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K

K.

di

Roberto Solofria


Personaggi:

Divisi per attori

Attore 1                        K.

Attore 2                        Ispettore

Giudice

Usciere

Avvocato

Industriale

Titorelli

Cappellano

Attore 3                        Williem

                                      Vicedirettore

                                      Zio

                                      Block

Attore 4                        Franz

                                      Studente

                                      Uomo che aspetta

                                      Cancelliere

                                      Sagrestano

Attrice 1                        Lavandaia

                                     

Attrice 2                        Leni

Attrice 3                       Bastonatore


Musica introduzione (Inizio – La Famiglia), a seguire Musica (OK – Valentina).

Balletto delle Guardie e dell’Ispettore vestiti con abiti colorati ed eccessivi.

K. dorme.

(In camera di K.. Appena sveglio.)

K                                   Chi è lei?

Franz                             Ha Suonato?

K                                   Anna mi deve portare la colazione.

(Risate)

Franz                             (A qualcuno fuori scena) Vuole che Anna gli porti la colazione. (A K.) E’ impossibile.

K                                   Questa è bella. (Si alza)

 

Franz                             Non vuole piuttosto rimanere qui?

K                                   Io non voglio né rimanere qui né sentire altro da lei finché non si sarà presentato.

Franz                             Era un buon suggerimento.

(Entrando nel momento in cui K. Fa per uscire, mangia della Nutella con le mani)

Willem                          Dovrebbe restare nella sua camera! Non glielo ha detto Franz?

K                                   Si, ma lei cosa vuole? …Dov’è la signora Grubach?

Willem                          No. Lei non può uscire, è già in arresto.

K                                   In arresto? E perché mai?

Willem                          Noi non siamo autorizzati a dirglielo. Resti qui nella sua camera e aspetti. Il procedimento si è appena avviato e lei saprà tutto a tempo debito. Se avrà ancora tanta fortuna quanta ne ha avuta per la designazione delle sue guardie, allora può essere fiducioso.

Franz                             Vedrà in seguito quanto sia vero tutto questo.

Willem                          (Osservando con Franz la camicia di K) E’ meglio che dia le sue cose a noi piuttosto che al deposito, perché in deposito spesso si verificano sottrazioni, inoltre lì dopo un certo tempo le cose sono vendute senza tener conto se il procedimento è concluso o meno. In ogni caso alla fine lei riceverà dal deposito il ricavato della vendita, ma questo ricavato si riduce, passando di mano in mano…

Franz                             Mano in mano…

Willem                          E di anno in anno.

Franz                             Anno in anno.

K                                   Mi consentano. (Prende dei documenti da una giacca)

Franz e Wilem               (In coro) Sembra uno ragionevole.

K                                   (Porgendo) Ecco i miei documenti d’identità, ora mi mostrino i loro e soprattutto il mandato d’arresto.

Willem                          (Gioca al gioco della molla coinvolgendo K.) Che vuole che ci interessino? Lei si comporta peggio di un bambino. Ma cosa vuole? Intende portare subito a termine il suo grande, maledetto processo discutendo con noi, le guardie, di documenti d’identità e di mandati d’arresto? Noi siamo impiegati di basso rango. Tuttavia siamo in grado di capire che le autorità superiori, prima di ordinare un simile arresto, si saranno bene informate sui motivi e sulla persona dell’arrestato. Non si può sbagliare. Le nostre autorità, non cercano la colpa nella gente, ma, come è detto nella legge, vengono attirate dalla colpa e devono inviare noi guardie. Questa è la legge. Dove sarebbe l’errore?

K                                   Non conosco questa legge.

Willem                          Tanto peggio per lei.

K                                   E’ una legge che esiste solo nelle loro teste.

Willem                          Se ne accorgerà.

K                                   Mi portino dal loro superiore.         

Willem                          (Rumore stridulo. Improvvisamente serio, come se K. Avesse detto qualcosa di grave) Quando lo vorrà lui, non prima. E ora le consiglio di accomodarsi, di restare tranquillo e di aspettare ciò che verrà deciso nei suoi confronti. Non ci ha trattato come meriterebbe la nostra cortesia, ha dimenticato che noi, almeno per il momento rispetto a lei siamo uomini liberi, e questo non è un piccolo vantaggio. Nonostante ciò siamo disposti, nel caso lei abbia denaro, a portarle una piccola colazione dal caffè di fronte.

(I due escono. K solo. Attesa.)

Musica (Voci di venditori ambulanti – M.Colasurdo)

K beve.

Franz                             (Dall’altra stanza urlando con tono irreale) L’ispettore la chiama.

K                                   (Rispondendo a tono) Finalmente!

Fa per uscire dalla stanza ma le due guardie lo bloccano.

K. fa una capriola all’indietro.

Franz                             Che le salta in mente? Vuole presentarsi davanti all’ispettore in camicia. La farebbe bastonare e farebbe bastonare anche noi!

K                                   (Prendendo una giacca) Che ridicole cerimonie!

Willem                          Deve essere una giacca nera.

K                                   (Gettando la giacca a terra) Non è mica l’udienza principale.

Willem                          (Sorridendo, in modo meccanico) Deve essere una giacca nera.

K                                   Se deve accelerare la cosa, mi sta bene. (Si veste di nero)

In altra stanza.

Si apre la parte sinistra della scena. Entra l’Ispettore

Ispettore                        Josef K.? (K annuisce) Si è sorpreso molto per gli avvenimenti di stamattina?

K                                   Certo. Certo, sono sorpreso, eppure in qualche modo non molto sorpreso.

Ispettore                        Non molto sorpreso?

K                                   Lei forse mi fraintende. Voglio dire… Ma non posso sedermi?

Ispettore                        Non si usa.

K                                   Voglio dire che sono senz’altro modo sorpreso, ma quando si è al mondo da trent’anni e si è dovuto andare avanti da soli, come è capitato a me, si è insensibili anche alle sorprese e non ci si fa più molto caso, specie poi quella di oggi.

Ispettore                        Perché specialmente quella di oggi?

K                                   Non voglio sostenere che sia tutto uno scherzo…

Ispettore                        Molto giusto.

K                                   D’altra parte… (Con toni estraniati) D’altra parte, la cosa non può avere molta importanza. Lo rilevo dal fatto che sono accusato, ma che non riesco a trovare la più lieve colpa per la quale mi si potrebbe accusare. Ma anche questo è secondario, la questione principale è vedere da chi sono accusato? Quale autorità conduce il procedimento? Loro sono dei funzionari. Nessuno ha una divisa, a meno che non voglia chiamare un’uniforme il suo abito. Su queste questioni desidero chiarire e sono convinto che, dopo questo chiarimento potremo congedarci nel modo più cordiale.

Ispettore                        Lei è in grave errore. Questi signori qui ed io giochiamo un ruolo assolutamente secondario nella sua vicenda, Non ne sappiamo quasi niente. Potremo portare le più regolamentari uniformi e la sua situazione non cambierebbe affatto. Non posso nemmeno dirle con certezza che è accusato, o piuttosto non so se lo sia. E’ in arresto, questo è vero, ma di più non so. Pensi di meno a noi e a ciò che le succederà, pensi a sé piuttosto.

K                                   E’ assurdo! Il procuratore Hasterer è un mio buon amico, gli posso telefonare?

Ispettore                        Certo, ma non so proprio che senso possa avere, a meno che non debba parlargli di qualche affare privato.

K                                   Che senso possa avere? Chi è lei insomma, che parla di senso e si comporta nel modo più insensato che ci sia? Quale senso possa avere telefonare ad un procuratore di Stato dal momento che, a quanto si dice, sono in arresto? Bene, non telefonerò.

Ispettore                        Ma certo, prego, telefoni pure.

K                                   No, non voglio più. (Guardando il pubblico) Li ci sono anche degli spettatori. Via di lì. Che gente invadente e senza riguardo. (Pausa) Ora signori miei, si direbbe, a guardarvi, che la mia vicenda è conclusa. Sono dell’opinione che la cosa migliore sia di non pensare più alla legittimità o meno del loro comportamento e dare una soluzione pacifica alla cosa con una cordiale stretta di mano. Se anche loro sono del mio avviso, allora prego… (Tende la mano verso l’Ispettore)

Ispettore                        Come tutto le sembra semplice! Una soluzione pacifica, lei dice? No, no, così non va proprio. Tuttavia non deve disperare. Lei è solo in arresto, nulla di più. Questo avevo da comunicarle, l’ho fatto e ho anche visto come l’ha presa. Per oggi può bastare e possiamo congedarci, anche se solo per il momento. Lei certo vorrà andare in banca ora? (chiude la tenda).

K                                   In banca? Pensavo di essere in arresto. Come posso andare in banca dal momento che sono in arresto?

Ispettore                        Ecco, lei mi ha frainteso. E’ in arresto, certo, ma ciò non deve impedirle di attendere alla sua professione. Non deve sentirsi ostacolato nel suo abituale modo di vivere.

K                                   Allora lo stato di arresto non è una cosa così brutta.

Ispettore                        Non ho mai sostenuto altro.

K                                   Allora neanche la notifica dell’arresto era poi così indispensabile.

Ispettore                        Era mio dovere.

K                                   Un dovere balordo.

Ispettore                        Può essere, ma non perdiamo tempo con questo genere di discorsi. Ritenevo che volesse andare in banca, ma dal momento che sta a pesare tutte le parole, aggiungo che non la costringo ad andare in banca, credevo solo che volesse andarci. (Finisce di chiudere la tenda e scompare. Buio)

(Musica “’O cellulare” – F.Moreno. Luce. In ufficio. In scena K. Seduto su di una sedia. Squillo telefono che è su una colonnina in un angolo. K. Risponde. Voce telefono, prima al contrario poi convocazione in tribunale per Domenica prossima, chiedere del falegname Lanz. K. Riattacca, è perplesso. Dal centro entra il Vicedirettore.)

Vicedirettore                 Cattive notizie?

K                                   No, no.

Vicedirettore                 (Si avvia al telefono per telefonare) Una domanda signor K: vorrebbe farmi l’onore di venire per una gita sulla mia barca a vela domenica mattina? Ci sarà una bella compagnia. Tra gli altri il procuratore Hasterer. Vuole venire?

K                                   La ringrazio! Ma purtroppo domenica non ho tempo, ho già un impegno.

Vicedirettore                 Peccato. (Parla al telefono. K pensieroso sarà nei pressi fino alla fine della telefonata. Il Vicedirettore riattacca)

K                                   (Giustificando la sua presenza) Mi hanno appena telefonato, dovrei andare in un certo posto, ma si sono dimenticati di dirmi l’ora.

Vicedirettore                 Gliela chieda di nuovo.

K                                   Non è così importante.

(Musica “Che ce vedimme a fa’” – G.Capozzi. Domenica mattina, in strada K cerca il portone del tribunale. Voci. Dal fondo fa capolino una donna. Si vede solo la sua testa.)

K                                   Falegname Lanz!

Donna                           (Rivolgendosi all’interno) Il signore chiede se qui abita un certo falegname Lanz.

Uomo                            (Dall’interno) Lanz?

K                                   Si. Abita qui un certo falegname Lanz?

Lavandaia                     Si, entri, prego. Dopo di lei devo chiudere, non può entrare più nessuno.

K                                   Giustissimo. Ma già adesso c’è troppa gente.

(Studio televisivo. Risate finte, applausi finti. Talvolta compare la scritta neon “applausi”)

Lo studente                   (Prendendo per mano K) Venga, venga. (K viene condotto al cospetto del giudic che nel frattempo è entrato portando con se un tavolo e uno sgabello. Lo studente sussurra qualcosa al giudice.)

Giudice                         Lei si sarebbe dovuto presentare un’ora e cinque minuti fa. (Mormorio della gente) Lei si sarebbe dovuto presentare un’ora e cinque minuti fa. (Prova la battuta più volte.)

K                                   Anche se sono arrivato troppo tardi, ora comunque sono qui. (Applausi)

Giudice                         Si, ma io adesso non sono più tenuto ad interrogarla. (Mormorio della folla) Tuttavia oggi, in via eccezionale, lo farò. Non si ripeta però mai più un simile ritardo. E ora, venga avanti! (Il giudice sfoglia un quaderno con degli appunti) Vediamo… Lei è pittore decoratore?

K                                   No, sono primo procuratore di una grande banca. (Risate) La sua domanda, signor giudice, se io sia un pittore decoratore, è indicativa del processo che viene condotto contro di me. Lei può obiettare che non si tratta affatto di un procedimento, ed ha ragione perché è un procedimento solo se io lo riconosco come tale. Ma per il momento accetto di riconoscerlo, in un certo senso per compassione. (Il giudice sfoglia il suo quaderno) Non serve a nulla, anche il suo quadernetto, signor giudice istruttore, conferma ciò che dico. (K prende il quaderno e lo mostra alla platea) Questi sono i documenti del giudice istruttore. (Facendo ricadere il quaderno) Legga oltre, con tranquillità, signor giudice, non temo affatto questo libro delle colpe. Quello che mi è accaduto è solo un caso isolato e come tale non molto importante, ma è il segno di un modo di procedere che viene adottato a danno di molti. Ed è per costoro che io sono qui, non per me. (Applausi) Non voglio il successo oratorio che del resto non potrei nemmeno ottenere. Il signor giudice, probabilmente, parla molto meglio di me, del resto è il suo mestiere. Quello che voglio è solo la discussione pubblica di un pubblico abuso. Ascoltate: circa dieci giorni fa sono stato arrestato. Sono stato sorpreso di primo mattino a letto. (Da questo momento si odono solo alcune delle parole pronunciate. Tra una battuta e l’altra, rumori o traffico.) …La stanza accanto alla mia fu occupata da due rozze guardie…gentaglia corrotta…volevano essere corrotte, volevano portarmi via con l’inganno biancheria e vestiti, volevano soldi con la scusa di portarmi la colazione...l’ispettore...non sapeva davvero nulla…Ci sono tra voi persone che vengono dirette da quassù…Ho quasi finito…L’intera faccenda mi è estranea, perciò posso giudicarla con calma…una grande organizzazione…guardie corruttibili…stupidi ispettori…giudici istruttori… mediocri…scrivani…gendarmi…carnefici…arrestare degli innocenti…rubare gli abiti di dosso agli arrestati…rubati da impiegati ladri…E con ciò vi auguro buona fortuna nel vostro mestiere. (Fa per andare. In un angolo la Lavandaia è in intimità con lo studente.)

Giudice                         Un attimo. Volevo solo farle notare che lei oggi, si è privato del vantaggio che un interrogatorio rappresenta comunque per l’imputato.

K                                   Mascalzoni, vi regalo tutti i vostri interrogatori. (Esce, rumore assordante. K.  ritorna come se avesse dimenticato qualcosa. Cambio luce. Musica “Mi farai norire” – M. Nazionale. La Lavandaia entra in scena e stende dei panni.)

Lavandaia                     Oggi non c’è seduta.

K                                   Perché non dovrebbe esserci seduta? (K. Si rende conto che la stanza del tribunale è vuota.) Posso dare uno sguardo ai libri?

Lavandaia                     No, questo non è permesso. I libri appartengono al giudice istruttore.

K                                   Ah, va bene, i libri sono forse dei codici, ed è nel carattere di questo tribunale che si venga condannati non solo innocenti ma anche ignari.

Lavandaia                     Sarà così.

K                                   Ebbene, vado via.

Lavandaia                     Devo riferire qualcosa al giudice?

K                                   Lo conosce?

Lavandaia                     Naturalmente, mio marito è usciere del tribunale. Si, noi qui abitiamo gratis, però dobbiamo sgombrare la stanza nei giorni d’udienza. L’impiego di mio marito ha qualche svantaggio.

K                                   Non mi stupisco tanto della stanza, ma molto di più per il fatto che è sposata.

Lavandaia                     Vuole alludere a quello che è accaduto nell’ultima seduta quando ho disturbato il suo discorso?

K                                   Certo, ormai è passato, e quasi dimenticato, ma allora mi ha reso furioso. E ora viene a dirmi di essere sposata.

Lavandaia                     Non è stato un male che il discorso sia stato interrotto. Anche dopo l’hanno giudicata in maniera molto sfavorevole.

K                                   Può darsi, ma questo non la scusa.

Lavandaia                     Sono giustificata di fronte a tutti quelli che mi conoscono, il tale che mi ha abbracciato, mi perseguita già da tempo. Anche mio marito si è rassegnato; se vuole conservare il posto deve sopportare, perché quello è uno studente e diventerà prevedibilmente molto potente.

K                                   Si inquadra con tutto il resto, non mi sorprende.

Lavandaia                     Vuole forse migliorare qualcosa qui dentro? L’ho già capito dal suo discorso, che mi è piaciuto molto. Ne ho ascoltato però solo una parte, ho perso l’inizio e durante la conclusione ero con lo studente. E’ tutto così orribile qui. (Prende la mano di K) Pensa di riuscire a migliorare qualcosa?

K                                   (Sorridendo) Veramente, non è affar mio ottenere dei miglioramenti. Tuttavia, se così potessi essere utile anche a lei lo farò certamente molto volentieri, perché anche lei mi potrebbe aiutare.

Lavandaia                     E come potrei? (Ride)

K                                   Per esempio mostrandomi i libri là sul tavolo.

Lavandaia                     Ma certo. (Lo porta ai libri)

K                                   Che schifo. (Sfoglia dei libri e dei quaderni. Si rende conto che sono dei giornaletti pornografici.) Sono questi i codici che si studiano qui, da questi uomini dovrei essere giudicato!

Lavandaia                     La aiuterò. Vuole?

K                                   Potrebbe farlo davvero senza correre pericolo lei stessa? Lei ha detto poco fa che suo marito dipende molto dai superiori.

Lavandaia                     Nonostante questo, voglio aiutarla. Venga, ne dobbiamo discutere. Non parli più dei pericoli che corro. (Si siedono.) Ha dei begli occhi scuri. Dicono che anche io ho dei begli occhi ma i suoi sono molto più belli. Mi colpirono subito quando entrò qui la prima volta. E’ stato per i suoi occhi che sono poi entrata qui nella sala delle riunioni, cosa che di solito non faccio mai, anzi in certo modo mi è stato vietato. (K si alza)

K                                   Non credo che lei possa aiutarmi. Lei appartiene alla società che io devo combattere. Lo si intuisce chiaramente dalle sue parole.

Lavandaia                     No! Lei non può andar via ora, non può andar via con un’opinione errata di me! Riuscirebbe davvero ad andar via ora? Valgo veramente tanto poco che lei non vuole farmi il favore di fermarsi qui ancora un momento?

K                                   Lei mi fraintende. Se davvero le importa tanto che resti, resto volentieri. Conosce veramente il giudice istruttore?

Lavandaia                     Naturalmente, pensavo proprio a lui quando le ho offerto il mio aiuto. Lei dice che i funzionari sono pigri, non certo tutti, in particolare non questo giudice istruttore, lui scrive moltissimo. L’ultima domenica, per esempio, la seduta durò fin verso sera. Tutti erano andati via, ma il giudice rimase nella sala, dovetti portargli una lampada. Nel frattempo era arrivato anche mio marito che proprio quella domenica era libero, prendemmo i mobili, arredammo di nuovo la nostra stanza, ci intrattenemmo ancora a lume di candela, per farla breve ci dimenticammo del giudice e andammo a dormire. Improvvisamente a notte fonda, mi sveglio, accanto al letto trovo il giudice che riparava la lampada con la mano in modo che non cadesse la luce su mio marito. Ero così spaventata che quasi gridavo, ma lui fu molto gentile, mi sussurrò che aveva scritto fino a quell’ora, che mi riportava la lampada e che non avrebbe mai più dimenticato la vista di me che dormivo. Con questo volevo solo dirle che il giudice istruttore davvero scrive molti rapporti, e in particolare su di lei, perché il suo interrogatorio è stato certo uno degli argomenti principali della seduta di domenica. (Stringendo la mano di K) Zitto, Berthold ci guarda. (Lo studente osserva da un angolo. La donna si alza.) Non sia arrabbiato con me, la prego, non pensi male di me, devo andare da lui ora, da questo uomo orribile, guardi solo che gambe storte. Ma torno subito, e poi vengo con lei, se mi porta con sé, vado dove vuole, con me può fare ciò che vuole, sarò felice se starò via di qui il più a lungo possibile, tanto meglio se per sempre.. (Va dallo studente, K li guarda mentre lo studente abbraccia la donna, si alza e cammina per la stanza nervoso. Musica. “Cuore non l’amo più” – Lian.)

Studente                       Se è impaziente, se ne può andare. Avrebbe potuto andar via anche prima, nessuno si sarebbe accorto della sua assenza. Se ne sarebbe dovuto andar via quando sono entrato, e subito anche. (Prende in giro K.)

K                                   Io sono impaziente, è vero, ma questa impazienza scomparirà facilmente, se lei ci lascia. Se invece lei è venuto qui per studiare, ho sentito che lei è studente, le faccio posto volentieri e vado via con la signora. Del resto dovrà studiare molto prima di diventare giudice.

Studente                       Non avrebbero dovuto lasciarlo circolare così liberamente. L’ho detto al giudice istruttore. Tra un interrogatorio e l’altro avrebbero dovuto almeno tenerlo chiuso nella sua camera.

K                                   Parole inutili. (Tendendo una mano alla donna.) Venga.

Studente                       Ah è così. No, no, non l’avrà. (Solleva in braccio la donna e corre via.)

Lavandaia                     E’ inutile, il giudice mi ha mandato a prendere, non posso venire con lei, questo piccolo mostro non mi lascia.

K                                   E lei non vuole essere liberata. (Mette una mano sulla spalla dello studente che cerca di morderla.)

Lavandaia                     No! No, no questo poi no, cosa pensa! Sarebbe la mia rovina. Lo lasci, la prego, lo lasci. Lui esegue solo l’ordine del giudice e mi porta da lui.

K                                   Allora corra pure, ma non voglio più vederla. (Colpisce lo studente che quasi inciampa ma si riprende, poi scompaiono su di una scala che va in soffitta. K nota un cartello, lo legge.) Accesso agli uffici del tribunale. (Entra l’usciere)

Usciere                          (Affannato) Mi scusi, ha visto per caso, una donna?

K                                   Lei è l’usciere del tribunale, vero?

Usciere                          Si. Ah, lei è l’imputato K., ora la riconosco anch’io, benvenuto. Per oggi però non è fissata nessuna udienza.

K                                   Lo so. Un momento fa ho parlato con sua moglie. Non è più qui. Lo studente l’ha portata dal giudice istruttore.

Usciere                          Vede, me la portano sempre via. Oggi è anche domenica e non sono tenuto a lavorare, ma per farmi allontanare da qui, mi si manda via con qualche incombenza di certo inutile. E non mi mandano lontano, cosicché spero sempre che se mi affretto forse riesco a tornare a casa in tempo. Corro più che posso, grido il mio messaggio dallo spiraglio della porta dell’ufficio dove mi hanno mandato, così senza fiato che a stento mi capiscono, e torno di corsa, ma lo studente ha fatto prima di me, d’altronde doveva solo scendere la scala del solaio. Se non dipendessi da questa gente già da tempo avrei schiacciato lo studente qui alla parete. Lo sogno sempre. Tenuto fermo qui, poco sopra il pavimento, le braccia aperte, le dita allargate, le gambe storte a forma di cerchio, e tutt’intorno schizzi di sangue. Ma finora è stato solo un sogno.

K                                   Non c’è altra soluzione?

Usciere                          Non ne vedrei altre. E ora è anche peggio. Finora la portava via per sé. Ora, la porta al giudice istruttore.

K                                   Se le cose stanno così non c’è niente da fare.

Usciere                          Perché poi no? Basterebbe la prossima volta che lo studente, che è un vigliacco, tocca mia moglie, dargliele di santa ragione da non farlo mai più riprovare. Ma io non posso, e altri non mi fanno questo piacere, perché tutti hanno paura del suo potere. Solo un uomo come lei potrebbe farlo.

K                                   Perché proprio io?

Usciere                          Lei è un imputato, no?

K                                   Sì, ma tanto più dovrei temere che lui possa influenzare, se non l’esito del processo, probabilmente l’istruttoria preliminare.

Usciere                          Sì, certo, da noi però di regola non sì fanno processi senza fondamento.

K                                   Non sono della sua opinione, ma questo non mi impedirà, all’occorrenza, di occuparmi dello studente.

Usciere                          Gliene sarei molto grato.

K                                   Forse anche altri vostri funzionari, forse tutti, meriterebbero lo stesso.

Usciere                          Sì, sì.  Ora devo presentarmi in ufficio. Vuole venire con me?

K                                   C’è qualcosa che valga la pena di vedere?

Usciere                          Beh, credevo che le sarebbe interessato.

K                                   Bene, vengo con lei. (Negli uffici. Cambio luce.)

Usciere                          Tutti quelli che vede qui sono imputati.

K                                   Davvero! Allora sono miei colleghi. (Rivolgendosi ad un uomo.) Cosa aspetta qui? (L’uomo imbarazzato non sa rispondere.)

Usciere                          Il signore qui le chiede solo che cosa aspetta. Risponda, su!

Uomo                            Aspetto… Un mese fa chiesi l’ammissione di alcune prove alla mia causa, e aspetto una decisione.

K                                   Sembra darsi molto da fare.

Uomo                            Sì, è la mia causa.

K                                   (Con toni duri) Non tutti la pensano come lei, anch’io, per esempio, sono imputato, ma, com’è vero Iddio, non ho chiesto nessuna ammissione di prova. Lei lo ritiene necessario?

Uomo                            Non so. Per quel che mi riguarda, ho chiesto l’ammissione delle prove.

K                                   Lei forse non crede che sono imputato?

Uomo                            Sì, certo.

K                                   Lei dunque non mi crede? (Lo afferra per un braccio leggermente ma l’uomo urla come un forsennato. K lo spinge sulla panca.)

Usciere                          (Prende un triciclo e con toni onirici) Quasi tutti gli imputati sono così suscettibili.

K                                   Ora ho visto come è qui, me ne voglio andare.

Usciere                          Lei non ha ancora visto tutto.

K                                   Non voglio vedere tutto. Voglio andar via, dov’è l’uscita?

Usciere                          Non si sarà mica perso? Lei arriva fino all’angolo, poi prende il corridoio a destra e arriva diritto alla porta.

K                                   Venga con me, mi mostri la strada, altrimenti mi confonderò, ce ne sono tante.

Usciere                          E’ l’unica strada, non posso tornare indietro con lei, devo comunicare il mio messaggio e, a causa sua, ho già perso molto tempo.

K                                   Venga con me!

Usciere                          Non gridi così, ci sono uffici dappertutto qui. Se lei non vuole tornare indietro da solo, prosegua con me ancora per un po’ o aspetti qui finché avrò comunicato il mio messaggio, allora tornerò volentieri indietro con lei.

K                                   No, no, non aspetterò, venga con me, la prego.

(Cambio scena. Musica.”Cuore nero” – F.Ricciardi/99 Posse. K. Frastornato e perplesso si avvicina al fondo. Apre repentinamente la tenda e trova il bastonatore sul cubo con frusta e abiti sadomaso, gli agenti di polizia della prima scena sono, con i pantaloni calati, carponi sotto il cubo.)

K                                   Che cosa ci fate qui?

Franz                             Signore! Dobbiamo essere bastonati perché tu ti sei lamentato di noi con il giudice istruttore.

K                                   Beh, io non mi sono lamentato, ho solo detto quello che è avvenuto nella mia abitazione. E di sicuro non vi siete comportati in modo ineccepibile.

Willem                          Signore, se lei sapesse quanto male siamo pagati ci giudicherebbe meglio. La vostra biancheria mi ha attirato, naturalmente è proibito alle guardie agire in questo modo. Se poi se ne parla in giro, la punizione è inevitabile.

K                                   Quello che lei mi dice non lo sapevo e nemmeno ho preteso in alcun modo la vostra punizione, per me era una questione di principio.

Willem                          Franz, ti avevo detto che il signore non voleva la nostra punizione! Lo hai sentito anche tu, non ha mai saputo niente del fatto che dobbiamo essere puniti.

Bastonatore                   (Voce metallica) Non lasciarti incantare da simili discorsi, la condanna è tanto giusta quanto inevitabile.

Willem                          Non lo ascoltare (Viene colpito dal Bastonatore), veniamo condannati solo perché tu ci hai denunciati. Altrimenti non ci sarebbe accaduto niente, neppure se si fosse venuto a sapere cosa abbiamo fatto. Si può dire giustizia questa? Saremmo diventati presto anche noi bastonatori come lui, e ora, signore, tutto è perduto, la nostra carriera finita, e per di più ora subiamo queste bastonate così dolorose.

K                                   Fa tanto male lo scudiscio?

Willem                          Dovremo spogliarci tutti nudi.

K                                   Capisco. Non c’è modo di evitare a questi due le bastonate?

Bastonatore                   No. (Alle guardie) Spogliatevi! (A K.) Non devi credere a loro in tutto, sono già diventati mezzi deficienti per la paura delle bastonate. Guarda quant’è grasso. Ha l’abitudine di finire la colazione di tutti gli arrestati. Non ha mangiato anche la tua colazione? Bene, lo dicevo io. Ma un uomo con una pancia simile non potrà mai e poi mai diventare un bastonatore, è del tutto escluso.

Willem                          Ci sono anche bastonatori così.

Bastonatore                   No, non devi stare a sentire, ma spogliarti.

K                                   Ti ricompenserei bene se li lasciassi andare.

Bastonatore                   Allora tu vuoi proprio denunciare anche me e procurare anche a me le bastonate. No, no!

K                                   Ma sii ragionevole, se avessi voluto che questi due venissero puniti, adesso non cercherei di riscattarli. Non li ritengo colpevoli veramente, colpevole è l’organizzazione, colpevoli sono gli alti funzionari.

Franz                             E’ così. (Riceve una scudisciata)

K                                   Se sotto il tuo scudiscio ci fosse un giudice di alto rango, certamente non ti impedirei di picchiare, al contrario di darei altro denaro come incoraggiamento per la buona causa.

Bastonatore                   Ciò che dici sembra plausibile, ma io non mi lascio corrompere. Ho l’incarico di bastonare, dunque bastono.

Franz                             (Implorando K) Se non puoi ottenere indulgenza per tutti e due, allora cerca almeno di liberare me. Willem è più vecchio di me, poi ha già ricevuto una volta, un paio d’anni fa, una lieve bastonatura, mentre io non sono ancora infamato e dopo tutto sono stato indotto ad agire a quel modo da Willem, che è mio maestro nel bene e nel male. Giù, davanti alla banca mi aspetta la mia povera fidanzata e mi vergogno terribilmente.

Bastonatore                   Io non aspetto più. (Colpisce Franz. L’uomo grida.)

K                                   Non gridare. (Le urla continuano. K. chiude la tenda. Cambio luce.Pausa. Altro giorno. K riapre la porta e trova la stessa situazione.)

Franz                             Signore!

(K richiude la porta, è disperato, quasi piange.)

K                                   Bisogna mettere in ordine quel ripostiglio, siamo sommersi dalla sporcizia.

(Buio. Musica. “Dieguito Tango” – F. Cigliano. In scena K nel suo ufficio. E’ assorto. Entra lo zio)

Zio                                Mio nipote Josef.

K                                   Zio, il fantasma di campagna.

Zio                                (Si salutano affettuosamente) Josef, mi devi concedere una conversazione a quattr’occhi. E’ necessario, per la mia tranquillità.

K                                   Dimmi zio.

Zio                                Che cosa ho mai sentito, Josef? E’ vero, può quindi essere vero?

K                                   Caro zio, non so proprio che cosa vuoi da me.

Zio                                Josef, per quanto ne so tu mi hai sempre detto la verità. Devo interpretare le tue ultime parole come un brutto segno?

K                                   Immagino quello che vuoi, evidentemente hai sentito parlare del mio processo.

Zio                                E’ così, ho sentito parlare del tuo processo.

K                                   Si, zio, è vero.

Zio                                Vero? Cos’è vero? Come può essere? Che processo è? Comunque non un processo penale?

K                                   Un processo penale.

Zio                                E tu te ne stai seduto qui tranquillo con un processo penale sul collo?

K                                   Quanto più tranquillo me ne sto, tanto migliore sarà l’esito, non temere.

Zio                                Questo non può tranquillizzarmi! Josef, caro Josef, pensa a te, ai tuoi parenti, al nostro buon nome! Sei stato fino ad ora il nostro orgoglio, non puoi diventare la nostra vergogna. Il tuo atteggiamento non mi piace, nessun imputato innocente si comporta così. Dimmi subito di che si tratta affinché possa aiutarti. Certamente si tratta della banca.

K                                   No, però non parlare così forte, caro zio, il commesso sta certamente origliando alla porta. Piuttosto usciamo. Risponderò a tutte le tue domande meglio che potrò. So bene che devo render conto alla famiglia.

Zio                                Giusto, molto giusto. Soltanto sbrigati, sbrigati! Non lo capisco proprio… Ora ditemi solo come finirà! (I due cominciano a camminare) Allora Josef, dimmi francamente che tipo di processo è. (Si accende un sigaro)

K                                   Innanzitutto, zio, non si tratta di un processo davanti ad un tribunale ordinario.

Zio                                Questo è un male.

K                                   Come?

Zio                                Penso che sia un male. (Pausa) Ma come è successo? Cose del genere non avvengono da un momento all’altro, si preparano a lungo, ci devono essere stati dei segnali. Perché non mi hai scritto?

K                                   Pensavo che tu avresti dato a tutto questo ancora meno valore di me, e ora invece lo prendi così seriamente.

Zio                                Josef, tu sei cambiato, hai sempre avuto un’intelligenza così equilibrata e proprio adesso questa ti abbandona? Vuoi perdere il processo insomma? La tua indifferenza mi fa uscire di senno. Ci sarebbe quasi da credere al proverbio: avere un processo del genere, vuol dire averlo già perso.

K                                   Caro zio, agitarsi è inutile, lo è per te e lo sarebbe anche per me. Allora che cosa pensi che dovrei fare per prima cosa?

Zio                                L’importante è non perdere tempo. Adesso andiamo dall’avvocato Huld. Era un mio compagno di scuola. Anche tu certo lo conosci di nome. No? E’ strano. Eppure ha una reputazione notevole come difensore e avvocato dei poveri. Ma ho grande stima soprattutto dell’uomo.

K                                   Mi sta bene tutto quello che fai. Non sapevo che in una causa del genere si potesse ricorrere a un avvocato.

Zio                                Ma naturalmente, è evidente, perché no? E ora raccontami tutto quello che è successo fino ad ora, in modo che io sia ben informato sulla questione.

(Musica. “E napulitane” – Maurizio. I due passeggiano parlottando, poi arrivano alla porta dell’avvocato.)

Zio                                Le otto, un’ora insolita per una visita di clienti. Ma Huld non me ne vorrà.. (Si apre lo spioncino, poi si richiude) Una nuova cameriera che ha paura degli stranieri. Apra. Siamo amici del signor avvocato! (Leni apre) La prossima volta apra prima! Vieni, Josef.

Leni                               Il signor avvocato è malato.

Zio                                (A K che non lo segue) Josef! (A Leni) E’ mal di cuore?

Leni                               Credo proprio di si. (Li accompagna dall’avvocato.)

Avvocato                      (Dal letto. Dell’avvocato si vede solo l’ombra.) Leni, chi è insomma?

Zio                                Albert, il tuo vecchio amico.

Avvocato                      Ah, Albert.

Zio                                (Entrando in ombra) Va veramente così male? Non lo credo. E’ un attacco del tuo mal di cuore e passerà come gli altri. Signorina, per cortesia, ci lasci soli un momento, devo discutere con il mio amico di un affare personale.

Leni                               Vede anche lei che il signore è tanto malato, non può discutere nessun affare.

Zio                                (Tra i denti) Maledetta te. (A Leni) Naturalmente non abbiamo ancora perso la ragione; se ciò che chiedo non fosse possibile, non lo chiederei. Per favore, vada ora.

Avvocato                      Puoi dire tutto davanti a Leni.

Zio                                Non si tratta di me, non è un mio segreto.

Avvocato                      Di chi si tratta allora?

Zio                                Di mio nipote, l’ho portato con me.. (Presentandolo) Il procuratore Josef K..

Avvocato                      Oh, mi scusi non l’avevo notata. Va’, Leni. (Leni esce) Dunque, tu non sei venuto per una visita di cortesia, sei venuto per affari.

Zio                                Sembri stare già meglio, da quando quella strega è uscita. (Bisbigliando) Scommetto che sta ascoltando! (Si alza, apre la tenda  ma non trova nessuno)

Avvocato                      La giudichi male. Per quello che riguarda la faccenda di tuo nipote, mi riterrei felice se le mie forze potessero bastare per questo compito estremamente difficile. Se il cuore non mi regge, per lo meno troverà qui una buona occasione per incepparsi definitivamente.

K                                   Non capisco.

Avvocato                      Certo, forse ho frainteso? Forse sono stato precipitoso. Di cosa voleva dunque parlare con me? Pensavo che si trattasse del suo processo.

Zio                                Naturalmente. (A K.) Insomma che cosa vuoi?

K                                   Come sa di me e del mio processo?

Avvocato                      Beh, sono un avvocato, traffico negli ambienti giudiziari, si parla di diversi processi e i più clamorosi, sorprendenti, specie se riguardano il nipote di un amico, si fissano nella memoria. Non c’è niente di strano.

Zio                                Che cosa vuoi, insomma? Sei così inquieto.

K                                   Lei frequenta quegli ambienti giudiziari?

Avvocato                      Certo.

Zio                                Fai domande da bambino.

Avvocato                      Con chi dovrei avere relazioni allora, se non con la gente della mia professione? Così, per esempio, proprio adesso ho una visita gradita. (Indica un angolo buio della stanza)

K                                   Ma dove? (Dall’angolo buio si scorge un omino, ora costretto ad uscire)

Avvocato                      Ci avete appunto sorpresi. Il signor capo… Ah, già, mi scusi, non vi ho presentati… (Presentando) Questi è il mio amico Albert K., questi è suo nipote, il procuratore Josef K. e questi è il cancelliere capo… Con il cancelliere stavamo giusto parlando del suo processo.

Cancelliere                    Purtroppo posso rimanere solo un altro paio di minuti, gli affari mi chiamano. Ma non voglio perdere l’occasione di fare la conoscenza di un amico del mio amico. (Continua a parlare in sottofondo, l’avvocato e lo zio sono molto attenti a differenza di K. che è quasi trascurato. Rumore di porcellane infrante.)

K                                   Vado a vedere che è successo. (Va nell’altra stanza. Leni gli prende la mano.)

Leni                               Non è successo niente, ho solo gettato un piatto contro il muro per farla venir fuori.

K                                   Anch’io ho pensato a lei.

Leni                               Tanto meglio. Venga qua. (Indicando una cassapanca. Si siedono) Pensavo che sarebbe venuto da solo, senza che dovessi chiamarla. E’ strano. Appena è entrato non ha fatto che guardarmi e poi mi ha fatto aspettare. Mi chiami pure Leni.

K                                   Volentieri. (Osservando un quadro che ritrae un giudice) Forse è il mio giudice.

Leni                               Io lo conosco, viene spesso qui. Il quadro risale alla sua giovinezza, ma non gli deve avere mai rassomigliato, perché è quasi un nano. Eppure nel quadro si è fatto raffigurare così alto perché è vanitoso in modo incredibile, come tutti qui.

K                                   Che grado ha?

Leni                               E’ un giudice istruttore.

K                                   Solo un giudice istruttore! I funzionari più elevati si nascondono, lui invece siede sopra un seggio.

Leni                               E’ tutta apparenza, in realtà siede su una sedia di cucina su cui è stata ripiegata una vecchia coperta da cavalli. Ma lei deve proprio pensare sempre al suo processo?

K                                   No, nient’affatto, probabilmente ci penso anche troppo poco.

Leni                               Non è questo il suo errore, è troppo intransigente. Così ho sentito dire.

K                                   Chi l’ha detto?

Leni                               Svelerei troppo se lo dicessi. Per favore non chieda nomi ma piuttosto corregga il suo errore, non sia più così intransigente, non ci si può difendere da questo tribunale, bisogna confessare. Alla prima occasione dunque renda la sua confessione. Soltanto dopo, sarà possibile sfuggire, soltanto dopo. Neppure questo tuttavia è possibile senza un aiuto esterno, ma per questo aiuto non deve darsi pena, glielo offrirò io stessa.

K                                   Lei sa molte cose di questo tribunale e degli imbrogli che sono necessari lì dentro. E se non confesso, lei non può aiutarmi?

Leni                               No, allora non posso più aiutarla. Ma lei non vuole affatto il mio aiuto, non ci tiene per niente, è ostinato e non si lascia convincere. Ha un’amante?

K                                   No, pensi un po’, l’ho lasciata. (Bacia la mano)

Leni                               Oh, mi ha baciata! (Leni sale su di lui e lo bacia sul collo) Adesso appartieni a me. Eccoti la chiave, vieni quando vuoi. (K va via. Fuori al portone lo zio lo aspetta.)

Zio                                (Al pubblico) Giovanotto, come hai potuto fare questo! Hai pregiudicato terribilmente la tua causa che era sulla buona strada. Ti vai ad appartare con una ragazzetta sudicia che per di più è chiaramente l’amica dell’avvocato e rimani fuori ore intere. Non cerchi nemmeno un pretesto, non nascondi niente, no, apertamente corri da lei e rimani da lei. E nel frattempo noi restiamo lì seduti, lo zio che si affatica per te, l’avvocato che deve essere guadagnato alla tua parte, e soprattutto il cancelliere capo, questo gran signore, che per l’appunto ha in mano la tua causa nel suo stadio attuale. L’avvocato che non sta bene ne ha risentito di più, il brav’uomo non riusciva neppure a parlare quando mi sono congedato da lui. Devi aver contribuito al suo crollo definitivo e in questo modo acceleri la morte di un uomo di cui non si può fare a meno. E lasci me, tuo zio, qui sotto la pioggia… Senti, sono tutto inzuppato… Ad aspettare per ore e a torturarsi. (Buio)

(Musica. “Tango di Maradona” – Anonimo. K. Balla il tango con una sedia. Penombra, vari personaggi entrano in scena, parlano tra loro, fanno piccoli monologhi. Sono le persone che K ha incontrato dall’inizio del suo processo. Sale la luce.)

K                                   Avanti.

Industriale                     (Entrando) Buongiorno, signor procuratore.

K                                   Salve.

Industriale                     (Aprendo la sua borsa e estraendo delle carte. Parla a raffica, piano, piano la sua voce sfuma. K non lo ascolta.) Dunque, sono qui per proporle un affare molto vantaggioso per la banca. Io possiedo un terreno…

                                      (L’industriale resta immobile. Ritorna la musica precedente. K. si distrae, dopo un po’, la musica termina. L’industriale si rianima) E allora, cosa ne pensa?

K                                   E’ difficile. (Pausa. La porta si apre, entra il vicedirettore.)

Vicedirettore                 Buongiorno.

Industriale                     Salve Vicedirettore, pensavo proprio a lei, ho proposto un affare al signor procuratore ma ha prestato poco interesse alla cosa. ( I due parlano confusamente. K. completamente estraniato al fatto, prende un foglio dalla scrivania, lo poggia sul palmo della mano e lentamente lo pone tra i due.)

Vicedirettore                 (A K.) Grazie, so già tutto. (All’industriale.) E’ una cosa molto importante, lo vedo bene. E il signor procuratore, sarà certamente lieto se gliela portiamo via. La cosa richiede una calma riflessione, Ma oggi sembra essere molto sovraccarico, ci sono ancora delle persone in anticamera che lo aspettano già da molto. (I due prendono le carte dalla scrivania ed escono.)

Industriale                     (Sulla porta.) Non la saluto ancora, la terrò informata della discussione, e poi ho una comunicazione da farle. A dopo. (Esce)

(Ancora la musica precedente. K. vaga per l’ufficio, guarda alla finestra. Entra l’industriale)

Industriale                     Un pessimo autunno. (Prende la borsa.) Vuole sentire come è andata? Ormai porto già il contratto in tasca. Un uomo simpatico il suo vicedirettore, ma tuttavia non innocuo. Signor procuratore, soffre questo tempo? Oggi sembra così angustiato.

K                                   Già, il mal di testa, preoccupazioni familiari.

Industriale                     Molto giusto, ognuno ha da portare la sua croce. Signor procuratore, avrei ancora una piccola comunicazione per lei. Lei ha un processo, vero?

K                                   Glielo ha detto il vicedirettore!

Industriale                     Ah, no, da chi poteva saperlo il vicedirettore?

K                                   E lei?

Industriale                     Di tanto in tanto vengo a sapere qualcosa dal tribunale, proprio a questo si riferisce la comunicazione che volevo farle.

K                                   Quante persone sono in rapporto con il tribunale! (Si siedono)

Industriale                     Del suo processo ho saputo qualcosa da un certo Titorelli. E’ un pittore. Lavora per il tribunale. Titorelli può esserle d’aiuto, conosce molti giudici e, sebbene non possa avere egli stesso una grande influenza, le può tuttavia dare dei consigli circa il modo di entrare in contatto con alcune persone influenti. Ora faccia lei. Ecco la lettera di raccomandazione ed ecco l’indirizzo.

K                                   Ci andrò, oppure, dal momento che adesso sono molto occupato, gli scriverò di venire una volta da me in ufficio.

Industriale                     Sapevo che avrebbe trovato la soluzione migliore. (K. l’accompagna alla porta. Fuori c’è una persona che aspetta.)

Uomo                            Signor procuratore…

K                                   Mi scusi signore, purtroppo per il momento non ho tempo per riceverla. La prego di scusarmi, ma ho da portare a termine un affare urgente e devo uscire subito. Ha visto lei stesso quanto tempo sono stato trattenuto. Sarebbe tanto gentile da ritornare domani o in qualsiasi altro momento? Oppure vuole forse parlare al telefono? O forse vuole dirmi adesso brevemente di cosa si tratta e io le darò una risposta esauriente per iscritto? Ad ogni modo sarebbe meglio se tornasse la prossima volta. (Stupore nell’uomo.) Siamo d’accordo allora? (Entra il vicedirettore)

Vicedirettore                 Adesso va via signor procuratore?

K                                   Si, ho da fare una commissione.

Vicedirettore                 (All’uomo) E il signore? Credo che aspetti già da molto.

K                                   Ci siamo già accordati        

Uomo                            Signor procuratore, aspetto da ore. E’ ovvio che le mie faccende sono molto importanti. E’ inconcepibile che lei non mi riceva. Scandaloso.

Vicedirettore                 Signore mio, c’è certo una via d’uscita molto semplice. Se vuole contentarsi di me, mi assumo io molto volentieri la trattativa al posto del signor procuratore. Le sue faccende naturalmente debbono essere discusse subito. Noi siamo uomini d’affari come lei e sappiamo dare giusto valore al tempo delle persone d’affari. Vuole accomodarsi da questa parte?

(Gli uomini escono. K. In strada. Musica. “Canto canzoni” – I. Rendano. K. Incontra dei burattini.)

K                                   Abita qui un certo pittore Titorelli? (Silenzio dei burattini) Conosci il pittore Titorelli?

Burattino                       (Prima annuisce) Cosa vuole da lui?

K                                   Voglio farmi ritrarre.

Burattino                       Farsi ritrarre? (Gesto di entusiasmo, urlano.)

Titorelli                         (Entrando e zittendo i burattini.) Pittore Titorelli.

K                                   Sembra essere molto amato in casa.

Titorelli                         Ah, quelle pesti! Quelle pesti sono una vera noia per me. Una volta ho dipinto una di loro.

Burattini                        (Da fuori) Titorelli possiamo entrare?

Titorelli                         (Da orco) No.

Burattino                       Neanche io da sola?

Titorelli                         Nemmeno.

K                                   (Guarda in giro, poi prende una lettera dalla tasca) Ho saputo di lei da questo signore, suo conoscente, e sono venuto qui su suo consiglio.

Titorelli                         (Legge la lettera velocemente e poi la butta via) Vuole comprare dei quadri o vuole farsi ritrarre?

K                                   (Stupito, poi si riprende) Sta lavorando attualmente ad un quadro?

Titorelli                         Già. (Scopre una tela).

K                                   E questo?

Titorelli                         Si, ma non è rifinito. E’ un giudice.

K                                   Come si chiama questo giudice?

Titorelli                         Questo non lo posso dire.

K                                   Lei è un confidente del tribunale?

Titorelli                         Si, io sono un confidente del tribunale.

K                                   E’ un impegno ufficialmente riconosciuto?

Titorelli                         No.

K                                   Bene, spesso impieghi non riconosciuti come questo sono più influenti di quelli riconosciuti.

Titorelli                         Questo è appunto il mio caso. Ieri parlavo con l’industriale del suo caso. Lei è innocente?

K                                   Sì, sono assolutamente innocente.

Titorelli                         Questo è l’essenziale.

K                                   Lei conosce certo il tribunale meglio di me, io non so molto più di quanto ne ho sentito dire, però da tanta gente diversa. Bene, su un punto sono d’accordo tutti: che non solleva accuse alla leggera, e che se le solleva, è segno che è fermamente convinto della colpa dell’accusato, ed è molto difficile smuoverlo da questa convinzione.

Titorelli                         Difficile? (Alzando bruscamente una mano) Il tribunale non cambia convinzione mai. Se dipingessi qui su una tela tutti i giudici uno accanto all’altro, e lei davanti alla tela si difendesse, avrebbe più speranza di successo che davanti al tribunale vero.

K                                   Già.

Burattini                        (Alla porta) Titorelli, quand’è che questo se ne va?

Titorelli                         Zitte! Non lo vedete che stiamo parlando?

Burattini                        Gli vuoi fare il ritratto? Non farlo, per favore, è così brutto!

Titorelli                         (Aprendo la porta di poco) Se non state zitte vi butto giù per le scale tutte quante. Giù. (Chiude) Abbia pazienza, (All’orecchio) anche queste ragazzine sono del tribunale.

K                                   Come?

Titorelli                         Al tribunale appartiene tutto.

K                                   Non me n’ero ancora accorto.

Titorelli                         Mi pare che del tribunale lei non si è ancora fatta un’idea, ma dal momento che è innocente, non ne avrà nemmeno bisogno. Ci penserò io a cavarla fuori.

K                                   Come farà? Non ha detto lei stesso un momento fa che il tribunale è assolutamente insensibile alle prove?

Titorelli                         Insensibile solo alle prove che si producono in tribunale. Le cose stanno altrimenti quando si tenta qualcosa aggirando il tribunale ufficiale, nei corridoi, oppure per esempio anche qui, nello studio. Nel suo caso per esempio, interverrò in questo modo. (Avvicina la sedia) Ho dimenticato di chiederle quale tipo di scagionamento desidera. Ci sono tre possibilità, l’assoluzione effettiva, l’assoluzione fittizia e il differimento. L’assoluzione effettiva è naturalmente la migliore, solo che io non ho nessuna influenza su questo tipo di soluzione. Nessuno ha influenza per l’assoluzione effettiva. Evidentemente qui è decisiva solo l’innocenza dell’imputato. Poiché lei è innocente sarebbe di fatto possibile che si affidasse alla sua innocenza, allora però non avrebbe bisogno né di me, né di chiunque altro. Comunque devo dirle che non ho mai visto alcuna assoluzione effettiva.

K                                   Nemmeno una assoluzione. Capisco! Mettiamo dunque da parte l’assoluzione effettiva, lei però accennava anche ad altre due possibilità.

Titorelli                         L’assoluzione fittizia e il differimento. Prima di tutto vediamo la assoluzione fittizia. Se dovesse preferire questa io allora scriverò su di un foglio di carta una attestazione della sua innocenza. Con questa attestazione poi faccio un sondaggio tra i giudici che conosco. Comincio allora col sottoporre l’attestazione al giudice che sto dipingendo adesso. Gli presento l’attestazione, gli spiego che lei è innocente e mi faccio garante della sua innocenza. Questa garanzia però non è semplicemente esteriore, ma effettiva, vincolante.

K                                   Questo sarebbe certo molto gentile. E il giudice dovrebbe credere a lei e nonostante questo non assolvermi in modo effettivo?

Titorelli                         Certo, gliel’ho detto. Quando ho ottenuto sul foglio un numero sufficiente di firme di giudici, le cose vanno avanti senza più tante difficoltà. Infatti dopo avere adempiuto a delle formalità, lei lascia il tribunale ed è libero.

K                                   Libero?

Titorelli                         Sì, ma solo apparentemente libero o meglio detto, momentaneamente libero. Infatti i giudici di grado inferiore, a cui appartengono quelli che conosco, non hanno il diritto di assolvere definitivamente, questo diritto lo ha solo il tribunale supremo che è assolutamente inaccessibile a lei, a me e a tutti noi.

K                                   Invece, con l’assoluzione fittizia…

Titorelli                         Niente va perduto e la Giustizia non dimentica mai. L’atto di accusa conserva tutta la sua validità, e qualsiasi giudice ha diritto di porlo di nuovo in essere, in qualsiasi momento.

K                                   E allora?

Titorelli                         E allora si procede a un nuovo arresto. Il processo riprende, e bisogna ricominciare a raccogliere tutte le forze in vista di una nuova assoluzione fittizia. Non si deve mai rinunciare.

K                                   Ma neppure questa seconda assoluzione è definitiva.

Titorelli                         Naturalmente no, alla seconda assoluzione segue il terzo arresto, alla terza assoluzione il quarto arresto e così via. (Pausa) L’assoluzione fittizia non sembra evidentemente esserle gradita. Forse le si adatta meglio il differimento. Debbo illustrarle l’essenza del differimento? (K. annuisce) Il differimento consiste in questo, che il processo viene mantenuto costantemente nel suo stadio più basso. Per ottenerlo è indispensabile che l’imputato e il suo consulente, restino in contatto personale con il tribunale. Nei confronti della assoluzione fittizia, il differimento ha il vantaggio che il futuro dell’imputato è meno incerto, non vive nel timore di arresti improvvisi e processi estenuanti. Certo il differimento ha anche alcuni svantaggi per l’imputato che non si possono sottovalutare. Con questo penso al fatto che qui l’imputato non è mai libero, ciò non accade veramente neanche nel caso dell’assoluzione fittizia. (K. si alza)

Burattino                       (Da fuori) Già si alza!

Titorelli                         Vuole andare già via? (Si alza) E’ certo l’aria a mandarla via di qua. Mi dispiace molto. Avrei da dirle ancora qualcosa. Ho dovuto contenermi molto. Ma spero di essere stato chiaro.

K                                   Oh, certo.

Titorelli                         I due metodi hanno in comune che evitano all’imputato la condanna.

K                                   Ma evitano anche l’assoluzione effettiva.

Titorelli                         Ha colto il nocciolo della cosa. (Mentre K si veste e i burattini urlano da fuori) Lei non si è ancora ben deciso riguardo alle mie proposte. Lo trovo giusto

K                                   Tornerò presto. (Si avvia alla porta)

Titorelli                         Deve mantenere la parola però, altrimenti vengo io in banca a domandare di lei.

K                                   Apra la porta, via.

Titorelli                         Vuole essere molestato dalle ragazze? E’ meglio che utilizzi questa uscita. (Indica l’altra porta. Poi scivola sotto il letto.) Solo un momento, non vuole vedere ancora un quadro che potrei venderle? (Sbuca dal letto con delle tele) Un paesaggio di brughiera.

K                                   Bello. Lo compro.

Titorelli                         (Prendendo un altro quadro) Ecco un altro che fa il paio con quel quadro.

K                                   Sono bei paesaggi, compro tutt’e due così li appendo nel mio ufficio.

Titorelli                         Il soggetto sembra piacerle. (Prende un altro quadro) Per combinazione ho qui un altro quadro simile.

K                                   Prendo anche quest’altro. Quanto costano i tre quadri?

Titorelli                         Ne parleremo la prossima volta. Ora ha fretta, comunque rimaniamo in contatto. Inoltre sono lieto che i quadri le piacciano, le darò tutti i quadri che ho qui sotto. Chiaramente sono paesaggi di brughiera.

K                                   Impacchetti i quadri! Domani verrà un mio commesso a prenderli.

Titorelli                         Benissimo. Salga pure sul letto, come fa chiunque entri qui.

K                                   (Guardando verso la porta) Che cos’è questo?

Titorelli                         Sono gli uffici del tribunale. Ce ne sono quasi in ogni solaio, perché dovrebbero mancare proprio qui? Anche il mio studio di fatto appartiene agli uffici del tribunale, ma il tribunale me l'ha messo a disposizione.

(Buio. Musica. “All’inferno ‘nzieme a te” – S. Lai.  K. si avvia dall’avvocato. Attende alla porta.)

K                                   Leni potrebbe essere più svelta.

Block                            (Dall’interno. Con una lanterna in mano.) E’ lui.

K                                   (Apre la tenda. Entra e vede Leni che scappa in camicia da notte. A Block) Lei è impiegato qui?

Block                            No, non sono di casa, l’avvocato è solo il mio rappresentante, sono qui solo per una faccenda legale.

K                                   Senza giacca?

Block                            Ah, mi scusi!

K                                   Leni è la sua amante?

Block                            O Dio, no, no, cosa pensa?

K                                   Sembra sincero, malgrado ciò… venga. Come si chiama, allora?

Block                            Block, commerciante Block.

K                                   E’ il suo vero nome?

Block                            Certo. Perché, ne dubita?

K                                   Pensavo che potesse avere dei motivi per tacere il suo nome.

Leni                               (Entrando) Buona sera, Josef.

K                                   Buona sera. Chi è quest’uomo?

Leni                               E’ un disgraziato, un povero commerciante, un certo Block. Guardalo.

K                                   Eri in camicia. E’ il tuo amante? Allora, rispondi!

Leni                               Josef, non sarai geloso del signor Block… (A Block) Rudi, aiutami, vedi che sospetta di me.

Block                            Non saprei neanche io, che motivo dovrebbe avere d’essere geloso.

K                                   Infatti, non lo so neanch’io.

Leni                               E tu? Vuoi parlare anche oggi all’avvocato? Oggi lui sta molto male, ma se vuoi ti annuncio. Devo prima annunciarti o portargli la minestra?

K                                   Annunciami prima. (Leni si avvia, ma K. la ferma) Portagli prima la minestra, deve rimettersi in forze prima di parlare con me, ne avrà bisogno.

Block                            Lei pure è un cliente dell’avvocato?

K                                   E a lei cosa interessa?

Leni                               Sta calmo. Allora per prima cosa gli porto la minestra. Sii gentile. (Esce con la minestra)

K                                   (A Block che stava per alzarsi) Resti seduto. Lei è un vecchio cliente dell’avvocato?

Block                            Sì, un cliente molto vecchio.

K                                   Da quanti anni la rappresenta?

Block                            Sono già più di cinque anni. Posso confidarmi con lei?

K                                   Credo che possa.

Block                            Ebbene, mi confiderò in parte, ma deve rivelarmi un segreto anche lei, così di fronte all’avvocato ci sosterremo a vicenda.

K                                   Lei è molto cauto, ma io le dirò un segreto che la tranquillizzerà completamente.

Block                            Io ho altri avvocati oltre a lui.

K                                   Non è poi così grave.

Block                            Qui sì. Non è permesso. Oltre a lui ho altri cinque avvocatucci.

K                                   Cinque! Cinque avvocati oltre questo?

Block                            Sono tutti necessari.

Leni                               (Entrando) Come ve ne state  uno accanto all’altro.

K                                   (A Leni) Ancora un momento!

Block                            (Falso) Ha voluto che gli raccontassi del mio processo.

Leni                               Racconta, racconta pure.

K                                   Mi hai annunciato?

Leni                               Certamente, ti aspetta, lascia stare Block ora, con lui potrai parlare anche dopo, tanto lui resta qui.

K                                   (A Block) Resta qui?

Leni                               Dorme spesso qui.

K                                   Dorme qui?

Leni                               Sì, non tutti sono ammessi dall’avvocato all’ora che vogliono come accade a te Josef.

K                                   Mi riceve perché sono suo cliente. Se anche per questo fosse necessario un aiuto esterno, allora si dovrebbe elemosinare e ringraziare ad ogni momento.

Leni                               (A Block) Come è cattivo oggi, vero?

Block                            L’avvocato la riceve perché il suo processo è agli inizi. Più in là la cosa cambierà.

Leni                               Non devi credergli per niente. Si lamenta solo apparentemente. Dorme qui molto volentieri, come già spesso mi ha confessato. (Aprendo una porticina) Vuoi vedere la sua camera da letto?

K                                   Lei dorme nella camera della domestica?

Block                            Leni me l’ha ceduta, è molto conveniente.

K                                   (A Leni, gridando) Portalo a letto, allora!

Block                            (A voce bassa) Signor procuratore, lei ha dimenticato la sua promessa, lei voleva dirmi ancora un segreto.

K                                   E’ vero. Ascolti dunque: non è quasi più un segreto in fondo. Adesso vado dall’avvocato per revocarlo!

Block                            (Correndo con le bracca alzate) Lo revoca! Revoca l’avvocato! (Leni prende a pugni Block. K. si avvia dall’avvocato)

Avvocato                      La attendo già da molto.

K                                   Vado via subito.

Avvocato                      La prossima volta non la farò entrare ad un’ora così tarda.

K                                   E’ quello che voglio.

Avvocato                      Si segga.

K                                   Se lo desidera.

Avvocato                      Mi sembra che abbia chiuso a chiave la porta.

K                                   Sì, a causa di Leni.

Avvocato                      E’ stata di nuovo invadente?

K                                   Invadente?

Avvocato                      Sì. (Ride) Lei avrà notato la sua invadenza. E’ una singolarità di Leni che del resto le ho perdonato da tempo, Leni trova belli la maggior parte degli imputati. Se si ha l’occhio giusto si trova spesso che gli imputati siano veramente belli. Questo però è un fenomeno strano, quelli che ne hanno esperienza, sono in grado di riconoscere, nella massa, gli imputati uno per uno. Da che cosa? Dirà lei. Gli imputati sono i più belli. Non può essere la colpa perché, non sono tutti colpevoli, e non può essere la giusta punizione, perché non tutti vengono puniti, può dunque solo dipendere dal procedimento intentato contro di loro, che in qualche modo si attacca loro addosso. E’ venuto da me oggi con una precisa intenzione?

K                                   Sì. Volevo dirle, che con oggi stesso le revoco il mio mandato.

Avvocato                      Ho inteso bene?

K                                   Presumo di sì.

Avvocato                      Possiamo parlare di questo progetto.

K                                   Non è più un progetto.

Avvocato                      Può darsi, tuttavia non affrettiamo nulla.

K                                   Non è affrettato. E’ una cosa ben ponderata e forse anche troppo. La decisione è definitiva.

Avvocato                      Allora mi permetta ancora qualche parola.

K                                   Che cosa intende fare nella mia causa, se mantiene il patrocinio?

Avvocato                      Continuare in quello che ho già intrapreso per lei.

K                                   Lo sapevo, beh, ogni altra parola sarebbe superflua.

Avvocato                      Farò ancora un tentativo. Lei è stato trattato troppo bene, le vorrei mostrare come vengono trattati altri imputati, forse riuscirà ad imparare qualcosa. Adesso chiamerò Block, apra la porta e si segga qui accanto a me!

K                                   Volentieri! (Apre la porta) Si è reso conto però che io le disdico il mio mandato?

Avvocato                      Sì, ma ancora oggi può tornare sulla sua decisione. (Si mette a letto, chiama al campanello Leni, che appare quasi immediatamente) Va’ a prendere Block.

Leni                               (Dalla porta gridando) Block! Dall’avvocato! (Block al guinzaglio come un cane. Entra portato da Leni)

Avvocato                      (Da sotto le coperte) Block è qui?

Block                            Per servirla.

Avvocato                      Che vuoi? Vieni sempre a sproposito.

Block                            Non sono stato chiamato?

Avvocato                      Sei stato chiamato, ma arrivi lo stesso a sproposito. Vieni sempre a sproposito.

Block                            Vuole che vada via?

Avvocato                      Ormai sei qui. Rimani! Ieri ero dal terzo giudice, un mio amico, e a poco a poco ho portato il discorso su di te. Vuoi sapere cosa ha detto?

Block                            Oh, la prego! (Si inginocchia) La prego.

K                                   Che fai?

Avvocato                      Chi è dunque il tuo avvocato?

Block                            E’ lei,

Avvocato                      E oltre me?

Block                            Nessuno oltre lei.

Avvocato                      Allora non obbedire a nessun altro.

K                                   Che assurdità. Inginocchiati o striscia a quattro gambe, fa quello che vuoi. Non me ne importa niente.

Block                            Non deve parlarmi così, non è permesso. Perché mi offende? Non sa nulla e insulta me che, per quel che mi permettono le mie deboli forze, ho studiato con precisione che cosa esigono il decoro, il dovere e la pratica del tribunale.

Avvocato                      Non preoccuparti di nessuno e fa quello che ti sembra più giusto.

Block                            Certo. Sono già in ginocchio, mio avvocato. (Accarezza la coperta)

                                                                                                            

Leni                               (Staccandosi dalla presa di K.) Mi fai male. Lasciami. Vado da Block. (Leni indica a Block la mano dell’avvocato. Block esegue il baciamano)

Avvocato                      Esito a comunicarglielo.

Leni                               Perché esiti?

Avvocato                      Come si è comportato oggi?

Leni                               E’ stato tranquillo e diligente.

Avvocato                      Cosa ha fatto durante tutto il giorno?

Leni                               L’ho chiuso a chiave nella stanza della domestica, per non farmi disturbare mentre lavoravo. Di tanto in tanto, dal buco della serratura, potevo vedere cosa faceva. Stava sempre in ginocchio sul letto, aveva aperto le opere che gli hai prestato sul davanzalee le leggeva, questo mi ha fatto una buona impressione: la finestra infatti portava solo su un condotto d’aria e non dà quasi luce. Il fatto che Block malgrado ciò leggesse, mi ha dato la dimostrazione di quanto sia docile.

Avvocato                      Mi rallegra sentire questo. Comprendeva però quello che leggeva?

Leni                               Su questo naturalmente non posso risponderti. Ha letto tutto il giorno la stessa pagina e leggendo seguiva con il dito le righe. Gli scritti che gli hai prestato sono probabilmente di difficile comprensione.

Avvocato                      Sì, lo sono infatti. Non credo che ne capisca qualcosa. Ha studiato ininterrottamente?

Leni                               Quasi ininterrottamente.

 

Avvocato                      Tu lo lodi. Ma proprio questo mi rende difficile parlare. Il giudice infatti non si è pronunciato favorevolmente, né su Block né sul suo processo. Mi ha chiesto: “Cosa direbbe se venisse a sapere che il suo processo non ha ancora avuto inizio, se gli si dicesse che il campanello del segnale d’inizio non ha ancora suonato?” Tranquillo Block. Questo giudice considera l’inizio del processo da un punto di vista diverso rispetto al mio. Ad un certo stadio del processo viene dato un segnale con un campanello, secondo una vecchia usanza. Secondo questo giudice è con quello che comincia il processo.

(Buio. Musica. “Anna se sposa” – G. D’Alessio. In chiesa, un sagrestano accende dei lumini. Ha dell’incenso con se. Veste il cappellano. K. con una guida dei monumenti tra le mani l’osserva. K. assumerà un atteggiamento di preghiera.)

Cappellano                    Tu sei Josef K..

K                                   Sì.

Cappellano                    Sei accusato.

K                                   Sì, me l’hanno comunicato.

Cappellano                    Allora sei tu, colui che cerco. Io sono il cappellano delle carceri.

K                                   Ah.

Cappellano                    Ti ho fatto chiamare qui per parlare con te.

K                                   Non lo sapevo, sono venuto qui per mostrare il duomo a un amico.

Cappellano                    Tralascia le cose marginali. Cos’hai in mano? E’ un libro di preghiere?

K                                   No, è un album dei monumenti cittadini.

Cappellano                    Lascialo. (K. fa volare via il libro che scivola sul pavimento) Sai che il tuo processo va male?

K                                   Sembra anche a me. Mi sono dato tanto da fare, ma finora senza successo.

Cappellano                    Come ti immagini la fine?

K                                   Non so, come finirà. Tu lo sai?

Cappellano                    No. Ma temo che andrà a finire male. Ti si ritiene colpevole, almeno per il momento.

K                                   Ma io non sono colpevole. E’ un errore. Come può, in generale, un uomo essere colpevole.

Cappellano                    Questo è giusto, ma è così che parlano i colpevoli.

K                                   Tutti quelli che hanno preso parte al processo hanno una prevenzione contro di me. La infondono anche a coloro che non vi partecipano. La mia posizione diventa sempre più difficile.

Cappellano                    Tu fraintendi i fatti, la sentenza non arriva all’improvviso, il processo si trasforma gradualmente nella sentenza.

K                                   Ah, è così.

Cappellano                    Che cosa hai intenzione di fare ora per la tua causa?

K                                   Cercherò ancora aiuto. Ci sono ancora certe possibilità che non ho sfruttato.

Cappellano                    Cerchi troppo l’aiuto esterno, tu. E particolarmente delle donne. Non ti avvedi dunque che non è il vero aiuto?

K                                   Le donne hanno un grande potere. In particolare con questo tribunale.

Cappellano                    (Forte) Non vedi dunque a due passi di distanza? (Pausa)

K                                   Non vuoi scendere giù? Eppure non c’è da tenere una predica. Vieni giù da me.

Cappellano                    Ora posso pure venire. Dovevo parlare con te prima a distanza. Altrimenti mi lascio troppo facilmente influenzare e dimentico il mio servizio.

K                                   Hai un po’ di tempo per me?

Cappellano                    Tutto il tempo che ti serve.

K                                   Sei molto gentile con me. Con te posso parlare apertamente.

Cappellano                    Non ingannarti.

K                                   A che proposito dovrei ingannarmi?

Cappellano                    Riguardo al tribunale tu ti inganni. Negli scritti introduttivi della Legge si parla di questo inganno: davanti alla Legge c’è un custode. Da questo custode arriva un uomo di campagna e lo prega di farlo entrare nella Legge. Ma il custode dice che al momento non gli può assicurare l’ingresso. L’uomo riflette e poi chiede se potrà allora entrare più tardi. “E’ possibile”, dice il custode “ma non ora”. Dal momento che il portone della Legge è aperto come sempre e che il custode si fa da parte, l’uomo si china per guardare all’interno attraverso il portone. Quando il custode se ne accorge, ride e dice: “se ti alletta tanto, prova pure ad entrare nonostante il mio divieto. Ma bada: io sono potente. E sono solo il custode di grado più basso. Sala dopo sala ci sono custodi uno più potente dell’altro. L’uomo di campagna non si aspetta tali difficoltà, ma la Legge deve essere accessibile ad ognuno, pensa, ma osservando adesso meglio il custode nel suo cappotto di pelliccia, il suo grosso naso appuntito, la lunga, sottile, scura barba tartara, decide comunque che è preferibile aspettare di ottenere il permesso di entrare. Il custode gli dà uno sgabello e lo fa sedere accanto alla porta. Lì rimane seduto giorni e anni. Fa molti tentativi per essere ammesso e snerva il custode con le sue preghiere. Il custode gli fa di tanto in tanto piccoli interrogatori, e alla fine gli dice sempre di nuovo che non può ancora entrare. L’uomo che si è ben fornito per il suo viaggio, adopera ogni cosa, per quanto valore avesse, per corrompere il custode. Questi, invero, accetta tutto, ma dice in merito: “Lo accetto solo affinché tu non creda di avere tralasciato qualcosa”. Durante questi svariati anni l’uomo osserva il custode quasi ininterrottamente. Dimentica gli altri custodi, sembrandogli questo primo l’unico ostacolo per l’ingresso nella Legge. Divenuto vecchio, diventa puerile e poiché in quello studio del custode durato anni ha imparato a riconoscere anche le pulci nel bavero della sua pelliccia, implora persino le pulci di aiutarlo e di convincere il custode. Infine la luce degli occhi gli si indebolisce e non sa se effettivamente intorno a lui si faccia più scuro o se solo gli occhi lo ingannano. Ma proprio adesso, nel buio, egli distingue un bagliore che traluce perpetuo dal portone della Legge. A questo punto non vivrà più molto a lungo. Davanti alla morte, nella sua testa tutte le esperienze di tutto quel periodo si concentrano in una domanda che fino ad allora non aveva ancora posta al custode. Gli fa cenno. Il custode si deve piegare su di lui perché la differenza di altezza è molto cambiata a danno dell’uomo. “Cos’altro vuoi sapere insomma?”, chiede il custode, “sei insaziabile”. “Poiché tutti aspirano alla Legge”, dice l’uomo, “da che dipende che in tutti questi anni nessuno all’infuori di me ha chiesto di entrare?”. Il custode si avvede che l’uomo è proprio alla fine e per raggiungere ancora il suo udito che sta svanendo, gli strilla: “Qui nessuno poteva ottenere di entrare perché quest’ingresso era destinato solo a te. Adesso vado e lo chiudo”.

K                                   Il custode allora ha ingannato l’uomo.

Cappellano                    Non essere precipitoso, ti ho raccontato la storia secondo la lettera dello scritto. Di inganno non si parla.

K                                   Ma è chiaro. Il custode ha dato il messaggio risolutivo solo quando questo non poteva più aiutare l’uomo.

Cappellano                    Egli non venne interrogato in precedenza, rifletti inoltre sul fatto che era solo custode e come tale ha adempiuto al suo dovere. Taluni dicono infatti che la storia non dia a nessuno il diritto di giudicare il custode. Comunque ci appaia, è un servitore della Legge, dunque appartiene alla Legge, dunque rifugge dal giudizio degli uomini.

K                                   Non sono d’accordo con questa opinione, perché così si deve prendere per vero tutto ciò che dice il custode. Ma che questo non sia possibile tu stesso l’hai sostenuto esaurientemente.

Cappellano                    No, non si deve prendere tutto per vero, lo si deve ritenere solo necessario.

K                                   Opinione triste, la menzogna elevata a regola universale. (Pausa. Bagliore) Adesso non siamo nei pressi dell’entrata principale?

Cappellano                    No, siamo lontani da quella. Vuoi già andare via?

K                                   Certo, devo andar via. Sono procuratore di una banca, sono atteso, sono venuto via solo per mostrare il duomo ad un amico.

Cappellano                    Bene, allora vai.

K                                   Ma non sono in grado di ritrovarmi da solo nell’oscurità.

Cappellano                    Va a sinistra fino al muro, poi vai avanti lungo il muro senza lasciarlo e ti troverai all’uscita.

K                                   Per favore, aspetta ancora!

Cappellano                    Aspetto.

K                                   Non vuoi nient’altro da me?

Cappellano                    No.

K                                   Tu sei stato così gentile con me prima e mi hai spiegato tutto, ma ora mi lasci andare come se non t’interessasse nulla di me.

Cappellano                    Ma tu devi andare via.

K                                   Certo, sì, lo capisci.

Cappellano                    Prova tu prima a capire chi sono io.

K                                   Tu sei il cappellano della prigione.

Cappellano                    Io appartengo quindi al tribunale. Perché allora dovrei volere da te qualcosa. Il tribunale non vuole nulla da te. Ti accetta quando vieni e ti lascia andare quando vai. (Buio)

(Musica. “Baciami – soft version” – L. Caldore. K. è seduto su di una sedia e mette dei guanti nuovi, attillati, come se aspettasse una visita. Due uomini vestiti da clown entrando in scena fanno cerimonie per chi deve entrare per primo, la stessa scena si ripete all’ingresso della stanza di K.)

K                                   Sono qui proprio per me? (Gli uomini annuiscono) Vecchi attori di bass’ordine vengono mandati per me. Si cerca di farla finita con me con poco. In quale teatro recitano? Non siete preparati ad essere interrogati. (Prende il cappello e va con gli uomini. Questi vogliono prenderlo per le braccia.) Solo per strada, non sono malato. (Gli uomini stringono K. con le spalle e lo trasportano formando un unico corpo) Forse sono tenori. (Gridando) Perché sono stati mandati proprio loro! (Si ferma. Il monologo seguente verrà recitato dalla voce registrata di K. Non sarà integrale, bensì frasi sparse, alcune al contrario. K. cercherà di scappare seguito dai clown in un buffo inseguimento.) Io non vado avanti. Non mi occorrerà più molta forza, la utilizzerò tutta adesso. I signori avranno un difficile lavoro. L’unica cosa che adesso posso fare è di mantenere fino alla fine la facoltà di distinguere con calma. Ho sempre voluto agitarmi nel mondo con venti mani e per di più per uno scopo non preciso. Questo era ingiusto. Devo ora mostrare che neanche quest’anno di processo mi poteva illuminare? Devo andarmene come un uomo privo di comprendonio? Mi si deve rinfacciare che all’inizio del processo volevo concluderlo mentre ora, alla sua fine, voglio ricominciarlo? Non voglio che mi si rinfacci questo. Sono grato, in questo senso, del fatto che miei accompagnatori siano due uomini quasi muti, incapaci di comprendere e che mi sia stato concesso di dirmi da solo il necessario.

(Si fermano davanti una pietra. Gli uomini si asciugano il sudore. Uno dei due va verso K. e gli toglie la giacca, il gilet e la camicia, poi K. lo prende sotto braccio e passeggia con lui. L’altro uomo, dopo un po’ li chiama. Si avvicinano, fanno sedere K. e gli fanno poggiare la testa sulla pietra. Cercano la posizione migliore. Uno dei due estrae un coltellaccio dal cappotto e lo passa all’altro. Si scambiano cortesie per chi deve compiere l’atto. K. li guarda immobile. Poi gira la testa e vede una luce. Pausa. K. allunga la mano verso la luce. Uno dei due uomini gli stringe la gola, l’altro gli infila il coltello nel cuore e lo rigira due volte.)

K                                   Come un cane!

(Musica. “Vai” – N. D’Angelo. A seguire “Liberi” – L. Dalla.)

FINE