Johnny Belinda

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CliOMREMMO ILLA TRINIDAD

JOHNNY BELINDA

Dramma in tre atti

di ELMER  HARRIS

Versione e adattamento italiano di Bruno Arcangeli e Daniele D’Anza

PERSONAGGI

BELINDA 

JOHN MAC DONALD(detto anche BLACK MAC DONALD), suo padre  MAGGIE, sua zia

Il dott. JACK DAVIDSON 

LOCKY MAC CORNICK 

STELLA

LA SIGNORA LOTZ 

LA SIGNORA MAC KEE

MAC GUFFY

JIMMY DINGWELL

IL REVERENDO TIDMARSH


ATTO PRIMO

Il  mulino di Black in una piccola isola all'estremo nord del Ca­nada. All'alzarsi della tela, la signora Lutz è seduta su una vecchia cassa con un -paniere di uova a sinistra. Me Guffy è seduto su un gradino. Dingwell su un sacco di fronte alla tramoggia. La signora Mc Kee è a destra, in piedi, vicino ad una cassa con un cestino di mele. La scena è la stessa per tutta la commedia.

QUADRO PRIMO

Locky                            - (parla verso l'interno del mulino) Ehi, Mac! Dove diavolo è la mia farina?

Mc Guffy                      - Ma come? Non è ancora pronta?

Locky                            - Macché! La mia vecchia farà un putiferio.

Dingwell                       - E neppure il granoturco è pronto? Fa sempre così, Mac. Non ci si può mai fidare.

La signora Lutz             - Mai! Mai! E' un uomo senza parola: finisce sempre coll'andare in malora.

La signora Mc Kee       - Brava, signora Lutz! Io, del resto, non mi fido mai di nessun uomo.

Dingwell                       - Proprio di nessuno, signora Mc Kee?

La signora Mc Kee       - Di nessuno!

La signora Lutz             - Io invece di uno mi fido...

Mc Guffy                      - Mica di vostro marito, spero.

La signora Lutz             - No, parlo di un sant'uomo.

Dingwell                       - Conoscete un sant'uomo? Davvero?

La signora Lutz             - Il reverendo è un sant'uomo.

La signora Mc Kee       - Beh, sapete come la penso io? Che dei santi uomini bisogna fidarsi ancora me­no che dei propri mariti...

Dingwell                       - Ma il reverendo, signora Mc Kee...

La signora Lutz             - Zitto che sta arrivando... (En­tra il reverendo Tidmarsh) Buongiorno, reverendo.

Il Reverendo                 - Buongiorno.

La signora Mc Kee       - Come mai da queste parti?

Il Reverendo                 - Vado da John McAdame. (La signora Mc Kee volta la schiena quando sente no­minare McAdame) E' un senza Dio, lo so, ma sua moglie è una brava e buona sorella della nostra chiesa e... un'ottima cuoca. L'altra notte ha dato un altro contributo alla riproduzione della razza.

La signora Mc Kee       - Cosa? Un'altra volta? Ma deve averne sfornati un dozzina, quella!

Il Reverendo                 - Quattordici, signora Mc Kee.

La signora Lutz             - Quattordici marmocchi! E con un marito che si può dire fortunato quando trova un tetto da coprirli.

La signora Mc Kee       - Quello pensa solo a coprir la moglie, non i tetti...

Il Reverendo                 - Dobbiamo avere un po' di carità, sorella. San Paolo dice « meglio prender moglie che desiderare», e la signora McAdame è una moglie che fa il suo dovere. E per di più, prima che co­mincino le doglie, si ricorda sempre di mettere al forno delle focaccine... E' piacevole andarle a por­tare il conforto della fede. Bene, signore, vi rivedrò mercoledì alla riunione delle consorelle.

La signora Mc Kee       - Senz'altro, reverendo, non mancherò.

La signora Lutz             - Buongiorno, reverendo.

Il Reverendo                 - Buongiorno, signore,(Il reveren­do esce).

La signora Mc Kee       - Hum! Per me, il reverendo può tirar fuori S. Paolo fin che vuole, ma l'immo­ralità è immoralità. Tutta colpa della «Genesi»; a furia di parlare di « creazione e di procreazione » fa girare la testa all'umanità. Bisogna smetterla di leggere in pubblico queste cose se si vuol combattere definitivamente il peccato.

La signora Lutz             - Ma non si può chiamarlo peccato, quando si è sposati!

La signora Mc Kee       - E' peccato originale! La debolezza della carne. E quattordici bambini non sono una buona scusa. Anzi vuol dire che hanno ceduto alla carne per ben quattordici volte.

La signora Lutz             - Già, come se bastasse una volta sola... (A Locky) Oh, Locky, ragazzo mio: come va la pesca dei gamberi?

Locky                            - Mica male, signora Lutz. Quattrocento libbre, stamattina.

La signora Lutz             - Eh! Non ti lamenterai, spero...

Locky                            - Ma non va sempre così. E poi, come si fa a metter via soldi finché uno ha tra i piedi quel bastardo schifoso del vecchio Pocket?

La signora Lutz             - Perché, non vi paga bene?

Locky                            - Bene? Quaranta centesimi per libbra: ecco quello che ci dà. E' ora di farla finita, con quel lurido pancione. Un giorno o l'altro...

La signora Lutz             - Sssst! Sta attento, Locky, Ha un sacco di quattrini, è l'unico che si può conce­dere il lusso di portare il colletto duro tutti i giorni della settimana.

Locky                            - Glielo faccio io, un giorno o l'altro, il colletto duro, a quello li... (Entra Stella).

La signora Lutz             - Buongiorno, Stella! (Stella fa due o tre passi verso la porta della casa del dottore).

Stella                             - Buongiorno, signora Lutz. Salve, Locky.

Locky                            - Sei piuttosto in ritardo al nuovo la­voro, no?

Stella                             - Ero qui alle otto, stamattina, ma il dot­tore mi ha mandata da Pocket a comprare delle mosche... Va a pescare, oggi, il dottore.

La signora Mc Kee       - Pescare! Ecco tutto quello che sa fare quell'uomo. L'altra domenica se ne stava lì al fiume proprio mentre noi andavamo in chiesa. Un bell'esempio, per i giovanotti del paese. (Vol­tandosi, a Stella) Non dovresti lavorare per un uomo così, Stella.

Stella                             - Ma è un bravo dottore, signora Mc Kee, e uno pisi... pisi... pisichi... insomma, qualcosa del genere: un nome che non si sa nemmeno come si pronuncia.

La signora Mc Kee       - Molto probabilmente sarà un'indecenza. (Esce).

Stella                             - (sull'uscio della porta del dottore) Locky, mi porti a ballare, sabato?

Locky                            - (dirigendosi verso di lei) Il ballo non è il mio forte, lo sai.

Stella                             - Me lo hai promesso!

Locky                            - Beh... Vedremo.

Stella                             - Sai, ci sarà anche una gara di ballo. (Esce ed entra nella casa del dottore).

La signora Lutz             - Quando ti decidi a sposarla, Locky?

Locky                            - Il più tardi possibile, se Dio me la manda buona.

La signora Lutz             - Ti porterebbe in dote una fattoria di duecento ettari. Mica tutte le ragazze possono farlo, da noi.

Locky                            - Quella vecchia trappola di fattoria che le ha lasciato suo zio? Ma se è tutta rovinata! Da quando lui è morto l'hanno lasciata andare alla ma­lora...

La signora Lutz             - Ci vuol poco per rimetterla a posto. C'è persino una quantità di abeti per co­struirvi una casa nuova. Diventeresti ricco, Locky! Ci penserei su, se fossi in te.

Locky                            - Non ho fretta.

La signora Lutz             - Sarebbe anche un modo per aiutare tuo padre.

Locky                            - Stella è una brava ragazza, lo so, ma bon­tà e bellezza sembra che non vadano mai insieme.

La signora Lutz             - Non è la bellezza che fa le buone mogli, ragazzo mio. (Avviandosi).

Locky                            - No, ma rende tanto più facile lo sve­gliarsi.

Dingwell                       - Senti, Locky, se non la porti a bal­lare tu, ce la porto io.

Me Guppy                     - (alzandosi) Se è per questo, sono io che ci ho pensato per primo.

Locky                            - Un momento, un momento, ragazzi; a ballare ce la porto io. Al massimo, voi potete giocare a testa e croce, per un ballo con lei, se proprio avete l'acquolina in bocca. (Esce).

Me Guppy                     - Toh, giochiamola subito. Testa io e croce tu, va bene? (Giocano) Ah, ah! Testa! Ho vinto io! (Esce).

Voci dal di fuori           - Salve, Mac... Salve, dottore... (Dingwell si siede su un gradino; entra il dottor Jack).

Dingwell                       - Salve, dottore.

Il Dottore                      - Buongiorno a te, Dingwell.

Dingwell                       - Va per trote?

Il Dottore                      - Vorrei provare allo stagno nero, oggi, vicino al mulino. Non ci sono mai stato, ma me ne hanno parlato tanto.

Dingwell                       - Ah, ah. Attento a McDonald. Con la scusa che è il padrone del mulino, è capace di fare a pugni appena lo guardi. Un carattere infer­nale.

Il Dottore                      - Perché? Credi che mi piglierà a pugni se vado a pescare nel suo stagno?

Dingwell                       - Meglio chiederglielo prima. E' un tipo poco alla mano. Orgoglioso come un pavone. E' il discendente diretto del primo colono di qui, John McDonald, un uomo molto rispettato alla corte di Giorgio III.

Il Dottore                      - Deve essere un tipo interessante, questo McDonald.

Dingwell                       - La vedova McKee, tanto per cam­biare, direbbe: « Non ha mai messo piede in chie­sa, in questi ultimi quindici anni ». E sapete perché? Sua moglie era la più deliziosa donna che Dio abbia mandato su questa terra; ed è morta. McDonald era un buon fedele, badate... Se ne stava per delle ore in chiesa seduto vicino alla finestra, e di lì po­teva vedere la tomba della sua donna. Ma ecco che Charlie Coffin vuole quel posto... era sempre stato il suo. « Al diavolo te, e il tuo posto! » grida il vec­chio McDonald e da allora più niente chiesa. Non se la fa più con nessuno, a dire il vero...

Il Dottore                      - Bene, Dingwell, grazie del consi­glio. Vieni da me una sera o l'altra. Ci facciamo una fumata insieme.

Dingwell                       - Grazie, dottore. Purché il tabacco ce lo metta lei. (Esce).

Il Dottore                      - Intesi. (Entra Belinda con un sacco. E' mezzo vuoto. Lo solleva e versa il contenuto nella tramoggia, poi lo scuote) Di', ragazza, ti rincresce se pesco nell'acqua del mulino? (Non riceve risposta e scende alcuni gradini fino a trovarsi nel piano inferiore) Ti rincresce se...

Belinda                         - (si gira e si meraviglia vedendolo).

Il Dottore                      - Oh, scusami, non ti volevo spaven­tare. Volevo solo sapere se posso pescare qui, nel vostro stagno.

Belinda                         - (nota la lenza e il cestino da pesca del dottore. Gli passa davanti. Va sulla piattaforma, afferra la corda della campana dallo sgabello e la suona all'esterno del mulino. Poi trascina uno dei sacchi vicino alla trave di sinistra).

Il Dottore                      - (la guarda; poi le si avvicina per aiu­tarla) Lascia, faccio io. (Toglie il sacco dalle mani di Belinda e cerca di alzarlo, ma gli scivola tra le braccia).

Belinda                         - (lo guarda senza un sorriso, prende un altro sacco, lo solleva. Se lo mette sulle spalle e va a rovesciarlo nel seminatoio).

Il Dottore                      - Ma posso impararlo anch'io, il truc­co! (Riprende il sacco che aveva lasciato cadere e se lo pone sulle ginocchia, poi lo prende in braccio. Black Mc Donald compare nel vano della porta con un'ascia in mano e un sacco di patate nell'altra. Il dottore appoggia il sacco contro un pilastro).

McDonald                     - Beh! Cosa succede? Piglia fuoco il mulino?

Il Dottore                      - Oh! Buongiorno. Parlo con Black Mc Donald, senza dubbio.

McDonald                     - Infatti.

Il Dottore                      - Ti rincresce se pesco qualche trota nelle acque del mulino? So che ce ne sono da queste parti.

McDonald                     - Le costerà cinquanta centesimi.

Il Dottore                      - (tirando fuori di tasca i soldi)  Be­nissimo. Sono il nuovo dottore venuto da Souris.

McDonald                     - Oh! allora bastano venticinque. (Dà al dottore il resto).

Il Dottore                      - Grazie. Ho chiesto alla ragazza se potevo pescare, ma non mi ha dato molta soddi­sfazione.

McDonald                     - Eh! Mia figlia è sordomuta! (Batte un colpo con l'ascia sui gradini).

Belinda                         - (si gira con uno sguardo impaurito).

McDonald                     - (le lancia il sacco di patate, poi si dirige verso il dottore, prende la roncola e inco­mincia ad accomodarne il manico).

Il Dottore                      - Sordomuta? Ma è terribile!

McDonald                     - Ma lei non lo sa. Non se ne ac­corge neppure. E chi non capisce, non soffre.

Il Dottore                      - Dalla nascita?

McDonald                     - No; è stata una febbre, quando aveva meno di un anno. Poi, quando venne l'ora che parlasse, nessun suono le uscì di bocca. E' cre­sciuta così, muta.

Il Dottore                      - E non è mai stata a scuola?

McDonald                     - A scuola? Ma, giovanotto, se è sor­domuta. Non si può insegnarle niente. Tutto quello che sa gliel'ho insegnato io, a forza. (Fa cenno di pugni e calci. Prende un registro sciupato attaccato mediante chiodo e corda ad una trave, mostrando le pagine al dottore) Questa è tutta la sua scienza. Vede? Io faccio un segno speciale in cima alla pa­gina, diverso per ogni cliente: una croce per McGuinis, un tondo per McGuffrey, due linee parallele per McGuigans e così via, e un segno per il granoturco, un altro per l'avena, un altro per la farina gialla. Quando i sacchi arrivano, la Muta li marca sul quaderno e quando sono riempiti segna che sono stati consegnati. Ha imparato a riconoscere ognuno dal suo segno. Guardi, non ha mai fatto un errore, glielo garantisco. (Rimette a posto il quadernino).

Il Dottore                      - Questo dimostra che tua figlia è una ragazza intelligente e che dovresti mandarla ad una scuola per sordomuti. Ce n'è una molto buona a Montreal. Me ne sono occupato anch'io, quand'ero studente.

McDonald                     - Montreal? Costerà un sacco di soldi! E i soldi non crescono sugli alberi, da queste parti. Possiamo già dirci fortunati se riusciamo a tirare avanti la carretta e a campare alla giornata, caro dottore.

Il Dottore                      - (guarda Belinda) Capisco, ma po­trebbe imparare, ne son certo.

McDonald                     - (incomincia a interessarsi) Il dot­tore che era qui prima di lei diceva che qualcosa sente. Ma sa il Padre Eterno cosa sente! Sembra che le piacciano i colori. Tutti questi fiori qua davanti, sono suoi. Anni fa, una volta, l'ho portata in chiesa, stavano suonando l'organo, e la sua fac­cia, i suoi occhi... avevano una espressione... non so dire... come se sentisse. Ma io sapevo che non sen­tiva un accidente di niente... E' una creatura strana, assomiglia più a un animale che ad un essere umano.

Belinda                         - (è rannicchiata sulla tramoggia. E' piena di paura. Guarda il padre ogni tanto, mentre pela le patate).

Il Dottore                      - Ma perché non provi a parlare con lei?

McDonald                     - Parlare con lei? Non ho nessuna voglia di sprecare il fiato.

Il Dottore                      - Sbagli. Potrebbe imparare a leggere sulle tue labbra.

McDonald                     - (meravigliato) Senti questa! Dav­vero? Leggere le mie labbra?

Il Dottore                      - Come si chiama?

McDonald                     - Come si chiama? Accidenti, l'ho dimenticato! Tutti la chiamano la «Muta»... Mia moglie è morta quando lei è nata; voleva chiamarla come la sua nonna. Cristo, come si chiamava la vecchia? Belinda! Belinda McDonald.

Il Dottore                      - Belinda. E' un vecchio nome scoz­zese. Bello. Ci sono sempre state Belinde in Scozia, fin dall'epoca dei primi capi scozzesi.

McDonald                     - I primi capi scozzesi? Guarda che discendenti han fatto! (Si addita).

Belinda                         - (riprende a trasportare sacchi).

Il Dottore                      - Ma, Mc Donald, non fa un lavoro troppo pesante, tua figlia?

McDonald                     - E come dobbiamo fare a vivere in un posto come questo, senza neanche un aiuto? Sono solo con mia sorella da quando mia moglie mi ha lasciato, e in quel modo. Non doveva morire...

Il Dottore                      - Meglio perdere una persona che si ama così, perché muore, piuttosto che perderla da viva, perché ci abbandona...

McDonald                     - E' la vostra storia?

Il Dottore                      - Non è originale, ma è la mia storia. Si ama una donna e poi si resta soli. Ecco perché sono finito qui. E' sempre come se cercassi qual­cuno, d'allora.

McDonald                     - Ma io le sto facendo perdere tem­po... (Si avvia).

Il Dottore                      - Non ti rincresce se rimango qui a parlare con Belinda?

McDonald                     - Parlare? Ma rimanga finché vuole. E buona fortuna con le trote. Verrei volentieri anch'io a pescare, ma ho le pecore da tosare. (Av­viandosi) Non si tira mai il fiato, in questa porca vita! (Esce).

Il Dottore                      - (guarda Belinda) Povera creatura! Forse ti potrei aiutare... (La tocca sulla spalla) Be­linda!

Belinda                         - (trasalisce).

Il Dottore                      - Non aver paura, vieni qua.

Belinda                         - (si muove timidamente verso la trave di sinistra, mentre il dottore è vicino alla trave di destra).

Il Dottore                      - Dove - si - può pescare? (Accom­pagna queste parole con un gesto che vuol signi­ficare i pesci) Pescare.

Belinda                         - (non capisce).

Il Dottore                      - (indica i suoi arnesi da pesca).

Belinda                         - (capisce e va sulla soglia di casa, da dove indica con la mano un posto che non si vede, a sinistra).

Il Dottore                      - Questo vuol dire: «pesce».

Belinda                         - (cerca di copiare i gesti e riesce piutto­sto bene).

Il Dottore                      - Bene! Brava! (Ora indica un gallo nel pollaio e fa un segno).

Belinda                         - (imita il dottore).

Il Dottore                      - E' un «gallo»! Gallo... quelle sono « galline»... (Fa il segno delle galline) Molto bene... (Sente un grido di gabbiano e lo indica e fa il se­gno che corrisponde al volo).

Belinda                         - (lo ripete).

Il Dottore                      - Ecco, brava! (Indica una mucca) Mucca.

Belinda                         - (fa il segno del mungere).

Il Dottore                      - Benissimo! E ora vediamo quanto ti ricordi: «pesce, galline, gabbiano, mucca...».

Belinda                         - (ripete i segni).

Il Dottore                      - Perfetto! Chi ha detto che non puoi imparare?... Belinda! Io ti insegnerò a leggere. (Fa segno per leggere).

Belinda                         - (non ha afferrato il significato).

Il Dottore                      - (prende il quaderno appeso alla trave e indica le parole scritte sulla copertina, ripetendo il segno per leggere) Leggere... scrivere... (Fa il se­gno in una pagina interna del libro) ... e parlare... (Fa il segno con la bocca) Parlare. (Ripete il segno).

Belinda                         - (tenta di fare il segno con la bocca, poi ne afferra il significato, riesce a farlo, lo guarda con sguardo ardente e batte le mani).

Il Dottore                      - Sei contenta? Quando qualcosa ti piace fa' così. (Fa con le mani un segno circolare nel punto dove si trova il cuore) Ora sei contenta. (Fa di nuovo il segno del cuore).

Belinda                         - (ripete e capisce).

Il Dottore                      - Belinda, io sono - contento - di aver - visto - te. (Dialogo segnato).

Belinda                         - (faticosamente fa dei segni e il dottore traduce).

Il Dottore                      - Questa sei tu, questo sono io e questo è « sono contento. Tu - sei contenta - di incontrare me». Sei una scolara meravigliosa. (Si alza).

Belinda                         - (lo tocca, gli indica i suoi arnesi da pesca e gli fa il segno di « pesce»).

Il Dottore                      - Sì, vado a pescare, Belinda, ma - ti rivedrò - presto.

Belinda                         - (non capisce).

Il Dottore                      - Io - ti - vedrò - presto. (Non ri­corda il segno di € presto») Beh! Non importa... arrivederci. (Esce).

Belinda                         - (lo guarda andare, si gira, si guarda le mani mentre fa il gesto di « sono contenta » e rie­sce a farlo molto bene. Poi con molta grazia ripete il segno di ciò che ha imparato: « Acqua, terra, campo», poi saluta il gallo e le galline e tutto attorno a lei, con commossa gaiezza).

QUADRO SECONDO

Stessa scena del primo quadro.

(Dingwell è seduto a sinistra; entre Locky ridendo e canticchiando insieme a McGuffy e Stella. Va a suonare il campanone che è nell'aia. Gli altri vanno a scherzare con Dingwell).

McDonald                     - (entrando) Cosa vuoi fare, Locky? Fracassarmi la campana? (Mentre McDonald parla tutti stanno zitti).

Locky                            - Dov'è la mia farina, Mac?

McDonald                     - Come, non è pronta? Ma non ti ha servito la Muta? Piuttosto, di' un po': sei in regola col registro?

Locky                            - Certo. La Muta ha marcato.

McDonald                     - Beh! Se Locky era il primo e non è stato ancora servito, è proprio inutile che gli altri stiano qui ad aspettare. (Mormorio deluso e irritato da parte degli altri).

Me Guppy                     - Ascoltami bene, Mac: se questo granoturco non è macinato per domani a mezzo­giorno, io me lo riprendo e lo porto a Dundaes...

McDonald                     - Tanto meglio per me. Ne ho piene le scatole del tuo maledetto granoturco! Ne porti alla macina un sacchetto per volta. Sembri un po­vero all'uscio. Ma dov'è la Muta?

Dingwell                       - Giù al ponte, con un mazzo di viole nella cintura.

Mc Guffy                      - E guarda la strada, come se stesse aspettando il Principe Azzurro che venga a pren­derla con la carrozza...

Dingwell                       - Si pettina i capelli ad ogni momento.

McDonald                     - Si pettina? I capelli?

Mc Guffy                      - Già, e se li bagna con lo sputo...

McDonald                     - Ma le ha dato di volta il cervello?

Locky                            - Che cosa dobbiamo aspettarci di più da lei, con un padre mezzo scemo!

McDonald                     - Bada come parli, Locky, o ti spacco Io stomaco con due pugni.

Belinda                         - (entra vestita con maggior cura).

Locky                            - Provati solo, Mac, tiro le reti dodici ore al giorno e mi son fatto un po' di muscoli...

McDonald                     - Fiero dei tuoi muscoli, eh? Su, avanti, chiacchierone.

Stella                             - Ma, lascialo fare, Locky.

Locky                            - Ho il vestito troppo buono, Mac.

McDonald                     - Vieni quando sei meno bello e poi mi spiace di umiliarti davanti a Stella che ti crede un Sansone, ma tieni la lingua a posto, pel futuro, ragazzo.

Locky                            - E tu bada che la farina sia pronta se non vuoi che porti il grano a Dundaes. Mc Donald  - (a Belinda che vede solo ora) Posso sapere cosa diavolo stai combinando, tu? (La prende per un braccio, le dà uno spintone) Torna al lavoro, fannullona. Cosa credi di essere? Una dama che ha tempo per sospirare? Sbrigati, su; ecco Locky, la tua farina sarà pronta tra un minuto.

Locky                            - Va bene, Mac. Vada, per questa volta.

McDonald                     - Vada per questa volta... Ma torna a farti vedere quando sei meno bello! (Dingwell attacca un'aria popolare sul violino) Bravi: ballate, fin che potete. Quarant’anni fa avevo anch'io qual­cosa da insegnarvi in fatto di gambe.

Mc Guffy                      - Vediamo.

Dingwell                       - Avanti, Mac, coraggio. Facci vedere qualche passo. Qualche passo dei tuoi tempi.

McDonald                     - Nooo! Ci vogliono altre gambe

(Esce).

Stella                             - Non stuzzicare più il vecchio.

Locky                            - Non aver paura, Stella, la peggio ce l'avrà sempre lui...

Stella                             - Già, ma io non vorrò aver più niente a che fare con te...

Locky                            - Dai, Jimmy! (Dingwell riprende a suonare il violino. Me Guffy improvvisa una danza « a solo » buffonesca).

Belinda                         - (a poco a poco si rischiarerà e comincerà a inarcare coi piedi alcuni grossolani movimenti dì danza).

Locky                            - Sai, Stella, ci ho pensato... Siamo una bella coppia noi due; dovremmo deciderci a spo­sarci, non credi? E il più presto possibile.

Stella                             - Oh! Locky! Vedrai che brava moglie sarò!

Locky                            - Allora, affare fatto?

Stella                             - Oh, sì! Certo. Dopo tanto tempo, me lo dici così all'improvviso. Sento che sto per piangere.

Locky                            - Soffiati il naso e ti passerà. Non fare la stupida.

Stella                             - Non posso farne a meno, Locky. Sono così felice!

Locky                            - Senti, Stella, dimmi una cosa: quella fattoria di tuo zio, sei proprio sicura che il vec­chio la darà a te?

Stella                             - Ma, Locky! E' già mia. Il contratto è stato firmato l'altra settimana.

Locky                            - Molto bene. E' una buona notizia ed a me piacciono le buone notizie.

Stella                             - Sapessi quanto ho sognato questo mo­mento, Locky. Ci faremo una casetta vicino al fiu­me, ed i bambini potranno giuocare nel prato.

Locky                            - I bambini! Come corri, Stella. Ne ba­sterà uno.

Stella                             - Oh! Locky! Perché? Non vorresti?

Mc Guffy                      - Andiamo, Stella: vieni a ballare con me.

Locky                            - Accidenti, guardate la Muta. Cosa suc­cede? Sembra che senta con le dita. (Si alza e inter­rompe le danze, richiamando l'attenzione di tutti che si fermano a guardare Belinda).

Belinda                         - (si accorge di essere osservata e subito si ferma. E' confusa, torna al suo lavoro).

Locky                            - (quando Belinda è tornata al lavoro) Però è carina, agghindata così. Mi piaceva guardarla muoversi; era come se udisse...

Mc Guffy                      - A me invece non piace! A me la Muta pare una morta resuscitata, ma, intendiamoci, una morta non resuscitata del tutto.

Stella                             - Dio, che discorsi, McGuffy! (Di colpo, a Locky) E non guardarla, tu!

Locky                            - Chi? La Muta, io?

Stella                             - Le state sempre con gli occhi addosso come se nascondesse chissà quali meraviglie... For­tuna che non parla!

McGuffy                       - Perché, cosa succederebbe, secondo te, se parlasse?

Stella                             - Vi abbacinerebbe tutti.

Locky                            - Non dovrebbe essere gelosa della Muta, una ragazza in gamba come te, Stella!

Stella                             - Gelosa? Io? Come sono buffi gli uomini, mio Dio.

Mc Guffy                      - E, allora, perché ti scaldi tanto?

Stella                             - Ma perché... perché se restiamo ancora un poco qui, andremo al ballo infarinati come ma­schere.

Mc Guffy                      - Questo è giusto; andiamo, via. (I ra­gazzi escono, Locky si dirige verso la trave di destra. Guarda Belinda).

Belinda                         - (si muove verso Locky).

Stella                             - Ho promesso di aiutare Gladys a vestirsi, andiamo, Locky? Sbrigati!

Locky                            - Devo aspettare questa farina o la vecchia avrà una crisi da strega dannata.

Stella                             - Voglio che tu venga con me, Locky. Non mi vuoi bene...

Locky                            - (portando Stella verso l'uscita) Su, Stella! Incamminati: la farina sarà pronta subito e con la cavallina arriverò alla festa prima di voi.

Stella                             - Tienti lontano dalla Muta, Locky!

Locky                            - Oh oh! Stella! Ancora?...

Stella                             - Tienti lontano da lei, se vuoi sposare me! Hai capito?

Locky                            - Ma, andiamo. Gelosa di una Muta! Lo sai che mi vergogno per te? Di' a Gladys che mi tenga da parte dei pasticcini di uva passita, piuttosto. (La bacia. La fa girare e le dà uno sculacciane mentre sta uscendo; entra Dingwell)

Dingwell                       - Ho dimenticato il violino. (Cerca attorno, lo prende e sta per uscire).

Locky                            - Ehi, Jim! (Lo chiama quando è già fuori).

Dingwell                       - Cosa c'è. (Da fuori. Ritornando) Cosa vuoi?

Locky                            - Lasciami il violino.

Dingwell                       - Già, bravo, fossi matto! Così me lo rovini.

Locky                            - Ma va là, che non te lo rovino... Voglio solo provarlo.

Dingwell                       - Mi raccomando, sta' attento. Mi gua­dagno un dollaro e mezzo, stanotte, a suonarlo.

Locky                            - Starò attento. Te lo porterò al ballo.

Dingwell                       - E va bene, ma non tardare.

Locky                            - Non tarderò, sta' tranquillo. (Dingwell esce. Locky siede sui gradini col violino e cerca di suonare).

Belinda                         - (è rannicchiata nella tramoggia e sta am­mucchiando farina).

Locky                            - (batte i piedi per terra).

Belinda                         - (si volta al rumore).

Locky                            - (le fa cenno di avvicinarglisi).

Belinda                         - (si muove verso Locky, guardando fissa il violino).

Locky                            - Muta! Vieni qui! Che peccato che non parli! Ti sposerei in un batter d'occhio. Dev'esser bello darti un abbraccio come si deve. Vieni qui, voglio parlarti... Cosa vuoi dire con tutti quei gesti? (L'afferra per una mano) Balla!

Belinda                         - (indietreggia).

Locky                            - (afferra per la vita Belinda) Cristo, sei bella!

Belinda                         - (cerca di divincolarsi).

Locky                            - Baciami, Muta!

Belinda                         - (si svincola e cerca di scacciarlo. Poi fugge in casa).

Locky                            - (la rincorre) Hai voglia di ballare, Muta? E balliamo. Avanti, balliamo, viene qui da me... (Fa ancora due accordi poi butta il violino. Chiude la doppia porta, afferra Belinda, la stringe a se e la bacia con violenza).

Belinda                         - (riesce a liberarsi e indietreggia fino alla parete).

Locky                            - Ti piace, di'? Ti piace? Ma che aria spau­rita che hai! Nessuno ti ha mai baciata, vero? Ho acchiappato un gabbiano, una volta, aveva il tuo stesso sguardo spaurito. Ma non aver paura, ra­gazza. Non tremare così. Come ti batte il cuore... (Per attirare ancora vicino a sé Belinda, riprende il violino e strimpella, battendo il piede e agitandosi come suonasse musica meravigliosa).

Belinda                         - (pur turbata, guarderà affascinata Locky e il violino).

Locky                            - Vieni, bellezza. Vieni a mettere la tua mano sulle corde. su avanti... (Le sorride, la invita con gesti del capo ad avvicinarsi, tanto che Belinda allungherà a distanza la mano sino al violino) Ecco, brava, così! (Le afferra la mano).

Belinda                         - (sì dibatte).

Locky                            - (la guarda tenendola ben stretta al polso) Vieni qui. Ora non mi scappi più. Sei tenera, ad­dosso... Mi piaci, Cristo... (Ha già Belinda tra le sue braccia).

Belinda                         - (ha continuato a difendersi, spaventata e stupita. Ha anche un attimo di fuggevole abban­dono. Ma per riprendersi e lottare contro una vio­lenza che ignora e che l'atterrisce).

Locky                            - (riesce a piegare Belinda, rotolando con lei per terra fra i sacchi di farina. Si chiude il sipario su luci di tramonto).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

QUADRO PRIMO

(Quando si alza il sipario, Maggie è seduta all'estre­mità destra del sofà alle prese con un arcolaio. McDonald è seduto su una sedia vicino al tavolo centrale e sta leggendo la Bibbia. I capelli di Maggie le cadono sulla fronte. Si alza, va al lavatoio; apre la credenza che è sotto, prende un chiodo dalla secchia e cerca di fermarsi ì capelli con quello, adoperandolo come forcina).

Maggie                          - Filare! Ecco cosa dovrebbe imparare a fare tua figlia. E a fare il pane, il burro, lavare, stirare. A me si spezza la schiena, sai. Stavo meglio a casa mia, ad Annandale. Di', tu. Mi senti o dormi?

McDonald                     - Non dormo, ma non ti sento. Chiudi il becco. Schiamazzi più d'una rana nello stagno.

Maggie                          - (tornando al suo lavoro) Già. E mi vor­resti dire perché ti sei vestito così in ghingheri? Camicia pulita a metà settimana. Diventi matto, McDonald? Da quando ti sei messo a far l'amico del dottore, ti tratti da ministro. Ti paga, di', per essere amico suo?

McDonald                     - (per un momento continua a leggere in silenzio; poi si alza, si gira e si avvicina alla stufa dove batte la pipa per trarne il tabacco rimasto. Rimane in piedi, pensieroso, volgendo le spalle alla stufa) Oggi sono andato in chiesa. E' la prima volta da quindici anni. Ho visto la tomba di Anna tutta coperta di erbaccia e la lapide era rotta dove è scritto « Anna - amatissima moglie - di John Mc Donald ». Che piccola cosa era la mia compagna... Te la ricordi, Maggie?

Maggie                          - Era piccola, sì, ma troppo buona per uno come te. E troppo giovane. Ed altre cose ricordo...

McDonald                     - Quella voce dolce... sembrava una musica, quando parlava. (Sì gira e -mette la pipa sullo scaffale accanto alla stufa) Dov'è Belinda?

Maggie                          - (smettendo di filare) Cooosa!? Dov'è chi?

McDonald                     - Belinda, dico; sei sorda, vecchia?

Maggie                          - John McDonald, ti ha dato di volta il cervello, non c'è più dubbio.

McDonald                     - Cosa vuoi dire?

Maggie                          - Belinda: vuoi dire la Muta?

McDonald                     - Voglio dire «Belinda», mia figlia. Perché, vecchia? Il suo nome non è la «Muta», ma Belinda. E' scritto anche qui, nella Bibbia. (Prende la Bibbia dal tavolo e la rimette al suo posto sul tavolinetto vicino all'entrata).

Maggie                          - Ma se non t'ho mai sentito chiamarla così! E nessuno l'ha chiamata Belinda.

McDonald                     - Dov'è? Dimmi.

Maggie                          - Se il dottore non è venuto a farle smet­tere di lavorare, e a predicarle il riposo e la tranquillità, sarà di sopra. Dove vuoi che sia? Riprende a filare).

McDonald                     - (siede di schianto sulla sedia vicino alla tavola) Avevo promesso a sua madre di amarla e di avere cura di lei e non l'ho fatto.

Maggie                          -  Non le hai mai fatto mancare da man­giare, ad ogni modo.

McDonald                     - Ci vuole altro. S'è fatta donna, ormai.

Maggie                          - Ah, per quello sono già cinque anni che lo è, donna forte e sana.

McDonald                     - Avrà bisogno di un uomo.

Maggie                          - Dove diavolo vuoi che lo trovi un uomo, la Muta?

McDonald                     - E' questo che mi rode. Povera bambina...

Maggie                          - Nessuno di questi ragazzi che vanno e vengono per il mulino si sognerebbe mai di pren­dersela per moglie.

McDonald                     - Nooo! Sono tutti delle carogne. Non mi fiderei mai di loro. Piuttosto... Capisci cosa voglio dire, no? Dovrei metterla in guardia, dirle qualcosa.

Maggie                          - Sì, certo che dovresti...

McDonald                     - E mandarla a scuola, dovrei.

Maggie                          - A scuola? Perché non all'Università addirittura, vecchio matto?

McDonald                     - Ci sono le scuole per sordomuti, sai?

Maggie                          - Quel dottore parla troppo. Non mi piace la gente che chiacchiera, anche se regala i purganti ai poveri.

McDonald                     - No, sono io che ho fatto soltanto chiacchiere. solo oggi l'ho capito. Così, improvvi­samente, proprio in chiesa. Strano come un uomo possa dimenticare tante cose e per tanto tempo.

Belinda                         - (entra nella stanza, scendendo dal piano di sopra, va a prendere lo sgabellino che è alla pa­rete sinistra, lo porta vicino alla stufa, e si mette a lavorare sul telaio).

Maggie                          - Eccola qui. Non fa rumore neanche quando si muove. Non cammina, è come un'ombra.

McDonald                     - Vecchia del diavolo, vattene in ca­mera tua. Hai capito? Ho una voglia pazza di par­lare con lei.

Maggie                          - Parlare con lei: sei proprio buffo, oggi, McDonald!

McDonald                     - Invece si può e tu non lo sai.

Maggie                          - No, non lo so. Meglio che me ne vada. Non rimango dove non mi si vuole, come fossi un parente povero. (Esce portandosi dietro l'arcolaio).

McDonald                     - (si alza e va accanto a Belinda).

Belinda                         - (ha un sobbalzo di paura, sì alza e indie­treggia).

McDonald                     - (avanza di un passo).

Belinda                         - (indietreggia verso il sofà).

Mc Donald                    - (allunga le mani per prenderle il lavoro).

Belinda                         - (sì rannicchia con il lavoro in mano nell'angolo del sofà),

McDonald                     - (si avvicina e le -prende il lavoro).

Belinda                         - (sembra urtata).

McDonald                     - (porta il lavoro alla luce della lam­pada sul tavolo e lo esamina attentamente) Non aver paura... Fammi vedere. Ma brava, è molto bello. Fiori di campo: fiordalisi. Sono proprio belli, sai? Qualcuno deve aver scritto una canzone sui fiordalisi. (Dà di nuovo il lavoro a Belinda).

Belinda                         - (stringe a sé il lavoro).

McDonald                     - Belinda, come sei bella! Avevo troppi guai per accorgermene, o ero troppo egoista, forse. se tu potessi parlare... Pensa quante cose ci potremmo dire, ora, io e te, io e te soli. Sono cam­biato, sai, bambina mia. So che non senti quello che ti sto dicendo, che non comprendi le mie pa­role, ma mi piace parlarti lo stesso, mi aiuta par­lare con te, Belinda. Come ho fatto a non sentirlo prima? (Le porge la mano).

Belinda                         - (la prende timidamente).

McDonald                     - (la stringe con affetto).

Belinda                         - (la ritira, non comprendendo cosa suo pa­dre voglia significare).

McDonald                     - Già, tu non capisci. Non puoi ca­pire! (Si alza e muove un passo verso la tavola) Ma qualcosa puoi capire: guardami bene! Tu - conosci il mulino - il mulino... (Fa il gesto di alzare una leva e accenna al moto rotatorio dei dischi) Bene: ecco, d'ora innanzi macino io. (Accenna a se stesso e ripete l'atto di prima).

Belinda                         - (guarda e fa con la testa un movimento di interrogazione).

McDonald                     - Il lavoro che fai è troppo faticoso per te. Questi sacchi troppo pesanti... (Alza un sacco molto pesante e ne versa il contenuto nella tra­moggia, e poi fa l'atto di disapprovare e si carica sulle spalle un sacco piccolo) Mi rincresce averti fatto faticare tanto, Belinda; ma è perché non me ne accorgevo, sai? Io, io sono forte come un toro. (Spinge il petto in avanti e se lo batte con un gran colpo rimbombante e fa segno a Belinda di tastargli ì bicipiti).

Belinda                         - (tocca timidamente).

McDonald                     - Senti? Senti. (E nello stesso tempo egli le tocca le braccia) Tu invece... (Muove qualche passo agitato in su e in giù per la scena) Tu sei morbida come una colomba. Bisogna che cerchi di ricordarmene in avvenire. Belinda, bambina mia, ma che cosa ne sarà di te? Dovrei metterti in guardia contro quella manica di canaglie, ma sa Cristo come posso farlo. Terribile è la vita qui sulla terra... lo dicono anche i preti. Ma non pensiamoci. Vediamo un po', cosa posso fare per divertirti? Ah! Ecco (S'illumina tutto per l'idea felice e chiama) Maggie! Maggie!...

Maggie                          - (da fuori) Cosa c'è, adesso?

McDonald                     - C'è ancora del granoturco avanzato da Natale?

Maggie                          - Per questo mi chiami come un dannato? Guardaci da te. E' sulla mensola, se c'è.

McDonald                     - (alla dispensa) E la graticola per abbrustolirlo, dov'è?

Maggie                          - (entrando) Hai rotto il manico l'ultima volta che l'hai adoperata. Abbrustoliscilo nella pa­della.

McDonald                     - Facciamo un po' di festa. (Le dà il sacchetto del granturco) Metti il granturco nella padella, Maggie, dov'è il sale? Dov'è il burro? Sbri­gati...

Maggie                          - Il sale è sulla mensola... (E intanto va a prendere il burro nella dispensa, lo mette sulla tavola, poi va a mettere a posto la coperta «orien­tale » sul sofà) Sciupare del burro buono e del gra­noturco per divertire la Muta! (Intanto McDonald ha preso dalle mani di Belinda il sacchetto del gra­noturco, lo ha vuotato e mentre Maggie finisce di accomodare la coperta sul sofà, glielo fa scoppiare dietro le spalle) Ma piantala! Sei scimunito del tutto? Anche un sacchetto di carta! Era nuovo... (Esce).

McDonald                     - Vattene a letto, vecchia. Sei la so­lita guastafeste, tu, tra noi. Erano anni che non mi sentivo così felice come stanotte. Vieni, figliola, balliamo, io e te. (Muove qualche passo di danza battendo il tempo sul pavimento).

Belinda                         - (sente i colpì e cerca di seguire il tempo).

McDonald                     - (la prende per le braccia per aiutarla e la fa ballare) Fate girare la dama! (Entra il dottor Jack, appende il cappotto a un attaccapanni a sinistra della porta d'ingresso).

Il Dottore                      - Bene! Baldoria, eh?

McDonald                     - Avanti, avanti, dottore! Siamo in piena festa! Ho accettato il suo consiglio, sa? Le farò fare un lavoro meno faticoso.

Belinda                         - (fa il segno: « Sono contenta di vederti »).

Mc Donald                    - (che ha visto) E che cos'è questo?

Il Dottore                      - Vuol dire: « Sono contenta di ve­derti. (Ripete il segno).

McDonald                     - Oh! Questa è bella...

Il Dottore                      - E' una ragazza molto intelligente, tua figlia, McDonald! Vedrai come imparerà in fretta.

McDonald                     - Sì, ma cosa potrò insegnarle, io?

Il Dottore                      - Quasi tutto.

Belinda                         - (si avvicina al dottore con il granoturco in una scodella e glielo offre).

Il Dottore                      - (si serve) Grazie.

Belinda                         - (offre il granoturco a suo padre che si serve).

McDonald                     - (ha guardato i segni del dottore e ri­pete) Grazie, Belinda. (Fa il segno) Era giusto? Ho fatto bene?

Il Dottore                      - Magnificamente!

McDonald                     - Credo di averle detto grazie per la prima volta in vita mia. (Ripete a se stesso il segno di «grazie») Dottore, mi insegni gli altri segni per parlarle.

Il Dottore                      - (leva dì tasca un libro, lo apre sulla tavola davanti a Mc Donald che accosta la sua seg­giola).

Belinda                         - (va vicino alla stufa sul suo piccolo sga­bello e mangia il granoturco).

Il Dottore                      - Questo è il testo su cui ho studiato. E' un linguaggio convenzionale per sordi, inventato circa 200 anni fa da un francese, un certo Abbé de L'Epée...

McDonald                     - Ma come si può riuscire a...

Il Dottore                      - Per esempio, questo vuol dire « uo­mo». (Tocca la tesa del cappello).

Belinda                         - (vede e ripete).

Mc Donald                    - (copia il gesto prima dal dottore e poi da Belinda) E « donna »? Come si fa « donna »?

Il Dottore                      - Così. I nastri della cuffia. (Fa col pollice della mano destra un gesto lungo sulla guan­cia destra) « Donna ».

Belinda                         - (copia il gesto del dottore).

McDonald                     - Non è poi difficile! Questo si chia­ma essere intelligenti; e «padre», com'è «padre»?

Il Dottore                      - «Padre». (Segno) Due effe.

McDonald                     - E questo sarei io!

Il Dottore                      - Certo.

Mc Donald                    - (fa il segno dì « padre » e facendolo si gira e vede Belinda seduta sullo sgabello vicino alla stufa che fa il segno per « madre »).

Belinda                         - (fa il segno di « madre », cioè l'atto di strin­gere e cullare un bambino).

McDonald                     - E questo sarebbe «madre»?

Il Dottore                      - Proprio così.

Mc Donald                    - (precipitandosi verso la porta) Mag­gie! Maggie!

Magcie                          - (da fuori) Cosa c'è ancora?

McDonald                     - Vieni, vieni! Ho scoperto una cosa magnifica!

Il Dottore                      - Mac, e questo « nonno »; padre venuto prima. (Segno).

McDonald                     - Ah! ah! Magnifico! Capisco perfino io che non sono muto!

Maggie                          - (entra in camicia da notte) Cosa suc­cede? Cosa hai trovato?

McDonald                     - (la copre con la coperta orientale) Copriti, vecchia, non vedi che sei mezza nuda?

Maggie                          - Colpa tua! Urli come se andasse a fuoco il mulino. Perché mi chiami quando c'è il dottore?

McDonald                     - Vieni qua. Ora attenta, Maggie: cerca di capire cosa vuol dire questo: guarda bene e pensa forte col cervello, se ce l'hai. (Fa il segno per donna) Che cosa vuol dire?

Maggie                          - Che hai il mal di denti?

McDonald                     - Ma no! E' un linguaggio conven­zionale. Vuol dire «signora». Capisci? Sono i lacci della cuffia di una signora! Hai capito?

Maggie                          - Capisco che stai facendo delle stupidag­gini! Ecco cosa capisco.

Belinda                         - (sorridendo, indica al padre una farfalla e gli ripete il gesto con le due mani).

Mc Donald                    - (rifacendo il gesto a Maggie) E que­sto cosa credi che voglia dire. Questo!

Maggie                          - E non ti agitare tanto con le mani, tu! Non sono mica io, la sorda!

McDonald                     - Vattene a letto! La tua lingua ha la potenza di far diventare perfida ogni cosa che dici! (Le tira via la coperta che getta sul divano).

Maggie                          - Ti sei proprio rincretinito, alla tua età, John Mc Donald. Mi vergogno di te! (Esce, ma pri­ma ripete il gesto della farfalla, con le mani).

McDonald                     - E noi invece celebreremo questa magnifica invenzione! (Si alza da tavola e va a pren­dere nella credenza una brocca) Vuole qualcosa da bere?

Il Dottore                      - Che cosa?

McDonald                     - Qualcosa più forte del tè.

Il Dottore                      - Benone, allora, vada per il brindisi!

Mc Donald                    - (prende due bicchieri dalla credenza) E' questo che ha fatto vincere un sacco di battaglie alla marina inglese. Purtroppo, più l'alcool rincara, più battaglie perdiamo!

Belinda                         - (va al sofà, accomoda la coperta orientale e sì siede).

McDonald                     - Ma vedrà che fuoco mette nelle vene! (Bevono. Il dottore tossisce ed ha un po' di soffocamento. Corre al lavatoio a prendere acqua).

Il Dottore                      - Ma cos'è questa roba?

McDonald                     - Oh, buccia di patate, carote e altre cosuccie... L'ho fatta io.

Il Dottore                      - (senza voce) Oh Dio! (Tossisce).

McDonald                     - E ora le devo dare la buonanotte, dottore. Ho una giornata dura domani, con la se­mina.

Il Dottore                      - Buonanotte, Mc Donald.

McDonald                     - Dottore, ho voglia di dirle qualcosa. Io non ho fatto il mio dovere con questa ragazza. Prima di stasera, non avevo pensato mai a lei, non avevo capito la sua tragedia. Deve essere una cosa terribile, questo vivere nel silenzio. E io ho tante cose da dirle, ha tante cose da dire un padre, ma non so come dirgliele.

Il Dottore                      - T'insegnerò io, Mac, e insegnerò a Belinda a leggere, a scrivere e a parlare.

McDonald                   - A parlare? Ma dottore, dice sulserio?

Il Dottore                      - Ma certo. So che è possibile...

McDonald                     - Sarebbe un miracolo, dottore...

Il Dottore                      - Riuscirò a farla parlare prima che l'anno sia finito.

McDonald                     - Ve ne sarò grato tutta la vita. Buona notte, Belinda.

Il Dottore                      - Mac, vuoi dirglielo in modo che capisca?

McDonald                     - Certo...

Il Dottore                      - Guarda: «buona notte»; buona e notte separati. (Il segno di notte è il braccio sini­stro alzato orizzontalmente).

McDonald                     - «Buona notte»... figliola? (Segna i fiocchi della cuffia. Guarda il dottore con aria dubbiosa).

Il Dottore                      - No, questo è «donna». Questo è «figliola». (Segna).

McDonald                     - «Buona notte - figliola».

Belinda                         - (molto timidamente fa segno « buona not­te, padre »).

McDonald                     - «Buona notte, padre»! E' la prima volta che mi chiama così! (Commosso finisce il suo rum ed esce per la porta delle scale).

Il Dottore                      - E, ora, Belinda, la nostra lezione. (Siede al tavolo centrale).

Belinda                         - (commossa dalla gentilezza dì suo padre, lentamente va a chiudere la porta che egli ha la­sciato aperta e rimane ferma).

Il Dottore                      - Belinda, vieni.

Belinda                         - (sì avvicina lentamente alla tavola, prende una seggiola e si siede. Improvvisamente prende la mano del dottore e la bacia. Il dottore è visibilmente imbarazzato da questo atto impulsivo. Le solleva la testa e la guarda negli occhi).

Il Dottore                      - Strana fanciulla! Ma ora, Belinda... Belinda, attenta! Incominciamo. (Ha in mano le lettere dell'alfabeto e le mostra a Belinda) Ecco -il tuo - compito. - L'alfabeto: «A». (Poi nasconde la lettera che le ha fatto vedere).

Belinda                         - (ricopia « A »).

Il Dottore                      - Benissimo. - E ora «B».

Belinda                         - (esita. Cerca di sbirciare. Il dottore na­sconde la carta. Belinda scrive « B » correttamente).

Il Dottore                      - Giusto. Brava - e ora «C»...

Belinda                         - (scrive « C » benissimo. Cala il sipario).

QUADRO SECONDO

La stessa scena di prima. La cucina di John Mc Donald.

(Il dottore entra dalla porta interna e la chiude alle sue spalle. Contemporaneamente da fuori en­tra. Maggie. Ha in testa un cappello di paglia e in mano un mazzo di carote).

Il Dottore                      - Buongiorno, Maggie!

Maggie                          - (dura e arcigna) ...giorno!

Il Dottore                      - Ho finito il mio giro in anticipo; mi è venuta voglia di pescare nello stagno, ed eccomi qui!

Maggie                          - Che è qui, lo vedo. Che sia venuto per pescare, lo dice lei, ma io... hum!

Il Dottore                      - Belinda è di sopra? Era andata per nocciole.

Maggie                          - Già, non sapevo che le aveva consi­gliato anche delle passeggiate campestri, lei.

Il Dottore                      - Belinda non si sente bene. L'ho riportata a casa io. Le ho detto di andare a riposarsi.

Maggie                          - Ah, così? Riposarsi a metà giornata! Ma chi crede di essere!

Il Dottore                      - Le duole molto la testa ed è de­bole. Non può lavorare. A proposito, dite, Maggie. Vi pare che mangi normalmente, in questi giorni?

Maggie                          - Tale e quale a noi! Non ha mai fatto storie per il mangiare. E ha sempre mangiato tutto quello che c'era. Ora, mi aspetto che un giorno o l'altro si metta a fare anche la cocchina delicata...

Il Dottore                      - Cosa volete dire, Maggie?

Maggie                          - Voglio dire che lei le ha messo in testa troppe idee matte, dottore. E se proprio vuol farci un regalo, a mio fratello e a me, la pianti di cer­care di educare quella ragazza, di farne una gran dama. Abbiamo bisogno di una persona che ci aiuti qui in casa, altro che storie! Io non perdo tempo a leggere o a scrivere, e a recitar poesie, io: lavoro per sei.

Il Dottore                      - Mi rincresce molto, ma non posso. Sono convinto che Belinda fa tutto quello che può e anche di più: ma è malata, Maggie. Per questo non ha più appetito.

Maggie                          - E' che lavora troppo poco per aver appetito!

Il Dottore                      - Io ho detto solamente che traspor­tare i sacchi è troppo faticoso per una ragazza come Belinda.

Maggie                          - Una ragazza come Belinda? Ma per che cosa l'ha presa, si può sapere, lei, quella ra­gazza? Per un fiore di serra? Nessuno si lamentava prima che lei arrivasse. La Muta faceva il suo la­voro, come tutti quelli che devono lavorare, se vogliono campare.

Il Dottore                      - Voi non l'amate, vero, Maggie?

Maggie                          - Sciocchezze! L'ho sempre trattata bene, prima che lei si mettesse in testa di farla diventare la regina di Scozia!

Il Dottore                      - Beh! Comunque, voi siete l'unica donna che Belinda conosca e potrebbe avere bi­sogno di comprensione, e di aiuto, da voi...

Maggie                          - Aiuto... da me?

Il Dottore                      - Maggie: sono quasi certo che Be­linda aspetta un bambino.

Maggie                          - Cosa?

Il Dottore                      - Era un po' che avevo questo so­spetto. Ora ho notato dei sintomi che non lasciano dubbi.

Maggie                          - Un bambino?! Povera figlia! Dio, se lo sa suo padre, l'ammazza! Chi glielo dirà?

Il Dottore                      - Io, ma per il momento, aspettiamo.

Maggie                          - E chi è stato?

Il Dottore                      - Non lo so. Davvero, Maggie, non lo so.

Maggie                          - Non le succederà niente, vero? Sono stata così dura con lei!

11 Dottore                     - Siete ancora in tempo per miglio­ rare. (Entra McDonald con aria cupa. Il dottore cambia tono) Ho lasciato la valigetta nel calesse. Vi porto subito qualcosa per il mal di testa. Oh, salve, Mac!

McDonald                     - Buongiorno, dottore, va a pescare?

Il Dottore                      - Sì, e spero di portarvi un po' di trote per cena. Ah, già, dimenticavo la tassa. (Gli dà i venticinque centesimi).

McDonald                     - No, si tenga i miei venticinque centesimi. Le porteranno fortuna. (Il dottore esce) Il dottore scherza con questi pochi soldi, ma or­mai ho bisogno anche dei centesimi. Le cose vanno male, Maggie. Faresti meglio a tornartene da dove sei venuta. Tra poco non potrò più darti neanche da mangiare, se continua questa vita da cani.

Maggie                          - Quante cretinate! Non è da te, John McDonald, parlare così sol perché in questi ul­timi tempi hai avuto un po' di scalogna!

McDonald                     - Guarda quel campo di grano! Mag­gie, non vale nemmeno la pena di mieterlo. E il mulino? Non ricordo più neppure che rumore fa.

Maggie                          - Lo ricorderai presto!

McDonald                     - Poi mi è morto il puledro e le due vacche di malattia e il fieno è così pieno di erbacce che le bestie lo mangiano solo quando crepano di fame.

Maggie                          - Ma non sei andato a Souris a pren­derne dell'altro?

McDonald                     - Ci sono andato, sì; ma lui vuole che lo paghi, e subito. Mi ha tolto anche il credito.

Maggie                          - Ti ha tolto il credito? Con che diritto?

McDonald                     - Avevo un conto da anni, conti­nuava a crescere. Mi ha caricato d'interessi in tutti questi anni. Ora non ce la faccio più a pagarli.

Maggie                          - E allora cosa pensi di fare, Mac?

McDonald                     - Lo sa Dio! Sto diventando matto a furia di pensarci!

Maggie                          - Beh! Ora non bisogna esagerare. Non andrà sempre così. Senti, Mac: dicono che questo sia il momento delle sardine: tira fuori le reti, possiamo metterne sotto sale anche noi qualche barile.

Belinda                         - (entra dalla porta delle scale. Ha l'aria dura e stanca. Fa l'atto di chinarsi e di prendere i secchi pesanti. Maggie la vede e cerca di fermarla. Belinda ha già fatto da sé perché non ha sentito).

Maggie                          - Aspetta, aspetta un momento, Belin­da... lo prendo io... Oh! Oh! è troppo pesante!

McDonald                     - Perché tanto fracasso?

Maggie                          - Niente, volevo solo prendere io i secchi.

McDonald                     - Il mangiare del maiale? Ma se lo fa tutti i giorni!

Maggie                          - Sì, ma oggi ha un mal di testa tre­mendo. Il dottore le ha detto di stare a letto.

McDonald                     - Porco mondo! Ci vorrebbe proprio un uomo, per aiutarmi. Lavoro dalle quattro di mattina al tramonto, un anno dopo l'altro. E cosa ci ho guadagnato? Il primo McDonald era pa­drone di tutta la contea. Ed io cos'ho? Un mulino fermo e ipotecato. Beh, devo andare al grano. Vieni a darmi una mano, Maggie.

Maggie                          - Vacci tu, ti raggiungo.

Belinda                         - (ritorna coi secchi vuoti. Va al lavatoio per lavarli. Mentre sta sollevandoli li lascia cadere e si rialza con aria molto sofferente).

Maggie                          - Eccomi, eccomi, cara, lascia che ti aiuti io, bambina!

McDonald                     - Come sei tenera, Maggie! Ma che ti succede?

Belinda                         - (siede sul sofà per un grande dolore come una pugnalata alla schiena).

Maggie                          - Te l'ho detto che stava male! Qua! Diamole dell'acqua. (Immerge un bicchiere in un secchio e lo porge a suo fratello che lo avvicina alle labbra di Belinda).

Belinda                         - (beve un sorso e poi lo rifiuta, nascon­dendo la faccia nel cuscino; il padre la guarda).

Maggie                          - Il dottore dice che lavora troppo.

McDonald                     - Faccio tutto quello che posso per non farla lavorare. se le cose vanno male, non è colpa mia...

Maggie                          - Va bene, John. Ma ora va'; vattene nei campi e lasciami qui sola con lei. Il dottore por­terà una medicina. (Belinda si torce dal dolore).

McDonald                     - E perché dovrei andare? Non me ne vado un corno! Questo non è mal di testa, per­dio. Sembra agonia. Cosa le è successo?

Maggie                          - Lo vuoi capire sì o no, che devi la­sciarla sola con me e col dottore?

McDonald                     - Cosa sono tutti questi misteri? E' mia figlia: ho il diritto di sapere se ha qualcosa di grave.

Maggie                          - Bene, allora, resta, ma non perdere la calma, John. (Pausa).

McDonald                     - Perché? Ha addirittura qualcosa che può farmi perdere la calma?

Maggie                          - Belinda avrà un bambino.

McDonald                     - Cosa dici?!

Maggie                          - Ormai è inutile nascondertelo. Lo ha detto ora il dottore! (Pausa).

Mc Donald                    - (si avvicina ai piedi del sofà) Oh, Dio! Oh, Dio! (Poi di scatto) E chi è quel male­detto porco che l'ha messa incinta?

Maggie                          - Calmati, John!

McDonald                     - Calmarsi? Come vuoi che sia cal­mo? Ma che padre credi che sia? Chi è stato con lei, dimmi? Non è mai uscita di qui. E nessuna di quelle carogne ha messo il muso qua dentro.

Maggie                          - Deve essere successo un po' di tempo fa, quando era sola al mulino. Ma non lo sappiamo, John...

McDonald                     - (si siede sul sofà e la solleva) Belinda...

Maggie                          - Sii buono con lei, John! E' innocente e soffre...

McDonald                     - Stammi a sentire, Belinda: chi è l'uomo che ti ha fatto del male, chi è l'uomo che ti ha offesa?

Maggie                          - Ma come vuoi che possa capirti, John!

McDonald                     - Belinda - cerca di capire - dicono che sarai mamma... Mi capisci, Belinda? (Prende un calendario dal muro e le fa vedere una ri­produzione di un quadro di una Madonna col bimbo) Mamma! Chi di quelle sporche carogne ti ha fatto questo? .

Maggie                          - Ma lei non sa neppure di cosa stai parlando.

McDonald                     - (si alza e si trova faccia a faccia con Maggie) Non essere stupida, vecchia! Perché è sorda e muta, non vuol dire per questo che è una bambina in fasce. Perché non mi ha fatto capire che qualcuno le dava noia? Perché non mi ha chiamato? Aveva il campanello! Sapeva benissimo che in un momento sarei arrivato. Capisce benis­simo, invece! Cerca di difendere qualcuno. E in­vece mi sputerà quel nome, lo voglia o no.

Maggie                          - Ma come vuoi che faccia!

McDonald                     - Oh! Troverò io il modo, Maggie! Dammi il registro del giorno.

Maggie                          - Quale registro?

McDonald                     - Questo! (Va impazientemente ad aprire il cassetto del tavolo e ne leva il quaderno, va vicino a Belinda e le mostra una pagina) Ecco, e ora dimmi chi è stato. E' stato lui?

Maggie                          - Ma non può capire!

McDonald                     - Conosce a memoria tutti i nomi del registro. Non ti impicciare. E' quella canaglia di McGuigans, di', è lui? (Durante tutto il colloquio che segue, egli continua a mostrare a Belinda le varie pagine del quaderno) E' McGuinis? O -O'Keef - Me Cornik! Che sia stato lui? Parla! Parla, perdio! Eccoti il quaderno, fammi vedere chi è! Segnami la pagina... Tiralo fuori, quel nome, o ti bastonerò finché non ti esce! (Cerca qualcosa. Poi si sfila la cintura dei pantaloni. Maggie gli si pre­cipita addosso e lo afferra per un polso, allontanan­dolo dal sofà).

Maggie                          - John! John! Sei pazzo?

McDonald                     - Chi è? Dillo. Avanti, dillo!

Maggie                          - Non picchiarla, John! Te lo proibisco!

McDonald                     - Levati di mezzo, tu, lasciami stare! Chi è stato? Chi è stato? Avanti! (Entra il dottore).

Maggie                          - Dottore! Dottore! Per carità! Lo fermi!

Il Dottore                      - (avvicinandosi a McDonald e affer­randogli un braccio) Cosa succede? Calma, Mac, calma!

McDonald                     - Giù le mani, dottore! C'è altro da fare per lei, qui! (II dottore abbandona lentamente la stretta e segue lo sguardo di Mac che si posa su Belinda. Chiude la porta e si avvicina rapida­mente a lei, mentre McDonald esce).

Il Dottore                      - L'ha saputo?

Maggie                          - Ho dovuto dirglielo. Ma vuole sapere il nome dell'uomo. (Posa la cintura sul tavolo).

Il Dottore                      - L'ha picchiata?

Maggie                          - No.

Il Dottore                      - (va accanto a Belinda) Fatela sdraiare. Datemi una coperta. Maggie. subito. (Esce per la porta delle scale).

Belinda                         - (fa segno: « Perché mio padre è arrab­biato? »).

Il Dottore                      - (traduce e ripete) Perché è arrab-biato tuo padre?

Maggie                          - (entrando in quel momento con la coperta) Non ti preoccupare, stai tranquilla. Come sta, dottore?

Il Dottore                      - Non lo so ancora, Maggie. (Pausa) Ma credo che tutto andrà bene.

Maggie                          - Posso darle qualcosa da mangiare? C'è un po' di brodo.

Il Dottore                      - Benissimo, Maggie. (Maggie va alla credenza).

Belinda                         - (fa segno: « Chi farà il mio lavoro? »).

Il Dottore                      - Il - tuo - lavoro? - Tuo - padre – lo farà.

Belinda                         - (c. s. « Mio padre è arrabbiato con me? »).

Il Dottore                      - No, non è arrabbiato. E' preoccupa­to. Anzi ti vuole chiedere scusa: tu lo perdoni, vero?

Belinda                         - (guarda con aria risentita in direzione della porta dalla quale è uscito suo padre. Poi, colta da un pensiero, fa segno: « Me lo hai inse­gnato tu »).

Il Dottore                      - Te l'ho insegnato io? Cosa?

Belinda                         - (segna faticosamente: « Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri de­bitori »).

Il Dottore                      - « Rimetti - a noi - i nostri debiti... ». Cara... Sì, Belinda, sì...

Maggie                          - (con una tazza di brodo che offre a Be­linda) Eccoti, bambina - un bel brodo - che ti ha fatto - Maggie.

Belinda                         - (lo rifiuta con aria di scusarsi).

Il Dottore                      - Prova. - Ti farà - bene.

Belinda                         - (rifiuta sempre).

Maggie                          - (mettendo la tazza sulla tavola) Non ha fame. (Da fuori si sente un suono di violino).

Il Dottore                      - Forse più tardi! (Sente la musica) Cosa succede, Maggie?

Maggie                          - Sono i ragazzi di qui che fanno un po' di baldoria... Quel Locky McCornick, si è spo­sato oggi.

Il Dottore                      - Già, con Stella Maguire. Era a servizio da me. Non sono mai stato ad una festa di nozze.

Maggie                          - Oh! Tutto si riduce ad inventare una quantità di scherzacci stupidi per non permettere agli sposi di andare a letto.

Il Dottore                      - Ma McCornick ha scelto bene: Stella è una brava ragazza.

Maggie                          - E anche di famiglia molto per bene. Beh! Buonanotte, dottore. (Si avvicina a Belinda) Buonanotte, cara...

Belinda                         - (fa un segno interrogativo al dottore che indica « Buonanotte » rivolto a lei).

Il Dottore                      - Sì, ti dà la buona notte.

Belinda                         - (fa il segno di « Buonanotte » a Maggie).

Maggie                          - Oh, dottore, stia attento che non le capiti niente! Sono stata sempre dura con lei e anche bisbetica...

Il Dottore                      - L'importante è che siete stata buona con lei, stasera, Maggie.

Maggie                          - Noi, McDonald, siamo fatti così. Li­tighiamo tra di noi, ci arrabbiamo, ci facciamo del male, anche; ma se l'offesa viene dal di fuori, ci stringiamo tutti insieme. siamo fatti così, noi, McDonald. (Maggie esce. Un'altra ondata di mu­sica dal di fuori. Il dottore guarda dalla finestra).

Belinda                         - (richiama la sua attenzione toccandolo, poi segna: «Cosa succede fuori?»).

Il Dottore                      - C'è una festa. (Parlando quasi a se stesso) Tu non sei mai stata ad una festa, vero? Non hai avuto molta allegria nella tua vita.

Belinda                         - (lo tocca e lo guarda con aria interrogativa).

Il Dottore                      - Ho detto - tu - non - hai avuto -una vita - allegra - sei - stata - molto - sola. - Ma ora - non sarai - più sola.

Belinda                         - (lo guarda dubbiosa).

Il Dottore                      - Belinda - tu stai - per - diventare - mamma.

Belinda                         - (Io guarda terrorizzata. Fa il segno di «Madre»).

Il Dottore                      - Sì. - Sì. - Tu - avrai - un bambino.

Belinda                         - (mostra stupore e paura, abbassa lo sguar­do sul suo corpo, poi ha come un'improvvisa rive­lazione, sembra anticipare con grazia immensa quél momento. Va dei segni al dottore).

Il Dottore                      - Cosa? Ah, vuoi un maschio?... e perché non una femmina?

Belinda                         - (ripete i segni).

Il Dottore                      - Beh, allora, se proprio lo vuoi, avrai il maschio! (Fuori si sente -musica e canti mi­sti a risate).

 QUADRO TERZO

La cucina di John Mc Donald. Primavera. A si­nistra della stufa c'è una culla. (John Mc Donald è seduto a sinistra del tavolo ed ha in mano il quaderno dei conti del mulino. Si sente all'esterno la voce di Jimmy Dingwell che canta. Poi compare nel vano della finestra e parla da lì).

Dingwell                       - Salve, McDonald.

McDonald                     - Oh, Jimmy. Vieni dentro. (Ding­well lascia la finestra e sempre cantando fa il giro della casa. Entra e si siede vicino alla tavola) Beh! Cos'hai ammazzato oggi, coi tuoi istinti sanguinari? Porco, vacca o cos'altro?

Dingwell                       - Vacca. Quella chiazzata di Me Dowgall: non lavorava bene, quest'anno, e così l'ho macellata. Che parte preferisci?

McDonald                     - Non lo so, lo chiederò alla donna. (Apre la porta delle scale, batte per terra un gran colpo).

Dingwell                       - Maggie è tornata a stare con te?

McDonald                     - No. E' a casa sua. Non le piaceva più stare qui. Ora è Belinda che manda avanti la casa.

Dingwell                       - La Muta?

McDonald                     - Ho detto mia figlia: Belinda.

Dingwell                       - Non volevo offenderla, Mac. (Guar­dando la culla) E, non hai poi scoperto chi sia il padre?

McDonald                     - Jimmy Dingwell, ti sarei molto grato se tu ti occupassi degli affari tuoi, e non mi facessi pagar la carne troppo cara. Siamo buoni amici, ma non devi ficcare il naso nelle mie cose.

Dingwell                       - Va bene, va bene. Ma una cosa bi­sogna proprio che te la dica. Non sei uomo da restare con gli occhi bendati e gli orecchi turati, come il dottore...

McDonald                     - Il dottore? Cosa c'entra lui con questa storia?

Dingwell                       - Beh, tutti dicono che il dottore e la Muta erano sempre insieme. Un giorno o l'altro doveva ben capitare, no?

Mc Donald                    - (scaraventando il quaderno dentro il cassetto del tavolo) Dovreste vergognarvi. Il mi­gliore uomo che Dio abbia messo al mondo, e con tutto il bene che ha fatto qui da noi! Sempre in piedi, giorno e notte, estate e inverno, avanti e in­dietro per questa isola senza farsi mai pagare... Ci vuole un bel coraggio solo a pensarle, certe cose. Da chi parte questa porcheria?

Dingwell                       - Non lo so, Mac: ma tutti ci cre­dono. Ieri al negozio di Pocket... Oggi lo diceva persino il mio garzone.

McDonald                     - La McKee, lo giurerei. Perdio! Avrei voglia di mandarla a calci nel sedere diret­tamente all'inferno, vecchia strega! Non ha mai avuto figli e se ne avesse avuti sarebbero crepati di fame, con quel petto piatto che ha!

Dingwell                       - Io non dico niente, Mac, però...

McDonald                     - Sempre col naso nelle cose degli altri, quella! Se mai la incontro in paese, voglio staccarglielo, a furia di strofinarglielo per terra!

Dingwell                       - Io la terrò per i piedi. Ho anch'io qualcosa da sistemare con quella vecchia gallina. (Pausa) A proposito della McKee, vuoi un po' della mia vacca?

McDonald                     - Porta qui il tuo carro, vengo fuori subito.

Belinda                         - (entra dalla scala interna con Johnny Be­linda in braccio e va a posarlo nella sua culla).

McDonald                     - Aspetta, ecco Belinda. (Raspa sulla tavola per richiamare la sua attenzione) Lascia che mi venga in mente.

Belinda                         - (si stacca dalla culla e lo guarda).

Mc Donald                    - (addita Dingwell che sta uscendo e poi sillaba faticosamente con la mano destra una specie dì alfabeto muto, ripetendo ad alta voce le lettere mano mano che le segna) M-a-c-e-1-a-i-o. Dio, la mia povera testa!

Belinda                         - (in risposta gli segna: «Hai dimenticato una " elle " »).

McDonald                     - Sì, certo, ho dimenticato una « elle», ma comunque tu lo scriva, è sempre il ma­cellaio. Hai - bisogno - di carnet? (Tutto questo pronunziato molto chiaramente con le labbra),

Belinda                         - (segna: «Che cos'ha?-»).

McDonald                     - Una vacca.

Belinda                         - (segna: € E'morta?»).

McDonald                     - Certo che è morta. E come dia­volo vuoi fare a mangiarla vivai1... Mi stai pren­dendo - in giro? Su - dimmi - cosa vuoi? (Artico­lato molto chiaramente con la bocca).

Belinda                         - (fa segno al bambino).

McDonald                     - Un osso per fare - un po' di brodo - al bambino? E niente altro?

Belinda                         - (segna il forno).

McDonald                     - Ah! Dell'arrosto. Io prenderò un po' di fegato per me. (Va fuori mentre si sente cantare Dingwell; uscendo, incontra il dottore. Dia­logo fuori scena).

Il Dottore                      - Salve, Mac!

McDonald                     - Come va, dottore?

Belinda                         - (attraversa la stanza per andare a pren­dere il suo lavoro a maglia che è nello scaffale so­pra il sofà).

Il Dottore                      - (toccando dolcemente Belinda e av­vicinandosi alla culla) Bondì, Belinda, come sta il grand'uomo, oggi? Salve, Johnny Belinda, pic­colo birbante! Ecco, a te! (Gli dà uno dei ciondoli che suonano; si avvicina alla culla e gioca con le manine dì Johnny Belinda. Poi si sposta alla sini­stra della culla e gioca ancora con le sue mani).

Belinda                         - (dà un colpetto sulla sedia per attirare la sua attenzione e fa segno: «Ci sente?»).

Il Dottore                      - Ci sente, sì, altro che! E' norma­lissimo, grazie a Dio!

Belinda                         - (fa segno di « Piacere »).

Il Dottore                      - (prende dal cestino di lavoro dì Be­linda due guanti in miniatura) E questi, cosa sono? Guanti - per Johnny Belinda?!

Mc Donald                    - (rientrando) Eccoti la vacca. (Mette la carne nella dispensa).

Belinda                         - (prende dal cestino una cuffietta).

Il Dottore                      - Oh, santo cielo, guarda, guarda che bel cilindro!

McDonald                     - E un bell'osso - per fare - del brodo - a Johnny Belinda! (Si china sulla culla).

Belinda                         - (vede che suo padre si avvicina alla culla con le mani sporche, rapidamente gli prende le mani e lo porta al lavatoio dove pompa l'acqua e gli lava le mani. Prende una scopa e va a scopare il portico).

Il Dottore                      - Impara, Mac, siamo degli igieni­sti, qui!

McDonald                     - Con tutte queste belle cose, io non posso più fare i miei comodi in casa mia! (Pausa).

Il Dottore                      - Mac, come va la vita?

McDonald                     - Ah, caro mio, siamo felici 'come le tarme nella lana!

Il Dottore                      - Ho scritto a Montreal, per sapere se c'è qualche posto vacante all'Ospedale. Vorrei andarmene, almeno per l'inverno. (Cammina in su e in giù per la stanza).

McDonald                     - Come? Vorrebbe abbandonare il suo posto, qui?

Il Dottore                      - Non ho clientela. Chi ha due soldi, va dal dottor Me Laughlin a S. Peter. A me re­stano gli altri. Tutti quelli senza i due soldi.

McDonald                     - Capisco.

Il Dottore                      - Ma io non capisco, invece. Ho sem­pre avuto successo coi miei malati, e non ho mai chiesto troppo. Sembra una congiura contro di me.

McDonald                     - Per quello che ne so io, lei non ha mai mandato un conto, però.

Il Dottore                      - Comunque, Me Laughlin è un ot­timo dottore, un po' antiquato, ma coscienzioso. Il fatto è che ho bisogno di fare un po' di soldi. Voglio pagare i tuoi debiti e comprarti una trebbiatrice, e tutto quello che ti occorre qui. Ma posso farlo solo se vado a Montreal.

McDonald                     - Ma perché vuole fare tutto questo per me?

Il Dottore                      - Non faccio un bel niente per te, vecchio mio, ma per tua figlia e per quel suo gio­vanotto. Fai progressi col linguaggio dei segni?

McDonald                     - Oggi mi ha preso in giro perché ho dimenticato una « elle » in macellaio! Ma sa che è meraviglioso quello che lei è riuscito ad in­segnarle! Guardi, legge dalle mie labbra «uomo, donna, bimbo, gatto». Svelta no?

Il Dottore                      - Aspetta, Mac. Guarda questo. Belin­da, chi è - la - più - bella - ragazza - del - mondo?

Belinda                         - (allegramente e delicatamente, gli fa un 'segno roteando la mano sul naso come per « cippirimerlo, marameo »).

Il Dottore                      - Questo non glie l'ho mai insegnato, giuro! (Locky appare nel vano della porta e si ap­poggia contro lo stipite).

Locky                            - Salve, Mac!

McDonald                     - (gentile, ma freddamente) Oh! Co­me va, Me Corniciti

Locky                            - Salve, dottore.

Il Dottore                      - (si muove in modo da coprire a Belin­da la vista di Locky) Buongiorno, Locky.

Locky                            - Mac, sono venuto per dirti che le tue pecore sono nel mio campo. E' appena seminato.

McDonald                     - Le caccerò via in un momento.

Locky                            - E il bambolino come sta?

McDonald                     - Bene, grazie.

Locky                            - Ti rincresce se gli do un'occhiata? Non l'ho ancora visto in faccia.

McDonald                     - Figurati... (Prende dei bicchieri dal­la credenza).

Locky                            - (si avvicina alla culla, entra nella visuale di Belinda) Accidenti, che bel ragazzo! Biribiribi! Ehi, giovanotto?

Belinda                         - (si lancia sulla culla, prende il bambino e lo porta di sopra, stringendolo a sé).

Locky                            - (segue Belinda con uno sguardo cattivo. Poi sì avvia rapidamente alla porta) Tira via le tue bestie, Mac! Ricordati che un'altra volta, non verrò più ad avvisarti che il tuo reticolato è mezzo sco­perto. Salve, gente! (Esce. Pausa piena di tensione).

McDonald                     - Ha visto?

Il Dottore                      - (si avvicina alla tavola, spegne la sua sigaretta e cerca di evitare gli occhi di Mc Donald) Visto che cosa?

McDonald                     - (lentamente) Belinda che fuggiva con Johnny... lo sguardo cattivo di Locky quando Belinda lo ha guardato... Parlava con me e non aveva il coraggio di guardarmi negli occhi. Perdio, dottore! Pensa anche lei la stessa cosa! E' stato lui, quel bastardo, dica la verità! Lei lo sa, dottore!

Il Dottore                      - Mac, speravo che tu avessi dimen­ticato tutto.

McDonald                     - Ah sì? Dovrei dimenticarlo io, quan­do non l'hanno ancora dimenticato gli altri? Dica a Belinda di scendere. Ho qualcosa da chiederle subito.

Il Dottore                      - Lascia andare, Mac. A che cosa serve, ormai?

McDonald                     - Se non la chiama lei, lo farò io! (Va alla porta ma il dottore gli si para davanti).

Il Dottore                      - No, Mac; non voglio che Belinda si agiti.

McDonald                     - Ah! Così. Ma se mi hanno perfino detto che è lei il padre di Johnny!

Il Dottore                      - Io? Come hanno potuto!

McDonald                     - Lei, sì. E' per questo che i suoi clienti non si servono più da lei. Ci voleva tanto a capirlo?

Il Dottore                      - Mac, è assurdo! Tu lo sai che è falso!

McDonald                     - Certo che lo so, io. Ma quella ma­ledetta Mc Kee, e tutti gli altri, non lo sanno! E' arrivato il momento di chiarire le cose. E' stato McCornick. Sono sicuro, ci scommetterei la testa!

Il Dottore                      - Voglio che tu mi prometta una cosa.

McDonald                     - Cosa?

Il Dottore                      - Promettimi di non domandare niente di tutto questo a Belinda.

McDonald                     - Non domandarle niente? E perché?

Il Dottore                      - Perché l'ho già fatto io. E il risul­tato è sempre lo stesso, non che lei dica delle bugie, o che cerchi di difendere qualcuno, Mac, ma è successo qualche cosa di molto strano nel suo cer­vello. Qualcosa che ti sembrerà difficile da capire. Come posso fare a spiegarti? Mac... non hai mai avuto un grande dolore? Un incidente grave, qual­cosa insomma, che ti ha fatto veramente soffrire?

McDonald                     - Certo! Quando mi cacciai il forcone del fieno in un piede. Restai a letto per due setti­mane, e senza dormire giorno e notte.

Il Dottore                      - Esatto. E hai sofferto, vero? Sentivi un dolore terribile. (Mac annuisce) E ti ricordi esat­tamente com'era quel dolore? Cerca di ricordartelo bene, cerca di risentirlo di nuovo, proprio come era allora. Non puoi farlo, vero? Non ci riesci.

McDonald                     - No, non ci riesco.

Il Dottore                      - Ecco, vedi, qualcosa del genere è successo a Belinda. Vivendo qui con te, non par­lando con nessuno, mai in tutta la sua vita, non sentendo mai una parola di anima viva, le cose del mondo esterno sono diventate strane per lei, strane e paurose, poi improvvisamente è successo qualcosa, qualcosa che l'ha terrorizzata, che ha sconvolto il suo mondo di silenzio e lo ha fatto naufragare come in un immenso frastuono. La sua mente, allora, ha fatto quello che ha fatto ora la tua, quando ti ho chiesto di ricordarti il dolore di quel piede.

McDonald                     - Non riesco a capire.

Il Dottore                      - Belinda non può ricordarsi chi è quell'uomo. Non sa niente. La sua mente, la mente di una sordomuta, non dimenticartelo, ha avuto una scossa troppo forte. Avrebbe potuto diventare pazza o avere dei terribili squilibri nervosi. Invece ha per­so semplicemente la memoria. Capisci ora?

McDonald                     - Vuol dire che Belinda non sa nep­pure cosa è successo?

Il Dottore                      - Ne sono sicuro. L'ho osservata a lungo e una qualche parte di lei nel profondo del suo essere, deve ricordare qualcosa, perché tutte le volte che un certo uomo è nelle vicinanze, essa si altera tutta, e i suoi occhi si riempiono di spavento. Ma lei non sa il perché, è solo un istinto.

Mc Donald                    - (voltandosi di scatto) Ma è Me Cornick, vero? Ho ragione io? (Si avvicina al dottore e gli posa le mani sulle spalle).

Il Dottore                      - Sì, hai ragione: è stato lui!

McDonald                     - Lo sapevo, lo sapevo! Quel dannato figlio di puttana! Ma gli farò la pelle, sa! (Si slancia verso il fucile che è appeso sopra la stufa e prende i proiettili da una scatola sopra lo scaffale, lascian­done cadere qualcuno a terra).

Il Dottore                      - (gli si avvicina rapidamente e gli affer­ra l'arma fermandolo) Mac, non voglio che tu combini dei guai. Avrò cura io del bambino... e di Belinda, anche. Aspetta, Mac! Cosa risolverai con questo?

McDonald                     - Quel bastardo...

Il Dottore                      - (sempre trattenendolo con la mano sul fucile) So che sei un uomo orgoglioso, Mac, e onesto e anche per questo ti rispetto. Ma non si guadagna niente con la violenza, né con lo scan­dalo. E sarebbe terribile per Belinda. (Pausa) Mac, voglio sposarla.

McDonald                     - Cosa?

Il Dottore                      - Dal momento che tutti pensano che sono io il padre, ebbene, lo sarò davvero. E fiero di esserlo! (Mac abbandona lentamente il fucile al dot­tore che pure lentamente lo rimette al suo posto. Si avvicina alla tavola, lentamente, con la schiena ri­volta al pubblico e rimane fermo).

McDonald                     - Dottore, lei parla sul serio?

Il Dottore                      - (raccoglie le cartucce per terra) Mai parlato più sul serio in vita mia. (Si avvicina a Mac) Questo è un altro motivo per cui desidero andare a Montreal e fare un po' di soldi. Dimentichiamo Me Cornick, vuoi? (Mac annuisce).

Belinda                         - (entra dalla porta delle scale. E! in appren­sione per quello che può trovare di sotto, poi quando li vede e non vede più Locky fa segno al dottore: « Va tutto bene? »).

McDonald                     - Cosa sta dicendo?

Il Dottore                      - Chiede se tutto è a posto, ora.

Mc Donald                    - (le si avvicina e la prende per le brac­cia) Sì, figlia mia, tutto è a posto, ora. (La bacia molto teneramente. E' talmente commosso che trat­tiene a stento le lacrime e cerca di mascherare la commozione con un risolino compiaciuto) Bene. E ora vado a sistemare il reticolato. Mi pare che stia arrivando un temporale. (Un vento forte si è levato. Le sirene suonano lontano. Mc Donald esce).

Belinda                         - (fa segno: « Cosa hai detto a mio padre »).

Il Dottore                      - Che cosa ho detto a tuo padre? Ho detto che sei una brava ragazza e che son felice dei progressi che fai.

Belinda                         - (segno).

Il Dottore                      - Ma sì, veramente... va a prendere i libri.

Belinda                         - (segno).

Il Dottore                      - Sì, fulmini...

Belinda                         - (segno).

Il Dottore                      - Già e anche il tuono.

Belinda                         - (segno).

Il Dottore                      - A te piacciono i temporali eh? A me proprio no.

Belinda                         - (segno).

Il Dottore                      - Fuoco!

Belinda                         - (segno).

Il Dottore                      - Musica? Oh sì, tu non puoi sentire altra musica. Beh, lasciamo stare il temporale... hai fatto i compiti?

Belinda                         - (va a prendere i quaderni).

Il Dottore                      - (prende i quaderni, li sfoglia, legge) « Amo il mio bambino, il mondo è bello ». Amo il mio bambino, punto. Il mondo è bello, punto. Ci vuole sempre il punto alla fine di ogni frase, Be­linda. Però hai scritto molto bene.

Belinda                         - (sorride soddisfatta).

Il Dottore                      - (prende un altro quaderno) Passia­mo alla matematica. Cosa? Cosa? Sette volte due fa... quattro? Sta attenta, Belinda. Sette volte due è come dire due volte sette. (Rumore fragoroso di tuono di fulmine che cade vicinissimo) Santo cielo! Questo è caduto vicinissimo!

Belinda                         - (corre alla finestra).

Il Dottore                      - Belinda, vieni via dalla finestra! (Riprende lo studio) Voglio provarti in orale. Par­lato. Dunque: prendiamo questa parola: «Johnny». Attenta... ci sono due parti: John-ny. Fa atten­zione. (Le prende la mano e se la porta alla gola) Metti la mano alla mia gola: J - o - h - n.

Belinda                         - (ripete) J-o-h-n.

Il Dottore                      - Adesso guarda le mie labbra: n-y.

Belinda                         - (ripete) N-y. (Entra Dingwell scon­volto).

Dingwell                       - Dottore, dottore!

Il Dottore                      - Cosa c'è, Dingwell?

Dingwell                       - Una disgrazia, Dio!

Il Dottore                      - Ma cosa? Parla!

Dingwell                       - John Mc Donald.

Il Dottore                      - Cosa gli è successo?

Dingwell                       - E' stato ucciso!

Il Dottore                      - Ucciso?

Dingwell                       - Sì, dal fulmine. stava sistemando il reticolato. E' stato come un razzo. Credevamo di diventare ciechi tutti... E poi abbiamo visto Mc Donald steso per terra con gli abiti fumanti.

Il Dottore                      - Dov'è ora?

Dingwell                       - Lo stanno portando dentro.

Il Dottore                      - (corre verso Belinda) Belinda, tuo padre è stato ferito dal fulmine! (Quattro uomini entrano portando a braccia il corpo di Mac Donald; il dottore si china e lo esamina, vede che è morto e sì alza lentamente).

Belinda                         - (si accosta rapidamente al corpo di suo padre e gli guarda gli occhi. Il dottore è alla sua destra. Belinda si volta verso di lui e gli chiede: « Morto? »).

Il Dottore                      - (le fa segno di sì con la testa).

Belinda                         - (alza la mano destra del padre e se la porta alle labbra, poi la ricompone dolcemente sul petto. Tutto è intenso, doloroso, assoluto mentre il tempo­rale comincia, Belinda segna: «Padre nostro...-»).

Il Dottore                      - (traduce e il coro degli altri ripete. Ver­so la fine della preghiera entra di corsa Stella. Tutti si volgono verso di lei, interrompendo per un mo­mento la preghiera).

Belinda                         - (la riprende al punto in cui dice « rimetti a noi i nostri debiti... », e gli altri ripetono in coro, mentre cala il sipario).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

QUADRO PRIMO

La cucina. Novembre.

(Belinda è vicino alla stufa. Versa dell'acqua calda in una casseruola dove sono le bottiglie del bambino).

Stella                             - (entra. Si avvicina alla tavola e vi picchia un colpo. Ha in mano un pacchetto contenente lavori a maglia per Johnny Belinda) Salve, Muta! Guarda cosa - ti ho portato - per il bambino. (Arti­colato molto chiaramente con le labbra, mentre mo­stra i suoi lavori).

Belinda                         - (si muove verso di lei, facendo segno di « Bello » e poi fa segno: « L'hai fatto tu? »).

Stella                             - Sì, l'ho fatto io. (Si avvicina alla culla e solleva gli indumenti di fronte al bambino) Guar­da, Johnny Belinda, guarda cosa ti ho portato! Ti piace? (Chiaramente articolato) Posso prenderlo -in braccio?

Belinda                         - (fa segno di sì).

Stella                             - (prende in braccio il bambino e gli canta una canzoncina poi, chiaramente articolato) Guarda! - Sorride! - Gli piace - la musica.

Belinda                         - (ha un'espressione dura. Prende il bambino dalle braccia di Stella e lo guarda con aria disperata).

Stella                             - (si alza e mormora) Belinda! Perché fai così? Oh, non avrei dovuto dirtelo! (Entra il dot­tore; indossa una pelliccia).

Belinda                         - (mette il bimbo nella culla e appende il cappello del dottore all'attaccapanni).

Il Dottore                      - (si avvicina al tavolo, leva di tasca un notes per scrivere. A Stella) Hai fatto tu questi lavori per il bambino?

Stella                             - Sì, dottore.

Il Dottore                      - E tu, niente in vista?

Stella                             - ~ Purtroppo no. (A Belinda) Ciao, Muta.

Belinda                         - (segna: «Mi piace molto»).

Stella                             - (al dottore) Cosa dice?

Il Dottore                      - Dice che le piace molto il tuo regalo per Johnny.

Stella                             - Oh, grazie! Buon giorno, dottore.

Il Dottore                      - Arrivederci, Stella.

Belinda                         - (fa per sbottonare la pelliccia al dottore).

Il Dottore                      - Non posso fermarmi, Belinda. Non ho tempo.

Belinda                         - (segna: «Solo un momento». Gli toglie il cappotto e l'appende all'attaccapanni. Il dottore scri­ve sul suo notes e Belinda guarda al di sopra delle sue spalle).

Il Dottore                      - E va bene, mi fermerò due minuti. Belinda, - se per caso - il bambino - si ammalasse -manda a chiamare il dottor McLaughlin a St. Pe­ter. (Tutto molto chiaramente articolato con le lab­bra, indicando il foglio di carta su cui è scritto l'in­dirizzo del dottore).

Belinda                         - (segna: «Manderò a chiamare te»).

Il Dottore                      - Ma io - debbo partire - Belinda -devo prendere - il treno - per Charlottentown -parte fra quaranta minuti.

Belinda                         - (segna: «Perché?»).

Il Dottore                      - Perché ho bisogno - di guadagnare. Ho finalmente ottenuto il posto che aspettavo da tanto tempo.

Belinda                         - (segna: «Vai lontano?»).

Il Dottore                      - Un lungo viaggio - sulla nave - e poi sul treno - fino a Montreal. - Ecco - te lo faccio vedere sulla carta. (Estrae una carta) Montreal!

Belinda                         - (non capisce. Anche se il dottore scandisce chiaramente il nome e lo indica sulla carta geogra­fica. Belinda segna: «Quando tornerai?».

Il Dottore                      - Quando torno? - Per Natale - ecco - lo segno sul calendario. Così. (Va a prendere il ca­lendario attaccato al muro, lo stacca e siede alla estrema sinistra del sofà).

Belinda                         - (lo segue e siede per terra ai suoi piedi).

Il Dottore                      - (fa un cerchio in penna attorno a « Na­tale») Ecco qua, tra sei settimane. Va bene?

Belinda                         - (segna: «Sta attento!»).

Il Dottore                      - Sì, starò attento.

Belinda                         - (segna: « Morirei se ti succedesse qualche cosa di -male »).

Il Dottore                      - Tu? Tu moriresti se mi succedesse qualcosa di male? Ma io tornerò, cara.

Belinda                         - (segna: «Io ti amo. Ritorna).

Il Dottore                      - Tu mi ami? Ed io amo te! Belinda, che cos'è per te il matrimonio? (Legge i segni di Belinda) «Vedo un uomo ed una donna – uscire sorridenti dalla chiesa - poi vivono sotto un solo tetto - poi ci sono dei bambini e tanta gioia - essi continuano la vita insieme nella gioia e nel dolore -nel lavoro e nel piacere finché diventano vecchi. Questo è il matrimonio per me». E anche per me, Belinda. Vuoi sposarmi?

Belinda                         - (segno).

Il Dottore                      - Sì? E allora, a Natale ci sposeremo. (Molto teneramente la prende tra le braccia e la stringe a lungo a se. La bacia. Poi guarda il suo orologio da polso).

Belinda                         - (lo copre con una mano).

Il Dottore                      - No. Devo proprio andare. Dobbiamo avere un po' di coraggio. (Si avvicina alla culla) Addio, Johnny Belinda. Faremo un meraviglioso albero di Natale - con tanti regali - per la mamma - e per te. Abbi cura della tua mamma - mentre sono via. - Intesi, ometto? (Va a prendere il cappello poi si avvicina a Belinda, la accarezza).

Belinda                         - (segna: « Non dimenticarmi »).

Il Dottore                      - Dimenticarti? No, non potrò dimen­ticarti: tu sei nella mia mente e nel mio cuore. Arrivederci, cara. (Esce).

Belinda                         - (rimane sotto il portico a guardarlo e lo saluta con la mano. Chiude la porta. Rimane ferma un momento. Si avvicina con allegra sollecitudine alla culla e manda un bacio al bambino. Si accorge che ha bisogno di una coperta, va su per le scale chiudendo la porta alle sue spalle. Pochi momenti dopo si vedono passare dietro il vetro della finestra, la signora Mc Kee e la signora Lutz. Dietro a loro passa il reverendo Tidmarsh. La signora Mc Kee entra sotto il portico, guarda nella stanza dal vetro della porta. Bussa con prepotenza poi apre la porta ed entra seguita dalla signora Lutz).

La signora Mc Kee       - Mi domando cosa bus­siamo a fare: tanto non ci sente. Hm! Sembra che non sia in casa.

La signora Lutz             - (si leva i guanti e appende il suo cappotto col pelo) Sarà al mulino o in paese. (Si avvicina alla stufa e guarda il bambino).

La signora Mc Kee       - Forse sarà andata ad ac­compagnarlo alla stazione.

La signora Lutz             - Già è vero: chissà che bella scena, alla partenza! Le basterà uno sguardo solo, reverendo, per capire che ragazza immorale è quella muta! Lasci che le levi il cappotto, reverendo. (Leva il cappotto del reverendo e lo appende. Dopo appende anche il suo) E' strano che lei non l'abbia mai vista.

Il Reverendo                 - Strano, perché, signora Lutz? L'unica volta che sono passato di qui fu per chie­dere l'offerta per il tetto della chiesa; e McDo­nald non mi lasciò nemmeno entrare. Mi disse che non credeva in Dio, e quindi tanto meno ai tetti delle chiese! Non mi lasciò officiare neppure al funerale di sua moglie. Belinda sarà la sua degna figlia, suppongo. (Mettendosi a posto il pince-nez) E questo è il piccolo, immagino?

La signora Lutz             - Già, e vede come lo trascura! Lei se ne va a spasso con l'amante e lascia qui il marmocchio a bruciare... Se la casa prendesse fuoco!

La signora Mc Kee       - Toh! Ma se è qui!

Belinda                         - (entra dalla porta interna con una coper­tina per il bambino sul braccio. E' sorpresa, veden­doli, ma sembra molto contenta. Crede siano venuti a farle una visita di convenienza da buoni vicini e segna: «Sono contenta di vedere tutti voi-»).

La signora Lutz             - Beh! Cosa vuol dire con questi gesti?

La signora Mc Kee       - Saranno quelli che le ha insegnato il dottore.

La signora Lutz             - Glie ne ha insegnati fin troppi di gesti, quell'uomo!

Belinda                         - (trasporta la sedia di McDonald per la signora Lutz che vi si siede, indica un'altra seg­giola alla signora Mc Kee, che la prende, poi indica al reverendo Tidmarsh la seggiola a sinistra del tavolo ed egli siede. Belinda rimane in piedi fra lui e la signora Mc Kee e segna: «Mi fa molto piacere vedervi tutti qua in casa mia »).

La signora Mc Kee       - Tremo al pensiero di cosa può arrivare a dirmi, con tutte quelle moine! C'è poco da meravigliarsi, poi, se i giovanotti le ron­zano attorno al mulino; mi meraviglia piuttosto che non sia di nuovo in... nei guai!

Belinda                         - (si muove dietro la signora Me Kee. Si avvicina alla culla, mette a posto la copertina, poi mette del tè nella teiera e vi versa l'acqua bollente. Va alla dispensa, ritorna con un piccolo vassoio con tre tazze, tre piattini, la zuccheriera, il bricchetto per il latte e i cucchiaini. La signora Mc Kee e il reverendo prendono le tazze, i piattini ed i cuc­chiaini dal vassoio che Belinda riporta via).

Il Reverendo                 - Certo che non riesco ancora a credere come il dottore sia stato capace di una simile azione! Approfittarsene di una povera infe­lice. Ma siamo proprio sicuri?

La signora Mc Kee       - (dura) Non capisco come si possa ancora dubitarne, reverendo. Il dottore è un uomo che non ha mai messo piede in chiesa: non lo dimentichi! Ed ora lascia il paese senza com­piere il suo dovere verso questa ragazza, verso suo figlio, e, quello che è peggio, se ne va senza pagare i debiti.

La signora Lutz             - Ha lasciato un conto terri­bile da Pocket. Non pagava da più di un mese! Persino Stella non ha avuto il salario, eppure quella là è convinta che lo riceveva!

La signora Mc Kee       - Oh, Stella è sempre stata una stupida!

Belinda                         - (mette sul tavolo un dolce e il coltello, ne taglia quattro fette e poi ritorna verso la culla).

La signora Lutz             - Ma guardate! Guardate che arie si dà questa sfacciata. Già, io non metto alle labbra nulla di quello che tocca lei!

Il Reverendo                 - Signora Lutz! Dopo tutto è una creatura umana! Non possiamo offenderla rifiu­tando quel che ci vuole offrire...

Belinda                         - (versa di nuovo dell'acqua nella teiera).

La signora Mc Kee       - Scusi, reverendo, ma ha visto che tono? Non ha il minimo senso di umiltà di fronte a persone per bene!

La signora Lutz             - Perché non ha un briciolo di senso morale! Spero che non ci avveleneremo, mangiando questa roba!

Il Reverendo                 - lo non ho paura. Bisogna aver fede, sorelle. (Ne prende un pezzo intero) E' ec­cellente!

Belinda                         - (si avvicina con la teiera alla tavola. Va in dispensa e prende tre piatti che mette sul ta­volo. Poi ritorna vicino alla culla e sistema bene le coperte intorno al bambino).

La signora Mc Kee       - E ora veniamo al punto, reverendo. L'Associazione Femminile si preoccupa molto dell'avvenire di questa ragazza e della sua creatura senza padre.

Il Reverendo                 - (mangiando) Ah, certo, è proprio un caso triste! Tristissimo, veramente!

La signora Mc Kee       - La Muta può bastare a se stessa, senza dubbio. Ma noi dobbiamo pensare al bambino! Crescere senza scuola, senza chiesa, con una madre muta, che fa tutti quei gesti... e non può neanche insegnargli le preghiere!

La signora Lutz             - Dimentichi poi, mia cara, che c'è Pocket: le farà causa per farsi pagare e le porterà via la fattoria.

La signora Mc Kee       - Giusto, c'è anche Pocket! La metterà sul lastrico!

Il Reverendo                 - Ma John McDonald non aveva una sorella'?

La signora Mg Kee       - Sì, Maggie. E' andata a vivere nella sua topaia ad Annandale. Lì non c'è posto per il bambino.

La signora Lutz             - E' una cuoca in gamba, però, la Maggie. Ti ricordi il dolce che aveva fatto per la festa della scuola?

La signora Mc Kee       - Certo che me lo ricordo! Era una torta Margherita farcita di cioccolato. La signora Johnston, quella che sta al ponte, l'aveva portata via per venticinque centesimi alla vendita all'asta. Sai, parlo della moglie di Arturo. Ma è buono questo dolce... un po' troppo lievito, però.

Belinda                         - (si avvicina dì nuovo al tavolo, prende la teiera, la porta vicino alla stufa e la riempie di acqua).

 Il Reverendo                - (smettendo tristemente dì mangiare) Perché non pensiamo a sistemarla in qualche casa come cuoca?

La signora Mc Kee       - Ma, reverendo, le pare una cosa facile? Chi accetterà Belinda? Io non la vorrei certo nella mia cucina, con tutti i ragazzi a farle l'occhietto da dietro la siepe! (Entrano Stella e Locky) Oh! finalmente Stella e Locky. Siete in ritardo voi due! Non avevate detto alle quattro?

Stella                             - Sono già stata qui prima. (Si lascia ca­dere sul sofà).

Locky                            - Salve, Muta! Salve, signora Lutz! Buon­giorno, reverendo!

Il Reverendo                 - Ebbene, Locky, stai preparando la legna per l'inverno?

Locky                            - Ne ho segato per dieci quintali stamat­tina.

Il Reverendo                 - Non dimenticare, ne avrò biso­gno di almeno tre, io, e tagliati piccoli, s'intende.

Locky                            - Reverendo, non la lascerò gelare, stia certo!

Belinda                         - (prepara il tè per Stella).

La signora Mc Kee       - Vede, reverendo, è stato Locky a richiamare l'attenzione dell'Associazione su questo tristissimo caso.

Il Reverendo                 - Locky, il buon samaritano!

Belinda                         - (si avvicina a Stella con la tazza del tè).

La signora Mc Kee       - Per il piccino sarebbe ne­cessario trovare una buona famiglia disposta ad adottarlo. Naturalmente dovrebbero essere persone timorate di Dio, s'intende!

Belinda                         - (mette un pezzo di torta nel piatto dì Stella).

Il Reverendo                 - S'intende. Certo, questa sarebbe la soluzione migliore!

La signora Mc Kee       - Di «adottarlo», capite?

Il Reverendo                 - (a Belinda, aiutandosi con gesti co­mici) Per favore, si può avere un'altra tazza di tè? (Stella prende la tazza del reverendo e la porta a riempire vicino alla stufa).

La signora Mc Kee       - Dunque, reverendo: Stella e Locky, povere creature, non hanno bambini, loro che vorrebbero averne, e sarebbero disposti ad adot­tarlo. Per sola carità cristiana, naturalmente. Signo­ra Lutz, l'elenco! (Stella porta la tazza al reverendo. Poi torna indietro e si avvicina alla culla, ha si­gnora Lutz prende un foglio dalla sua horsa).

La signora Lutz             - Ecco qui, reverendo: que­sta è una petizione di tutte le buone signore della comunità, che domandano che ciò sia fatto!

Il Reverendo                 - Ma io, scusate, cosa dovrei fare?

La signora Mc Kee       - Ma... fare appello alle autorità competenti, in modo che Stella e Locky possano adottare il bambino!

Il Reverendo                 - Ma tu, Locky, lo vuoi davvero adottare?

Locky                            - Sicuro! Darei non so cosa per averne uno uguale a lui!

Il Reverendo                 - E tu, Stella?...

Stella                             - Sì, reverendo!

La signora Mc Kee       - (a Belinda che mostra il re­galo di Stella) E' per il piccolo?

La signora Lutz             - L'hai fatto tu, Stella?

Stella                             -  Sì, signora Lutz.

La signora Mc Kee       - Stella, non lasciare che ti baci! Quella sgualdrina, baciare una donna onesta!

Il Reverendo                 - Bene, bene, vedremo che cosa si potrà fare.

La signora Mc Kee       - (alzandosi) Un'opera vera­mente santa che ci aiuterete a compiere!

La signora Lutz             - (si avvicina alla culla e va a prendere il suo cappotto) Bene, giovanotto, tra poco entrerai anche tu in una casa regolare.

La signora Mc Kee       - (avvicinandosi alla culla) E avrai un padre di cui andare orgoglioso. Con­gratulazioni, Locky!

Locky                            - Molto obbligato, signora Mc Kee!

La signora Mc Kee       - Oh Dio! Ma guardatelo, è identico a sua madre! Guardate gli occhi, sem­brano quelli del demonio! Avrai il tuo da fare, Locky.

Locky                            - Niente paura, signora Mc Kee; impa­rerà, o lo riempirò di botte!

La signora Lutz             - Beh! Però Locky, non essere troppo severo. Non ha colpa lui, di essere nato da sua madre.

La signora Mc Kee       - Mia cara, ti stai dimenti­cando la Bibbia: « Risparmia la frusta e vizierai il bambino». Locky è il padre che ci vuole per lui.

Il Reverendo                 - (prendendo le mani di Belinda) E noi riporteremo all'ovile la pecora smarrita!

La signora Mc Kee       - Reverendo, ma non sente, non capisce neanche una parola! (E' alla destra del reverendo. Stella è vicina e ha in mano una tazza e un piatto).

Il Reverendo                 - Non importa, dobbiamo ugual­mente essere misericordiosi! Considero mio dovere cristiano di occuparmi di questi due derelitti. Il bim­bo starà benissimo da Locky e Stella. Ma ora dob­biamo trovare una buona casa per questa povera peccatrice. Pregherò per lei, perché possa essere lavata dalla sua colpa nel sangue rigeneratore del­l'Agnello, perché non pecchi più e si meriti la vita eterna! (Prende un pezzo di torta) Ma questo dolce è veramente squisito. (Riprendendosi) Eh, le vie della salvezza sono davvero infinite...

QUADRO SECONDO

La cucina. Nevica.

(Belinda è accanto alla stufa: sta riempiendo di ac­qua la zangola, recipiente per fare il burro, che poi vuota nel lavatoio).

Stella                             - (sta scuotendo il burro in una scodella se­duta su una seggiola vicino alla tavola).

Belinda                         - (si avvicina a Stella per prendere la sco­della).

Stella                             - Lasciami fare il burro.

Belinda                         - (sorride e mette la zangola sulla tavola).

Stella                             - Senti, Muta - non posso - portare il bimbo - a casa con me, solo - per qualche giorno? (Chiaramente articolato con la bocca).

Belinda                         - (scuote la testa: « No»).

Stella                             - Ti prego, Muta - solo per un po'. Po­tresti vederlo quando vuoi. Solo per qualche setti­mana. Tu hai tanto - da lavorare. Lo faccio per aiutarti.

Belinda                         - (offre del dolce a Stella).

Stella                             - Per me? Grazie, Muta, ma non è giu­sto. Ti prego, lasciami il bambino.

Belinda                         - (esce).

Stella                             - Dio mio, vorrei non essere mai entrata in questa faccenda!

Locky                            - (entra) Ebbene, cosa aspetti?

Stella                             - Oh, Locky, m'hai spaventata.

Locky                            - Ma perché la fai tanto lunga?

Stella                             - Aiutavo Belinda a fare il burro.

Locky                            - E dove s'è cacciata adesso?

Stella                             - Ha portato il mangiare ai maiali.

Locky                            - (si avvicina alla culla) Beh, ragazzo, io sono tuo padre e questa è tua madre d'ora innanzi. Ho una gran voglia di tener questo moccioso sulle ginocchia. Sveglia, ragazza, prendilo e portalo via!

Stella                             - Ma non si può strapparglielo così.

Locky                            - Ma che cosa racconti? E' nostro. La legge è dalla nostra parte. E' stato assegnato a noi dalla comunità. Toh! guarda qua, ecco il documento.

Stella                             - Lo so, ma è troppo crudele verso la Muta.

Locky                            - Crudele, crudele... me ne frego! E' come portar via il vitello a una mucca. Che ci' vuole? Voglio andare a Souris per comprargli ciò che ha bisogno.

Stella                             - Locky, ho un presentimento che ci succederà qualcosa.

Locky                            - Che diavolo vuoi che ci succeda? T'ho detto che la legge è dalla nostra. Piantala di pia­gnucolare e prendi il bambino.

Stella                             - Locky, io non lo posso fare.

Locky                            - Dopo tutto quel che ci siam dati da fare! Sii ragionevole, Stella. Il ragazzino già pro­mette bene. Farà il mio lavoro fra qualche anno. Un uomo senza aiuto può morire su queste terre. Guarda il vecchio McDonald. Ha lavorato come un negro per tutta la vita ed ha lasciato i conti da pagare.

Stella                             - Il lavoro non mi fa paura, Locky. Ti aiuterò io.

Locky                            - Voglio il ragazzo, per Dio?

Stella                             - Locky, lascia andare.

Locky                            - Cosa?

Stella                             - Io non ho più chiuso occhio da quando è cominciata questa storia. E' una vigliaccheria,

Locky                            - Siamo dei vigliacchi verso la Muta. E' sua madre.

Locky                            - Sua madre? Beh? E con questo? Io sono il padre, se proprio vuoi saperlo!

Stella                             - Locky, non è vero!

Locky                            - Vero quanto io sono Locky McCornick. Cristo, non te lo volevo dire. Ma l'hai voluto tu: sono suo padre!

Stella                             - Locky...

Locky                            - E lo voglio per me, mio figlio!

Stella                             - Ti avevo detto di star lontano da lei! (Piange),

Locky                            - Cosa piangi a fare, ormai? Roba vecchia. Vecchia e finita. Piantala. Un uomo vuol avere dei figli. E tu non me li puoi dare, questo è certo. E io lo voglio. C'è qualcosa qui dentro che urla. E per Dio, lo avrò!

Belinda                         - (appare).

Stella                             - (esce).

Locky                            - Bada, Muta! Quel bambino è mio quan­to tuo, e io lo porto via, perché voglio che viva con me. Capisci quello che dico? E levati di mezzo. Togliti prima che ti faccia del male. (Le dà una spinta brutale).

Belinda                         - (si difende).

Locky                            - Ah! hai voglia di lottare eh? Ebbene ecco quel che ti meriti! (Le dà un'altra spinta e Belinda cade. Le chiavi risuonano a terra. Locky le racco­glie svelto e si avvia alla scala).

Belinda                         - (si alza, stacca il fucile dalla parete).

Locky                            - (si volta mentre sta aprendo la porta: vede Belinda col fucile già spianato, si appiattisce contro la porta, le mani levate, gridando disperato) No, Muta! Non sparare! No! Nooo...

Belinda                         - (spara due colpi).

Locky                            - (rotola lungo la scala e finisce ai piedi di Belinda. Sì ode il bimbo che piange. Pausa. Be­linda lascia cadere il fucile, scavalca il corpo di Locky, apre la porta).

Stella                             - (entra. Corre al cadavere di Locky. Si china atterrita, annichilita dalla tragedia).

Belinda                         - (appare con Johnny in braccio, scende lenta la scala. Le due donne si guardano un atti­mo divise dal cadavere, poi Belinda corre nell'aia e si mette a suonare la campana disperatamente).

QUADRO TERZO

La cucina. Nevica.

(E in scena il reverendo che si affretta alla porta a incontrare il dottore).

Il Reverendo                 - Grazie, dottor Davidson, per essere venuto non ostante la neve. (Un silenzio). Cre­do che saprà che il giudice di Charlottentown mi ha incaricato di raccogliere le testimonianze e di redi­gere un rapporto inerente all'uccisione di Locky Me Cornick.

Il Dottore                      - Sono venuto per Belinda, reveren­do, non per le indagini. Belinda ha certamente bi­sogno di me; le indagini non porteranno nient'altro che una nuova umiliazione per quella povera ra­gazza.

Il Reverendo                 - Capisco i suoi sentimenti, dot­tore; ma la giustizia che io mi trovo a rappresentare in questo momento, deve avere il suo corso, quali che siano i motivi morali di Belinda. (Con tono uf­ficiale) Dottor Davidson: Belinda McDonald è ac­cusata di aver ucciso Locky McCornick per ven­detta, dopo che il giovane aveva rivelato alla comunità i rapporti diciamo intimi esistenti tra voi.

Il Dottore                      - Mi spiace, ma non è capovolgendo i fatti che voi potete chiedere la mia collaborazione.

Il Reverendo                 - Io ho ascoltato le testimonianze della signora Lutz e della signora McKee...

Il Dottore                      - Lei ha ascoltato una serie di men­zogne.

Il Reverendo                 - Dottor Davidson: so di parlare a un uomo intelligente, e perciò le domando se, non ostante il peso dell'evidenza che è contro di lei, an­cora persiste nel negare qualsiasi relazione esistente tra lei e la McDonald.

Il Dottore                      - Nego nella maniera più assoluta. Esigo anzi un confronto con le signore Lutz e Mc Kee, in modo che la verità possa essere opposta alle loro odiose menzogne.

Il Reverendo                 - Ho già fatto venire qui non sol­tanto le signore Lutz e McKee, alla quale è stato affidato il bambino, ma anche Stella e Dingwell. Se lei permette, vado a chiamare le due donne che mi attendono al mulino e vi lascerò Dingwell con il bambino. (Fa per uscire, poi indugia) Sarà forse bene che lei sappia che nella stanza di sopra si trova Belinda affidata alla vigilanza di McGuffy: era una precauzione indispensabile, almeno sino che la neve permetterà il suo trasferimento alla pri­gione di Charlottentown. (Il reverendo esce. Un istante dopo la porta sulla scala si apre: appare Me Guffy).

McGuffy                       - Hello, dottore. sono stato ad ascol­tare. Ha ragione, sono tutte fantasie di quelle stre­ghe. Vorrei far qualcosa per lei, dottore: è sempre stato così buono con noi.

Il Dottore                      - Grazie, McGuffy.

Mc Guffy                      - Non vuol vedere Belinda? Per un momento solo, prima che gli altri tornino.

Il Dottore                      - Sei molto gentile, McGuffy, ma non vorrei metterti nei pasticci.

Me Guppy                     - Macché, ci mancherebbe altro. Aspet­tate un momento. (Esce. Dopo un istante entra Be­linda).

Belinda                         - (è molto commossa. Si getta tra le braccia del dottore, che la tiene stretta un momento prima di parlare).

Il Dottore                      - Belinda... cara, sono qui, perdonami. Non avrei dovuto lasciarti sola.

Belinda                         - (fa i segni dì: « Io perdonare te? Tu piut­tosto puoi perdonare me per quello che ho fatto? Mi hanno portato via Johnny ». il dottore sta per rispondere, ma giungono le voci del reverendo e delle donne che si avvicinano. Il dottore spinge gentilmente Belinda verso la camera, poi chiude la porta dietro a lei. Rientra il reverendo con le signore hutz, McKee e Stella).

Il Reverendo                 - Eccoci qua. Potrebbe proprio es­sere una bella riunione questa. Peccato che l'oc­casione non sia propizia. La vita è fatta così: quando si potrebbe stare a chiacchierare fra gente a modo... mah! Scusatemi, io divago sempre. Dunque: eccole, caro dottore, le signore. sono a sua disposizione. (Controscena irritata delle donne).

Il Dottore                      - Grazie, reverendo, ma non ho più niente da chiedere alle signore.

Il Reverendo                 - Ma come? Un momento fa... (A un nuovo cenno di diniego del dottore) Chi non si scusa, si accusa, caro dottore...

Il Dottore                      - Vorrei piuttosto che Belinda fosse chiamata qui tra noi, e che il bambino fosse, an­zitutto, restituito a Belinda. Ho qualche domanda da rivolgere a Stella.

Il Reverendo                 - Il bambino assolutamente non potrà essere restituito alla madre e tutto questo è irregolare. Non ho avuto istruzioni in merito, dal giudice di Charlottentown... un confronto? non è possibile; posso ascoltare soltanto delle te­stimonianze.

Il Dottore                      - Se anche Dingwell è una perfetta balia, reverendo, non è giusto separare la madre dal figlio o negare a Belinda il diritto di difendersi.

Il Reverendo                 - (dopo un indugio) Siamo sem­pre stati buoni amici... Se proprio insiste, conce­derò che Belinda sia chiamata qui presente: tutto forse potrà facilitare la penosa procedura che si dovrà poi tenere davanti al tribunale. Ma non posso acconsentire che il bambino sia restituito alla madre. (Va verso la porta, chiama McGuffy e dopo aver scambiato con lui qualche parola, rien­tra con Belinda. Stella si commuove visibilmente. Un silenzio).

Il Dottore                      - Vorrei, prima d'ogni altra consi­derazione, che vi sforzaste di immedesimarvi per un istante nella solitaria e angosciosa vita dei sor­domuti. Essi vivono in un mondo a sé, diverso da quello di tutti; anche se educati e istruiti, ri­mangono soprattutto guidati dall'istinto della na­tura che li tiene prigionieri. Io riuscii ad istruire Belinda nelle cose più semplici e fondamentali, le insegnai i dieci Comandamenti, ma qualcosa in lei fu più forte del Comandamento divino « non uccidere». Belinda ubbidì a un istinto più antico delle leggi umane, un istinto senza il quale la vita stessa non potrebbe sussistere sulla terra, l'istinto della femmina che protegge la sua creatura, di una madre che difende e protegge il suo piccolo. Per questo vi chiedo di essere pietosi verso que­sta fanciulla così crudelmente perseguitata dal de­stino e dalle circostanze.

La signora Lutz             - Questa è sfacciataggine...

La signora Mc Kee       - Come se noi non sapes­simo...

Il Reverendo                 - Signore, se avete qualcosa da dire, dite: non insinuate.

La signora Lutz             - Volevo dire, reverendo, che Belinda McDonald è una donna immorale, del tutto incapace di educare un bambino. Ella uccise McCornick deliberatamente, a sangue freddo, per una vendetta personale di cui noi tutti qui pre­senti conosciamo bene il motivo.

La signora Mc Kee       - Io ho qui una lettera, che sono riuscita a procurarmi, e che può gettare luce su ciò che la mia amica Lutz sta per dire. (Leva una lettera) E' del dottor Davidson. Guardate: « ... Ho già trovato casa... non molto ampia, ma c'è una camera piena di sole per il nostro piccolo...». Più di così, mi pare...

Il Reverendo                 - Posso chiedere, cara signora, cosa intende provare con la lettura di questa let­tera? Che connessione ha la paternità di questo bambino con l'assassinio di Locky Me Cornick?

La signora Lutz             - Ma, reverendo!? Credevamo che lei fosse dalla nostra parte.

Il Reverendo                 - Care signore, io sono soltanto dalla parte della verità! Vorrei piuttosto rivolgere qualche domanda a questa ragazza.

La signora Mc Kee       - E in che modo, scusi?

Il Reverendo                 - Dottore Davidson, vuole avere la gentilezza di fare da interprete?

Il Dottore                      - Certamente, con piacere.

La signora Mc Kee       - E come facciamo a sa­pere se ci traduce fedelmente quello che dice l'accusata?

Il Reverendo                 - Ogni creatura ha il diritto di difendersi prima di essere condannata ed io mi fido del dottore, affinchè ci traduca la verità. (Nel frattempo, durante questo diverbio, Belinda ha ripetuto dei segni, che ora hanno dato nell'oc­chio al reverendo) Potrei sapere cosa dice, o piut­tosto cosa cerca di dire la signorina McDonald nel ripetere questi segni?

Il Dottore                      - Continua a dire: « Ridatemi il mio bambino... Voglio il mio bambino...».

Il Reverendo                 - Capisco... (Pausa) Signorina Mc Donald, prima della morte...

Belinda                         - (non può vedere la bocca del reverendo, e fa dei segni al dottore).

Il Dottore                      - E' necessario che Belinda veda le sue labbra, reverendo. La prego, parli lentamente.

Il Reverendo                 - Va bene. Signorina Mc Donald, prima della morte di McCornick, cosa è successo? Di che cosa avete parlato quando Stella e Locky sono entrati in casa?

Belinda                         - (segno).

Il Dottore                      - (traduce) « Stella disse che voleva prendere il bambino, solo per qualche giorno ».

Il Reverendo                 - Solo per qualche giorno?

La signora Lutz             - Non sarebbe bene, reve­rendo, che Belinda si decidesse anzitutto a confes­sare chi è il padre del marmocchio?

Il Dottore                      - Signora Lutz, non per soddisfare la sua curiosità, ma per metterla sulla buona stra­da, risponderò io a questa domanda. Non è che Belinda voglia tener celato il nome del padre per la stessa ragione che voi tutti sospettate, ma è lei stessa che non lo sa. Belinda ha una zona vuota nella sua memoria: altri medici ve lo potranno confermare. Un periodo di poche ore, forse di minuti: mai nessuno sforzo, per quanto grande, riuscirà mai a colmarlo. Questo a voi può sem­brare fantastico, eppure quando riceviamo un colpo troppo forte da sopportare, qualcosa in noi cede. La natura ci soccorre e, come ci dà il sonno per i nostri corpi stanchi, così dà un sollievo anche alla mente, quando è esausta: questo con l'oblìo o la pazzia, o in altri casi la temporanea perdita della memoria. Belinda non risponde a questa do­manda non perché non vuole rispondere ma perché non può, e ignora lei stessa la risposta.

Il Reverendo                 - Dato l'atteggiamento del dottor Davidson, non credo che con questo procedimento possiamo arrivare a delle conclusioni. Io ho poco tempo, devo assistere anche a un altro battesimo della signora McAdams. Ma per non tralasciare niente e per dare all'imputata tutti i benefici della comprensione e della carità cristiana, vorrei chie­derle se volesse lei rivolgere qualche domanda alla signora McCornick.

Belinda                         - (fa il cenno di no, ma dopo uno scam­bio di sguardi tra lei e il dottore lei fa cenno di sì, indicando il dottore, per spiegare che vorrebbe che lui si assumesse questo compito).

Il Reverendo                 - Stella, poiché il dottore ti vuole fare alcune domande a nome della signorina McDonald, promettimi sul tuo onore che rispon­derai la verità. Su, dottor Davidson, faccia pure le sue domande.

Il Dottore                      - Stella, è vero che tu e tuo marito avete detto a Belinda di voler portare a casa il bambino solo per pochi giorni?

Stella                             - Sì, dottore, l'ho detto io. Ero sola con la Muta, voglio dire con Belinda, e le chiesi se potevo prendere il bambino con me, solo per pochi giorni. Stavo aiutandola a fare il burro.

Il Dottore                      - E poi cos'è successo?

Stella                             - Belinda ha fatto segno di « no » con la testa.

Il Dottore                      - E poi?

Stella                             - Così glie l'ho chiesto ancora, per pia­cere, di lasciarmelo portare a casa solo per un giorno, ma Belinda fece ancora segno di no, poi prese il bambino e lo portò di sopra.

Il Dottore                      - E tuo marito?

Stella                             - Mi aspettava nell'aia.

Il Dottore                      - Cosa le disse? (Stella non risponde) Puoi ricordarti le precise parole che disse tuo marito?

Stella                             - Ecco... Signore... io...

Il Dottore                      - E quali erano queste parole?

Stella                             - Disse... disse che la legge era dalla nostra parte.

Il Dottore                      - Sì.

Stella                             - E disse che per la Muta portarle via il figlio era come portare via un vitello a una mucca.

Il Dottore                      - Tu e Locky dovete essere rimasti soli per parecchi minuti, vero?

Stella                             - (perplessa) Sì.

Il Dottore                      - E di che cosa avete parlato? Men­tre Belinda era nella sua camera, voglio dire.

Stella                             - Oh! Credo del bambino, anzi certa­mente di portarlo via, e di tutte queste cose.

Il Dottore                      - Locky lo desiderava molto, vero?

Stella                             - Credo di sì, signore.

Il Dottore                      - E perché?

Stella                             - Non lo so, non lo so, non so niente io! Amava i bambini, credo, e noi non ne ave­vamo...

Il Dottore                      - Era proprio questa la ragione?

Stella                             - (disperata) Credo di sì.

Il Dottore                      - Stella, guardami? Lui ti ha par­lato della sentenza di adozione, vero? E tu non volevi prendere il bimbo di Belinda perché sa­pevi che lei lo amava. E' la verità, dimmi!

Stella                             - Beh! Sì, a me spiaceva per lei...

Il Dottore                      - E lui voleva farlo ad ogni costo, vero? E perché?

Stella                             - (dopo una pausa) Diceva che lo avreb­be aiutato nel lavoro da grande. Un uomo può morire di fame in questa fattoria senza aiuto e siccome io non posso avere bambini, non vedeva altro modo...

Il Dottore                      - (si avvicina a Belinda) Grazie, Stella. E dimmi: cosa gli dicesti ancora tu?

Stella                             - Che era una vigliaccheria.

Il Dottore                      - E nient'altro?

Stella                             - Sì... gli dissi che... era sua madre... di­fendeva suo figlio, dissi...

Il Dottore                      - (rapida-mente) E lui cosa rispose? (Stella non risponde) E lui cosa disse, Stella?

Stella                             - (in preda al panico) Disse... disse...

Il Dottore                      - Sì, avanti!

Stella                             - La legge è dalla nostra parte... disse.

Il Dottore                      - E questo è tutto?

Stella                             - Non me ne ricordo... non so.

Il Dottore                      - E invece te ne ricordi benissimo, Stella. Cosa disse?

Stella                             - Disse...

Il Dottore                      - Avanti, Stella... dillo.

Stella                             - (singhiozzando) Disse: « Sua madre, e con questo? Io sono il padre, se proprio vuoi sa­perlo! ». (Si abbatte affranta).

Il Dottore                      - Grazie, Stella! (Reazione delle si­gnore. Pausa).

Il Reverendo                 - Dottore, le chiedo scusa. Ora mi conceda ancora una domanda. Belinda non sa chi è il padre del suo bambino: se lo sapesse, lo ame­rebbe ugualmente?

La signora Mc Kee       - Sì, chiedetelo, perché se non lo ama, il marmocchio, starebbe meglio con Stella che potrebbe dargli una buona educazione.

La signora Lutz             - Sì, dico anch'io.

Il Dottore                      - Chiedeteglielo pure; ma prima di rivelarle la paternità domandatele semplicemente se ama il suo bambino.

Il Reverendo                 - Signorina McDonald, ama il suo bambino?

Il Dottore                      - Rispondi, Belinda.

Belinda                         - (segna).

Il Dottore                      - (traduce) « Nel mio silenzio - senza fine - la vita era desolata - finché il bimbo venne. Lo nutrii - lo tenni caldo - e quando si ammalò non potei dormire - ma quando sorrise il mio cuore era come una melodia - lo amo più della mia vita».

Il Reverendo                 - Dio certamente le ha dato il po­tere di amare. E il diavolo le deve avere dato il potere di odiare. Se sapessimo per quale ragione Belinda dall'incertezza delle sue tenebre ha ucciso Locky McCornick potremmo forse riuscire a evi­tarle l'incubo di un altro interrogatorio. Ora è as­solutamente necessario: Belinda, perché hai ucciso Locky McCornick?

Belinda                         - (segna).

Il Dottore                      - (traduce) « Perché avevo paura che facesse male al mio bambino ».

Il Reverendo                 - Dottor Davidson, noi tutti le dobbiamo esprimere il nostro profondo rammarico per l'errato atteggiamento che le circostanze ci hanno obbligato ad assumere. Ho la ferma convin­zione che se tutto questo fosse stato noto preceden­temente nessuna indagine sarebbe stata compiuta. Il dovere degli uomini è di proteggere non di per­seguitare i propri simili. Il mio rapporto al giudice di Charlottentown sarà definitivo. Soltanto, poiché la sorte di Belinda le sta indubbiamente a cuore, lei non vorrebbe assumersi, dottor Davidson, la tu­tela della madre e del bambino?

Il Dottore                      - Certamente, reverendo.

Il Reverendo                 - Che Me Guffy allora vada a chia­mare Dingwell col bambino!

Mc Guffy                      - Dingwell già aspetta fuori, reve­rendo, non vede l'ora di levarsi il bambino...

Il Reverendo                 - Fallo entrare.

Belinda                         - (vede Dingwell che entra con il bambino e stende le braccia e, volgendosi al dottore, dice appena) Johnny!

FINE