Josif e Nadezha o Il teatro del Cremlino

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SIPARIO, dicembre 1991 - № 517

 
JOSIF E NADEZHA

O IL TEATRO

DEL CREMLINO

(Dramma in due atti ) di OL'GA KUCHKINA

(Traduzione di Eugenio Alberti Schatz)

PERSONAGGI

JOSIF NADEZHDA

Morire, dormire... dormire!...

Ecco il problema, quali sogni appariranno in quel sonno di morte. Shakespeare, "Amleto "

ATTO PRIMO

Uno studio arredato con semplicità. Una scrivania, una libreria,

dite poltrone di cuoio.

Lo studio è vuoto. La porta si apre lentamente, e silenziosamente

entra Josif, un bell'uomo di quarant'anni, piuttosto basso, con i

baffi e un viso alquanto rozzo, eppure dai movimenti morbidi, simili

a quelli di una lince.

Una delle due poltrone è disposta con lo schienale verso il pubblico.

Josif si avvicina alla poltrona, la guarda.

Dalla poltrona si leva un'esile mano di fanciulla. Voce di fanciulla:

"Mi sono addormentata?... Ti sto sognando?... O sei arrivato?..."

Josif ride, si china sulla poltrona, prende in braccio una fanciulla di

diciott 'anni dalla figura esile e chiara, con indosso un abito bianco,

e la fa volteggiare per la stanza.

È Nadezhda.

NADEZHDA (ridendo): Lasciami... Lasciami, ti prego!... JOSIF: Mai. Per nessuna ragione. Da nessuna parte.

L orologio a carillon del Cremlino batte le ore. Josif deposita Nadezhda a terra. Lei impietrisce.

Non avere paura. È il tempo.

NADEZHDA: Quale tempo?

JOSIF: Il nostro. Il mio e il tuo. Quello del Cremlino. Forse ti sei dimenticata dove ci troviamo?

NADEZHDA: Non ricordo più nulla. La madre, il padre, la sorella, i fratelli...

JOSIF: Sei felice?

NADEZHDA (dopo una pausa): Non puoi nemmeno immaginare quello che provo!...

JOSIF: Perché non posso? Eccome se posso. O pensi che non abbia immaginazione? Non hai paura del fatto che sono così vecchio?

NADEZHDA: Lo sapevi tu che mio padre ha portato via mia madre da casa sua. a Didube, la notte prima del suo fidanzamento con un vecchio pieno di soldi? Mio padre viveva a pensione in quella casa, lavorava alle officine ferroviarie. Aveva ventiquattro anni. Lei sedici.

JOSIF: Lo vedi. Quasi la tua età. C'è forse qualcuno che vuole portarti via da me?

NADEZHDA: E impossibile. Quando le mie compagne bisbigliava­no sottovoce le proprie piccole storie d'amore con i compagni di ginnasio o del liceo, io... No, non voglio giudicare nessuno, sono solo delle poverette, non hanno conosciuto nient'altro... Mentre io... Mentre io ho un tale (serrando le braccia al petto) tesoro!...

JOSIF (sorridendo): E vero, hai proprio un tesoro, lì.

NADEZHDA (con aria seria): Sto dicendo un'altra cosa. Quando stavi a tavola con mia madre... e con mio padre... e con altri amici, sotto il cerchio di luce della lampada, io mi avvicinavo alla porta


e avevo occhi solo per te! Tu naturalmente non mi guardavi... JOSIF: Io? Questa esile bambina! Signora, voi mi offendete. Sono un

clandestino di professione. La mia professione è osservare tutto.

Bevendo una tazza di tè. Suonando il pianoforte. Scorazzando

sulle slitte al traino...

NADEZHDA: Vejke!...1

JOSIF: Proprio così, vejke. Nel gelo, lungo il viale Sampsonievksij.

E sulla Shpalernaja, in portineria. Quando arrivava Kuz'ma, si

sedeva e attaccava: "Il postiglione veloce"...".

Entrambi, guardandosi l'un l'altro, cantano; lui con voce acuta, mentre usualmente parla con voce grave:

Il postiglione veloce, la trojka veloce,

E i campanelli tintinnanti,

E la pioggia, e il fango, e i cavalli

Fanno correre d'impeto la carrozza.

In quella carrozza siede

Con fare trionfante un gendarme

Dai baffi lunghi due pertiche.

E al suo fianco un certo pallido signore,

di diciott'anni d'età.

...Di che atto ti sei macchiato!...

NADEZHDA (ripetepensosamente): Di che atto ti sei macchiato!...

JOSIF (socchiudendo gli occhi): Di che atto ti sei macchiata?

NADEZHDA: Io?...

JOSIF: Tu, tu, signora di diciott'anni d'età!

NADEZHDA (sorridendo): In effettC.. fra non molto... faranno già diciannove!... Ma lo sai chi era queirinquilina del piano superio­re che intonava duetti con Kuz'ma? Si chiamava Vjal'tzeva[ss]2... Una volta, di sera, si stava seduti insieme, e mio padre ci lesse ad alta voce: "Il fiume del movimento popolare si è messo in moto"... Era il tuo articolo sulla Zvezvvda. Il mio cuore cominciò a battere così forte, avevo paura che si sentisse, sono arrossita... Ero fiera di te, ed ero terribilmente in pensiero per te!...

JOSIF: E per che cosa eri in pensiero?

NADEZHDA: Che tu andassi a ficcarti nel vivo del pericolo... che ti succedesse qualcosa! Non era vero che andavi sempre a cacciarti nel vivo del pericolo?

JOSIF: È capitato. Andavo a cacciarmi nel pericolo. E lo farò ancora. Non ho scelta.

NADEZHDA: Raccontami, com'è andata.

JOSIF: Che cosa?

NADEZHDA: In ottobre. Il tuo ruolo. Nei dettagli.

JOSIF: Nei dettagli? Un comune ruolo da eroe.

NADEZHDA: Tu scherzi, io invece sto parlando sul serio.

JOSIF: Cosa vuoi che ti dica. Faceva caldo. Occorreva una mente pacata, chiara. Una salda opinione. Riflessione. Al bureau del Comitato Centrale, e alla direzione della Pravda. E in generale.

NADEZHDA: È cose di cui disponi in larga misura, lo so. Ma almeno un episodio!...

JOSIF (dopo averci pensato): Non amo vantarmi.

NADEZHDA: Lo so, eri il braccio destro di Il'icvv3. Eri tu che gli facevi addirittura la barba... quando doveva uscire dalla nostra casa di Pietrogrado senza farsi riconoscere! Solo a te poteva affidare la sua gola!...

JOSIF: Sì!

NADEZHDA: Come amo la tua modestia! Amo ogni cosa in te!... No, è inconcepibile!...

JOSIF: Ma che cosa?

NADEZHDA: Che io sia tua moglie... Cioè, che sarò tua moglie! Che Josif sia mio marito!...

JOSIF: La mia Naden'ka! Nadja! La mia Nadezhda!...4 Senti, ho capito soltanto ora!

NADEZHDA: Che cosa?

JOSIF: Che ti chiami come la moglie di Lenin!

NADEZHDA (ridendo): Grazie tante. E allora? A che cosa pensavi prima!?...

JOSIF: Ma guarda, qualcosina a cui pensare ce l'ho. Poca cosa, assolutamente poca cosa.

NADEZHDA: Scusami. Non ti arrabbiare.

JOSIF: Con te è impossibile arrabbiarsi. Sei una bambina. Una autentica bambina.

NADEZHDA: Talvolta i bambini capiscono molto di più di quanto non credano gli adulti.

JOSIF: Ma davvero?


SIPARIO TESTI - 52


NADEZHDA: Oggi non sei quello di sempre.                                   prezioso. Sono stati in molti ad essere colpiti dal suo fascino.   

JOSIF: E come sono sempre?                                                 NADEZHDA: Che c'entra?... Io so che lei ha avuto e continua ad   

NADEZHDA: Un altro. Silenzioso. Concentrato... Spiritoso, ma in      avere una buona opinione di te!                                        

un altro modo...                                                              JOSIF: Lo sai?...                                                                    

JOSIF: Non riesci ad indovinare il perché? Lo senti, anche il telefono              NADEZHDA: Ma certo. E tu no? Non ricordi come ti mandava le    

tace. Ho chiesto che non passino le chiamate. Se solo non ci fosse                  cose al confino? Come aiutava mio padre quando istituì il fondo

bisogno urgente di me. Avevo promesso che alla vigilia delle         di soccorso per voi confinati? Mentre io e Njura andavamo in    

nozze avrei passato con te un giorno intero. E ora mantengo la     giro a raccogliere i contributi. Come ti ha arredato la stanza da   

promessa. Senza preoccuparmi che lì, oltre la porta di questa        noi? Oppure di quando ti ha comprato il vestito nuovo, quando

stanza... (Muove le mani a indicare uno spazio invisibile e           il tuo vestito vecchio si era ormai consumato del tutto? Di come   

immenso).                                                                               ti ha cucito due sparati neri di cotone sul davanti, come piacciono   

NADEZHDA: Lo so. Anch'io sono una vittima di questa macchina.    a te, perché ti tenessero caldo e per essere elegante, dato che non   

JOSIF: Tu sei una vitina, io sono il volano.                                      porti cravatte e allora soffrivi di mal di gola... Scusami se ti    

NADEZHDA: Perché mi hai scelto fra tante?                                  ricordo tutto questo, ma semplicemente... Lei voleva aiutare i   

JOSIF: Prova a pensarci. Sforza il tuo cervellino da ginnasiale.           bolsceviki, e li aiutava, non è così?...                                  

NADEZHDA: Penso che ti sei innamorato...                              JOSIF: Non t'inquietare, bambina. È così. Anch'io mi ricordo tutto   
JOSIF (col tono di un insegnante che incoraggia l'alunno): Bene.     per filo e per segno. E sarò riconoscente a tua madre per sempre,    

NADEZHDA: Ma perché io? Ci sono così tante donne in giro!...         Come a tuo padre. E anche a te e a tua sorella Anna. Per tutto 

JOSIF: Sono triviali. Sono vissute. Mentre tu sei la purezza in             quello che avete fatto per noi. Io e tuo padre siamo vecchi

persona. Tu sei un foglio bianco.                                              compagni di lotta. Baku, Tiflis5, Pietrogrado. Era solo una

NADEZHDA: Sul quale poter scrivere tutto quello che vuoi?              piccola verifica, un piccolo controllo.

JOSIF: Sul quale noi scriveremo insieme il nostro destino.            NADEZHDA: Verifica di che?...

NADEZHDA: Oh, Josif!...                                                      JOSIF: Di tutto. Te l'ho già detto. Se abbiamo deciso di diventare
JOSIF: E tuttavia dobbiamo fare un discorso molto serio.            marito e moglie, fra di noi deve instaurarsi una fiducia piena. E

NADEZHDA: Su che cosa?!...                                                      nessuno, mi capisci, nessuno dovrà osare di interporsi fra noi.

JOSIF: Stiamo per compiere un passo di grande responsabilità.          Madre compresa.

Occorre pensare ogni cosa fino in fondo.                             NADEZHDA: Parli così strano...

NADEZHDA (interrompendo): Non ti capisco!...                        JOSIF: Adesso ti sembra strano. Adesso che non siamo ancora
JOSIF: Vedi. Eppure dicevi che i bambini comprendono gli adulti in    intimi. Ma noi diventeremo intimi, non è vero?

ogni cosa. Non avere fretta. Ascoltami. Abbiamo deciso. È così.

Ma io vorrei che tu ci pensassi ancora una volta. E che me lo dica.                  Ora le sue parole si caricano di un senso particolare, di intimità.

A me e a te. Non te ne pentirai un giorno?

NADEZHDA: Perché?! Perché sei vecchio? Ma tu sei il migliore fraNADEZHDA (turbata): Ma sì... certamente...

tutti quelli che conosco. Non ho bisogno di nessun altro, all'in-JOSIF: E quando diventeremo del tutto intimi?... E se fosse oggi?

fuori di te. Io ti amo!...                                                           Adesso?... Eh?... Eh?... (Vista la sua reazione) Non temere. Ho

JOSIF: E questo va bene. Ma oltre all'amore deve esserci la fiducia.    scherzato. Non ti toccherò fino al giorno delle nozze. Io venero

Piena fiducia.                                                                       la tua bellezza e la tua purezza. Mi taglierei una mano piuttosto

NADEZHDA: Io ho fiducia in te!...                                                che farti un'offesa.

JOSIF: Per il momento. Finché non succede nulla.                      NADEZHDA: Ti crederò sempre e in tutto! Fino in fondo.

NADEZHDA: Ma che cosa deve succedere? Che cosa può succede-            JOSIF: Grazie. Grazie, bambina. Ho un gran bisogno di una persona

re ?...                                                                                     vicina. E non perché sono vedovo da molto tempo, e fino ad oggi

JOSIF: Può succedere qualsiasi cosa. Puoi venire a conoscenza di       non sono riuscito a risposarmi con nessuno. Ó non ho voluto.

qualcosa. Potrai sentire qualcosa. Più avanti. In seguito.               Perché io devo essere convinto che ci sia una persona, uomo o

NADEZHDA: Su chi?                                                                 donna, che non mi tradirà mai.

JOSIF: Che importanza ha su chi. Su di me.                              NADEZHDA: Ti hanno tradito?

NADEZHDA: Che cosa mai potrò venire a sapere di te che mi      JOSIF: Vedremo. (Dopo una pausa) Al confino, venivano da me gli

impedisca di amarti?...                                                           ostjaki. È un'etnia. Una minoranza nazionale. Una vera minoran-

IOSIF: Le persone possono essere di varia natura. Ci sono                 za. Ce n'era uno che veniva più spesso degli altri. Viene, e si

quelle buone e quelle malvagie. Noi non possiamo sapere che       accovaccia sui talloni. Sta lì per delle ore. Io non gli parlo

                                                                                       cosa potrà saltare in testa a qualcuno per distruggere la nostra                apposta. Mi occupo delle cose che devo fare. Sta lì e fissa la mia

         intesa. Prima diranno una cosa. Poi un'altra. E tu comincerai alampada a kerosene. Senza batter ciglio. Avrebbe potuto essere,

credergli. E l'intesa è come se non ci fosse mai stata.                    forse, una persona a me fedele. Io gli davo la mia pipa da

        NADEZHDA: Io so che tu hai avuto una tua vita, una vita da adulto...                  ciucciare.

Intendo non solo prigioni e confino, non solo rivoluzione.       NADEZHDA: E poi?

Intendo dire tutto, capisci? Tutto ciò che può riguardare un uomo          JOSIF: Niente. Gliela davo da ciucciare e basta.

maturo di quarant'anni...                                                   NADEZHDA: E basta?

JOSIF: Come fai a sapere che cosa può riguardare un uomo maturo           JOSIF: Sì. Non ti basta?

di quarant'anni!                                                               NADEZHDA: Ma hai degli amici? Veri amici?

NADEZHDA Ischerzando): Me l'ha raccontato la mamma.         JOSIF: Ce li ho, ce li ho. Ho tutto. È curioso. Amico fidato, in russo
JOSIF (non stando allo scherzo): Cosa ti ha raccontato la mamma?   si può dire in un senso o nell'altro6.

Allora, che cosa ti ha raccontato la mamma? Che cosa in       NADEZHDA (canta sottovoce, quasi fra sé e sé):

concreto?                                                                       Ecco il prigioniero, dietro la grata di ferro,

NADEZHDA: In concreto? In concreto non mi ha raccontato nulla.            In piedi, affacciato alla finestra:

JCSIF: Menti!                                                                      Fissa lo sguardo nelle tenebre senza stelle

NADEZHDA /meravigliandosi): Josif!...                                   E quasi s'inebria del silenzio...

JOSIF: Scusami. Devi dirmi che cosa ti ha detto la mamma.         Intorno le guardie marciano pigre

NADEZHDA: La mamma?... Ma non mi ha detto nulla. Stavo solo            Nel silenzio della notte. Ascolta

scherzando.                                                                    Come si leva il lungo lamento malinconico:

JOSIF: Non stavi scherzando.                                                 - Ascolta!...

NADEZHDA: Stavo scherzando!                                            JOSIF: È la canzone di Ol'ga.

JOSIF: No.                                                                          NADEZHDA: Sì. La mamma amava cantarla... prima... ora non la
NADEZHDA: Come fai a saperlo? Ho scherzato, è la verità!        canta più. Ascolta-a-aa!

JOSIF: Questo genere di scherzi... Questo genere di scherzi può      JOSIF: Ora la canti tu. E il tuo turno. Quindi confermi che non ti

costare caro.                                                                        hanno detto nulla.

NV.DEZHDA: A chi? A me o a te? O alla mamma?...                  NADEZHDA: Chi?

JOSIF: Tua madre Olga è una donna di grande fascino. Ol'ga       JOSIF: Tua madre. Tuo padre. I fratelli. Le sorelle, cioè tua sorella

Evgeneevna. Sangue tedesco, russo e georgiano. Un miscuglio       Anna.

SIPARIO TESTI -53


NADEZHDA: Mi hanno raccontato.

JOSIF: Che cosa?                                                     

NADEZHDA: Molte cose. Cosa vuoi sapere?

JOSIF: Nessuno di loro ha tentato di farti desistere?

NADEZHDA: Sei diventato matto. Perché? Tutti ti amano e ti rispettano.

JOSIF: Le persone possono fingere. Cerca di capirmi, Nadiuscja. Io non dubito dei tuoi familiari. Né come membri del partito, né come compagni. E nello stesso tempo mi rendo conto che sono due volte più vecchio di te. Ho un figlio, Jasha, che ti è quasi coetaneo. Sono più giovane di tua madre di soli due anni. Le persone hanno lingue lunghe. Può darsi che siano girate delle voci. O gireranno un domani. Se io fossi il padre di una figlia come te non vorrei avere per lei un fidanzato come me.

NADEZHDA: Quali voci! A quali voci potrei mai credere! Non voglio che tu parli di queste cose alla vigilia delle nozze...

JOSIF: E se ne parlerò dopo le nozze?

NADEZHDA (stringendosi): Sento freddo...

Josif prende uno scialle dall'armadio, e lo porge a Nadezhda.

Oh, com'è bello!... v JOSIF: Prendilo, è tuo. È un mio regalo per te. Portalo. Gettalo sulle spalle.

Nadezhda lo bacia.

Sei delicata come una pesca. NADEZHDA: E io, invece, non ho niente per te... JOSIF: Tu sei il miglior regalo. (Continua a tenerla fra le braccia)

Non ti faccio paura? NADEZHDA: No... JOSIF: Neanche un po'? NADEZHDA: Qualche volta... certe volte ti allontani, e io non ti

sento... JOSIF: E vorresti sentirmi? Sempre? Vuoi veramente sentirmi? Su,

dimmelo, lo vuoi? Lo vuoi?... NADEZHDA: Josif!... Mi avevi promesso... Aspetta... non riuscirò

a fermarti.. JOSIF: Ci mancherebbe altro. (Lasciandola andare) Il sangue mi è

andato alla testa. Avevo promesso, ma tu sei così desiderabile. E

anche questa volta non hai avuto paura? NADEZHDA: No. JOSIF: Brava. Gli altri, che abbiano pure paura. Ma tu no. Per quanto

i tuoi cerchino di dissuaderti. NADEZHDA: Mi fai diventare matta. Al contrario, sono felici! JOSIF: Felici, dici tu? E perché dovrebbero essere felici? (La ferma

con un gesto) Non avere fretta. Ascoltami. Io sono un dialettico.

Sono abituato a vedere le cose come sono in realtà. E non come

vorremmo che fossero. Tu dici felici. Metti che sono felici non

perché sposi l'uomo amato, ma perché sposi questo uomo. NADEZHDA: Certo! .OSIF: Vedi.

NADEZHDA: Non vedo niente. OSIF: Tu non vedi perché hai un cuore puro. NADEZHDA: E tu? Tu no? OSIF: Non ha importanza. NADEZHDA: Ha molta importanza!... IOSIF: Non dicevo in questo senso. Non è importante in questo

momento. NADEZHDA: Hai cambiato idea?... E successo qualcosa in questo

momento, per cui hai cambiato idea... su noi due?... OSIF: Non in questo momento. NADEZHDA: E quando?... OSIF: Forse quando sono salito — è la storia che mi ha fatto salire

— alle prime file. Alle prime cariche del partito. NADEZHDA: E che cosa è accaduto allora? IOSIF: Ora te lo spiego. Però devi credere fino in fondo. E accaduto

che in effetti ho smesso di essere un uomo qualunque. Ho smesso

di essere pari ad uà uomo qualunque. NADEZHDA: Ti sei sempre distinto per non essere un uomo

qualunque. E il fato che tu ora lo sappia è più che naturale.

Sarebbe stupido se tu non lo capissi... Forse sospetti che i miei

parenti vogliano diventare i tuoi parenti, e perciò mi spingono al

matrimonio con te? E forse tutto questo discorso è per accertar­tene'1 IOSIF: Sei una vera intelligenza. Sei franca e coraggiosa.


NADEZHDA: E allora senti cosa ti dico. Non sono io una bambina. Ma sei tu un bambino. E io che pensavo di sposare uno così irraggiungibile!... Uno così grande!... E lui... (Ride).

Josif entra nell 'armadio.

Mi hai chiesto se mi pentirò... (Si gira dall'altra parte, e raccoglie i capelli sciolti. Quando si rigira, appare una donna di trent 'anni) Non può essere. Non è così. Deve aver fatto confusio­ne. Sergo7 ha preso un abbaglio. Non poteva aver detto così. E aver agito così. Koba non ha paura di nessuno. E non ha bisogno di agire di sottobanco. Può avere dei dubbi. Confrontare, pesare, analizzare mille volte, prima di giungere a qualsiasi conclusione. Ma le conclusioni sono semplici e chiare. Come le azioni. Si basano sulla fedeltà agli ideali del partito. Nient'altro. E di ogni cosa parla in modo chiaro, semplice ed aperto. Sergo si sbaglia. Sicuro, è una guerra. Ma è una guerra di partito, è chiaro. E nel partito deve esserci unità di vedute. In casa, su problemi di casa, possono esserci opinioni diverse. Sui problemi del Paese, del popolo tutti devono attenersi ad un punto di vista unico. Certo, si è costretti a chiamarli bassi provocatori, traditori infami, contro­rivoluzionari accaniti. Ma si tratta sempre di nemici. Non di compagni. Come ha scritto dei trotzkisti: "La cagna è tornata al proprio vomito...". Che fare? Sono i nostri nemici. Sergo si sbaglia quando parla di compagni. Per un gruppetto dei bassifon­di sarà peggio, per il popolo sarà meglio. Questa è la mia opinione di membro del partito, non solo di sua moglie. Presto si vivrà meglio, presto si vivrà in allegria. Ed ognuno capirà che domani si starà ancora meglio, ancora più allegramente di oggi. Ognuno! (Si nasconde il viso fra le mani, e per un certo tempo rimane immobile. Quindi estrae una molletta dai capelli, scuote la testa, e i capelli ricadono fluenti sulle spalle - è ritornata giovane) Hai deciso di giocare a nascondino con me?

JOSIF: Tu sei piccola. Con te bisogna giocare.

NADEZHDA: Vuoi dire che tutto questo... (Tace) C'era una ragazza come me, al ginnasio. Si appassionò alla Blavatskaja. La Bla-vatskaja dice che la vita è un sogno. O forse un sogno nel sogno?

JOSIF: La tua ragazza è una scema. E anche la Blavatskaja è una scema. Non sporcare la tua chiara testolina con queste sciocchez­ze.

NADEZHDA: È da tanto tempo che volevo chiedertelo, perché ti chiamano Koba?

JOSIF: C'è un libro di Aleksandr Kazbegi, il nostro classico: // parricida. E lì c'è un giovane vendicatore, Koba. Non aveva paura di niente. Sparava sugli uomini, sparava sui cervi. Era il difensore degli oppressi, il protettore dei deboli. Io ho preso il suo nome.

NADEZHDA: E perché sui cervi?

JOSIF: Per mangiare carne di cervo. Ti ricordi, quando sono arrivato a Pietrogrado, e da voi c'era uno sciopero alla fabbrica del "Nuovo Lessner"? I lavoratori protestavano contro un capoma-stro, a causa del quale si era impiccato il loro compagno Strongin. Strongin era un ebreo, un individuo quieto, sottomesso. Il capo-mastro l'aveva incolpato di un furto, mentre lui era innocente. Mi hai pregato di raccontarti un fatto. Ecco, uno fra mille. Noi dovevamo prendere la difesa dei deboli e degli oppressi. Come diceva l'eroe di Kazbegi? "La gente della mia terra non ha né il cuore, né lajingua biforcuti". Mica male, vero?

NADEZHDA: È vero. E tu sei proprio Koba. Per i secoli dei secoli.

JOSIF (senza cambiare tono): Se mi sarai infedele, ti ucciderò.

NADEZHDA (dondolando lentamente la testa): Mai. (Dopo una pausa di silenzio) Tu sai tutto di me. La mia vita ti è corsa davanti agli occhi sin da quando ero in fasce. Mentre io so così poco di te... Tu lo sai, sono nata in autunno, a Baku. La mamma diceva che soffiava un forte vento dal Nord. La tramontana. Baku è la città dei venti. Spesso mi prende questa inquietudine nell'animo, mi tendo, quasi un'angoscia... come se vibrasse una corda...

JOSIF: È un'epoca inquieta. Un'epoca agitata.

NADEZHDA: Si capisce... Anche questo. Ma c'è anche qualcosa d'altro... E solo quando mi guardi con quegli occhi, come adesso... Raccontami della tua infanzia... Di tua madre...

JOSIF: Non è interessante.

NADEZHDA: Perché?

JOSIF: Non è una persona istruita. È una donna semplice.

NADEZHDA: E allora?

JOSIF: Lo sai come la chiamano tutti?

NADEZHDA: Come?


SIPARIO TESTI - 54


JOSIF: Keke. Semplicemente Keke. Nonostante si chiami Ekaterina Georgeevna.

NADEZHDA: Meraviglioso. Tanto più che io le vorrò bene.

JOSIF: Tu vivrai qui. E lei se ne starà lì dove ha sempre vissuto. Ma se tu le vorrai bene, accomodati. Prego.

NADEZHDA: Sei magnanimo... e generoso... Allora raccontami della tua giovinezza. Hai studiato in seminario. Che cos'è?

JOSIF: Il seminario si frequenta dopo la scuola religiosa. Prima ho frequentato la scuola, poi il seminario.

N ADEZHDA: Questo lo so. Perché sei andato a finire lì? Credevi in Dio? Credevi in Dio?

JOSIF: Onestamente?

NADEZHDA: Sì.

JOSIF: Del tutto onestamente?

NADEZHDA: Sì.

JOSIF: E tu cosa pensi''

NADEZHDA: Io penso di no. Penso che sei andato intenzionalmen­te.

JOSIF: Che significa intenzionalmente?

NADEZHDA: Per sapere tutto di loro. Come dimostrano l'esistenza di Dio. Come inculcano la fede. Insomma, i loro metodi in generale.

JOSIF: A che scopo?

NADEZHDA: Per lottare contro di loro. Carpire da loro tutto, per poi utilizzare contro di loro le loro stesse armi. "Con Dio"... è un'invenzione formidabile. Se però conosci i loro metodi...

JOSIF: Prima o poi si può diventare da soli...

NADEZHDA: Che cosa?

JOSIF: Dio.

NADEZHDA: Stai scherzando di nuovo. E io che volevo sapere di te tutto, proprio tutto.

JOSIF: Anch'io vorrei sapere tutto, proprio tutto. Sulle varie perso­ne. Ma non è possibile. Anche se...

NADEZHDA: Giustamente dici "anche se". È possibile.

JOSIF: Sì? E in che modo?

NADEZHDA: Attraverso l'amore. No, non dirmi nulla. Lo scoprirò da sola.

JOSIF: Tutto, tutto? Attenta, non è una cosa senza rischi.

NADEZHDA: Oggi non fai altro che spaventarmi. Sembra quasi che tu abbia deciso di fare di questo giorno un giorno d'esame.

JOSIF: Tutta la nostra vita sarà un esame.

NADEZHDA: Dunque non rinunci a me...

Si baciano.

JOSIF (facendo cenno col capo in direzione del telefono): Non

suona! NADEZHDA (allegramente): Non servi a nessuno... se non a me!...

// viso di Josif è in ombra.

Una cosa però te la voglio chiedere... Soltanto non t'arrabbiare.

Non voglio parlare delle donne che ci sono state prima nella tua

vita. Ma ho sentito. . proprio recentemente... so anche il suo

nome... e vorrei... verrei essere sicura... JOSIF: Di che cosa? Che non ho una relazione con lei? Alla fine ci

sei riuscita a... NADEZHDA: A darti un dispiacere? JOSIF: A rovinare il nostro matrimonio. NADEZHDA: Io?!... JOSIF: Si parlava di fiducia. Piena. Ed eccoti che non c'è più. Ne

consegue che nemmeno il matrimonio ha da farsi. Questa è la

logica delle cose, purtroppo.

Nadezhda faticosamente si avvia verso la porta.

Dove vai?

NADEZHDA: A casa.

JOSIF: Come vuoi.

NADEZHDA: Come voglio io?... Come voglio io?... (Apre la porta)

JOSIF: Arrivederci. Ma ricordati (con un salto raggiunge la porta) che se te ne vai adesso, qui non ci metterai più piede. (Leprende la mano) Ah. come siamo orgogliose! A noi piacciono così orgogliose. Ci piacciono così candide, delicate e severe. Bambi­na mia. Cos'hai? Qualsiasi cosa sia successa prima, ora ho solo te. Solo te. capisci? Ora e sempre. Vuoi che ti faccia un giuramento?


NADEZHDA: Non c'è bisogno...

JOSIF: Sono io a volerlo. Lo giuro. Tu sarai la mia ultima moglie. La

mia unica moglie. Lo giuro. Qualsiasi cosa accada. L'unica e

l'ultima.-NADEZHDA: E se morirò prima di te? JOSIF: Non parlare così. Sei giovane. Perché dovresti morire prima

di me? (Dopo una pausa) Ma anche se dovrà succedere, io

manterrò il mio giuramento. Ti sei stancata. Il tuo faccino si è

fatto lungo lungo. Vedi, che roba seria è l'amore. Forse davvero

è meglio che tu vada a casa a riposarti. NADEZHDA (non riesce a riprendersi): Sì... E anche tu devi

lavorare... Già così ti ho fatto perdere un giorno intero... JOSIF: Ti avevo detto: questo è il tuo giorno. Vorrei che tu lo

ricordassi. Vorrei che restasse per sempre nel tuo ricordo. NADEZHDA: Resterà. JOSIF: Ci attende una vita non facile. Non riusciremo a stare insieme

così spesso. Lo puoi capire. NADEZHDA: Capisco... Non ti preoccupare... Non dovrai preoccu­parti... Il Soviet dei Commissari del Popolo è contento di me,

cosicché riuscirò a rendermi utile anche a te... Vladimir Il'ic dice

che...                                        

JOSIF: Di Vladimir Il'ic mi racconterai un'altra volta. Su, fammi

vedere quegli occhietti. Oh, come sono tristi. No, così non ti

lascio andare. Vuoi che giochiamo a qualcosa? NADEZHDA: A che cosa? JOSIF: Alla guardia e al rivoluzionario. Vuoi? NADEZHDA: Che gioco è? JOSIF: Uno insegue, l'altro si nasconde. Chi si nasconde e non viene

scovato vince. Se lo trovano ha perso. NADEZHDA: E poi? JOSIF: La punizione. NADEZHDA: Quale? JOSIF: La inventerò io. NADEZHDA: Così non vale. Perché tu? JOSIF: La inventa chi vince. NADEZHDA: Però io non voglio fare la guardia. Posso fare il

rivoluzionario. JOSIF: Non pensare che sia più facile. Il tuo compito è nasconderti.

Scomparire. Il mio è quello di obbligarti a venire fuori, con

qualsiasi mezzo. NADEZHDA: Potremo correre per tutto il Cremlino? JOSIF: Nell'appartamento. Per tutto il Cremlino non sta bene. NADEZHDA: Va bene. Adesso esci dalla stanza, così posso andare

a nascondermi. JOSIF: Prego.

Esce. Nadezhda si nasconde sotto il tavolo. Non viene nessuno. Viene fuori dal nascondiglio, e corre dietro alla poltrona. Si sporge per vedere, ma non e 'è nessuno. Allora si nasconde da un 'altra parte.

La porta si apre silenziosamente, e silenziosamente entra Josif. Scruta con attenzione la stanza, si avvicina alla scrivania. Si accende la pipa, e incomincia a fumare. Tutto senza fare alcun rumore.

Nadezhda intanto era venuta fuori dal suo nascondiglio, aveva visto Josif, ed era immediatamente ritornata sui suoi passi. Josif alza la cornetta del telefono, ci ripensa, la riappende. Il viso è teso, sta riflettendo a qualcosa, sta prendendo una decisione fra sé e sé.

JOSIF (A voce bassa): Nadja! Nadjusha! Lei non risponde. (A voce più alta): Nadjusha! Lei tace.

Nadja, insomma! Il gioco è finito. Lo so che sei qui. Lo so, non sei andata da nessuna parte. Mi senti? Ho una questione da risolvere che non posso rimandare. Nadja! Esci subito! Che sciocchezze! Esci, prima che chiami gente.

Nadezhda esce, demoralizzata. Si avvia verso l'uscita a testa bassa.

(Prendendole le mani): Ti ho preso, uccellino! (Ride) Siete in

arresto, bellezza. NADEZHDA (smarrita, non sapendo se ridere o piangere): Ma... JOSIF: Niente "ma". Confessate: cosa stavate facendo nel mio

studio?


SIPARIO TESTI -55


NADEZHDA: Mi hai ingannato.

JOSIF: Vi prego di non darmi del "tu". Signorina, non abbiamo

ancora brindato insieme alla nostra amicizia. Rispondete alle

mie domande. Chi vi ha mandato qui? NADEZHDA: Ti sei calato così bene nel ruolo della guardia... JOSIF: Finitela di fare la finta tonta. Ho fatto una domanda, per

incarico di chi agivate entrando furtivamente nel mio apparta­mento, e restando qui nascosta? NADEZHDA: Stai scherzando o dici sul serio? JOSIF: Le domande le faccio io. Con quale scopo siete qui? Avete

ingannato le nostre misure di sicurezza all'ingresso. Come? NADEZHDA (sollevando il capo): No, siete voi che mi avete

ingannato. Voi non siete quello che mi davate ad intendere. E

dovrete pagare per questo. JOSIF: Guarda guarda che signorina fiera ci è capitata. Sarete voi a

pagare, e non io. Ricordatevi la mia parola. E adesso rispondete

alle mie domande. NADEZHDA: No.

JOSIF: Che cosa no? Vi rifiutate di rispondere? NADEZHDA: Mi rifiuto. JOSIF: Perché?

NADEZHDA: Perché non ho nulla da dire a una guardia. JOSIF: Le offese, però, sono fuori luogo. Per quest'offesa c'è una

punizione a parte. Se vi siete introdotta proprio qui è ben

presumibile che voi sappiate chi io sia. Basta con le prese in giro.

Perché siete qui? Per prendere dei documenti? Che cosa avete lì

nascosto? NADEZHDA: Un revolver.

Josif d'un colpo salta velocemente sul davanzale e spalanca la finestra.

Aspetta! Stavo scherzando!... Non ho nessun revolver... Ferma­ti!

JOSIF (si volta, impugnando un revolver): In compenso ce l'ho io. (Salta giù dal davanzale, puntando l'arma contro di lei). E tua madre che ti ha mandato qui?

NADEZHDA: Sì.

JOSIF: Voleva che tu mi uccidessi?

NADEZHDA: Voleva che ti sposassi.

JOSIF: Per poi uccidermi nel mio letto?

NADEZHDA: Per poi uccidermi nel tuo letto. (Inaspettatamente gli sottrae il revolver).

JOSIF (grida): Gettalo! Gettalo immediatamente!

Lei getta via il revolver.

(Raccogliendolo, con tono pacato): Ho vinto. Ripetutamente. (Ride) In questo gioco è ammesso qualsiasi mezzo. Prima il bianco è nero. Poi il nero è bianco. L'importante è mandare in confusione gli altri. Per di più in modo che nemmeno per un minuto possano dubitare della tua sincerità. Più di una volta agendo così, mi sono cavato da situazioni ben più imbrogliate di questa. Lasciavo il campo, e me ne uscivo asciutto dall'acqua, (Ride di nuovo) Allora... Adesso dovrete regolare i conti, signorina. E giunto il momento.

NADEZHDA (di nuovo smarrita): Come?...

JOSIF: Con che cosa pagano le signorine? mai sentito? E questa volta non potrai andartene via. Se vorrai, potrai andartene via dopo. Per un po', oppure per sempre, come deciderai.

Nadezhda gli dà uno schiaffo, e subito dopo scoppia in pianto.

Nadja! Nadjusha! Cos'hai? Stupidina, è un gioco. Volevo solo divenirti, e tu ci se: rimasta male. L'hai preso sul serio. Dov'è il nostro senso dell'humour, eh? Come facciamo senza senso dell'humour? Nadja! Nadezhda! Tu sei la mia Nadezhda! (Allun­ga le mani verso di lei). NADEZHDA (gli si getta al collo, piangendo): Josif!... Forse è vero, io... io non capisco niente... ho fatto confusione... con te e in tutto... Tu... io penso... in fondo sei un artista!... hai sempre amato prendere tutti in giro... prenderti beffe!... E io...

Lui ride. Lei sorride attraverso le lacrime.

IOSIF: Hai dimenticato. Hai dimenticato le nostre raccomandazioni. Ahi-ahi-ahi-ahi! Ti avevo avvertito: con qualsiasi mezzo. Obbli­garti a venire fuori, con qualsiasi mezzo. Che ti serva da lezione, Nadjusha. Sono tutte lezioni. Le logiche, le vite, e le lotte. Non


bisogna smarrirsi. Mai. Occorre sempre pensare e riflettere. Su, su con quella testolina. Sto facendo di te non solo un esecutore, e nemmeno una segretaria, come ha Vladimir Il'ic, ma un vero compagno di lotta.

NADEZHDA (sollevando il capo, di nuovo raccoglie i capelli in un fascio, e quando si volta eccola di nuovo giovane donna): Mamma!... Papà!... Njura!... Fedja!... PavlushaL. Se potessi parlare con voi, o almeno scrivervi una lettera... in cui raccontar­vi come stanno veramente le cose... Ma non la ricevereste questa lettera. Certo, qualche volta piango... e forse, Polina Semjonovna o Zina Ordzonikidze se ne accorgono... potrebbero essere solo normali lacrime di donna... Anche Jasha mi vede... Quando si è sparato, lì, in cucina, non era solo a causa di una ragazza... ma per causa "sua"! Una volta ho pensato che sono l'unica che ancora in qualche modo lo trattiene, lo frena, e che se non ci fossi più io, se dovessi andarmene... Mamma! Dicono che assomiglio a mio padre, ma noi due abbiamo molto di più in comune di quanto tutti credano. Tu lo amavi, come lo amo io... Dimmi, cosa devo fare?... Come dicevi tu: "Libertà, libertà, io amo la libertà!..." Dov'è, la tua e la mia libertà!... (Di nuovo bambina, guardando Josif con amore) Il sorvegliante di polizia Ocjumelov cammi­na... attraversando la piazza del mercato^, nel suo nuovo cappot­to e con un pacchetto in mano...

JOSIF: Questa è un'altra cosa! Dietro a lui marcia una guardia cittadina dai capelli rossi con un grosso setaccio, ricolmo di uva spina confiscata.

NADEZHDA: No, è meglio questa...

JOSIF: Non è colpa mia, ma di tutti gli altri. Tutta la faccenda è venuta fuori a causa di un cadavere stecchito, pace all'anima sua...

NADEZHDA: No!... Eccovi, Ol'ga Evgeneevna... no, mi sono confusa, volevo dire Semjonovna... Eccovi, Ol'ga Semjonovna, la nostra vita... Lavori, ti affatichi, soffri, non dormi la notte, continui a pensare a come far meglio, e il risultato?...

JOSIF: Da una parte, il pubblico ignorante e selvaggio. Gli do l'operetta migliore, una féerie, i migliori compositori di canzoni, ma ne ha forse bisogno? Forse che capisce qualcosa? Macché, ha bisogno del balagan8! Ha bisogno che gli si serva solo volgarità! Dall'altra parte, guardate che razza di tempo! Piove quasi ogni sera.

NADEZHDA: Ma sì, aveva una Compagnia teatrale, in un parco divertimenti, a cielo aperto...

JOSIF: Il giorno successivo, verso sera, è nuvolo, e Kukin con una risata isterica: "Ebbene! Che sia pure! Che bagni pure tutto il parco, me compreso! Che io non trovi felicità né in questo mondo, né in quell'altro! Che tutti gli attori mi denuncino in tribunale! Il tribunale? Ma che mi mandino ai lavori forzati in Siberia! Che mi mandino al patibolo! Ah-ah-ah!".

NADEZHDA: Alla fine le disgrazie di Kukin commossero Olen'ka, e lei si innamorò di lui... Lui era felice...

JOSIF: Lui era felice, ma siccome nel giorno delle nozze e la notte successiva non smetteva di piovere, dal suo viso non accennava a scomparire quell'espressione di disperazione.

NADEZHDA: Dopo le nozze, però, vissero bene. E lei già diceva ai conoscenti che...

JOSIF: ...la cosa più meravigliosa, più importante e più necessaria al mondo è il teatro, è ricevere un piacere autentico, diventare più colti ed umani solo in teatro.

NADEZHDA: Un telegramma!

JOSIF: "Ivan Petrovic deceduto oggi prima del tempo attendiamo istruzioni fuferali martedì". Era scritto proprio così: fuferali.

NADEZHDA: Dopo tre mesi — il direttore del deposito di legname Pustovalov. I conoscenti cominciarono a mormorare...

JOSIF: "Sempre a casa o al lavoro. Dovreste andare a teatro, anima mia, o al circo." — "Siamo gente che lavora, non abbiamo tempo per questi gingilli. Cosa c'è di buono in questi vostri teatri?"

Entrambi ridono.

NADEZHDA: Poi lei rimase sola. Questa volta completamente sola. Adesso voleva un amore che conquistasse tutto il suo essere, tutta l'anima, l'intelletto, e riscaldasse il suo sangue non più giovane... E scaccia dall'orlo della gonna Bryska, il cagnolino nero: "Vai via, vai via, non stare qui!...".

JOSIF: L'idea è questa. Lei vedeva intorno a sé degli oggetti, e comprendeva tutto ciò che accadeva, ma assolutamente non riusciva a farsene un'opinione, e non sapeva di cosa parlare.


SIPARIO TESTI - 56


Come è terribile non avere alcuna opinione! Per esempio, vedi una bottiglia in piedi, oppure la pioggia che scende, o un "muzhik" sul carro, ma a cosa serva la bottiglia, o la pioggia, o il "muzhik" non riesci a dirlo, e nemmeno per mille rubli riusciresti a dirlo.

N\DEZHDA: È triste...

JOSIF: Direi esemplificativo. Cechov annotava meravigliosamente i particolari della vita, e ne rideva.

NADEZHDA: Sì, fa ridere... ma chissà perché allo stesso tempo dispiace... (Ripete) Non è colpa mia, ma di tutti gli altri. Tutta la faccenda è venuta fuori, a causa di un morto stecchito, che riposi in pace nel regno celeste... Ma il regno celeste non esiste... Hai paura della morte?

JOSIF: Io? Io sono Koba.

NADEZHDA: Naturalmente, quando un uomo muore per un'idea, con la faccia del proprio nemico di fronte, è una cosa. Ma esistono così tanti altri modi per morire!

JOSIF: Per esempio?

NADEZHDA: Per una grave malattia... Di fame, di freddo... Calun­niati... Non amati da nessuno...

JOSIF: Perché parli di queste cose? Perché le stai elencando?

NADEZHDA: Oppure amati. Quando si ama non si ha tanto voglia di morire...

JOSIF: In questo momento non hai voglia di morire?

NADEZHDA: In questo momento no.

JOSIF: Bene.

NADEZHDA: Al contrario, ho voglia di vivere !... Sono felice che mi hai fatto dono di questo giorno... senza badare a nient'altro... Che come me ami Cechov, e ne sai così tanto a memoria... Che sei così come sei!...

JOSIF: Oh cara! Presto ti mangerò.

NADEZHDA: Ora devi lavorare. Mi ricordo bene come ti piaceva lavorare fino a tardi sul letto con la pipa, rifletti a qualcosa, poi ti alzi, e lo annoti... o ti assopisci, e la coperta comincia a bruciacchiare, e tutta la stanza si riempie di fumo... balzi dal letto: cosa? dove sono?... (Ride).

JOSIF: Voglio che tu mi dia un bambino e una bambina, che studieranno musica. Costruiremo una "dacja". Pianterai dei fiori. Lillà e gelsomini. Ti piacciono i lillà e i gelsomini? Ti getterai lo scialle sulle spalle e andrai in giardino. Diventerai l'ornamento della mia vita. Della mia vita austera. Amica e amata. (Nasconde il viso nella sua mano).

NADEZHDA: Posso stare ancora un po' qui con te?... Mi metterò seduta e ti guarderò... non ti darò fastidio... e tu lavora... Lavora. (Si nasconde nella poltrona, non la si vede più).

JOSIF (Si siede alla scrivania con la pipa in bocca. Guarda le carte. Poi d'improvviso): Ma ricordati: se mi sarai infedele, ti ucciderò!

Trascorre un certo tempo. Dalla poltrona si leva un 'esile mano di fanciulla.

NADEZHDA: Oh, mi sono addormentata... Sei qui?... JOSIF: Non fa niente, non fa niente. Ho impiegato il tempo che tu dormivi per scrivere qualcosa. Ti sei riposata? Com'è l'umore?

L'orologio a carillon del Cremlino batte le ore. Lei impietrisce.

Non avere paura. È il tempo.

NADEZHDA: Quale tempo?

JOSIF: Il nostro. Il mio e il tuo. Quello del Cremlino. Forse ti sei dimenticata dove ci coviamo? In quale epoca, in quale luogo. Cremlino. L"Anno Venti si affaccia alla finestra.

NADEZHDA: Che strano... Mi è parso... Forse mi sono addormen­tata, e stavo sognando... Ho sognato che...

JOSIF: La nostra realtà. Nadjusha, sarà più meravigliosa di ogni sogno. Costruiremo una società in cui ognuno sarà felice. E chi intende ostacolarci... (L'apparecchio telefonico suona. Alza la cornettaI Stalin ascolta.

ATTO SECONDO

Ora, siamo in una camera da letto. Al posto della scrivania e delle poltrone. un letto. Forse lo stesso armadio, ma questa volta senza libri. Una sedia, un comodino, un grammofono con dei dischi. Josif, ivecchiato di una decina d'anni, è sdraiato sul letto, con la pipa nella sinistra. Si ode un leggero bussare alla porta.


JOSIF: Avanti.

Entra Nadezhda. Ha superato la trentina. Veste in nero.

NADEZHDA: Mi hanno fatto sapere che volevi vedermi. JOSIF (rimanendo sdraiato): Sì. Siedi. Siediti qui.

Nadezhda si siede sull'orlo del letto. Che cosa succede?

Lei tace.               /

Ti ho chiesto, che cosa succede?

Lei alza gli occhi verso di lui.

Ci siamo cuciti la bocca. (Si alza) Primo, voglio che ti cambi. Ti prego di essere elegante al ricevimento. E di togliere questo lutto.

NADEZHDA: Va bene mi cambierò.

JOSIF: Secondo. Da due mesi hai trent'anni suonati. Sei una donna. Hai un marito, dei figli. Il lavoro al giornale, gli studi all'Acca­demia Industriale, dove non tutti possontrentrare. Le amiche, gli amici. Perché te ne vai in giro con quest'aria? È morto qualcuno? Qualcuno ha intenzione di morire? Eh?

NADEZHDA (sollevandosi un po'): Vasja non sta bene... perciò...

JOSIF: Perciò?

NADEZHDA: Perciò devo andare da lui... e anche i preparativi per la sera...

JOSIF: Non fare di te una madre migliore di quella che sei. C'è un dottore. E ai preparativi per la sera ci sarà qualcun altro che ci penserà. Siedi.

Nadezhda si siede docilmente.

Dicono che ai festeggiamenti per il quattordicesimo anniversario della Rivoluzione fra le giovani donne sembravi quella più bella e piena di vitalità.

NADEZHDA: Chi lo dice? Quelli della tua segreteria? Mekhlis, Ezhov, Malenkov?...

JOSIF: "Quelli" della mia segreteria sono delle persone. E non certo gli ultimi venuti. La storia dovrà ancora dimostrare chi è stato il primo, ed è diventato l'ultimo.

NADEZHDA: Anche ai festeggiamenti per il quindicesimo anniver­sario sembrerò piena di vitalità, perciò non ti preoccupare.

JOSIF: Anche al mio cinquantesimo compleanno dicevano che eri la donna più interessante. Provavano interesse per te. Si interessa­vano a te.

NADEZHDA: Già allora?

JOSIF: Cosa vuol dire già allora?

NADEZHDA: Quando i tuoi uomini si interessano a qualcuno...

JOSIF: Vuoi sempre rivoltare tutto. Loro ti facevano la corte. Non ricordi? (Tace) Leccapiedi. (Tace ancora) Sta bene che sembre­rai la più vitale. Ma è importante non solo come una persona si presenta. È importante che cosa ha dentro. Smettila di sbruffare come un cavallo. Vuoi farmi capire che ti ho offeso questa mattina? Rispondi.

NADEZHDA: Lo sai già.

JOSIF: Ascoltami, razza di permalosa. Non le si può dire nulla.

NADEZHDA (alzandosi): Se hai intenzione di continuare nello stesso tono...

JOSIF: Ma chi me lo fa fare? Chi mi obbliga? Lo capisci che ho delle questioni di enorme importanza? Che la situazione si complica di giorno in giorno? Lo scontro si fa di giorno in giorno più duro. Nel partito e nel Paese. E in queste condizioni, quando tu dovresti aiutarmi, aiutarmi e non ostacolarmi, tu permetti ai tuoi senti­menti da donnetta di avere la meglio su quelli proletari, di classe, di partito.

NADEZHDA: Non sono da donnetta...

JOSIF: Non sono da donnetta? E da chi? Da chi, se non da donnetta? Dimmelo. Ti ascoltiamo.

NADEZHDA: Sono sentimenti umani.

JOSIF: Umani è un concetto astratto.

NADEZHDA: Per te. Per te forse...

JOSIF: Cos'hai detto? Cos'hai detto?

NADEZHDA: Perché mi fa così male la testa... Perché mi fa così male... Mi sono dimenticata d'improvviso... ho dormito qui?... Dove stava il mio letto?... Abbiamo dormito insieme o separa­ti?... Ho dimenticato tutto... Non ricordo che aspetto avevi


SIPARIO TESTI -57


prima... Sei sempre stato così butterato o mi sembrava... JOSIF: Non fare la stupida. NADEZHDA (improvvisamente): No. Non è così. Da tanto tempo

non è più così. È ancora peggio. Ancora più spaventoso. Tutto se

n'è andato. Io me ne sono andata. JOSIF (con disprezzo): Isterica.

Nadeszhda se ne va. Josif misura la stanza con i suoi passi, irritato.

NADEZHDA (entrando di nuovo): La mia nonna si chiamava Magdalina... A Didube c'era un ubriacone, un "cjornosete-netz"9, Markelov... tutti avevano paura di lui... tutti, eccetto la nonna... Poteva alzare le mani, colpire, poteva uccìdere chiun­que... ma davanti a lei si fermava... restava quasi di pietra...

JOSIF: Perché me lo racconti? Con chi vuoi fare dei confronti?

NADEZHDA: C'era anche un inventore... Molokoedov10... questo succedeva a Tiflis, devi sapere... Mostrava ai miei con un cannocchiale il cielo e le stelle...

JOSIF: Quale inventore ? Ha mostrato anche a te qualcosa? Hai finito di imbottirmi con queste assurdità? Cosa c'entrano il cielo e le stelle? Cosa c'entra questa tedesca Magdalina, tua nonna?

NADEZHDA: Una volta sono caduta con un abito bianco nell'acqua sporca... in mare... era tutto pieno di catrame, e io ci sono caduta dentro... era a Baku... avevo^due o tre anni... Dicono che sei stato proprio tu a tirarmi fuori... E vero?...

JOSIF: Come pensi che possa ricordarmi di una tale sciocchezza? Hai qualche altro ricordo?

NADEZHDA: Vivevamo a Piter"... Un operaio, ebreo, scrisse un biglietto: "Sono innocente, ma non posso continuare a vivere nella vergogna". E si impiccò... Il capomastro lo aveva incolpato di un furto... I suoi compagni organizzarono uno sciopero, e il capomastro fu cacciato... Mi sembra...

JOSIF: Chiamo un medico? O smetti da sola? Basta. È sufficiente. La tua psicologia non mi interessa. Sbagli i tuoi calcoli se cerchi di commuovermi. Volevo rappacificarmi con te in onore della giornata di festa. Ma vedo che è inutile. Tu per me non esisti più. Vattene.

NADEZHDA: Me ne sono già andata. Non ci sono più. (Se ne va).

Josif si sdraia sul letto con gli stivali. Chiude gli occhi. Sembra che si sia assopito. Appare Nadezhda. Ha uno strano aspetto. Josif apre gli occhi. Alla vista di Nadezhda rimane esterrefatto per un istante.

JOSIF: Perché entri dove non puoi entrare? Perché sei venuta?

NADEZHDA: Per dare un'occhiata ai bambini...

JOSIF: Dare un'occhiata ai bambini? Non li vedrai. Non ti permet­terò di vederli.

NADEZHDA: È crudele...

JOSIF: Crudele? E non è crudele ciò che hai fatto tu? Ti rendi conto di cosa mi hai fatto? Di quanto male mi hai fatto?

NADEZHDA: A te... tutto a te... e a me?...

JOSIF: È stata una tua scelta. Non mia.

NADEZHDA: Non avevo scelta! Potevo fare solo quello che ho fatto! Lo capisci?!...

J OSIF: Non gridare. Ci sento bene. Me ne frego di te. Di te e di quello che hai fatto. Me ne frego e ci sputo sopra. (Sputa ripetutamente per terra).

Nadezhda fa segnc di pulire.

Lascia. Smettila di fare ordine. Sei rimasta quella che eri, una donnetta da cucina Anche adesso. Facevi solo finta di far parte deH""intelligentsja". Il'ic diceva che ogni cuoca governerà lo Stato. Uno Bei miti del mio maestro che siamo stati costretti a sostenere. Eccone un esempio.

NADEZHDA: Perché... per che cosa mi odi così?...

JOSIF: Perché sei una stupida! Stupida! Tutte le donne sono delle stupide. Ma tu più di tutte le altre. Hai studiato al ginnasio. All'Accademia Industriale. Hai vissuto con me. Niente da fare. Segatura. Una stupida. Ti rendi conto di quanto sei stupida?!

NADEZHDA iindovirando): Stai... soffrendo?!...

JOSIF (lanciando con forza la propria pipa): Tu le dici che cos'è, e lei non capisce. Come parlare a un muro. Prendila.

NADEZHDA (prendendola): Come sta Vasja?

JOSIF: Svetlana non t interessa.


NADEZHDA: Vasja era raffreddato...

JOSIF: Non è per questo che chiedi di Vasja. Ma perché ti sei ficcata

in testa che voglio più bene a Svetlana che a Vasja. NADEZHDA: Lo picchiavi... JOSIF: Lo educavo. E continuerò ad educarlo. È troppo debole per

essere mio figlio. Un esserino, un mocciosetto con inclinazione

ai vizi. E per di più vigliacco. Io lo sto educando... NADEZHDA: Tu lo spezzerai... JOSIF: Se lo spezzerò, quella era la sua strada. Se non ha alcuna

volontà di opporsi... NADEZHDA: Come se fosse possibile... opporsi a te!... Tutti quelli

che ci hanno provato... JOSIF: Chi ci ha provato? Chi ci ha provato? Io ti domando chi e che

cosa ha provato?                 \

NADEZHDA: Tu lo sai bene: JOSIF: Mettiamo pure. Ma io voglio che tu confessi. Per chi correvi

a piangere da Polina Semjonovna? Per persone che risultano

nemici di tuo marito. Nemici della guida del popolo. Nemici del

popolo. Appunto, nemici del popolo.
NADEZHDA: Io non correvo...                 /

JOSIF: E poi chiede, da chi ha preso suo figlio per essere così

bugiardo. Come non correvi, se correvi. E che discorsi facevi con

Sergo? NADEZHDA: Hai informatori dappertutto... JOSIF: Le persone mi riferiscono di loro iniziativa ciò che ritengono

necessario. Gli uomini sugli uomini. Le donne sulle donne. E

viceversa. Non ancora tutti, è vero. Ma non è lontano il tempo in

cui, presa coscienza, lo faranno tutti... NADEZHDA: Voglio vedere i miei bambini. Ne ho il diritto. JOSIF: Tu stessa ti sei privata dei tuoi diritti. NADEZHDA: Non me lo puoi rifiutare!... Non puoi... Pensaci...

ricordi il giorno prima del nostro matrimonio!... JOSIF: Ma quale giorno?

NADEZHDA: Quello che hai passato con me... un intero giorno... JOSIF: Te lo sei sognata. NADEZHDA: Allora mi hai giurato... JOSIF: Ti dico che l'hai sognato. Non ho mai giurato niente a

nessuno. NADEZHDA: E nel Ventiquattro?

JOSIF: Che cosa nel Ventiquattro?                                                 r

NADEZHDA: Quando hai ripetuto tante volte di seguito... ti giuria­mo, sul feretro di Il'ic... JOSIF: Con te mi sono sempre annoiato. E politica. E il verbo per le

masse. Deve esserci una forma che si ricorda, una formula,

chiaro? NADEZHDA: Chiaro... Questo è ciò che ti hanno insegnato in

seminario. JOSIF: Come non sta bene. Come non sta bene quando una donna è

così sfacciata e immodesta. La donna deve essere modesta. La

moglie del compagno Stalin deve esserlo cento volte tanto.

Nessuna lezione ti è servita a buon prò. Di cosa fai mostra? Non

hai capito che la coscienza di classe vale più di ogni coscienza

dell'"intelligentsja". Hai studiato musica, sì? E hai studiato

ancora con questa Pukhljakova, sì? NADEZHDA: Sì. JOSIF: E io no, sì? NADEZHDA: Sì. JOSIF: Che cosa sì? NADEZHDA: No. JOSIF: Che cosa no? NADEZHDA: Ma nel senso di no. JOSIF: Allora sì o no? Come può essere sì nel senso di no! Fa

confusione nella logica più elementare. Persino nella logica più

elementare si riesce a confonderla. Fra l'altro, come tanti altri.

Quasi tutti. Non parliamo nemmeno della logica della lotta di

classe. Quindi tu hai studiato, e io no. E questo l'hai mai visto?

{Con un gesto da prestigiatore estrae improvvisamente un

clarinetto). NADEZHDA: Che cos'è?... Un clarinetto... JOSIF: Un clarinetto.

NADEZHDA: Da dove?... Che cosa ti serve?... JOSIF: Che cosa mi serve. Davvero, che cosa serve alla guida del

popolo un clarinetto. Tieni, suonalo. NADEZHDA: Non sono capace. JOSIF: Ti sbagli. Tu hai studiato. Siamo noi che non abbiamo

studiato. Mentre voi avete studiato. Suona. NADEZHDA: Mi ricorda qualcosa...


SIPARIO TESTI - 58


JOSIF: Che cosa ti ricorda?

NADEZHDA: Non mi ricordo... ma posso cercare di ricordarlo...

JOSIF: Questa è la tua logica. Ti ricorda qualcosa, ma tu non ricordi. E poi dice di non essere una stupida. Suona.

N\DEZHDA: Amleto!...

JOSIF: Che Amleto? Quale Amleto?

NADEZHDA: Amleto costringeva i suoi amici a suonare il flauto...

J( )SIF: E allora? Significa che ti ricordo Amleto. Essere o non essere. Ma tu pensi con la tua testa? Pensi con la tua testa, ti chiedo. Sì, io decido se essere o non essere. Ma non per me. Come fanno altri scimuniti. I successi di Jashka12 non le davano pace. Almeno si fosse sparato. Ma è riuscito anche a sbagliare la mira... (Pronun­cia una parola oscena). Io prendo decisioni su scala statale. Per il partito. Per il popolo. Per migliaia e milioni. Queste sono le mie proporzioni. Tu fai come credi. Se hai voluto seguire l'esempio di questo esserino nevrastenico, non mi resta che lavarmene le mani. Il compagno Stalin deve avere le mani pulite.

NADEZHDA: Va bene... suona.

JOSIF: Io?

NADEZHDA: Tu, tu!

JOSIF: Io suonerò. Ma in compenso tu canterai. Canterai. Ti obbligherò. Io suonerò. E tu canterai. Al suono del mio piffero. (Ride della sua stessa battuta) Dai, dai. Ricorda la giovinezza. La giovinezza e la vita. (Incomincia a suonare).

NADEZHDA (facendo forza su sé stessa, canticchia seguendo il clarinetto. Poi, approfittando di una pausa, canta a bassa voce):

Intorno le guardie marciano pigre,

Nel silenzio della notte. Ascolta

Come si leva il lungo lamento, malinconico:

- Ascolta!...

JOSIF (accompagnando il canto con lo strumento): Vedi. E tu che avevi paura.

NADEZHDA: Te l'ho sempre detto... sei un artista...

JOSIF: Ti è piaciuto? A Sol'vycegodsk i compagni avevano pochi soldi. Avevano allestito una pista di pattinaggio. L'ingresso costava poco. Alcuni copejki. Ma se si prende anche un solo copejko da tutti, lacassa comune si arricchisce. Se poi se ne prende più d'uno... E un principio economico non male. Ed ecco la storia di come Stalin a Sol'vycegodsk suonava il clarinetto alla pista di pattinaggio.

NADEZHDA: Perché non suoni ad una serata di dilettanti?... Ancora meglio, nella Sala delle Colonne... Cosa ne sarà dei musicisti!... E cosa ne sarà della musica!...

JOSIF: Ti avverto. Che non lo sappia anima viva!

NADEZHDA: Che non lo sappia anima viva o anima morta?... Ma sì. adesso mi ricordo: la modestia adorna il bolscevico... Tu preferisci rimanere nell'ombra... E nell'ombra compiere le tue azioni... comprese le buone azioni... Telefonare inaspettatamen­te ad uno scrittore caduto in disgrazia... o mandare un aeroplano con le medicine ad un bambino ammalato... perché anche questo gesto entri nella leggenda... Nell'ombra. Ma nell'ombra — vigile e all'erta... vigile e all'erta... e per gli applausi, applausi, applausi... che si trasformano in ovazioni...

JOSIF: Senti, ma come ri permetti di comportarti così!

N.ADEZHDA: Perché?... Non l'hai ancora capito?... Perché tu mi hai deluso... infinitamente deluso...

JOSIF: La ricreazione è finita, ora basta. Pensi che abbia creduto anche solo per un animo che sei veramente tu?

NADEZHDA: E chi se no;?... O che cosa?...

JOSIF: Nessuno e niente. È un sogno. Una fantasia. Un gioco della mente. Della mia mente. Noi materialisti a tutta questa fuffa da preti non ci crediamo, non crediamo in nessuna cosa.

NADEZHDA: Se è un gioco... se è un gioco... giochiamo ancora un po' ! Eri solito giocar; con me. una volta. Giochiamo per l'ultima volta!...

JC SIF: A che scopo? Supponiamo che avessi bisogno dei bambini. Allora perché sei venuta da me. e non da loro? In realtà potevi andare direttamente da loro. Evitando me. Con un colpo di furbizia. Tu hai agito diversamente. Da questo traggo le mie conclusioni. Tu non hai bisogno dei bambini. Tu hai bisogno di qualcosa da me.

NADEZHDA: Una logica di ferro. D'acciaio. Lo dice la parola, "stai"5.

JOSIF: Ma pensa che falsa.

NADEZHDA:Va bene, va bene... Ma è la mia ultima possibilità...


JOSIF: Continua...

NADEZHDA: Non posso.

JOSIF: Ti ascolto.

NADEZHDA: Non posso andarmene così!...

JOSIF: E chi te lo impediva? Potevi tranquillamente continuare a

vivere. NADEZHDA: No... non potevo più vivere... vivere in quel modo.

Capisco che ti ho offeso... e che non puoi perdonarmi... non è nel

tuo carattere perdonare a qualcuno le offese, chiunque egli sia...

Ma davvero... davvero non seLpentito? JOSIF: Di che cosa devo essere pentito?

NADEZHDA: Vuoi dire che la mia morte non significa nulla per te? JOSIF: Nulla.

NADEZHDA: Tu non dici la verità. Che cos'hai lì nell'angolo? JOSIF: Non ho niente. Dove? NADEZHDA: Nell'angolo. JOSIF: Sciocchezze. Niente di importante. NADEZHDA: Scosta la tendina. JOSIF: Perché? NADEZHDA: Voglio vedere. JOSIF: Non ti riguarda. NADEZHDA: Lascia. JOSIF: No. NADEZHDA: Lasciala.

Strattona la tendina. Appare una piccola testa bianca scolpita su di un basamento. E la sua testa.

E chi, se non me!...

JOSIF: È un modello.

NADEZHDA: Lo so... Hai dato ordine di scolpire il mio viso in marmo bianco... di far mettere una panchina di marmo... Vieni al Novo Devicij l4... ti siedi su questa panchina...

Con il piede gli avvicina la sedia. Lui si siede, guarda il ritratto di pietra, poi china il capo gravemente. Un pianto silenzioso scuote il suo corpo.

Ti sento!... Ti vedo!... Mio amato!... Mio JosifL. Tu mi ami...

JOSIF: Che cosa hai combinato!... Come hai potuto!... Come hai osato agire in questo modo? Tradirmi così?!...

NADEZHDA: No! No! Non è per tradimento!... Per amore! Solo per amore... Non potevo vedere come tu... Dimmelo anche tu che mi ami! Se non me lo dici da sveglio, me lo dirai in sogno!...

JOSIF: Ti odio.

NADEZHDA: Non ti credo... Hai appena... hai appena detto... ho sentito... tutt'altre parole...

JOSIF: Non sono parole d'amore. Sono parole di odio. Non sei mai cresciuta. Sei rimasta una bambina. Una stupida bambina. I bambini stupidi dicono: quando morirò, allora vedremo chi piangerà. Voleva vedere. Convincersi. Eccola convinta.

NADEZHDA: Ma il tuo lutto... qui, e lì al cimitero.

JOSIF: Non parlare di cose che non comprendi. Anche se ti sembra di comprendere. Il mio lutto serve alla gente. E io porto il lutto.

NADEZHDA: Ma la gente sa che cosa è successo davvero?

JOSIF: Sa quello che deve sapere. Non potevamo non tenere conto dei loro sentimenti. È stato loro comunicato che hai avuto un'appendicite. Ti ripeto la mia domanda: perché sei venuta?

NADEZHDA: Aspetta... te lo dico... Se non vuoi mostrarmi i bambini, portami almeno qualche loro vestito...

JOSIF: Di nuovo nel teatro?

NADEZHDA: Teatro, teatro... ma tu ami l'arte! Ti ricordi come citavi a memoria tutta l'opera di Cechov?...

JOSIF: Il tempo di Cechov è finito.

NADEZHDA: Naturalmente. È iniziato quello di Saltykov-Sce-drin15. Ora esci sulla tribuna... che cosa dirai?...

JOSIF: Dipende dove. Cose diverse. Per esempio, in una delle sue favole Scedrin ritrae il tipo del burocrate-tiranno, limitato e ottuso, ma presuntuoso e zelante. Questo burocrate, dopo aver fatto ordine e instaurato il silenzio nella regione a lui assegnata sterminando migliaia di abitanti, si guarda attorno e scorge all'orizzonte l'America, il Paese scoperto poco tempo prima le cui libertà turbano il popolo. Allora delibera: chiudere di nuovo  l'America

NADEZHDA: Ma di chi parli?

JOSIF: Di loro. Di quelli che sono all'estero. Che vorrebbero nello stesso modo chiudere l'URSS.


SIPARIO TESTI -59


NADEZHDA: Come sei bravo a... gridare "al ladro"!... Le mie cose

sono rimaste in casa? Prendi anche quelle. JOSIF: Non ne ho la minima intenzione. NADEZHDA: Fallo. JOSIF: Mi sembra che tu abbia deciso di darmi degli ordini.

Apre l'armadio, vuole entrarci, ma cambia idea. Getta dall'armadio alla rinfusa un mucchio di

vestiti: abiti, sottane, una marinara, scialli, altre cose ancora, il tutto appeso agli ometti.

NADEZHDA (prendendoli al volo, appende i vestiti tutt'intorno nellajtanza): E un negozio.

JOSIF: È ripiombata del tutto nella propria infanzia. Ma quale negozio?

NADEZHDA: Degli oggetti confiscati17. Non volete entrare, acqui­stare qualcosa?... Di regola non sappiamo a chi appartenevano gli oggetti, e non lo comunichiamo agli acquirenti... e loro nemmeno lo chiedono... semplicemente entrano e comprano., e si tengono la lingua ben stretta fra i denti... non tutti, solo quelli che sanno di noi... Ma questo è un caso eccezionale... Questo vestito lo portava Nadja... Nadezhda Sergeevna... da nubile Allilueva... E questo è il suo scialle, lei amava molto gli scialli... vi si avvolgeva, quando sentiva freddo... Questo è l'abitino di Vasja... E questa gonna apparteneva alla piccola Svetlana... Non ricordo esattamente come moriranno... saranno deportati o fuci­lati... Il nostro negozio si trova sulla Sretenka, all'angolo... per raggiungerci bisogna passare il ponte Kuzneckij, e poi attraver­sare la Lubjanka... Gli oggetti dei nemici del popolo ritornano al popolo... Venite ancora a trovarci, quando avete tempo... Venite sempre! Sempre!...

JOSIF: Smettila immediatamente con questa fiera. (Strappa i vestiti, e li getta in un angolo).

NADEZHDA (a voce bassa, con dolcezza, quasi come ad un bambino): Non hai capito? Voglio che tu misuri tutto sulle persone a te più vicine. Quelle lontane rimangono lontane. Ma tu fallo con le persone vicine... Immagina di essere tu stesso Joffe. O Lashevic. O addirittura Kolja Uglanov. Un protetto del com­pagno Stalin, un quadro del compagno Stalin, di Stalin, di Stalin fino al midollo... Lui ti ha tirato fuori dall'oscurità, ti ha fatto segretario del Comitato di Mosca, segretario del Comitato Generale, candidato al Politburo. Sei fedele a Stalin come nessuno. O meglio, come tutti. E d'improvviso ti giungono voci di quello che succede in realtà nel Paese, nelle campagne. Tu sei disorientato. Il buon senso ti suggerisce una cosa, le teorie del compagno Stalin, la fedeltà al compagno Stalin un'altra. Sei sul punto di scoppiare. Eppure trovi le forze per dire ciò che pensi. Sull'esem­pio di Nikolaj Nikolaevic. Di Bucharin. E cosa succede? Spez­zato, schiacciato, riconosci i tuoi tentennamenti. Esci sulla tribuna e pubblicamente ti copri d'infamie. Mentre dalla sala si sente...

JOSIF (a bassa voce): Non parli in maniera ferma. Non convinci. Scivoli via.

NADEZHDA: Giusto. Ma non è il compagno Stalin a parlare. Il compagno Stalin, al tavolo della presidenza, tace. Non è un suonatore di clarinetto, ma un direttore. Sono i suoi orchestrali ad esibirsi. È più semplice, sono a portata di mano.

J OSIF: È la sala di un congresso. Non di un tribunale. Noi riusciremo ad ottenere che nei processi le persone pronunceranno le requi­sitorie dell'accusa contro sé stessi. E saranno loro stesse ad emettere la sentenza.

NADEZHDA: Uglanov, continui a fare confusione. Il problema non è Stalin, dici tu, ma quel diabolico apparato che tiene in pugno Stalin!... Ti fucileranno...

JOSIF: Non me. Lui.

NADEZHDA: Te. Tu sei Rykov. Tu sei Kamenev. Tu sei Zinov'ev. Tu sei Tomskij. Tu sei Aljosa Svanidze, il fratello di Kati Svanidze, la prima moglie di Stalin. Tu sei Redens, il marito di mia sorella Anna. Tu sei mio fratello, il tenero e bellissimo Pavlusha!... Ti stanno fucilando, ti stanno fucilando, ti stanno fucilando... O ti spari da solo... Prima che vengano a prenderti...

JOSEF: Io sono io. E lcro sono loro. E tu con la voce di chi cantavi? Concretamente, di Bucharin?

NADEZHDA: Vicino di casa... amico caro... lui per te è come uno straccio rosso perché Lenin l'ha chiamato prediletto di tutto il partito...

JOSEF: L'ennesimo mito del mio maestro. Nel partito, prediletto e


beniamino non sono delle definizioni. Sono definizioni dei tempi di scuola. I beniamini solitamente fanno una brutta fine. NADEZHDA: Gli fanno fare una brutta fine... Come potrai mai perdonare a questo uomo coraggioso di averti detto in faccia: falsificatore e Gengis Khan del partito?...

Josif colpisce Nadezhda al viso. Dall'angolo della bocca le esce un filo di sangue. Lo asciuga con il fazzoletto, e si guarda meravigliata.

È tutto come in vita...

JOSIF: Ti ho già detto che hai una logica da donnetta. Ora te lo dimostrerò in modo evidente. Adesso vedrai un altro teatro. Tu non sei tu. Ma una tua amica. Per esempio Polina Semjonovna Zemcjuzina, la moglie di Molotov. Oppure la moglie di un altro membro del Politburo. O la moglie del comandante di corpo d'armata Ivanov, che tu tanto amavi ricordarmi. (La afferra e la stringe forte).

NADEZHDA: Tu... in fondo tu mi ami!...

JOSIF: Io non ti amo. Io ti voglio. (Con una risata) Non te, non te. Polina Semjonovna. O la moglie del comandante di corpo d'armata Ivanov.

NADEZHDA (disgustata, si divincola dal suo abbraccio): Lascia­mi! Mi fai male!...

JOSIF: Male? Forse ti fa male? Che novità. Non sei forse un vuoto privo di sensibilità? Da tanto, ormai. Quanto tempo è passato da quando hai preso a dormire nel tuo letto, e io nel mio ?__

NADEZHDA: Non è colpa mia...

JOSIF: Non è colpa sua. E di chi? Di Puskin? O è colpa del compagno Stalin? Il compagno Stalin ha energia sufficiente per ben più di una moglie. E comunque ne rimarrebbe ancora. Lei, guarda un po', è delusa. Ma il compagno Stalin è una persona sana. Bucharin è entrato carponi alla seduta del Politburo. E pensa di essere in gamba. No, davvero, in gamba è chi esce con le proprie gambe. Non mettendo sottosopra ciò che deve restare al proprio posto. In compenso, batte con questa parte sul punto più vivo delle questioni. (Ride da solo per il proprio doppio senso). E volgare, vero? Offende la delicatezza del tuo udito. I miei scherzi non ti sono mai piaciuti. Gli ospiti, le attrici non ti piacevano. Ti piacevano i pettegolezzi.

NADEZHDA:Fossero stati pettegolezzi... Di fronte al popolo in at­teggiamento modesto e frugale... la giubba per le foto dei giornali... e in privato le cene con gli amici dopo mezzanotte, "chvanckara"18 e "kingsmarauli"19, film stranieri, che sono dannosi per il popolo ma così piacevoli per i suoi dirigenti, i viaggi alla "dacja" vicina e a quelle lontane... sì, con le attrici, sì, con la moglie del comandante di corpo d'armata Ivanov!...

JOSIF: Eccoti, prego, la gelosia. È una regola risaputa. Gratta gratta, e sotto una fraseologia altisonante troverai sempre un gretto interesse personale. Avevi scritto nel tuo biglietto d'addio che sto rotolando su una superficie inclinata. E che questo sarebbe l'unico modo per fermare il mio degrado morale. Perché hai scritto una tale scemenza? Per gelosia. E poi parli di politica. Quella è una menzogna. E questa pure. Se una moglie non soddisfa il marito che diritto ha di essere gelosa?

NADEZHDA: Di nuovo la tua logica da gesuita...

JOSIF: Non è da gesuita. Come hai osservato prima, è una logica di ferro. Per quanto riguarda i "compagni", per i quali ti scaldi così tanto, noi dobbiamo essere vigili, e saremo vigili. Gratta, raschia sotto le loro frasi sulle altre vie per costruire il socialismo, sulla necessità delle discussioni all'interno del partito, e così via. E troverai un interesse personale, di avidità. Un interesse basilare. Un problema basilare per tutti e per ciascuno. Il problema del potere.

NADEZHDA: Dunque anche per te?...

Corposa pausa di sospensione.

JOSIF: Le tue singole intuizioni a casaccio non valgono nulla. Sono intuizioni asistematiche. Sono intuizioni casuali. E se manca il sistema, restano dei motivi puramente emozionali, cioè filistei. Come è filisteo il tuo gesto. Non agivi, non agivi, ed infine hai agito. Lo diciamo chiaramente, hai agito indegnamente. La vita non è così come ti sembrava, e continua a sembrarti. La vita è lotta. Ma tu hai capitolato. E cos'hai dimostrato? Cos'hai dimo­strato con la tua morte?

NADEZHDA: Non volevo dimostrare proprio nulla...


SIPARIO TESTI - 60


JOSIF: E che cosa volevi?

NADEZHDA: Con la morte... e adesso sono venuta... solo... per

sentire... perché l'anima... JOSIF: Anima fa parte del vostro vocabolario d'oltretomba. Nel

nostro vocabolario non esiste un simile concetto. E tu nemmeno

esisti più. NADEZHDA: L'hai detto tu stesso: un sogno... Dunque, nonostante

tutto, sognavi... pensavi... ricordavi... JOSIF: Ricordavo. Mi si è impresso per tutta la vita. E non lo

dimenticherò mai.

Attacca a cantare 'Suliko"20

Cercavo alla mia bella un sepolcro,

Ma non era facile trovarlo.

A lungo ho penato e sofferto:

Dove sei, mia Suliko?...

(Ride) Ora metto un disco. Balliamo. Con te, con te, non con la

moglie del comandante di corpo d'armata Ivanov. Guarda cosa

succede.

Mette un disco con melodie georgiane, e carica il grammofono.

Balla.

Entrambi incominciano a ballare. E una danza popolare, ognuno esegue i propri passi. Nadezhda si ferma.

Balla.

Lei continua. E stanca, vuole riposarsi.

Balla.

Lei balla. Lui batte ipiedi al tempo, batte le mani. Lei è sfiancata, inciampa.

Balla.

Lei, sfinita, si lascia cadere a terra. Luì si avvicina, le dà dei colpetti con la punta dello stivale.

NADEZHDA: Non ce la faccio... non ce la faccio più...

JOSIF: Te lo ordino. Voglio che continui. Per me balla Grigorij Konstantinovic. Per me balla Vjaceslav Michajlovic. Nikita Sergeevic non è capace, e pure lui balla. Balla!

Dalle labbra si legge la parola terribile che pronuncia. Lei si sforza di sollevarsi, ricade. Giace immobile.

Allora ti sei finalmente convinta? Hai capito che posso raggiun­gere anche i morti? Ma pensa, che boriosa! Ha deciso di andar­sene, ed è diventata irraggiungibile. E può senza vergogna dire ad alta voce ciò che gli altri hanno paura solo a pensare. Nessuno ancora è riuscito ad avere la meglio sul compagno Stalin. E non riuscirà. Poco fa ti sei lamentata di me, con me. Io tacevo. Non è cosa da uomini lamentarsi. Tu pensi che io sono la vittima. Io sono il carnefice. (Si volta bruscamente verso di lei.) Ma a te non è venuto in mente che sei stata proprio tu ad indurmi a diventare così? Non solo con le. Anche con gli altri. Con tutti. In generale. Tu sei colpevole. Come donna. Come moglie. Come persona. Tu non ti sei realizzata come ideale, Quell'ideale che tutti gli uomini ricercano. Che cercavo anch'io. E la donna che fa l'uomo. Lui è un ceppo grezzo. Le i è come un intagliatore di pietre. È colpa tua. Vladimir Il"ic aveva Nadezhda Konstantinovna. Un aiuto in tutto. Una mente. Naturalmente femminile. Ma ogni volta tatti­camente in armonia con il potente cervello di Il'ic. Comprensio­ne. Sia nei problemi politici, sia in quelli familiari. Incluso quelli personali, e quelli prettamente intimi. Nessun capriccio. Tanto­meno scene istericie. Nessun mettersi in mostra. Saggezza. Un'abnegazione senza riserve. E tu? Forse mi sei stata all'altez­za come uomo e come guida del popolo? No, non lo sei stata.

   NADEZHDA(sedutasi a terra): Avresti dovuto sceglierti una vecchietta... Forse, se fossi vissuta fino all'età di Nadezhda Konstantinovna...

      JOSIF: No. tu non sei Nadezhda Konstantinovna.

      NADEZHDA(sollevandosi): Ma nemmeno tu sei Vladimir Il'ic.

     JOSIF (strizzando gli cechi): Non lo sapete ancora, lì da voi, che Stalin è il Lenin di oggi?


NADEZHDA: Lo sappiamo... Con un tale comportamento verso Nadezhda Konstantinovna... chi l'ha offesa?...

JOSIF: Chi l'ha offesa? Chi ha offeso la moglie del mio maestro? Se hai delle informazioni in questo senso, dimmelo. Faremo chia­rezza. E puniremo severamente colui che ha recato l'offesa.

NADEZHDA: Smettila con la tua messinscena... Sei stato tu ad offenderla. Quando Vladimir Il'ic aveva i mesi contati... sei saltato su dicendo che non tutto andava secondo i tuoi progetti e i tuoi calcoli, l'hai trattata con insolenza, come...

JOSIF: ciò che dici non è interessante.

NADEZHDA: Perché non è interessante?

JOSIF: Cose già dette.

NADEZHDA: C'è qualcosa di nuovo?

JOSIF: Se non c'è, ci sarà. Qualcuno è interessato a rivangare nel passato. Per agitare di nuovo le acque. Per screditare il fedele continuatore dell'opera di Lenin. Non ci credo che sei solo tu. Da sola.

NADEZHDA: Vuoi dire che c'è un complotto...

JOSIF: Il passato è esaurito. Bucharin è il continuatore? Trotzkij? Rykov? Stalin è il continuatore. Chiedilo alla massa del partito, o anche a quella dei non iscritti.

NADEZHDA: La massa sa berciare ciò che le hanno insegnato...

JOSIF: Non ti è bastato? Ne vuoi ancora? Da dove ti viene questa sufficienza verso la massa! Eri e sei rimasta una pessima marxi­sta. E una pessima moglie.

NADEZHDA: Io non ero adatta... Hai il doppio della mia età! Insomma, dipendeva da te... modellarmi... Può darsi che se fossi rimasta in vita... se fossi stata capace di vivere con te... Fjrpaura solo a pensarci... Fa paura!

JOSIF: Più paura che nell'aldilà? Perché parli a vanvera di amore. Questo non è amore. L'amore non è così. Questo è egoismo e amor proprio da quattro soldi. Vattene. È ora che mi svegli. Ho riposato fin tropo.

NADEZHDA: Aspetta... ti dirò perché sono venuta. (Si mette in ginocchio). Signore! Signore, aiutami!...

JOSIF: Una trasformazione piena. La collisione della meschinità con l'oscurantismo e il clericalismo.

NADEZHDA (rimanendo in ginocchio): Sono venuta a proporti un affare.

JOSIF: Un affare?

NADEZHDA: Sì. E non fare finta che questa parola ti ripugni. È la parola esatta. È vero, sono una stupida. Perché resa stupida da te.È colpa mia. Mia... di tutto!... È colpa mia se non ami le persone. E nello stesso tempo hai paura di loro. Che sospetti di tutti. Che sei solo nel tuo orgoglio disumano e nella tua ferocia disumana. Che odi coloro che ti stanno accanto. Tu hai bisogno di avere sempre la meglio, di dominare. E non appena riesci ad avere la meglio, disprezzi chi ti sta sotto. Prendi il mio esempio... ecco... Ti sei sbagliato, Josif. Sulla meta. Sulla via percorsa. E se continuerai per questa via, verrà versato tanto sangue che il bianco diventerà rosso, e il rosso nero!... Facciamo cambio. In vita non sono stata capace di esserti una buona moglie. Ma forse, al prezzo della vita... Facciamo cambio! Impegnerò al diavolo la mia anima immortale, che tu sei convinto non esista, e così riscatterò la tua!... Io ti amo! E prenderò su di me tutte le azioni più nere che hai compiuto fino a questo momento II marmo bianco sulla mia tomba si annerirà. E la gente, vedendola, dirà: "Oh, ecco cos'era, era tutto a causa sua, è una malvagia!...". Lascia che sia così. Lascia pure. Ma tu, da questo momento, cambierai. Rinnegherai il tuo passato, come eri nel passato, e diventerai un altro. Allora amerai le persone come le ho amate io. Prenderai ad ascoltarle. Capirai a cosa serve la vita... a cosa serve l'amore... a cosa servono i bambini... a cosa serve un uomo che si prende la responsabilità per le persone vicine, e tanto più per quelle lontane!... Può succedere. E possibile. Se una persona ha sofferto... nella sofferenza rinasce come nuovo... Facciamo cambio. Io starò al Novo-Devicij, annerita,  tu purificato, chiaro e magnifico farai il tuo ingresso nella Storia!... Accetta. Accetta, ti prego!...

JOSIF (senza fretta, cavandosi gli stivali e sdraiandosi sul letto): Come è risaputo, amo andare a pesca. Me ne intendo, di questa occupazione. Come sai anche tu, ad Acinsk, dove ero al confino, andavo a pesca. Facevo sempre una buona pescata. Gli abitanti del posto non riuscivano a capire perché. Loro non avevano pesce, io sì. Osip, dicevano. Mi chiamavano Osip. Osip, tu conosci la parola. Io rido. Loro si piazzavano su un posto, e non si spostavano più anche se non c'era pesce. Mentre io mi


SIPARIO TESTI-61


spostavo da un posto all'altro. Cercavo. Finché non trovavo quello dove c'era pesce. Gliel'ho detto. Non mi hanno creduto. Continuavano a pensare che la faccenda avesse qualcosa di sovrannaturale. Di me dicono tante cose. Anche tu le dici. Io non sono un suonatore di clarinetto. E nemmeno un direttore d'orche­stra. Sono un pescatore, un semplice pescatore. (Chiude gli occhi).

NADEZHDA: ...Josif!...

JOSIF (aprendo gli occhi): Eh? Che cosa? Dove?...

NADEZHDA: Qui. Ti sei di nuovo addormentato con la pipa... quasi mi combinavi un incendio...

JOSIF: Perché sei venuta? Perché sei entrata là dove ti ho proibito di entrare?

NADEZHDA: Voglio parlare con te.

JOSIF: Io non voglio.

NADEZHDA: Così non può continuare. Non posso più continuare così... Oggi è un giorno tale...

JOSIF: Che giorno è oggi?

NADEZHDA: Lo sai benissimo, è il quindicesimo anniversario della Rivoluzione d'ottobre. C'è il ricevimento in onore del quindicesimo anniversario della Rivoluzione d'ottobre. Parlia­mone un po'. Proviamoci.

JOSIF: Non sopporto di dover chiarire i rapporti. Lo sai bene. Non serve nemmeno provare.

NADEZHDA: Vuoi che ti chieda perdono?

JOSIF: Non mi serve.

NADEZHDA: Pensaci, lo non ho colpa, e ti chiedo perdono. Tu hai colpa, e non vuoi perdonarmi. Ti pare giusto?

JOSIF: Te l'ho detto. Ricordatelo. In nessun caso, e verso nessuno potrò mai essere colpevole. Ti intrometti in affari che non ti riguardano. Giudichi di cose che non puoi giudicare. E tu stessa, poi, ci rimani male.Occupati di Svetlana, di Vas'ka. Non riesco­no bene con i modellini di plastilina. E con i disegni da colorare. E negli affari degli altri non t'impicciare. Esci. Adesso ti raggiun­go.

NADEZHDA: Se non mi parli con un tono più umano, non vengo al ricevimento.

JOSIF: E una minaccia? Mi stai minacciando. Pensi di spaventarmi. Non venire. Oltre a :e ci sarà pure qualcun'altra che verrà.

NADEZHDA: Non sta bene... Una festa così, e non c'è tua moglie...

JOSIF: Non sta bene. Ma non è una disgrazia. Sopravviveremo. E anche gli altri, penso, sopravviveranno.

NADEZHDA: Significa che tu non vuoi che io sia presente al ricevimento?

JOSIF: Ecco una logica puramente femminile. Prima i capricci. Poi le minacce. Poi "tu non vuoi". Non voglio. Quante volte si può ripetere. Non ho tempo per te e per i tuoi umori. Né tempo né voglia. Forse ti sei dimenticata con chi ti sei sposata.

NADEZHDA: Tu non mi ami affatto...

JOSIF: L'ho sempre saputo che le femmine sono delle stupide. Ma non potevo immaginare che ti saresti dimostrata l'ultima delle stupide.

NADEZHDA: Parli come uno scaricatore di porto. Non ti vado bene? E chi ti va bene? Questa attrice ti va bene? O chi?

JOSIF: Non è affar tuo chi mi va bene. L'attrice, o chi per lei, gioca, è allegra, capisce gli scherzi. Mentre tu vai in giro con quella faccia. Neanche fosii Amleto. Ti prego di andartene. O devo chiamare le guardie''

NADEZHDA: Non c'è mai stato un disonore simile fra di noi.

JOSIF: Se non c'è stato ci sarà.

NADEZHDA: Quando vivevamo a Pietroburgo21... in una fabbrica si impiccò un operaio... un ebreo... il capomastro l'aveva accu­sato di qualcosa che ìon aveva fatto... Lasciò un biglietto: "Sono innocente, ma non posso vivere nel disonore"...   JOSIF: Questa storia l'abbiamo già sentita. Per di più è un ebreo. :       Bisognerebbe curarli questi nevrastenici. A forza.    NADEZHDA: Vuoi che mi metta in ginocchio davanti a te?... Che         ti succede?... Dove sai?... Dove sei andato a finire?... Fa in modo che io ti riabbia!...

JOSIF i si avvia verso i armadio, poi ci ripensa): Non posso restituir­ti ciò che non ti mai è appartenuto. La mia vita appartiene al partito, al popolo. E tu coi tuoi continui dispettucci da due soldi mi dai solo sui nerv:.

NADEZHDA: En un altro...

JOSIF: Anche tu avevi dieci anni di meno. Ti ho detto, riportami dei fatti. Almeno nel ca-.o di Lavrentij". Non mi convinci.

NADEZHDA: E io ti dico, non sono a conoscenza dei fatti, io vedo


che è un mascalzone. La cosa grave è che tu lo sai. Ma per qualche motivo ti fa comodo.

JOSIF: Lavrentij è un mio compagno. Io gli credo. E se continui, ricordati cosa succede con le persone a cui non credo più.

NADEZHDA: Vuoi dire... che fra me e Berija... tu sceglieresti...

JOSIF: Ho detto quello che ho detto. (Svuota la pipa sul tappeto) Pulisci.

NADEZHDA: Che cosa?

JOSIF: Questo. Cos'hai, sei diventata cieca? La cenere.

NADEZHDA : La cenere e i resti mortali... i resti mortali e la cenere...

JOSIF: Quali resti? La cenere. Vai a lavarti. Mettiti in ordine.

NADEZHDA: Mi prendi con te?

JOSIF: Stalin non ha un'altra moglie. Per il momento. Ha questa. Questa moglie dovrà essere presente ai festeggiamenti per il quindicesimo anniversario. Una grande festa per il Paese che con la volontà del compagno Stalin è stato trasformato in un giardino in fiore. E quel cespuglio di spine che impedisce agli altri di fiorire e di odorare verrà estirpato insieme alle radici. Verrà eliminato. E se si rivelasse che questo cespuglio di spine è la moglie del compagno Stalin, un amico del compagno Stalin, il figlio del compagno Stalin, nemmeno in questo caso la mano del compagno Stalin tremerà. Tu mi chiedevi dei miei errori...

NADEZHDA: Io non ho chiesto...

JOSIF: Allora ho sognato. Non ce ne sono stati. Nemmeno uno. E anche Nadezhda Konstantinovna l'ho offesa ben conscio di quello che facevo. Non ce l'ho fatta a trattenermi. Ma l'ho fatto sapendo quello che facevo. Non lasciavamo che Il'ic leggesse i giornali, non glielo permettavamo. Non doveva venire a sapere ciò che sta succedendo senza di lui. In particolare come viene affrontato il problema del potere. Ma solo per un certo periodo, fintantoché poteva ancora intromettersi. In un modo o nell'altro. Quando ormai non avrebbe più potuto intromettersi, quando non aveva più forze per dettare le proprie condizioni, allora facesse pure con comodo. Allora sì abbiamo tolto il controllo alla sua lettura dei giornali. Che leggesse pure. Che venisse pure a sapere le novità. Alla salute. I suoi giorni erano contati. Ogni preoccu­pazione avvicinava la fine. Anche la lettura dei giornali nel gennaio del Ventiquattro. E l'offesa per la moglie. E la lettera a me per interrompere i rapporti nel marzo del VentiquattrorChe fare? Noi abbiamo l'obbligo di guardare avanti, non indietro. Siamo dei politici, non delle signorine fragili di nervi. Il control­lore delle nostre azioni è la pratica. Oltretutto ho chiesto scusa. Quindi non sono così brutale. Anzi, sono gentile. Tu dici Bucha-rin. Ma cosa significa per noi Bucharin quando da Lenin prendia­mo ciò che ci serve, e ciò che non ci serve non lo prendiamo. Posso tornare sui miei passi. Non perché ho sbagliato. Ma perché la situazione è cambiata. Il che significa che occorre adattarsi alla nuova situazione e cambiare. Io non gioco solo per un'ora. So aspettare. Aspettare il momento in cui la situazione corrisponde­rà ai miei piani e ai miei calcoli. Perché l'insonnia? Perché di notte costruisco ciò che realizzo di giorno. Ricordando lo stesso Marx, posso dire: tutti i filosofi hanno studiato la realtà, io la costruisco. Malgrado non abbia fatto studi filosofici. Capito, cara la mia visitatrice notturna, ombra inesistente?

Nadezhda lo guarda con meraviglia, scuote la testa in senso di diniego. La scuote a lungo. Poi indica con un cenno del capo il mucchio di vestiti.

Porta via anche quelli. Sa il diavolo cos'è tutta questa baraonda. E poi corrono voci che la moglie di Josif Vissarionovic è una buona padrona di casa. Se qualcuno vedesse come vive Josif Vis­sarionovic, non ci crederebbe. Ora ti spiego il tuo errore. E molto semplice. Sei un'idealista. È una cosa diffusa tra i rivoluzionari. Fra la gente anche. Senza parlare degli intellettuali. Volete tutti costruire il socialismo e il comunismo. Ma sono solo delle parole. Anche noi le utilizziamo. Per parlare una lingua com­prensibile a tutti. Con la differenza che noi costruiamo uno Stato. E un lavoro duro, ingrato. Voi non ve ne fate carico. Io me ne faccio carico. Non è lavoro che si fa con i guanti bianchi indosso. È una vecchia questione. Vecchia come il mondo. Il poeta e il potere. Il potere schiaccerà sempre il poeta. La ricetta è sempre quella, cambiano solo le salse. Perché io costruisco. Mentre lui intralcia. E io ho ragione.

NADEZHDA (impacciata)-/ Non indossi la giubba nuova?

JOSIF: Che rimanga pure appesa. Questa va ancora bene.

NADEZHDA: Dammela.


SIPARIO TESTI - 62


JOSIF: Che cosa?

NADEZHDA: La giubba nuova.

JOSIF: Per farci cosa?

NADEZHDA: Mi sembra che i bottoni siano cuciti male...

JOSIF: Prendila.

Prende la giubba dall'armadio, e la porge a Nadezhda. Lei la prende, e con movimenti bruschi strappa i bottoni. L'appende esattamente come appendeva prima i vestiti suoi e dei bambini.

Ti ha dato di volta il cervello?

NADEZHDA: Ho sentito che sulla Sretenka hanno aperto... o si sta aprendo... un negozio di oggetti confiscati... per la vendita di articoli confiscati ai nemici del popolo... Immagina che la tua giubba si trovi lì... Immaginati... Prova a immaginarlo!...

JOSIF: Il tuo posto non è al Cremlino, ma in un manicomio. (Accenna ad uscire, ma sì ferma) Volevano fare del Cremlino un manicomio. Non ci riusciranno. Al Cremlino sarà tutto normale. Volevano entrarmi dentro il cervello. Non ci riusciranno. Io non entro in quello degli altri, e non permetterò ad altri di farlo. Nessuno risolverà mai il mistero del compagno Stalin. Ti avevo avvisato. Ti avevo pregato. Non ho mai chiesto nulla a nessuno. Solo a te. Di essermi amica. Mentre tu sei una cagna. Sei una traditrice. Hai accompagnato la salma di questa nullità, questo suicida d'un Joffe. Non ci mancavano che le salme da accompa­gnare. Sono tutte nullità. Tu lo sai che cosa vuol dire essere un grande in mezzo a tante nullità? Di me dicono tante cose. Anche tu le dici. Io non sono un suonatore di clarinetto. E nemmeno un direttore d'orchestra. Sono un pescatore, un semplice pescatore.

Chiude gli occhi. La pipa gli cade di mano. Dalla coperta, sulla quale era sdraiato, si leva un filo di fumo. Gradualmente la stanza si riempie di fumo.

Nadezhda scompare nel fumo. Dopo un certo lasso di tempo, Nadezhda esce. E bella, elegante.

NADEZHDA: ... Josif!...

JOSIF (aprendo gli occhi): Eh? Che cosa? Dove?...

NADEZHDA: Qui. Ti sei di nuovo addormentato con la pipa... quasi mi combinavi un incendio...

JOSIF: Perché sei venuta? Perché sei entrata là dove ti ho proibito di entrare?

NADEZHDA: Voglio parlare con te.

JOSIF: lo non voglio.

NADEZHDA: Così non può continuare. Non posso più continuare così... Oggi è un giorno tale...

 IOSIF: Che giorno è oggi?

NADEZHDA: Lo sai benissimo, è il quindicesimo anniversario della Rivoluzione d'ottobre. C'è il ricevimento in onore del quindicesimo anniversario della Rivoluzione d'ottobre. Parlia­mo un po'. Provaci.

IOSIF: Non sopporto di dover chiarire i rapporti. Lo sai bene. Non sene nemmeno provare.

NADEZHDA: Vuoi cne ti chieda perdono?

IOSIF: Non mi serve.

NADEZHDA: Pensac . Io non ho colpa, e ti chiedo perdono. Tu hai colpa, e non vuoi perdonarmi. Ti pare giusto?

IOSIF: Per concludere, per quanto riguarda chi e come farà il proprio ingresso nella Stor a. Se bianco o nero. Il tuo consiglio ci tornerà utile. Anche se ci avevamo già pensato da soli. Per questo scopo abbiamo degli uorrini adatti. Ecco perché fra te e Beriaio scelgo Beriia. E più comodo. (Se ne va)

NADEZHDA (sola): E la sua camera da letto?... O la mia?... Chissà perché mi è sembrato che sia la sua... mentre è la mia... Tutto è confuso nella mia testa... Sono mai stata felice con lui?... Non -cordo... non ricordo niente... ho dimenticato tutto... è tutto vuoto... un deserto... non vedrò mai i bambini... Lui sarà la loro rovina... sarà la rovina di tutti... E tutti penseranno che lui li ha resi felici... sono resi stupidi, come me... Koba, Koba... Lo chiamavano anche Cjopur-... Lui nasconde questo sopranno­me... ha proibito a tutti di ricordarglielo Cjopur-Rjaboj-4. Viso butterato, anima butterata... Devo scrivere un biglietto... (Estrae una piccola "Walter"i Ti ringrazio. Pavlusha. per il regalo... Portami i fiori di gelsomino e di lillà... Perdonate tutto! Per la patria... Per Stalin... <Si spara).


Il rumore dello sparo viene coperto dai lunghi ininterrotti applausi per il brindisi in onore di Stalin. Nadezhda giace morta. L'occhio di bue illumina la piccola testa scolpita. Come prima, è di colore bianco.

SIPARIO

© Copyright per la traduzione italiana 1991 C.A.M.A. - "Sipario Edizioni", Milano.

NOTE

Un particolare ringraziamento desideriamo rivolgerlo al dott. Loren­zo Minoli per la segnalazione di questo testo teatrale e per la collaborazione.

Inoltre, informiamo il lettore che nel dramma compaiono citazioni testuali dai racconti di Cechov "L'ufficiale Rishebeev" e "Dushech-ka".

1)Esclamazione tipica finlandese.

2)Famoso cantante russo di romanze dell'inizio secolo.

3)Lenin.

4)Nadezhda in russo significa speranza.

5)Tiflis è il vecchio nome di Tbilissi.

6)Gioco di parole intraducibile, "predannyi" significa sia fidato che

tradito.

7)Sergo Ordzonikidze.

8)Antica rappresentazione teatrale durante le feste popolari russe,

sinonimo di baracconata e confusione.

9) Adepto di una setta ultrareazionaria tristemente famosa per i
pogrom nazionalistici. Da "cernaja sotnja", centone nero, abito
dei mendicanti tutto rappezzato.

10)  Cognome che significa "mangiatore di latte".

11 ) Abbreviazione d'uso comune di Pietrogrado oggi San Pietroburgo.

12)Jakov il figlio maggiore di   Stalin.

13)In russo significa acciaio.

14)Uno dei più antichi monasteri di Mosca con annesso un fjimoso cimitero ove sono seppellite molte personalità della storiàjeHella cultura russa.

15)Saltykov-Scedrin (1826-1889), famoso autore satirico russo.

16)Gioco di parole, in russo per "scoprire" e "aprire" si usa lo stesso verbo "otkryt"'.

17)Negli anni '30 negozi speciali mettevano in vendita vestiti, casalinghi e altri oggetti confiscati ai cosiddetti nemici del popolo.

18)Vodka georgiana.

19)Vino pregiato georgiano.

20)  Canzone georgiana di carattere sentimentale, molto popolare.
21 ) Anche dopo la rivoluzione comunista, nel linguaggio familiare

si è continuato a chiamare così la città.

22)Lavrentij Berija.

23)"Cjopur" significa butterato in georgiano.

24)"Rjaboj" significa butterato in russo.

NOTA BIOBIBLJOGRAFICA

Ol'ga Kuchkina è nata nel 1936 a Mosca, nella famiglia di uno scienziato e storico. Compiuti gli studi universitari ha iniziato la collaborazione al popolare quotidiano Komsomol'skaja Pravda. Il suo primo testo teatrale, L'estate bianca, è stato rappresentato a Mosca, al Teatro Ermolova e a Bratislava al Teatro Nazionale Slovacco. Le passioni per Barbara è stato messo in scena in Unione Sovietica, in alcuni Paesi dell'Europa dell'Est, in Svezia e negli Stati Uniti. A Mosca è uscita una raccolta di sei testi teatrali con il titolo L'estate bianca. Ha pubblicato anche un libro di narrativa: Sono io, amore. Gli ultimi racconti sono usciti sulle riviste Znamja (Mosca) e Kontìnent (Parigi). Ha in preparazione un libro di poesie dal titolo // vaso comunicante.

Il dramma Josif e Nadezhda è andato in scena a Mosca nel piccolo teatro "L'anello di Moebius", inaugurato dall'autrice nel 1990. Dopo le rappresentazioni in Canada, Svezia, Giappone, Inghilterra, sono in via di allestimento quelle in Francia e nei Paesi Bassi.

SIPARIO TESTI-63