KITTY
di Giuseppe Manfridi
L'interno di uno stanzino-ripostiglio. Nella penombra
dell'inizio gli oggetti che vi si trovano è possibile distinguerli a stento:
file di scarpe per terra, soprabiti, ombrelli - e poi anche scatole, scatoloni,
scatolette; in più, un piccolo deposito di sacche di segatura, terrine, poi
concime, microscopici rastrelli, palette; e, come scopriremo, una scorta di
cibo per criceti.
Sulla parete di fondo, dunque frontale rispetto al pubblico, è la porta che si
apre agli altri ambienti della casa. Per il momento la vediamo socchiusa. Ne
filtra una pallida luce.
Nel silenzio, un flebile squittio. Poi ancora silenzio.
Da fuori, rumori di una serratura e di una porta che con grande cura viene
aperta e richiusa. Nel corridoio qualcuno accende una luce schermata.
Abbiamo la sensazione di passi fatti in punta di piedi che si avvicinano.
Una ‘silhouette’ femminile passa davanti lo spiraglio dischiuso.
Indossa abiti fruscianti.
Pochi istanti e la donna torna indietro.
Apre la porta dello sgabuzzino.
La sua figura appare tutta insaccata in un impermeabile di ‘cellophan’ chiuso
alla vita da un ritaglio di plastica a forma di cintina. Stretto intorno al
viso, un altro ritaglio di ‘cellophan’ a forma di ‘foulard’.
La donna ha con sé un ombrello sgocciolante. Lo poggia contro uno stipite.
Si deterge la fronte con il dorso della mano.
RAGAZZA: Uff... Piove e si suda... Almeno sfogasse!...
Si sfila a fatica dai piedi gli stivali zuppi di pioggia. Esegue
l'operazione badando a non fare troppo rumore. Si fa aria con le mani; è
accaldata. Sotto l'impermeabile si intuiscono, difatti, abiti estivi.
A piedi scalzi va a prendere, un po' a tentoni, un giornale da una pila di
polverosi quotidiani ammonticchiati in un angolo. Ne strappa qualche foglio e
lo appallottola per calzarlo, a mò di spugna, negli stivali che poi ripone
affianco delle altre scarpe.
Si allontana e allontanandosi le cade un mazzo di chiavi che subito recupera e
poggia sopra una sedia lì a un passo.
E' apparsa contrariata.
Una pausa; poi, dalla penombra, ancora uno squittio.
Lei torna sui propri passi. Cerca l'ombrello. Trovandolo...
RAGAZZA: Questo fammelo portare in bagno, va'!...
Si riallontana. Una breve pausa. Uno sciacquone.
Nel riquadro della porta riappare, di fretta, la donna che, tendendo
l'orecchio, cerca di capire se lo scroscio abbia svegliato qualcuno.
Pochi istanti in ascolto, poi, rassicurata, si allontana di nuovo.
Una breve pausa. Uno squittio. Un altro ancora.
Rumori dalla cucina: quello di un rubinetto, di un frigorifero aperto e
richiuso e un lieve tramestìo di altri oggetti.
La donna ritorna. Scalza come se n'era andata e infagottata nel suo
sacco-impermeabile. Tiene con una mano un piatto e con l'altra un consistente
‘sandwich’. In equilibrio sul piatto, un bicchiere pieno a metà di vino. Guarda
dentro.
RAGAZZA: (Col boccone che le gonfia una guancia) Qua le stampelle se le mangiano!
Poggia piatto e bicchiere in un angolo e tiene il panino
tra le mascelle serrate mentre si sfila l'impermeabile per abbandonarlo senza
cura tra le altre cose in un canto.
Mastica. Si guarda intorno. Ha come un attimo di disorientamento.
Poi, con l'occhio su alcune scatole in terra...
RAGAZZA: Ah, lì!... (Va alle scatole. Le controlla una ad una) Chiusa. Chiusa. Chiusa... Aperta!... (Controlla) Aperta e vuota. - Ma che le tiene a fare?... Vedi che è vuota e buttala, no!... (Ripone la scatola vuota dove l'aveva presa. Aprendone un'altra...) Non ci pensassi io a quella povera bestia sarebbe capace di farla morire di fame. Dice: parti tranquilla... Fa i bei gesti lei, poi le rogne sono sempre mie.
Uscendo picchia contro l'anta della porta. Più che il colpo ricevuto la blocca il rumore. Nella casa, però, nessuno sembra essersi accorto di nulla.
La ragazza, ancora più cauta per non farsi sentire, si
allontana in punta di piedi.
Una breve pausa, poi un lieve armeggiare dalla cucina.
Infine, d'improvviso, in uno sbotto di collera...
RAGAZZA: (Da fuori) E no, porca miseria! Non è possibile! - E allora dillo che me lo vuoi fare apposta! Dillo, almeno lo sappiamo e chiuso!...
Così dicendo riappare fremente nel riquadro della porta. Ostenta una gabbietta vuota e grida rivolgendosi verso la direzione opposta a quella che conduce in cucina.
RAGAZZA: Adesso me lo spieghi perché accidenti sei andata ad aprire la gabbia?!... Che bisogno c'era, eh? Me lo vuoi spiegare?...
(Come travolgendo una pallida replica) La gabbia! La gabbia! - Mi hai capito benissimo cosa sto dicendo... (Brandendola) La gabbia del criceto! - Mò, figurati... lei non ne sa niente, poverina - e allora chi è stato se quando sono uscita stava chiusa, col panno sopra, e tutta pulita - e te l'avevo pure detto, te lo ricordi o no?, - "Guarda, l'ho pulita io, per cui lascia perdere." - Dico, fossimo duecento ma siamo solo noi - si vede che ci stanno i fantasmi qui dentro, gli spettri che vanno in giro ad aprire gabbie!... I fantasmi liberatori!
(Fa per andarsene ma è come se venisse richiamata e voltandosi, brusca...)
Prego?!...
Senti, nonna, io so solo una cosa: che te la devi piantare di ficcare le mani
dappertutto. Questa mania del cavolo! E sempre col patema per la più piccola
cretinata - poi ti voglio vedere la volta che davvero succede qualcosa di serio
quello che combini! - - Mettiamoci a girare tutta casa adesso, bel divertimento!
- Ma lo sai che ore sono? Quasi le due sono. L'hai fatto piccolo il
capolavoro...
(Si allontana. Dopo pochi istanti ricompare nel riquadro.)
Sì, le due! E saranno pure fatti miei, se permetti. -
(Guardando meglio) Ma che ti alzi? E statti ferma! - Capirai, ci manca solo questo.
(Con un gesto nervoso poggia in terra la gabbia e accende una luce più forte nel corridoio.)
Tanto se non si trova non si trova, inutile che fai le bravate.
(Comincia ad andare sù e giù, cercando. Borbotta qualcosa. Poi, con più chiarezza...) Proprio quello di cui sentivo il bisogno: una bella nottata insonne alla ricerca del topo. Già io 'st'animale, guarda... Che le sarà mai venuto in mente a mia madre? - Le grandi pensate: fa compagnia...
(Voltandosi di scatto) E statti ferma, t'ho detto! Mi fai più confusione che altro...
Lo sto cercando sì che lo sto cercando, cosa pensi che stia
facendo? Che stia giocando?...
(Si china in terra a guardare sotto i mobili. Si alza. Si china di nuovo. Si
rialza. Scompare e riappare.)
Poi 'cerca'... si fa presto a dire 'cerca'... - Quello è un affaretto così che può ficcarsi dappertutto - dico io... in ginocchio t'ho scongiurato tanto me lo sentivo. Ciavrei messo la mano sul fuoco che così andava a finire. Quante volte t'ho ripetuto: "Lascia stare che ci penso io... Lascia stare che ci penso io..." - Un muro! Finché non ne combini una delle tue non sei contenta.
(Fermandosi al di là del riquadro. Appare agitatissima e impotente.)
Niente da fare, non ci sta!... Di là non c'è, qui nemmeno.
Ricominciamo da capo.
(In direzione della camera da letto) Che?... - La voce l'alzo quanto mi
pare e piace, se permetti. E ciavrò pure il diritto, Cristo!, fosse la prima
volta! - Poi dici che uno non grida, ma benedettiddio! un po' di pace! - Mica
tanto: un po'.
(Si accende una sigaretta. Strafottente. Impalata.)
E fumo!... Non mi sembra di chiedere-di chiedere robe dell'altro mondo: un po' di pace. (Secca) E t'ho detto di restartene a letto! - Guarda, non mi fare girare ancora di più le scatole, per piacere... Sta' lì a letto, non ti muovere!... (Fuma. Non sa resistere alla tentazione di farsi uscire le parole dalla bocca.)
Poi arriva il momento che scoppi e allora si fa venire le
palpitazioni, hai capito?!... Che si sente male e finisce anche che è colpa
tua; così, come non bastasse, ti tocca pure il ricatto morale.
No, tu mi devi spiegare qual è stata la folle illuminazione che t'ha fatto
andare ad aprire la gabbia. Sempre le cose a vanvera, fatte coi piedi... Quello
lo sai che come gli apri tanto così se la squaglia, almeno un po' di buonsenso,
un po' di attenzione. -
(Accorgendosi di qualche movimento dell'altra) E
statti buona!
Madonna, sei una disgrazia!... (Pesta in terra la cicca)
Ora me lo dici cosa le raccontiamo a mamma quando torna?... Ah, ma a un certo punto... fatti tuoi, t'arrangi! - Tu l'hai fatto scappare e tu glielo dici.
(Fa per andarsene ma resta e ricomincia.)
E questa proprio è stata la goccia, eh...
E' tutta l'estate che mi dai il tormento. Tutta l'estate.
Come non fosse già abbastanza pesante doversi fare l'agosto in città, poi
mettici pure questo bel carico da undici e siamo a posto!
Con te fra i piedi che nemmeno posso azzardarmi a far salire una persona senza
sentirmi morire. E tanto perché sia chiaro: adesso che torna mamma dal mare -
le vacanze se l'è fatte, sarà bella riposata - ci pensa lei con te perché io ne
ho fin sopra la cima dei capelli. Sai che vuol dire 'il vomito'? La nausea mi è
venuta: una cosa qui alla bocca dello stomaco a sentirti girare e sù e giù, e
giù e sù, sempre a spiare, a controllare - con l'aria della martire che cià a
che fare con una povera deficiente... -
Beh, se non ti pare allora vedi di farci caso che sarà meglio! -
Ma dove sarà mai scritto che alla mia età debba ancora essere trattata in questo modo? Che sembra che lo rubo quello che mangio. - -
E allora mettiamo i puntini sulle i: io sono a pezzi, crollo dal sonno, ho avuto una serata d'inferno con tutti i miei problemi che ce li ho e me li tengo - occhèi? Benissimo - ma certi modi di fare non sono più disposta a sopportarli, chiaro? - - E fammi il santo piacere: stattene calma a letto e non fiatare! -
Guarda che se ti alzi te lo cerchi da sola: io me ne vado. Ma proprio via, addio!... Infilo quella porta e non mi vedete più...
(Appuntando lo sguardo verso la camera da letto)
Ma guardatela là: tutta congestionata che neanche si regge
in piedi. - Cos'è? Non ci credi che è vuota?...
(Mostrando la gabbia) Eccola qui: lo vedi che è vuota? -
Soddisfatta?... E sta' attenta che cadi!
(Seguendo con ansia i passi evidentemente malcerti della nonna) O porca... T'avverto: se vai per terra, lì ti lascio. -
Si allontana. Ritorna.
Dall'espressione che le si dipinge in volto capiamo che si ritrova la vecchia
quasi di fronte, appena oltre la porta.
RAGAZZA: Ah, ma allora davvero parlo al vento!
Che ci fai qui? Vattene via!... Non mi venire vicina, sai - non mi toccare! E
non mi guardare così che non lo sopporto!
Come non lo sapessi l'ipocrita che sei. Sino alla punta dei piedi ce l'hai
l'ipocrisia: che ti si mangia. Potrei schiattare qui dove mi trovo e non te ne
fregherebbe un accidente - e ammettilo! Per te al mondo c'è solo tua figlia e
basta! Si parla di lei e ciài il terrore. Roba che se m'andassi a spiaccicare
con la macchina contro un palo o mi buttassi giù dalla finestra tutta la tua
angoscia sarebbe mica per me: per lei. Di' se non è vero. E intanto, brava!,
gliel'hai fatto piccolo il regalo a mamma!...
Fa che il criceto non si ritrova io non lo so quello che potrà succedere.
Ecco, fa la scena adesso - cià le crisi... - e piantala!...
(Mutando tono, con leggera apprensione) Beh, cosa ti prende?... Per
carità, niente scherzi... - Fatti venire il coccolone e davvero ci siamo
ripuliti...
(Segue con lo sguardo la nonna che, c'è da supporre, si sta allontanando a fatica) Ce la fai da sola?... Oh!... Ma cos'hai? Non ti senti bene?... Ma tu dimmi questa... - Andiamo, sù, vattene a letto...
(Infine ha uno scatto. Esce dal campo visivo, sicuramente per andare a sorreggere l'altra.
Una breve pausa. Poi da fuori...)
Dov'è che sarebbero 'ste medicine?... Mò vedo.
(Ripassa veloce. E' preoccupata. Sempre fuori campo, ma dalla parte opposta.)
Qui non c'è niente. - Ho capito quale dici: quella nella
scatoletta rossa, quella in gocce. Ce n'è una ma è vuota.
(Rumore di vetri e di tubetti smanacciati alla rinfusa)
Dallo sgabuzzino si ode uno squittio. La donna ricompare nel riquadro. Abbastanza stravolta.
RAGAZZA: Ma senti proprio di averne bisogno?... Nonna?! - Ne senti il bisogno?... - (Risolvendo) Ho capito, va'. Meglio che scendo alla farmacia notturna. (E recupera le chiavi dallo sgabello lì vicino) Faccio una corsa, ci metto un attimo... -
T'ho detto che ci metto un attimo. Inutile correre rischi idioti quando si possono evitare. Figurati io la voglia che ciò... -
Mi porto la scatola... (Controlla) E' questa, sì?!...
(Sbuffando entra nello sgabuzzino per prendere gli stivali. Continuando, col tono della voce più alto...) Tu però cerca di metterti calma, mi raccomando.
E sempre sbuffando si infila il primo stivale.
Nel silenzio, uno squittio.
La donna si immobilizza. Tende l'orecchio; poi, ma quasi al rallentatore,
inizia a infilarsi il secondo stivale attenta a non fare il più lieve fruscìo.
L'operazione è frammentata da frequenti pause durante le quali tenta di carpire
un secondo squittio che la convinca.
E lo squittio arriva.
RAGAZZA: Ma è qui!...
(Rinunciando a infilarsi il secondo stivale lo scalcia via e si precipita all'interno dello stanzino annaspando alla cieca) E' qui, Kitty è qui! L'ho trovata. Si è ficcata qui dentro, nello sgabuzzino...
(Ancora uno squittio.
La donna corre alla soglia e grida in direzione della camera da letto.)
Oh... Mi senti? - Mi hai capito quello che dico?! L'ho
trovata.
E' qui, davvero: l'ho sentita; per cui mettiti tranquilla che adesso la
riprendo - tranquilla, m'hai capito?...
(E si sfila anche l'altro stivale. Quasi tra sé...) Questo via che
stiamo meglio... -
Ah, sia lodato il cielo!... Già mi vedevo a trafficare sino all'alba.
(Si guarda intorno) Gabbia-gabbia-gabbia... dove ho messo la gabbia?...
(Trovandola in terra) Questa teniamola pronta, qua bene da una parte... - Allora...
Struscia con una mano contro la parete alla ricerca dell'interruttore. Lo trova. Accende. E' una luce gialla, polverosa e che lascia, all'interno, ampie zone d'ombra. La lampadina è seminascosta da una specie di padellina rovesciata.
RAGAZZA: E dove mi scappi adesso? Beata a te!... Sù, da
brava, andiamo... (Agitando una scatola di mangime) C'è la pappina qui
- ti piace la pappina? Sì che ti piace. Guarda quanta te ne metto nella
scatoletta... (Esegue) Uh, quanta!...
Andiamo, bella! - Kitty!... (Pausa) Kitty!...
(Una pausa. Si guarda intorno. Comincia a spazientirsi.)
Tanto t'ho capito che stai qui dentro, e dài... - (Una pausa)
Uffa, che palle!...
(Si aggira per il minuscolo spazio. Guarda negli angoli) Kitty?! - (Ascolta.
Silenzio) Kitty!!...
(Un pensiero improvviso. Si volta verso la porta.)
Oh, se ne fosse uscita... (Risolvendo) E io chiudo
tutto, poi me lo racconti te come te la squagli.
Spinge degli scatoloni contro il vano della porta per bloccare l'uscita, almeno rasoterra.
RAGAZZA: E adesso facciamo a chi resiste di più.
(Forte, come a qualcuno) Che?... -
Sì che sta qui dentro, non t'agitare. Mò un attimo che lo faccio venire fuori e siamo a posto. - -
Sì, a posto - non t'agitare. - -
Ma no che non le diciamo niente a mamma, stai tranquilla. Ora, comunque, sistemo qui e ti vado a prendere le medicine. Ce la fai ad aspettare, sì?... - Solo due minuti, il tempo di rimetterla nella gabbia...
Che hai detto? Non ho capito... - Più forte!...
E non posso venire, sennò mi scappa. - - Vabbè, dopo dopo... Ci pensiamo dopo.
(Una pausa. Nuovamente tra sé, guardando le mensole in
alto. Evidentemente pensa che il topo possa trovarsi là. Si solleva sulla punta
dei piedi, e rovista con le dita i ripiani) Dio, la polvere!... (Due,
tre colpi di tosse.
Finalmente, dall'angolo opposto dello stanzino giunge uno squittio. La donna ha
uno scatto e, nell'impeto, si trascina appresso dei libri e qualche rivista) Ah,
è lì che ti sei cacciato, disgraziatissimo!...
(Un successivo squittio, però, la disorienta. Poi, forte...)
Niente, qualche libro...
Sì, un libro che è caduto. Ma cerca di addormentarti, sù. Mica vorrai passare la notte sveglia per questa fesseria e poi domani mi sei uno straccio...
Torna alle sue ricerche. Si muove circospetta, come
intenta a un'azione di caccia in miniatura.
RAGAZZA: Kitty!!...
Si accovaccia in terra. Prova goffamente ad imitare il
verso di un criceto, emettendo un fischio stentato.
Silenzio.
Chiama: "Kitty!". Poi fischia. Ne segue uno squittio.
Incoraggiata, la donna insiste e per altre due o tre volte davvero il criceto
sembra rispondere ai suoi richiami. Poi tace.
RAGAZZA: Però mi senti... Lo senti che ti cerco...
(Fischia. Silenzio.)
Kitty!...
(Silenzio. Fischia. Squittio.)
E' che ciài paura, di' la verità... Ti sei messa nei guai e adesso ciài paura... (Fischia. Silenzio) E fallo 'sto sforzo, sù!... Gua', che se non m'aiuti peggio per te!... (Fischia. Silenzio)
Ma sei scema?!...
(Fischia. Uno squittio. Fischia. Uno squittio.
La donna si blocca.
Stavolta è certa di avere individuato il punto dove dovrebbe essersi nascosto
l'animaletto: sotto un piccolo comodino premuto contro un angolo.
Sbirciando sotto...) Eccolo il maledetto!... Guarda come trema. - E allora vieni fuori se devi stare lì a tremare, no!...
(Almanacca qualcosa. Si muove con cautela infinita.
Va a fare un argine di oggetti tutto intorno al mobiletto.)
Voglio proprio vedere così dove te ne scappi, sono proprio curiosa...
(Terminando il suo lavoro) Ah, non fiati più... - Tanto l'ho capito dov'è che stai. Ci sei riuscita a fregarti con le tue mai, eh!?...
(Facendo quel che dice) Intanto prepariamo per benino qui (la gabbia) ... Eh, beh... presa da cretina anche da un sorcio mi pare troppo.
Una pausa. Poi, d'improvviso, dalla stanza da letto
interna giunge il sonoro di un televisore acceso a volume molto forte.
Potrebbe trattarsi di qualche vendita all'asta.
La ragazza ha un sobbalzo.
RAGAZZA: (Con violenza) E per piacere, spegni quel coso! - L'ho capito: adesso ci vado a prenderti le medicine. Prima dicevi che non ne avevi bisogno e mò cominci?! Tutto a un tratto t'ha preso la smania... Spegni quel coso, Cristo! -
Sì che bestemmio, va bene?... Quanto mi pare, bestemmio! - Spegni quel coso o ne sentirai di peggio!
(Alcuni istanti, poi la TV viene spenta.)
E se ti sembra maniera!... Fossimo tra i selvaggi. Lo so da
me quello che debbo fare. Non sono stata io a dirtelo che te le volevo andare a
prendere?... Fammi prima recuperare Speedy Gonzales e poi scendo.
Basta che non mi dai il tormento.
Torna a dare gli ultimi ritocchi al suo lavoro.
Borbotta qualcosa di inafferrabile.
Una pausa.
Si prepara a spostare il comodino dietro al quale è convinta che si trovi il
criceto. Una breve pausa.
Ancora uno squittio.
Per un attimo la ragazza appare raggiante.
RAGAZZA: E uno, e due... e uno, due... e tre!
(Con uno scatto secco e deciso sposta il mobile quasi
sollevandolo da terra.
La risata le si spegne sulle labbra. L'angolo è vuoto.)
Beh! A che gioco giochiamo?...
(Controlla la piccola diga) Oh, qua buchi non ce ne
stanno.
(Non capendo) O diobbuono, non è possibile... Prima l'ho visto!...
(Arrendendosi ricasca, sconfortata, a sedere per terra) Mi
viene da piangere.
(Gira intorno lo sguardo, smarrita.
Uno squittio; due squittii; tre squittii.)
Ah, ma allora ci sei!
(Si muove svelta sulle quattro zampe) E che vuoi dirmi, eh?... Perché qualcosa me la vuoi dire. Vero che sì?... Magari-magari che ti sei cacciata in un bel casino, vè? - Scommetto che ti sei cacciata in un casino e no-non sai più come tirarti fuori... - E animo, ciccia - Fammelo capire dov'è che stai. - Vuoi farti sentire sì o no?!...
(Fa il verso di prima ma senza ottenere risposta. Butta giù qualche oggetto, a casaccio) Mi fai una rabbia, mi fai.
La donna si blocca. Ha il fiatone. Abbandona la testa fra le spalle, tenendo le braccia puntate in terra sui gomiti. Poi uno squittio e lei ricomincia ad agitarsi, scriteriatamente, con la stessa frenesia di prima.
Silenzio. Si ferma, e di nuovo ricasca a sedere.
Si massaggia le ginocchia indolenzite.)
RAGAZZA: Aspè, aspè... ragionare. - Primo: qui sta e da qui
non esce - questo è poco ma sicuro, a costo, ti giuro!, di buttarlo giù palmo a
palmo 'st'accidenti di coso: potessi morire se non ti faccio saltare fuori!
Ma calmini: ho detto 'ragionare', ragioniamo.
(Attraversata da un altro pensiero) Oh, che poi alla fine la pazienza ha un limite: io ti lascio qui a fare i vermi. Sai che me ne frega a me!...
(Più calma) Ragionare, ragionare. -
Come niente questa mi sta a-a-a... ma che ne so! Magari a soffocare chiusa da qualche parte... - Cavolo, però sta qui! La sento che sta qui. Mi pare allucinante, che la sento... cioè, mò proprio farmela morire sotto il naso, 'sta deficiente!... Fossimo poi... (Fa un gesto come a dire: in uno spazio enorme) ma qui!...
(Per un'idea, alzandosi) Sta' a vedere nei cassetti...
(Andando a controllare) Quelli, piccoli come sono, cianno la maniera di passare dai posti più incredibili.
Apre e richiude a raffica cassetti e cassettini di vecchi
comò sistemati lì dentro.
Poi, dopo che il primo sbocco di collera si è placato, tirando fuori delle
carte ingiallite...
RAGAZZA: E queste?... (Guarda) Ma ti pare?! Sono le mie pagelle, queste. Dimmi te... a cercarle figurati quandomai le avrei trovate!...
(Legge) Lettura: sei. Ortografia: sei. Geometria:
sei... Madonna, un abisso di mediocrità!... Ginnica: sei. (Ripete poco
convinta) Ginnica... (Controlla meglio voltando il foglio) Ah, mi
sembrava roba del fascio: è di mia madre.(Le poggia da un lato e tira fuori,
dal medesimo cassetto, un mucchietto di foto, piccole e dal formato decisamente
desueto. La ragazza legge sul retro) Azi... Aziano, estate trentasette. (Si
corregge) Ventisette. (Una breve pausa) Hai visto però come stava
bene coi capelli sciolti, tutta vamp...
(Accostandosi alla porta per farsi sentire oltre) Nonna!... Ho trovato
le foto che dicevi, almeno mi sembra: quelle della montagna insieme al nonno.
Stavano dentro al comò vecchio nello sgabuzzino. Poi te le porto. Eravate
carini, eravate. E il nonno... Gesù... non l’avevo mai visto così giovane. Ma
lo sai che era davvero bello quanto racconti. Mica male. Ma manco un po’. E’
che io me lo ricordo sempre malato, poveraccio. Come papà. Poveraccio pure
lui. Bah. - (Più tra sé) Poi... ma la lo sai che sembra un po’ Marco...
(Guarda meglio) Anzi, altro che un po’... spiccicato. Oddio... è proprio
Marco. Tale e quale. Chissà se questo significa qualcosa. Cioè, nel senso...
come dire: ecco perché mi faceva tutto quell’effetto. Ma forte. Fortissimo.
Sarà stata l’aria di famiglia. Che fine avrà fatto pure lui?... Uno che mi
piaceva, scomparso. Bah.
Poggia foto e lettere. Apre gli altri cassetti. Vi guarda
dentro.
Alcuni li tira fuori e poi li lascia a terra.
RAGAZZA: ... Niente.
(Va a scrutare nei vari angoli) Kitty!!... Sù, piccina, vieni fuori...
(Con un balzo, ritraendosi inorridita per qualcosa che ha visto) Ah!... Dio, che schifo! Che schifo!
(Ripetendo più volte "che schifo!" istericamente,
si gira e afferra a colpo sicuro un barattolo di insetticita spray.
Volta gli occhi per non guardare e spruzza senza pietà premendo con entrambe le
mani e tenendo le braccia lunghe distese.
S'azzarda a controllare.
Spruzza ancora.
Controlla.
Si capisce che l'insetto, ormai in fin di vita, sta tentando un'improbabile
fuga. Lei ne segue il breve percorso e spruzza di nuovo.
Breve pausa. Lo cerca.
Lo trova ancora vivo e lo finisce con un ultimo, interminabile, getto di spray
che quasi soffoca anche lei.
Tossisce. Mette la testa fuori per riprendere aria.)
(Ripete senza fiato...) Che schifo... Più ne ammazzi e più ne trovi - Dio, che schifo!
Respira. Sembra calmarsi. Una breve pausa.
D'improvviso la ragazza è colta dal pensiero che l'insetticida potrebbe avere
ucciso anche il criceto.
Tende l'orecchio.
Mormora piano e dolce...
RAGAZZA: Kitty?... O santocielo, mica... mica che forse ho un po' esagerato... - Ho esagerato?... - Sei mica un ragno tu... Fossi un ragno... E dài!...
(Fa aria con le mani per disperdere il gas. Controlla la
scritta sul barattolo) Poco dannoso... per animali e persone. (Ripete
poco convinta) Poco dannoso... - (Una breve pausa) E dài!!...
Uno squittio. Lei ha un sospiro di sollievo.
RAGAZZA: Kitty, bella di mamma... Vogliamo farla finita?...
La passeggiatina quotidiana te la sei fatta, ci siamo
divertiti - mò però basta. Ogni bel gioco dura poco per cui adesso... tutti a
nanna!... (Piagnucolosa) E andiamo, cosetto - fammi 'sto favore.
(Si aggira alla cieca. Uno squittio. Silenzio.
Lei non riesce a capire da dove sia giunto il suono.)
Occristo, io divento matta. - (Ha un rigurgito) Tiè!... Pure il panino mi sta tornando sù... (Un altro rigurgito) Ci manca che vomito...
(Un rigurgito più forte che controlla a fatica.
Passano alcuni istanti. Uno squittio, lievissimo.
La donna si accascia scivolando lungo la parete. Tiene una mano premuta contro
la bocca. Ha due rapidi singhiozzi. Emette un lamento sottile. Asciugandosi...)
Ecco, perfetto... non ciò manco bisogno di piangere per farmi venire le
lacrime. (Si tocca la fronte) E pure la febbre.
(Rovescia il capo all'indietro. Respira profondamente ingurgitando aria a
grandi boccate come per regolare il battito cardiaco.)
E proprio oggi mi ci voleva, già con la bella seratina che ciò avuto...
(Uno squittio. Non ci bada.)
Perché ormai, capito?... E' stabilito che tutti gli stronzi di questa terra li debba incontrare io... (Davvero sta per piangere) Ci fanno a gara per venirmi davanti. Ma chi vi cerca? - No, e vengono! E io scema! Scema!...
(Uno squittio. Non ci bada.)
Ah, non c'è che dire! Una vita di quelle proprio... perfette. Lavoro e fregature. Se non è una cosa è l'altra, quando non sono tutte e due insieme.
(Reclina il capo tra i pugni. Trattiene il respiro) A una... a una già gli pare di fare chissacché a non scolarsi una bottiglia di whisky e chi s'è visto s'è visto, (singhiozza) a dire: vabbè, è andata... pace. Poi no, manco questo... Sempre più giù! Sempre peggio... Occristo santo! E mettici la vecchia, e mettici il topo - e questo! E quello!... O porca la miseria!... Ma io qua davvero è la volta che non ci penso mica tanto: apro quella finestra e buonanotte ai suonatori!...
(Singhiozza. Struscia gli occhi contro i pugni serrati.)
Ma perché sempre quest'inferno, accidenti?!... Mi sento come se proprio, che ne so... in un buco, mi sento - che non ne esco più-non ne nesco più... più... più... - Uffa!... (Trattiene il pianto)
E sono io che non ne esco - sono io, altro che 'ste cazzate!
- E sempre così: dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina - un
continuo... Vabbè, colpa mia - chi dice di no?... Io so solo che non ce la
faccio più. Passa, poi, un'estate come m'è toccato a me e ti voglio vedere...
Dice: colpa tua...
(Il suo parlare diventa quasi una sillabazione
impercettibile.
Tace.)
Di nuovo il televisore a tutto volume.
RAGAZZA: (Scattando) E piantala! E ancora ci fai?!... Quante volte te lo debbo ripetere: se t'ho detto che adesso vado a prenderle queste cavolo di medicine vuol dire che ci vado, no!... Me lo vuoi dare solo un attimo di respiro? Manco fossi qui per-per fare il servitore a comando... -
Ci manca solo di svegliare tutto il palazzo, e chiudi!...
(Il televisore viene spento. Lei, tra i denti...) 'Sta cretina!...
La donna muove gli occhi nella penombra.
Uno squittio. La donna non si muove.
Un altro squittio. La donna ancora non si muove.
RAGAZZA: Sì, continua... Se ti credi che ti mollo!... Io ci pianto le tende qui dentro, mica no.
Silenzio. Ascolta. Uno squittio.
La donna, al culmine della sopportazione, si lancia contro le pareti dello
stanzino e comincia a buttar giù di tutto: esili impalcature, ripiani, oggetti.
Franano mensole, libri, riviste, pile di giornali, ecc.
RAGAZZA: (Travolta dal suo raptus) E no! A 'sto punto mi sono proprio rotta! L'hai capito che mi sono rotta? E allora facciamola finita: se devi crepare crepa ma io così non lo sopporto più. O crepi o vieni fuori, ma non ne posso più!
Inciampa tra gli oggetti che, crollando, hanno invaso il
pavimento. Cade. Si ferma in ascolto. Silenzio assoluto. Una pausa.
Poi quasi balbetta...
RAGAZZA: L'ho ammazzato... - L'ho ammazzato io. (Una
breve pausa)
Davvero sì che l'ho ammazzato. - - Kitty!...
Kitty, ti scongiuro fatti sentire. Kitty, rispondi! - Non fare che mò t'ho
ammazzato io. - Tutte 'ste storie, almeno questo no. (Silenzio) Ma dove
sei?... (E cerca tra le macerie)
Stai qui?... Kitty!... Per carità di Dio, fatti sentire... -
E dài, stupidina... già ciabbiano quella più di là che di qua, non ti ci mettere anche tu. - Dico, cos'è? Vuoi farmelo per dispetto?... E sai che dispetto! E' a te che lo fai il dispetto. - Poi, avanti!, chi è... (si asciuga le guance) chi è che cià pensato a cambiarti l'acqua per tutta l'estate, e a pulirti-a pulirti il coso, e a metterti da mangiare? Eh? chi? ... Io sono stata, e adesso ce l'hai con me... ma se ce l'hai con me, me lo devi spiegare perché ce l'hai con me. (Cerca) Se ce l'hai con me.
(Silenzio)
Volevi toglierti di mezzo? Liberissima. Ma no, dovevo essere io. Aspettavi che fossi io, capito?! Che fosse colpa mia. Grazie tante. - -
Kitty, in nome del cielo rispondi!...
Uno squittio. La donna si illumina e si segna con la croce.
RAGAZZA: Gesù sia lodato!... Ma ora con calma, senza perdere la testa.
(Un altro squittio ma più debole dei precedenti.)
Ecco, brava, così... fammi capire dove - ma bene però.
(Di nuovo il televisore.)
(Forte) Io te lo sfascio quel televisore! Giuro che te lo sfascio!
Così dicendo si fa largo furiosamente tra gli scatoloni che sbarrano l'uscita. Scompare per alcuni secondi; poi, sempre con passo deciso, torna impugnando un telecomando che scaglia con rabbia in un angolo.
Ricompone alle sue spalle l'argine che aveva allestito.
Urla fuori...
RAGAZZA: Voglio proprio vedere adesso se la smetti o no!
Da fuori giunge, udibile a stento, la voce di una persona anziana che chiama per due volte: "Enrichetta!..."
RAGAZZA: E sì... "Enrichetta, Enrichetta..." - Enrichetta un corno! Prima fa i casini e poi dice "Enrichetta"!...
Si appoggia con la schiena al muro. Chiude gli occhi.
Inspira. Riapre gli occhi. Tenta di raccapezzarsi. Tira fuori la gabbietta da
sotto un cumulo di cose e la sistema in un angolo.
L'occhio le cade sulle scatolette di mangime sparse per i vari punti dello sgabuzzino.
Le balena un'idea. Va a recuperarle e con strappi rabbiosi le apre versandone
il contenuto in terra.
RAGAZZA: (Spargendo mangime ovunque) Andiamo, bello, vieni a mangiare. Questo ti piace, no?! Vieni a mangiare. -
Si fulmina la lampadina. La cameretta piomba nella
semioscurità.
Unica luce: quella che proviene dal corridoio.
RAGAZZA: Ecco, così stiamo meglio!
Va a smucinare in un angolo della scena. Mette mano a dei
fiammiferi per farsi un po' di luce. Cerca lungo le scansìe, fra le poche cose
che hanno resistito al loro posto. Infine, con chiara soddisfazione, trova su
una mensola in alto quello che cercava: altre lampadine ancora chiuse nelle
loro confezioni.
Controlla, decifrando a fatica le scritte.
RAGAZZA: Due e cinquanta... due e cinquanta... Eh, ecco! - Centoventicinque... centoventicinque... uno, due, tre... e quattro. (Guarda meglio) No, che è?... Due e cinquanta. Tre. (Riponendo le scatole scartate) Queste via. - Perfetto.
Uno squittio.
La ragazza monta su uno sgabello e va a sostituire la lampadina fulminata.
Da fuori, non meno flebile dello squittio, la voce che
chiama "Enrica".
Il richiamo è ripetuto due volte: "Enrica", prima, "Enrichetta"
poi.
Torna la luce.
RAGAZZA: (Venendo giù dallo sgabello) Sì, brava, me la saluti Enrica. - E questa è fatta. Allora... (Battendo le mani) Kitty!...
Kittinabellaunaccidentechetipigliaaaaaa!...
Un colpo e si fulmina anche la seconda lampadina.
RAGAZZA: (Tra i denti) 'Ffanculo, ma che è?...
Ripete l'operazione del cambio lampadina mentre ancora,
da fuori, si sente la voce della vecchia che la chiama.
La luce si riaccende.
Un esilissimo squittio.
La ragazza è stremata. Riprende le ricerche, ma senza speranza ormai.
Salta di nuovo la luce.
Stavolta di gran fretta e senza fiatare, la ragazza si precipita per avvitare
l'ultima delle tre lampadine rimaste.
I suoi gesti sono nervosi.
La lampadina le sfugge e cade esplodendo in terra.
La ragazza crolla giù col volto tra le mani.
RAGAZZA: Non è possibile... Non è possibile...
Signore Iddio, perché ce l'hai con me? Cosa ti ho fatto?...
Una pausa.
La voce chiama "Enrichetta", lei non sembra sentirla.
Silenzio.
Uno squittio che pare un soffio.
RAGAZZA: (Quasi senza più forze) E muori!... Ti prego, falla finita... Sta' zitta! - Perché non vuoi morire? - Lo fai contro di me che non vuoi morire. -
Una pausa. Uno squittio. "Enrichetta!".
RAGAZZA: (Serra le palpebre, si preme i pugni sulle orecchie e preme il capo e le ginocchia contro il petto. Parla piano, quasi a cantilena) Sì, continua continua... "Enrichetta! Enrichetta! Enrichetta!..." - Enrichetta si butta dalla finestra, ecco quello che fa Enrichetta. Questo fa e senza chiamare nessuno. Capito quello che faccio? Io mi ammazzo e non chiamo nessuno. Non rompo le palle a nessuno, io - a nessuno!...
Una breve pausa. Silenzio.
Scosta i pugni dalle tempie. Ascolta. Silenzio.
Apre gli occhi. Silenzio.
Ancora una breve pausa.
RAGAZZA: (Chiamando ma senza fiato) Nonna!... Qui mi sa che c'è poco da fare. Non si sente più niente...
Tanto vale che scendo a prenderti 'ste benedette medicine... -
(Nessuna risposta)
(Più forte) Nonna!!... (Nessuna risposta)
Nonna, m'hai capito quello che ho detto o no? Che adesso scendo...
(Silenzio. Preoccupata si alza ancora chiamando) Nonna!!!...
(Ha uno slancio. Corre presso la soglia inciampando contro vari scatoloni) Ma che ciài pure tu? - Nonna!!!
(Chiamando fuori) Oh!!!... Vuoi rispondermi o no?
Guarda in direzione del probabile corridoio. Si immobilizza. Silenzio. Buio.