Joe il rosso

Stampa questo copione

JOE IL ROSSO

Commedia in tre atti

Di DINO FALCONI

PERSONAGGI

LA DUCHESSA SOFIA DI SANDELLE-LAFITTE

LAFITTE

LA DUCHESSA MARTHA DI SANDELLE-LAFITTE

LA CONTESSA ANNA MARIA DE VILLIERS

VAVIN

MARIETTA CLAVEL

JOE MARK DETTO RED JOE

IL DUCA STEFANO DI SANDELLE-LAFITTE

IL DUCA GONTRAMO DI SANDELLE-LAFITTE

IL NOTAIO RUGGERO D’ARMENT

IL MARCHESE GIULIANO DE ESCOJIDO Y PEREIRA

AGENORE CHAMPOL, DETECTIVE PRIVATO

GERMANO DUBOIS, MAGGIORDOMO

BIG LARRY

SLIM SAMMY

SCARFACE BILL

In Normandia, oggi.

Cateragia per il Sito GTTEMPO

Commedia poliziesca con personaggi co­mici, talora caricaturati; con episodi sen. sazionali, vicende a sorpresa, investiga-zioni e interrogatori dai quali si attende la scoperta della traccia o la rivelazione del mistero intorno a! furto di un celebre qua. quadro del Murillo, avvenuto nella famiglia, dei duchi di Sandelle-Lafitte, in circostanze inesplicabili, tra persone di atto lignaggio e superiori ad ogni sospetto. L'autore sì è servito, nella costruzione della commedia, nella figurazione dei tipi e nella forma del dialogo, di molti elementi di saporosa co­micità. Abbiamo la nobiltà francese, orgo­gliosa del casato e della tradizione, s pi­giatrice della libertà morale e sociale por­tata dagli americani in seno as'.'arisìacra. zia, la quale, dietro jl formalismo e la ri. gidezza di casta, nasconde Vizi, peccati e debolezze. Dei Sandelle-Laiitie. l'autore presenta un quadretto ironico e mordace, gustoso e ben riuscito; abbiamo poi, al con­trapposto, i personaggi americani: la gio­vane duchessa Marta, «Si New-York, spesata ai duca Stefano di Sandeìle-Lafitte e lo zio di Marta, Jce Mark, detto il rosso, uno della malavita newyorkese, celebre neìle cronache nere e ricercato dalla polizia internazionale per i numerosi suoi misfatti. Anche di questi personaggi, l'autore ci offre un profilo divertente. A rendere più pit. toresca e vivace la favola, concorre!a reci­tazione di Armando Falconi arguta, spas-sosa, chiassosa, e quella degli altri attori che collaborano con intelligenza al succes­so del lavoro applaudito tre o quattro volte dopo ogni atto.

 

ATTO PRIMO

La sala terrena del castello dei Sandelle-La-fitte in Normandia, presso Deauville. Molti quadri, molte statue. In fondo, in urtai specie' db nicchia, un arazzo, posto a guisa di tenda mobi­le copre uno spazio di muro al quale è, eviden­temente, attaccato un quadro. Due riflettori di­sposti con sagace artificio, sono pronti ad illu­minare d'una luce adatta il capolavoro. Molto stile. Nessuno è in scena.

Anna Maria                 - (entra come un colpo di vento; è una bella donna, tratti marcati, molto truccala, molto eccentrica; è in pigiama da spiaggia: si guarda attorno, ha un moto di dispetto: fa per avviarsi alle scale; si arresta: suona il campanello; lo suona una seconda volta, nervo­samente).

Germano                     - (il vecchio maggiordomo, dignito­sissimo; frak, cravatta nera, panciotto nero, calzoni grigi, entra) La signora Contessa. Buongiorno, signora Contessa. La signora Con­tessa lia suonato?

Anna Maria                 - (senza dargli il tempo di finire la frase) Sì, ho suonato io. Buongiorno, Ger­mano. Sapete se il signor Giuliano sia ancora in casa?

Germano                     - Credo di sì, signora Contessa. Il signor Marchese Escojido y Pereira si è fatto portare la colazione in camera dieci minuti or sono.

Anna Marta                - (non dissimulando un movimen­to d'ira) Ah, benissimo! (Brevissima pausa).

Germano                     - La signora Contessa desidera altro. C'è di là il signor Champol e...

Anna Mar'a                 - Champol? Ancora? Ma che vuole ancora?

Germano                     - (con aria di benevolo compatimen­to) Delucidazioni, controlli, informazioni...

Anna Maria                 - In una settimana non ne ha avute abbastanza?

Germano                     - Pare di no, signora Contessa. Bisogna compatirlo.... E' il primo affare im­portante che gli capita... E di che 'importanza! Qualunque agenzia d'investigazioni sarebbe...

Anna Maria                 - E intanto non riesce a cavare un ragno dal buco. Ah, se la mamma si deci­desse a informarne la Sureté a Parigi.

Germano                     - La signora duchessa non desidera assolutamente che la faccenda dilaghi...

Anna Maria                 - Lo so, ma... (Altra brevis­sima pausa).

Germano                     - Posso andare, signora Contessa?

Anna Maria                 - Sì, no... Germano, fatemi un favore... salite dal signor Giuliano e d'itegli che... avvertitelo che io sono qui ad atten­derlo.

Germano                     - Subito, signora Contessa. (Esce per la scala).

Anna Maria                 - (accendendo una sigaretta, ner­vosissima) Dormiva... Ma guarda... dormiva!

Sofia                           - (entrando con aria preoccupata. E' la duchessa madre: molto ancien regime. Occhìa-letto, colletto di pizzo sino al mento : i capelli grigi acconciati in una complicata e architetto­nica pettinatura. Lievissima balbuzie) Oh! A... Anna Maria... tuo nonno non l'hai mica veduto?

Anna Maria                 - No, mamma. Buongiorno.

Sofia                           - Sì, buongiorno. Vorrei sapere se Clavel l'ha già accompagnato nel parco per il suo solito giretto. Il signor Champol vuol par­larmi e non voglio che il nonno lo inco-contri. Si mette sempre in una agitazione tale...

Anna Maria                 - Non saprei proprio, mamma.

Sofia                           - Vado a informarmi. Dio, Dio quan­te co-complicazioni! (Esce).

Germano                     - (entrando) Il signor Marchese scende subito.

Anna Maria                 - Grazie, Germano.

Germano                     - (si avvia, si arresta) La signora contessa mi vorrà perdonare... se il signor Champol desiderasse...

Anna Maria                 - (subito) Ah, no... dite che non ci sono. Io torno a Deauville fra un minuto.

Germano                     - Bene, signora contessa. (Esce).

Anna Maria                 - (si avvicina subito alle scale e appena ode dei passi, esclama con accento iro­nico) Ben alzato!

Giuliano                      - (spagnolo, buffetti neri, chioma laccata, colorito olivastro, molto chic, troppo chic. Con un grande inchino) Buongiorno, Anna Maria.

Anna Maria                 - (senza rispondergli) Sono le undici e mezzo... è dalle dieci e mezzo che sono a Deauville.

Giuliano                      - Mi querida...

Anna Maria                 - Non ho l'abitudine di aspet­tare! Ed è la terza volta in una settimana. Era meglio dire subito che a quell'ora era impos­sibile.

Giuliano                      - He olvidado... Ho dimenticato.

Anna Maria                 - E allora perchè dirmi?

Giuliano                      - (prendendole la vita, insinuante)        

Està noche avrei detto de sì anche se mi avessi preguntado di alzarmi a las cìnco de la manana.

Anna Maria                 - (prudente) Zitto!

Giuliano                      - Ma quando uno se ritrova solo, en su camera... Querida, non credi che avessi il diritto de ser stanco?

Anna Maria                 - (svincolandosi) Ma sta zitto... La mamma può passare ogni cinque minuti.

Giuliano                      - (con un sorriso) No estemos parenti?

Anna Maria                 - (senza ridere) Sciocco! (Altro tono). No, voglio aspettarti. Di chi ho l'aria, sola sola davanti alla cabina?

Giuliano                      - Andiamo a Deauville assieme al­lora.

Anna Maria                 - Per comprometterci di più! Non è più semplice che tu sia puntuale?

Giuliano                      - Allora dejame dormire a la noche!

Anna Maria                 - Ma non sei capace di fare un sacrifìcio per me?

Giuliano                      - (sempre un po' beffardo) Quan­do sono sveglio si. Ma quando dormo no me recuerdo de nada.

Anna Marta                - Già... quando sei sveglio! E intanto ieri sei tornato ancora al Casino.

Giuliano                      - Ma ho vinto, my hermosa! Ho vinto!

Anna Maria                 - Ma potevi anche perdere... E che cosa sarebbe accaduto allora? Lo sai che io non posso... non posso! La mamma è infles­sibile... E quel che mi passa mio marito non è sufficiente a...

Giuliano                      - (molto altezzoso) Si tu crees qUe e di buon gusto rinfacciarmi la mia sfortuna...

Anna Maria                 - (ripigliando) Io ti chiedo soltanto di avere un po' dì riguardo per me. Per dormire ti dimentichi persino che io ti aspetto!

Giuliano                      - Sogno. Sogno dì averti ancora conmigo, vicino a me, stretta a me... dento todos tus besos, tu cuerpo hermoso...

Martha                        - (è entrata dalla scala proprio a que­ste parole. E' anche lei in pigiama: molto p:ù mascolino di quello di Anna Maria. Ha un atti­mo di indecisione. Poi risolve di proseguire la sua via e di passare inosservata. Perciò si dirige verso Vuscita).

Giuliano                      - (seguitando) ... il sogno es tan dolce che non oso troncarlo. E cosi seguito a dormire...

Anna Maria                 - Se credi di essere spiritoso... e poi taci! Se qualcuno ti sentisse... (E in quel momento si accorge di Martha che è arrivata proprio alla soglia. Allora con altro tono, nel quale non è esente una certa antipatia) Oh, tu!

'Martha                       - (lieve accento americano) Hello! (E* piuttosto imbarazzata),

Anna Maria                 - Buongiorno!

Giuliano                      - (inchino) Buongiorno, duchessa.

Martha                        - (non sa che dire) Splendida gior­nata.

Giuliano                      - (entusiasta esagerato) Meravi­gliosa... meravigliosa... meravigliosa.

Anna Maria                 - (con piccola ansia) Rientravi?

Martha                        - (dopo lieve esitazione) Sì.

Anna Maria                 - Non ti ho veduta sulla spiag­gia...

Martha                        - Ero... ero in acqua.

Anna Maria                 - Sei andata in macchina a Deauville?

Martha                        - Sì... con la piccola Spyder.

Anna Maria                 - Strano. Quando sono uscita la Spyder era ancora in rimessa.

Martha                        - Oh! Well... (Un silenzio).

Giuliano                      - Vado a vestirmi. (Ad Anna Ma­ria) Se tornate a Deauville aspettatemi... (A Martha) By by, duchessa! (Con un ultimo pro­fondo inchino esce).

Anna Maria                 - (di scatto a Martha, aggressiva) Tu non sei ancora andata a Deauville. Tu non rientravi!

Martha                        - (semplice) No, ma perchè quel tono, Anna Maria?

Anna Maria                 - E perchè quella menzogna, Martha?

Martha                        - Well... ho voluto farti credere di non aver udito niente.

Anna Maria                 - 0 hai voluto farmi credere che non stavi a spiare?

Martha                        - Oh, Anna Maria! Sono la moglie di tuo fratello... come puoi credere?

Anna Maria                 - (eludendo la risposta) D'al­tronde non avresti udito nulla di speciale. Ti sarai accorta che Giuliano è innamorato di me.

Martha                        - (ha un vago mormorio d'assenso).

Anna Maria                 - Gli spagnoli si scaldano su­bito.

Martha                        - (e. s.).

Anna Maria                 - E' perciò assolutamente inu­tile che tu lo racconti alla mamma.

Martha                        - Don't be silly, Anna Maria! Sai benissimo che non racconterò niente. Sai benis­simo che la mamma di Stefano non è molto... Well, non è molto espansiva con me.

Anna Maria                 - (elusiva ancora una volta) La mamma è così turbata da quando è stato commesso il furto...

Martha                        - Sì, ma che c'entro io?

Anna Maria                 - Questa è una cosa che ri­guarda la mamma.

Martha                        - Oh! Riguarda un po' me, anche.

Anna Maria                 - Senza dubbio. Voglio dire che io non posso entrare nel cervello della mamma.

Martha                        - Io non sono che da un mese in casa vostra. Ma è da sei mesi che sono la mogie di Stefano. Pochi giorni dopo il nostro matri­monio egli mi portò via da New York, dalla mia patria: siamo stati per due mesi a Buenos Aires, per un mese a Città del Capo... nessuno mi ha mai dimostrato così poca cordialità come qui, in casa dei suoi. Io non so perchè. Forse il nostro matrimonio non vi è piaciuto. Io lo dissi a Stefano prima di sposarci. Il disaccordo tra vecchio e nuovo continente non è una storia inventata dai romanzieri, lo so. Ma...

Anna Maria                 - Non c'entra questo, cara. La principessa di Marmont-Suresncs è la figlia di Mac Dean di Chicago, la baronessa di Menil è la figlia di Davies di Detroit... eppure tutta la Francia le rispetta e le ammira. Dunque...

Martha                        - Sì. Ma Annabella Mac Dean ha portato un milione di dollari ai Marniont-Su-resnes e Mabel Davies ha portato due milioni di dollari. Io non ho portato niente.

Anna Maria                 - (molto austera) I Sandelie-Lafitte non misurano i loro affetti familiari con la mentalità di un cambiavalute.

Martha                        - (senza scomporsi) Well... allora diciamo che il padre di Annabella Mac Dean è il re dell'acciaio e il vecchio Davies è stato per dieci anni consecutivi Sindaco di Detroit ed è ora senatore. Mentre io sono un'orfana qua­lunque e...

Anna Maria                 - Anche se tuo zio, come ci ha detto Stefano, non è che un semplice uomo di affari, non è questo che può influire sui nostri sentimenti.

Martha                        - (un po' triste) Allora non so.

Anna Maria                 - (evasiva) Noi non ti conoscia­mo che da un mese e...

Martha                        - Ma dovrebbe bastare, Anna Ma­ria, credimi... Io... come si dice? / am stra-iight... io sono perbene... voglio bene a Stefa­no... non chiedo che di volervi bene a tutti voi... non c'è bisogno di guardarmi con diffi­denza. Sì, anche tu. Anche tu... come poco fa... io sono tua amica, Anna Maria... sono gio­vane come te. So che hai avuto un matrimonio infelice. So che sei passata per le amarezze di un divorzio... come vuoi che non scusi il tuo flirt con Giuliano?

Anna Maria                 - (irrigidendosi) Non hai nulla da scusare. Il marchese Giuliano d'Escojido y Pereira è un corteggiatore troppo focoso e nien­te altro. Se ci fosse qualcosa di più, non avrei bisogno di nasconderlo né a te né a nessuno.

Martha                        - (scoraggiata) Well... Have it your own way... come vuoi, Anna Maria.

Germano                     - (entrando) Chiedo scusa... E' ar­rivato il signor Duca.

Martha                        - (con un grido di gioia) Stefano?

Germano                     - Sì... Sta mettendo la macchina in garage.

Martha                        - (felice) Oh, senza telegrafare... ha voluto fare una sorpresa! (Esce chiamando:) Stefano... darling.

Anna Maria                 - (che è rimasta interdetta) Stefano... Gli avete detto del furto?

Germano                     - No, signora. Non ne avrei avuto il tempo. Ma il signor Duca non sapeva?

 Anna Maria                - La mamma non gli aveva det­to niente per non preoccuparlo. Aveva troppo da fare a Parigi e...

Stefano                       - (entrando. Bell'uomo, molto signore. Non è di umore eccellente) Non c'è Martha?

Anna Maria                 - T'è venuta incontro. Ma al­meno il buongiorno, no?

Stefano                       - Buongiorno, cara. Stai bene? La mamma? Il nonno?

Anna Maria -              - Tutti, grazie. Come mai sei tornato così improvvisamente?

Stefano                       - Ma... un contrattempo... e poi avevo finito... e (altro tono) niente di nuovo?

Anna Maria                 - Purtroppo, sì.

Stefano                       - (in pensiero) Che cosa è successo?

Anna Maria                 - Credo sia meglio dirti tutto subito. Andate pure, Germano. (Germano via) E' una faccenda molto seria, Stefano.

Stefano                       - Ma che cosa è successo ?

Anna Maria                 - Guarda... (Va alla nicchia in fondo e ne tira l'arazzo; appare una grande cornice dorata vuota).

Stefano                       - (colpito) Il Murillo?

Anna Maria                 - Rubato.

Stefano                       - No.

Anna Maria                 - Non c'è dubbio. Abbiamo tro­vato la cornice così. Avevano tagliato il dipinto, evidentemente.

Stefano                       - Ma chi? Quando?

Anna Maria                 - Chi? E' un mistero. Cham-pol, dell'agenzia privata La Volpe, viene ogni giorno qui a ossessionarci con le sue inquisizioni, senza alcun costrutto. Quando? Quattro giorni dopo la tua partenza per Parigi.

Stefano                       - (pensoso) Ah!

Anna Maria                 - Puoi figurarti in che stato siamo rimasti.

Stefano                       - E Martha?

Anna Maria                 - (senza colore) Anche lei... Ma sai, per lei... Lei non può sapere quel che era il Murillo per noi.

Stefano                       - (un attimo di riflessione) Il furto dunque, è avvenuto esattamente nove giorni fa.

Anna Maria                 - Appunto. Il nonno poi, è ad­dirittura sconvolto. La signorina Ciavel dice che non ha mai un minuto di riposo tanto egli è agitato.

Stefano                       - E' terribile... Proprio ora che il Louvre lo voleva comprare.

Anna Maria                 - Il Louvre?

Stefano                       - Sì: A Parigi me ne ha parlato Sua Eccellenza. Offrono sette milioni e ci con­cedono di tenerlo qui sino alla morte del nonno. Ve ne avrei parlato al mio ritorno.

Anna Maria                 - E' ancora più terribile...

Stefano                       - E nessun sospetto? Nessuna fac­cia nuova nei dintorni?

Anna Maria                 - Niente. Qui, tu lo sai, non ci siamo che il nonno, la mamma, tu, io, tua mo­glie, Giuliano Escojida e il notaio D'Armeni. Tutta gente dì casa. I domestici sono insospet­tabili... E per di più porte e finestre sono state trovate perfettamente chiuse dal di dentro.

Stefano                       - Ma allora come? Come?

Martha                        - (entrando) Oh, Stefano... darline... da dove sei passato?

Stefano                       - Gara... (Si abbracciano) Sono pas­sato dalla porta della corte.

Martha                        - Darling... come sono felice di ri­vederti.

Stefano                       - Anch'io, cara.

Martha                        - Sì, ma intanto io ti cercavo e tu non cercavi me.

Stefano                       - Anna Maria mi raccontava deh.. (accenna alla cornice vuota).

Martha                        - Oh sì, io non ti ho scritto niente perchè la tua mamma mi aveva detto di no.

Stefano                       - Io ne sono allibito.

Martha                        - Isn't it awful, indeedl

Stefano                       - Ma tu non puoi capire quanto... (La guarda, si arresta... poi:) Anna Maria... vorrei dire qualcosa a Martha,.. Scusami.

Anna Maria                 - Ti prego... (Si avvia, si fer­ma) Ah... e se scendesse Giuliano, io sono nel parco... (Con evidente esclusione di Martha) Mi fai il favore di dirglielo tu, Stefano... (In seguito a un cenno di assenso del fratello se ne va).

Martha                        - (interrogativa) Well?

Stefano                       - (la guarda a lungo, esita, poi, senza più guardarla, bruscamente) Sai che ho visto tuo zio a Parigi?

Martha                        - (lietamente sorpresa) Uncle Joe? Oh!

Stefano                       - Non mi sembri molto stupita.

Martha                        - Beh... immaginavo che sarebbe arrivato...

Stefano                       - (come sollevato) Allora è arrivato soltanto oggi?

Martha                        - / don't Know... non so con pre­cisione. Io gli avevo scritto se poteva venire.

Stefano                       - Tu?

Martha                        - Telegrafato, anzi. Un cablo­gramma.

Stefano                       - Che cosa t'è saltato in testa?

Martha                        - Desideravo tanto rivederlo.

Stefano                       - Proprio lui?

Martha                        - Proprio lui.

Stefano                       - E vuoi vederlo qui?

Martha                        - Credo di sì.

Stefano                       - (un po' seccato) lo sai che io non ho mai detto ai miei...

Martha                        - Lo so. Ma non ci sarà bisogno di dirlo, non è una cosa che salta agli occhi.

Stefano                       - Comunaue avrei preferito... Non ti nascondo che quando l'ho visto a Parigi, la cosa non mi ha fatto molto piacere. L'ho visto in una macchina carica di valigie, dalle parti della Villette, lui e tre uomini: certe facce! La cosa mi ha così sorpreso che ho affrettato la mia partenza. Quando poi ho saputo, qui del... (Accenna la cornice vuota. Ma si ferma subito pentito).

Martha                        - Che... (Capisce) Oh, Stefano... Come hai pensato...

Stefano                       - Non ho pensato niente, sciocche-reila. Ma ammetterai che, lì per lì...

Martha                        - (seria) Sì, sì. Sono sempre più convinta di aver fatto bene a chiamarlo.

Stefano                       - Ma che cosa vuoi da lui?

Martha                        - Non so. Ho piacere di vederlo... di parlargli. E, forse, che lui parli a te.

Stefano                       - Io non vedo...

Martha                        - Naturalmente. Ma, per me, Uncle Joe è tutta" la mia famiglia. Non mi importa che sia quello che sia. Da piccola piccola lui è stato per me un papà, una mamma, tutto... non mi sono mai accorta >di essere un'orfana, perchè c'era lui. Tutte le volte che ero triste, lui sapeva non farmi più essere triste... ora io voglio ve­derlo...

Stefano                       - Perchè sei triste? E non ci sono io? Non ti voglio bene, io?

Martha                        - Sì, ma... tu non basti. Io ho biso­gno di qualcuno che mi comprenda. Allora ho telegrafato .a Uncle Joe.

Stefano                       - (un po' commosso) Ma, bambina mia, non potevi... (In quel momento entra­no la duchessa Sofia e il detective Champol).

Sofia                           - (senza accorgersi in sulle prime di Ste­fano) Ma sì, ma sì, signor Champol... tornia­moci pure quanto vi pare... soltanto io non credo che...

Stefano                       - (andandole incontro) Mamma... sono tornato ora!

Sofia                           - Mio caro figliuolo... (Rigide effusio­ni) Il Duca Stefano di Sandelle-Lafitte, mio fi­glio. (A Stefano presentando) Il signor Agenore Champol, detective privato; immagino tu sia al co-corrente...

Stefano                       - Sì, mamma, me l'ha detto Anna Maria.

Martha                        - Buongiorno, duchessa.

Sofia                           - Buongiorno, Martha.

Champol                     - (con un lieve inchino a Martha) Signora duchessa...

Stefano                       - E' una cosa, terribile... E le vesti e indagini, signor Champol?

Champol                     - (ha l'aria di un brav'uomo, piutto­sto impacciato e molto deferente) Le mie in­dagini, signor Duca, non mi hanno portato mol­to innanzi... Come dicevo or ora alla signora du­chessa, la soluzione più probabile è una : poiché le .porte e le finestre 'del pianterreno sono, state trovate rigorosamente chiuse dall'interno e poi­ché coloro che abitano sotto questo tetto sono persone al disopra di ogni sospetto... non ci ri­mane da supporre se non che... no, è assurdo...

Stefano                       - Dite ugualmente. Non si sa mai.

Champol                     - Non rimane da supporre, dicevo, se non che il ladro, anziché uscire dal pianterreno sia uscito da una delle finestre dei piani superiori…. Forse qualcuno di lor signori ha l’abitudine di dormire con le finestre aperte…

Martha                        - Io dormo con la finestra del bou­doir spalancata, lasciando aperto l'uscio di co­municazione tra il boudoir e la camera da letto.

Champol                     - (dubbioso) Il ladro avrebbe for­se potuto uscire dalla finestra del boudoir, du­chessa, approfittando del vostro sonno.

Stefano                       - Ed anche entrare, non è vero? Giacché se tutte le aperture erano chiuse dal di dentro... Andiamo, signor Cham.pol, le vostre ipotesi sono sballate...

Champol                     - Tuttavia, tuttavia...

Sofia                           - Tuttavia non si può negare, mia cara Martha, che la vostra abitudine di dormire con le finestre spalancate in piena campagna, sia piuttosto bizzarra...

Martha                        - Molto igienica, duchessa...

Sofia                           - Oh, igienica... io ho sessantadue an­ni, sto be-benissimo e ho sempre dormito con le finestre chiù-chiuse.

Martha                        - Ma in America...

Sofia                           - Qui siamo in Europa, mia cara Mar­tha. E più precisamente in Francia.

Martha                        - Non è una buona ragione per sof­focare.

Sofia                           - Ma non è neanche una buona ragione per lasciare libero .accesso ai ladri.

Stefano                       - Mamma, ma non supporrai mica...

Champol                     - (molto confuso) Sono veramente dolente... che ormai è lanciata) Io non sup­pongo niente, figliolo mio. Dico solo che tutti noi Sandelle-Lafitte abbiamo sempre sentito l'e­norme responsabilità di possedere un ca-capo-lavoro... co-come sia giunto in casa nostra quel cu-quadro si perde nella notte dei tempi, signor Champol... Ignoriamo se cu-qualche nostro avo del ramo spaglinolo ve lo abbia portato... so che da più di due secoli il ce Mosé che fa scaturire l'acqua dalla roccia » è il vanto del nostro ca-castello. So che da trent'anni l'Agenzia Cu-Cook organizza co-comitive di turisti che da Deauville vengono qui ad ammirare il ca-capo-lavoro, del pittore spagnuolo. So che tutti i pre-presidenti della repubblica, da vari anni a que­sta parte, nel recarsi a Deauville si soffermano nel nostro ca-casiello per contemplare il « Mo­sé ». So che durante la guerra il nostro ca-ca­stello fu oggetto di speciali cu-cure da parte del Ministro delle Belle Arti... So che non essen­doci stato nella famiglia dei Sandelle Lafìtte nes­sun co-condottiero, nessun ca-car dinaie, e nes­sun Acca-eademico noi siamo co-conosciuti in Francia come i Sandelle-Lafitte del Mosé del Murillo... e trovo addirittura inco-inconccpibile che un Sandelle-Lafitte, sapendo di avere in ca-casa un simile tesoro, si pe-permetta di dormire con le finestre spa,-pa... spa-pa... (ma ter­minare la parola le è troppo ostico; allora ci ri­nuncia e conclude semplicemente:) ...ate!

Stefano                       - Ma, mamma cara, ammetterai che Martha è da troppo poco, tempo nella nostra fa­miglia per sentire il peso di certe tradizioni...

Champol                     - (cercando di metter pace) E poi in America... (A Martha) Non è vero, signora duchessa? Le tradizioni non esistono...

Martha                        - (secca) Mi sembra che le mie abi­tudini igieniche non abbiano niente a che vedere con la faccenda.

Sofia                           - (severa) Mia cara Martha, la tradi­zione non conosce igiene.

Martha                        - (ancora più secca) Dite addirittura che io ho tenuto le finestre aperte per facilitare il passaggio dei ladri...

Stefano                       - (con rimprovero a Martha) Mar­tha, perchè dici così?

Sofia                           - (molto altera) Se avessi temuto di poter pensare un giorno una simile co-cosa, non vi avrei neppure acco-colta in ca-casa mia. (Un freddo) Se è tutto qui quel che avete dedotto, signor Champol, non credo che la vostra inchiesta abbia progredito.

Champol                     - Perdonatemi, signora duchessa... Ma credo che se da Parigi ci inviassero un Ispettore specializzato...

Sofia                           -Vi ho già detto, signor Champol, che un ispettore da Parigi co-condurrebbe inevita­bilmente all'intervento dei giornalisti. Siamo riusciti finora ad evitare che la stampa si im­possessasse della faccenda. Più tardi sarà, me­glio sarà. Voi sapete che l'età venerabile del Duca G-ontrano merita tutte le attenzioni. (Al­tro tono) Seguitate le vostre indagini, signor Champol... Ho promesso di farvi avere la ro­setta della Legion d'Onore, se riuscirete, e man­terrò la promessa. Per qualsiasi schiarimento siamo a vostra co-completa disposizione. Vi ac-co-compagno. (Champol con un saluto circolare esce assieme a Sofia).

Stefano                       - (appena soli) Perchè impuntarti così con la mamma, cara?

Martha                        - Ecco. Tu dai la colpa a me. Non ti sei accorto del suo tono?

Stefano                       - Ma devi capire anche tu che que­sta faccenda l'ha profondamente turbata....

Martha                        - Credi che non ne sia turbata an­ch'io? So benissimo quel, ch'era per voi il Mu­rillo. Tu me ne hai narlato anche troppo.

Stefano                       - Si direbbe che ti dia fastidio l'im­portanza che attribuiamo a quel cruadro.

Martha                        - No. Non mi dà fastidio. Osservo soltanto che l'irnmortanza è tale che fa sospet­tare tua madre di me, dopo aver fatto sospet­tare te di uncle Joe.

Stefano                       - Queste sono cattiverie. Soltanto, con questo stato di cose, puoi comprendere co­me sia inopportuna la presenza qui di tuo zio.

Martha                        - Perchè?

Stefano                       - Ma perchè... perchè... Non vale­va la pena che io mi dessi tanto da fare per na­scondere ai miei la verità su tuo zio, perchè poi lui venisse qui a...

Martha                        - Quello che fa anche Joe in Ame­rica non riguarda la Francia. D'altronde non dovevi sposarmi.

Stefano                       - Sai benissimo che t'ho sposato senza sapere.

Martha                        - Ma il giorno stesso del nostro ma­trimonio hai saputo. Sei andato tu a parlare con lui, perchè io ho voluto. Potevi chiedere il. di­vorzio.

Stefano                       - (prendendole una mano) E che io ti volevo tanto bene non lo conti?

Martha                        - . Allora perchè hai l'aria di rin­facciarmi ora?

Stefano                       - Ma io non rinfaccio, piccola cara. Dico e ripeto che il momento è male scelto... Dico che con tutto il bene che ti voglio io non posso ora non ricordarmi del primo e unico ab­boccamento che ho avuto con tuo zio Joe. T'a­vevo conosciuta tre «doriti dopo il mio arrivo a New York alle Biltmore's Cascaders. Ti ricor­di? Tu aspettavi un'amica che.non veniva e che non venne. Io ero solo, un po' sperduto. Ti dissi qualcosa nel mio perfido inglese... tu mi rispondesti che non capivi il tedesco. Poi mi parlasti speditamente in francese... ballammo... mi rammento ancora lo slow... (lo accenna. Martha, lo segue. Per un attimo le teste vicine, cantarellano, segnando lievemente il ritmo del ballabile). Tu eri così carina... I tuoi capelli brunii e i tuoi occhi scuri mi riportarono un po' del mio paese, fra tutto auel biondo che mi at­torniava... Ci vedemmo tutti i giorni. Tu non sapevi nulla di me e io nulla di te. Ti chiedevo. Non volevi dir nulla. Ma eri così leale, così franca, così pura... Un giorno, come due ragazzi, ridendo, baciandoci ad osmi svolta di strada, sia­mo andati a sposarci. Nel n omeri ggio, mentre io progettavo già il mio viaggio di ritorno con te, tu mi dicesti che dovevo conoscere tuo zio.

Martha                        - Mi ricordo. Ti dissi: « Sei sicuro di amarmi? Sei sicuro di stimarmi? Ebbene, tu devi conoscere mio zio Joe. Esli è la sola per­sona al mondo che amo dopo di te ». E ti dissi quello che era stato per me uncle Joe. Ti dissi anche « Ricordati che potrai sempre divorzia­re ». Te lo rammenti?

Stefano                       - Sì cara. Ma non c'era nulla che poteva più staccarmi da te. (La bacia sui capelli) Quel giorno andai a trovare tuo zio. In una casa molto strana, di una via ancora più strana a Brooklin, mi trovai di fronte a lui. Dalle mezze parole tue mi aspettavo, non so perchè, di tro­varmi di fronte a un piccolo uomo misterioso. Mi vidi davanti un pezzo d'uomo dal viso roseo e ridente.

 Martha                       - Vero che è bello uncle Joe?

Stefano                       - Lo credevo umile, era spavaldo: lo credevo ineschino, era quasi elegante. Mi par­lò in francese cattivo, ma francese. « Voi avete sposato mia nipote. Io voglio molto bene a mia nipote. E' il vivente ritratto della mia povera sorella. Voi non sapete chi sono io. « Mister Joe Mark »... gli risposi. « Anche. Ma io sono più conosciuto come Red Joe... Joe il rosso!...». Red Joe! Rimasi sbalordito. Red Joe era tuo zio. conosciuto come Red Joe... Joe il rosso! ». Red Joe!... Quasi ogni giorno i giornali facevano il suo nome... Qualunque straniero, dopo due ore di permanenza in America, sentiva parlare di Red Joe... non seppi che dirgli... parlò lui. Non so più quel che disse... so che a sentirlo aveva ragione lui... Parlava e rideva. Pareva felice di vivere e di esseve al mondo, come se non fosse...

Martha                        - (dandogli sulla voce) Non è! Uncle Joe è buono. Tu non puoi capire...

Stefano                       - (che ormai rivive quel colloquio) « Quello che io sono non vi deve importare. Voi avete sposato la mia piccola Martha. Io non conto più... Non ci sono più. Ora Martha ha chi può proteggerla, se è vero che voi le volete bene. Essa starà con voi e di suo zio Joe non avrete più bisogno di sentir parlare ». C'era tanta fer­mezza e tanta franchezza, tanta bontà nelle sue parole che lì per lì non trovai nulla da obbiet­tare. Mi accompagnò fino alla porta, fino alla mia macchina. Aveva armena rinchiuso lo spor­tello che sentii dei colpi di rivoltella... Mi guar­dai attorno sorpreso e un po' spaventato... Tuo zio si faceva schermo col battente dell'uscio di casa. « Go on » mi gridò senza emozione. «Andate via. Sono fatti miei personali... ». Schiac­ciai l'acceleratore... E l'indomani partimmo.

Martha                        - (commossa) Bear uncle Joe!

Stefano                       - (come svegliandosi) Ma insomma devi convenire che con un detective in casa non è poi tanto semplice che tu abbia uno zio gangster...

Martha                        - (offesa) Uncle Joe non è un gang­ster.

Stefano                       - Chiamalo contrabbandiere,., chia­malo come vuoi... ma avere per casa, in mo­menti come questi, un uomo che si fa la sua legge con la rivoltella in mano...

Germano                     - (entrando con un'aria un po' inter­detta) C'è il signor Joe Mark, lo zio della signora duchessa.

Martha                        - (con gioia) Uncle Joe!

Joe                              - (entrando: un pezzo d'uomo, largo, qua­drato, capelli rossi e viso stranamente roseo, sbarbato, sopracciglia rosse pomodoro, ispide, arruffate, veste un doppio petto bianco di buon taglio, in capo, messo indietro, quasi sulla nuca, un panamino a testa di fungo, sarebbe quasi ele­gante senza una cravatta dai colori aggressivi, senza un paio di scarpe dalla suola di gomma enorme, e senza un grosso gonfiore nella tasca posteriore dei calzoni che gli fa arricciare le fal­de della giacchetta, mastica con energia il che­wing-gum) Say what do you mean hy ma-king me wait! (Vede Martha) Hello, girliel IIow are you, honey! (Si abbracciano, stretti: lui la bacia sulla fronte e le batte sulle spatte ener­gico) Wall, here I ani... Now teli me, what's the matter?

Stefano                       - (che ha congedato col gesto Germa­no, ed è impacciatissimo) Bene arrivato, Mi­ster Joe...

Joe                              - (lo scorge, si raffredda) Oh! How do you do? (Gli porge la mano; lieve esitazione di Stefano, stretta di mano energica) You don't... (Si ricorda che deve parlare la lingua dell'al­tro) Oh!... Non aspettavi di vedere me!

Stefano                       - (accennando Martha) Ma vera­mente...

Martha                        - I told him miele, and... Joe    - (facendole cenno di no, con la mano)           - Tut, tut... Honey... Non educazione parlare lin­gua lui non sa... Francesi molto educati, io so... e io ho bisogno fare exercizio... (Ride).

Martha                        - (ride anche lei) O. K. Uncle... Gli avevo detto che ti avevo telegrafato e poi Ste­fano ti aveva visto stamattina a Parigi...

Joe                              - (a Stefano) Ain't she wonderful... E' estrardinaria... parla francese meglio di io! Così m'avete veduto, si?

Stefano                       - Si dalle parti, della Villette...

 Joe                             - Oh! Venivo da aereoporto...

Stefano                       - ... Può darsi. Eravate con tre in­dividui.

Joe                              - (spiega a Martha) Slim Sammv. Big Larry and Scarface Bill...

Stefano                       - (seguitando) ... tre faccie da...

Joe                              - (ride) Oh! (Spiega subito) Miei aiu­tanti...

Stefano                       - (sbalestrato) Ah, perchè non sietr venuto solo!

Joe                              - (sereno) No. (A Martha) Tuo teledram­ma arrivato bene. Io... beh... io era bene an­dassi via da New-York un poco di tempo (ride). Più igienico...

Martha                        - What's the matter? Pólice?

Stefano                       - (allarmato) La polizia?

Joe                              - (ride anche di più) Oh, no... I don't care for the police. Io non importa polizia... (Serio) Worst than that... Peggiore... Colle­ghi... Jimmy Gómez... you know that dirty spanish dago, don't you?... Quel sporco spagno­lo... Well, c'è stato qualche cosa fra noi... and... oh, well... era migliore lasciare un poco di tem­po... come dite voi? Cambiare aria... Io pensa­vo Canada o Avana... Ma quando venne tiro te­legramma, io dissi a Larry, Sammy e Billy: « Perchè non Paris? ». And here 1 ani...

Martha                        - Ma, uncle, tu non hai potuto ri­cevere che una settimana fa...

Joe                              - Thais right... Sette giorni..., Uno per decisione fa sei... Cinque e mezzo di viag­gio con « Conte di Savoia » per arrivare a Gi­bilterra... Mezzo di aeroplano per arrivare a Parigi, fa sette. E sono qui. Contento?

Martha                        - You bet, uncle!

Joe                              - (a Stefano che non è eccessivamente en­tusiasta) E voi, contento?

Stefano                       - (fa per rispondere).

Joe                              - (senza dargliene il tempo) No. I see. Meno contento. (Di scatto a Martha) E' per lui che sei triste? (Di scatto, severo, ruxle) Now, listen, young mah... Io non parlo bene vostra lingua, ma quando non si parla capisco bene tutte le lingue di mondo. Questa ragazza deve essere felice, you see? Deve! / am a crook, I Know... Io so, io non sono per bene. Ma voi siete a duke... voi avete il dovere di essere per bene. Io ho fatto felice questa ragazza e non sono per bene. Voi dovete fare felice lei per due, per me e per voi.

Martha                        - (che ha finora cercato di interrogar­lo) Listen...

Joe                              - Ti prego di non interrompere me, si no mio francese se ne va. (A Stefano) Ora io sono qui... Io voglio vedere con miei occhi per­chè essa non è felice. Se vostra colpa... Well, dovreste sapere che nessuno ha fatto uno stu­pido di Red Joe!

Stefano                       - Mister Mark...

Martha                        - (sincera) No, uncle Joe, non è colpa sua.

Joe                              - (brusco) E di chi?

Martha                        - Forse ho esagerato io, uncle. Sai come sono le ragazze... Quel giorno che ti ho telegrafato, Stefano era a Parigi... Io mi sentivo sola... Erano successe in casa delle strane cose e allora...

Joe                              - Che cosa era successo?

Stefano                       - (afferrando la palla al balzo) Un furto. Hanno rubato un preziosissimo quadro del Murillo, il...

Joe                              - (calmo) Il Mosè che fa venire fuori l'acqua da un sasso?

Stefano                       - (colpito) Come lo sapete?

Joe                              - Oh, ivell... Io non avrei dato Martha in moglie al primo francese venuto. Ho. chieduto informazioni. I Sandelle-Lafitte sono i Sandel-le-Lafitte del Mosè del Murillo, valutato otto milioni di franchi francesi. Ma si può avere per sei. Mi ha detto il console francese a New York.

Stefano                       - (sollevato) -^ Ah, ecco. Ebbene que­sto nostro tesoro... il nostro tesoro familiare...

Joe                              - Uno strano tesoro che non rende nem­meno il cinque per cento all'anno.

Stefano                       - (con una certa superiorità) A volte c'è qualcosa che vale più di 400 mila franchi all'anno...

Joe                              - Sì, 500 mila franchi all'anno. Never mind... Non fate attenzione... Go on.„

Stefano                       - Questo è tutto. lì Murillo ci è stato rubato.

Joe                              - (non è turbato) Perchè i giornali non ne parlano?

Stefano                       - - E' mia madre che ha usato ogni mezzo perchè la stampa non si impadronisca del fatto.

Joe                              - Non capisco.

Stefano                       - ... per dirvela all'americana... non sarebbe una buona reclame per la nostra famiglia. .

Joe                              - (sorpreso) Oh... Strana idea. Da noi c'è chi pagherebbe perchè rubassero una cosa di quel valore. Sarebbe una reclame magnifica.

Stefano                       - =- Forse non mi sono spiegato.

Joe                              - Benissimo. Ho detto, quando non si parla io capisco meglio.

Martha                        - Allora, capisci male. Tutta la famiglia è rimasta molto impressionata... Io ero sola... mi sentivo ìiu. poco a disagio... e così ti ho telegrafato.

Joe                              - (rabbonito) Oh! Well... se è questo solamente...

Stefano                       - (facendosi coraggio) Già; il guaio è che le cose stando così... non vi pare?...

Joe                              - What?

Stefano                       - Oh Dio... Chissà, magari... che il Canada e l'Avana non fossero più indicati per un vostro viaggio che non Parigi e la Francia...

Joe                              - Che cosa vuoi dire?

Stefano                       - Non mi obbligate a... Dicevate che capivate meglio quando non si parlava...

Joe                              - Sì. Ma ora parlate troppo. Che cosa importa a voi del Canada o dell'Avana?

Stefano                       - Gli è che... Per essere sincero, non ho mai detto ai miei chi e che cosa eravate ve­ramente...

Joe                              - E questo lo chiamate essere sincero?

Stefano                       - (seccato) Se l'ho fatto, l'ho fatto per un riguardo a Martha.

Joe                              - Sì, questo capisco. Ma non capisco il Canada e l'Avana.

Stefano                       - ... In questi giorni, da quando è avvenuto il furto... da circa una settimana... un detective privato viene spesso qui a compiere le sue indagini...

Joe                              - Se viene qui da una settimana e non ha trovato niente, deve essere un bel cretino.

Stefano                       - (scoppiando) Insomma... non cre­dete che la vostra presenza qui...

Joe                              - (secco) Io sono lo zio di vostra moglie. Non posso vedere lei?

Stefano                       - Ma, sì, appunto per questo...

Joe                              - (freddo) Oh, I see... (Una pausa) Well, young man, lei ine teli vou something... Se qual­cuno permette di sospettare di me, io lido sul­la faccia. Di quadri antichi non mi è mai im­portato mezzo cent! Non è la mia partita.

Stefano                       - D'accordo! Ma lei... (Indica Martha).

Joe                              - (terribile) E se qualcuno permette di fare male a questa ragazza... io ho qualcosa per lui... (E tira fuori a metà la rivoltella).

Martha                        - Uncle!

Stefano                       - (preoccupatissimo) Mister Mark!

Joe                              - Red Joe, please... Solamente Red Joe! E ho molto piacere di essere venuto qui perchè vedo questa ragazza ha bisogno di io!

Sofia                           - (entrando) Germano mi ha detto... (Vede Joe, vede la rivoltella) Oh!... che co-cosa è qu-questo... (Quadro).

Joe                              - (dopo un attimo di incertezza a Martha) Who is this old bitch?

Martha                        - (impacciata a Sofia) Mio zio, Joe Mark, duchessa.

Sofia                           - (squadrandolo) Ah... piacere... (Oc­chialino diffidente sul naso).

Martha                        - (a Joe) ... La duchessa Sofia di Sandelle-Lafitte... la mamma di Stefano, Un­cle Joe...

Joe                              - (si è rinfilata in tasca la rivoltella; stende la mano a Sofia)   Come state?

Sofia                           - (un po' interdetta, si lascia prendere la mano, se la lascia scuotere, e risponde mac­chinalmente) Bene, grazie...

Stefano                       - (ripigliando un po' di sicurezza) Mister Mark, mamma, è di passaggio in Fran­cia... è venuto in Europa a riposarsi un poco...

Sofìa                           - (sempre squadrando Joe dietro al pro­prio occhialino, con una punta di stupore) Mister Mark è molto prudente a qu-quanto pa­re... Ho visto che non dimentica le precau­zioni...

Joe                              - (gioviale) Oh, non si è mai abbastan­za prudenti nel nostro mestiere... (Colpo di tos­se di Stefano).

Sofia                           - (con una certa benevole ironia) Ma in Francia, grazie al cielo, potete essere tran­quillo... Non abbiamo, noi, i vostri... co-come li chi-chiamate... ì vostri orribili gangsters... (Impaccio generale).

Joe                              - (un po' risentito) No. Lo so. Voi avete gli apaches. Ma'è la stessa cosa.

Sofia                           - (vanta) Oh, i nostri apaches sono dei bambini in co-confronto ai vostri gang­ster s...

Joe                              - (che non vuol cedere) In America gli apaches sono una tribù di pellirossa. I più fe­roci... i più selvaggi...

Sofia                           - Toh! Non sapevo...

Joe                              - (secco) E dai nostri selvaggi hanno preso il nome i vostri delizienti. (Un freddo).

Sofia                           - (inghiottendo male) Oh, oh! Mister Mark pare assai co-competente...

Joe                              - (aggressivo) Merito del mio mestiere...

Sofia                           - Non co-comprendo...

Joe                              - Vostro figlio non ha detto a voi che cosa faccio in America... Ha fatto male.

Stefano                       - (impressionato) Non vorrete mica...

Joe                              - Perchè no? Io non mi vergogno. Ci vuole coraggio e sangue freddo. E anche non es­sere stupidi...

Stefano                       - Mah...

Joe                              - E se anche ogni tanto noi... We put on the spot... come si dice... facciamo la' pelle a qualcuno... sono sempre gente di galera, che è meglio morta che viva...

Sofia                           - (inorridita) Ma che dice quest'uomo, Stefano?

Joe                              - (beffardo) Non siete molto perspicaci, duchessa... Non è difficile capire...

Stefano                       - (furibondo) Ma...

Martha                        - (quasi contemporaneamente) Oh, uncle...

Sofia                           - Quella co-competenza... quella co-confessione... Cu-quell'arma... Sarebbe forse?!

Joe                              - (beffardo e aggressivo) Sì! Sarebbe!

Sofia                           - ... Un poliziotto?!

Joe                              - (che non se Vaspettava) What?

Stefano                       - (cogliendo la palla al balzo, dispera­tamente) Sì... mamma... Hai indovinato... E' un poliziotto!

Joe                              - (per parlare) ... But...

Stefano                       - (sottovoce) Tacete... Fatelo per Martha...

Joe                              - (fra i denti) Oh, Well!

Sofia                           - Un poliziotto...

Stefano                       - (rinfrancandosi via via) ... Sì, un famoso poliziotto... uno dei bracci destri della polizia di New York. Sai... Io non te lo avevo mai voluto dire perchè... perchè da noi i poli­ziotti sono tenuti... ma in America non è così... in America i poliziotti sono rispettati... (Invo­cando aiuto) Non è vero, Mister Mark?

Joe                              - (che ora ci si diverte) Sure!... Rispet-tatissimi...

Stefano                       - E mister Mark è...

Joe                              - Oh Well... io sono ancora più rispet­tato degli altri... Jto credo che anche il capo del­la polizia ha paura di me...

Sofia                           - (sbalordita) Eh?

Stefano                       - (subito) Mister Mark si esprime male... Vuol dire che anche gli alti gradi della polizia lo stimano...

Joe                              - Well... stimare è forse esagerato... ma certo mi considerano con attenzione...

Sofia                           - (sgelandosi) Ma tutto questo è mol­to interessante... Sicuro che far parte della po­lizia, laggiù... a co-contatto con quegli orribili gangsters... giacché immagino che vi sarete oc-cu-cupato anche di quei miserabili banditi...

Joe                              - (rassicurando Stefano che teme un suo scatto) Oh... Se devo dire la verità... Io ci vivo in mezzo ai gangsters... Se domandate in America, vi diranno che Joe Mark e i gang­sters sono un solo business.

Sofìa                           - Interessantissimo! (A Stefano) Hai avuto torto, figliolo mio, a non dirmi subito qual'era la vera professione del signor Mark. Nessun ridicolo pregiudizio potrà ombrare il piacere che ho di fare la sua conoscenza. Un funzionario di polizia non mi ha mai fatto im­pressione...

Joe                              - (serio) Neanche a me.

Sofia                           - E sono ben lieta di stringere la ma­no a un uomo co-coraggioso che non teme una vita di pericoli e di insidie. (Gli porge la mano).

Joe                              - (serrandogliela allegramente) Avete vi­sto, Stefano? AWs well that ends well... Tutto è bene quello che finisce bene, come dice il grande Bill!

Stefano                       - (che quella stretta di mano ha un po' irritato) Mister Mark può trattenersi solo po­che ore, altrimenti lo avrei invitato a cola­zione...

Sofia                           - Ne sono dolentissima. Saremmo sta­ti felici di avervi nostro ospite... tanto più che la vostra presenza qui ci avrebbe potuto essere assai utile...

Stefano                       - Ma non vedo in che modo...

Sofia                           - Figliolo mio, non sei molto pe-per-spica-cace, come dice il signor Mark. (A Joe) La vostra ca-cara nipote, signor Mark, vi avrà probabilmente già informato di ciò che pur­troppo è accaduto. Ebbene... se non foste stato obbligato a partire, vi avrei pregato di restare co-con noi.

Joe                              - (sorpreso, ma senza compromettersi) Oh...

Stefano                       - (subito) Ma poiché mister Mark deve partire...

Joe                              - (sereno) Potrei anche rimandare.

Sofia                           - (grata) Ci fareste co-co-cosa...

Martha                        - Oh sì... uncle... rimanda...

Stefano                       - Ma no.

Joe                              - (a Martha) Would you like it, siveetie?

Martha                        - (mettendo un braccio sotto al suo) Oh, l'd love it! Do stay, uncle!...

Stefano                       - . Io credo che...

Sofia                           - (imperiosa) Tu, fammi il piacere di stare zi-zitto. (Molto cortese a Joe) Ebbene, si­gnor Mark?

Joe                              - O. K., duchessa. Rimango.

Sofia                           - E vi occu-cuperete di questo orribile furto?

Joe                              - (che non ci pensava più) Come?

Sofia                           - Oh, non mi direte di no... Voi... uno dei più celebri segugi dell'America...

Joe                              - (riprendendosi) O già... Surol Uno dei più celebri... Well... intesi, duchessa... cerche­rò di capire qualche cosa di questo affare!

Sofia                           - (con slancio) Oh, grazie! Grazie!... Voi assicurerete il trionfo deiìa giustizia, ne so­no certa! (A Martha, molto cordiale) E grazie anche a voi, mia cara figliola...

Martha                        - (gradevolmente stupita dal tono) Oh, duchessa... Io non ne ho merito.

Sofia                           - (dolcemente) Lo ricu-cupereremo, il Murillo, lo dovremo all'abilità di un vostvo parente... Non lo dimenticherò, mia cara figlio­la... (A Joe) Permettetemi di far prevenire i miei familiari... (Va a suonare il campanello).

Martha                        - (a Joe) Quando penso che è la prima volta da che sono qui che mi chiama sua cara figliola! E' straordinario!

Joe                              - (divertito) E quando penso che io so­no venuto in Francia per fare il poliziotto... Questo è ancora più extraordinario!

Stefano                       - (si avvicina a loro; poi preoccupato dice a Joe) E ora, mister Mark... che cosa farete ?

Joe                              - (solenne) Non avete sentito? Assicure­rò il trionfo della giustizia. (Altro tono) Per una volta, sarà un diversivo!

Stefano                       - Non scherzate... Io sono preoccu­patissimo...

Joe                              - Non siate. In fondo, di deliquenti ho una certa pratica..!

Martha                        - (a Stefano) Tu non conosci uncle Joe, Stefano... Io sono certa che riuscirà...

Sofia                           - (che nel frattempo aveva parlato sotto­voce con Germano, accorso alla scampanellata, e gli aveva evidentemente detto di chiamare qualcuno, al che Germano aveva ubbidito) Credo sarà bene presentarvi a tutti. Ho detto a Germano di pregare tutti co-coloro che si trova­no di ca-casa di lavorile qui.

Joe                              - O. K., duchessa... Io non mi muovo.

Germano                     - (rientrando; annunciando) Il si­gnor duca Gontrano... (Spinto da Marictta Cla-vel, una donnina un po' troppo appariscente per essere una semplice lettrice, entra in una poltrona a rotelle il quasi nonagenario duca Gontrano di Sand eli e-T-,a fitte, incartapecorito, cereo, piuttosto rimbambito).

Stefano                       - (andandogli incontro) Nonno... sono tornato oggi... Come vi sentite?

Martha                        - (avvicinaìidoglisi con un grazioso in­chino) Buongiorno duca... (Tutti gli parlano con una sfumatura di venerazione).

Gontrano                    - (con voce tremolante, pronuncia impastoiata) Miei cari figlioli... (Verso Stefa­no) Non domandarlo a me come mi sento... do­mandalo alla signorina Glavel. Io non ne so niente. Anche quando mi pare di sentirmi be­ne, mi si dice che non è vero...

Marietta                      - (a Stefano) Il signor duca scherza.

Sofia                           - Calmatevi., ho una buona notizia da darvi, padre mio...

Gontrano                    - Una buona notizia?

Sofia                           - Sì... Salvo la vostra approvazione, padre mio, mi sono permessa di pregare il si­gnor Joe Mark, lo zio della nostra cara Martha, di rimanere nostro ospite. (Presentando) Il si­gnor Joe Mark, il duca Gontrano di Sandelle-Lafitte, visconte di Lysieux, marchese di Men-doza y Pereira, mio suocero.

Joe                              - (un po' stupito da tutti quei titoli, gli stende la mano) How do you do?

Gontrano                    - (prima di stringergliela, con una solennità che il suo rimbambimento rende lievemente grottesca) Signore, il marchese di La- fayette si meritò la stima di Luigi XVI con l'aver combattuto a fianco di Giorgio Washington per l'indipendenza dei vostro paese. Lasciate che io oggi, nello stringervi la mano, rinnovi i sentimenti di simpatia che hanno sempre legato la vecchia Francia alla giovane America. (E finalmente gli serra la mano).

Joe                              - (interdetto) Oh.... (Rapido a Stefano che gli è accanto) Devo fare uno. speech anche io? (Stefano gli fa cenno di no. Allora se la cava con un You're awfully kind... (E passan­do accanto a Martha le chiede sorridendo) E' ] sempre così solenne?...

Sofia                           - (al suocero) Il signor Mark, padre j mio, è un celebre poliziotto americano ed ha promesso di occucuparsi del Murillo.

Gontrano                    - (scattando come può) Il Murillo... sempre il Murillo. Tutti parlate di questo Murillo... Tutti... il Murillo... (Marictta si occupa di culinario).

Sofia                           - (spiega a Joe) La signorina Clavel è qui in funzione di sua infermiera e il duca non 1 subisce altra influenza che la sua.

Ruggero                      - (entrando; il notaio di gran casa, vecchio francese, un grande portafoglio sotto il braccio) Mi avete fatto chiamare, duchessa? (Saluti circolari confusi).

Sofia                           - Sì, mio buon amico. Permettetemi, 1 signor Mark, di pre-presentarvi un nostro lon­tano cugino, il signor Ruggero d'Arment, dei Baroni di Sandelle, cavaliere della Legion d'O­nore, notaio della nostra famiglia.

Joe                              - Hoiv do you do? (Gli porge la mano).

Ruggero                      - Sono dolente di non parlare la lingua d'Albione e di non potervi così dare un benvenuto che udito nella vostra favella vi sarebbe riuscito certo più cordiale. (Stretta di mano).

Joe                              - (piano a Martha) Ma come parlano bene in questa famiglia!

Sofia                           - (a Ruggero) Sarete interessato nell'apprendere che il signor Mark, oltre all'essere l'amato zio della nostra cara Martha, è un asso della polizia ta-transoceanica. (Anna Maria è entrata con Giuliano a queste parole).

Ruggero                      - Tanto meglio. Potrà così portare luce sulla faccenda che tanto ci preoccupa.

Anna Maria                 - Sono molto lieta anch'io di conoscere il signor Mark.

Sofia                           - (presentandola) La contessa Anna Maria de Villiers-Vavin, duchessa di Sandelle Lafitle, mia figlia.

Joe                              - IJoiv do you do?

Sofia                           - (presentando) Il marchese Giuliano De Escojido y Pereira, un nostro parente.

JOE                             - How do you do?... C'è altro?

Sofia                           - (sorridendo) Le presentazioni erano necessarie per facilitare il vostro co-compito. In ogni modo ecco Germano Dubois, nostro mag­giordomo...

Joe                              - Ha una faccia che non ini piace.

Sofia                           - Oh! E' in casa nostra da più di te-trent'anni.

Joe                              - (freddo) Questo non significa niente.

Sofia                           - (interdetta) Ma...

Joe                              - (autoritario) Germano può andare. (Germano, sbigottito, si inchina ed esce).

Ruggero                      - (ammirato) Che acutezza di os­servazione! Infatti, poiché, come forse sapre­te, tutto era chiuso dall'interno quando fu sco­perta la cosa, sospettare dei domestici, è piena­mente giustificato.

Joe                              - Allora è pienamente giustificato sospet­tare anche di tutti quelli che erano in questa casa.

Ruggero                      - (che ci rimane male) E' giusto. Ma...

Joe                              - I « ma.» verranno in un secondo tem­po. Per ora, I beg you pardon... Io dovrei so­spettare di tutti.

Gontrvno                    - (molto scosso) E' inconcepibile. Tutto questo è inconcepibile... Io non voglio... io non voglio... io non...

Stefano                       - (seccato) Potreste usare dei ri­guardi per questo vegliardo, mister Mark.

Joe                              - Sorry... (Si dirige verso Gontrano molto serio) Duca, in nome della stima che Luigi XVI ebbe pel generale Lafayette, io pre­go voi di scusare me. (A Stefano) Va bene cosi? (La leggera incertezza di tutti è rotta da Ger­mano che rientra).

Germano                     - (sulla soglia) La signora duches­sa è servita.

Giuliano                      - (sottovoce, rapido, a Marietta Cla. vel, senza nessun accento s]mgnuolo) Allora stanotte è inutile aspettarmi, con questo secca­tore per casa.

Marietta                      - (idem) Oh... e finche si trat­tiene?...

Giuliano                      - (idem) Lascia fare a me. In caso, un bigliettino al solito posto. (Marietta ha un cenno di assenso).

Sofia                           - Volete darmi il braccio, signor Mark?

Joe                              - Oh! Sorry... Io ho già fatto il lunch per strada, mentre venivo qui in macchina... But, don't bother about me... non occupate di me... io rimango qui, a pensare un poco, solo...

Sofia                           - (con un sorriso d'intelligenza) Vo­lete impa-pratichirvi del luogo... co-comprendo.

Joe                              - That's right... Io chiedo solo a voi il permesso di far venire qui un momento i miei aiutanti segretari.

Sofia                           - Ve ne prego. Fate co-come foste in ca-casa vostra. (Tutti si avviano; innanzi a tutti, spinto nella sua poltrona da Marietta, il du­ca Gontrano) Il vostro braccio, D'Arment... (Mentre escono) Che ve ne pare, amico mio? Non vi nego che avrei pe-preferito uno zio che facesse cu-qualcosaltro. Ma poiché può esserci utile...

Ruggero                      - (incamminandosi) Interessantis­simo. Oh Dio, forse dire addirittura che sospet­ta di tutti noi è un po'... (Escono).

Anna Maria                 - (che dà il braccio a Giuliano, av­vicinandosi) Uno zio poliziotto... non è buf­fa la cosa?

Giuliano                      - (idem) Purché non sorvegli la notte nuestros cuartos, querida... (Escono).

Martha                        - (che non ne può più) Oh IJncle, you're wonderful!

Joe                              - Oh, I don't know honey... però... io penso che se veramente tutto era chiuso di den­tro, chi lia rubalo doveva essere in casa.

Stefano                       - (scattando) Ma quello che dite è indegno, signor Mark, indegno come la parte che recitate davanti a mia madre e a mio non­no. Per essere sincero, devo dirvi che la vostra condotta non mi piace.

Joe                              - (sereno) Per essere sincero, dovevate dire la verità a vostra madre. Siete voi che ave­te pregato me di non contraddire voi.

Stefano                       - (che non vuol darsi per vinto) Ma dire che sospettale di tutti coloro che erano in casa...

Joe                              - Perchè riscaldate voi così? Voi non eravate in casa...

Stefano                       - Oh! Audiamo, Martha. (La pren­de sotto braccio e la trascina via).

Martha                        - Good luck Uncle. (Via).

Joe                              - By by, siveetie! (Rimane solo. Chiu­de colla chiave la porta dalla quale sono usciti gli altri. Si guarda attorno) Oh, that's fun-ny! (Ride. Va rapido alla parete dove è il Mu-rillo, alza la tenda... guarda; va alla vetrata in fondo, l'apre, si sporge e urla) Tally Oh... Oh-Ah! (Dopo un attimo Larry, Sajnmy e Billy, tre facce tipiche di gangsters, si affacciano alla ve­trata) Oome in, boys... I ani « Chez moi ». (/ tre si guardano in giro e commentano con dei « Gee, boss! » ammirativi seguiti da mezze ri­sate e da gran manate sulle spalle. Joe le inter­rompe con un energico) Now listen! (Li rag­gruppa e parla a voce bassissima con pochi e secchi gesti) And that's ali. Go.

Larry, Sammy, Billy (uno dopo l'altro, sa-lutaìido con una specie di saluto militare e spa­rendo uno dopo l'altro) O. K. Boss! (Via).

Joe                              - (resta solo ancora una volta, piazza una poltrona dirimpetto al Murillo, pone i piedi su di un tavolo, accende un grosso sigaro e mentre tira le prime enormi boccate) cala rapida la tela).

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

La stessa scena del primo atto, due giorni do. pò. Allo alzarsi della tela, Joe, accanto alla ve­trata che dà sul giardino, sta parlando con uno dei suoi uomini, ogni tanto si guarda in giro per vedere se è o no osservato. Non si odono le parole : i gesti sono pochi e rapidi. Alla fine l'uo­mo fa il solito cenno di saluto e sparisce. Joe si avanza, allora, con aria soddisfatta, e si ver­sa un grande bicchiere di whisky e soda. Men­tre sta per berlo entra Martha.

Martha                        - Oh Uncle... I did not know you were here.

Joe                              - (gaio) Non parla inglese, lioney... E' maledettamente noioso per me, ma ho grande necessità di parlare... come si dice... fluido. In ispecie oggi.

Martha                        - Perchè oggi?

Joe                              - Perchè sì. Perchè questi tre giorni pas­sati dedicati a ricerche. Oasi dedicato interro­gatorio.

Martha                        - Non vuoi dire che farai subire un interrogatorio a tutti quelli di casa?

Joe                              - Voglio dire sì.

Martha                        - (in apprensione)         - Uncle Joe, ho paura.

Joe                              - (sereno) Wliy? Sono io che faccio in­terrogatorio agli altri. Io capisco tu aver paura se altri facessero a me.

Martha                        - (incerta) Non so... Tutto va così bene dall'altro ieri. La duchessa Sofia mi chiama sua cara figliola e ieri ha voluto ch« l'accompagnassi in una visita a Deau-ville... Anna Maria mi ha invitato sta­mattina sul cutter del conte di Clamor. Stefano è più trancniillo... Tutti sono gentili e cordiali... non vorrei che tu sciupassi tutto, Uncle.

oe                                - Io? Come? Io ho intenzione, oggi di chiarificare molle cose, invece.

Martha                        - E' di questo che ho paura.

Joe                              - Io non sono qui come poliziot­to? E un poliziotto devo essere. Martha        - Credi davvero di riuscire a scoprire qualche cosa?

Joe                              - Oh sure! E tu vuoi sapere perche? Proprio perchè io non sono un vero poliziotto, lo non estimo nessuno! qui, meno te e il vecchio matto Duca.

Martha                        - E Stefano, uncle?

Joe                              - Oh sì... e Stefano... Specialmeno te perchè quando hanno rubato lui! non era qui. Ma tutti gli altri erano. Quel mister Champol che io ho parlato con, ieri... Nice felloiv... Buono diavolo... ma lui estima tutti... «Il vec­chio Germano? ». « Oh, sopra ogni sospetto »... Il piccolo spagnuolo con aria di Gìgolo? (Lo pronuncia «Gigolò» con l'accento  sulla i ») « Oh, signor marchese è al disopra »...! Wall, i say... Se tutti sono al disopra chi è il di sotto di questo affare? Per me, invece, tutti! sono sotto il sospetto; allora è più facile. Perché io non ho... How do you say? Oh sì... io non ho pregiudizi. Forse non ho pregiudizi perchè! sono pregiudicato io! (Ride). Oh, tu vedi... Ho! fatto tanta pratica della lingua che so anche fare dei jokes!

Martha                        - E io ti dico che ho paura... Che cosa succederà? Se tu scopri qualcuno che è colpevole?

Joe                              - Well!... Mister Champol farà arrestare.

Martha                        - E tu?

Joe                              - Oh, io... Io tornerò in America col primo steam-ship... Testificare in Corte di Giùstizia non desidero.

Martha                        -  E se chi ha rubato è uno di loro? Tu credi che perdoneranno a me lo scandalo che tu hai fatto scoppiare?

Joe                              - (colpito) Oh, I didn't think oj it!... Io non avevo pensato... (Pausetta) O. K... Nessuno sarà arrestato. Del resto, io preferisco; non mi piaceva mandare io in prigione un ladro, questione di solidarietà.

Martha                        - (sollevata) That's hetter, Uncle. E' meglio che Champol non c'entri.

Joe                              - Oh, ma un poco deve entrare. Io ho chiesto a lui qualche informazione su qualcheduno.

Martha                        - (sorpresa) E lui te le ha date?

Joe                              - No, ma mi darà. Ha molta estima per me. (Ride) Anch'io per lui, sono un uomo al disopra. Vedi che non c'è da fidarsi.

Martha                        - E su chi hai chiesto informazioni ? Su Germano?

Joe                              - No. Su piccolo spagnuolo con aria di Gigolò. Forse è perchè io personalmente dopo il brutto scherzo che mi ha fatto in America quella canaglia di Jimmy Gómez, ho una que­stione con spagnoli. Ma quello piccolo uomo ne­ro non mi piace. (Altro tono) Su Germano no, non ho necessità di informazioni. Big Larry mi ha già procurato con abbondanza. Vecchio Ger­mano ha un conto al Crédit Lyonnais di 320 mi­la franchi. Non sono un poco molti per un ca­meriere solo?

Martha                        - Trecento ventimila?

Joe                              - Yeah! E perchè la contessa Anna Ma­ria, tua cognata, è stata sette giorni fa da un antiquario di Rouen?

Martha                        - Anna Maria? Ifs dreadful!

Joe                              - Ti avevo detto oggi giornata d'inter­rogatorio.

Ruggero                      - (entrando) Un interrogatorio? Di chi?

Joe                              - Never mind, mio caro notaio. Espli­cavo a Martha che oggi io sarei very busy... molto affarato.

Ruggero                      - E' a me che dovrete fare l'inter­rogatorio? Mi dorrebbe entrare con voi in altri rapporti che non fossero quelli del buon amico e del piacevole conversatore. (A Martha) Vo­stro zio, mia cara duchessina, ha una conver­sazione interessantissima. Mi ha delucidati al­cuni punti oscuri del Codice americano, con una chiarezza e una finezza... e per di più mi ha additato con rara perspicacia i difetti della legge americana. C'è in. lui la stoffa del giure­consulto. (A Joe) Se la polizia americana ha tutti uomini come voi, la questione del contrab­bando sarà presto risolta.

Joe                              - Io non credo.

Ruggero                      - Siete così pessimista?

Joe                              - No... ma è che ci sono troppi uomini come me che non fanno parte della polizia ame­ricana.

Ruggero                      - (a Martha) E' piacevolissimo con la sua franchezza oltreoceanica.

Joe                              - Io ho bisogno da voi di qualche infor­mazione di carattere intimo. Voi, come notaio della famiglia, mi potrete dare.

Ruggero                      - Sono a vostra completa disposi­zione, mister Mark. La vostra inchiesta è dun­que progredita?

Joe                              - Io credo sì. Voi siete un uomo di leg­ge e potete capire. Io ho ferma convinzione che il furto è partito di qui.

Ruggero                      - Già... le finestre e le porte chiu­se dall'interno... tuttavia...

Joe                              - No. Non è questo soltanto. Io chiedo a me perchè Mosé di Murillo e non altro. C'è tanto da rubare qui. Io me ne intendo. Invece solo Mosé di Murillo. Qualunque ladro avrebbe rubato quello e altro ancora. Forse altro e non quello per difficoltà di vendere quello. No. Ha rubato un dilettante. Questo io sono sicuro. Un dilettante che sapeva abitudini di casa e' expecialmente sapeva che tutte le azioni di ricerca sarebbero deboli, perchè saipeva quello che Mo­sé di Murillo è per famiglia Sandelle-Lafitte.

Ruggero                      - (interessato) Logicissimo. Ma in­tanto il prezioso dipinto chissà dov'è?

Joe                              - • Se non è ancora qui... è in America.

Ruggero                      - In America? Voi credete?

Joe                              - I ladri francesi vanno in Belgio. Le cose rubate vanno in America. Ho già fatto un cablogramma l'altro ieri per farmi certo. Ma forse il quadro è ancora qui.

Martha                        - Oh Uncle... Tu credi?

Joe                              - Se è stato rubato da qualcuno che era qui... nessuno si è ancora mosso di qui e nessu­no ha spedito pacchi.

Ruggero                      - E' una preghiera che mi sono permesso di consigliare io alla duchessa... Non che io sospettassi... ma...

Joe                              - Avete fatto benissimo. Allora, mister D'Arment, volete che parliamo un poco?

Ruggero                      - Molto volentieri, mister Mark. Volete passare nello studio?

Joe                              - Sì. Saremo meno disturbati. JBy by, Honey. (Il notaio si inchina a Martha ed esco­no entrambi).

Martha                        - (si siede in una poltrona e sfoglia una rivista. Un silenzio).

Giuliano                      - (entra. Non si accorge di Martha, nascosta dallo schienale della poltrona. Va allo scrittoio e scrive poche righe in fretta. Soltan­to quando ha finito ed ha nascosto il biglietto sotto uno dei gYandi vasi cinesi che sono sul ca­minetto, voltandosi vede Martha) Oh duches­sa... descùlpeme, non vi avevo visto.

Martha                        - (che sembra accorgersi soltanto al­lora di lui) Oh, marchese... mi avete fatto paura...

Giuliano                      - Estoy un tijpo così spaventevole?

Martha                        - Questo da noi si dice: fishing for compliments... Pescare complimenti...

Giuliano                      - No... no... so che in quel bel la­go hay divieto di pesca.

Martha                        - (graziosamente) E poi... voi avete già la vostra riserva.

Giuliano                      - Questo es una malignità...

Martha                        - Non vi difendete. Spero che ab­biate capito che io non parlo e non parlerò.

Giuliano                      - (con intenzione) Non osavo pregarvene. Ma poiché siete così buona... Non di­te nada... Però: nada de nada... giurate?

Martha                        - (che pare sincerissima) Giuro: nada de nada! Intesi.

Giuliano                      - (molto lieto) A mas tarde, du­chessa! (Esce).

Martha                        - (lo segue con lo sguardo, fra se) Nada de nada... Però leggere sì. (Si avvicina al vaso, ne ritira il biglietto, lo legge mormoran­do) Oh questo è un poco più di un flirt...

JOE                             - (rientrando col notaio) I thank you so jnuch, mister D'Arment... Vi ringrazio moltis­simo.

Ruggero                      - In tutto ciò che può essere utile ai miei buoni amici sono lietissimo di... e poi siamo quasi parenti, non so se sappiate...

Joe                              - (che è soprapensiero) Io credo sì.

Ruggero                      - Una mia zia materna era cugina della moglie del fratello del...

Joe                              - Oh, io non capisco niente di parole in­crociate. In ogni modo, grazie, mister D'Àr­ment.

Ruggero                      - Io salgo in camera mia a scrivere qualche lettera... Con permesso (Esce).

Martha                        - Hai saputo qualche cosa?

Joe                              - Moltissimo. Prima fra tutte che Anna Maria non ha un soldo, all'infuori di ciò che il suo ex marito passa a lei per legge.

Martha                        - Allora tu credi...

Joe                              - I don't knoxv... a me sta sullo stomaco il piccolo spagnuolo con aria di Gigolò.

Martha                        - Oh, that reminds me... Look... (Gli porge il bigliettino) Il piccolo spagnuolo...

Joe                              - (prima di leggerlo) Where?

Martha                        - (indica il vaso) Là.

Joe                              - To whom?

Martha                        - Credo Anna Maria. Anche lui ha lasciato capire... Ma mi ha fatto giurare di non dire niente. Nada de nada.

Joe                              - E tu?

Martha                        - (furbesca) Io ho giurato. Ma in spagnuolo. E io non capisco lo spagnuolo.

Joe                              - (ammirativo) Gee, what a gal! (Leg­ge) « Stanotte verrò su da te, se quel cretino color carota me lo permetterà. G. ». (Parlato) lì cretino color carota sono io; G... Giuliano... è lui. Ma da chi vuole andare su?

Martha                        - Non è difficile indovinare.

Joe                              - (annuisce vagamente, poi) Perchè scri­ve? Non può parlare?

Martha                        - Prudenza, forse.

Joe                              - E perchè scrive così bene? Non man­ca un accento. L'ortografia è perfetta. Scrive meglio di come parla... That's funny!

Anna Maria                 - (entrando) Oh, Martha... la mamma ti cercava... Voleva che tu l'aiutassi a preparare le tartine per il tè.

Martha                        - (sorpresa) Io?

Anna Maria                 - (gaia) Mah! Dice che per voi americani il tè è una religione e che perciò è sicura che tu...

Martha                        - - Oh, well... volontieri... excuse me, uncle... (Sottovoce, felice a Joe) Anche le tarti­ne per il tè... è commovente.

Joe                              - (sereno) Non commuoverti troppo... E' suo interesse.... Mangia anche lei e lavora meno... (Forte) By by, sweetie... (Martha esce).

Anna Maria                 (per andare) Vi lascio anch'io, mister Mark, irlo da...

Joe                              - Oh, wait a minute, pleasel Uno minu­to. Volevo domandare a voi una cosa.

Anna Maria                 - A me? (Joe annuisce. Allora lei, irrigidendosi un pochino, ma con tono scher­zoso) Devo giurare di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità?

Joe                              - (stando allo scherzo) Oh no. Io ho co­nosciuto un giudice che quando una donna do­veva testificare in giudizio diceva: « Giurate di fare il possibile di dire la verità ».

Anna Maria                 - (ride) Ah! Questa è un'im­pertinenza.

Joe                              - (con ironica deferenza) Oh, ma quello giudice diceva così con donne americane. Non avrebbe detto con donne europee. Io so donne europee molto sincere e donne francesi più sin­cere di tutte. Perciò io chiedo a voi una cosa... (Con tutt'altro tono, improvvisamente) Chi è il marchese Giuliano D'Escojido?

Anna Maria                 - (ita un attimo di sorpresa ma si domina subito) Un nostro lontano parente... del ramo spagnuolo.

Joe                              - Dove avete conosciuto?

Anna Maria                 - A Parlai, per combinazione.

Joe                              - Parigi è molto grande.

Anna Maria                 - (imbarazzato) Mio Dio, non ricordo neppure bene... A una festa credo...

Joe                              - A Parigi danno molte feste.

Anna Maria                 - (scattando) Ma insomma non volete mica dire che...

Joe                              - Siete voi che non volete dire. Io dico delle cose molto semplici. Parisi non è grande? A Parigi non danno molte feste?

Anna Maria                 - (ripigliando contegno) Appun-to. Nulla di più logico, dunque, di avere incon-trato in una di quelle feste il marchese.

Joe                              - (annuendo) Il marchese è molto sim­patico... Uno lontano parente... Cordialità si rinforza con parentela...

Anna Maria                 - (che crede la cosa accomodata) Perfettamente.

Joe                              - (seguitando) Diventa amicizia.

Anna Maria                 - Perfettamente.

Joe                              - (c. s.) Intimità...

Anna Maria                 - Perfettamente.

Joe                              - (concludendo) ... E amore.

Anna Maria                 - (sobbalzando) Cosa?

Joe                              - (molto sereno) Il marchese Giuliano non è il vostro amante?

Anna Maria                 - (indignata) Ma voi siete paz­zo... oppure il regime secco vi ha spinto a qual­che abuso...

Joe                              - Oh no! Whisky è così cattivo in Francia... In America abbiamo più migliore... (Al­tro tono) Allora questo Giuliano non è vostro amante?

Anna Maria                 - Voi mi insultate, signor Mark. E ricordatevi che siete ospite della mia fami­glia...

Joe                              - I beg you pardon... Domando a voi perdono. Io non sono pratico di vostro linguag­gio.

Anna Maria                 - Non fino a non sapere che co­sa significa, amante.

Joe                              - That's right... perdonate la mia rudità. No... mia rudezza. (Esageratamente avvilito) Oh sì... I am sorry... do excuse me... Dovevo immaginare. Voi siete una donna dì classe. Voi non potete essere amante di quel piccolo uomo con aria di Gigolò.

Anna Maria                 - (ribellandosi) Ora offendete un mio parente.

Joe                              - (fingendosi confuso) Oh io non so oiù che cosa dico... E poi... la vostra camera non è al primo piano?

Anna Maria                 - Sì, ma che c'entra questo?

Joe                              - E anche questo marchese ha la camera al primo piano non è vero?

Anna Maria                 - Ma che cosa significa tutto ciò ?

Joe                              - (che pare veramente contrito) Signifi­ca che io dovevo pensare! « Io verrò su da te ». Non siete voi...

Anna Maria                 - Ma che dite ?

Joe                              - (senza darle retta) Prego, ditemi sola­mente chi abita al secondo piano.

Anna Maria                 - (interdetta) Ma non saprei... Il notaio D'Arment... la signorina Clavel...

Joe                              - (con un grido di trionfo) Oh! Sìptio-rina Clavel... Sure! Dovevo ensare! Allora è lei!

Anna Maria                 - Che cosa, è lei?

Joe                              - L'amante di questo marchese.

Anna Maria                 - (reprime un sorriso) $e siete convinto che il marchese Giuliano abbia davve­ro un'amante qui dentro... può anche darsi che aia lei...

Joe                              - Io sono sicuro. Ho trovato una lettera.

Anna Maria                 - (drizzando le orecchie) Una lettera?

Joe                              - Sì... e come io ho detto contessa Anna Maria è la sola donna che merita attenzione, io ho creduto per voi... Invece era per quella pic­cola inutile Clavel.

Anna Maria                 - Ma quale lettera?

Joe                              - Questa. (E gliela porge indifferente).

Anna Maria                 - (l'afferra, la scorre e la scuote) Oh, canaglia! E io che... (Ma vede gli occhi ironici di Joe e nasconde il viso vinta. Una pic­cola pausa).

Joe                              - (paterno) Quello giudice americano aveva torto. A tutte le donne è possibile dire la verità. Basta che esse non pensino a quello che dicono.

Anna (Maria               - (tentando di negare) Io vi giuro...

Joe                              - (facendole cenno di tacere) Tut tut! Le donne francesi sono le più sincere d'Euroipa. (Gaio) E poi a me non importa niente. Voi non siete mia figlia o mia moglie.

Anna Maria                 - (spiegazzando il foglio) Ca­naglia! Canaglia!

Joe                              - (convinto) Sì... (Altro tono) Sono di­spiaciuto di avervi dato un dispiacere. Se voi aveste detto subito sì, io non avrei usato la let­tera. Ma forse è meglio che avete saputo. Quel­lo piccolo spagnuolo non merita voi. Non si in­ganna una donna come voi. E poi perchè? Per­chè ingannarvi? Perchè fare credere a voi che egli vi ama?

Anna Maria                 - (ancora rabbiosa) Perchè? Per ottenere... so io che cosa!

Joe                              - (subito) Io avevo detto che aveva aria di Gigolò.

Anna Maria                 - (irosa) Sì sì, avete ragione... un gigolò! Niente altro che un gigolò! E io l'ho portato in casa mia...

Joe                              - Well... un lontano oarente!

Anna Maria                 - (scettica) Chissà se lo è dav­vero... Mille volte ne ho dubitato... Ma ero cie­ca... accecata. (Piange).

Joe                              - (che pur fingendo il conforto, non perde una parola) E pagavate i suoi debiti...

Anna Maria                 - (e. s.) Giocava,.'., perdeva....

Joe                              - E voi pagavate... E se non avevate... andavate a Rouen da un antiquario...

Anna Maria                 - (c. s.) La mia collana di ame­tiste... (Si interrompe) Ma voi come sapete?

Joe                              - (severo) Io so!...

Anna Maria                 - (sobbalzando) Ma non sospettate mica di me! No! No! Sono incapace...

Joe                              - (quietandola) Ora so anche questo. Sono molto contento, Anna Maria... Permettete che io vi chiami così? Sono molto contento. Sì. Io so che non avete detto bugia. Sento da tono. And the necklace... E la collana... (La tira fuo­ri di tasca. Anna Maria fa per prenderla. Dol­cemente) Oh, be quiet now... Siate tranquilla. Io sono vostro amico. E Martha è una sorella. (Con altro tono) Ma il piccolo spagnuolo con aria di gigolò... lui non è mio amico. Siate tran­quilla. Ho chiesto a Chamnol informazioni su lui. Credo saranno curiose. Ma non parlate voi con lui. You promise me? Promettete?

Anna Maria                 - (con riconoscenza) Sì, mister Mark.

Germano                     - (entrando) Il tè è servito, signo­ra contessa.

Anna Maria                 - (rimettendosi) Vengo. Mister Mark, mi date il braccio?

Joe                              - Excuse me... Io ho ancora qualche co­sa da fare. Good bye, Anna Maria... (Anna Ma­ria esce. Germano fa per seguirla) Oh, Ger­mano...

Germano                     - Signore?

Joe                              - Ho bisogno di una informazione, sì?

Germano                     - Sono agli ordini del signore.

Joe                              - Grazie, vecchio uomo... (Fra se) E ora vediamo questo altro. (Forte) Well, Germano... Voi siete un uomo... (Lo guarda meglio) Voi siete ancora un uomo. E credo voi anche non completamente stupido. Dunque non fate per­dere a me tempo. Io non sono un detective qua­lunque come mister Champol. Sono un poco uno parente. Se avete qualche cosa da confessa­re, confessate.

Germano                     - (offeso e dignitoso) Io sono in questa casa da trentadue anni, signor Mark, e...

Joe                              - i Sì, questo io so. Ma questo non vuole dire niente. Quando si trova uno buono posto... e si è bene pagati...

Germano                     - (aria di superiorità) No, signor Mark. Non si tratta di ciò. Lungi da me l'idea eli lagnarmene, ma il mio salario è di soli quat­trocento franchi il mese. Mentre oso dire che la mia lunga pratica e la mia esperienza mi no-trebbero...

Joe                              - (interrompendolo) Con le mance fac­ciamo cinquecento il mese, sì?

Germano                     - (con un sorriso «uasi di compas­sione) Sia pure. Ma come avevo l'onore di di­re poc'anzi...

Joe                              - (rapidamente) Cinquecento il mese... seimila all'anno... per trentadue... 192 mila... Sì.

Germano                     - Se ai duchi di Sandelle-Lafitte non mi legassero vincoli di affezione e di...

Joe                              - (brusco) Di dove vengono gli altri 128 mila?

Germano                     - Come?

Joe                              - (veloce, secco) In 32 anni avete guada­gnato 192 mila franchi, ne avete alCrédit Lyon-nays 320 mila. Anche ammetto che avete rispar­miato tutto vostro guadagno. Ma un po' diffi­cile. Di dove vengono i 128 mila in più?

Germano                     - (che cambia tono, un po' preoccu­pato) E' stata dunque fatta un'inchiesta?

Joe                              - E' stata. Di dove vengono i 128 mila in più?

Germano                     - (tentando di reagire) Ma io non credo di essere tenuto...

Joe                              - (impassibile) Sì, siete tenuto. (Più e-nergico) Di dove vengono i 128 mila in più?

Germano                     - (muta tattica, si fa umile e striscian­te) Ebbene, signor Mark, noichè vi sono co­stretto... Mi spiegherò... E' molto semplice... Io ho, per così dire... le redini della casa... So­no un poco l'intendente oltre il maggiordomo... Allora, non è vero? Lei sa come si fa e...

Joe                              - (tranquillo) Voi dite allora che le ave­te rubate?

Germano                     - (urtato) Oh, rubare è una paro­la grossa, signor Mark.

Joe                              - (stesso tono) E 320 mila franchi sono una somma grossa, signor Germano.

 Germano                    - Ho approfittato, ecco! Diremo che ho approfittato della fiducia che era stata I riposta in me. Va bene?

Joe                              - Sì. Kipling, che è un grande scrittore inglese, ha detto : « Se un sciacallo confessa di essere grigio, come deve essere nero quel sciacallo! ».

Germano                     - Non capisco...

Joe                              - Vuol dire: se uno confessa di aver rubato 320 mila franchi, è segno che ha qualche! altra cosa più grossa sul suo stomaco.

Germano                     - (scosso) Signor Mark, tutti hanno fiducia in me in questa casa...

Joe                              - Questo è stupido. Prima di tutto abbiamo stabilito proprio adesso che essi facevano male ad averla. E poi voi siete proprio sicu­ro che tutti hanno fiducia?

Germano                     - (drizzando le orecchie) Come?

Joe                              - Voi siete sicuro che ho fatto ricerche' sul vostro conto di mia volontà?

Germano                     - (c. s.) Ah?

Joe                              - And if somebody... se qualchiduno miì avesse consigliato?

Germano                     - (meno sicuro) Non saprei davvero chi... L'andamento della casa è tenuto dalla  signora duchessa Sofia... Ed ella no, non può! certo...

Joe                              - Perchè non può? Voi dite non può.

Germano                     - (frenando male uno scatto) E'I stata la signora duchessa? Proprio la signora duchessa ?

Joe                              - (molto sicuro di se) Sì. Mi ha detto lei. Mi ha detto molte cose.

Germano                     - (rabbioso) Ah, le ha detto molte! cose...

Joe                              - (tranquillo) Moltissimo. (Compassionevole) Povero Germano!

Germano                     - (che non ne può più) E le ha! detto anche...

Joe                              - (con voce improvvisamente rude) Stoplm

Germano                     - (alzando anche lui la voce) Lei ha detto anche che io...

Joe                              - (più forte) Stop! Voi state per fare unat cattiva cosa...

Germano                     - (che ormai si rivela quello che è;j un servo volgare e avido) E che me ne importa? Imparerà... Lo voglio gridare anche sui tetti che io...

Sofia                           - (entrando) Ma che c'è... Che co-cosa acca-cade ?

Germano                     - (brutale) C'è, signora duchessa, che a me non importa nulla del suo Murillo...E che non voglio per un pezzo di tela dipinta passare per un ladro...

Sofia                           - (molto altera a Germano) Se il signor Mark...

Germano                     - Il signor Mark non c'entra. Lui fa il suo dovere... Ma che lei, signora duchessa,! proprio lei, debba insinuare che io...

Sofia                           - Io? (E' quasi spaventata) Signor Mark, ve ne prego, dite voi a Germano che io ho sempre...

Joe                              - (che ha osservato finora molto attenta­mente la scena) Well, Germano... Non bada­te voi a quello ohe io ho detto...

Germano                     - (interdetto) Come?

Joe                              - La signora duchessa è molto affezio­nata a voi, Germano. E seguita ad avere molta fiducia in voi, Germano. Ha torto, ma così fa­rà. Anch'io adesso ho fiducia... I meati... non bisogna exagerare... Ma credo veramente che il Murillo sia una cosa troppo lontana da voi.

Germano                     - (sollevato) Ah! (Si fa subito umi­le) Io la ringrazio, signor Mark.

Joe                              - Non è un complimento. Io credo che per rubare una cosa di quello genere ci vuole uno poco di intelligenza e molto sangue freddo. E voi non avete una cosa e neanche altra. (Pausa).

Germano                     - (irrigendosi) La signora duches­sa ha ancora bisogno di me?

Sofia                           - No. Andate pure, Germano. (Ger­mano si inchina a lei, butta uno sguardo di non profonda amicizia a Joe ed esce. Allora Sofia dice a Joe) Vi avevo ben detto che cu-quel vec­chio domestico era in-insospettabile...

Joe                              - (dopo avere annuito con un mugolìo) Ma io ho voluto essere certo per mio conto.

Sofia                           - (che vuol sapere di più) Ho sentito che... che aveva alzato la voce...

Joe                              - (ermetico) Oh avete, sì?

Sofia                           - Già... non volevo che... che vi man­ca-casse di rispetto.

Joe                              - You're awfully hind... Ma non ci sono molta gente che si permette di mancare a me di rispetto.

Sofia                           - (c. s.) Si sa... Il vecchio Germano è un po' viziato... E forse nel sentirsi so-sospetta-to avrà... (Joe tace) avrà forse detto cu-qualche cosa...

Joe                              - (ermetico) Oh, io non dò importanza a quello che dice un servo.

Sofia                           - Avete tutte le ragioni. (E' sollevata).

Joe                              - Soltanto io consiglio a voi una cosa: Dismiss him.

Sofia                           - Eh?

Joe                              - • Dismiss him... Discharge him... Sack him, vhat?... Licenziatelo.

Sofia                           - (troppo presto) Ah, no...

Joe                              - Io vi dico sì. Germano è un vecchio volpe. Ma è anche un vecchio topo che, come silice? Oh sì... che rosica... Ha già rosicato.

Sofia                           - Non ca-capisco.

Joe                              - Mangia. Questo capite? Ha già man­giato più di trecentomila franchi. Ha un conto così in un Banco.

Sofia                           - (che non gli vuole dare retta) Rispar­mi forse.

Joe                              - No. Mangiamenti. Mi ha detto lui... Io vi dico mandatelo via.

 Sofia                          - (seccata dall'insistenza) E io vi dico di no.

Joe                              - (ammirativo) Oh! (Riflette, ricollega mentalmente due o tre punti strani, poi con aria misteriosa e profonda) Anche se tutto quello denaro gli avete dato voi...

Sofia                           - I... io?

Joe                              - (senza scomporsi, stesso tono) Mi ha detto lui.

Sofia                           - Germano?

Joe                              - > Per forza. Lui non voleva. Ma io ho costringi ato.

Sofia                           - (abbattuta) Oh! (Un silenzio) Allo­ra... voi non ignorate niente?

Joe                              - Niente.

Sofia                           - (umiliata, turbatissima) Signor Mark... io mi raccomando a voi... Vi sco-scon-giuro. Co-come gentiluomo e co-come amico. Sì, co-come amico. Promettetemi di non farne pa­rola, con nessuno di cu-quanto vi ha rivelato co-colui.

Joe                              - Questo io posso promettere facilmente.

Sofia                           - E' da ventisette anni, signor Mark, che io subisco... ventisette anni...-Forse fu-fui troppo debole allora... Ma te-temetti le co-con­seguenze di uno sca-candalo... Che sapesse mio marito dapprima... poi, dopo la sua morte... mio suocero... i. miei figlioli... Voi co-compren­dete, non è vero?

Joe                              - (che invece non capisce niente) Sur e! Altro che!

Sofia                           - Subire i suoi ricatti... Io! La duches­sa di Sandelle-Lafittc...

Joe                              - (cominciando a capire) Oh! E non po­tevate rifiutarvi?

Sofia                           - (scoraggiata) Aveva una lettera... Ci aveva veduti un giorno... E aveva inte-tercetta-to una lettera...

Joe                              - Vostra?

Sofia                           - Sua!

Joe                              - (che fraintende, un po' urtato) Sua? Di Germano?

Sofia                           - Ma no... Del dottor Maigret.

Joe                              - (che non capisce più) Oh, del dot­tore?...

Sofia                           - Cosicché ero nelle sue mani... Voi mi capite... Era terribile.

Joe                              - (approvando) Terribilissimo... (Fra se) Io pagherei cento dollari per capire qualchi-cosa... (Forte) Insomma questo Germano fa a voi dei ricatti.

Sofia                           - Pu-purtroppo.

Joe                              - Per non, rivelare...

Sofia                           - Per non rivelare quello che sa.

Joe                              - (fra se) E che vorrei sapere anch'io! (Ripensandoci) Però quando si è sotto ricatto, si può anche... (Forte) Voi avete pagato molto?

Sofia                           - Oh molto... molto!

Joe                              - E allora un giorno... avete pensato... O forse lui stesso vi ha suggerito...

Sofia                           - Che cosa?

Joe                              - Voi potete dire a me. Tutto sarà sof­focato... Io sono un amico... quasi uno parente.

Sofia                           - Ma che volete dire?

Joe                              - Il Murillo...

Sofia                           - (con un grido) Ah no... no! Prima di fare una simile cosa... ormai era passato tan­to tempo... un peccato di giovinezza.

Joe                              - (con un grido anche lui) Oh! Final­mente ho capito... Voi siete stata l'amante di quello dottore Maigret...

Sofia                           - (soffocata) Non... non ve l'aveva detto?

Joe                              - (ripigliandosi) Sì... io volevo dire... Voi siete stato l'amante di quello dottore, ma non siete voi che avete fatto sparire il Murillo...

Sofia                           - Ma certo... co-come avete potuto pensare ?

Joe                              - I am sorry! Io avevo detto che tutti in questa casa erano sotto sospetto...

Sofia                           - Mio ca-caro signor Mark... voi batte­te falsa pi-pista... dovreste ben aver ca-capito che in questa ca-casa tutti sono...

Joe                              - Al disopra sì, al disopra di molte co­se... me ne sto accorgendo.

Sofia                           - Co-comunque, signor Mark... è inu­tile, spero, che io mi rivolga alla vostra discre­zione...

Joe                              - (serio, troppo serio) Oh, segreto pro­fessionale!

Sofia                           - (con un sospiro) La natura umana è debole... e quando si è giovani...

Joe                              - Non avete bisogno di scusare voi, du­chessa. Io ho veduto il ritratto dello defunto vostro marito. Sono solidale con voi.

Sofia                           - (indulgente) Oh! Era un. cuor d'oro... Un uomo superiore... ma forse, era troppo vec­chio per me... povero Abelardo...

Joe                              - (ammirativo) Oh! Si chiamava anche Abelardo! (Prendendole una mano e battendo. vi su qualche colpetto amichevole) Now cheer up, duchessa. Coraggio... e... vedremo di ria­vere quella famosa lettera.

Sofia                           - Dareste la ta-tranquillità a cu-questi miei ultimi anni, signor Mark.

Joe                              - Io credo avrò.

Sofia                           - Siete veramente un buon amico.

Stefano                       - (entra turbatissimo) Mister Joe... Mister Joe... (Vede il quadro, si arresta) Mam­ma... ho bisogno di parlare con il signor Mark... perdonami...

Sofia                           - (sorridendo) Sta bene... sta bene... vi lascio... signor Mark... tutti hanno bisogno di voi... siete veramente un uomo portentoso... (Stefano ha un gesto di ironico commento) Cre­do veramente che la vostra venuta segnerà una data nella nostra vita. (Stefano c. s.) Arriveder­ci. (Esce).

Joe                              - Che cosa c'è? C'è bisogno di fare quel faccio?

 Stefano                      - (esasperato) Altro che uomo por. tentoso!... Siamo rovinati! C'è di là Champol,' con una facciai scura scura... Dice che ha rac-J colto delle informazioni e che vuol parlarvi da? solo a solo. Quello sa tutto. Siamo rovinati! Se-; gnerà sì, una data nella nostra vita, la vostra j venuta... E' spaventevole.

Joe                              - (impressionato, ma non vuol parerlo) Wait a minute... Wait a minute... Voi credete! che Champol...

Stefano                       - Senza dubbio!... Sono le sue parole. « Sono qui per parlare con lo zio di vostra  moglie. Ho raccolto certe informazioni che mi hanno molto sorpreso e credo che interesseran­no anche lui ». E ha avuto una risatina così si­nistra, così sinistra...

Joe                              - Well, sinistra o destra... non si deve) impressionarsi... Parlerò io con questo Champol... e sentirà anche me... Non sono ancora un  cretino... sì?!.. Voi andate con Martha... Forse avrà bisogno di... Oh e fate entrare questo Champol.

Stefano                       - Ma che cosa farete?

Joe                              - Oh, don't be silly! So benissimo che non siamo in America. E' peccato perchè si farebbe più presto. Ma fa lo stesso. Se ho giuo-cato e perduto... In qualche modo rimedierò.

Stefano                       - (allarmato) Promettetemi di non fargli nulla di male...

Joe                              - (seccato) Say... Credete veramente che io ammazzi un uomo come si ammazza una mosca ?

Stefano                       - (c. s.) Io sono in uno stato...

Joe                              - Io sono in uno stato più di voi. Ma a-desso non serve che state qui a ballare la rumba davanti a me. Go with Martha. Andate da Mar-tha. (Lo spinge) Coraggio. Non dite voi france­si « alla guerra come alla guerra »? Via, via! Da Martha. (L'ha spinto fuori: resta solo. Ora si vede che è turbato) Parola d'onore, mi dispia, cerebbe se adesso si scoprisse tutto... Well! (Si fa forza, va alla porta da cui è entrato Stefano: chiama) Mister Champol! Come in!

Champol                     - (ha una buffa aria di cospiratore di melodramma quando entra) Mister Mark... so tutto!

Joe                              - (fra i denti) Damm!

Champol                     - Tutto. In questa casa rispettati le e rispettata c'è un furfante. In questa nobile famiglia è entrato un mascalzone...

Joe                              - (seccato) Misurate le vostre parole.

Champol                     - (severo) No, mister Mark, biso­gna bollare d'infamia questo ignobile figuro...

Joe                              - (c. s.) Io dico a voi basta.

Champol                     - (imperterrito) Un volgare lesto­fante... un miserabile imbroelione... (Joe fa an­cora per protestare) So quello che volete dire... Si tratta di un forestiero... uno straniero e perciò... (Terribile e misterioso) Ebbene... state I a sentire questa... Ebbene, no!

Joe                              - Cosa no?

Champol                     - (trionfante) Non è uno straniero!

Joe                              - Chi?

Champol                     -  Il sedicente marchese de Escojdo y Pereira.

Joe                              - (a cui casca un peso di sullo stomaco) Oh! Voi parlate di lui?

Champol                     - Ma certo! Non mi avete detto di assumere informazioni sul suo conto?

Joe                              - (sollevato) E sono queste informazioni che voi volete dare a me?

Champol                     - Che sono fiero di darvi... felice se il mio modesto contributo farà rifulgere la vostra ben nota abilità poliziesca.

Joe                              - (entusiasta, abbracciandolo. Oh, voi siete un bravo uomo mister Champol.

Champol                     - (molto soddisfatto) Non ho me­ritato tanto.

Joe                              - (sincero) Voi non potete immaginare lo piacere che avete fatto a me... (Offrendogli da fumare) Have a cigair? (L'altro accetta, pausetta per accendere) Allora, queilo spagnuolo?

Champol                     - Spagnuolo come me... Ho tele­grafato a Siviglia. L'ultimo Escojido y Pereira è morto di paralisi progressiva a 23 anni. Suo padre, il marchese Alonzo, affetto da megalo­mania, è rinchiuso nel manicomio criminale, in seguito a un fallimento clamoroso.

Joe                              - (fra i denti) Simpatica famiglia... (For­te) Allora questo piccolo Gigolò?

Champol                     - L'avete detto. Niente altro che un piccolo Gigolò. (Estrae di tasca un taccui­no, legge) ce Si chiama veramente Giulio Gal-let, è nato in Corte Damoye, a due passi dalla piazza della Bastiglia; è stato boy in una com­pagnia di riviste che a<riva a Marsiglia, dove fu arrestato per una specie di furto compiuto da una corista ai danni di un capitano della mari­na norvegese. Ha scontato un anno e mezzo di prigione per complicità. Non se ne sa più nul­la, finche lo si arresta di nuovo a Barcellona, dove è croupier in una bisca clandestina e poco pulita. Un anno dopo è a Biarritz dove, invece, fa una vita lussuosa ». E questo è tutto. Rapido vero? Ma il sistema Bertillon fa miracoli... e quelle impronte digitali lasciate sul vostro por­tasigarette mi sono state utilissime. E adesso che avete intenzione di fare? Interrogarlo?

Joe                              - Un tipo come quello? Non voglio spre­care mio fiato. Quello non confessa se si inter­roga con parole.

Champol                     - Allora?

Joe                              - Conoscete che cosa è il terzo grado?

Champol                     - Il terzo grado?

Joe                              - Sì. E' una forma di interrogatorio che adopera Polizia Americana. Primo grado, se­condo grado, terzo grado.

Champol                     - Forse un interrogatorio più strin­gente di un altro?

Joe                              - (vago) ... Un interrogatorio più energico. E' difficile negare sotto il terzo grado. Io ne so qualche cosa...

Champol                     - L'avrete visto in opera.

Joe                              - Weli... L'ho sentito in opera.

(Entrano Stefano e Martha).

Martha                        - ( preoccupata, ansiosa) Un eie... Stefano m'ha detto...

Stefano                       - Non ho potuto trattenerla. (Pre­occupato) Dunque?

Joe                              - It's ali right... ali perfectly right, boys... Mister Champol mi ha portato notizie molto 'curiose...

Stefano                       - Ma sul conto di chi?

Joe                              - (gaio, con intenzione) Oh, non sul vo­stro conto... e nemmeno su quello di Martha, e nemmeno sul mio... non è vero, Mister Champol? Noi possiamo essere tranquilli... Non è vero?

Champol                     - (ridendo) Senza dubbio. Ah, questa è buona!

Stefano                       - E allora?

Champol                     - (serio) Su qualcuno che abita questa casa.

Joe                              - Credo meglio parlo io... Io vi ringra­zio, my dear mister Champol... credo che sarà meglio mi occupi io. Senza offesa. Voi capite... In caso vi avvertirò... Va bene cosi?

Champol                     - Troppo giusto. Troppo giusto. Voi solo potrete agire senza che intervenga uno scandalo... Sono ai vostri ordini. (Andandosene, a Stefano) E' stata una vera fortuna per loro, l'avere per parente un Joe Mark! Duchessa... (Esce).

Stefano                       - Dunque, non era per voi?

Joe                              - Pare no. Mister Champol è uno caro gentiluomo che ha molta simpatia per me. Non avete sentito?

Stefano                       - (un po' irritato) Già... vi classifi­ca addirittura della nostra famiglia. Non è un po' troppo?

Martha                        - (con rimprovero) Oh, Stefano!

Joe                              - Never mind, darling... A Stefano, non senza una certa ironia) Però devo dirvi che do­po quello che io ho saputo oggi... della vostra famiglia posso far parte anche io.

Stefano                       - Non apprezzo il vostro umorismo.

Joe                              - E qui sta appunto il lato comico! Ma lasciamo i scherzi. Voi siete sempre convinto che il furto non è stato commesso da qualchi-duno che era in questa casa?

Stefano                       - Vi ripeto ancora una volta che ta­le supposizione è offensiva.

Joe                              - Così se io volessi agire in questo senso?

Stefano                       - Mi opporrei risolutamente. ISion dimenticate, signor Mark, che voi non siete un vero poliziotto... E io non posso permettere che per i vostri ridicoli sospetti...

Joe                              - O. K. (Una pausa, sembra riflettere) Io credo persuaderò voi di contrario.

Stefano                       - Sarei curioso di sapere come.

Joe                              - Basta che voi date uno sguardo al re­gistro di anagrafe dello Municipio di Rouen.

Stefano                       - « L'anagrafe di Rouen?

Joe                              - Sì. Anno 1912. Potrete leggere cose molto nuove per voi.

Stefano                       - (turbato) Che intendete dire?

Joe                              - No. Se io dico a voi, voi non credete me. Andate a Rouen. Sono le cinque. Alle sei e mezzo con automobile, potete essere là. Mu­nicipio chiude a sette. Voi leggete, tornate e voi avete fiducia in novero non creduto Joe Mark.

Stefano                       - (impressionato) Voi mi... suvvia, sono sciocchezze.

Joe                              - (molto grave) Look in my eyes.. guar­date miei occhi... Io vi giuro che nello registro di anagrafe anno 1912 di Rouen voi potrete leg­gere cose per voi nuove.

Stefano                       - (che ormai tentenna) Badate... Rouen non è lontano.

Joe                              - Andate a Rouen. Non desidero meglio.

Stefano                       - (deciso) E va bene. Ci vado! (A Martha) Scusami, amor mio, ma tu capisci la gravità... se quello che dice tuo zio è vero...

Martha                        - Oh, Stefano... Perchè non credi? Perchè devi essere così diffidente? Credigli. E' inutile andare.

Joe {dandole sulla voce) No. Meglio vada. Io preferisco.

Stefano                       - Sì, Martha. Preferisco anch'io. Sarò di ritorno per il pranzo. Lascia che io va­da, cara. (La bacia) Arrivederci, signor Mark.

Joe                              - (ironico) Buon viaggio, Stefano. (Ste­fano va via).

Martha                        - (turbata) Ma che cosa potrà leg­gere in quelle carte?

Joe                              - (dopo una pausa durante la quale si ac­certa che Stefano sia ben andato) ... Io credo potrà leggere i nomi degli abitanti di Rouen che sono nati in 1912.

Martha                        - < E poi?

Joe                              - (più allegro) Forse anche nomi di quelli che son morti.

Martha                        - E poi?

Joe                              - (sempre più allegro) E poi niente al­tro.

Martha                        - Ma allora?

Joe                              - (allegrissimo) Ma allora se tuo caro Stefano restava fra miei piedi io non potevo fa­re niente.

Martha                        - (mezzo divertita, mezzo riprovatrice) Oh, Vncle, ma tu hai giurato che avrebbe letto cose nuove per lui!

Joe                              - I nomi degli abitanti di Rouen nati in 1912 non saranno cose nuove?

Martha                        - Oh! You're a naughty man, uncle! Ma tu hai anche detto che quando tornava a-avrebbe avuto fiducia in te...

Joe                              - Sure. Perchè quando tornerà, io cre­do, avrò scoperto chi ha rubato e forse anche quadro.

 Martha                       - (eccitata) Allora... sei a buon punto? (Joe annuisce) E chi è?

Joe                              - Piccolo con aria di gigolò. Champol I mi ha detto... Dirty little guy... piccolo sporco uomo... Allora tu devi aiutarmi. Tu vai ina giardino e dici a quello piccolo Giuliano di andare... Well... di andare là... (Indica lo studio)in studio... Studio è un bella camera... c'è anche libreria... tutti libri al muro che soffocano voce. The library will do.

Martha                        - E che cosa succederà?

Joe                              - In studio saranno anche Big Larry,  Slim Sammy, e Scarface Bill con ordine che la I prima ipersona che entrerà... Tu sai che cos'è il terzo grado, sì Champol non sapeva. Io non gli ho detto, perchè europei sono troppo sensibili.

Martha                        - (un po' impressionata) Tu vuoi [ sottoporre Giuliano all'interrogatorio di terzo grado?

Joe                              - Sì. Credo sia unico sistema. Le parole... Oh, quello ha faccia troppo dura per narole. Ma non avrà testa tanto dura per interrogatorio di terzo grado.

Martha                        - Oh Uncle... non è troppo? Ci sarai anche tu almeno?

Joe                              - No. Meglio io non sia. Meglio io faccio finta non so niente.

Martha                        - Perchè?

Joe                              - Perchè? E se non è lui che ha rubato? I Allora io non ci sono: io potrò semipre dire 1 miei aiutanti hanno fatto di loro idea. E sarò molto severo coi miei aiutanti.

Martha                        - Ma lui intanto...

Joe                              - Oh lui... è uno sporco piccolo uomo... un ipoco di terzo grado non farà male a lui.

Martha                        - E' molto rischioso... ma se tu non ci sei... lui non parla inglese...

Joe                              - No. Ma Bis, Larry parla un poco fran­cese. Capirà molto bene. Noiv go. Vai, tu puoi vedere di giardino questa vetrata? Bene; quan­do io farò così (sventola il fazzoletto) tu mandi qui piccolo Giuliano...

Martha                        - (per protestare) But...

Joe                              - Oh vai adesso. Si no, mando a Rouen anche te... Co go... (La spinge fuori. Appena, è scomparsa fa un fischio. Dono un attimo ap­paiono i tre suoi uomini. Il solito conciliabolo. I soliti « O. K. » un po' più noiosi del solito. Poi i tre entrano nello studio. Joe va alla vetra­ta e sventola, il fazzoletto. Poi scappa via da un'altra porta. Una piccola pausa. Dalla parte della scale entra il notaio D'Arment con la sua cartella, traversa la scena, apre la porta dello studio, vi entra. Si ode un « oh » soffocato e il rumore della porta chiusa a chiave. Subito Joe riesce dalla sua porta, fregandosi le mani).

Joe                              - (gaio) E adesso, piccolo caro Gigolò... se sei tu... lo dirai.

 

 Germano                    - (entra, traversa la scena, si dirige verso lo studio).

Joe                              - Say... Where are you going? Dove an­date?

Germano                     - Nello studio. Vi deve essere an­cora la tazzina del caffè del duca Stefano.

Joe                              - Lasciate stare il tazzine Non c'è bi­sogno.

Germano                     - Ma... se la signora Duchessa lo trovasse... ella detesta il disordine...

Joe                              - Oh,, a proposito, Germano! Voi avete qualche cosa da darmi.

Germano                     - Io?

Joe                              - Sì, una lettera.

Germano                     - Una lettera? (Finge di non ca­pire).

Joe                              - Una lettera che un certo dottor Mai-gret ha scritto ventisette anni fa...

Germano                     - (un po'» beffardo) Io non ho nes­suna lettera.

Joe                              - Sì, voi avete. Datela.

Germano                     - Anche ammettendo che io l'ab­bia... Non crede che il signor Pvlark che...

Joe                              - E' meglio dare a me che a un Ispettore di Polizia francese...

Germano                     - Bisognerebbe che un Ispettore di Polizia Francese, fosse incaricato di chiederme­la, signor Mark.

Joe                              - Germano, voi siete un bei canaglia.

Germano                     - - Il signor Mark è molto rude nel­le sue espressioni.

Joe                              - Voi siete molto sicuro perchè avete chiuso in qualche cassaforte... Ma anche cassa-forti si aprono...

Germano                     - Può darsi.

Joe                              - Anche quelle di Banche quando c'è un mandato di polizia. E un mandato, con un furto in casa si può ottenere facilmente.

Germano                     - (che si crede più furbo) Ma a volte non ci si fida né delle casseforti private né di quelle delle Banche. (Ed ha un istintivo ge­sto verso la tasca interna della giacca).

Joe                              - Oh, Sure! (Ho capito) Voi siete un vecchio volpe, Germano. Andate pure.

Germano                     - Con permesso. (Si dirige ancora verso lo studio).

Joe                              - (prendendolo per le spalle) No. In stu­dio vi ho detto che non fa bisogno.

Germano                     - (tentando ribellarsi) Ma...

Joe                              - Go aivay! Vai via! (Lo spinge fuori prendendolo per i risvolti della giacca. Quando è solo, si guarda una mano. C'è un portafoglio. Lo apre. Ne tira fuori una carta dalla tasca più segreta. La scorre) « Mia adorata Sofia... » (Sor­ride, mormora) O. K. (Va atta porta da dove è uscito Germano) Germano!

Germano                     - (rientrando) Signore?

Joe                              - In fondo, le casseforti private o quelle delle Banche sono sempre le più sicure. (Gli tende il portafoglio).

 Germano                    - (soffocato)     - « Oh!

Joe                              - Siete un bel canaglia, Germano. Ma parlate troppo. By, by... (E con uno spintone lo caccia fuori, rinchiudendo la porta a chiave. Poi si dirige verso lo studio. Bussa tre colpi rit-moti a quella porta),

Martha                        - (entrando dal giardino) Uncle!

Joe                              - (energico) Shut upl

(La porta si apre. Appare Big Larry spetti­nato e sudato).

Joe                              - (sottovoce) Well?

Big Larry                    - (idem) TSot yet. But he will. Only it's hard work. He,s toughl

Joe                              - Never minò. Go ahead! (Big Larry sparisce).

Joe                              - (a Martha sereno) Larry dice che va bene. Soltanto dice che è duro... Io non cre­devo, vedendo quello piccolo uomo magro...

Martha                        - Oh, allora sei riuscito a farlo en­trare?

Joe                              - Come sono riuscito? Non hai manda­to tu?

Martha                        - Io? No! Io non sono riuscita a trovarlo in giardino, quando tu hai fatto il se­gnale. Sono venuta a dirti...

Joe                              - i Damn!... Allora chi ci è là dentro?... (Fa per dirigersi alla porta dello studio, quando entrano Sofia e Anna Maria).

Sofia                           - Oh, signor Mark... Champol, pas­sando, ci ha detto che la soluzione era vicina...

Joe                              - (preoccupatissimo) Oh, vi ha detto, sì?...

Sofia                           - Io sono ansiosa...

Joe                              - Anche io...

Sofia                           - E non vi nego che sono un po' ipe-preoccupata.

Joe                              - A chi lo dite voi! (Brusco) Vi chiedo . perdono. (Fa per dirigersi verso lo studio).

Anna Maria                 - Signor Mark... ascoltatemi...

Joe                              - Più tardi... più tardi...

Anna Maria                 - No... Quello che devo dire è urgente...

Joe                              - Ma quello che io devo fare è ancora più urgente...

Anna Maria                 - (sottovoce) Ho parlato con Giuliano.

Joe                              - (drizza le orecchie) Si?

Anna Maria                 - Mi avevate detto di non far­lo, lo so... ma mi è sfuggito...

Joe                              - (fremente) Allora?

Anna Maria                 - Allora... è partito...

Joe                              - (con un grido) Quando?

Anna Maria                 -  Mezz'ora fa... E' andato...

Joe                             - Damn! What a mess... (Senza più dar­le retta, disperato, forte) Duchessa... io sono di­sperato... Ho commesso un grande errore... Io... Io ho dato... No... Io non ho dato... Ma ho pau­ra che... Insomma... Bisogna che io apra quella porta! (Vi si precipita, ma in quel punto la por. ta si apre, sorretto da Slim Sammy e Scarface Bill, spettinato, pesto, con gli abiti in disordine appare il Notaio Ruggero D'Arment).

Ruggero                      - (ansante) Sì... sì... confesso... sono stato io... Ma basta... per amor di Dio!... Basta!... (Quadro).

Joe, Sofia, Martha, Anna Maria          - (insieme) Voi?

Ruggero                      - Io, sì... Poi... poi... spiegherò... Ora non ne posso più...

Joe                              - Ma il quadro?...

Ruggero                      - (in un soffio) Ce l'ha quel vostro demonio... Lasciatemi andare, ora...

Sofia                           - (inorridita) Ma che co-cosa gli hanno...?

Joe                              - Spiegherò anch'io dopo... Portatelo in sua camera... Bring him upstairs noto. (I due suoi uomini portano via il notaio, sorreggen­dolo).

Joe                              - (verso l'interno) Larry... Larry...

Big Larry                    - (entrando. Ha un dipinto tra le mani, sotto il braccio la borsa del notaio) Ec­co, boss... Aveva qui dentro piegato... (MosPra la borsa) Portava sempre con sé... Lavoro duro, boss.

Sofia                           - Ma dunque, possibile?

Joe                              - (le mostra il dipinto) E' questo, du­chessa?

Sofia                           - (con gioia) E' questo... è questo... Non c'è dubbio.

Joe                              - Ecco fatto!

Anna Maria                 - (ammirata) Il notaio D'Ar­ment! Non l'avrei mai creduto!

Joe                              - Nemmeno io, oarola d'onore!

Martha                        - Oh Vncle! You're a wonderl (Lo abbraccia).

Sofia                           - (trafelata, entusiasta) Bisogna avver­tire subito mio suocero e Stefano. Dov'è Stefano?

Joe                              - Oh... Stefano è andato a fare una pic­cola passeggiata a Rouen.

Sofia                           - Bisogna avvertire il duca... Oh, si­gnor Mark, è una cosa meravigliosa...

Anna Maria                 - Il notaio! Ma ci pensi, mamma!

Sofia                           - E' inconcepibile. (Attraversata da un pensiero) Ma ridotto in quello stato, signor Mark, come è stato possibile...

Joe                              - (con un sorriso paterno) Oh... i miei ragazzi sono un poco vivaci... duchessa!

Sofia                           - Tuttavia... tuttavia... avreste dovuto avvertirmi che...

Joe                              - - Se vi avessi avvertita, avreste permesso?

Sofia                           - Ah, no.

Joe                              - Allora vedete che ho fatto bene a non avvertirvi!

Sofia                           - Ma che in casa mia...

Joe                              - Oh, un'altra cosa... (La tira in dispar­te) Ho una lettera per voi, duchessa. (E glie­la dà).

Sofia                           - (la scorre, è felice) Oh cu-questo... cu-questo...

Joe                              - Io mantengo sempre le promesse! Mi tenete ancora rancore per... per quello del no-taio?

Sofia                           - (nascondendo la lettera in seno) Im­possibile serbarvi ranco-core, signor Mark. (A Germano che è entrato in seguito a ««« scam­panellata di Anna Maria) Chiamate subito il du­ca Gontrano, Germano; il Murillo è stato ritro­vato.

Anna Maria                 - Mister Mark è un uomo ecce-zionale, Germano.

Germano                     - (con minore entusiasmo) E' an­che il mio parere. C'è un cablogramma per il signor Mark.

Joe                              - For me? (Lo prende. Germano esce. Joe apre il cablogramma. Lo legge. Ha un « Oh » di stupefazione).

Sofia                           - (a Martha) Insomma, mia ca-cara fi­gliola, se è tornata la tranquillità nella nostra famiglia lo dobbiamo a voi...

Martha                        - (carina) A me e a Vncle Joe... (Avvicinandosi a lui) E' vero, Vncle Joe?... {Sottovoce a lui) Come sono felice ora che tut­to va bene...

Joe                              - (beffardo) Tutto va bene, sì? Senti al­lora che cosa mi telegrafano da New York. (Legp;e) « Mosè del Murillo venduto 42 anni fa a Vanderbilt. Quello che è stato rubato è una copia ». (Parlato) Ti pare che tutto vada be­ne, sì?

FINE DEL SECONDO ATTO

ATTO TERZO

La stessa scena degli altri atti quattro ore dopo il secondo. Sono le nove di sera. Nessuno è in scena. Dopo un attimo, Germano attraversa la sala e qualche secondo di poi introduce Champol.

Germano                     - Ma... i signori sono ancora a tavola...

Champol                     - (che è molto nervoso) Bt'ora?

Germano                     - Hanno atteso sino alle otto e mezzo il signor Duca Stefano che era partito alle cinque r»er Rouen.

Champol                     - Ma... ed è tornato il Duca?

Germano                     - Non ancora. La signora Duchessa Martha, anzi, è un po' in pensiero.

Champol                     - Quello che devo dire alla duches­sa Sofia è importantissimo, Germano... E di grande gravità.

Germano                     - Riferirò, signor Champol... abbia la cortesia di attendere. (Via).

Champol                     - (rimasto solo si asciuga il sudore della fronte congestionata, poi tira fuori di tasca due ritagli di giornale, li osserva e mormora concitato) Ah, questa poi... questa poi!

Sofia                           - (entrando : neppure lei è in istato nor­male di nervi) Buona sera, Champol... Ger­mano mi ha detto...

Champol                     - (inchinandosi) Duchessa sono do­lente di avervi fatto abbandonare la mensa ma...

Sofia                           - -Non c'è di che-che. D'altronde assi­stevo al pasto per così dire, po-pro forma... Mi sarebbe sta-tato impossibile mandare giù bi-bri-ciolo di cibo. Mio caro Champol... Ho da darvi una notizia sta-strabiliante.

Champol                     - Anch'io signora Duches­sa... E' appunto quello che mi ha in­dotto...

Sofia                           - Asco-coltate prima la mia... Champol... inutile racco-comandarvi il silenzio... ma figuratevi che il Mu-rillo è falso!

Champol                     - (sbalordito) Falso?

Sofia                           - Falso. Sembra che l'originale, l'autentico, sia stato venduto, 42 anni fa ai Vanderbilt, in America.

Champol                     - Ai Vanderbilt? Ma come avete saputo?

Sofia                           - Il signor Mark?

Champol                     - (involontariamente) Ah!

Sofia                           - Co-cosa avete?

Champol                     - (fremente) Nulla, duches­sa... proseguite.

Sofia                           - i II signor Mark aveva fatto un cablogramma prima di... Ah, già ma voi non sapete... il ladro è stato ritro­vato.

Champol                     - Il ladro?

Sofia                           - Ahimè, si.... ed è stato per noi tut­ti un doloroso co-colipo... uno dei nostri intimi, Champol... un nostro lontano parente... il no­taio d'Arment.

Champol                     - Il notaio?!

Sofia                           - Naturalmente, la co-cosa non deve essere risaputa... noi, non spo-porgeremo nep­pure querela... lo scandalo, capite...

Champol                     - Capisco, capisco... Ma chi lo ha...

Sofia                           - Il signor Mark, naturalmente.

Champol                     - (per la seconda volta) Ah!

Sofia                           - Co-come dicevo, il signor Mark, per ogni eventualità, aveva ca-cablografato in America per sapere se del Murillo si avessero notizie laggiù.... Gli oggetti d'arte, co-come sa­pete, molto spe-pesso...

Champol                     - (interessatissimo) Sì, sì... E al­lora?

Sofia                           - E allora... si può dire, nel momento stesso che il dipinto veniva ricu-cuperato, giun­geva la risposta di laggiù. Eccovela. (Gli por­ge il cablogramma che l'altro scorre avidamen­te) che... che... ne dite? (Seguitando) Va da se che questo nuovo imbroglio l'abbiamo tenuto celato a mìo suocero... egli crede tu-tuttora che si stia ancora cercando il cu-quadro rubato.

Champol                     - (le rende il telegramma) La no­tizia per quanto grave è forse nulla di fronte a quello che ora devo dire io... e vi supplico di perdonarmi lo sconvolgimento che vi arrecherà.

Sofia                           - Mi spa-pa-paventate!

Champol                     - Oggi, verso le cinque, dopo essere uscito di qui, dove ero venuto a dare certe informazioni a... al signor Mark.... (Con altro tono) Io mi domando come non ho... (Ripiglian­do) Dopo essere uscito di qui, dunque, mi sono recato a Deauville, all'Hotel Normandie, per conferire con una signora americana su una certa faccenda di divorzio. Discutendo con que­sta signora, mi è sfuggito, non so più come, il nome di Joe Mark... Mi sembra parlando della Polizia americana. La signora mi è parsa sor­presa. Stupito alla mia volta, le ho chiesto il perchè della sua meraviglia. « E' per via del no­me » mi ha risposto. « Ignoravo che militasse nella polizia americana un uomo recante il me­desimo nome di un famoso gangster ».

Sofia                           - (sorpresa) Eh?

Cpampol                     - Già? Pare che Joe Mark sia an­che il nome di un notissimo capo della mala­vita di laggiù, meglio conosciuto sotto il sopran­nome di Red Joe, Joe il Rosso, a causa... (mar­cato) del colore dei suoi capelli.

Sofia                           - (spalancando gli occhi) Oh!

Champol                     - Ecco quello che feci anch'io: « Oh! ». Ma passato il primo momento di stu­pore... la coincidenza essendo veramente trop­po strana... corsi al Consolato degli Stati Uniti. Ebbi dal Vice Console le medesime notizie... In più, sfogliando la collezione del New York Ti­mes.... ebbi agio di... (estraendo di tasca i rita­gli di giornale che osservava poco prima) A voi, Duchessa, questi ritagli, queste fotografie... val­gono più di ogni parola...

Sofia                           - (li afferra, li esamina) Oh... Ma è lui... Non c'è dubbio!

Champol                     - E sapete quello che c'è scritto «otto?

Sofia                           - Io non so l'inglese.

Champol                     - (compassionevole) Ah!

Sofia                           - Traducetemi voi.

Champol                     - Non lo so neanch'io... Ma me li ha tradotti il vice console. Basterà che va dica il senso di uno di essi: « Joe Mark, il famige­rato Red Joe, la cui banda è accusata di aver svaligiato ieri notte la Banca Simmons».

Sofia                           - (atterrita) Oh... (Vacillando)Oh Dio!

Champol                     - (precipitandosi) Signora Duches­sa... signora Duchessa... Io sono desolato...

Sofia                           - (rimettendosi) Non è nulla... Non è nulla... (Smarrita) Mio Dio... Mio Dio... Ed è un uomo simile che... in ca-casa nostra...

Champol                     - State tranquilla, signora duches­sa... sono qui io... Dov'è ora?

Sofia                           - E'... a tavola... era l'unico di noi che avesse appetito... E ora che fare... che fare? E Ste-tefano che non c'è! (Con un grido) Cham­pol, quell'uomo mi ha detto di aver mandato lui, mio figlio, a Rouen per non averlo fra i piedi.

Champol                     - (impressionato) Possibile?

Sofia                           - (spaventatissima) Che egli ta-ta-trami cu-cu-qualche co-co-cosa...

 Anna Maria                - (entrando) Mamma... non ti I vedevo tornare...

Sofia                           - (abbracciandola 'sgomenta) Figliuola I mia... E' spapa-paventoso!

Anna Maria                 - Ma che c'è, mamma? Non ti I ho mai veduta così.

Champol                     - Dov'è quell'uomo?

Anna Maria                 - Quale uomo?

Sofia                           - Cu-cuel Mark...

Anna Maria                 - A tavola... (Ridendo) Sta j mangiando come un lupo.

Champol                     - Che cinismo!

Sofia                           - E' te-te-terribile... sai chi è quel- I l'uomo? Un bandito... un ga-gangster!

Anna Maria                 - Che dici? Ma se...

Champol                     - Sì, contessa... Egli ci ha tutti I ingannati... Guardate! (Le porge i ritagli del I giornale).

Anna Maria                 - (dandovi un'occhiata) Oh! I Dio mio! Dio mio!

Sofia                           - E Stefano che non torna... Anche questo non è terrìbile?

Anna Maria                 - No... mamma... ora non esagerare. Devi pensare che Martha è sua moglie e I che lo adora...

Sofia                           - (con un altro grido) Oh Dio! Non ci pensavo più! Martha... è sua nipote... La moglie di mio figlio... Oh, è orribile! La duchessa di Sandelle-Lafitte è la suocera della nipote di un gangster!

Champol                     - Io credo che bisognerà subito avvertane la Polizia.

Sofia                           - > Che sca-candalo! Mio Dio! Che sca-candalo!

Stefano                       - (entrando, impolverato, stanco) Oh, mamma... perdona il mio ritardo.

Sofia                           - (precipitandoglisi addosso) Ah! Fi­gliuolo mio! Figliuolo mio!

Anna Maria                 - Ma che ti è successo, Stefano?

Stefano                       - (irritato) Io non so se sia stato uno scherzo di Mister Mark. Ho scoi so tutto il registro dell'anagrafe del 1912, al Municipio di Rouen... Non ho trovato niente che mi interes­sasse... Ho finito alle otto... Avevo ottenuto dal sindaco un permesso speciale... Se è stato uno I scherzo, è uno scherzo veramente idiota...

Champol                     - Temo che non sia stato un sem- I plice scherzo, signor Duca.

Sofia                           - Oh, tu, non sai... non sai... (A I Champol e Anna Maria) Certamente non sa, al- I trimenti ci avrebbe detto...

Stefano                       - Ma che cosa avete lutti?

(Voci interne).

Champol                     - (dopo un'occhiata) Badate, eccolo.

Sofia                           - (mezza isterica) Non voglio vederlo... Ho paura... Venite con me... venite con me...

Stefano                       - (turbato) Mamma...

Sofia                           - Ti spiegherò... Ti spiegherò... Vieni con me... Venite con me... (Li trascina tutti via).

Joe                              - (entrando con Martha, con Gontrano e signorina Clavel: dopo qualche istante: E' in smoking, camicia dura, gilet bianco, colletto rovesciato) Beh, io devo confessare: c'è qual-chicosa che europei sono, superiori a americani. La cucina. Io non mi piacciono europei, però loro cucina sì. Europei sanno mangiare... E' una cosa che osservando la questione dei debiti di guerra non si capisce, ma europei sanno mangiare meglio di noi... (Ride) That's a good joke,

Gontrano                    - (ride anche lui) Sempre face­to... sempre faceto... (A Martha) Mi è molto simpatico vostro zio, mia cara figliola... (A Joe) E' dunque vero che gli americani sono interes­sati?

Joe                              - Well... io non direi interessati... Co­noscono la forza dello denaro... E' differente. Un boxeur non è forte solamente perchè ha gros­si muscoli, ma sopratutti perchè sa di avere grossi muscoli... capisce questo?

Gontrano                    - Molto giusto... molto giusto... tuttavia gli americani sanno, quando vogliono, fare ciò di cui noi europei non siamo molto ca­paci... Mercanteggiare!

Joe                              - Voi credete, sì?

Gontrano                    - Ne sono sicuro, signor Mark... Seve lo dico è perchè... (Si arresta) Perchè lo so da fonte sicura.

Joe                              - Forse avrete conosciuto qualche ameri­cano di origine scozzese.

Gontrano                    - (lievemente irritato) Io non ho detto di avere una esperienza personale...

Joe                              - Oh, never, mind... Voi non offendete me. Solo dico scozzesi più interessati di noi americani...

Gontrano                    - (rasserenandosi subito) Ah, sì! Questo sì... So una storiella scozzese che dice come un nobile scozzese fosse costretto una volta ad aprire il portafoglio... Ebbene... nell'atto di aprirlo... ne volò fuori una tignola... (Ride mol­to soddisfatto) Eh? Che ne dite?

Joe                              - (ride anche lui) Oh, fine!... (Tor­nando serio) Però la storia non è esatta... Non volò fuori nessuna tignola...

Gontrano                    - Volete dire che nel portafoglio di quello scozzese non c'era posto neppure per una tignola?

Joe                              - No. La tignola c'era... ma era morta di fame! (Ridono entrambi... la risata del vec­chio finisce in un accesso di tosse).

Marietta                      - (con dolce premura a Gontrano) Signor Duca, sarà forse meglio che facciate il solito giretto nel parco prima di andare a. co­ricarvi. ..

Gontrano                    - Ecco il mio tiranno, signor Mark... Non si può neppure ridere in pace...

Joe                              - (scherzoso) Un grazioso tiranno... Non deve essere brutto essere suo schiavo...

 Gontrano                   - (a Marietta) Questo è per voi, figliuola... (A Joe) Ma... Che volete mai, si­gnor Mark... alla mia età,, anche di una schia­vitù come questa non si può gustare nessun lato allegro... (A Marietta) Sì, cara... Andiamo pure... Ma se avessi una quarantina d'anni di meno... Non vi sarebbe tanto facile tiranneggiar­mi... (Si avviano).

Joe                              - Oppure... le sarebbe ancora più facile! Good night, Duca... (Gontrano e Manetta esco­no dopo qualche confuso saluto) E' divertente quello vecchio mummio... (Canterella).

Martha                        - (che appare, da quando è in scena, come sopi-a pensiero) Sei di buon umore, lin­de Joe...

Joe                              - Sono sì. Io sono sempre quando ho mangiato bene... Only, l'd like to have some music... Non c'è un fonografo in questa vec­chia casa?... (Canticchia, accennando una step-dance) « She didn't say yes, she didn't say no, she didn't say stay, she didn't say go... ».

Martha                        - Sei allegro come quando hai fat­to qualche successo...

Joe                              - E ho fatto. (Ride) Joe Mark, detto Red Joe, funzionario di Polizia americano...

Martha                        - Insomma, sei contento?

Joe                              - Sì. Perchè non dovrei? Mi piace la Francia, sono con te... in una bella casa... dov^ tutti mi vogliono bene... perchè adesso tutti mi vogliono bene, non vedi?

Martha                        - Oh, Sure! (Un silenzietto) Pecca­to che il quadro sia falso...

Joe                              - It's not my fault... Non è colpa mia, questo...

Martha                        - (senza rispondergli) 42 anni fa... è difficile trovare chi l'ha venduto...

Joe                              - (spaventato) Tu non vorrai che io tro­vi anche quello!

Martha                        - (guardandolo negli occhi) Non ci riusciresti ?

Joe                              - (allegramente) Oh, l don't know... Non voglio finire per fare il detective tutta la vita! (Ripiglia a canticchiare come prima).

Martha                        - Però... non è strano che abbiano tenuto in casa per quarantadue anni un quadro falso, credendolo vero?

Joe                              - i Oh, ci sono tante cose strane in questa casa! (Si mette a ridere).

Martha                        - Perchè ridi?

Joe                              - Non t'arrabbi? Rido perchè penso a Stefano che cerca nel registro di anagrafe!

Martha                        - Ancora non è tornato! Non gli sarà successo niente?

Joe                              - Non credo. Ma il registro di una anno è lungo... millenovecento do dici... (Ride) Era anche un anno bisestile!

Stefano                       - (entra: si ferma sotto la porta. E' cupo e arcigno).

Martha                        - Oh, Stefano, si parlava di te!

Joe                              - Hello, Stefano. Interessante Rouen?

Stefano                       - Mister Mark... Prima di tutto... la mia famiglia sa chi siete. Champol l'ha sco­perto.

Martha                        - Oh!

Joe                              - (senza turbarsi troppo) Curioso tipo quello Champol! Quando doveva scoprire qual­che cosa, non scopriva niente. Adesso che nes­suno ha pregato, scopre tutto. Well, anyhow... Immagino che vostra madre non avrà avuto molto piacere.

Stefano                       - Sarebbe meglio lasciaste quel to­no scherzoso, signor Mark. Quello che vi ho det­to dovrebbe dai vi da mensare.

Joe                              - A me? Ma io lo sapevo anche prima.

Stefano                       - Non dovete credere che noi si sia tanto sciocchi quanto voi pensate.

Joe                              - Io non ho mai detto a voi quanto pen­savo.

Stefano                       - (urtato) Insomma, basta. Io pos­so essere stato accecato dall'amore che porto a Martha, la quale, per "razza del cielo, non vi rassomiglia in nulla. Ma viene il momento in cui si aprono gli occhi anche non volendo. E sono io, sì, proprio io che assieme a Champol li ho aperti anche a mia madre.

Joe                              - Io non capisco una «arola.

Stefano                       - Sarò più chiaro: dov'è il Muril-lo, signor Mark?

Joe                              - Ma io ho consegnato a vostra madre.

Stefano                       - (secco) Non audio, il vero.

Joe                              - Che cosa volete che sappia io.

Stefano                       - (sarcastico) Sì, eh?

Joe                              - Sentite... quarantadue anni fa, io ave­vo tredici anni. Ero un piccolo ragazzo svelto, sì... ma non fino a rubare un Murillo.

Stefano                       - A tredici anni, forse. Ma a cin­quantacinque... quando capiti l'occasione...

Joe                              - Ma se... (Ad un tratto capisce) Oh... voi dite che io avrei preso il vero e consegnato a voi lo falso? Oh! (Scoppia a ridere) Voi ave­te ragione. Voi non siete stupidi quanto io pensavo. (Secco, tagliente) Siete molto di più.

Stefano                       - (senza turbarsi) Ero sicuro che non sareste stato così ingenuo da confessare su­bito. Soltanto... Joe Mark... ricordatevi che questa è anche la casa di vostra nipote... se è vero che le volete bene, non dovete e non potete fare una cosa che distruggerebbe la sua felicità... Io ho parlato con mia madre e con mia sorella... esse sono jnonte, per amor mio, a considerare la cosa non avvenuta... a conservare la loro cordialità e la loro benevo­lenza a Martha a patto che voi ci rendiate... a'.ò che sapete, senza obbligarci ad avvertire la Po­lizia, che... badate... siamo ben disposti sta­volta ad avvertire. Dunque?

Joe                              - (che ormai è montato) Dunque che co­sa, you damned fool! Io vi ho detto che non ho preso.

Stefano                       - Ci sono troppe iprove, Joe Mark. Larry... quel vostro uomo... ha tardato ad ap­parire dallo studilo dove avevate fatto subire al Notaio d'Arment quell'inqualificabile attacco...

Joe                              - Ma era per rimettersi addosso sua giacca... Per questo ha tardato.

Stefano                       - 0 non è stato per operare la so­stituzione ?: E quello spedirmi via, a Rouen, a compiere una ricerca assurda.., soltanto per es­sere più sicuro di agire indisturbato...

Joe                              - Ma io ho detto... Se voi eravate qui, non sarei mai riuscito a far parlare quell'altro...

Stefano                       - E forse non sareste riuscito a fa­re scomparire il dipinto originale!

Joe                              - (esasperato) Oh! Ma se quello notaio ha confessato...

Stefano                       - Appunto... Chamipol l'ha inter-rogato ancora. D'Arment si è lasciata sfuggire una esclamazione che non lascia dubbio alcuno: ce Vi pare che avrei rubato un quadro falso! » ha detto lo sciagurato.

Joe                              - Ma è naturale. Perchè lui non lo sa­peva.

Stefano                       - Non sapeva che voi l'avreste sosti, tuito! Ecco la verità!

Joe                              - Oh, voi siete un pazzo! Voi non cono­scete me.

Stefano                       - E' appunto perchè vi conosco, invece. (Volgendosi a Martha che non ha detto una parola, che è triste, annichilita, umiliata) Ma guardate... guardate vostra nipote... Lei vi conosce anche meglio di me. Eppure le si legge negli occhi che perfino lei capisce la. giustezza delle mie parole...

Joe                              - (si è voltato di scatto verso Martha, l'ha guardata senza credere ai proprii occhi; un si­lenzio) Tu! (Lo dice come Vinterrogazione gli bruciasse le labbra, ripete) Tu? (E poi non sa più mormorare) Oh! (E guarda diritto davanti a se, senza espressione, in silenzio).

Martha                        - (appoggiandosi al petto di Stefano) Oh Darling!

Stefano                       - (dolcemente, affettuosamente) Tu mi capisci, vero, cara? Parlagli tu. Digli qual­cosa tu. Aiutami a evitare questa brutta cosa.

Martha                        - (si avvicina a Joe, ha gli occhi umi­di, il pianto in gola) Uncle Joe... Se è vero quello che dice Stefano... Fai come dice lui... Fallo per me.

Joe                              - (bruscamente) Anche tu? (E si volge a guardarla... le prende le mani) Oh, little one... tu no... tu... tu... (C'è qualcosa nella sua gola, qualcosa che lui credeva d'aver dimenticato, qualcosa di dolorosamente nuovo per lui che gli impedisce per un attimo di parlare. Un si­lenzio. Poi con un altro tono) Martha, tu ricor-di quando er/i piccola cosa rosa che non volevi addormentare se non veniva Uncle Joe a can­tare una canzone? Avevi quattro anni, little one... allora eri bionda come grano... c'era an­che Minnie... mia povera Minnie... la tua zia...  era buona con te... Ma tu volevi linde Joe... Tu ricordi? Tu eri piccola... Tu non sapevi che differenza è fra uno bravo uomo e uno uomo come sono io adesso. E tu dicevi che non crede­vi alle fate... allora zia Minnie si arrabbiava e chiamava me. E tu dicevi che se io dicevo che le fate c'erano tu avresti creduto... E Minnie, poor woman, gridava che tu volevi bene solamente a Uncle joe... « Perchè Uncle Joe è buono »... tu dicevi con una piccola voce... E mi abbrac­ciavi... (Zi," commosso ora) Martha, my Little Martha... Uncle Joe non è buono... è un uomo cattivo, e ifa tante cose cattive... Ma a te non ha mai fatto... per te io sono sempre stato Uncle Joe... come quando tu eri una piccola cosa rosa con capelli biondi... Ora tu non cre­di più a Uncle Joe?

Martha                        - (è commossa anche lei) Uncle...

Joe                              - Martha... Little one... tu sei stata per me come mia figlia... Forse più... la sola cosa buona che ho avuto... tu. Look in my eyes, Mar­tha... Guarda in miei occhi... (E con un tremito ansioso nella voce soffocata le dice) Non è ve­ro... Martha... Non è vero... Io non sono stato... Tu credi a me, Martha? Do you believe me?

Martha                        - (lo fissa negli occhi... gli butta le braccia al collo) Yes, Uncle! I believe you!

Joe                              - (la stringe forte forte, in silenzio, poi, voltandosi a Stefano, con altro tono) E ades­so io mi infischio, anche se non ci credete voi o vostra sorella o la du... du... du...chessa ma... ma...madre...

Stefano                       - (che è un po' scosso suo malgrado) Avete torto, signor Mark. Se non per voi, al­meno per vostra nipote.

Joe                              - (mezzo persuasa) Ma che cosa volete che io faccia?

Martha                        - Tu hai trovato chi ha rubato ades­so, Uncle...

Joe                              - Ma era una cosa successa otto gioniii fa. Questo è successo quarantidue anni fa. E non robato; venduto e comprato.

Martha                        - E' più semplice.

Joe                              - No. E' più onesto. Ma questo è lo guaio. E' molto più facile trovare uno che ruba disonestamente, che non trovare uno che vende onestamente.

Martha                        - Non puoi telegrafare in America chiedendo ?

Joe                              - (illuminato) Sì, questo io posso. (Non osserva una lieve alzata di spalle di Stefano) Ma questo non serve a niente. Si non credono al cablogramma di oggi, non crederanno nemme­no a quel di domani. No. Io lo so. Perchè cre­dano bisognerebbe che io trovassi chi ha ven­duto.

Martha                        - Cerca, Uncle.

Joe                              - (a Stefano) E la vostra famiglia deve saperne qualchicosa.

Stefano                       - (scettico) Ma è ridicolo.

Joe                              - Oh, listen! Voi non credevate che in vostra casa ci fosse chi rubava... voi non cre­dete che in casa vostra ci sia chi ha venduto... nessuno fa niente in vostra famiglia?

Stefano                       - (risentito)       - - Nessuno fa niente di cui abbia a pentirsi.

Joe                              - Sentite, young man... Non stiamo a di­scutere. Vediamo un poco: i fatti. Io dico que­sto quadro è stato venduto. Dunque può essere stato anche da uno di voi. Voi no, perchè non eravate nato. Vostro padre?

Stefano                       - Quarantadue anni ifa mio padre aveva ventitre anni e non disponeva di nulla in casa sua.

Joe                              - Avete uno zio?

Stefano                       - Mio padre era figlio unico. Mia nonna morì nel darlo alla luce. Vedete bene che quarantadue anni fa non era possibile che uno di noi vendesse il quadro.

Joe                              - Un momento. Non c'era vostro nonno?

Stefano                       - (beffardo) E voi dite che mio nonno avrebbe venduto un quadro e tenuto poi in casa una copia facendola credere a tutti l'o­riginale ?

Joe                              - Io non dico ancora niente.. Sono il contrario di voi prima. Voi avete fiducia, io non ho... Io dico: qualchiduno ha venduto, dunque anche vostro nonno può sapere qualchicosa. Vedremo quello che dice lui.

Stefano                       - Vorreste interrogarlo?

Joe                              - Oh, never mind... Io so il rispetto che si deve ai vecchi.

Stefano                       - Mi oppongo. Sono le nove e mez­zo. A quest'ora mio nonno va in letto.

Joe                              - Per una sera andrà a letto alle dieci.

Stefano                       - La sua salute...

Joe                              - Listen... Io sono sotto lo peso di un grande sospetto. Personalmente io mi infischio. Uno più, uno meno non fa materia. Ma c'è Martha. Se è vero che voi amate lei, dovete la­sciare a me fare.

Martha                        - Anche Joe ha ragione, Stefano. Egli non può restare in casa vostra dopo quello che avete pensato di lui.

Joe                              - Oh, per questo... Io non resterò lo stesso. In America si dice « Un cane sta in sala di ballo l'ino a che non mandano lui via ». Voi mi avete mandato via. E anche se non mi ave­ste... è meglio che io vada, se no pesterete mia coda. Però io voglio andare dopo aver dimostra­to a voi che non sono un cane... come si dice? bastardo... no; sono un cane di razza. Chiama­te il vecchio Duca, vi prego.

Stefano                       - Mi rimetto al parere della signo­rina Clavel. Se essa, che gli sta accanto con amorevole cura, crederà non gli sia dannoso... (Suona il campanello).

Joe                              - Oh Sure... Io non ricordavo signorina Clavel... Io sono sicuro che essa dirà sì.

Stefano                       - Vi avverto tuttavia che essa dirà di no. (Entra Germano) Pregate la signorina Clavel di venire un momento qui... (Germano via) Se dunque essa dirà dà no...

Joe                              - (sorridendo sotto i baffi) Voi volete scomméttere che signorina Clavel dirà sì? Cento -dollari? Lasciate che a lei parli io.

Stefano                       - Voi od io è tutt'uno. Sono certo che la signorina Clavel farà quello che stimerà più opportuno. (Entra Marietta Clavel).

Marmetta                    - i Signor Duca?

Stefano                       - Mio nonno è ancora alzato?

Marietta                      - Stavo per condurlo in camera sua, signor Duca. Sono già le nove e mezzo pas­sate e il suo orario...

Joe                              - (poiché Stefano ha un gesto verso di lui come a dire « Vedete bene! ») •   - - Please, miss Clavel... Non credete voi che il Duca Gontrano potrebbe per una volta non osservare suo orario?

Marietta                      - Il signor Duca è da vari giorni molto agitato, signor Mark, credo gli sarebbe dannosissimo alterare le sue abitudini.

Stefano                       - (a Joe) Ve l'avevo detto (A Ma­rietta) Grazie signorina, potete andare.

Joe                              - Un momento. Miss Clavel, please... (La tira in disparte e a voce più bassa) Volete che io racconti che in vostra camera ricevevate piccolo Giuliano?

Marietta                      - (le sfugge) Chi vi ha detto?

Joe                              - Sono io che ha fatto partire lui. Ma pri­mi ha detto molto. Di voi... e di piccoli bi­glietti lasciati sotto quello vaso...

Marietta                      - (implorante) Signor Mark, non mi rovinate... Vi giuro che ad onta di ciò io non ho mai mancato ai miei doveri verso...

Joe                              - (rassicurandola) Io sono vostro amico. Però voi dovete fare parlare me questa sera col vecchio.

Marietta                      - Tutto quello che vorrete...

Joe                              - O. K. (Forte) Allora, miss Clavel, cre­dete proprio che il Duca non possa neppure per una sera?...

Stefano                       - Ma ve l'ha già detto, è inutile in­sistere.

Marietta                      - Ma, signor Duca.v ora che ci penso... il duca Gontrano ha dormito sino a tardi stamane. Se andasse a letto troppo presto rischierebbe di non potersi addormentare. Tut­to sommato, credo che derogare per una sera non gli potrà far male.

Joe                              - (a Stefano con lo stesso tono usato da lei prima) Ve lo avevo detto! Adesso non potete più tirare voi indietro.

Stefano                       - Sia pure. D'altronde sono convin­to che farete un buco nell'acqua...

Marietta                      - Allora che fare?

Joe                              - Wait a minute... Permettete uno po­co... (Prende ancora Marietta in disparte) Li-sten, Miss Clavel... voi dovete fare a me ancora un 'piacere. Voi avete molte volte parlato col

 vecch/io, sì? Non ha mai detto a voi qualchicosa di Murillo?

Marietta                      - Mai, signor Mark. Anzi... per dir la verità... ho osservato che egli ad ogni minimo accenno si agitava moltissimo e non vo­leva che se ne parlasse.

Joe                              - (colpito) Oh! (Altro tono) E non ha mai: detto niente a voi di sua giovinezza?... Quando sua moglie morì... Chi veniva nella casa ?...

Marietta                      - Nulla, signor Mark.

Joe                              - Cercate bene... In sue confidenze... nessuno nome ha colpito voi?

Marietta                      - Nomi? Oh Dio... quando, dopo colazione, si addormenta nella sua poltrona, sovente, nel sonno, gli sfuggono delle parole... e a volte gli ho sentito ripetere il nome di Elena...

Joe                              - (ravvivato) Oh... Elena?

Stefano                       - (intervenendo) Era il nome della povera nonna... Di sua moglie...

Joe                              - (si raffredda) Oh... (A Marietta) E nessun altro nome? Mai?

Marietta                      - (ricordandosi) Ah, ecco... una volta gli è sfuggito anche il nome Maria... « Perfida Maria », mi ricordo benissimo.

Joe                              - E non sapete voi a che cosa si rife­riva ?

Marietta                      - Veramente... gli chiesi senza parere, qualche giorno dopo, se avesse cono­sciuta una Maria. Sulle prime si agitò. Poi, rassicurato, mi accennò ad una certa Maria De-sclauzas; pare che fosse una nota attrice dei suoi tempi... Quella che creò la parte di mada­migella Lange nella « Figlia di Madame Angot ».

Joe                              - (molto interessato) Una volta sola il nome di questa Maria Desclauzas?

Marietta                      - Mi sembra di no... mi sembra che altre volte... Ma confesso che non vi ho dato molta importanza...

Joe                              - Ma gliela dò io... 0. K., Miss Clavel... Thank you very much.

Marietta                      - Devo portare qui il Duca... o verrete voi di là?

Joe                              - No. Nessuna solennezza... non deve lui passare di qui per andare su? Ecco... Allora fate come se portaste in camera... Good bye, Miss Clave!. (Marietta con un cenno di saluto esce).

Joe                              - Vi confesso che non ho capito il per­chè di quel grottesco interrogatorio...

Joe                              - i No? Well... Non siete voi francesi che avete inventato il proverbio ce Cercate la donna »?

Stefano                       - E avreste l'ardire di supporre che quel vegliardo venerabile?...

Joe                              - Quarantadue anni fa non era tanto ve. gli ardo e tanto venerabile... (Calmandolo) Co­me... Mio caro Stefano, io credo che dovreste sentire quello che diremo vostro nonno e io...

Stefano                       - State certo che non vi lascerò soli.

Joe                              - No... Questo è un poco troppo... Look here... Voi e Martha sedete qui in questi dui poltroni... e non muovete... egli non vedrà. E crederà di essere solo. Ma voi sarete qui. E sentirete, sì? Va bene?

Martha                        - (a Stefano che vorrebbe protestare) Facciamo così, darling. Io credo con te che tuo nonno non ne ha colpa. Ma se fosse lui che ha venduto... E' meglio che non ci veda (A Joe) Good lucie, Uncle.

Joe                              - (ironico) Good luck, sì! E io che ero venuto in Europa per riposare!

Martha                        - (carina) Sarà un motivo di tpiù perchè io ti voglia bene! Coraggio, Uncle.

Joe                              - Coraggio? Non ho mai avuto bisogno. Ma se è stato lui... e io riesco a fare lui dire... dopo anche Al Capone mi farà ridere! Eccolo. Sit doivn now. And be quiet. (1 due obbedi­scono).

Marietta                      - (entra spingendo nella sua poltro­na Gontrano) Sì, signor Duca, è ora di an­dare a letto... Ecco anche il signor Mark che vi dà la buona notte...

Joe                              - Oh, buona notte, Duca... sogni felici.

Gontrano                    - Buona notte, buona notte. Ve­dete a che cosa sono ridotto, signor Mark? A letto presto... come un ragazzino.

Joe                              - Questo vuole dire che siete tornato giovane, Duca...

Gontrano                    - (ride) Eh! Eh! Che carattere gioviale... Sempre voglia di burlare... Clavel, mi è molto simpatico questo signor Mark... (Joe fa a Marietta cenno di andarsene).

Marietta                      - (cogliendo la palla al balzo)   - > Si­gnor Duca... Non vi dispiacerà se io torno un momento di là... Ho dimenticato qualcosa...

Joe                              - ' Sure, miss Clavel... Il Duca vi lascia andare. Non è vero, Duca? Noi resteremo qui a parlare un poco dei nostri tempi...

Gontrano                    - (ridendo) Oh... i nostra tempi... Che volete saperne voi, bambino? (A Marietta) Andate pure, figliuola mia... Sarò ben lieto di scambiare due chiacchiere col signor Mark... (Marietta si inchina ed esce) I nostri tempi, eh? Ma sapete che io avevo già trent'anni quando regnava in Francia Sua Maestà Napoleone III? Novantatrè anni, signor Mark... novantatrè.

Joe                              - (esagerando) Non li dimostrate... sem­brate ancora un giovanotto...

Gontrano                    - (ridendo) Un giovanotto, sì... siete un adulatore, signor Mark... Un vùlissimo adulatore...

Joe                              - (gioviale) Perchè voi vi ricordate di quando eravate un uomo giovane. Ma io non ho avuto lo piacere di conoscere voi, allora...

Gontrano                    - Eh... non ero poi tanto male... non ero poi tanto male...

Joe                              - Chissà quante piccole belle francesi hanno perduto loro testa per voi...

Gontrano                    - Non ero poi tanto male... non ero poi tanto male...

Joe                              - Diciamo fra di noi, Duca... Io compiango defunta Duchessa... avrà dovuto tenere suoi ocelli bene aperti... Le donne dovevano essere pazze di voi... (Con un viso umiliato per la bugia che deve dire) Si vede ancora oggi... (Gontrano è evidentemente in brodo di giuggio­le) E poi... io credo voi dovevate essere molto generoso, sì? Fiori., gioielli... vestiti.

Gontrano                    - (fatuo) Eh... le belle donnine costavano anche ai miei tempi...

Joe                              - (celando l'importanza della domanda con un tono esageratamente leggero) Dovete ave­re dato uno hello morso al capitale dei San-delle-Lafitte...

Gontrano                    - (con un risolino idiota) Eh... eh...

Joe                              - (incalzando) Eravate voi solo arbitro di tutto... oltre allo patrimonio... il castello... tutti i ricordi preziosi... mobili... statue... qua­dri...

Gontrano                    - (di subito insospettito) Che cosa c'entrano i quadri e le statue? Che cosa inte­ressa a voi quello che io facevo? Facevo quello che volevo e non devo renderne conto a nes­suno.

Joe                              - (e. s.) Sure... Naturalmente... voi era­vate il padrone di tutto... voi potevate fare tut­to... anche vendere, se volevate...

Gontrano                    - (sempre più rabbuiato) Che co­sa vendere? Io sono il Duca di Sandelle-Lafìtte e non sono un trafficante di antichità!...

Joe                              - . Naturalmente! (Fra sé) Se non è lui mi faccio tagliare una gamba! (Altro tono) Vo­glio dire che io invidio voi... vostra vita... Oh, la Francia!... Parigi... Allora uno poteva se di­vertire... e quando uno è vedovo... anche io sono vedovo... e da quando mia povera moglie... (Schiocca le dita con esagerato entusiasmo) Oh! (Confidenziale) C'è stata una piccola donna che... Due gambe... due occhi... un schieno... su mia parola, la più bella girl che io abbia mai veduta!

Gontrano                    - (interessato, cupido) Sì?

Joe                              - Oh, voi siete uno intenditore... Well, io scommetto voi non avete mai veduto una donna come quella.

Gontrano                    - (compassionevole) Mi fate sor­ridere! Ne ho conosciuta io una...

Joe                              - < Come la mia non possibile.

Gontrano                    - (beandosi al ricordo) Tutta Pa­rigi era pazza per lei... Che spalle... che linea... e che voce... avreste dovuto sentirla e vederla nella « Figlia di Madame Angot ».

Joe                              - (fra sé) Ci siamo.

Gontkano                    - Conoscete la figlia di Madame Angot? (Joe ha un gesto di diniego) Interpre­tava il ruolo di Madamigella Lange... un so­gno... un sogno... quando cantava « I guerrier d'Augerau son fantocci... son bambocci... Noi deboli pur li vinciam... ». I parigini impazzi­vano...

Joe                              - (confidenziale) E voi eravate... lo pre­ferito...

Gontrano                    - (intenerendosi) Lo fui... lo fui... ma le parigine erano incostanti anche allora...

Joe                              - Oh! Fece voi becco?

Gontkano                    - I Sandelle-Lafìtte non sono di quelli che tollerino... ma la perfida fuggì...

Joe                              - (prendendo mentalmente nota) Oh! (Ripigliando il tono di confidenza) Forse qual­cuno dii più generoso...

Gontrano                    - Macché... un suonatore di trom­bone... un suonatore di trombone... e pensare che io le avevo dato tutto quel che voleva... Oh, ero pazzo... pazzo di lei... Tutto quel che vo­leva... Non potete neppure immaginare... per lei... proprio per lei... arrivai a...

Joe                              - (ansioso) Arrivaste a...?

Gontrano                    - (divagando) « I guerrieri d'Au­gerau son fantocci, son bambocci... ».

Joe                              - (fra sé) Se non è lui mi faccio tagliare un braccio. (Cambiando ancora tattica) Io pre­go, duca... accennate ancora quel musica... (Sto­nando apposta) a I guerrieri d'Augerau son fan­tocci... ».

Gontrano                    - No... (corregge) « I guerrieri d'Augerau son fantocci... son bambocci... ». E che musichetta! Altro che i vostri fox trott da indemoniati... E il valzer del secondo atto... ce Vola... vola... ».

Joe                              - E' curioso. Mio padre quando era di buon umore, cantava sempre quella storia di guerrieri d'Augerau... Forse aveva sentito a Parigi. Papà era stato da giovane a Parigi mol­to tempo... Suonava in orchestra...

Gontrano                    - Eh... Può essere... può essere...

Joe                              - Era un bello uomo... E di giovane... era proprio bello... Anche lui avute sue avven­ture... Mi raccontava sempre che a Parigi conosciuto un bella artista di operetta... e scappa­rono insieme...

Gontrano                    - Eh, le attrici di allora erano belle e pazzerelle...

Joe                              - E quella lui diceva era molto bella e molto pazza... Si chiamava Maria Desclauzas...

Gontrano                    - (sobbalzando) Cosa?

Joe                              - Sì. Era una grande artista, lui diceva.

Gontrano                    - Maria Desclauzas?

Joe                              - Sì. Dice che lei scappò con lui, perchè era stanca di stare con uno nobile francese mol­to stupido...

Gontrano                    - Voi... voi...

Joe                              - E molto avaro...

Gontrano                    - Così diceva? Molto stupido e molto avaro?

Joe                              - Sì. M,a lei sapeva lui fare pagare... E lui rovinò sé stesso...

Gontrano                    - Per lei... per lei...

Joe                              - Sì... E lei scappò perchè lui non vo­leva regalare a lei un quadro...

Gontrano                    - Non è vero...

Joe                              - Non è vero. Carne sapete voi?

Gontrano                    - Era lei... Maria Desclauzas... Maria... Era lei, Mimi! Ma non è vero del qua­dro... Se lei me l'avesse chiesto... Io non sa-ipevo negarle niente...

Joe                              - Se avesse chiesto voi avreste dato?... (E fa un cenno ai nipoti).

Gontrano                    - Ma certo... le avevo dato tutto!

Joe                              - Ma forse il Mudilo era la sola ricchez­za che restava a voi...

Gontrano                    - Vi dico che erlielo avrei dato.

Joe                              - Perdonate a me... ma io non credo... uno tesoro di famiglia...

Gontrano                    - E non le regalai anche i gioiel­li della mia povera Elena?

Joe                              - Ma gioielli non sono il Murillo.

Gontrano                    - Non le feci donazione dei nostri possessi in Provenza?... Tutto... tutto... Le detti tutto!

Joe                              - (facendo un ultimo cenno ai due in ascol­to) Ma come avete potuto fare voi a vivere ancora se tutto avevate dato a lei?

Gontrano                    - Fu appunto per cùò che dovetti poi vendere il Murillo...

Joe                              - (altro tono) Dunque siete voi che ave­te venduto? (Volgendosi a Stefano) Stefano... Adesso avete capito che io sono un cane di razza...

Gontrano                    - Stefano ? Non è vero! Io non ho venduto niente... Non ho venduto niente!

Stefano                       - Quanto era meglio che voi aveste parlato prima, nonno' mio. Per il vostro silen­zio sismo stati per sospettare un innocente. Scu­satemi, signor Mark.

Joe                              - Voi siete un buon ragazzo, Stefano, ma volete sempre fare uno dramma di tutto. Voi non sospettavate di un innocente, sospettavate di me... Non è la stessa cosa... (Stefano sorride ed esce per un, attimo).

Gontrano                    - (a joe) Non è bello, signor Mark, approfittarsi così di un vecchio... Non è bello... Non è bello... Soprattutto visto che vostro pa­dre...

Joe                              - Mio padre non è inai stato ,a Parigi, Duca, e non ha mai suonato lo trombone... Era una bugia. Su mia parola non ho mai detto tan­te bugie come da quando sono in Francia. Do­mando a voi ancora scusa. (A Martha) Are ^ou satisfied, sweetie?

Martha                        - Uncle, darling... Io credo che ti devo chiedere scusa io anche a nome di tutti.

Joe                              - You see, honey... In questa casa c'è un grande difetto... Si deve oassare metà della gior­nata a chiedere scusa a qualcuno.

(Sofia e Anna Maria entrano con Stefano).

Sofia                           - (a Gontrano) Dunque è vero, padre mio? Siete stato voi?

Gontrano                    - Io non devo rendere conto a nes­suno di quello che ho, fatto... A nessuno devo rendere conto...

Joe                              - (a Sofia) Io credo adesso non serve a niente discutere con quello povero vecchio, du­chessa...

Sofia                           - (a Joe, severa) Voi... voi... osate an. cora rivolgermi la parola, voi... dopo d'avermi inga-gannata sul vostro vero essere?

Joe                              - (sorridente, insinuante) Voi mi avete detto che non era possibile tenere a me ran­core...

Sofia                           - (meno severa) Si... ma...

Joe                              - . E voi, Anna Maria, non avete detto di essere mia amica?

Anna Maria                 - Sì, ma...

Joe                              - i Ma... ma io me ne vado, duchessa. E questa volta veramente non sentirete più mai parlare di me. Non faccio per voi, faccio ner lei... (Passa un braccio attorno alle spalle di Martha) Vado via. State tranquilli. Però... (stringe a sé la nipote) Siate buoni con lei. Lei non ha colpa se io sono... così. She's a good little girl... E' una buona ragazza, lei. Siate buoni con lei... (Minaccioso comicamente) Se no, io torno qui. (Altro tono) Dovete ricordare che io posso essere qualunque cosa... ina qui ho rimesso molte cose a posto!

Anna Maria                 - (d'un tratto) Molte... Tranne la più imjporlante. Il Murillo.

Joe                              - Eccolo qui, il Murillo! Sembrava stra­no che non tornava fuori! Ma quello che ave­vano rubato io ho ritrovato.

Anna Maria                 - G';ò non toglie che non potre­mo accettare l'offerta dello Stato... ed esso non potrà essere venduto al Louvre.

Joe                              - Oh, perchè? Louvre compra tanti qua­dri falsi...

Sofia                           - (con un grido) Ma c'è di pe-pegeio! (Tutti la guardano interrogativi) Per respingere la po-proposta del Louvre... dovremo dire la verità...

Joe                              - Ma come è doloroso dire la verità nel­la vostra famiglia!

Sofia                           - Ci saremo dunque dati ta-tanta pena per evitare uno sca-scandalo che sco-coppierà ugualmente... E questo è merito vostro, signor Joe Mark.

Joe                              - Oh... Il Louvre non avrebbe comprato ad occhi chiusi.

Martha                        - Questo è vero, duchessa... Uncle Joe ha ragione.

Sofia                           - Vostro zio ha sempre ragione per voi, mia cara Martha.

Martha                        - (sottovoce a Joe) Oh... non mi chiama (più. cara figliuola.

Joe                              - (dopo una piccola pausa meditativa, so­lenne) Sì... io ho sempre ragione. Joe il Ros­so è abituato ad avere sempre ragione. Signori Duchi di Sandelle-Lantte... Io dico a voi una cosa... Oggi è lo 16 di agosto... Lo... (Sembra fare un calcolo mentale) sedici di settembre voi potrete vendere a Louvre vostro famoso Mu­rillo.

Stefano                       - Ma vi rendete conto di ciò che dite? Vendere un falso?

Joe                              - (c. s.) No. Vendere un vero.

Sofia                           - Ma se l'originale fu venduto ai Van-derbiit.

Joe                              - (c. s.) Voi avrete l'originale.

Tutti                            - L'originale? Ma come sarà possibile?

Joe                              - (dominandoli) Vi farò avere io.

Sofia                           - Voi? Vorreste rico-ricoco-ricom-prarlo ?

Joe                              - Comprare? No! (Ride, poi generoso) Red Joe non ha bisogno di comprare. Adopera altri sistemi. (Un attimo di indecisione).

Stefano                       - (sbigottito) Che? Voi vorreste?... (E starebbe per protestare).

Sofia                           - (lo interrompe, maestosa) Signor Mark, noi vi ringraziamo. (E gli stende la mano solenne mente).

Joe                              - Non c'è di che, Duchessa. Io sono abi­tuato.

Sofia                           - (andando a destare Gontrano che si era appisolato) Padre mio... padre mio... Il si­gnor Mark ha promesso che ci restituirà il no­stro Murillo.

Gontrano                    - (molto commosso) Veramente? Veramente?

Joe                              - Sì. Io ho promesso.

Gontrano                    - (faticosamente si alza dalla sua pol­trona, gli stende una mano) Sono sette gene­razioni di Sandelle-Lafitte che vi ringraziano in me!

Joe                              - You're awfully kind! (Poi a Martha, allegramente) Bisognava proprio che io rubassi per avere la loro stima!

FINE DELLA COMMEDIA