue e far capire a questi cafoni e bifolchi come sono taglienti le spade dei miei soldati?!

  CAPITANO: (Alle guardie) Avanti! Avete sentito gli ordini di Sua Eccellen-za?! Portatela sulla torre! Presto ubbidite!

  I e II GUARDIA: Sarà fatto Capitano! (Si caricano il corpo di Zerbina, aiutati dal Capocaccia, e lo portano fuori scena)

Scena XIV

  CAPITANO:Forse la botola ci avrebbe risparmiato inutili fastidi!

  DUCA: Eh, lo so! Voi siete Capitano e ragionate da Capitano¼

  CAPITANO: Quando sapranno che è stata violentata e scaraventata giù dalla torre¼

  DUCA: Avete poca fantasia, Capitano mio¼ (Lo prende per le spalle) La fanciulla è salita sulla torre, con una guardia, per sollazzarsi un po’¼ e per vedere, da lassù, le isole Diomedee. E nell’impeto di quella vista meravi-gliosa è scivolata e, poverina, è caduta! È stata una disgrazia, e noi cosa potevamo fare? (Risata)

  CAPOCACCIA: (Rientra di corsa) Eccellenza¼ i cittadini si fanno sempre più pericolosi¼! Stanno tentando di abbattere il portone!

  DUCA: Preparate i cavalli e disperdete quella plebaglia!!! Questi cafoni devono imparare la lezione una volta per tutte!

  CAPITANO: (Uscendo) Sarà fatto! (Urlando) Guardie a me, presto, date l’allarme e fate sellare i cavalli...!!!

  CAPOCACCIA: (Con gli occhi sbarrati) Mio Duca, Eccellenza¼

  DUCA: Ebbene? Che succede? Avete fatto quanto richiesto?

  CAPOCACCIA: Sì¼ è stata scaraventata fuori dalla torre, come dai vostri ordini! È caduta, sembrava un angelo, ma...

  DUCA: E adesso cosa avete? Ha avuto ciò che meritava! Vi siete divertiti, non sei contento?

  CAPOCACCIA: Sì, certo¼ ma lei è¼ era¼

  DUCA: Cosa avete¼ Perché quello sguardo?

  CAPOCACCIA: Sembra incredibile ma... quella ragazza era... Tutti in paese la chiamavano Zerbinetta... una ragazza facile... e invece... Il suo sangue sulla neve… Abbiamo fatto violenza ad una... non riesco a crederci! Era vergine... Mio Dio, com’è stato possibile?

  DUCA: Come sarebbe a dire... state scherzando?!

  CAPOCACCIA: Vi dico che era vergine... è proprio così... una vergine! Cosa abbiamo fatto, cosa sarà di noi?

DUCA: E dunque? Questo non cambia nulla. Siete soltanto ignoranti, stupidi e superstiziosi! (Buio)

Sipario

II ATTO

Scena I

(Giardino del palazzo di Antonio e Isabella. È in scena Isabella in evidente stato di gravidanza e sta scrutando il cielo)

ANTONIO: (Entra, va verso Isabella e, da dietro, le cinge i fianchi) Cosa sta guardando la mia bella principessa, con quest’aria assorta?

ISABELLA: Le nuvole… che meraviglia… questo primo di maggio pare iniziare con ottimi auspici.

ANTONIO: Finalmente maggio è arrivato. Hai ragione, non poteva iniziare meglio il mese del nostro Santo Patrono. Dopo giorni di pioggia, questa mattina, ci ha regalato uno splendido cielo.

ISABELLA: Alcuni dicono che attraverso le nuvole il cielo ci parla…

ANTONIO: (Gli si para davanti) Ah si?! E cosa dicono… lo sanno anche loro? Anche loro ne parlano?

ISABELLA: Di cosa dovrebbero parlare?

ANTONIO: Del grande amore che provo per la mia Isabella.

ISABELLA: No, pare che nessuno ne sappia niente…

ANTONIO: No?! Guarda meglio…là vedi? Quelle nuvole laggiù stanno raccontando la grande passione di Antonio per la sua dolce e amata Isabella. Guarda, la nostra gioia è salita fin lassù!

ISABELLA: Oh, sì… sono felice e, ogni volta che l’alba mi schiude le palpebre, mi sorprende il tuo corpo accanto al mio e allora ringrazio il cielo per quello che mi ha dato. Oh, guarda quei due colombi che si librano insieme nell’aria… sembrano…

ANTONIO: È vero, sembrano due innamorati che rincorrono la loro felicità. Che belli… sono come le nostre anime… liberi e felici!

ISABELLA: Oh no… no, un falco s’avvicina… ne ha ghermito uno, e lo porta via con sé! Ma… cosa……

Scena II

PARDINO: (Entra) Scusate…

ANTONIO: Oh, Pardino… vieni, vieni…

PARDINO: Il carro è pronto…  tra poco andremo a Colle di Lauro…

ISABELLA: Pardino, per favore raccogli un po’ di fiori per me.

PARDINO: Certo, mia signora…

ANTONIO: Pardino… perché quella faccia…?

ISABELLA: Ci pensi ancora vero?!

PARDINO: E come si può dimenticare una donna come lei… e la fine orribile che le hanno fatto fare!

ISABELLA: Povera Zerbina… e tutto a causa mia…!

ANTONIO: (Con tono di rimprovero) Isabella…!

PARDINO: No… donna Isabella… La colpa lo sapete benissimo di chi è! Non certo vostra.

ISABELLA: Non avrei dovuto permetterle di prendere il mio posto…

ANTONIO: Ma come potevi immaginare che sarebbe finita in quel modo. La versione ufficiale parla di incidente, anche se non ho mai dato credito a questa…

PARDINO: No! Me l’hanno uccisa… l’hanno uccisa!

ANTONIO: D’altra parte… se fosse veramente scivolata…?

PARDINO: Ho parlato con “Testa di capra”… si è trovato sul luogo subito dopo la caduta… e mi ha riferito che Zerbina, ancora in vita, ha fatto in tempo a sussurrare il nome del Duca.

ANTONIO: Purtroppo questo non basta, ci vorrebbero altri testimoni per confermare e…

PARDINO: Testimoni? A cosa servono i testimoni? Vi siete dimenticati cosa avete dovuto subire, il giorno del tentato rapimento!

ISABELLA: Oh, non ci posso pensare alla nostra disavventura che si stava trasformando in tragedia!

PARDINO: Quindi cosa dobbiamo aspettare ancora?

ANTONIO: Calmati Pardino! Hai ragione. In questo caso i tribunali non servono a niente. Ma qualcosa si sta muovendo. Il Duca pagherà anche per questo! Proprio ieri notte mi sono incontrato…

Scena III

ERMES: (Entra) È questo il palazzo del nostro nuovo Mastrogiurato?!

ISABELLA: Oh, don de Obscuris, quale piacere la sua visita…!

ERMES: Il piacere è tutto mio, rivedere una così nobile e splendida fanciulla che a breve diventerà madre…

ANTONIO: Ermes, amico mio, hai fatto bene a venire, avevo proprio biso-gno di te.

ERMES: Appena saputo della tua nomina, sono corso subito per congratu-larmi con te.

PARDINO: Don Antonio, con permesso, io… è meglio che vada, i contadini mi aspettano. (Esce)

ANTONIO: Certo vai…

ISABELLA: (Accompagna ed esce con Pardino) Ciao Pardino…

ERMES:  Dunque Antonio, ci sono novità?

ANTONIO: Certo… proprio questa mattina all’alba sono ripartiti i cinque Mastrogiurati che sapete. Dopo l’incontro di ieri notte, posso dire che ci sono buone possibilità per la nostra causa!

ERMES: Ah, sì! Perfetto… ma ricordati che dobbiamo agire con cautela!

ANTONIO: E tu, che notizie mi porti?

ERMES: Ho la risposta del “Consiglio”. (Pausa) Il processo è finito ed è stata decisa l’esecuzione!

ANTONIO: Finalmente! Come e quando dovrà essere attuata?

ERMES: Calma, bisogna muoversi con prudenza! Qui ci sono le istruzioni. (Consegna un plico di carta) Quando agire e, soprattutto, il piano di fuga… Mi raccomando, queste carte sono compromettenti per tutti noi!

ANTONIO: Farò attenzione, non dubitare…

Scena IV

ISABELLA: (Rientra seguita da Raimondo e Gaetano) Avanti, avanti, è qui in giardino!

ANTONIO: Gaetano, Raimondo… venite, venite!

GAETANO: Siamo qui per festeggiare la tua nomina…

RAIMONDO: C’è anche il nostro amico Ermes, bentrovato!

ERMES: Buona giornata amici miei!

ISABELLA: Oh… guarda, Antonio, cosa hanno portato… e questo cos’è? Ma sono chicchi… chicchi di quella nuova bevanda scura che chia-mano…

GAETANO: Caffè, viene chiamata caffè!

ISABELLA: Sì, il caffè e avete portato anche foglie di tabacco. Bè, ormai questa è la nuova moda. Grazie, siete molto gentili, dirò a Maria di preparare delle buone tazze di caffè. (Esce)

ANTONIO: Che bella sorpresa, avete fatto bene a passare. Oggi, sarete miei ospiti a pranzo.

RAIMONDO: Con molto piacere, a patto, però, che le tue cantine siano ancora fornite di quel tuo favoloso vino…

ANTONIO: Il mio vino non aspetta altro che degli ottimi bevitori come voi. Venite, ho grandi novità! Non siamo soli nella nostra lotta e, finalmente, il Consiglio ha deliberato per l’esecuzione.

RAIMONDO: Alla buonora, i nostri nobili hanno deciso! Adesso dobbiamo organizzarci e questo evento sarà il segnale…

Scena V

ISABELLA: (Entra) Cari signori abbiamo un’altra visita! La prego…

ESPINOSA: (Entra) Buongiorno donna Isabella e a voi, don Antonio!

ANTONIO: Buongiorno a voi, don Espinosa…

ESPINOSA: (S’inchina) Un saluto a tutte le vostri nobili eccellenze…

RAIMONDO e GAETANO: (S’inchinano) A voi illustrissimo…

ANTONIO: A cosa dobbiamo la vostra visita, cavaliere.

ESPINOSA: Sono corso qui, di buon mattino, a congratularmi con voi per la vostra recente nomina a Mastrogiurato della nostra città.

ANTONIO: Non solo per questo, credo… visto che potevate farlo anche ieri, alla riunione segreta dell’Università!

ESPINOSA: (Cerca di portare Antonio in disparte e sottovoce) Il Duca è, da pochi giorni, tornato da Napoli…

ANTONIO: Lo so… e poteva rimanerci per sempre…

ESPINOSA: È su tutte le furie per ciò che ha trovato al suo ritorno! Questo matrimonio… potevate aspettare ancora qualche…

ISABELLA: E dunque? Adesso dobbiamo chiedere il suo permesso per poter vivere il nostro amore come si conviene?

ESPINOSA: Don Antonio, il Duca è il nostro potente signore e…

ERMES: Oh… comincio a tremare…

ISABELLA: I nostri antichi signori creavano ricchezze per sé e per gli altri. I potenti di oggi, oltre a non essere in grado di governare, sanno soltanto depredare la popolazione riuscendo a spargere unicamente miseria e so-praffazioni, questo sì!

ESPINOSA: Ma… una donna, come osa intromettersi in questioni così delicate. E voi don Antonio come potete permettere…!

ANTONIO: Donna Isabella è mia moglie e nel mio palazzo può fare e dire ciò che meglio crede!!!

ESPINOSA: Ma queste sono idee sovversive! Come potete permettere a una donna, pur se di rango…

ISABELLA: Basta! Non si valutano le idee in base al sesso…

RAIMONDO: (Toccando il pugnale e andandogli incontro) Don Espinosa! come osate recare offesa alla moglie del nostro nobile congiunto? Dimen-ticate il luogo in cui siete?

GAETANO: Non osate proferire una parola di più… altrimenti…!

ERMES: Calma, amici… il nostro nemico non è certo in questa dimora! Trat-tenete il vostro furore per altri momenti.

ESPINOSA: (Asciugandosi il sudore) L’eccellentissimo De Obscuris ha ragione, ma… cercate di comprendere! Il Duca è fuori di sé e insiste nel suo proposito di avere a tutti i costi le grazie della vostra nobile moglie.

ANTONIO: Ma come, nonostante il suo stato, osa ancora pretendere… Ma che uomo è? Non ha nessun ritegno?

ISABELLA: Oh! Che essere spregevole… niente sembra fermarlo!

GAETANO: Cosa ci possiamo aspettare da chi ha osato addirittura profa-nare anche i beni della Cattedrale?

RAIMONDO: Le sue guardie scorazzano dappertutto. Invece di attendere all’ordine pubblico, sono proprio loro, a violare le leggi e le regole civili!

ESPINOSA: Inoltre con le sue continue tasse e balzelli sta strozzando la nostra già esile economia!

GAETANO: Sta portando il paese alla rovina, non si può continuare in questa situazione!

ANTONIO: Dobbiamo fermarlo a tutti i costi!!!

ESPINOSA: E cosa possiamo fare noi, contro le sue guardie? Sembra di essere in un vicolo cieco. Confidare nella giustizia del viceré è inutile. Nonostante la giustezza e l’onestà dei suoi delegati, non si è mai sentito un nobile allontanato dalla propria carica, per gli abusi perpetuati.

ERMES: Sarebbe auspicabile una sommossa popolare. Con i nostri contadini, artigiani e tutti i cittadini credo che…

ESPINOSA: Il popolino?! Contadini e cittadini? Lo sapete bene che non risponderebbero mai al vostro appello! Hanno paura i codardi!

  ANTONIO: No non è questione di coraggio. La colpa è anche nostra. Secon-do voi, come potrebbero, oggi, lottare al nostro fianco dopo le condizioni di assoluta povertà ed indigenza in cui, le nostri nobili famiglie, hanno fatto vivere queste persone?! 

ESPINOSA: Povertà? Come parlate, mio nobile signore? Che senso ha difen-dere questi bifolchi, questi straccioni! Provate soltanto ad immaginare cosa provocherebbe una rivolta popolare!

GAETANO: Mmh… ricordiamoci il disastroso esito della rivolta popolare ca-pitanata da  Aniello… Tommaso Aniello.

ESPINOSA: E quella perpetuata dal brigante Mannara, qui, nel nostro Molise! (Toccandosi il collo) Senza dimenticare che le prime teste finite sotto la scure dei ribelli sono state quelle dei nobili.

GAETANO: Comunque il problema, adesso, è trovare una soluzione.

RAIMONDO: Sì, la soluzione sta in noi. Dobbiamo essere noi ad affrontare il problema, se vogliamo porre fine alla nostra rovina.

ANTONIO: Noi non siamo sudditi, ma liberi cittadini di una libera città. Sin dal millequattrocento Larino si è affrancata dalla sudditanza di qualsiasi barone o marchese e, adesso, vorrebbero buttarci indietro al più bieco feudalesimo. Dobbiamo lottare tutti insieme per ottenere il riconoscimento delle libertà che abbiamo sempre avuto!

ESPINOSA: Calma, signori, calma… queste idee sono pure illusioni. Levatevi dalla testa queste idee sovversive.

ERMES: Non sono illusioni!

ESPINOSA:Volete far intervenire l’intero esercito reale? Lo sapete cosa significa tutto ciò? Per sconfiggere l’esercito più potente del mondo, occorre un esercito ancora più grande, ben addestrato e ben armato. Ma cosa abbiamo qui? Cosa siamo noi? (Pausa) Eccellentissimi signori, noi sappiamo che a tutto c’è un rimedio. (Pausa) Dopotutto basterebbe un atto di buona volontà… per risolvere almeno parte dei nostri problemi…

ISABELLA: Cosa intendete dire?

ESPINOSA: (Verso Antonio) Bè… i fin dei conti, il Duca, stavolta, si accontenterebbe soltanto di una notte. Non ci vorrebbe certo molto per accontentarlo. Una notte di finta passione e tutto sareb…

ISABELLA: Come osate…?!

ANTONIO: Cosa state dicendo? Voi state delirando! Come vi permettete?! (Gli si avventa contro, Ermes e Gaetano lo trattengono)

RAIMONDO: Questo è inaudito… è un insulto!

ISABELLA: Anche voi la pensate come tante donne della bella società!

ERMES: Non vi vergognate di proferire simili bestialità?

GAETANO: Abbiamo perso qualsiasi dignità morale…

ERMES: Perché non mandate vostra moglie dal Duca?

ESPINOSA: Mia moglie? Come sarebbe a dire? Cosa state dicendo…

ERMES: Già, dimenticavo che a Carafa non interessano le baldracche che hanno conosciuto quasi tutti i letti della città!

ESPINOSA: Come?! (Furioso) Avete passato il segno cavaliere… (Sguaina la spada e la tende verso Ermes) In guardia!!!

(Raimondo estrae la spada, Antonio il pugnale e si lanciano verso Espinosa,)

ERMES: (Si frappone tra loro) Fermi tutti!

ISABELLA: Sì, fermi… per l’amor del cielo!

ERMES: Abbassate le armi! Fermi!!! (Antonio e Raimondo eseguono) Non è certo in questo modo che avremo ragione del Duca. Frenate la vostra ira, amici miei! Espinosa… (Con le mani ai fianchi appoggia il suo petto sulla punta della spada di Espinosa) Voi capite che se avete ancora la testa sulle spalle è unicamente grazie all’amicizia e al rispetto che questa famiglia mi porta! Trattenete la vostra ira e chiedete scusa ai nostri amici. (Avanza, premendo il suo petto, contro la punta della spada)

ESPINOSA: (Esita, si guarda intorno e, impaurito, indietreggia lentamente) …l’onore… io… il mio…

ERMES: Adesso abbassate la vostra lama… lo sapete che se sguaino la mia non la rinfodero se prima non è stata lavata con il sangue del mio avversario!

ESPINOSA: (Esita ancora, poi piega il braccio) Bè… ordunque…

ERMES: Badate che, nonostante i capelli grigi, il mio braccio è ancora forte e vigoroso…

ESPINOSA: (Abbassa e rinfodera la spada) Io volevo soltanto…

Scena VI

PARDINO: (Entra di corsa, è agitato e parla con affanno) Presto! Accorre-te!!! Il Duca! il Duca… il Duca ha occupato la terra Colle di Lauro… presto… bisogna reagire subito!

ANTONIO: Calma Pardino… e spiega bene cosa è accaduto.

PARDINO: Il Duca con circa quaranta armati ha improvvisamente occupato, stamattina all’alba, le vostre terre… Colle di Lauro!

ANTONIO: Maledetto, non l’ha ottenuto con gli avvocati e adesso sta tentan-do con la forza!

ESPINOSA: Dobbiamo organizzarci con calma e agire con molta prudenza. Potremo citarlo in giudizio…

RAIMONDO: Ma che giudizio… i tribunali! Non possiamo appoggiarci alla lentezza della legge e agli avvocati corrotti!

ANTONIO: Sì, non c’è un attimo da perdere! Se occupanti armati riescono a permanere su un territorio fino al tramonto, per legge, quel terreno diventa di loro proprietà! L’ ha studiata bene, il Carafa!!!

ERMES: Purtroppo il nostro Mastrogiurato ha ragione!

GAETANO: Ma noi non permetteremo tutto ciò!

RAIMONDO: Certo che no! Vero Antonio? Siamo tutti con te… Devi soltanto dirci cosa dobbiamo fare!

ANTONIO: Presto… siano avvisati i nostri famigli! Informate i nostri artigiani e contadini! Dobbiamo raccogliere quanta più gente possibile! Tu, Raimon-do, hai il compito di distribuire le armi. (Ai presenti) Nobili signori, è arrivato il momento di mettere in pratica quanto detto fin’ora. Chi se la sente di venire con noi?!

ESPINOSA: Ma questa è una cosa da ponderare… è pericoloso e gravido di conseguenze. Dobbiamo pensarci bene prima di…

GAETANO: C’è poco da pensare…

ANTONIO: È finito il tempo per pensare, questo è il momento di agire. Andiamo, il raduno per tutti è fra un’ora, nei pressi della fonte di San Pardo.

ESPINOSA: Ma, cercate di ragionare! Come riuscirete ad affrontare gli armati del Duca! E non avete studiato neppure un piano di fuga…

ANTONIO: A fuggire penseremo dopo… adesso è il momento di passare all’azione! Ermes, affido a te Isabella!

ISABELLA: Antonio, vengo anch’io con voi! (Lo abbraccia)

ERMES: Isabella cosa dici?!

ANTONIO: Cara, non devi preoccuparti, vedrai che tutto andrà per il meglio! Ermes, aiutala a preparare le sue cose… (La bacia) Andiamo!

(Esce seguito da Pardino, Gaetano e Raimondo)

ESPINOSA: No, fermatevi… pensate almeno alle conseguenze per la città… (Li segue ed esce)

ISABELLA: Cosa sta succedendo… perché tutto questo? Oh, no! Mio Dio, hai voluto trasmettere la tua splendida potenza creatrice in noi donne e perché permetti la potenza distruttrice negli uomini? Che ne sarà di noi in mezzo a questa tempesta di odio e di misfatti che tra poco scoppierà!

ERMES: Presto, Isabella, andate a prepararvi, non si deve perdere tempo!

ISABELLA: Ci si professa cristiani ma riusciamo ad intendere soltanto il fragore delle armi. E questo Carafa chi è? Chi è quest’uomo che prova giovamento soltanto quando uccide, brutalizza e umilia i suoi simili? Perché tutto questo, Ermes? Che ne sarà di noi?

ERMES: Purtroppo questa è la condizione umana… e a noi adesso non resta che difenderci! Isabella, presto, andate a prepararvi!

ISABELLA: (Uscendo) Maria… Maria…

ERMES: Le ombre del male alitano sulla nostra città e, come un oscuro soffio mefitico, avvolgono e penetrano le menti dei suoi abitanti. (Buio)

ScenaVII

(Vicinanza della fonte di San Pardo, sono presenti Raimondo, Gaetano e Pardino. Dopo qualche attimo entra Antonio)

RAIMONDO: Eccoti finalmente… noi siamo pronti e guarda (indica il pubblico) ecco i tuoi larinesi sono tutti con te. Guarda quanti!!!

GAETANO: Siamo riusciti a convincere circa centoventi uomini. Guardali, sono tutti concordi nella tua azione. Aspettano solo un tuo segnale.

ANTONIO: Larinesi… amici larinesi, grazie per aver prontamente risposto così numerosi al mio appello! In questo modo state dimostrando coraggio e temperamento per la nostra impresa. Come vi hanno da poco informati, il Duca, non pago degli abusi e delle prepotenze perpetrate in passato, ha occupato con circa quaranta armati, Colle di Lauro, la nostra terra. Questo è un chiaro atto di guerra che non deve essere permesso. È arrivato il momento di dire basta! Basta ai soprusi e alle sopraffazioni ingiustificate! La difesa della nostra terra significa la difesa della nostra libertà! L’intera no-stra regione lotta da anni contro questo vecchio assetto feudale. Vi ricordo l’uccisione nel ’51 di Ottavio Vitagliano; nel ’57 è stata la volta del duca Gianbattista Caracciolo a Guglionesi… e ora tocca a noi! Siamo coscienti di intraprendere un’azione temeraria e gravida di conseguenze, ma abbiamo il dovere e il diritto di pensare al futuro dei nostri figli! Con questo atto speriamo che, i futuri Signori di Larino, sappiano comprendere che devono rispettare, anche loro, le regole civili della nostra Università. Gli ordini vi sono stati impartiti, sapete come dovete comportarvi. Andiamo!!! (Escono tutti, buio)

Scena VIII

(Radura del bosco. Entrano di corsa Raimondo seguito da Antonio, Pardino e Gaetano. Inizialmente parlano tutti con affanno. Portano cappellacci scuri e mantelli neri)

RAIMONDO: Il nostro piano sta funzionando… ecco, questo è il posto. I nostri uomini sono tutti appostati! Da qui si domina il sentiero da cui è obbligato a transitare il Duca.

GAETANO: Sì, tra poco dovrebbe essere qui. Si è dato alla fuga il vigliacco!

PARDINO: Per forza! Dopo la bella sorpresa che abbiamo fatto alle sue guardie! Li abbiamo circondati e abbiamo sparato all’impazzata. Non capivano più niente…

ANTONIO: Non si aspettavano certo una reazione del genere!

RAIMONDO: Si sono dati alla fuga credendoci briganti!

GAETANO: Gli archibugi sono carichi e noi siamo pronti.

PARDINO: Eccolo, vedo il suo calesse che si avvicina.

ANTONIO: Bene, fermatelo e portatelo qua. Lo voglio vivo…

RAIMONDO e PARDINO: (Escono di scena)

GAETANO: Ma come… il nostro piano era di…

ANTONIO: Voglio parlare con lui… non è il caso di spargere altro sangue. Potremo arrivare ad un accomodamento.

GAETANO: Con lui?! Tempo sprecato…

RAIMONDO e PARDINO: (Rientrano trascinando il Duca)

DUCA: (È sporco di sangue e con le vesti lacerate) Cosa fate… come osate toccarmi… fermi! Che significa questo nuovo rapimento? Avevamo…

ANTONIO: Eccoci qui, finalmente! (Si scopre la testa)

DUCA: Ah, Palma… Dottor Fisico Antonio Palma! Cosa fate qui, perché non siete con i vostri malati? Dovevo immaginarlo che dietro tutto questo c’era-vate voi! Avete avuto l’ardire di attaccare a sorpresa le mie guardie… Avete urlato e strepitato fingendovi briganti…

RAIMONDO: Avete occupato le nostre terre, senza averne il diritto!

DUCA: Diritto?! Cosa ne sapete voi… il mio rango mi permette…

ANTONIO: …di andare contro le leggi e di approfittare delle mogli degli altri?!

DUCA: Io sono il padrone della città di Larino e ho l’abitudine di prendere ciò che voglio! E non sarete certo voi e i vostri quattro straccioni ad impedirlo! Dunque?

ANTONIO: Questo è un affronto che va lavato con il sangue. In guardia! (Porta la mano alla spada)

DUCA: Duello con me? Io Don Francesco Carafa, principe di Belvedere, dei Carafa della Stradera, figlio di...

PARDINO: ... buona donna...

DUCA: ...figlio di Don Diomede e di Cornelia Muscettola non mi abbasso certo a duellare con un nobilastro. Siete fortunato perché il mio rango non mi permette...

ANTONIO: Ah! Vigliacco... sapete benissimo che nelle mie vene scorre san-gue nobile quanto il vostro! Vi rifiutate di battervi?!

DUCA: Nobiltà? Avete osato affrontare le mie guardie con l’aiuto di contadini e servi! Dov’è finita la vostra nobiltà?

GAETANO: Cercate di capire la situazione, non avete molta scelta. Promette-te di non tormentare più la nobile Isabella  e, soprattutto, di non commette-re ulteriori soprusi sui nostri territori e avrete salva la vita!

DUCA: Promettere? Io non prometto niente! Avete sconfitto i miei armati solo per superiorità numerica! Io, adesso, torno in città e voglio trovare nel mio letto la vostra Isabella… altrimenti, tornerò con un’armata ben più agguer-rita e numerosa, e metterò a ferro e fuoco questa città! Non ho certo paura di voi! Poiché sono sicuro che siete dei codardi... altrimenti a quest’ora...

ANTONIO: (Sguaina la spada) Ah, sì? Avete torto... io...

RAIMONDO: (Bloccando il braccio di Antonio) No… aspetta!

GAETANO: Fermo! (Sottovoce) Ricordatevi il nostro piano!

PARDINO: (Bloccando Antonio) Perdonate don Antonio, ma è per…

ANTONIO: Cosa fate? Lasciatemi! Non fatelo scappare…!

GAETANO: Duca, presto, andate! Andate pure al vostro calesse!

ANTONIO: (Dimenandosi) No… no, perché… cosa sta succedendo?

DUCA: Ah, ah, ah! Lo sapevo, lo sapevo... non avete il coraggio delle vostre azioni. Ci vuole ben altro per uccidere il vostro Duca! Ah, ah, ah!!! (Esce)

GAETANO: Presto Pardino, l’archibugio... No, non merita l’onorevole morte del ferro, ma l’infamia del fuoco!

PARDINO: (Avendo in precedenza liberato Antonio, consegna un archibugio a Gaetano e a Raimondo, poi, guarda fuori scena) Ecco, il Duca sale sul calesse... alza lo staffile e incita i cavalli...

RAIMONDO: Per Larino e la sua libertà dal tiranno! (Prendendo la mira) Adesso... (Sparo)

GAETANO: (Spara nello stesso istante) Per i morti innocenti, per Larino e la sua libertà!

PARDINO: Anche per la mia Zerbina! Preso... in pieno, come un cinghiale!

ANTONIO: Ma… perché…?

GAETANO: Non ricordi il tuo piano? Devono credere ad un’imboscata di briganti. Almeno fino a quando non saremo al sicuro nella torre dell’e-piscopio.

ANTONIO: Ma… io! Io, dovevo ucciderlo!

RAIMONDO: Tu ti sei già esposto troppo! Devi proteggere la tua famiglia, occuparti della carica che ricopri.

GAETANO: …e pensare alla tua città, sei troppo importante per Larino!

RAIMONDO: Adesso svelti... sapete cosa fare. Andiamo Antonio… (Urlando fuori scena) Andiamo… ci vediamo tutti all’episcopio. (Escono tutti, buio)

Scena IX

(In mezzo alla scena una finestra con la volta a fiamma e chiusa da inferriata. La maggior quantità di luce, in scena, entra dalla finestra. In basso alla fine-stra ci sono tre gradini. In scena Isabella è seduta sui gradini. Si sente la campana della Cattedrale di San Pardo battere i rintocchi insieme a rumori di spari, vetri rotti, urla, imposte che sbattono, poi silenzio. Entra Pardino segui-to da Raimondo, Antonio e Gaetano)

PARDINO: Si sono ritirati i vigliacchi…

ANTONIO: Ce l’abbiamo fatta anche stavolta… sono scappati come conigli!

RAIMONDO: Se si azzardano ancora… questo è il terzo attacco che riusciamo a respingere.

GAETANO: Credo che per oggi ne abbiano avuto abbastanza.

ANTONIO: Isabella… Isabella cara, mi spiace causarti tutti questi disagi, visto lo stato in cui sei… ma vedrai che, tutto questo, presto finirà!

ISABELLA: Oh, mio caro… a me basta essere al tuo fianco, non chiedo altro. Non preoccuparti per me, me la caverò… e credo che comunque ne valga la pena!

ANTONIO: Isabella, pensa… nostro figlio potrebbe nascere e vivere in una città libera, senza prepotenze e nel rispetto della legalità!

ISABELLA: Sì, è vero… certo, e questo pensiero, mi fa superare ogni dif-ficoltà.

ERMES: (Entra, ha in mano un fiasco di vino) Eccomi qua, amici miei!

GAETANO: Ma… de Obscuris…

ANTONIO: …tu qui?

RAIMONDO: Hei, amico mio… come hai fatto ad entrare?

ERMES: Bè, cari amici… dovete sapere che i sotterranei di questa città non mi sono affatto oscuri! Ho pensato che dopo queste schermaglie avevate bisogno di bagnarvi la gola!

RAIMONDO: Bravo… bella pensata! È proprio quello che ci vuole…

ERMES: (Alzando il fiasco) Questo nettare proviene dalle mie terre, è forte e generoso come voi. È stato innestato con vitigni provenienti direttamente dalla Murcia!

RAIMONDO: Bè, almeno con il vino gli spagnoli ci sanno fare.

ISABELLA: Grazie Ermes per essere qua…

ERMES: Potevo mancare a questo grande evento? I miei eroi! Tutto il paese ne parla… Sono tutti con voi! Avete dato una nuova speranza a questa città.

PARDINO: Scusate don Antonio, vado a sentire se i frati hanno bisogno di me.

ANTONIO: Certo Pardino, vai…

ISABELLA: Oh, poveri frati, ci stanno aiutando come meglio possono…

GAETANO: Già, a differenza del nostro vescovo Don Ferrante Apicella che è fuggito e si è rifugiato a Serracapriola!

ISABELLA: Bè, non dobbiamo giudicare. Pover’uomo, ha subito gravi mal-trattamenti proprio dal Duca. Ah, se fosse ancora in vita mio zio, l’arciprete Don Domenico Sorella!

ERMES: Orbene, Antonio, come procedono i nostri piani?

RAIMONDO: Sì… Antonio, ci sono novità?

ANTONIO: Ho fatto partire cinque uomini fidati per avvertire i Martrogiurati delle altre città… sono sicuro che non perderanno tempo a prepararsi e a correre in nostro aiuto. Noi dobbiamo soltanto resistere.

GAETANO: Per fortuna i cittadini sono tutti con noi. Si prodigano in ogni modo per non farci mancare il necessario per continuare nella nostra lotta.

RAIMONDO: Anche loro ci credono! Credono nella nostra impresa e nel futuro riscatto della città.

ANTONIO: È partito anche un sesto messaggero con un compito un po’ più delicato e pericoloso…

GAETANO: …ah, sì? E di cosa si tratta?

ANTONIO: Deve contattare un certo Bartolomeo, ex-speziale di Bonefro, e deve consegnare, nelle sue mani, un mio messaggio…

RAIMONDO: Bartolomeo…? E chi è costui?

ERMES: Bartolomeo… (Pausa) Antonio, cosa hai a che fare tu con i briganti?

RAIMONDO: Briganti…?

GAETANO: Cos’è questa storia di briganti?

ISABELLA: Antonio… tu credi alle parole di quell’uomo?

ANTONIO: Vi ricordate il giorno del fallito rapimento di Isabella in cui ha perso la vita la povera Zerbina?

RAIMONDO: Certamente, quel giorno, siete scappati attraverso il bosco per raggiungere Casacalenda…

GAETANO: Avevi riferito anche che, durante la fuga, siete stati fermati da alcuni briganti ma…

ANTONIO: Quel giorno ci siamo fermati, presso quelle rovine denominate Gerione, per riposare noi ed i cavalli e, mentre raccoglievo della legna, mi giro e vedo un uomo, con un mantello nero, che premeva una mano sulla bocca di Isabella e con l’altra le puntava un coltello alla gola. A questo punto che fare? Ho cercato di fargli intendere ragione dicendo che eravamo semplici viandanti e, appena il brigante ha allentato la presa, mi sono buttato verso di lui ma… proprio in quell’istante, un suo compare che era rimasto nascosto, mi prende all’improvviso alle spalle e con una corda tenta di legarmi. Mi divincolo, riesco a buttarlo a terra…

ISABELLA: …io ho tentato di fuggire ma, il mascalzone, è stato più rapido di me. Mi ha afferrata per i capelli e, con il coltello in mano, ha intimato ad Antonio di fermarsi! E così, ci hanno legato e imbavagliato, poi siamo stati trascinati fino ai ruderi di una chiesa sconsacrata e abbandonata. Credo doveva essere…

ANTONIO: …la chiesa di San Barbato. Sì, era quella senz’altro. Era in quel luogo che i due briganti dovevano attendere il loro capo. A questo punto…

ISABELLA: … oh! quello è stato il momento più terribile!

ANTONIO: Già, hanno fatto presto a capire che non eravamo semplici viandanti e, mentre discutevano dell’entità del possibile riscatto da richiedere, uno dei due ha preso a smaniare per la mia Isabella…

RAIMONDO: Proprio una bella situazione…

ISABELLA: Oh! Lo puoi ben dire Raimondo!

ANTONIO: Dopo avermi legato ben stretto ad una colonna, uno di loro ha afferrato Isabella per i polsi. E… per fortuna in quel frangente hai dimostrato sangue freddo…

ISABELLA: …ho cercato di non farmi prendere dal panico! L’altro brigante si era avvicinato a me con il suo coltellaccio e io, sforzando un sorriso tranquillo, lo misi per qualche attimo in difficoltà. Non sapeva più cosa fare!

ANTONIO: E questo è stato provvidenziale perché a quel punto…

ISABELLA: …sentii uno schiocco di frusta che fece cadere il coltello dalla mano del delinquente. Era arrivato il loro capo con il resto della banda.

GAETANO: Ah, ma… allora eravate proprio finiti!

ANTONIO: No, al contrario perché, appena si è fatto avanti, l’ho subito riconosciuto.

RAIMONDO: Riconosciuto? Tu conoscevi quell’uomo?

ANTONIO: Certo, era lo speziale di Bonefro dove andavo ogni tanto a rifor-nirmi di medicamenti e unguenti. Poi, quando mi ha riconosciuto e ha capi-to cosa facevamo nel bosco, ci ha liberati, ha redarguito il suo sottoposto e mi ha confidato cose molto interessanti.

ERMES: Cose interessanti…?

RAIMONDO. Cosa potrebbe un brigante…

ANTONIO: Come già detto, Bartolomeo era un onesto speziale che, a causa di travagli ed ingiustizie ricevute, è stato spogliato di tutti i suoi beni e, quindi, costretto a darsi alla macchia. E, come lui, ve ne sono tanti altri: av-vocati, mercanti e nobili che condividono il suo destino di capobrigante.

GAETANO: Ma i briganti sono canaglie, tagliagole e scomunicati dalla chie-sa! Come puoi…

ANTONIO: Questo è quello che ci fanno credere le nostre autorità! Certamen-te la maggior parte dei loro sottoposti non sono certo angioletti, ma Barto-lomeo, posso garantire, è un onest’uomo e, mi ha assicurato, che anche gli altri capi sono galantuomini assetati di giustizia! Come noi del resto.

ERMES: Ma, il tuo piano, qual’è?

RAIMONDO. Sì, come pensi di…

ANTONIO: La maggior parte di loro controllano vasti territori della nostra regione e, Bartolomeo mi ha svelato che stanno organizzandosi per riuscire a liberare la maggior parte delle città molisane.

RAIMONDO: Ma in questo caso ci vorrebbe una vera e propria sommossa popolare! Da soli non riuscirebbero…

ANTONIO: Infatti, a detta di Bartolomeo, stanno aspettando l’occasione pro-pizia per coinvolgere anche la popolazione.

ERMES: E tu pensi che noi potremmo essere l’occasione?

ANTONIO: Proprio così, se vengono a conoscenza di cosa è accaduto qui a Larino, dell’uccisione di un Carafa e della nostra resistenza…

RAIMONDO: E perché no?! Con i Mastrogiurati dalla nostra parte e l’appoggio di uomini decisi e pronti a tutto…

GAETANO: Antonio, ma tu ci credi veramente? Oh, lo volesse il cielo! Allora sì, potremmo veramente sperare in un nostro riscatto!

Scena X

PARDINO: (Entra) Don Antonio presto, c’è bisogno di voi… ci sono alcuni feriti.

ISABELLA: Dove… dove sono? Vengo anch’io, oh, caro, lascia che possa anch’io essere utile.

ANTONIO: No, meglio di no. Hai già fatto abbastanza ieri. Meglio che tu riposi. (Agli altri) Bene, vi ho informato di tutto, ora speriamo soltanto che gli eventi ci diano ragione. Ermes, grazie per la visita, torna appena puoi. Adesso andiamo a visitare i feriti. (Esce Antonio seguito da Raimondo, Pardino e Gaetano)

ISABELLA:Ermes, dimmi la verità, cosa pensi di tutta questa storia, anzi di questa bella illusione?

ERMES: Isabella cara, dopotutto la vita è costruita sui sogni. Rinchiusi dentro quattro mura è difficile resistere alla pazzia senza un briciolo di speranza.

ISABELLA: Anche se questa dovesse risultare vana?

ERMES: Se è vero che il nostro destino è già segnato… è anche vero che soltanto noi, con la nostra volontà, possiamo modificarlo!

ISABELLA: Lo volesse il cielo!

ERMES: E, comunque, che senso avrebbe continuare a vivere sotto il giogo dell’oppressione. Isabella mia, adesso devo proprio lasciarti, prima che resti bloccato qui dentro. (Esce)

ISABELLA:Certo, vai… sii prudente mi raccomando! (Buio)

Scena XI

(Si riaccende una luce debole su Isabella che è seduta sullo scalino sotto la finestra)

ISABELLA: Che mondo è questo? Che mondo, nel quale le donne rifiutano di procreare? Che mondo è questo, dove non c’è posto per l’amore, la pietà, la commiserazione?! L’angelo infernale ha dispiegato le sue ali e ha appog-giato le sue putride zampe sui tetti delle nostre case, affondando i suoi artigli fino alle fondamenta. Il male ci tiene avvinti, nei suoi tentacoli, in una morsa mortale senza scampo! Cosa abbiamo fatto di così orribile per meritarci tutto questo? Forse aveva ragione Zerbina, non vale la pena di condurre questa esistenza! (Pausa) Ma no, io… ho questa creatura e devo lottare per lei. Devo sopportare i travagli e le ingiurie per questa mia speranza che sta per venire alla luce! Quando tutto questo finirà, come sarà bello vederlo crescere, diventare forte e robusto come suo padre. Inculcare in lui il rispetto per la vita! Già la vita… Le guardie, del fratello del Duca, sono assetate di vendetta e stanno mettendo a ferro e a fuoco tutta la città… Non so quanto potremo resistere ancora dentro queste mura. Per fortuna i coraggiosi cittadini di Larino sono solidali con noi, resistono e ci aiutano come possono. Ma servirà tutto questo? Le cose cambieranno, servirà a qualcosa il nostro sacrificio? Ohhhh, mi sento al centro di un vortice più forte di me che mi stritola e mi schiaccia fino a togliermi il respiro. La causa, inconsapevole, di tutto questo sono io… ma cosa posso fare al fine di far cessare queste ingiustizie? Se potessi, darei la mia vita pur di porre un freno alle violenze che stanno perpetrando. Oh, San Pardo, aiutaci tu! Mi rimetto alla tua volontà! (Aumenta la luce)

Scena XII

MARIA: (Entra) Donna Isabella cosa avete… siete tutta agitata… Non addo-loratevi, donna Isabella. Oggi è festa, la festa del nostro San Pardo. Tutti i larinesi sono in festa.

ISABELLA: Ed io, rinchiusa in questa torre... Come mi manca la mia Zerbina, lei che ci teneva tanto a questo giorno.

MARIA: Povera giovane, che fine orribile ha fatto! Lo sentite il rumore dei carri che si muovono? E i campanacci dei buoi che suonano a ogni loro movimento...

ISABELLA: Non posso sopportare… io qua... così... (Va verso la finestra, sale sui gradini e si mette di lato per osservare cosa avviene sulla strada) Vorrei essere là...

MARIA: Attenzione, donna Isabella... ricordatevi le raccomandazioni di don Antonio! (Musica)

ISABELLA: Oh! Quello è il carro dei Visso! E là, guarda, che splendide com-posizioni di fiori hanno realizzato i de Stephanis quest’anno! Ecco il carro della famiglia de Amicis... Che spettacolo i carri con i loro buoi maestosi e ornati a festa che avanzano con passo lento ma deciso...

MARIA: Adesso basta, donna Isabella... vi prego. Lo sapete, gli sgherri del fratello del Duca, cercano di approfittare di qualsiasi occasione per tentare una sortita alla torre. Oggi si sono appostati intorno all’Episcopio con la speranza che qualcuno si affacci per...

ISABELLA: (Andando verso il centro della finestra) Maria, ecco... ecco la statua del nostro Santo Patrono... è magnifica...! Com’è maestoso il nostro San Pardo!

MARIA: Ah, è arrivata finalmente... (Va verso la finestra a fianco di Isabella) Erano anni che aspettavamo la sua consegna.

ISABELLA: La statua è stata realizzata da veri artisti. È stato impiegato bene il tesoro della nostra città.

MARIA: Dov’è? Ah, eccola... Sì, è San Pardo... è proprio lui! Che bello il volto del nostro Santo!

ISABELLA: Guarda, come brilla al sole, l’argento santo! Osserva come il suo sguardo, austero e dolce, sembra proteggere tutta la nostra città. Però, che peccato, noi qui... e la festa là fuori!

MARIA: Donna Isabella, basta... è ora di ritirarci! Non vorrei che qualche... (Si allontana dalla finestra)

ISABELLA: (Dando ancora le spalle al pubblico) Certo... certo, adesso scendo. Un’ultima... (Si ode uno sparo. Isabella si porta istantaneamente una mano alla fronte. Si irrigidisce, poi si gira lentamente verso il pubbl-ico. Termina la musica)

MARIA: (Urlando) Donna Isabella... donna Isabella!!!

ISABELLA: (Si appoggia contro il muro della finestra e, lentamente, scivola fino a sedere sui gradini in basso ad essa. Toglie la mano dalla fronte dove affiora una macchia di sangue che le scivola sul viso)

MARIA: (Urlando) Ahhh!!! Donna Isabella.... (Guardando fuori scena) Don Antonio, accorrete, presto, accorrete! Aiuto… aiuto! Aiutateci!!!

Scena XIII

(Entra di corsa Antonio seguito da Raimondo e Gaetano)

ANTONIO: Che accade? Isabella... Isabella... Ma... si è affacciata... (Guar-dando Maria) No… me l’hanno uccisa i vigliacchi! Com’è stato possibile? Avevo ordinato di...

MARIA: Voleva vedere la sfilata dei carri... l’ho messa in guardia, ma... (Scoppia a piangere) Donna Isabella, no... no...

GAETANO: Che orrore… brutti assassini!!!

ANTONIO: Mia Isabella... perché... perché...? (Si accascia ai piedi di Isabel-la. Poi le cinge i fianchi e poggia la testa sulla sua spalla) No... no... non lasciarmi... non abbandonarmi proprio adesso! (Urlando) Carafa!!! Male-detto vigliacco… Tutto a causa tua!!!

RAIMONDO: Antonio... è orribile ciò che è accaduto ma. ora dobbiamo pen-sare al bambino, forse puoi salvarlo! Ma devi intervenire subito!

ANTONIO: No… Isabella… non posso… io… No… no…!

RAIMONDO: Antonio, adesso tu sei il chirurgo, non il marito! Presto, altri-menti li perderai tutti e due! (Lo scuote) Antonio, non c’è un attimo da perdere!!!

ANTONIO: (Alzandosi) Maria, presto, prepara acqua calda e pezze pulite... Portate la mia borsa…

(Musica. Viene posto un tavolo in mezzo alla scena e viene coperto da un telo bianco. Isabella viene adagiata sul tavolo e un lembo del telo viene alzato, davanti al pubblico, a mò di schermo. Adesso ad illuminare la scena resta soltanto la luce proveniente dalla finestra, in modo tale che le azioni succes-sive avverranno in controluce. Antonio mima le operazioni per il parto cesa-reo. Maria è al suo fianco e aiuta il chirurgo insieme a Gaetano e Raimondo. La musica si alza di volume. Si ode un pianto di bambino. Antonio si lava le mani nel bacile, mentre Maria prende il bambino, e poi, lo porge ad Antonio. Entrano due personaggi vestiti e incappucciati di nero. Luce rossa soltanto dall’alto ad illuminare il tavolo con Isabella. I personaggi in nero si avvicina-no al tavolo e, insieme a Gaetano e a Raimondo, sollevano i lembi del telo e spostano il corpo di Isabella dal tavolo tenendolo appeso. Dal telo fuoriesce soltanto la testa di Isabella. I quattro facendo dondolare il telo, lentamente, escono di scena. Buio)

Scena XIV

(Buio in scena, man mano che i personaggi parlano verranno illuminati sol-tanto in volto)

ANTONIO: Ormai è finita… ci hanno informati che l’esercito reale si sta avvicinando alla nostra città e contro i soldati regolari c’è poco da sperare.

GAETANO: Almeno abbiamo dato filo da torcere alle guardie ducali. Siamo riusciti a resistere quasi un anno.

RAIMONDO: Già, peccato… il nostro amico Ermes, l’hanno trovato steso sotto la torre della Pozzica… i vili! Senz’altro un agguato dei suoi nemici.

ANTONIO: Povero Ermes, amico mio…

RAIMONDO: Penso sia l’occasione propizia per andare. È gennaio e la morsa delle guardie si è allentata… conviene approfittarne…

ANTONIO: Proprio un anno fa Isabella ed io correvamo frementi ad un appuntamento in mezzo alla neve e, adesso, sono prigioniero in questa torre, da solo, senza più niente e nessuno.

GAETANO: Coraggio Antonio, hai ragione… ma adesso, credo proprio che tu debba andare…

ANTONIO: No… devo restare, voglio al più presto far compagnia ai vermi che stanno divorando i cadaveri di mia moglie e di mio figlio! Povero innocente… ha avuto soltanto tre ore di vita!

GAETANO: Ascolta, non puoi abbandonare tutto proprio adesso!

ANTONIO: Adesso? Ma vi rendete conto che è tutto finito?! La città è quasi un cumulo di macerie, le persone a me più care sono morte! Anche Bartolomeo è stato ucciso e, la cosa più sconcertante, è che non abbiamo ricevuto nessuna risposta, di adesione alla nostra causa, da parte delle altre città vicine. È tutto finito!

RAIMONDO: In quanto alle risposte dalle altre città, non dobbiamo farci illusioni! Molto probabilmente i nostri messaggeri non sono mai giunti a destinazione e, ammesso che qualcuno ci sia riuscito, i tempi non sono ancora maturi. Ascolta! Nessuno sa della morte di tuo figlio. In città ne parlano tutti come il futuro Mastrogiurato che, un domani, potrà difendere i nostri diritti. L’unica speranza sei tu!

GAETANO: Devi andare, devi salvarti almeno per i tuoi concittadini!

ANTONIO: No, non posso abbandonarvi… Vi ho trascinato in un’avventura senza scampo. Almeno tu, Gaetano, avevi un futuro felice… e adesso rischi di perdere anche la vita!

GAETANO: Mio caro fratello Antonio, anche se non siamo figli dello stesso padre, io per te farei qualsiasi cosa!

ANTONIO: No! Sei tu… sei tu che devi scappare! Almeno tu, salvati!

GAETANO: Ascolta testone, perché pensi che ci siamo sobbarcati il peso di questo odioso delitto? Proprio per la consapevolezza che non avremmo avuto via di fuga. Non tanto dalle guardie del re, ma da noi stessi…. costretti a questo orrendo delitto!

ANTONIO: Oh, fratello mio… avrei dovuto impedirti questa pazzia. E, dopo la morte di Isabella e mio figlio, tutto è così assurdo e inutile. Se devo fuggire dobbiamo farlo insieme… non andrò senza di voi!

RAIMONDO: Antonio… ormai sanno che siamo stati noi. Una volta eliminati noi, si placherà la loro sete di vendetta e insieme finirà questa morsa letale in cui hanno stretto la nostra città!

GAETANO: Lo dobbiamo a tutti i nostri amici e cittadini! Ma tu, almeno lascia loro un barlume di speranza e fai fino in fondo il tuo dovere. (Buio)

Scena XV

(È in scena Antonio Palma, seduto ad un tavolino, sta scrivendo una lettera ai suoi congiunti a Larino)

ANTONIO: È passato soltanto un anno dalla mia fuga e già sento nostalgia del mio paese! Devo rispondere a questa lettera. Dai miei famigli mi è stata riferita la straziante fine dei nostri due eroi. Le guardie del fratello del Duca, prima che potessero giungere i soldati del re, infrangendo la regola del diritto d’asilo, fecero irruzione all’interno della Cattedrale e uccisero il valoroso Raimondo de’ Raimondi nei pressi di un confessionale (si vede in penombra la scena). Poi trassero in arresto l’abate Gaetano Cornacchiellis di fronte all’altare (si vede in penombra la scena) che, dopo qualche giorno, fu impiccato davanti al sagrato della Cattedrale. La resistenza fu debole poiché, i due, attendevano e volevano, in questo modo, por fine ai loro tristi giorni. (Si alza e si muove per la scena) Ma ciò che mi è difficile dimenticare è il giorno dell’appuntamento con la mia amata Isabella. Ogni notte rivivo la scena in sogno. La vedo arrivare, io scendo da cavallo e le nostre gambe frenetiche si avvicinano sempre più schizzando la neve abbagliante. Io corro ma, nello stesso tempo, come un colombo viaggiatore, osservo tutto dall’alto e vedo noi due innamorati che ci avviciniamo sempre più fino ad abbracciarci. E vedo sgomento i nostri mantelli che, trascinando sulla neve, hanno lasciano una lunga scia di sangue. Ah, Carafa… Carafa… era questo che volevi? (Pausa) Già qualcuno parla di aver visto, verso l’alba, l’ombra di un cavaliere… un fantasma con la spada sguainata ancora in cerca della sua vendetta! Carafa, siamo comunque riusciti a lottare per la nostra libertà ed è stata una bella illusione! Mi risuona, ancora, l’eco del grido di battaglia, del nostro improvvisato piccolo esercito, al momento dell’attacco.

VOCI: (Si ode da dietro le quinte un unico grido) Per Larino e la sua libertà! Risorgi Larino!!!

(Sipario)

 

Testo ultimato nel mese di ottobre del 2005

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