Ius primae noctis

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ALDO LO CASTRO

IUS PRIMAE NOCTIS

Favola con musiche in due parti

                                                                                                                                               Testo revisionato in ottobre-dicembre 2003

                          Personaggi (in ordine d’entrata):

RINALDO, nobile barone

VALERIO, proprietario terriero e amico di Rinaldo

DIANA, giovane serva d’osteria

PRISCILLA, altra serva

LORENZO, servo di Rinaldo

GIUSTINO, servo di Valerio

ROSINA, la bella serva contesa

CATERINA, una giovane nobile

L’azione si svolge in Sicilia, verosimilmente in epoca medievale. Il linguaggio utilizzato è una sorta di improbabile e scherzoso siciliano maccheronico del 300.

PARTE  PRIMA

La camera di una locanda medievale. Sul fondo, al centro, due bifore. Sul fondo, a  destra, alcuni gradini portano ad un’altra camera. Uscite, a destra e a sinistra, ricavate mediante un accondio “gioco di teli”. Una panca, alcune sedie, un tavolo e una tinozza posta su un “praticabile”, addossato alla parte di fondo. Scenografia e attrezzi, tuttavia, dovranno essere progettati in modo da consentire rapide trasformazioni e veloci cambi a vista. Sarebbe opportuno, quindi, utilizzare pannelli dipinti e affidarsi ad una struttura di “spezzati”.

All’apertura del sipario, Rinaldo e Valerio – particolarmente allegri – fanno il bagno, immersi entrambi nella tinozza. Scherzano e ridono…

RINALDO – (gli mostra un pezzo di sapone) Armalu! Comu si chiama chistu?

VALERIO – Non mi sovviene… Comu si chiama?

RINALDO – Bestio! Chiamasi “sapone” lo quale aiuta l’acqua a tergere le membra! Tieni e sgrassati, ‘ngrasciatu! (Lancia in aria il sapone che Valerio afferra al volo)

VALERIO – (si rigira fra le mani il sapone fingendo grande meraviglia) Sapone… dicisti? Mai visto, in verità. Comu si usa, meo signori?

RINALDO – (si presta al gioco) Bagnalu dintra l’acqua e poi ti lu sfrichi forti ‘nta li natichi! Vedrai da te medesimu l’effettu…!

VALERIO – (esegue) Oh, codesta è vera diavuleria! Oh, chi gran portentu! (Ridendo gli restituisce il sapone) Tieni ‘stu sapuni, gran fitenti e sfricatillu forti fra li denti!

(Ridono divertiti)

RINALDO – (smette improvvisamente di ridere e annusa l’aria con intenzione)  Valerio, amicu meu, sentu un ciauru inebrianti… Lu senti, tu?

VALERIO – Che ciauru?

RINALDO – Omu insensibili! Ciauru di femmina! Suca con lo naso, minchiuni!

(Valerio esegue divertito. Si odono delle voci femminili)

            Sintisti, ora?

VALERIO – In veritate sentu ciauru di odoroso giardino!

RINALDO – E’ codesto lo giardino ch’io desìo! Acconciati adunque a cogliere li fiori di ‘stu giardinu!

VALERIO – Pensi che lu patri si po’ ‘ncazzari? Iddu è lu patruni di lu “giardinu”!

RINALDO – Si iddu è lu patruni… noi siamo abili giardinieri! (Ride)

VALERIO – E allora è d’uopo che noi curiamo codesti fiori delicati con amore e sollecitudine… (ride)

RINALDO – Fa’ bona attenzioni, Valerio: piano strategico numero cinque.

VALERIO – Numero cinque? Ah, lu medesimu che usammo con la contessa Rosmunda!

RINALDO – Lu medesimu.

VALERIO – Sugnu prontu. Attacca!

RINALDO – (comincia ad urlare disperatamente) Aiuto! Soccorso, gente! Io soffoco! Ahimè, sto annegando dentro una tinozza! Quantu sugnu disgraziatu!

VALERIO – (urla anch’egli) Resisti, amicu meu! Vegnu a salvarti immantinenti! Mi tuffu puri iu tra i flutti in tempesta della tinozza!

RINALDO – Curriti tutti! Io moro!

VALERIO – Non c’è dunque, anima bona in codesta lucanna?

(Si odono voci femminili molto concitate)

            Continua, Rinaldo! Li fiori… abboccano!

RINALDO – O me tapino! O destino infame! Devo morire in una tinozza!

2 –

(Entrano Diana e Priscilla)

DIANA – Che cos’è codesto ignobile schifio?

(Le ragazze s’accorgono della nudità dei due uomini immersi nella tinozza… Volgono lo sguardo altrove con falsa pudicizia)

PRISCILLA – Ma che siete nudi?

RINALDO – (su e giù nella tinozza, sorretto con apparenti sforzi da Valerio) Salvatemi, donzelle, staiu murennu affugatu!

VALERIO – Aiutatemi, ve ne priego! Lu meu cumpagnu ebbe un gravi malori…!

DIANA – Ma… è nudo!

RINALDO – Non è che uno decide a suo piaciri lo momento di stari mali…

VALERIO – Accussì capita che ora egli si senti mali mentre è ignudo…

DIANA – E che possiamo facere noi, deboli pulzelle, se voi medesimo, omo grande e grosso, non siete riuscito a tirarlo fora dalla tinozza!

RINALDO – (con un filo di voce perché “stremato”) Potete facere… moltissimo!

VALERIO – Siete dunque senza core? Lassate moriri un omo sulu perché egli è nudo?!

DIANA – PRISCILLA – Oh, no! Giammai!

(Aiutano Rinaldo ad uscire dalla tinozza)

DIANA – Abbassa l’occhi, Priscilla!

PRISCILLA – L’occhi li doverìa alzari per non vidiri ciò che già vidi!

DIANA – Svergognata!

(Distendono Rinaldo su una panca. Valerio – anch’egli “stremato” – crolla su un’altra panca…)

RINALDO – Sento un tremore per tutto lo corpo… Sto, forse, per esalare l’ultimo respiro?

DIANA – (lo massaggia assieme a Priscilla) Non credo, messere mio…

RINALDO – Che mani di santa! Mani miracolose sono codeste… Non vi fermate, femmine…!

VALERIO – (lancia, improvvisamente, un urlo straziante e poi scoppia a piangere) Oh, madre svinturata, pirchì mi partoristi?

PRISCILLA – (a Valerio) Messere, chi vi succedi? (Si porta da lui e lo rincuora)

DIANA – (a Rinaldo) Pì San Giovanni Evangelista, chi havi?

RINALDO – Un malannu gravi. Non sopporta di vidiri soffriri li cristiani…

DIANA – E allura?

RINALDO – E allura soffri li stissi mali, tapinello.

DIANA – Non capisciu.

(Valerio continua a lamentarsi e a piagnucolare)

RINALDO – Nel vedere me soffriri atrocementi, si è dispiaciuto in cotal punto che ora soffri atrocementi pure lui medesimo…

PRISCILLA – Oh, meschinello!

RINALDO – Pensa, l’annu passatu, nel vidiri una giovane femmina tormentata dalle doglie di lu partu…

PRISCILLA – Partorì egli pure?!

RINALDO – Quasi. Provò fino in funnu tutti li trabagli di lu partu.

DIANA – Chi omu sensibili…!

VALERIO – Lu friddu di la morti s’impadronì di tutte le mie membra…! (Piange)

PRISCILLA – Non chiagniri pirchì mi pari ca lu friddu di la morti almeno un “membro” lo risparmiò…

VALERIO – Sei sicura, femmina?

PRISCILLA – (maliziosa) Iu tuccai cù manu ma tu guarda cù l’occhi toi si non mi cridi.

VALERIO – (“controlla”) E’ veru! Tu mi salvasti, dolce e bona femmina! (L’abbraccioa con calore)

RINALDO – (a Diana) Qual è lo nome tuo, bella ninfa?

DIANA – Diana.

RINALDO – Diana, la dea della caccia! Vieni, bella Diana, vieni a cacciare nelle mie terre!

(La prende in braccio ed escono a destra)

VALERIO – E a te come ti sanno sentire?

PRISCILLA – Lu meu nomu è Priscilla.

VALERIO – La dea della pesca?

PRISCILLA – Non lu sacciu…

VALERIO – Pisca puri ‘nta lu meu mari, Priscilla e… “pri Cariddi”!

(Esce anch’egli rapido con la ragazza, a sinistra)

3 –

(Irrompe Giustino, invano trattenuto da Lorenzo)

LORENZO – E io ti dico che Rinaldo e Valerio, in codesto momento, non volunu essiri disturbati!

GIUSTINO – Quanti storii per una femmina!

LORENZO – All’amuri non si cumanna!

GIUSTINO – Che zozzerie! Avanti, arrassiti che ho da chiamare quel gran fituso di Valerio!

(Si odono i mugolii e le risatine delle due coppie)

            Ma che fanno, ridono? Che hanno da ridere?

LORENZO – Ridono poiché son felici, ebbri d’amuri!

GIUSTINO – Ebbri…? Chi schifiu! Fammi guardari dentro! (Riesce a superare Lorenzo che tenta di ostacolarlo, sbircia oltre la quinta di sinistra e rientra disgustato)

            Oh, pì San Geppetto confessore, mi sentu mali!

LORENZO – E allura, di grazia, vattinni.

GIUSTINO – Non pozzu. Valerio ha da badari all’interessi di suo padri! Valerio è un contadino… non un baruni, come il tuo Rinaldo! E in codesto momento, doverìa essiri in campagna e non qua, a pigliarsi qualche malattia con codeste femmine laide e spregevoli! Ora, io entro e lu fazzu smettiri subitu subitu!

LORENZO – Fermu! E’ assai piriculusu! Una volta ebbi la sventura di disturbari lu meu padruni mentre era impegnato in una battaglia d’amuri… Lu sai comu finì?

GIUSTINO – Non m’interessa.

LORENZO – M’assicutò per tutto lo paisi con la spada in pugno!

GIUSTINO – Ti voleva ammazzari?

LORENZO – Peggiu! Mi voleva castrari!

GIUSTINO – Con me sarìa statu tempu persu. E poi, Rinaldo non è lu meu padruni.

LORENZO – Lu baruni è lu padruni di tutti in codesto feudo e havi potere di vita e di morte su tutti! Non ti lu scurdari!

GIUSTINO – E dunque, io doverìa aspettari che ‘sti dui portino a compimento le porcherie che stanno a facere?

LORENZO – Certo!

GIUSTINO – Uffa! E invece…

LORENZO – Mutu che stanno arrivando…

(Le due coppie entrano cantando)

            Gira la rota di lu munnu

            Gira la rota di la vita

            Gira e rigira… non mi cunfunnu

            Si a lu mè latu ci haiu la zita!

           

La vita non è vita senza l’amuri

E’ comu ‘nu giardinu senza li ciuri

E’ comu ‘na jurnata senza lu suli

E’ comu ‘na minestra senza lu sali…

E iu sempri accussì vogliu campari

E iu sempri accussì vogliu jucari…!

Li vasi e li carizzi innamurati

Fannu passari duci li jurnati!

(Le due ragazze – ridendo – si dileguano rapidamente)

RINALDO – Addio , donzelle bone e generose!

GIUSTINO – (a parte) Schifio!

RINALDO – Valerio! Qua la manu, amicu meu! Codesta battaglia l’affrontasti a visu apertu, comu sempri! Bravu!

VALERIO – (gli stringe la mano) Ti ringraziu.

RINALDO – (s’è finalmente accorto della presenza di Lorenzo e Giustino. Rivolto a quest’ultimo) Cu’ ti desi lu permessu d’infastidirci fin dentro le nostre stanze? Chi ha fatto entrari codesto miserabili finocchiu? Lorenzo, non ti ordinai…

LORENZO – Sissignori, baruni meu, voi ordinaste ma chistu si misi a camurria…! Per fortuna, anzi, ca lu firmai in tempu se no v’averìa sconzato, per così dicere, la tavola!

VALERIO – (a Giustino) Che venisti a facere costì, rincoglionito?

GIUSTINO – (risentito) Fussi per me, non ti cercherìa per nessuna ragione a lu munnu… perché unu che se la fa con femmine di facili costumanze, senza pinsari a li malanni e a tuttu lu restu… ebbene, non merita lu meu affettu!

RINALDO – (divertito) Com’è innamorato! E tu lu maltratti. Sei cattivo, Valerio!

VALERIO – (piuttosto irritato, a Giustino) Che cacchio vuoi, insomma?

GIUSTINO – Chi fa lariu! Vegnu a recarti un’ambasciata di tuo padri. Egli sta per partire e dunque vuole che torni a casa pì badari a li cristiani s’annunca non travaglianu.

VALERIO – E tu, non parti, tu?

GIUSTINO – No, iu restu con te, cosa tinta! (Si commiata) Baruni, li miei rispetti. (A Valerio) T’aspettu intra. (Esce)

4 –

RINALDO – (ride) “T’apettu intra”!

VALERIO – Rinaldo, non infierire, pì favuri! Accidenti a mio padri ca mi desi per regalu quell’animale scoglionato!

RINALDO – (continua a canzonarlo) Il tuo Giustino è peggiu assai di una mogli gilusa e innamurata! Non t’ammogliar giammai, Valerio, altrimenti potresti trovarla morta la sposina, uccisa dagli artigli del tuo servetto!

VALERIO – Ammogliarmi, iu?! Ha da prosciugarsi lo mari prima che tu possa vedermi cù li catini a lu collu!

RINALDO – Bonu dicisti. E non cangiari pinseru pirchì vedi… la femmina e la fedeltà sunu comu lu suli e la luna: non s’incontrano giammai.

(Una sonora risata poi i duegiovani si stringono le mani in un patto d’alleanza)

RINALDO – VALERIO – (insieme) Pì Santa Ninfa, giuriamo solennemente

            di viviri la nostra vita allegramente!

            senza muglieri tra li peri e senza affanni

            e cù ‘na femmina a lu jornu pì cent’anni!

(Suggellano il giuramento con un abbraccio. Poi, Rinaldo si volge verso Lorenzo che è rimasto a osservarli divertito)

RINALDO – Pì San Calogeru e San Desideratu, chi ci fai ancora tu, misu a lu latu?

LORENZO – Nenti, Aspittavu l’ordini vostri, eccellenza.

RINALDO – Gira li tacchi e scinni giusu! E se ci fai disturbari ancora da qualchedunu, ti taglio…

LORENZO – L’haiu già caputu! Hannu a passari supra lu meu cadaveri, prima!

RINALDO – E ora, ritiriti, strunzu!

LORENZO – Mi ritiru all’istanti! (Via, rapidamente)

5 –

VALERIO – Tu sei un nobili assai liberali, Rinaldo: tratti li servi comu li fimmini.

RINALDO – Ammazzari li doverìa! Quannu li servi non servunu, a che serve tenerli in vita? Ti mangianu sulu lu pani a tradimentu!

VALERIO – Hai ragiuni! E a proposito di pani, iu averìa un pocu di fami…

RINALDO – Un pocu? Iu  mi mangerìa un vitellu sanu! Chiama li sguatteri! Che ci rechino le vivande più prelibate!

VALERIO – (urla) Femmine, unni siti? Iu e lu nobili amicu meu ci avemu fami! Diana! Priscilla!

(Entra Rosina)

ROSINA – Avete chiamato, miei signori?

(I due rimangono colpiti dalla bellezza della fanciulla. Si scambiano uno sguardo loquace)

RINALDO – E tu… chi sei?

ROSINA – Mi chiamo Rosina e sugnu ccà per servirvi, baruni.

(Valerio, palesemente rapito, rimane in silenzio)

RINALDO – (esamina accuratamente la ragazza) Codesta lucanna teni ammucciati tesori assai priziusi. Nevvero, Valerio?

VALERIO – (continua a fissare Rosina) Iu cridu che in questa lucanna, ci fazzu li vermi!

ROSINA – (taglia corto freddamente) Se lo signor baruni e lo suo compagno non hanno ordini… (Si avvia ad uscire)

RINALDO – Ferma! Unni vai?  Lu signor baruni e lo suo compagno non ti hanno ancora licenziata! Veni ccà, avvicinati.

(Rosina esegue malvolentieri)

            Tu non mi pari una serva. D’unni veni, picciotta? (Le palpa i fianchi)

ROSINA – (si ritrae rapidamente, risoluta) Vegnu di lu paisi meu, unni li cristiani sunnu cristiani e unni li fimmini, servi o cuntissi, vengunu rispittati!

(Rinaldo ride divertito)

            Ma è un paisi luntanu assai di lu vostru: di sicuru, vui non lu canusciti.

RINALDO – (a Valerio) Teni la lingua longa, la madamigella… (a Rosina) Comu dicisti ca ti chiami?

VALERIO – Rosina…

RINALDO – Ah, già, Rosina. Le femmine che hannu caratteri mi piaciunu, Rosina… (le accarezza i capelli) Lu ciuri da cui pigghiasti lu nomu, diventa nenti, roba di poco valuri… davanti a la tò biddizza…

ROSINA – (si scosta ancora una volta e sorride ironica) Vui, baruni, siete abituato con le dame dell’alta nobiltà… Iu sugnu sulamenti una serva: non merito le vostre galanterie.

RINALDO – La biddizza non canusci cetu sociali. E poi, tu hai l’aria e lu portamentu d’una principessa, altro che serva.

ROSINA – Cù l’aria e lu portamentu non si campa, baruni. (Pausa) Che vi pozzu serviri? In cucina c’è stufatu d’agnellu, arrustu di vitellu, braciole di maiale…

RINALDO – Du’ stiddi…

ROSINA – Du’ stiddi?!

RINALDO – Du’ stiddi sunnu l’occhi toi. Anzi du’ suli. Valerio! Dimmi: non sunnu du’ suli l’occhi di sta bella principessa?

RINALDO – (del tutto inebetito) Sì, du’ suli. Certu ca un occhiu sarìa pocu, tria assai… Du’ occhi – e chi occhi! – mi parunu giusti…

RINALDO – Tria, unu, dui! Che cacchiu stai a dicere, viddanu? (Osserva l’amico e nota il suo smarrimento) Ho capito. Tu in codesti occhi belli ti ci sei perduto, ah? (Ride) Dolce Rosina, comu vidi, la tua bellezza rapì lu meu cumpagnu.

ROSINA – E allora, vi porto l’arustu o lu stufatu?

VALERIO – Né l’uno né l’altro… Non haiu cchiù fami.

ROSINA – E dunque, con vostra licenza… (Si avvia)

RINALDO – Aspetta! (La prende per un braccio e la fa scivolare al centro della scena) Non ci puoi privare della tua solare presenza. Sai cantari?

ROSINA – (sorride) La vuci mea è roca e sgraziata, eccellenza… E’ la vuci di una serva…

RINALDO – Sugnu sicuru che la vuci tò è miludiusa e incantatrice comu a chidda delle sirene. Canta.

ROSINA – Veramenti…

RINALDO – (con un tono che non ammette repliche) Canta!

(Rosina canta)

            Lu ventu vasava l’arvuliddi

            Lu suli splinneva ‘nta campagna

            Lu ciumi cantava cù l’aceddi

            Mentri scinneva lestu d’a muntagna…

            Nu cavaleri si firmò a ddu ciumi

            Nu cavaleri cù lu so cavaddu…

            Avìa tanta siti e tanta fami

            Pinsava a la so terra e a lu casteddu…

            E ammenzu alla campagna e alli culuri

            ‘ntra l’erba virdi e i fogghi trimulanti

            Spuntò ‘na picciuttedda comu un ciuri

            Ca spanneva ‘ntra ò’aria li co’ canti…

            Lu cavaleri arristò incantatu

            Di dda biddizza e ddu sorrisu duci

            Poi curri raggianti e innamuratu

            ‘Ncontru a dda stidda, versu dda luci…

            Ma dda cursa d’amuri pocu durò

            Pirchì la picciotta, ciuri ‘nfatatu

            Non c’era cchiù davanti a l’occhi so’

            ‘Na strega tinta l’avìa ingannatu…

            Dda fimmina bedda era l’Amuri

            Ca prima t’ammustra la filicità

            Poi svanisci e ti lassa lu cori

            Chinu di lacrimi e spaccatu a mità!

RINALDO – E codesta sarìa la vuci di una serva? Bellissima Rosina, pirchì vuoi ingannari ‘stu cori meu che già batte forte pì tia? (Le afferra la mano e la porta al petto) Senti li suoi battiti? Parunu li zoccoli d’un cavaddu ‘mpazzutu!

ROSINA – (con forza, libera la mano dalla stretta) E ora, consideratu che lor signori non hanno appetito…

RINALDO – (abbraccia la ragazza con estrema violenza) Ce l’ho, l’appetito! E in codesto momento ti mangerìa tutta!

(Rosina tenta di liberarsi da quall’abbraccio)

VALERIO – (interviene in soccorso della ragazza) E lassala in paci!

RINALDO – (osserva l’amico tra l’indispettito e il sorpreso poi scoppia in una risata) Ho capito. Birbanti d’un Valerio! E va bene. Iu, prima d’essiri un masculu, sugnu un amicu. (Spinge Rosina tra le braccia di Valerio) Ti concedo di buon cori lu primo boccone! (A Valerio, a parte) Lassamene un pocu puri pì mmia, ti raccumannu! (Ruba un bacio alla ragazza) Vaiu a fari un sirvizu e tornu... (Esce ridendo)

6 –

ROSINA – Che sentiva dicere lu baruni? “Lu primu boccone”! Iu non sugnu ‘na pullastrella! Sbagliò, lu baruni e di sicuru sbagliati puru vui! (Si avvia verso l’uscita ma Valerio, con dolcezza, la trattiene)

VALERIO – No, ti prego…

ROSINA – (senza volgergli lo sguardo) Le sguattere hanni tanti cosi a faciri…

VALERIO – Senti, Rosina… Iu ti vulissi diciri… Iu sugnu prontu…

ROSINA – Ma iu no.

VALERIO – Ma chi capisti?  Sugnu prontu a… non faciriti faciri cchiù ‘sta vita.

ROSINA – Quali vita? Iu non hai bisognu di nessuno! ‘Sta vita, comu la chiamati vui, mi duna un piattu di minestra ogni ghiornu e poi… ‘sta vita l’haiu vuluta iu.

VALERIO – La casa mea non è certu un casteddu ma…

ROSINA – (ride) Non vuliti ca fazzu la serva in codesta lucanna e mi vuliti comu serva in casa vostra!

VALERIO – (con slancio) Non la serva ma la patruna!

ROSINA – (sorride imbarazzata) La patruna?! Siti pazzu, signuri meu!

VALERIO – Sì, pazzu. Pazzu d’amuri! E… si guardu ancora codesti occhi, lu cori meu mori annegatu.

ROSINA – (sorride) Siti un poeta non un omu innamuratu.

VALERIO – Ma quale poeta…? Sugnu sulamenti un contadino…

ROSINA – (abbassa gli occhi) Vi canusciu. ‘U sacciu cu’ siti. Siti vui ca non mi canusciti.  ‘St’occhi mei, vui non l’aviti giammai viduti… eppuri ‘st’occhi vi hanno guardato… Quanto vi hanno guardato! Ma vui chi ni putivati sapiri? Eravate troppo occupatu a scherzari, a ghiucari cù tutti li fimmini ca vi capitavanu…! Vui e l’amicu vostru, lu baruni!

VALERIO – Ma iu…

ROSINA – Non vi giustificati. Non aviti bisognu di rendermi conto di lu vostru comportamentu. Vi dumannu pirdunu, inveci, pì li stupidaggini ca mi scapparunu da la vucca!

VALERIO – Non erano stupidaggini…

ROSINA – Una fimmina onesta ha da essiri prudenti…

VALERIO – Sugnu iu ca provu vergogna. Ero cieco. Comu fici a non accorgermi di un angelu comu a ttia? Si putissi, ‘nta ‘stu mumentu, mi strapperìa lu cori e lu getterìa a li to’ pedi!

ROSINA – Facitamminni jri, ora, pì carità e scurdativi…

VALERIO – (la trattiene e la obbliga a guardarlo negli occhi) Rosina! Vuoi veramenti ca mi scordu di tia? Vuoi ca mi scordu di ‘st’amuri ca mi svampò all’intrasatta e mi sta bruciannu l’anima? Si vuoi chistu, non ti trattegnu…

ROSINA – (lo abbraccia d’istinto) No! Non vogliu chistu! Si li to’ paroli sunu falsi, Iddio ti punirà, Valerio ma si sunu sinceri, allura… preju lu cielu ca ti binidici! (Lo bacia)

(I due cantano)

            Amuri voli diri tanti cosi

            Amuri voli diri è primavera

            Amuri è nu giardinu chinu ‘i rosi

            Amuri è ‘na parola duci e amara

            Tu si’ lu suli di la vita mia

            Lu suli ca riscalda finu a ‘nfunnu

            Tu si’ la gioia, si’ la puisia

            Si’ tu ca dai culuri a lu me’ munnu

            Vasami, amuri

            Non aspittari

            Stringimi amuri

            Non mi lassari!

            Ti dugnu in donu

            Lu cori meu

            ‘Nta li to’ manu

            lu cori meu!

            Amuri è ‘na nuttata cù li stiddi

            Amuri è ‘na vintata di ducizza

            Amuri è ‘na cantata cù l’aceddi

            Amuri è un sorrisu e ‘na carizza!

            E iu sempri cù ttia vogliu ristari

Amuri caru e tantu disiatu

Tu si’ la fonti pura d’acqui chiari

Si’ tu lu sposu meu distinatu!

VALERIO – (le bacia le mani) Una manu accussì bella non può ristari ancora nuda. Aspettami ccà!

ROSINA – Unni curri?

VALERIO – Una sorpresa. Torno subito! (Via, rapido)

7 –

(Rosina rimane sola in scena. E’ raggiante di gioia. Entra Rinaldo)

RINALDO – Unn’è ca scappò l’amicu meu?

ROSINA – (con sfrontatezza) E’ amicu vostru, no? E dunque addumannatici a iddu, quannu torna!

RINALDO – Ohè, fimmina! Iu, codesta lingua, prima o poi te la tagliu! Chi ti insegnò a essiri insolenti e screanzata con i padroni?

ROSINA – Haiu tanti cosi a faciri. Con vostra licenza…

RINALDO – E no! Tu non ti ni vai! Ogni volta ca m’avvicinu a ttia, non fai altro che chiedere licenza! Si prima fusti con Valerio, non cumprennu pirchì, ora, fai tanti storii cù mmia…!

ROSINA – Baruni, la vostra fantasia galoppa cchiù lesta di lu vostru cavaddu! Iu e Valerio avemu sulu conversato…

RINALDO – “Conversato”…! Guarda, guarda… Una serva che si esprime comu ‘na barunissa! Comunque, vidi ca iu lu canusciu troppu bonu a Valerio… Quannu è cù ‘na fimmina, iddu fa tutt’altro che “conversare”! Dunque, non dire menzogne!

ROSINA – Non dicu mai menzogne!

RINALDO – Invece, sì! Senti, Rosina, t’avvertu ca nuddu ebbe giammai l’ardire di facirisi beffa di lu baruni Rinaldo!(Pausa) Ti ni stai muta, ah? Ti cascò, finalmente, la lingua!

ROSINA – No, non mi cascò la lingua ma si vui non ci sintiti, a chi servi parrari?

RINALDO – Eccola qua, la tua lingua: cchiù viva e cchiù taglienti di prima! Lu vidu ca non ti cascò ma t’assicuru ca “dopo” te la taglierò io medesimo! (Le si avvicina)

ROSINA – Badate che so usare puru le unghia e fannu altrettantu mali!

RINALDO – E minaccia! Non c’è rosa senza spine! Dici lu veru lu proverbiu!

ROSINA – Sagge parole.

RINALDO – Ma iu non dissi che batto in ritirata.

ROSINA – E iu non dissi ca mi sarìa arrinnuta!

RINALDO – Alli curti, “principessina”… Iu persi la pacienza!

(L’uomo si lancia su Rosina che le sfugge)

ROSINA – Siti sempri accussì fucusu, barone Rinaldo?

RINALDO – Ma dimmi ‘na cosa… Sugnu lariu? Ti fazzu schifu, forsi?

ROSINA – No, non siti lariu e non mi faciti schifu ma non c’entra nenti la biddizza o la bruttizza. Una fimmina non si concedi all’omu ca è beddu ma sulamenti all’omu ca idda ama.

RINALDO – Ma sintitila! Una tinta serva ca mi fa ragiunamenti sull’amuri!

ROSINA – Fino a un mumentu fa, iu ero una principessa… e sarìa rimasta principessa si v’avissi dittu: ”Sì, faciti di mia chiddu ca vuliti”. Ma poiché vi dissi di no, tornu a essiri chiddu ca in verità sugnu: ‘na tinta serva.

RINALDO – Mi piaci, Rosina! Femmina o diavolo, serva o principessa, tu mi piaci! (Tenta inutilmente di abbracciarla) Sangu di…! Fimmina, tu scherzi cù lu focu! Attenta a ttia! (La insegue)

(In quell’istante rientra Valerio)

VALERIO – Rinaldo! Chi stai a faciri, iochi?

RINALDO – (scuote Valerio) Amicu meu, senti…

VALERIO – Chi hai? Pirchì codesta facci accussì russa?

RINALDO – Vogliu una spiegazioni!

VALERIO – Pì Santu Ezechieli, non ti capisciu.

RINALDO – Tu hai da spiegarmi perché mai codeta femmina a te si è concessa e a mmia no! Chi ci facisti, una magaria? La stregasti, forsi?

VALERIO – (ride) Una magaria? Chi dici? Tu hai sempre voglia di schirzari!

RINALDO – No, non scherzu! Ma si m’accorgiu ca siti voialtri a pigliarvi iocu di lu baruni Rinaldo…!

VALERIO – Chi vo’ diri?

RINALDO – Di’ a codesta fimmina di accondiscendere a li miei desideri!

VALERIO – Iu?!

RINALDO – Ora capii. Mi tradisti, Giuda!

VALERIO – Ma quali Giuda!

RINALDO – Quanti voti mangiasti alla mea mensa?

VALERIO – Tanti voti.

RINALDO – Quanti voti dormisti nellu meu palazzu?

VALERIO – Tanti voti.

RINALDO –  Quanti voti ti diedi li fimmini cchiù beddi di lu feudu?

VALERIO – Tanti voti.

RINALDO – Quanti voti ti regalai oro e danaro?

VALERIO – Mancu ‘na vota.

RINALDO – Non importa. L’amicizia nun s’accatta cù la vili munita.

VALERIO – Codesto è vero.

RINALDO – E ora, tu, d’accordu cù ‘sta serva, tramasti contru di mia?!

VALERIO – Rinaldo… non tramai contro di te né mai potrei farlo… Sulu che… a codesta “serva” ci vogliu beni e idda voli beni a mmia.

RINALDO – (ride incredulo) Chistu è daveru amuri fulminanti! Pensi ca sugnu tantu minchiuni da cridiri a ‘sta favula?

VALERIO – E’ la verità.

RINALDO – La verità…? E va beni, è la verità. E… a quando lo sacro rito?

VALERIO – Presto. Andai giustu a pigliari l’anello della mia povera madre… Lu dugnu in donu a Rosina pì sigillari lu nostru amuri. (Infila l’anello nel dito di Rosina)

RINALDO – (freddo, aria cattiva) Bravu. Sigilla, sigilla… Ma poiché la tua promessa sposa piacemi assai… voglio godere delli suoi dolci favori… almenu per una notti. Mi spetta di diritto. E iu non sugnu solitu rinunciari a li miei diritti.

VALERIO – (sorride) Stai schirzannu, lu sacciu… Tu non saresti capace di…

RINALDO – Per ora, colombelli, continuate a tubare… A presto, bella Rosina. Addio, Valerio. (Si avvia per uscire)

VALERIO – Rinaldo!

(Rinaldo si ferma)

            E’ usanza di lu feudu ca lu baruni benedica li due promessi sposi…

RINALDO – Va’ a fa ‘nculo! (Esce)

VALERIO  (a Rosina) Ci benedisse.

(Buio per pochi istanti.

A vista, si assiste ad un rapido cambio di scena. La camera della locanda viene trasformata in una sala della dimora di Valerio. Sul fondo, ampio finestrone. Così come nel primo quadro, non ci saranno porte ma le uscite saranno ricavate da apposita sistemazione dei teli. Giustino, Priscilla e Diana provvederanno a trasformare la scena e gli attrezzi. Al centro vi è, ora, una lunga tavola che i tre attori-macchinisti apparecchieranno con cura mentre cantano)

            Quannu la sira cantanu l’aceddi

            Quannu ‘nto cielu brillanu li stiddi

            Allura è certu ca ci su’ du’ amanti

            Du’ cori ca si cercanu trimanti

            Mentri lu scuru abbrazza li picciotti

            La ianca luna si vesti pì la notti…

            Si senti sulu ‘na canzuna duci

            Cantata ‘ncoru da dumila vuci

            La canzuna di l’amuri

            Ca si canta cù la luna

Ca si canta cù li ciuri

Veni e porta la furtuna

“Iù ti vogghiu beni assai!”

sunu chisti li paroli

“Tu non mi lassari mai

Lu Signuri non lu voli”

‘Sta canzuna innamurata

E’ cantata suspirannu

Dallu zitu e dalla zita

E lu pettu va trimannu

8 –

DIANA – E puri codesto calice è misu a lu postu giustu!

PRISCILLA – (aria sognante) Com’è bellu…!

DIANA – E’ un calice comu a tutti l’altri calici. In verità, non vidu chi havi d’accussì bellu…

PRISCILLA – Ma quali calice? Cu’ sta parrannu di calici? Iu parru di Valerio… Com’è bellu! Che portamento fiero! Chi occhi latri! Che mani mascoline!

GIUSTINO – Basta ora, ca mi sta vinennu di jttari! Che ragiunamenti di pollastra!

DIANA – Vardatilu…! Com’è gilusu!

GIUSTINO – Iu, gilusu? Tu, donzella mea, non ha’ caputu nenti dell’amore!

PRISCILLA – E spiegaccillu tu, allora. Che cos’è l’amore?

GIUSTINO – (si esalta) Amore è… svuotamento totale di se medesimi e… riempimento totale di lui, di l’omu che si ama. Amore è dedizione, fedeltà a lui… anima e corpu. Insomma, belle, codesti sunnu ragiunamenti che una femmina non poti comprendere!

DIANA – E pirchì, semu cretine?

PRISCILLA – (maliziosa) L’anima iu ci l’haiu e lu corpu puri, cridu…

GIUSTINO – (la squadra da capo a piedi con disgusto) Lu corpu lu vidu ca ci l’hai, anche se… Comunque, tutti i gusti sono gusti… Ma in quanto all’anima, no, chidda, tu, non ce l’hai. Non sei femmina?

PRISCILLA – Dalli punta di li pedi a li capilli!

GIUSTINO – E dunque, l’anima non ce l’hai. Tutti lu sannu: li fimmini non hanno anima. Informati, gioia! E ora, facitimi assittari ca havi ‘na jurnata sana ca trafichiu e mi sentu completamente scarinatu! (Si siede)

DIANA – Sai, invece, qual è la verità? Ca si’ pigliatu di colira perché a Valerio te l’hanno rubato! Rosina, forsi, l’anima non ce l’ha ma havi a Valerio ca è megliu assai!

GIUSTINO – Femmina bestemmiatrice e scimunita!

(Le ragazze ridono)

PRISCILLA – Beata Rosina! Comu vulìa essiri a lu postu so!

DIANA – Iu sugnu cuntenta assai. E non sugnu invidiusa comu a ttia o gilusa comu a chistu!

GIUSTINO – Cretina!

PRISCILLA – Iu non sugnu affattu invodiusa! Puru a mmia fa piaciri che Rosina si pigliò a Valerio, chi cridi? Solo che mi domando se un giorno, potrò essiri filici comu a idda…

DIANA – Com’erano belli, tutti dui, stamatina, ‘nta la Chiesa! Parevanu du’ angeli!

GIUSTINO – Quannu torna lu patri di Valerio, codesti due angeli finisciunu cù l’ali tagliati !

DIANA – Sarà cuntenu puru iddu, inveci!

GIUSTINO – Matri, mi fa smoviri tutti li nirvaturi, codesta fimmina! Ah, dunque, sarà cuntentu? Cuntentu ca lu figliu si maritò senza la so presenza e, soprattutto, senza lu so cunsensu? Ca vattinni, va, scunchiuruta!

PRISCILLA – Ma com’è che ancora l’invitati non sunnu ccà? Fra pocu arrivanu li sposini…

DIANA – In verità, mancu iu cumprennu la ragiuni di ‘stu ritardu…

GIUSTINO – La cumprenni iu! Nessuno voli festeggiari perché codesto sposalizio non fu benedetto!

DIANA – Ma chi schifìu stai a dicere?! Fu benedetto e come! Benedettu ‘nta la Chiesa da lu santu viscuvu in persona!

GIUSTINO – Ma non da lu patri di Valerio!

DIANA – E torna!

PRISCILLA – (sbircia all’esierno) Stannu arrivannu!

DIANA – L’invitati?

PRISCILLA – No, li novelli sposi!

(Entra Valerio con Rosina, ancora in abito da sposa)

DIANA – PRISCILLA – Vita longa e felicità!

GIUSTINO – (malvolentieri) Vita longa e felicità.

VALERIO – Grazie. Grazie a tutti l’amici… (si guarda attorno perplesso) Ma unni su’ l’amici?

GIUSTINO – Si vidi che l’amici preferirono non accettari lu tò invitu.

ROSINA – Ma… stamatina, ‘nta la Chiesa, c’eranu tutti…!

VALERIO – E’ veru. Si vulevanu recarmi offesa, non sarìa venuto nessuno mancu alla Chiesa!

GIUSTINO – E si vidi che hannu lu stomacu ammarazzatu e non lu volunu appesantiri…

VALERIO – Si vidi, si vidi! Ccà non si vidi un cacchiu!

GIUSTINO – (sospira) Lassamu stari, non parramu di pani in casa di l’affamatu!

VALERIO – Iu non mi capacitu! Che significa tuttu chistu?

ROSINA – Non significa propriu nenti. Con o senza l’invitati, codesto è lu jornu cchiù bellu di la vita mea!

PRISCILLA – Ma certu! Chi v’interessa di la genti?

DIANA – La genti è sulu invidiusa, criditimi!

VALERIO – (pensieroso) Eppuri… lu sacciu cu’ è l’omu ca mi cunzò ‘stu bellu fistinu…

ROSINA – Che vai pinsannu, Valerio?

VALERIO – L’haiu sempri dittu: cervellu di valuri… cervellu di nobili…! Sugnu sicuru che…

(Viene interrotto da voci e risate fuori scena. Un momento dopo, entra dapprima Lorenzo, seguito da Rinaldo e Caterina)

RINALDO – (voce f.s.) Unni sta lu cchiù granni amicu meu? Dove sei, puttaneri?

LORENZO – Bona sira a codesta bella compagnia! Prego, rendete omaggio a lu baruni!

RINALDO – (entra affiancato da Caterina. Scosta energicamente Lorenzo) E levati da li pedi, tu…

LORENZO – (lo anticipa) … strunzu!

RINALDO - … strunzu!

VALERIO – (ironico) Spero mi perdonerai si non ti fici apriri la porta…

RINALDO – Perdonato. Anche perché iu non tuppuliai. (A Lorenzo) Tu tuppuliasti?

LORENZO – Nossignore. Pirchì quannu lu baruni Rinaldo fa l’onore di una visita a li suoi sudditi, non tuppulia: trasi!

RINALDO – (a Valerio) Sintisti?

VALERIO – Sintii.

LORENZO – (continua ad incensare il padrone) Poiché lu baruni Rinaldo di Villafiorita…

RINALDO – (lo interrompe) Basta…

LORENZO - … strunzu!

RINALDO - … strunzu!

ROSINA – Sono felice di rivedervi, baruni…

RINALDO – Me ne compiaccio. Ma comu viditi, non sugnu sulu. Codesta deliziosa fanciulla è la contessina Caterina, lu megliu ciuri della nobiltà siciliana, mea promessa sposa. Spero non vi dispiaccia rendere lo dovuto omaggio alla contessina, futura baronessa di Villafiorita!

(Tutti i presenti s’incinano ossequiosi)

            Caterina, piglia postu, anima mea.

(Caterina prende posto a tavola. Rinaldo siede al suo fianco)

            E allura, chi è codesto mortorio? O forsi, sbagliai postu? Non è ccà ca si teni lu fistinu di matrimoniu?

VALERIO – D’essiri ccà è ccà, amicu baruni… Sulamenti che un festino senza invitati è comu ‘na canzuna senza sunatura.

RINALDO – Senza invitati? Mi vuoi fare torto, Valerio! Iu non sugnu un invitato? E la mea bella Caterina non è puru idda un’invitata?

LORENZO – E iu? Non sugnu puru iu…

RINALDO – Tu mutu…

LORENZO – RINALDO – (stavolta, insieme) … strunzu!

RINALDO – Si dia inizio, ordunque, alli festeggiamenti! (A Valerio) Di’ a li servi di purtari li purtati!

ROSINA – E no, caro baruni… Codesta è una casa assai umile. Non è certu lu vostru casteddu. Qua non ci sunnu servi. Diana e Priscilla sunnu delle care amiche…

RINALDO – Insomma! Che cacchio di festino è codesto? Si mangia o non si mangia? (A Valerio) O non gradisti la mea presenza? Confessa che preferivi ddi quattru viddani che invitasti!

VALERIO – E a li quali tu proibisti di veniri! Pirchì, Rinaldo?

RINALDO – Per rispetto tuo e della tua sposa:

VALERIO – Per rispetto?!

RINALDO – Certamente. E mi meraviglio di te. Comu puoi faciri assittari a lu tò banchettu una manata di zappaturi ignoranti e zaurdi?

VALERIO – Tu non avevi lu dirittu di…

RINALDO – Io ci ho ogni diritto! Decido io chi deve sedere alla mensa dove c’è il barone Rinaldo e la sua promessa sposa! (A Caterina) Sei contenta di stare qua, amore meo?

CATERINA – (fredda) No.

RINALDO – E per forza! Qua non si mangia, non si canta…! E chi schifiu è? Giustino, tesoro, rallegra tu codesta serata!

GIUSTINO – Iu non fazzu lu buffuni di corti e non sugnu affattu lu tesoru vostru!

RINALDO – (ride) Lu sacciu: tu si’ lu tesoru di Valerio!

GIUSTINO – (tra sé) Matri ch’è lisciu! Beddu ma lisciu!

DIANA – Col permesso di lu baruni, andiamo a pigliare le portate.

PRISCILLA – (a Giustino) Vieni puru tu!

(Diana e Priscilla, via, assieme a Giustino che sbuffa)

RINALDO – (a Lorenzo) Vai puri tu!

LORENZO – Iu?

RINALDO – Non sintisti a Rosina? Ccà non ci sunnu servi. Dunque, vai!

(Contrariato, via anche Lorenzo)

RINALDO – (versa il vino nei calici) Faccoi un brindisi per li novelli sposi. Bevo in onore della bella Rosina ca si maritò stamatina! Levo lu calici chinu di vinu alla saluti di lu spusinu!

(Rientrano Diana, Priscilla, Giustino e Lorenzo. Cantano e servono le pietanze)

            Allegria, allegria, allegria

            Cantati tutti, cantamu, allegria! (2 volte)

            Ccà c’è lu pisci, ‘na bella purtata

            Pì rinfurzari lu zitu e la zita!

            Ccà c’è la carni, maiali e viteddu

            Pì Caterina e lu baruneddu!

            Allegria, allegria, allegria… (2 volte)

            Ccà c’è la carni, ccà c’è lu pisci…!

            Mangiatini assai ca non finisci!

            Non viditi ‘sta frutta comu canta?

            Mangiati, mangiati ca ci n’è tanta!

            Allegria, allegria, allegria… (2 volte)

            E pì finiri ‘st’allegru fistinu

            Di cosa duci ccà c’è nu cufinu!

            Mangiati ancora, mangiati e biviti

            Alla saluti di ‘sti beddi ziti!

            Allegria, allegria, allegria… (2 volte)

RINALDO – Pì San Callistu binidittu! Ora sì ca chistu poti chiamarisi fistinu di matrimoniu! (A Caterina) Ti diverti, gioia mea?

CATERINA – No.

RINALDO – La nobili Caterina non si diverte. Dunque, dativi chi fari!

DIANA – Iu e Priscilla putemu cantari una canzuna…

RINALDO – (a Caterina) Ti piaiunu li canzuna, bella Caterina?

CATERINA – No.

RINALDO – Nenti canzuna! Alla mea duci futura metà, li canzuna ci siddianu. Vulemu, inveci, vidiri una bella rappresentazione teatrale. La medesima ca si recitò ‘nta lu meu casteddu, da quella brigata di attori missinisi, la simana passata.

DIANA – Ma… non s’addici, baruni, a ‘nu festinu di matrimoniu!

RINALDO – E’ na recita schirzusa… Farà ridiri puri li spusini. Avanti cuminciati!

LORENZO . Sugnu prontu! Mi ricordu tutti li paroli!

GIUSTINO – Iu, la parti dell’innamoratu, nun la fazzu!

RINALDO – Cuminciati, vi dissi! (A Caterina) Sei contenta, bella e duci Caterina?

CATERINA – No.

RINALDO – Si non faciti divertiri la nobili Caterina, vi fazzu tagliari li testi, fitenti!

(Gli improvvisati attori si dispongono per la recita)

LORENZO – Titolo: La storia di Virgiliu e donna Lona. Rappresentazione burlesca. Diana sarà donna Lona. Priscilla farà la parti di Teresina, Giustino chidda di Romualdo…

GIUSTINO – Iu Romualdo non lu fazzu!

LORENZO – Mutu! E iu fazzu Virgiliu. La rappresentazioni havi inizio con donna Lona la quali, assittata supra una panchina dello suo giardino, sospira languida.

DIANA-LONA – Notti e ghiornu, jornu e notti, iu suspiru…

       Notti e ghiornu, sutta ‘stu peri ‘i piru!

       Ahi, me me! Comu fui sfurtunata!

       Ohi, me me! Quantu fui disgraziata!

       L’amuri meu vaiu suspirannu…

       Lu cuntu m’u fici : havi cchiù d’un annu.

       Romualdo meu giammai s’ha dichiaratu…

       Si miritassi d’essiri ammazzatu!

       Pirchì, amuri, iu mi votu e non ti viru?

       Pirchì vidu sulu… ‘stu peri ‘i piru?

LORENZO – E intantu, Virgiliu, pensa all’amata so, a Teresina e si lamenta assai, lu mischinellu. Egli si trova nellu medesimu giardinu di donna Lona…

LORENZO-VIRGILIO – Nun haiu curaggiu, perciò non ci lu dicu…

       Ma chi ci fazzu sutta ‘stu peri ‘i ficu?

       Ah, quantu t’amu, bella Teresina!

       Quantu mi piaci, dolce mea regina!

       Pirchì quannu mi la trovu prisenti

       Non sacciu diciri lu restu ‘i nenti?

       Li paroli non nesciunu dalla vucca

       E iu restu ddà… comu ‘na vera cucca!

       Ma chidda è Lona, la soru ‘i Teresina…

       Ca chiagni dalla sira alla matina…!

       Chiagni sempri, la povera picciotta,

       pirchì di mia, di Virgiliu idda è cotta!

       Lu po’ sapiri Lona, poverella,

       ca iu vegnu sempri ccà pì la sorella?

DIANA-LONA – Ddà c’è Virgiliu ca mi fa la corti…

       Oh, me infelici, che infelici sorti!

       Virgiliu m’ama assai, lu mischineddu,

       mentr’iu, inveci, pensu a Romualdo beddu!

LORENZO-VIRGILIO – Ora mi ci avvicinu… pì educazione…

DIANA-LONA – Si m’alluntanu ora, è maleducazione…

LORENZO-VIRGILIO – Bona sira, Lona… (sospira)

DIANA-LONA – A vui sira bona… (sospira)

DIANA-LONA – Puru stasira siti ccà? (Sospira)

LORENZO-VIRGILIO – E sì, puru stasira, già… (sospira)

DIANA-LONA – Com’è bella la luna ‘nta lu cielu… Ma ‘ntra lu mè cori c’è lu gelu! Amari cu’ non t’ama è un gran suffriri…

LORENZO-VIRGILIO – D’amuri, donna Lona, si po’ muriri…!

DIANA-LONA – (tra sé) Povero Virgilio, quanto mi ama!

LORENZO-VIRGILIO - (tra sé) Povera Lona, quanto mi ama!

DIANA-LONA – ‘St’aria fina trasi ‘ntra lu cori…

LORENZO-VIRGILIO – Puri l’aceddi fanno l’amori…

DIANA-LONA – (tra sé) Comu ci pozzu diciri la verità?

LORENZO-VIRGILIO – (tra sé) Cu’ ci lu spezza lu cori a chista ccà? (La osserva con intenzione) In veru, vardannila bona, non è nenti mali donna Lona!

DIANA-LONA – (lo osserva con intenzione. Tra sé) Veramenti, ora ca ci riflettu, ‘stu Virgiliu havi un bell’aspettu…

LORENZO.VIRGILIO – (tra sé) Insomma, iu, quasi quasi, mi ci jettu! Cchiù tardu, poi, verrà l’affettu…

DIANA-LONA – (tra sé) Iu, quasi quasi, m’arrizzettu. Mi duna l’amuri e lu tettu… Iu cridu ca non ci rimettu… Chi sugnu scema c’ancora aspettu? (A Virgilio, timidamente) Si mi vo’ vasari… iu pirmettu… (Si siede)

LORENZO-VIRGILIO – Ti pozzu dari nu bacettu?

DIANA-LONA – Sì ma… col dovuto rispetto.

LORENZO-VIRGILIO – Ci mancarìa! Ora m’assetto.

(I due si baciano)

LORENZO-VIRGILIO – Nello medesimo giardino, c’è Teresina, la soru di donna Lona e, misu cchiù ddà, c’è puri Romualdo. Li dui picciotti sospirano…

PRISCILLA-TERESINA – (a parte) La sfurtuna si chiama Teresina!

GIUSTINO-ROMUALDO – (sente lo sfogo di Teresina.Tra sé) Codesta, pì mmia, è vera cretina!

PRISCILLA-TERESINA – Quannu nascetti iu, nascette la svintura!

GIUSTINO-ROMUALDO – (a parte) Videmu chista lagna quantu dura!

PRISCILLA-TERESINA – Ah, Virgiliu, chi sorti disgraziata! Puru mè soru di te è innamorata! Iu mi ni stavu sempri bona bona… e tu, intantu, pinsavi sulu a Lona! Ecco pirchì ristavi sempri mutu ed eri accussì ammammaluccutu! Altro che amuri…! Brodu di ciciri!

GIUSTINO-ROMUALDO – (a parte) Non può essiri! Chi cacchiu sta a diciri?

PRISCILLA-TERESINA – Non ci ‘u fazzu un tortu a mea sorella… Voli diciri ca moru zitella!

GIUSTINO-ROMUALDO – (sempre a parte) Lona ama Virgilio? E comu fazzu? Diventu pazzu! Ora m’incazzu! ‘Stu Virgiliazzu, iu lu scafazzu!

PRISCILLA-TERESINA – Tu nenti saprai mai, Lona cara, di chista sorti mea ‘nfami e amara… quantu cù mmia la vita fu avara… mai saprai quantu si’ tappinara!

GIUSTINO-ROMUALDO – Sugnu un veru puvirazzu! Forsi, sugnu ‘nu sciccazzu! Iu parru, parru, scafazzu… ma a cu’ caddu scafazzu ?! Fazzu sulu pruvulazzu! Lu sapiti, ora, chi fazzu? Ca pigliu ‘stu bellu lazzu, mi lu stringiu ‘nta lu cozzu, jettu sangu e m’ammazzu!

PRISCILLA-TERESINA – (s’accorge di Romualdo) Romualdo! Chi faciti cù ddu lazzu?

GIUSTINO-ROMUALDO – No’ viditi? Ca m’ammazzu!

PRISCILLA-TERESINA – Chi faciti, siti pazzu?

GIUSTINO-ROMUALDO – Lassatimi ca m’incazzu!

PRISCILLA-TERESINA – Stati fermu cù ‘stu vrazzu!

GIUSTINO-ROMUALDO – Iu vogliu muriri in santa paci!

PRISCILLA-TERESINA – Chillu ca faciti, non si faci! Pirchì vuliti muriri?

GIUSTINO-ROMUALDO – Non vi lu pozzu diri…

PRISCILLA-TERESINA – Siti innamuratu… non corrisponnuto?

GIUSTINO-ROMUALDO – Sugnu innamuratu e puri cornuto!

PRISCILLA-TERESINA – La fimmina c’amati vi ha traduto?

GIUSTINO-ROMUALDO – Sì, ama un altro… Sugnu perduto!

PRISCILLA-TERESINA – (tra sé) ‘Stu picciottu certamenti ama a mmia e forsi sintìu lu mè sfogu di pria… (A Romualdo, con dolcezza) ‘Sta fimmina lu sapi ca l’amati?

GIUSTINO-ROMUALDO – Di dircelo non ebbi possibilitati…

PRISCILLA-TERESINA – (tra sé) Ama a mmia, sugnu sicura… Oh, dolcissima creatura! (A Romualdo) Idda a Virgiliu… non ci pensa cchiù.

GIUSTINO-ROMUALDO – Fussi veru! No, non ci cridu, iù!

PRISCILLA-TERESINA – Vi lu sta giurannu…!

GIUSTINO-ROMUALDO – (non capisce)  Non ti staiu capennu…

PRISCILLA-TERESINA – (tra sé) La gioia l’ha cunfunnutu.

GIUSTINO-ROMUALDO – (tra sé) Sono un pò ‘nsalanutu… Ma chista c’ha caputu?

PRISCILLA-TERESINA – Romualdo… m’haiu arrinnutu… Se vuoi, dimmi che mi ami!

GIUSTINO-ROMUALDO – (tra sé) Mi sentu ‘nu salami! (L’osserva con attenzione) Però… non è certu di jttari… Cridu ca mi pozzu cuntintari. E Lona si po’ fari ammazzari!

PRISCILLA-TERESINA – (tra sé) ‘St’omu a Virgiliu mi fici scurdari…

GIUSTINO-ROMUALDO – Teresina mea! Ti vogliu amari!

PRISCILLA-TERESINA – (tra sé) Cu’ ci pensa cchiù a ddu fitenti?

GIUSTINO-ROMUALDO – (l’abbraccia. Tra sè) E’ sempri megghiu ‘i nenti!

LORENZO – E accussì l’Amuri, orbu e schirzusu, cumminò ‘sti spusalizi strani e ‘mpruvvisati! Ma, non cuntentu, Amuri si volli divertiri alli spaddi di li nostri pirsunaggi. In quali modu? Ora lu viditi. Per intanto, vi basti sapiri che essendo Virgilio e Romualdo poviri in canna, li quattru spusini s’accumudarunu, tutti in semula, ‘nta la medesima casa, ovvero ‘nta la casa di Lona e Teresina. Stati a sintiri chi successi, ora.

DIANA-LONA – (bisbiglia) Romualdo! Ma unni si’ ‘nficcatu?

GIUSTINO-ROMUALDO – (sopraggiunge) Un momento… M’hava sdirubbatu!

DIANA-LONA – Amuri meu, sugnu tutta un focu!

GIUSTINO-ROMUALDO – C’è lu maritu tò… cangiamu locu!

(Lona e Romualdo si appartano. Giungono Virgilio e Teresina)

LORENZO-VIRGILIO – Teresina! Non senti comu fremu?

PRISCILLA-TERESINA – Virgilio…! Matri, abbissati semu!

LORENZO-VIRGILIO – (smanioso) Teresina!

PRISCILLA-TERESINA - … Di matina…?

LORENZO-VIRGILIO – Ogni ura è bona!

PRISCILLA-TERESINA – E si veni Lona?

LORENZO-VIRGILIO – Sta sbattennu lu tappitu!

PRISCILLA-TERESINA – E s’arriva lu meu maritu?

LORENZO-VIRGILIO – Niscìu ‘sta matina lestu!

PRISCILLA-TERESINA – E allura, gioia, facemu prestu! (Si appartano)

LORENZO – Signuri cari, diciri ca Amuri fu un pocu dispittusu è diciri pocu. Ma l’Amuri è fattu accussì. L’Amuri è ghiocu. L’Amuri è incantisimu. L’Amuri è misteru. L’Amuri è favula. L’Amuri è un angilu ca, ogni tantu, pì faciri baldoria, si metti li corna di lu diavulu! E ora, viditi lu finali di codesta curiusa storia d’amuri.

DIANA-LONA – (a Virgilio) M’ami tu?

LORENZO-VIRGILIO – T’amu iù.

DIANA-LONA – Sugnu filici!

LORENZO-VIRGILIO – A cu’ ci ‘u dici!

PRISCILLA-TERESINA – (a Romualdo) La sai una cosa?

GIUSTINO-ROMUALDO – Dimmi, dolce sposa.

PRISCILLA-TERESINA – Ca lu matrimoniu fussi bellu, iu lu pinsava già, meu maritellu… ma non ca fussi ogni giornu ‘na festa!

GIUSTINO-ROMUALDO – Non lu pinsavi pirchì si’ pura e onesta.

PRISCILLA-TERESINA – Sì, forsi la vività è questa…

DIANA-LONA – (a Virgilio) Tuttu ‘st’amuri mi fa girar la testa!

LORENZO-VIRGILIO – E ancora non ha’ vistu tutti li me’ gesta!

DIANA-LONA – Lu sacciu, lu sacciu ca si’… manu lesta!

LORENZO-VIRGILIO – Varda là, a Teresina e so maritu…

DIANA-LONA – Parunu ancora ‘na zita e ‘nu zitu!

LORENZO-VIRGILIO – E si vidi ca si volunu beni…

DIANA-LONA – Maritu caru, fummo veri geni!

LORENZO-VIRGILIO – Geni?! Non ti capisciu, bella sposa…

DIANA-LONA – La pinsata di stari ‘nta la stissa casa!

LORENZO-VIRGILIO – ‘Nprincipiu, non eri accussì filici!

DIANA-LONA – E ora dicu: Diu ni binidici!

LORENZO-VIRGILIO – Mi fa tantu piaciri ca lu dici!

PRISCILLA-TERESINA – (a parte) Binidittu l’amuri e cu’ lu fici! Cù l’amuri passu tutti li jorna!

GIUSTINO-ROMUALDO – (a parte) Si sapissi ca ci fazzu li corna…!

LORENZO-VIRGILIO -. (tra sé) Lona è filici. Lu cuntu non torna: non sugnu iù ca ci fazzu li corna?

DIANA-LONA – (tra sé) Taliati a Virgiliu com’è cuntenti! Non sa che ho un marito e un amante in semula e contemporaneamente!

PRISCILLA-TERESINA – (tra sé) Ridi, Romualdo, ca ti fici beccu!

GIUSTINO-ROMUALDO – (tra sé) Virgiliu ridi. Chi è ca ridi, sceccu?

LORENZO – E accussì, miei nobili signori, codesta storia d’amuri e di corna finisci ccà. Comu vidistivu cù l’occhi vostri e sintistivu cù li vostri aricchi, è daveru possibili essiri, nello medesimo tempo, curnuti e cuntenti! (Un profondo inchino, imitato anche da Giustino, Diana e Priscilla. I presenti applaudono).

RINALDO – Bravi daveru! Mi compiaccio. In vero, ci semu divertuti assai. (A Caterina) Ti divertisti, dolcissima prossima metà?

CATERINA – No.

RINALDO – Non si è divertuta. E allura, un brindisi per la mea promessa sposa che non si è divertuta e un brindisi pì lu cchiù granni amicu meu! Veni ccà, Valerio, ‘nta li me’ vrazza!

VALERIO – Cù tuttu lu cori, Rinaldo. Iu non ci haiu nuddu rancori. Amici da sempri e pì sempri!

(I due si abbracciano)

RINALDO – Amici da sempri e pì sempri!

(E mentre si beve, cantano…)

            Cantamu tutti in coru allegramenti

            Vivemu cù la gioia eternamenti

Scurdamini li peni di la vita

Evviva lu Valeriu e la so zita

Nenti lamenti

Oggi si ridi

Viniti genti

Oggi si balla

Chistu è fistinu

Trallarallà

Biviti vinu

Ca beni vi fa

Scurdamini li peni di la vita

Evviva lu Valeriu e la so zita

PRISCILLA – Auguri, Rosina! Ti auguro tanta felicità!

ROSINA – Grazie. Grazie a tutti.

DIANA – Pensu ca ora sarìa megliu lassari suli li nostri spusini…!

ROSINA – Ma no, ristati! Lu fistinu non è ancora finutu…

RINALDO – (improvvisamente freddo) Lu fistinu, ccà, è finutu. Ma continua ‘nta lu meu castellu.

VALERIO – Iu ti ringraziu, Rinaldo ma non mi pare necessario…

RINALDO – E’ necessario.

LORENZO – E’ necessario.

VALERIO – Necessario?!

LORENZO – Si lu baruni dici ca è necessariu, voli diciri ca è necessariu!

VALERIO – (a Rinaldo) Chi schifiu ti sta firriannu ‘nta lu ciriveddu?

RINALDO – (un sorriso perfido) Pirchì faci codesta facci scura? Chistu è ‘nu jornu di festa…

LORENZO – Jornu di festa è!

VALERIO – E allura?

RINALDO – Ma a codesta festa manca lu sigillu.

LORENZO – Lu sigillu!

RINALDO – Lu meu sigillu. Hai la facci stralunata, di chiddu ca non capisci. Eppuri, tu non si’ un viddanu qualunque. Tu hai da canusciri li liggi di ‘stu feudu…

LORENZO – La liggi è liggi!

RINALDO – E la liggi di chistu feudu parra chiaru.

LORENZO – Carta canta!

RINALDO – Lu spusaliziu ha da essiri appruvatu…

LORENZO – Appruvatu…

RINALDO – Binidittu…

LORENZO – Binidittu…

RINALDO - … e legalizzato dalla persona di lu baruni che, nella fattispecie, sugnu iu.

LORENZO – Nella fattispecie!

VALERIO – Ma tu l’appruvasti. Si oggi si’ ccà, veni a diciri che…

RINALDO – La presenza mea sta certu a significari ca l’appruvai e lu binidissi…

VALERIO – E allura, tuttu è a postu, mi pari.

RINALDO – Quasi tutto.

LORENZO – Quasi tutto!

VALERIO – E chi vi coli ancora?

RINALDO – Una semplici formalità. E’ indispensabile che lu spusaliziu venga, comu ti dissi prima, legalizzato. Ed è altrettanto indispensabile che lu ritu di legalizzazione sia compiuto “ante consumationem”.

LORENZO – Ante consumationem!

RINALDO – Insomma, come hai capito, intendo avvalermi di lu dirittu di la prima notti. Ovvero, comu sta scrittu ‘nta li carti, di lu “Ius primae noctis”.

VALERIO – Non è ‘nu dirittu, Rinaldo! E’ ‘na carugnata! Tuo padre e prima d’iddu, tuo nonno, giammai esercitarono ‘stu dirittu di merda!

RINALDO – E si vidi c’arrivò lu mumentu di “esercitarlo”. Non ti pare, amicu meu?

LORENZO – Non ti pare?

VALERIO – (a Lorenzo) Tu mutu, strunzu! (A Rinaldo) Iu non mi capacito… Dicu, non ti vergogni?

RINALDO – No.

VALERIO – E che figura ci fai davanti alla tua promessa sposa?

RINALDO – Caterina canusceva già la mea intenzioni ed è cuntenta puru idda. Non si’ cuntenta puru tu, Caterina?

CATERINA – No.

RINALDO – Non è cuntenta. Ma chistu non cangia li cosi.

VALERIO – “Amici da sempri e pì semp’ri”, ah?  Infame!

RINALDO – Basta accussì! Li liggi vannu rispittati. Puri quannu non piaciunu!

VALERIO – E iu doverìa rispittari una liggi ca mi fa curnutu prima ancora di consumari?!

RINALDO – Non ti fa curnutu ma suddito fedele. Tu sarìa statu curnutu se la tua sposa avissi avutu l’intenzioni di faciriti li corna ma non mi pari ca ci l’havi codesta intenzioni. Se non c’è partecipazione, non ci su’ corna.

VALERIO – Bella consolazione!

RINALDO – E allura… come ti vuoi regolare? Chi fazzu, me la porto subito la bella Rosina oppure me la mandi tu, diciamo… stasera?

(Silenzio)

            Stasera. Dolcissima Caterina, giunse l’ora di lassari codesta simpatica brigata e turnari a lu castellu. Anche perché debbo acconciare la mea persona al doveroso e delicato incontro con donna Rosina. Ah, un picciolo avvertimento, Valerio. Si tu, mintemu, ti rifiutassi di sottostare al mio volere, allora sarò costretto, ahimè, a faciriti tagliari la testa. E tu lo sai ca mi dispiacerìa vidiriti senza testa. A presto, cara Rosina. Ti salutu, Valerio e… ti cunsigghiu di pinsarici alla testa! Li miei omaggi a tutti!

LORENZO – Salutamu!

RINALDO – (a Lorenzo) Ca camina, strunzu!

(Seguiti da Lorenzo, escono Rinaldo e Caterina)

9 –

VALERIO – (fuori di sé) Infami e disonestu! Ma chi si fa accussì, si fa?  Veni allu meu fistinu, mi augura tanta felicità e… e mi lassa comu ‘nu carduni! Curnutu e carduni! Averìa dovuto affugarlu cù ‘sti manu! Ammazzarlu! Inveci… nenti! Ristai a taliarlu comu ‘nu strunzu! Veni ccà, Giustino, sputami ‘nta la facci!

GIUSTINO – E basta, ora…

VALERIO – Ti dissi, sputami ‘nta la facci!

GIUSTINO – Calmati, gioia mea…

VALERIO – Ti ordino di sputarimi!

GIUSTINO – Bih, bedda matri! Non ci la fazzu… mi mancanu du’ denti e ci haiu la sputata laterale… Di sicuru, sbagliu direzioni… Comunque, se insisti… (sputa ma… lateralmente) Ha’ visto ca sbagliai?

VALERIO – (gli sputa, a sua volta e lo centra in pieno viso) Disgraziatu! Non si’ bonu mancu a sputari in faccia a ‘stu curnutu!

ROSINA – (urla tra le lacrime) Finiscila, ora! Sulamenti a tia medesimo sai pensare! A li corna pensi! Sulu a li corna to’!

VALERIO – E a li corna di chi devo pensare?!

ROSINA – Non a li corna ma a mmia tu doverìa pinsari, so non ti dispiaci! (Esce piangendo seguita dalle ragazze)

10 –

VALERIO – (all’indirizzo di Rosina) E iu a te pensu, pì San Galdinu…! A te ca mi fai li corna cù ddu fitusu! (Va avanti e indietro nervosamente)

GIUSTINO – Chi ci vo’ faciri, Valerio? Si sapi: lu pisci grossu si mangia a chillu cchiù nicu…!

VALERIO – Mutu, filosofu di merda, statti mutu!

(Lunga pausa durante la quale Valerio riflette sul da farsi. Poi, scoppia in una fragorosa risata)

            E certo che gliela mando a Rosina! E pirchì non doverìa mandargliela? Subito gliela mando! (Ride di cuore. Via)

GIUSTINO – (da solo) Figliu meu… ci nisceru li sensi!

SIPARIO

PARTE SECONDA

(Ambiente: una sala del castello di Rinaldo. Uscite a destra e a sinistra.

In scena Diana, Priscilla e Giustino. Quest’ultimo acconciato in abiti femminili, il volto celato da un velo . Il travestimento sarà talmente credibile, che il pubblico dovrà credere – almeno in un primo tempo – si tratti di Rosina).

DIANA – (spazientita verosimilmente dalla lunga attesa) Si la piglia cù lu comodu, lu nostru baruni!

PRISCILLA – E già. Si voli passari puru lu piaciri di farsi aspettare!

DIANA – Lu munnu comu ha statu, accussì è. Non cangia e lu putenti fa e sfa a piacimentu so’!

(Giustino, nei panni di Rosina, è palesemente agitato)

PRISCILLA – Statti quieta “Rosina”, statti quieta. ‘Stu “Ius primae noctis” ha da ricordarselo pì ‘nu bellu pezzu, Rinaldo! La pietanza l’havi già priparata!

DIANA – (ride) Pietanza forti a digerire, in verità!

PRISCILLA – Peggiu pì iddu. Si la merita e Valerio fici beni a preparargliela. Cu’ pecura si fa, cara mea, lu lupu si la mangia!

(Cantano)

            Cu’ pecura si fa, spiega lu dittu

            Lu lupu si la mangia sana sana.

            Pì farici passari lu pitittu

            Lu lupu s’ha sfidari ‘nta la tana!

            Armarsi cunveni di curaggiu

            Non stari cù la testa a pinnuluni

            Priparaci a ‘st’armali lu furaggiu

            Allestici la festa a lu padruni!

            Facemu du’ risati

            Ah, ah, ah, ah, ah, ah!

            Ma sì, quattru risati

            Ah, ah, ah, ah, ah, ah!

            Stavota lu padruni

            Cascò di lu vastuni

            Pigghiò ‘nu sciddicuni

            Ah, ah, ah, ah, ah, ah!

2 –

RINALDO – (entra con l’aria divertita e soddisfatta) Eh! Troppa grazia! E’ veru ca Valerio è un grande amico ma mannarimi tre donzelle, mi pari esageratu!

DIANA – Valerio ci pregò sulu d’accumpagnari Rosina, baruni.

PRISCILLA – Onde per cui, se il signor barone permette, comu vinnimu, ora ni ni jemu.

RINALDO – Non vi trattengo. In vero, non è mea abitudine disfarmi accussì prestu di due femmine come voi… e, umilmente, ve ne chiedo perdono. Voi capite: stanotte ho un dovere che devo portare a compimento…

DIANA – Ve lo auguriamo, barone…

RINALDO – Che cosa… mi augurate?

DIANA – Di purtari a compimento lu vostru duviri.

RINALDO – (ride) Accetto gli auguri ma non cridu di averne bisogno. Lu sai ca sugnu un veteranu di mille battaglie, no?

DIANA – Certe volte… puru un veterano po’ cascari comu un piru, nel bel mezzo d’una battaglia! Ma vidu che siete in forma e prontu a ricevere qualunque emozione!

RINALDO – (divertito) Le emozioni sono il sale della vita!

PRISCILLA – Che la notte vi sia amica e assai lunga, baruni…! (A Giustino) Coraggio, Rosina…

DIANA – Addio, caro barone.

(Diana e Priscilla escono sorridendo)

3 –

RINALDO – (si avvicina a “Rosina”, eccitato)  Stavolta, bella Rosina, non potrai chiedere licenza…! E a quanto pare, puru la lingua, finalmente, si è addomesticata… Scopri lo volto e mostra le tue delicate guancie, la bocca sensuale e ‘dd’occhi ca mi ficiru impazziri fin dal primo momento…

(Giustino ha un istintivo gesto di rifiuto)

            No? E pirchì? Ti vergogni? Oh, pudica fanciulla! Si vergogna!

(Rinaldo l’accarezza a lungo. Giustino, improvvisamente, lancia un grido)

            Che hai? Pirchì jetti vuci? Hai paira… di me?

GIUSTINO – Sì.

RINALDO – E perché mai?

GIUSTINO – Pirchì siti tintu.

RINALDO – Forsi hai ragiuni di diciri ca sugnu tintu. Ma si fici chiddu ca fici, lu fici pì amuri e non pì tinterìa! Ho sofferto e soffro li peni di l’infernu pì causa tua! Spero perdonerai ‘st’omu ca ti voli più d’ogni altra cosa a lu munnu! Mi perdoni, dunque?

GIUSTINO – Non lu sacciu ancora…

RINALDO – Hai ‘na vuci alquanto strana…

GIUSTINO – Pirchì haiu chiagnutu assai! E mi ristò sulu un filu di vuci…

RINALDO – (con trasporto) Ciatu!

GIUSTINO – Ciatu, sì. Mi ristò sulu un filu di ciatu.

RINALDO – Ciatu meu! Assai chiagnisti?

GIUSTINO – Assai assai.

RINALDO – E pì curpa mea?

GIUSTINO – E allura no?

RINALDO – Mi potrai giammai perdonare?

GIUSTINO – Ca videmu chi si po’ faciri.

RINALDO – Presto sarai mea! Tutta mea! Aspettami ccà. Vado ad assicurarmi che la dolce alcova sia pronta a ricevere la tua preziosa persona. Vegnu tosto! (Corre via)

4 –

GIUSTINO – (da solo) Autru ca tostu! Chissu è un selvaggiu! Matri… e comu fazzu? Cu’ mi ci purtò ccà?

(Entra Lorenzo, palesemente ubriaco)

LORENZO – (tiene in mano una brocca. Grida alle sue spalle) Non vi preoccupate, cara donna Caterina, ho capito: pì lu vostru spusaliziu, tutto è a postu! Chi vi pari ca sugnu ‘mbriacu?! (S’accorge della presenza di Giustino) Una femmina?! E cu’ è? (Si avvicina a Giustino) Comu ti chiami, bella cosciona?

GIUSTINO – (imbarazzato e irritato) Iu sugnu Rosina!

LORENZO – Rosina? E pirchì t’ammucci la facci cù ‘stu velu? (Per un attimo gli scopre il volto, giusto il tempo di riconoscerlo… o quasi) Vidi ca iu non sugnu ‘mbriacu, cara mea!

GIUSTINO – Sì, lu sacciu, tu si’ strunzu!

LORENZO – … E ci vidu assai benissimo. Tu non sei Rosina. Tu devi essere la soru di Giustino. Sbagliai? Chi sei, la sorella di quel finocchio di Giustino?

GIUSTINO – Sbagliasti, sì. Sono quella puttana di tua sorella!

LORENZO – Appunto. In verità, non mi risulta ca Giustino ci havi soru… Ma chi cacchio sei?

GIUSTINO – Rosina! E ora, vattinni!

LORENZO – Non sei Rosina! Tu sei la sorella di Giustino! (Lo palpa dappertutto) Se non avessi chi faciri, ti facerìa assapurari tutti i piaceri di la carni…!

(Sopraggiunge Rinaldo che s’accorge delle avances di Lorenzo)

RINALDO – (si scaglia contro Lorenzo) Grandissima cosa fitusa! Come osi tuccari con le tue mani merdose le fattezze di Rosina? Si non ti fazzu tagliari la testa, cani rugnusu, è pirchì vidu ca si’ ‘mbriacu!

LORENZO – Col vostro permesso, baruni, iu non sugnu ‘mbriacu e questa non è Rosina.

RINALDO – Non dire minchiate e scumpari dalla mea vista, strunzu!

LORENZO – Vui chi diciti ca è Rosina?

RINALDO – E ancora insisti, animali?!

LORENZO – Stati pigliannu ‘na bella cantunata, baruneddu!

RINALDO –Un’altra parola ancora e ti ni fazzu pentiri, bestia!

LORENZO – E va bene. Si è pì farivi cuntentu, vi dicu ca chissa è Rosina.

RINALDO - (urla) Fora!

LORENZO – (a parte, mentre si allontana) Videmu cu’ è cchiù bestia…! Ma si assomiglia tutta a Giustino, può essere mai, dico io, Rosina? E allura, se non è Rosina e se assumiglia a Giustino, non può essiri che la sorella di Giustino. Lu ragiunamentu fila ca è na billizza, mi pari. Ma c’è un problema: Giustino non ci n’havi soru… D’altra parte, però, si Giustino non havi soru, non significa ca chista ha da essiri pì forza Rosina! O no? (Esce, piuttosto confuso)

5 –

RINALDO – (alle prese con “Rosina”) Amuri meu ‘nfatatu, amuri disiatu, amuri suspiratu…!

GIUSTINO – Chi siti puru poeta?

RINALDO – E tu sei la mea musa! Ti vogghiu accarizzari tutta… tutta! (Esegue)

GIUSTINO – Matri… mi faciti viniri li brividi pì tuttu lu corpu!

RINALDO – (continua ad accarezzarlo con grande slancio) Tu mi faci veniri li brividi!

GIUSTINO – Che mani…! Che mani!… Ma… quanti mani aviti, baruni…?

RINALDO – Scopri lo volto tuo perché io possa vidiri ‘dd’occhi ca mi ficiru ‘mbriacari d’amuri!

GIUSTINO – No!

RINALDO – E pirchì, no? (Continua a palparla, sempre più eccitato)

GIUSTINO – Mi vergogno. Ma, per intanto, voi perseverate, continuate… non vi fermate… Mih, ch’è bellu!… Non sempri ‘nta ‘npuntu, baruni! Spaziate, spaziate!... No! Là, no!

RINALDO – Tu mi faci impazziri! Vieni, vieni meco… nell’alcova profumata…!

GIUSTINO – No! Nell’alcova profumata, no!

RINALDO – Che storia è codesta? Che significano ‘sti capricci?

GIUSTINO – Sunnu li capricci di una sposa novella che pensa a lu maritu so… (Finge di piangere)

RINALDO – Basta, non chiagniri… Ristamu ccà. Sei contenta?

GIUSTINO – Sì.

RINALDO – (ricomincia ad accarezzarlo) Ti piaci, ah?

GIUSTINO – (ondeggia a destra e a manca) Matri, mi sentu ‘na varca…

RINALDO – (equivoca) E io sarò il tuo toro, bella porcona mea!

GIUSTINO – No, baruni… non la vacca, la fimmina di lu toru ma la varca… chidda ca sta supra lu mari…

RINALDO – Ora toglierò li tuoi veli, uno ad uno, finu a quannu resterai nuda… come una dea… La dea dell’amore!

GIUSTINO – Non si poterìa faciri a menu?

RINALDO – Faciri a menu?! Tu vulissi faciri l’amuri accussì… vistuta comu ‘na monaca?!

GIUSTINO – Non si potu, abberu?

RINALDO – Si vede che sei pura come acqua di sorgente… No, non si poti… ma tu non devi avere paura di mia… Ci hai paura?

GIUSTINO – Veramente, sì.

RINALDO – Non c’è ragione.

GIUSTINO – C’è ragione.

RINALDO – No, ti dicu… (Tenta di spogliarlo…)

GIUSTINO – Baruni… vogliu turnari a’ casa.

RINALDO – Ora ca mi sentu lu focu ‘nta li vini? No, Rosina, pì stanotti, tu hai da essiri mea!

GIUSTINO – Livatici manu, baruni… E’ megliu!

RINALDO – Lassami fari… (Gli scopre il volto e rimane impietrito) Che… che significa?

GIUSTINO – Ebbene, lo confesso: iu sugnu pazzu di vui!

RINALDO – (urla come un invasato) Ti cunnannasti cù li manu to’, Valerio! Ti vulisti divertiri? E bonu facisti! Ma codesto scherzo è l’ultimo della tua vita! Ti vogliu scafazzari la testa!

GIUSTINO – (gli si butta ai piedi) Non faciti d’accussì, baruni! Valerio non c’entra nenti! Iu fui! Iu ca vi vogliu beni assai…! Iu volli pigliari lu postu di Rosina… solo per illudermi di passari una notte cù vui!

RINALDO – Ma chi si’, scemu? No, tu non si’ scemu! Puru tu, finocchiu di cessu, ti vulisti divertiri cù mmia! (Lo afferra per il collo) Dimmi, ti divertisti, fitusu? T’ammazzu! V’ammazzu a tutti dui!

6 –

(Ancoa mezzo brillo, Lorenzo entra e corre a trattenere Rinaldo)

LORENZO – Fermo, baruni!

RINALDO – (non molla la presa) Levati, tu! In primis, affucu lu finocchiu e poi affucu lu bastardu!

GIUSTINO – Pietà, barone!

 (Rinaldo lascia la stretta e scaraventa a terra Giustino)

LORENZO – Giustino?! E tu chi ci fai, costì? Lu sai ca testè, in questo medesimo posto, c’era tò soru?

RINALDO – Ma quali soru, strunzu?! Costui, d’accordu cù ddu vili di Valerio, si pigliò gioco di me facennumi cridiri ca era Rosina!

LORENZO – (a Giustino) Cosa fitusa!

RINALDO – E iu, coglione, ca ci cascai! Lu baruni Rinaldo di Villafiorita vittima di un finocchiu qualunque!

LORENZO – (a Giustino) Disonesto!

RINALDO – (aria cattiva e sinistra) E’ un vero peccato rendere già vedova la bella Rosina… Ma chi ci putemu faciri? E’ la vita… anzi… è la morti!

GIUSTINO – Vi tornu a diciri ca la curpa è sulu mea!

RINALDO – Mutu chè debbo pensare!

LORENZO – (a Giustino) Mutu chè dobbiamo pensare! (A Rinaldo) Che dobbiamo pensare, baruni?

RINALDO – Tu, finocchiu, gira li tacchi e vattinni di unni vinisti. Via!

GIUSTINO – Di notti… Cù ‘stu scuru…?

RINALDO – Vidi ca non mi capita troppu spissu di essiri ginirusu. Dunque, approfittane e vattinni di cursa, altrimenti da questo castello, tu non nesci cchiù!

LORENZO – Vattinni e non ni faciri incazzari!

(Giustino si avvia mestamente)

RINALDO – Un momento. Di’ a Valerio che la beffa a li miei danni riuscì perfettamente e che… allorquando scoprii la tua vera identità… nenti… ni ficimu quattru risati. Mi sono spiegato?

(Giustino annuisce)

            Guai a ttia se riferisci altro!

LORENZO – (a Giustino) Ha’ caputu? Si parri, ti facemu satari li vermi, strunzu!

(Giustino esce)

7 –

RINALDO – E ora, caro Valerio, puru iu mi vogliu divertiri! (Canta. Ne nasce una coreografia nella quale Lorenzo farà da cavia)

            Iu vogliu assapurari la vendetta

            Mi vogliu divertiri comu un pazzu

            Lu vogliu tagliuzzari a fetta a fetta

            Lu vogliu torturari e poi l’ammazzu!

            Lu pigliu e lu strapazzu

            Lu stringiu e lu scafazzu

            Piriannu ‘stu pagghiazzu

            Mi sazìu quannu l’ammazzu!

            Mi sazìu quannu l’ammazzu! (ad libidum)

            Sì ma dopu ca l’ammazzu… finisci lu spassu, no?

LORENZO – (a terra, stremato dalle torture subite) Ca certu.

RINALDO – Iu, inveci, mi vogliu divertiri assai!

LORENZO – Mi pari giustu.

RINALDO – Ccà ci voli ‘na bella pinsata… (riflette)

LORENZO – Sì… ‘na bella pinsata… (riflette)

RINALDO – Dumani, all’alba, vai da Valerio e lu porti ccà!

LORENZO – Senza meno. Lu portu ccà.

RINALDO – E ora, lassami sulu!

LORENZO – Senza meno. Mi ni vaju.  (a parte, avviandosi) E’ ‘ncazzatu nivuru! (Via)

8 –

RINALDO – (da solo) Chi fazzu, l’ammazzu? No. Troppo facile e troppo rapido. Lo castro? Ecco… forse… No, nenti… soffrirà un poco ma poi s’abitua… no. Ci voli… (Sente qualcuno che arriva) Cu’ è?

(Entra Caterina. Ha un sorriso di soddisfazione stampato sul viso)

            Ah, sei tu… Ti prego, Caterina, non guardarmi in cotal guisa e non diciri nenti, pì carità! Rosina venne ma… io decisi di rimandarla a Valerio perché… perché alla vigilia di li nostri nozzi, non mi sembrò giusto faciri l’amuri con un’altra femmina… Non mi cridi?

CATERINA – No.

RINALDO – Lu sai ca vogliu beni sulamenti a ttia, no?

CATERINA – No.

RINALDO – Le tue parole mi offendono e mi feriscono. Vieni, dolcezza mea, passamu insemi ‘sta nuttata!

CATERINA – No!

RINALDO – Ma… dumani sarai sposa a me e dunque…

CATERINA – No. (Esce)

9 –

RINALDO – (da solo) No?! Ma allura pirchì vinni? E già, vinni sulu pì vidiri la mea facci, dopo la terribile sconfitta! Lorenzo parra assai! Prima o poi, ci fazzu tagliari la testa a ‘stu strunzu! (Si lascia cadere su una poltrona) Chi nuttata di merda!

(Le luci si smorzano. Rinaldo si addormenta distrutto. Stacco musicale. L’alba sorprende Rinaldo mentre ancora dorme)

10 –

(Entrano Lorenzo e Valerio)

LORENZO – E chi s’addurmiscìu ccà?! Povero Baruni, comu ci finìu stanotti! Se permetti, Valerio, mi levu da li pedi… Megliu tinirisi alla larga. In verità non vurrìa essiri ‘nta li to’ panni quannu s’arrusbiglia… Ti salutu! (Esce)

11 –

(Valerio osserva Rinaldo che comincia a svegliarsi)

RINALDO – Lorenzo! Dove sei, strunzu? E unn’è quella carogna di Valerio?

VALERIO – Qua, a li tuoi ordini.

RINALDO – Ah… qua sei… Bravu, amicu meu, ti ringraziu di cori.

VALERIO – Chi pozzu faciri pì ttia, Rinaldo?

RINALDO – Haiu bisognu di un cunsigliu…

VALERIO – Un cunsigliu… da me?!

RINALDO – E sì… pirchì tu si’ l’omu giustu… lu sulu ca mi po’ cunsigliari. Vedi, io ricevetti un torto. Subii una beffa che mi offese assai…

VALERIO – Se ti riferisci a lu scherzu ca ti cumminai cù Giustino…

RINALDO – Iu vurria sapiri comu ti comporterìa tu in una certa situazioni…

VALERIO – Che situazione?

RINALDO – Tu vai spissu a lu mercatu, mi pari.

VALERIO – Sì, p’accattari ‘nu voi o ‘na capra ma…

RINALDO – E si tu a lu mercanti addumanni ‘na capra, iddu chi ti duna?

VALERIO – E chi mi duna? La capra, mi duna.

RINALDO – Dunque, giustamenti, ti duna la capra. Iu, inveci, c’avìa ordinato carni della meglio qualità, mi vidu arrivari un tintu finocchiu… Pensi che è giusto?

VALERIO – Ho capito. Ci l’hai cù mmia.

RINALDO – Lu cunsigliu ca ti dumannu è chistu: tu a lu postu meu, chi facerìa?

VALERIO – Iu pensu chistu: considerato ca la carni non t’apparteni e vistu ca non ci sunnu denari ca la ponnu accattari… m’accuntenterìa di lu finocchiu.

RINALDO – Iu pensu, al contrario, ca in primis necessita ca lu mircanti, truffaturi e carogna, riceva la giusta punizione…

VALERIO – Lu mercanti badò giustamente alla merce e all’interessi so’!

RINALDO - … e, in secundis, pigliari cù la forza, la carni ca m’apparteni!

VALERIO – E menu mali ca la carogna è lu mircanti!

RINALDO – Alli curti, Valerio! Che punizione debbo darti?

VALERIO – Ma perché ti rifiuti di ragiunari?

RINALDO – E poiché tu non mi sai cunsigliari, ci pensu iu. (Chiama) Lorenzo!

12 –

LORENZO – (entra) Ccà sugnu. Chi havi cumanni?

RINALDO – Si ti chiamu, significa ca ci l’haiu li cumanni!

LORENZO – Veru è.

RINALDO – Dimmi ‘na cosa: è ancora vivu lu vecchiu mastru Caloriu?

LORENZO – Lu fabbru? E’ cchiù vivu di mia e di voscenza!

RINALDO – E… continua a forgiare quegli ingegnosi strumenti atti a custodire la castità delle spose?

LORENZO – E come no? Le richieste, caru baruni, non mancanu. Ci havi ‘na fudda davanti a’ porta!

VALERIO – Che significa codesto discursu? Tu vorresti obbligari Rosina a mettere la cintura di castità?! Si’ pazzu!

RINALDO – Rosina? No, amicu meu… non hai capito. Sei tu che la devi mettere.

VALERIO – Iu?!

RINALDO – Mi raccumannu, Lorenzo, dicci a lu fabbru ca vogliu ‘na cintura di castità mascolina e all’ultima moda! Per gli amici, non badu a spisi!

LORENZO – Lassati faciri a mmia. Vi portu ‘na cintura alla francisi!

VALERIO – (a Rinaldo) ‘Na cintura di castità…? Ma chi ti nisceru li sensi?

RINALDO – Hai una bella facci tosta! Tu mi doverìa ringraziari e inveci t’incazzi! Avevo deciso di tagliariti la testa e non lu fici… Poi pensai di castrariti e non lu fici…! Ma la cintura di castità, pì San Giorgiu, ti la fazzu mettiri! Lorenzo, vai ed esegui li miei ordini! Ah, aspetta. Passa dalla bella Rosina e invitala a veniri ccà, subito. Voglio che li due novelli sposi, per un poco di tempo, siano ospiti ‘nta lu meu castellu. Vai, di cursa!

LORENZO – Curru, eccellenza! (Via, rapido)

13 –

VALERIO – (sorride, nella speranza che sia tutto uno scherzo) Ora ca mi facisti pigliari un bellu scantu, me lo puoi anche dire, Rinaldo: è una burla, veru? Una delle tante ca sai cumminari tu… La cintura, lu sannu tutti, è roba pì li fimmini e dunque…

RINALDO – Stai tranquillu, canusciu lu fabbru: è un artista vero! Con qualche picciola modifica, sugnu sicuru ca rinesci a faciri una cintura degna di cu’ l’ha purtari.

VALERIO – E allura… non è uno scherzo…

RINALDO – No, no… è uno scherzo ma… mi divertu sulu iu. Tu, no!

VALERIO – Facisti mali a non tagliarimi la testa! Pirchì, pì Sant’Ignaziu, ti la fazzu pavari cara ‘sta carognata !

RINALDO – Si’ tu la carogna, facci di cani! Che minacci, minchiuni? Ringrazia lu Padreternu ca lu baruni Rinaldo di Villafiorita è troppu bonu e troppu ginirusu!

VALERIO – Vigliacco! Te ne approfitti pirchì si’ lu padruni di lu feudu…!

RINALDO – Giustu. Iu sugnu lu baruni e tu cu’ schifiu si’?

VALERIO – Sulamenti un contadino e mi ni vantu!

RINALDO – Bravu: tu si’ sulamenti unu strunzu di viddanu. E ora basta. Haiu chi faciri…! Ho da preparare lu meu matrimoniu…

(Valerio gira i tacchi e si avvia verso l’uscita)

            Ehi! Unni vai, viddanu? Allura non l’hai capito: tu resti ccà. Sei ospite meu. Tu e Rosina, naturalmente.

VALERIO – E finu a quannu semu ospiti tuoi?

RINALDO – Finu a quannu non mi siddiu. Non prima e non dopu.

VALERIO – E… si non vulissi accittari l’invito?

RINALDO – Una camera di lu meu castellu mi pari cchiù confortevoli di una cella nei sotterranei, no? Comunque, scegli tu.

VALERIO – (si accascia a sedere, sconfortato) Scelsi.

RINALDO – (un sorriso trionfante) Bravu. Ora, perdonami si ti lassu sulu… ma tu fai cuntu di essiri ‘nta la tò casa. (Via ridendo)

14 –

VALERIO – (da solo) Grandissimo figlio di bagascia! Joca a faciri lu baruni spaccamunnu, st’omu di pezza! La cintura di… Si diverti, l’armali! Mi metti li cugliuna ‘nta ‘na cascia! E non pì modu di diciri… Lu fa pì daveru!

(Entra Rosina)

ROSINA – Valerio!

VALERIO – Rosina…

ROSINA – Chi succedi? Lu scherzu ca ci cumminasti non fu troppu gradito… è veru?

VALERIO – Haiu l’impressione ca lu caru baruni poiché ci sfallì lu ius primae noctis, si voli rifaciri cù chiddu della secunda noctis!

ROSINA – Ma tu dicevi che Rinaldo è omu ca sapi stari alli scherzi… ca è lu megliu amicu tò…

VALERIO – E si vidi ca diventò un omu seriu  e non è cchiù lu megliu amicu meu.

ROSINA – Ti lu dissi ca sarìa statu piriculusu…

VALERIO – Sai qual è la sua ultima pinsata? La cintura di castità! La peggiu umiliazioni ca mi puteva faciri!

ROSINA – La cintura…? Oh, Madonna di lu Carmine! E… comu facemu?

VALERIO – Comu facemu? Comu fazzu “iu”! Che vergogna!

ROSINA – Sugnu iu ad essiri umiliata, non tu!

VALERIO – Rosina, non l’hai ancora caputu? La cintura è distinata a mmia!

ROSINA – A ttia?! Ma… non esistono cinture pì li masculi!

VALERIO – Fino a poco fa, lu pinsava puru iu ma sugnu convintu ca mastru Caloriu…

(Rientra Rinaldo, seguito da Lorenzo che tiene fra le mani la cintura)

RINALDO – Oh, finalmenti lu suli entrò nellu meu castellu! Benvenuta, bella Rosina!

ROSINA – (fredda) Bentrovato, barone.

RINALDO – (a Lorenzo) E allora, strunzu! Dammilla. Fammi ammirare codesta opera d’arte! (Esamina la cintura con soddisfazione) Magnifica! Una cintura di castità in vero favulusa!

LORENZO – Mastru Caloriu ci l’avìa sarvata… Ci fici qualche ritocco e, ìn tempu nenti, niscìu ‘stu capolavoru!

RINALDO – Dicci a lu fabbru ca sugnu cuntentu e soddisfattu. E pagalu pì comu si merita. E allora, Valerio, ti piace?

VALERIO – (a denti stretti) Bella. Mettiri ‘na cintura comu a chista fu sempri lu sognu meu!

RINALDO – Mi fa piaciri ca si’ cuntentu. In verità, ci fai la tò umparsa cù chista. E a te, Rosina, ti piaci?

ROSINA – Si piaci a vui… ha da piaciri puru a mmia. E… l’ha teniri pì tempu assai?

RINALDO – No, ci mancarìa, Ti bastanu sei misi, Valerio?

VALERIO – Mi li fazzu abbastari!

ROSINA – (a Valerio) Coraggio, amuri meu! Sei misi passanu prestu. Ti sarò fedele com’è dovere di una sposa onesta. Ti lu giuru pì Santu Ezechieli!

VALERIO – No! Giuralu pì Santa Rita!

ROSINA – Pirchì pì Santa Rita?

VALERIO – Pirchì è la santa dell’impossibile. Giuralo!

ROSINA – Ti lu giuru pì Santa Rita!

RINALDO – (ride) Li giuramenti di fimmina sunnu comu li giuramenti di re!

LORENZO – Sunnu sacri!

RINALDO – No, non valgunu nenti! Ascutami, Lorenzo…

LORENZO – Cumannati, baruni.

RINALDO – Poiché vogliu che Valerio la metta subito codesta raffinata cintura, istruiscilo sull’uso.

LORENZO – Ci pensu iu. (A Valerio) Dunque, codesta cintura di castità ci havi un funzionamento assai facile. Con questo, si allaccia alli cianchi. Codesta zona, inveci, come mostra la sua medesima conformazione, accoglie l’organo mascolino. Lo quale organo – che in talune situazioni, si erge diritto e maestoso, pronto a suonare la carica – in codesta posizione, invece, pì quanti sforzi possa facere, non poti… suonare. Pirchì non poti suonare? Tu mi poterìa dicere. Esso non poti suonare poiché attuppa duru… ccà, in questa zona e, attuppannu, s’affuca. L’organo di cui parlasi, adunque, scuncirtatu, sturdutu, struppiatu, avvilitu e impassalunutu, ci passa lu pitittu di sunari e batti in veloce ritirata. Chiaro? Codesto picciolo pertuso che vedi costì, ci havi una funzione assai preziosa…

VALERIO – La pozzu immaginari! Risparmiami la spiegazione, strunzu! (A Rinaldo) Codesta tortura è la cosa più indegna ca putevi pinsari! Ora, iu ti dicu: va bene, accetto la pena ma… a Rosina lassala stari. Tu non mi poti faciri quest’altro affronto. Se sei un omu d’onuri, rimannila a’ casa!

RINALDO – Tu non ragiuni e mi fai pigliari di colira. La pena che sconterai ti la miritasti pì lu bellu scherzu ca mi facisti. In quanto a Rosina, iu non haiu alcuna intenzione di privarmi di lu sqacrusantu dirittu di la prima notti.

ROSINA – Ma non havi valuri, ormai, baruni se è vero com’è vero ca la prima notti la passai cù lu maritu meu!

RINALDO – Non ci fa nenti. Iu sugnu ‘nu baruni liberale e democratico. Mi accontento della seconda notte. Finemula, ora, cù ‘sti discursi. Giunse lu mumentu, caru Valerio, di ristari sulu con la sposina… chidda vera, si capisce! Lorenzo, accumpagna l’amicu meu a pigliari un pocu di friscu ‘nta li mei giardini. L’aria è bona e ci fa beni. Ma, prima di tuttu, facci mettiri la cintura e portami la chiavi.

LORENZO – Avanti, Valerio, amuninni a passiari ‘nto giardinu.

VALERIO – E già! Iu, ora, sugnu comu un cagnolu castratu ca si porta a passiari! Ma attento, Rinaldo! Attentu pirchì, prima o dopu, ‘stu cagnolu, cù un sulu muzzicuni, ti scippa li cannarini!

RINALDO – (a Lorenzo) Portalu fora!

ROSINA – Non t’abbattere, amuri meu…!

VALERIO – Se sei la fimmina ca dici di essiri, non cedere a ‘stu tirannu!

RINALDO – Via!

(Lorenzo trascina fuori Valerio)

15 –

ROSINA – (grida all’indirizzo di Valerio) Puru si cedu, cedu senz’amuri! Chi si ni po’ faciri sulu di lu corpu meu?

VALERIO – (voce f.s.) Comu chi si ni po’ faciri, cretina?! Si ni po’ faciri, si ni po’!

RINALDO – Finalmente! (Abbraccia Rosina)

ROSINA – Mi stati pigliannu cù la forza, baruni. Siti soddisfattu?

RINALDO – Cù la forza, sì! Cù la forza di l’amuri meu ca è granni comu lu mari!

ROSINA – Fu ‘st’amuri accussì granni ca vi cunsigghiò d’insidiari la sposa di lu megliu amicu vostru? Fu ‘st’amuri ca vi purtò a cunnannari lu megliu amicu a una tortura umilianti? In verità, è un amuri curiusu assai lu vostru e senza scrupoli!

RINALDO – In guerra e in amore, non ci su’ amici né liggi da rispettari.

ROSINA – No, sbagliati. C’è la vostra liggi ca vi fici divintari forti, ingiustu e arroganti! E ora, aviti la facci tosta di chiamari “amuri” chiddu che, in realtà, è lu capricciu volgare di un masculu sconfittu. Abbiate lu buon sensu di non nominarlo, l’amuri, pirchì vui mancu sapiti chi è l’amuri!

RINALDO – L’avevo scordato che la tua lingua è peggiu assai di una spada! Non cridi ca sugnu innamoratu? E va bene, non importa. Voli diciri che avrò a ttia senza aviri l’amuri tò. Del resto, codesta è la cunnanna pì tutti chiddi comu a mmia: ponnu tuttu e non hannu nenti. Sei pronta?

ROSINA – Pronta, sì ma… prima, si vi ristò ‘na punta d’onuri, vogliu ca mi faciti ‘na prumissa.

RINALDO – Parra.

ROSINA – In futuro, non m’aviti cchiù a circari. V’aviti a scurdari di Rosina, pì sempri. Prumittiti?

RINALDO – Prometto.

ROSINA – E…

RINALDO – Ancora?

ROSINA – ‘Dd’arnese ridicolo, ‘dda cintura miserabile… non è digna di un omu…!

RINALDO – Va bene, poi si vidi. Ora, veni ccù mmia! (L’afferra per un braccio e la conduce via, a destra).

16 –

(Rientra Valerio, inutilmente trattenuto da Lorenzo)

VALERIO – Ti dissi lassami stari, strunzu tu e lu tò padruni puru!

LORENZO – Valerio, non mi custringiri a chiamari le guardie…!

VALERIO – E chiamale le guardie! E’ megliu pì ttia e pì ddu porcu di Rinaldo pirchì, ora, vi scannu!  (Tira fuori un pugnale)

LORENZO – Ahu! Posa lu cuteddu! A cu’ scanni?! Chi si’ scemu?

VALERIO – (lascia cadere il pugnale, raccolto prontamente da Lorenzo) Oltraggiato! (Grida) Mi ha oltraggiato comu masculu e comu maritu!

LORENZO – (serafico, utilizzando il pugnale, s’impegna in una meticolosa manicure) Ma pirchì jetti vuci?

VALERIO – Non lu sacciu!

LORENZO – E basta! Stai facennu ‘na tragedia greca. Ma, alla fini, chi ragiuni c’è, dicu iu?

VALERIO – Ah, non c’è ragiuni?! Chiddu ca ci haiu misa ccà chi è ‘na mutanna di lana?

LORENZO – E va bene…

VALERIO – E in questo momento, secondo te, lu baruni chi sta facennu cù la sposa mea… sta cantannu ‘na canzuna?

LORENZO – (sempre intento alla manicure) Non cridu…

VALERIO – E mancu iu lu cridu! (Si lascia cadere su una sedia, distrutto)

LORENZO –  … pirchì è stunatu.

(Sopraggiunge, silenziosa, Caterina)

            Barunissa… li miei rispetti. Aviti bisognu di qualche cosa?

CATERINA – No.

LORENZO – Si circati lu baruni, in codesto momento, havi chi faciri… cù certi pirsuni ‘mpurtanti ca vinniru di fora… Non mi criditi?

CATERINA – No. (Con un cenno, ordina a Lorenzo di andar via)

LORENZO – Haiu l’impressione ca non vi servu propriu… Sbagghiu?

CATERINA – No.

LORENZO – (tra sé) Chissa fa troppi ragiunamenti e mi fa cunfunniri…! (Via)

17 –

(Caterina, lenta e sensuale, si avvicina a Valerio)

VALERIO – (lievemente in imbarazzo) Che cosa… desiderate?

(Caterina sorride e gli si accosta con chiare intenzioni)

            Lu vostru promesso sposo havi chi faciri, sì! Cù Rosina, havi chi faciri! Tradituri! Cara Caterina, siti distinata ad un omu di granni valuri, in verità! Disonestu! Giuru ca d’ora in avanti, non avrò abbentu finu a quannu non mi sarò vendicato!

(Caterina, sempre più languida, lo accarezza)

            Ma… chi faciti, barunissa…? Vi pregu… iu… non pozzu. V’assicuru ca vulissi ma non pozzu. E non certu pirchì siti la promessa sposa di Rinaldo…

CATERINA – E… la vendetta?

VALERIO – Ma… allura, parrati!

CATERINA – Ti pareva, forsi, ca sugnu muta?

VALERIO – Muta, no ma mancu tantu chiacchieruna!

CATERINA – Ti dugnu l’occasione di vendicarti.

VALERIO – E… comu?

CATERINA – (continua ad accarezzarlo dolcemente) Tu ti vendichi e iu puru. E poi… pensu ca faciri l’amuri è ‘nu gran piaciri pì ttia. Altrettantu pì mmia… Vidi quanti picciuni pigliamu cù ‘na sula fava?

VALERIO – E già. Piccatu ca… la fava non c’è.

CATERINA – Non c’è?

VALERIO – C’è ma… diciamu ca mi la chiusiru dintra ‘nu casciolu!

CATERINA – (sorride maliziosa e tira fuori una chiave) Ma iu ci haiu la chiavi di ‘stu casciolu!

VALERIO – Allura, vui eravate a conoscenza dell’affronto… della cintura…

CATERINA – Naturalmente. E lu fabbru si primurò a faciri dui chiavi: una pì Rinaldo e una pì mmia!

VALERIO – (scoppia a ridere) Siti un puzzu di sorprese, Caterina! Vi confesso ca non mi l’aspettavo! E cridu ca mancu Rinaldo si lu sarìa aspittatu!

CATERINA – Dumani Rinaldo mi sposa. Tu hai lu dirittu e lu duviri di farici un rialu… Codesto è lu rialu giustu. Il medesimo rialu ca iddu ti sta facennu cù Rosina.

VALERIO – Lu vostru ragiunamentu mi pari sensatu. Ma… siti sicura di vuliri… chiddu ca vuliti?

CATERINA – (l’abbraccia con slancio) Sì, sì, sì! Milli voti sì!

VALERIO – E allura, sì, dolcissima Caterina, milli voti, sì!

CATERINA – Veni cù mmia, spicciati!

VALERIO – Vidennu lu meu rialu, sugnu sicuru ca Rinaldo resta a vucca aperta!

(Via, insieme, a sinistra, mano nella mano)

18 –

(Stacco musicale. E’ notte. Le luci si affievoliscono. Lanterna in mano, entra Lorenzo che origlia: da destra, giungono i mugolii di Rinaldo e da sinistra, i gridolini e le risate di Caterina e Valerio).

LORENZO – (riflette)  Caterina… cù Valerio…? E’ propriu veru: la fimmina ni sapi una cchiù di lu diavulu…! E non ci su’ porti, purtuni, catinazzi ca idda non può grapiri! Haiu la sensazione ca dumani, dopu lu matrimoniu, lu baruni non sarà troppu cuntentu! (Via)

(Mentre le luci aumentano d’intensità, si ode il canto di un gallo. Ora il sole è alto. Squilli di tromba e campane in festa annunciano le avvenute nozze di Rinaldo e Caterina. Qualche istante dopo, entrano, ridendo e scherzando, Lorenzo, Giustino, Diana e Priscilla).

19 –

LORENZO – Giustino, gioia, non mi stari sempri appiccicatu! Mi duni fastidiu… e poi… gli altri chi ponnu pinsari?

GIUSTINO – Che t’importa di l’autri? Sunnu tutti invidiusi!

LORENZO – Ti sto dicendo, finiscila ca iu, in codesto piatto, non ci mangiu!

GIUSTINO – Si codesto piatto l’assaggi, t’allicchi puru lu mussu, scimunitu!

DIANA – (aria canzonatoria) Lorenzo, lu sintisti? Assaggialu e non ti ni penti!

GIUSTINO – (a Diana) Tu fatti l’affari to’!

PRISCILLA – (a Giustino) Gilusazzu!

DIANA – Cu’ ama è gilusu! Nevveru Giustino?

GIUSTINO – Bih, chi su’ lisci!

PRISCILLA – E cu’ è gilusu, vuol dire che ama!

(Le due ragazze ridono di cuore)

LORENZO – (abbraccia Diana) Chi si’ bedda quannu ridi! Una di codeste notti, ni facemu du’ risati in semula!

DIANA – (provocante) Comu ti fazzu divertiri iu, non ti fa divertiri nuddu… mancu Giustino!

LORENZO – Di chistu sugnu sicuru!

GIUSTINO – L’haiu sempri dittu: la fimmina è peggiu assai di lu demoniu!

LORENZO – (ride e continua ad abbracciare Diana) Giustino, codesto è un inferno ca tu non poterìa giammai assapurari!

GIUSTINO – Bih, schifio! Ci mancarìa altro!

PRISCILLA – (lancia uno sguardo all’esterno) Stannu trasennu li nobili sposi!

(Entrano Rinaldo e Caterina, seguiti da Valerio e Rosina. I presenti cantano)

            La sposa di lu sposu è assai cuntenti

            Lu sposu di la sposa è assai felici!

            Cantamu tutti in coru allegramenti

            Cantamu pì li sposi e pì l’amici!

            Viva, viva, evviva lu baruni!

            Viva, viva, evviva Caterina!

            Lu baruni è masculuni!

            Caterina è troppu fina!

            Tutti dui li spusini

            Sunu ‘nnamurati e beddi!

            Pì ‘n’amuri senza fini

            si scangiarunu l’aneddi!

            Lu sposu dà la manu a la so sposa

            La sposa lu talìa cù sguardu duci

            L’amuri è veramenti ‘na gran cosa!

            L’amuri è granni gioia, è vera luci!

            Viva, viva, evviva ………………

            ……………………………………..

(I due sposi, nel frattempo, salutano verosimilmente la folla sottostante che li acclama. Poi Rinaldo si rivolge ai presenti).

RINALDO – Vi ringraziu a tutti! Apprezzo la vostra fedeltà di sudditi e sugnu felici d’aviri la vostra amicizia e la vostra devozione. Codesto è ghiornu di festa pì mmia e pì la sposa mea. Caterina, dolcissima sposa, sei contenta?

CATERINA – Sì, nobile sposo, ora sugnu cuntenta.

RINALDO – Ringraziu tutti li santi di lu Paradisu! Finalmenti ti sentu diciri “sì”!

VALERIO – Lu meritu è tutto tuo, Rinaldo!

LORENZO – Nessuno – omu o fimmina di ‘stu feudu – si può permettiri di diciri “no” a lu baruni Rinaldo di Villafiorita pirchì…

RINALDO – Tu mutu, strunzu! In verità, però, debbo riconoscere che sottomettere una femmina fu, da sempri, mestiere meu! E ora, com’è usanza di codesto feudo, lu meu spusaliziu ha da essiri sigillatu cù tri ghiorna e tri notti di festeggiamenti! E dunque, amici, canti e balli in sichitanza e a tinchitè!

DIANA – Perdonate, baruni, in codesto jornu di festa, non putiti rifiutari lu vostru perdonu a Giustino pì lu scherzu ca vi fici con la complicità nostra…

RINALDO – Vi perdono, così come perdono a Giustino. Lu sacciu ca lu facisti pì amuri, Giustino.

GIUSTINO – E’ veru, baruni, lu troppu amuri fu.

RINALDO – Lu troppu amuri pì Valerio, spero e non pì mmia! (Ride) Va’ cuntentu, Giustino pirchì lu baruni di Villafiorita già ti perdonò.

GIUSTINO – Grazie, eccellenza.

ROSINA – La vostra benevolenza è granni, baruni. Granni comu la vostra generosità. Siate, dunque, ginirusu puru con un omu, un vostru amicu che v’implora la grazia.

RINALDO – E va bene. Oggi è ghiornu di festa. Voglio riconciliarmi cù tutti. (Tira fuori la chiave della cintura) Codesta è la chiavi della cintura di castità. D’ora in avanti, sei libero. Teni.

VALERIO – (prende la chiave) Ti ringraziu, Rinaldo. E… ti dumannu perdono pì tuttu chiddu ca ti cumminai…

RINALDO – Lu baruni si scordò di ogni cosa. Bene. Tutto è a posto, mi pari. Iu e la sposina mea ci ritiriamo, ora, nei nostri appartamenti ma voi continuate pure a ballare e a cantare!

(Rinaldo e Caterina, lentamente, escono)

TUTTI – Evviva lu baruni Rinaldo! – Lunga vita agli sposini! – Prosperità e felicità!

20 –

(Si continua a bere, a ballare e a cantare)

            Bella Priscilla, balla cù mmia!

            Bella Diana, balla cù mmia!

            Ballamu tutti, ballamu ‘nsemi!

            E finu a quannu non si fa ghiornu,

            piglia lu vinu e portalu ccà!

            E finu a quannu non si fa ghiornu,

            bivemu tutti e lallarallà!

(Scende la notte. Uno alla volta, ubriachi e allegri, tutti escono. Rimane soltanto Lorenzo il quale, bevuto l’ultimo bicchiere, si accascia su una panca e si addormenta.

Breve stacco musicale.

Improvvisamente si odono delle voci…)

VOCE DI RINALDO – (urla) Disgraziata! Dimmi cu’ fu! Dimmillu, s’annunca t’affucu!

VOCE DI CATERINA – Lassatimi stari!

VOCE DI RINALDO – Tu vergine trasisti ‘nta lu meu castellu e vergine dovevi restare finu alle nozze! Cu’ fu? Parra, puttana! Si non vuoi ca t’ammazzu!

VOCE DI CATERINA – E allura, ammazzatimi pirchì non parru!

VOCE DI RINALDO – Fu Valerio, forsi? Fu iddu? Non rispunni?  E allura, significa ca si tratta di iddu!

21 –

(Fuori di sé, Rinaldo, in camicia da notte, si catapulta in scena)

RINALDO – Valerio?! Ma… comu cacchiu fici cù la cintura? Diventu pazzu! Mi ha sfidato e oltraggiato ancora! Infame! Grandissimu figliu di… (Chiama a gran voce Lorenzo che continua a russare) Lorenzo! Lorenzo!

LORENZO – (mezzo addormentato) Cumannati, baruni. Vi fazzu portari la colazione…

RINALDO – Ma quali colazione, strunzu?

LORENZO – … a vui e alla vostra sposa…

RINALDO – Arrusbigghiti, scimunitu e portami ccà a Valerio, invece!

LORENZO – A Valerio…?

RINALDO – Ha infangato la mea casata!

LORENZO – Ha infangato la vostra cassata?

RINALDO – Si fici beffa di lu baruni Rinaldo di Villafiorita!

LORENZO – E chistu non si faci!

RINALDO – E chistu si paga cù la morti!

LORENZO – E chistu è pocu…

RINALDO – Comu, pocu…?

LORENZO – Pocu ma sicuru!

RINALDO – Figghiu di una cagna!

LORENZO – Di due cagne, baruni!

RINALDO – Lu vogghiu scafazzari cù ‘sti manu!

LORENZO – Cù li pedi, ci veni megliu, baruni!

RINALDO – E dopu ca l’ammazzu, ci lu dugnu in pastu all’aciddazzi!

LORENZO – Sì, faciti beni. Canusciu un aciddazzu, baruni, di ‘sta purtata!

RINALDO – Ancora ccà si’? Ti dissi di purtarimi a Valerio!

LORENZO – Curru, baruni! (Si avvia ma si arresta) Non può essiri, baruni!

RINALDO – Chi sta’ dicennu, animali?!

LORENZO – Valerio partìu ‘nsemi a Rosina…

RINALDO – Comu, partìu!?

LORENZO – A cavaddu.

RINALDO – Comu…?

LORENZO – A cavaddu, baruni, ‘nsemi a Rosina!

RINALDO – Dunque, scappò! Miserabile! Sapeva chiddu ca l’aspittava e scappò!

LORENZO – Allura, scappò? Fussi cosa d’ammazzarlu!

RINALDO – Ordino!

LORENZO – Ordinate, baruni!

RINALDO – Ordino che tutti li suoi beni vengano confiscati!

LORENZO – Confiscati!

RINALDO – Ordino…

LORENZO – Ordinate!

RINALDO - … che le case e le terre passino nelle mani del barone Rinaldo di Villafiorita!

LORENZO – Villafiorita!

RINALDO – Ordino…

LORENZO – Ordinate!

RINALDO - … che il nome di Valerio venga cancellato per sempre dai registri di codesto feudo!

LORENZO – Feudo!

RINALDO – (scoppia improvvisamente a ridere) Eppure… sugnu sicuru ca l’amicu meu tornerà prestu. Le mie guardie lo troveranno, macari ca s’ammuccia ‘mpizzu a’ muntagna!

LORENZO – E ‘ddocu ci facemu faciri ‘a fini d’o surgi!

RINALDO – No… non l’ammazzu, no! Lu vogliu vidiri soffriri, inveci, jornu dopu jornu! Jornu dopu jornu! Lorenzo…

LORENZO – Cumannati!

RINALDO – Pripara la cintura. E stavota il nostro amato Valerio non si la leva cchiù! Codesta sarà la pena che dovrà scontare… per tutta la vita!

LORENZO – Ci facemu crisciri la filinia dda intra!

RINALDO – Bravo! La filinia! E accussì, l’”organo” finisci di sunari definitivamente!

LORENZO – Però… vi cunsigliu di cangiarici la firmatura, baruni. 

(I due personaggi rimangono immobili sull’ultima postura).

SIPARIO