La battaglia del Trasimeno

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COMMEDIA IN TRE ATTI DI VINCENZO TIERI

LA BATTAGLIA DEL TRASIMENO

Commedia in tre atti

di VINCENZO TIERI

PERSONAGGI

GIULIA MELEAGRO

LILIANA ARDÈA

RITA DEDALO

 CLAUDIO SOMMA

CORRADO SOMMA

ALAMANNO ALDEGATTI

ASCANIO DÈDALO

UN CAMERIERE

 UN CICERONE.

L'azione si svolge in un albergo di Castiglione del Lago, sul Trasimeno, ai giorni nostri.

ATTO PRIMO

Il salone di un grande albergo a Ca­stiglione del Lago sul Trasimeno. Vi si entra da destra e da sinistra attraverso co­lonnati che lasciano intravvedere salotti, sale di lettura, sale di scrittura; e dal fondo per un'ampia vetrata che dà sul la­go. E' un tardo po­meriggio di settem­bre, ancora estivo, secondo il calenda­rio, ma già ricco di colori autunnali. (Quando si alza la tela, Ascanio Dèdalo e sua nipote Rita sono seduti su due poltrone vicino al proscenio. In una saletta di scrittura, a destra, oltre il colonnato, Clau­dio Somma sta scrivendo alcune lettere).

Ascanio                              - (a Rita) Non capisco perché m'hai fatto venire qui. Siamo qui da ventiquattr'ore, e non si vede anima viva; eccetto quel signore (accenna a Claudio che continua a scrivere) che mi sembra un epistolografo ma­niaco, non un compagno di villeggiatura.

Rita                                    - (alludendo a Claudio) E' il padre di Corrado Somma.

Ascanio                              - Troppo giovane, per essere un padre. Io diffido dei padri giovani. Tuo padre, per essere troppo giovane...

Rita                                    - Zio, non ricominciare.

Ascanio                              - Lasciami ricominciare! Se no, che si fa qua dentro? L'albergo è deserto, il lago deserto; pare deserta l'Umbria intera...

Rita                                    - Tutto si popolerà, vedrai.

Ascanio                              - Per te la popolazione del mondo consiste in Corrado Somma: questa è la verità. E del resto nean­che lui si vede.

Rita                                    - C'è; è in camera sua; lo so. Adesso scen­derà giù.

Ascanio                              - Non ti nascondo che preferirei non ve­derlo. Dopo tutto, la mia situazione di fronte a lui è imbarazzante. Che ha detto? Che ha fatto, perché io sia decentemente incoraggiato a fartelo incontrare? La mia posizione di zio è ridicola. Tu dici di amare un giovane il quale, finora, non ha pronunziato mezza pa­rola che ti autorizzi a ritenerlo un pretendente alla tua mano. E io, che non ho voluto moglie e figli per non avere di queste seccature, eccomi qua, a fare l'accompa­gnatore della presunta fidanzata come se fossi una go­vernante.

Rita                                    - Sta tranquillo, zio: ti leverò presto questo fastidio.

Ascanio                              - E poi il fatto che una donna debba correre dietro a un uomo non mi va, non mi va.

Rita                                    - E' sempre la donna che corre dietro all'uomo e fa finta di lasciarsi scegliere.

Ascanio                              - Cretinerie.

Rita                                    - Nella genziana il filamento femminile s'in­curva fino a raggiungere le capsule del polline.

Ascanio                              - Ma la genziana è una pianta; e per di più una pianta ermafrodita... (Si pente, dice fra sé) Ma vedi un po' che cosa mi fa dire! (Poi, col tono di prima) Tu non sei mica una piantai

Rita                                    - La vita amorosa degli animali non è diversa da quella delle piante.

Ascanio                              - Senti, ragazzina: le tue cognizioni bota­niche non m'interessano affatto. Se il signor Corrado Somma ti vuole, chieda regolarmente la tua mano. E' chiaro? (Si alza) E questo è l'ultimo esperimento ch'io faccio; questa è l'ultima volta che il lago Trasimeno ha l'onore di vedermi sulle sue rive. (Entra dalla sini­stra Corrado Somma, che fa Fatto di attraversare il sa­lone e si ferma vedendo Ascanio e Rita).

Corrado                             - Oh! Buongiorno, Rita.

Rita                                    - Buongiorno, Corrado.

Corrado                             - (ad Ascanio) Buongiorno, commendatore.

Ascanio                              - (freddo) Buongiorno.

Corrado                             - Qual buon vento vi mena da queste parti?

Ascanio                              - (a denti stretti) Già! Un buon vento. Uno di quei maledetti venti che soffiano sul lago Trasimeno dai tempi di Annibale e di Caio Flaminio!

Rita                                    - (rapida, a Corrado) E' stata un'idea mia, sai. Siccome l'altro giorno tu m'hai detto: «Vado a Casti­glione del Lago », ho pensato: «Voglio andarci anch'io ».

Corrado                             - Ah, grazie!

Ascanio                              - (a denti stretti, fra se) Prego!

Rita                                    - Mica per te, sai.

Corrado                             - Allora ritiro il grazie.

Rita                                    - E' vero che io sto sempre volentieri in tua compagnia... vero, zio?.-

Ascanio                              - (c. s.) Purtroppo.

Rita                                    - ...ma più che della tua compagnia mi fido dei tuoi gusti. Figurati che, pur vivendo a Roma, non cono­scevo affatto l'Umbria, e, tanto meno, questa parte estre­ma dell'Umbria verde

Ascanio                              - (c. s.) Finirò col diventare più verde dell'Umbria!

Rita                                    - Ti dispiace, Corrado, di trovarmi qui?

Corrado                             - No. Anzi! C'è anche mio padre. (Segni d'attenzione e di speranza da parte di Ascanio. Corrado chiama) Papà. (Va verso Claudio) Scusa, papà: puoi venire un momento qui? (Si avvicina ancora) Papà, scusa, ti prego.

Claudio                              - (chiudendo l'ultima lettera) Che c'è?

Corrado                             - (a Claudio) Desidero presentarti... (Ac­cenna a Rita e Ascanio).

Claudio                              - Eccomi. (Lascia le lettere sul tavolo, muo­ve verso il proscenio con Corrado).

Corrado                             - (presentando) Mio padre. La signorina Rita Dèdalo. Il commendatore Ascanio Dèdalo.

Rita                                    - Fortunatissima,

Ascanio                              - Piacere.

Claudio                              - (dopo aver guardato Rita, da intenditore, si rivolge ad Ascanio) Padre della signorina?

Ascanio                              - No, zio. (Imbarazzato) Il padre di mia nipote... mio fratello... è all'estero... da molti anni... per affari... E siccome mia cognata è morta... cioè... come dire?... non morta... ma quasi... io mi prendo cura di mia nipote...

Rita                                    - (per cambiare discorso) Non avrei mai Imma­ginato che Corrado avesse un padre così giovane...

Claudio                              - Giovane e, purtroppo, vedovo. Perché mia moglie è morta... morta... completamente, da molti anni.

Ascanio                              - (con un sorriso idiota, per fare dello spirito) Così giovane e già così... vedovo?

Claudio                              - Una volta ho letto su una tomba: « Questa lapide copre mia moglie per la sua pace... e per la mia ». (Guarda Corrado che impallidisce, mentre Ascanio ride in modo idiota) Scherzo, sai. Scherzare, qualche volta, è un modo di soffrire. Tua madre era la più buona, la più bella, la più dolce delle creature che io abbia mai conosciute. (Poi ad Ascanio) Mi esercito, «osi, confon­dendo qualche volta il sacro col profano, a sfrondare mio figlio di alcuni sentimentalismi pericolosi. Mio figlio è troppo sentimentale.

Rita                                    - (rapida) Lo so.

Claudio                              - (guardando Rita e Corrado) Ah, lo sa­pete? (Una pausa) Capisco. (Un'altra pausa) Già! Mi pa­reva strano che, una volta tanto, mio figlio avesse i miei gusti! Io ho detto: «Voglio andare a passare una quindicina di giorni sul lago Trasimeno». E lui: «Oh, guarda: pensavo di andarci anch'io». Capisco.

Rita                                    - Ed è stato proprio lui, che ne ha fatto venire la voglia anche a me... allo zio...

Ascanio                              - (col suo sorriso idiota) Già! Anche a me.

Claudio                              - (rifacendo il sorriso di Ascanio) Capisco! (Un'altra pausa; poi ad Ascanio) Voi siete ammogliato?

Ascanio                              - No. (E poi più debolmente) No... no...

Claudio                              - Io dico sempre a mio figlio: « Non am­mogliarti; per lo meno, non ammogliarti ancora».

Rita                                    - (delusa) E perché?

Ascanio                              - (sforzandosi a essere disinvolto) Perché poi?

Claudio                              - La donna si sposa per entrare nel mondo; l'uomo per ritirarsene. Meglio che l'uomo conosca in tempo il mondo dove sua moglie entrerà.

Corrado                             - (sorridendo) Tu ti sei sposato a vent'anni...

 Claudio                             - Appunto: ho dovuto imparare il mondo a danno di mia moglie. Ti parlo per esperienza. La no­stra esperienza è sempre la storia dei nostri errori.

Rita                                    - Allora, signor Somma, se vostro figlio s'in­namorasse...

Claudio                              - Chi sa quanti matrimoni dovrebbe far l'uomo se dovesse sposarsi tutte le volte che s'innamora! (Una pausa) Ma, intendiamoci bene: in questa materia io dò a mio figlio consigli, non ordini. Sono un padre, come dire?, liberale. Vero, Corrado?

Corrado                             - Verissimo.

Claudio                              - Cacciato dalla politica, il mio liberalismo si è rifugiato tutto nei rapporti familiari. Io e mio figlio viviamo come due fratelli. Questo mi ringiovanisce un poco.

Rita                                    - (a Claudio, per ingraziarselo) Volete essere più giovane di quello che siete?

Claudio                              - (guarda Rita con malizia) Il vostro com­plimento è un atto di buona diplomazia? Oppure vuol dire: l'età che si vorrebbe avere rovina quella che si ha?

Rita                                    - Consideratemi buona diplomatica.

Claudio                              - (ride, guarda Ascanio) Mi rallegro con voi per vostra nipote...

Ascanio                              - (allargando le braccia, come per chiedere scusa) Ragazze moderne...

Claudio                              - Adorabili. Hanno abolito l'ipocrisia. La loro maniera d'ingannare è quella di essere sincere. (Ascanio ripete il suo riso idiota. Claudio si rivolge a Rita per salutarla) Piacere, signorina. E... come dire?... augurii!

Rita                                    - (dandogli la mano) Grazie!

Claudio                              - (ad Ascanio) Augurii anche a voi... (Gli dà la mano).

Ascanio                              - Grazie!

Claudio                              - (a Corrado, come rassegnato) E anche a te...

Corrado                             - (sorridendo) Grazie.

Claudio                              - (con affettuosa ironia) Prego. (Esce rapido per la destra, prende le lettere che aveva lasciate sul tavolo, scompare).

Rita                                    - (commentando) Bellissimo. Affascinante. (A Corrado) Beato te, che hai un padre i così.

Ascanio                              - (a Corrado) Che professione fa?

Corrado                             - Si potrebbe dire: vive di rendita, se oggi vivere di rendita non fosse una fatica da ergastolano. Amministra la sua proprietà; e, se vogliamo essere più sinceri, la lascia amministrare. Dice così: «preferisco farmi derubare da uno solo invece che da cento ». Ah, non si fa illusioni né sulla vita né sugli uomini. Spe­riamo non se ne faccia nemmeno sulle donne, malgrado la sua... esperienza. (Passa dalla sinistra verso destra Liliana Ardèa, che prima di uscire si volta a guardare con l'occhialino. Corrado, che l'ha vista, prosegue). Ecco, per esempio...

Liliana                                - (fingendo sorpresa) Oh, Corrado. Siete qua!

Corrado                             - (si alza, le va incontro) Buongiorno, si­gnora.

Liliana                                - Buongiorno. Come mai da queste parti?

Corrado                             - Son venuto a passare sul lago qualche gior­no con papà.

Liliana                                - Ah, c'è anche vostro padre?

Corrado                             - Sì, signora.

Liliana                                - Che piacere! E dov'è?

Corrado                             - Credo che sia andato a impostare delle lettere.

Liliana                                - Lo raggiungo subito. Ho tanto desiderio di vederlo. Con permesso. (Esce per la destra).

Corrado                             - (ritornando presso Rita e Ascanio) Quella signora, la signora Liliana Ardèa, è appunto una vec­chia amica di papà...

Ascanio                              - (adombrandosi) Amica...?

Corrado                             - Amica. Alla francese.

Rita                                    - Che vuol dire alla francese?

Corrado                             - (guardando Ascanio) Debbo spiegarglielo?

Ascanio                              - Come volete. Tanto, lei conosce la... bo­tanica.

Rita                                    - Ah, ho capito.

Ascanio                              - (ironico, a Corrado) Ecco.

Corrado                             - E che c'entra la botanica?

Ascanio                              - (scrollando le spalle) Dunque, dicevate...

Corrado                             - Non so più. Ah, ecco! Quella signora è sempre dov'è papà. Per caso, naturalmente. Credo che lui ne sia un po' seccato. Papà è un po' volubile in fatto di amicizie femminili, ma ormai da anni se la trascina dietro, forse illudendosi che lei lo ami. Non credo che l'ami. Credo che abbia semplicemente bisogno di lui.

Ascanio                              - (con tono solenne di deplorazione) E... la conduce con sè.„ anche quando ci siete voi?

Corrado                             - Ah! Ma ufficialmente io non so niente. Papà è un uomo discreto. Ne io mi occupo dei fatti suoi, ne lui dei miei. Ognuno di noi, magari, sa quello che fa l'altro; ma...

Ascanio                              - (sarcastico) Purché siano salve le forme...

Rita                                    - Del resto, mio Dio, è così giovane; è vedovo... Dal momento, poi, che al figlio lascia tutta la sua liber­tà... non hai sentito? Anche quella di ammogliarsi...

Ascanio                              - (guardando Corrado, con intenzione) Perché? Avete intenzione di ammogliarvi?

Corrado                             - Può darsi. Appena avrò finito l'ultimo anno d'ingegneria, può darsi che...

Ascanio                              - (c. s.) Siete già... fidanzato?

Corrado                             - No. Forse... innamorato...

Rita                                    - (con malizia) E.- di ehi?

Corrado                             - (si alza, dice ambiguamente) Di una...

Rita                                    - Bruna o bionda?

Ascanio                              - (imbarazzato, alzandosi anche lui) Mi ri­cordo che debbo scrivere delle lettere anch'io. Con per­messo. (Esce rapido per la destra, senza fermarsi nella sala di scrittura).

Corrado                             - Ciao, Rita.

Rita                                    - Te ne vai?

Corrado                             - Ci vedremo stasera. Adesso ho da fare.

Rita                                    - Che cosa?

Corrado                             - Tante cose.

Rita                                    - Io son venuta qua per te.

Corrado                             - Me l'hai detto. Te ne ringrazio.

Rita                                    - Me ne ringrazi, e basta?

Corrado                             - (nervoso) Ma forse hai fatto male , a ve­nire qua.

Rita                                    - Tu l'hai voluto.

Corrado                             - Che cosa? Che tu Venissi qua?

Rita                                    - M'hai detto: «Vado a Castiglione del Lago, al Grande Albergo ».

Corrado                             - Ma io ci son venuto per... potere stare qualche giorno vicino a papà. Non lo vedo mai. Ho biso­gno, di lui. Lui m'ha detto: « Vado a Castiglione », perché, come hai visto, aveva da... incontrare la signora Ardèa; e io... ne ho approfittato.-

Rita                                    - Ah! Questo è tutto?

Corrado                             - Mi dispiace dell'equivoco, sai. Io sto molta volentieri con te; .«ma non immaginavo...

Rita                                    - (si alza) Sta bene! Domani partirò.

Corrado                             - Per me... se vuoi rimanere...

Rita                                    - A far che? A continuare la finzione di non essere capita?

Corrado                             - Non capisco... codesta finzione...

Rita                                    - Addio. (Esce rapida per la destra).

Corrado                             - (la segue con lo sguardo; poi alza le spalle; poi fa l'atto di avviarsi -verso il fondo. Dalla sinistra entra Giulia Meleagro).

Giulia                                 - Andate al lago?

Corrado                             - (si ferma, la guarda con gli occhi pieni di luce) Oh! (Le va incontro, le 'baciai la mano) Crede­vo che ci foste già voi al lago.

Giulia                                 - No, non ci sono andata. Voi sapete che ho un... tutore.

Corrado                             - (triste) Vorrei che non lo aveste...

Giulia                                 - Perché? Credete che...? (Vuol dire: « che sia il mio amante »?) Oh, no. Mi accompagna. Ha bisogno della mia compagnia. E siccome io, a mia volta, ho bi­sogno di...

Corrado                             - (nervoso) Di che cosa? Siete sempre sul punto di dire questa parola, che mi offende e mi esa­spera soltanto perché non la dite! Avanti, ditela. Di denaro? Non so come una donna della vostra razza possa sopportare la compagnia, sia pure innocente, di un uomo vecchio e laido, per...

Giulia                                 - Oh! Laido, poi…

Corrado                             - Laido, laido! Un uomo vecchio è sempre laido vicino a una donna giovane. Io, sì, potrei darvi tutto il denaro che voleste, senza offendervi, perché io vi amo.

Giulia                                 - Non credete che mi offenderebbe di più il denaro dell'uomo che mi ama?

Corrado                             - Giulia, io non vi capisco.

Giulia                                 - (sorridendo) Vuol dire che mi amate. Si ama quello che non si capisce.

Corrado                             - Ebbene vi amo e non vi capisco. Se voi foste mia moglie...

Giulia                                 - Ma non lo sono.

Corrado                             - Vi offendereste di ricevere il mio denaro, se foste mia moglie?

Giulia                                 - Non lo sono.

Corrado                             - Allora... vuol dire che... sareste pronta a diventarlo...

Giulia                                 - Come correte! Intanto, per ora, io ho per voi dell'attrazione, della simpatia: niente di più. Ma voi non pensate a me come alla probabile vostra moglie; e mi rendo conto che, dopo tutto, avete le vostre buone ragioni. Voi, per ora, pensate a me come alla vostra probabile amante... Non è così?

Corrado                             - E' una distinzione formale.

Giulia                                 - Per voi, non per me. Io sono donna, sia pure con... un passato...

Corrado                             - Non me ne importa niente.

Giulia                                 - Di me?

Corrado                             - Non giocate con i miei nervi. Non m'im­porta niente del vostro passato.

Giulia                                 - Il che vuol dire che sareste disposto a spo­sarmi? (Una pausa) Ecco: non rispondete. Voi pensate a me come alla vostra probabile amante, e non ammettete che dal mio amante io non potrei accettare mai del denaro. E' una sfumatura che ha la sua importanza. Il matrimonio è un contratto: ma l'amore... è una libera elezione.

Corrado                             - Di modo che io vi amerò sempre per niente... così...

Giulia                                 - Non è più bello?

Corrado                             - Mia amante non volete diventare, perché avete bisogno di denaro e non potreste accettare il mio. Vi propongo di sposarmi, e voi mi dite: « Come cor­rete ».

Giulia                                 - Non ho mai avuto da voi una formale pro­posta di matrimonio.

Corrado                             - (disperato) Eccola la proposta: sono pronto a sposarvi.

Giulia                                 - Dimenticando... il mio passato?

Corrado                             - (esasperato) Ma perché me lo mettete sem­pre sotto gli occhi questo passato?

Giulia                                 - Lo porto con me: è la mia ombra.

Corrado                             - Io non voglio pensarci, voglio dimenti­carmene.

Giulia                                 - Bisognerebbe che vi dimenticaste di me.

Corrado                             - Sentite. Giulia. Io non sono più un ragazzo, ho conosciuto altre donne, qualche volta mi sono anche innamorato di altre donne; nemmeno io arrivo a voi senza ombra, come voi dite. Ebbene questa volta mi son guardato bene dentro, ho soppesato le ragioni favo­revoli e quelle contrarie, ho giudicato con obbiettività i miei sentimenti...

Giulia                                 - Badate che l'amore non è obbiettivo. L'amore è una passione: tra passione e obbiettività c'è contraddizione in termini...

Corrado                             - Volete irritarmi, Giulia?

Giulia                                 - Siete già irritato.

Corrado                             - Allora volete divertirvi?

Giulia                                 - Siete un ragazzo che non vuol riconoscere di esserlo. Nei vostri sentimenti io non trovo né sufficiente ordine per fidarmene, né sufficiente disordine per lasciar­mene prendere.

Corrado                             - Voi mi avete dato delle speranze.

Giulia                                 - E non ve le tolgo.

Corrado                             - Credete che l'amore possa vivere a lungo di speranza ?

Giulia                                 - Non lo so, perché non ho mai sperato più di quanto non abbia ottenuto.

Corrado                             - Giulia! Ma io son venuto qua per voi; voi avete voluto che ci venissi.

Giulia                                 - E' vero. Vi dispiace che mi piaccia la vostra compagnia?

Corrado                             - Insomma, vi servo come un giullare, come un pagliaccio.

Giulia                                 - No. Mi servite per ricordarmi di essere gio­vane. Voi conoscete, almeno di vista, l'uomo con il quale io vivo...

Corrado                             - Ecco: è il vostro amante.

Giulia                                 - Ho gusti meno depravati. Ve l'ho detto: colui che io chiamo il mio tutore è semplicemente, come dire?, il mio cassiere.

Corrado                             - Nessun uomo si assoggetterebbe a essere il «cassiere » di una donna come voi».

Giulia ;                               - Grazia!

Corrado                             - ... a meno che…

Giulia                                 - Ecco, appunto: a meno che…. Gli «a meno che » possono essere tanti.

Corrado                             - E voi? (Vuol dire: « Vivreste senza amore » ? ).

Giulia                                 - Sono... fidanzata. Per esempio, la vostra fidan­zata... Il fidanzamento serve alla conoscenza reciproca dei futuri... sposi.

Corrado                             - Siete adorabile e irritante: ecco come siete. (Le si avvicina, fa l'atto di abbracciarla).

Giulia                                 - (schermendosi) Ah! Non si la.

Corrado                             - Nemmeno tra fidanzati?

Giulia                                 - Soprattutto tra fidanzati.

Corrado                             - Bel modo di conoscersi, allora.

Giulia                                 - Conoscersi equivale a non amarsi.

Corrado                             - Un mostro! Ecco che cosa siete: un mostro di crudeltà (Una pausa).

Giulia                                 - Be', adesso andate. Può scendere il mio tutore.

Corrado                             - (infantile) E dove vado?

Giulia                                 - Dove volete.

Corrado                             - Non voglio che mio padre mi veda in queste condizioni.

Giulia                                 - Ah, c'è vostro padre?

Corrado                             - Sì.

Giulia                                 - C'era già?

Corrado                             - No. E' venuto stamattina con me,

Giulia                                 - E perché è venuto proprio qui?

Corrado                             - Si vede che questo luogo piace alla sua amica.

Giulia                                 - Ha un'amica?

Corrado                             - Tutti hanno un'amica. Solo io non ne ho. Perché io ho avuto la sventura d'innamorarmi di una donna insensibile, di una creatura senza cuore. Ha ragio­ne mio padre. Non bisogna innamorarsi.

Giulia                                 - Ma anche lui ha un'amica: me lo avete detto voi.

Corrado                             - Avere un'amica non vuol dire amarla. Co­munque sono fatti suoi. I padri sono come i confessori: bisogna fare quello che essi dicono, non quello che essi fanno.

Giulia                                 - Intanto voi avete fatto quello che fa lui: siete venuto qui.

Corrado                             - Non sapevo che egli venisse qui. Ero an­dato a chiedergli il permesso di venire qui, e lui mi ha preceduto. Così non mi fosse mai venuta l'idea di obbe­dirvi! (Guarda attraverso la vetrata del fondo) Eccolo là, è lui. Viene da questa parte.

Giulia                                 - (guardando anche lei) Ah, ma io debbo averlo visto altre volte. Non sapevo che fosse vostro padre. Non vi somiglia affatto.

Corrado                             - (muovendo verso la destra) Se continuate a comportarvi così, farò di tutto per assomigliargli.

Giulia                                 - E che fate? Ve ne andate? Avete paura?

Corrado                             - Già! Come se fosse un orco. Sapeste quanto è liberale!

Giulia                                 - E allora?

Corrado                             - Preferisco che non sappia i miei fatti in­timi; oppure che, sapendoli, abbia l'obbligo di far finta di non saperli. (Sta per uscire).

Giulia                                 - Ma un momento! Non entra qui. S'è fermato.

Corrado                             - Come siete cattiva! Mi trattenete per far­mi soffrire? Badate, Giulia! Badate! Io sono capace di commettere qualche pazzia!

Giulia                                 - Non aspetto di meglio!

Corrado                             - Ah, sì? (Si lancia su di lei per abbrac­ciarla. Ma dalla sinistra vede, nell'interno. Alamanno Aldegatti. Si ferma).

Giulia                                 - (ride) Che c'è? (E guarda anche lei verso la sinistra).

Corrado                             - (a denti stretti, allontanandosi) Ma chi sa che un giorno o l'altro non mi decida a provocare uno scandalo! (Esce per la destra).

Giulia                                 - (muovendo verso la sinistra, ad Alamanno) Non hai potuto dormire? (Entra Alamanno. E' un uomo di cinquantacinque anni, molto ben vestito, robusto ma stanco, nervosissimo, ammalato di esaurimento nervoso).

Alamanno                          - (rispondendo a Giulia) C'è un tale si­lenzio in questo albergo, ch'è impossibile dormire.

Giulia                                 - Se tu me l'avessi detto, sarei venuta io a fare dei rumori. (Sorride) Dove vai? Al lago?

Alamanno                          - Sì.

Giulia                                 - Vuoi che t'accompagni?

Alamanno                          - No. Grazie. Tu sai che il medico me l'ha proibito.

Giulia                                 - Ma non ti ha mica proibito di lasciarti ac­compagnare!

Alamanno                          - Ancora per un mese bisogna che eviti tutte le occasioni.

Giulia                                 - Anche le occasioni all'aperto? (Ride).

Alamanno                          - (nervosissimo) Non tormentarmi, Giulia!

Giulia                                 - (premurosa, carezzevole) No, no, no! Cal­mati. Ridevo per distrarti.

Alamanno                          - (c. s.) Io solo conosco i modi di di­strarmi!

Giulia                                 - (c. s.) E' giusto, è vero. Non ti affaticare. Fa quello che vuoi.

Alamanno                          - (la guarda) Così potessi veramente fare quello che voglio! Vampiro!

Giulia                                 - (con civetteria) Mi rimproveri il mio amore?

Alamanno                          - (quasi piangendo) Non te lo rimprovero: lo rimpiango...

Giulia                                 - Ma andiamo! Si rimpiange una cosa perduta. Tu non hai perduto affatto il mio amore...

Alamanno                          - Lo spero.

Giulia                                 - Hai preso la medicina?

Alemanno                          - Sì. E ho guardato anche il conto della sarta che tu ti sei dimenticato vicino alla medicina.

Giulia                                 - (ipocrita) Oh, che sventata! Mi dispiace che, prendendo la medicina, tu abbia dovuto occuparti di que­ste cose...

Alamanno                          - T'ho lasciato il doppio di quello che ti serve per pagarlo.

Giulia                                 - Grazie. Non ti amerò mai abbastanza per ripagarti di tanta generosità...

Alamanno                          - A più tardi. (Si avvia verso la destra}.

Giulia                                 - Dove vai, caro? Non hai detto che andavi al lago?

 Alamanno                         - Ah già! (Si    - (erma perplesso) Mi dimen­tico sempre di tutto...

Giulia                                 - (con ipocrita gratitudine) Meno di quello ehe mi riguarda...

Alamanno                          - (come fra se) Mi pareva di dover fare qualche altra cosa, prima.»

Giulia                                 - Che cosa, caro?

Alamanno                          - Ah, già! Volevo dire al portiere che quando arriva la macchina...

Giulia                                 - (premurosissima) Ho capito, ho capito. Non ti disturbare. Vado io. Dirò al portiere che quando ar­riva la macchina la mandi a Castiglione per quelle com­pere che sa l'autista. E' così?

Alamanno                          - Grazie, cara. Più tempo passa, « più mi accorgo che non potrei vivere senza di te!

Giulia                                 - (con civetteria) Né tu senza di me; ne io senza di te. (Esce rapida per la destra. Lentamente Ala­manno si avvia verso il fondo; e, prima ch'egli vi arrivi, entra dal fondo Claudio).

Claudio                              - Oh, Alamanno! Anche tu qui?

Alamanno                          - (lo guarda) Claudio? Claudio Somma?

Claudio                              - Be'? Non mi riconosci?

Alamanno                          - Sai, anche la vista mi si è indebolita un poco...

Claudio                              - Anche la vista? E che altro?

Alamanno                          - Come? Non sai?

Claudio                              - Io no.

Alamanno                          - Da qualche mese, ho una forma allar­mante di esaurimento nervoso.

Claudio                              - Oh, perbacco. E come mai?

Alamanno                          - (con un sorriso orgoglioso) Eh! L'amore.

Claudio                              - L'amore?

Alamanno                          - Ora non posso affaticarmi a raccontarti tutto. Ti dirò un'altra volta. Tu stai qui?

Claudio                              - Sì, a riposare.

Alamanno                          - Vecchio dongiovanni! Anche tu, l'amore?

Claudio                              - (con orgoglio) Oh, io...

Alamanno                          - Quanti anni hai adesso?

Claudio                              - Non ho ancora né quelli del mio bosco né quelli del mio vino né quelli dei miei libri.

Alamanno                          - Sei solo, qui?

Claudio                              - Quasi. E tu?

Alamanno                          - Anch'io quasi. Ma non per colpa della mia compagna... Eccola. (Entra dalla destra Giulia).

Giulia                                 - Tutto fatto.

Alamanno                          - Giulia, lascia che ti presenti il mio vec­chio amico Claudio Somma. La signorina Giulia Meleagro.

Claudio                              - Piacere.

Giulia                                 - Piacere. (Entra dal fondo Liliana).

Liliana                                - Oh, Somma! Dove v'eravate cacciato?

Claudio                              - (presentando) La signora Liliana Ardèa. La signorina Giulia Meleagro. Il signor Alamanno Aldegatti. (Scambio d'inchini).

Liliana                                - (a Claudio) M'ha detto vpstro figlio che voi eravate qua. E vi cercavo.

Claudio                              - Grazie.

Alamanno                          - Con permesso. Io vado. Se mi sento me­glio, ci vedremo stasera.

Claudio                              - Ciao, Alamanno. (Alamanno si inchina a Liliana, che risponde con un inchino, e si avvia verso il fondo).

Giulia                                 - (ad Alamanno) T'accompagno fino al can­cello.

Alamanno                          - Grazie. (Esce con Giulia),

Claudio                              - (a Liliana) Troppa fretta, vedi. Manchi di misura. Bisognava che ci vedessimo non prima di do­mani.

Liliana                                - Così volevo fare. Ma ho incontrato tuo figliò.

Claudio                              - Dovevi far di tutto per non incontrarlo.

Liliana                                - E come? Chiudendomi in camera a far la prigioniera? Del resto, tu sai benissimo che tuo figlio sa tutto, oramai.

Claudio                              - Che lo sappia è un conto; che glie lo dica io, è un altro.

Liliana                                - Claudio, tu sei stanco di me.

Claudio                              - Ma no, cara. Non stanco. Seccato. Scoc­ciato.

Liliana                                - (con le lagrime agli occhi) Villano!

Claudio                              - Ma non seccato e scocciato di te; ma no! Scocciato di quello che mi capita. Ho scoperto che mio figlio è innamorato. S'è innamorato di una signorina-Rita Dèdalo... non so come si chiami...

Liliana                                - E che c'entro io?

Claudio                              - Appunto, tu non c'entri. C'entro io. Tu sai che non voglio che mio figlio si sposi. Questo imbecille! Si cerchi delle amanti, si prenda le mogli degli altri! Che bisogno c'è di sposarsi?

Liliana                                - Faccia come te, insomma...

Claudio                              - Liliana, non ti ci mettere anche tu, adesso. Io già sono stato ammogliato una volta, ho ben dato il mio contributo alla più licenziosa delle istituzioni umane.

Liliana                                - Licenziosa l'istituzione del matrimonio?

Claudio                              - E che c'è di più licenzioso che essere ac­compagnati in un'alcova da una folla di gente e perfino dai propri genitori? Io, come genitore, desidererei non occuparmi di queste cose, ecco. Preferisco l'amore se­greto.

Liliana                                - L'amore senza responsabilità...

Claudio                              - Senza la responsabilità delle corna; hai capito? La legge di Mosè, almeno, condannava a morte la donna adultera; i locresi le strappavano gli occhi; gli egiziani le tagliavano il naso. Ma noi che cosa le fac­ciamo? Ridiamo alle spalle di suo marito.

Liliana                                - Ma nessuno ride più alle spalle di un ma­rito tradito. Nemmeno chi lo tradisce. La verità è che la posizione di suocero invecchia un poco ; e tu hai paura d'invecchiare. In nessun uomo il trapasso da un'età all'altra è stato più drammatico che in te. Sei peggio di una donna, in questo. Non sai invecchiare. Saper invec­chiare è segno di saggezza, e tu non sei saggio.

Claudio                              - Vattene, Liliana.

Liliana                                - Me ne vado. Ma forse il matrimonio di tuo figlio ti gioverà. Ti gioverà a renderti più serio, non foss'altro che per pudore.

Claudio                              - Infatti sono così poco serio che mi ostino a prendere sul serio te: fino al punto di prometterti qualche volta anche il matrimonio.

Liliana                                - (con tristezza) Io so, ormai, qual'è la mia funzione presso di te.

Claudio                              - Una funzione lugubre. Quella di colui che in certi conventi ammonisce ora per ora: «Ricordati, fratello, che devi morire ».

 Liliana                               - Io sono il paravento dei tuoi errori. Salvo le apparenze, sopratutto agli occhi di tuo figlio. Chi può pensare che alla tua età, avendo un'amante, tu possa es­sere sempre alla ricerca di un'altra? Ho la pelle-radio, io!

Claudio                              - Non sapevo che Marconi facesse le me scoperte nelle rughe delle donne.

Liliana                                - Ho sentito subito, poco fa, la presenza della mia nuova rivale.

Claudio                              - (colpito) Che cosa?

Liliana                                - Ma io sono come la buona moglie, anche se « futura » moglie. Ti aspetto. Ti ho sempre aspettato. (Parlando è già arrivata alla porta del fondo. La porta si apre. Appare Giulia, che fa l'atto di lasciare il pass» a Liliana).

Giulia                                 - Prego.

Liliana                                - (con intenzione) Oh, per carità! Dopo di voi.

Giulia                                 - Grazie! (Entra. Liliana esce. Giulia fa alcuni passi verso Claudio, che l'ha sentita, ma, pur aspettan­dola, non si muove; poi dice) Avevate minacciato di non venire; ma siete venuto.

Claudio                              - (mentendo, come farà poi quasi sempre per non mostrarsi innamorato) Sono venuto per caso. Mio figlio voleva incontrare qui la sua fidanzata, e allora...

Giulia                                 - Ah, è fidanzato vostro figlio?

Claudio                              - Quasi. Alla stessa maniera che sua suocera è quasi morta.

Giulia                                 - E di chi è fidanzato?

Claudio                              - Di una signorina, che io ho conosciuta qui, poco fa.

Giulia                                 - (scrollando le spalle) Sarà.

Claudio                              - Non sarà. E'. Per che cosa, dunque, sarei venuto sul lago Trasimeno?

Giulia                                 - Perché ve l'ho detto io.

Claudio                              - Vi consiglio di non farvi illusioni. Non siete la sola donna che mi piaccia, perché io debba seguir voi a preferenza di tutte le altre. Del resto, voi non mi avevate neanche detto di essere l'amica di un mio amico. Soltanto oggi ho appreso che vivete insieme con Ala­manno Aldegatti. Io non ho l'abitudine di fare ai miei amici quello che dai miei amici non vorrei mi fosse fatto.

Giulia                                 - Ottima regola evangelica.

Claudio                              - E ora poi, mi pare di aver capito che siete una donna... come dire?.., corrosiva. Quel povero Ala­manno mi ha fatto pena. Io, come avrete visto, ho un'a­mica calma, giudiziosa, riposante. Non sono più un ra­gazzo, per aver bisogno di... complicazioni.

Giulia                                 - (pensando a Corrado) E' curioso: gli uomini dicono « non sono più un ragazzo » o quando sono troppo giovani o quando non lo sono più.

Claudio                              - (toccato) Ecco: appunto.

Giulia                                 - E' una civetteria tanto giovanile quanta se­nile. Ma voi parlate come se mi congedaste; come se foste troppo sicuro di voi.

Claudio                              - Lo sono, infatti.

Giulia                                 - Eppure la prima mossa è partita da voi, non da me.

Claudio                              - Quale mossa?

Giulia                                 - Quella sera, al Pincio...

Claudio                              - Voi mi guardavate con tanta insistenza...

Giulia                                 - Si guarda per tante ragioni...

Claudio                              - Io sono abituato a essere guardato per unaragione sola.

 Giulia                                - (ironica) Oh, oh! E poi la sera seguente, a Via Veneto...

Claudio                              - Io vado spesso a Via Veneto.

Giulia                                 - E poi la terza sera, all'Excelsior.

Claudio                              - C'era una festa. Ero invitato.

Giulia                                 - E poi la quarta all'Opera...

Claudio                              - Si dava un'opera di "Wagner. Io sono come la signora Watton: preferisco la musica di Wagner, perché è tanto rumorosa che ci si può parlare ad alta voce senza che nessuno senta quello che ci diciamo.

Giulia                                 - Infatti mi parlavate ad alta voce. Vi ho do­vuto perfino richiamare, perché qualcuno, vicino a noi, incominciava a tendere le orecchie. Avevate scelto la poltrona vicino alla mia, perché già la sera precedente mi avevate chiesto il numero della mia poltrona. Forse l'avevate pagata il doppio, per averla.

Claudio                              - No. Me l'aveva regalata un abbonato, che quella sera non poteva andarci.

Giulia                                 - Il conte Bersabea. Infatti egli era nel palco del Circolo, dove normalmente dovevate essere voi.

Claudio                              - Be', insomma, sì, vi ho corteggiata. Alle donne piace di essere corteggiate. Vi ho corteggiata per farvi piacere.

Giulia                                 - Quello che io volevo dimostrare.

Claudio                              - Che dimostrazione faticosa! E a che serve?

Giulia                                 - Serve a stabilire che voi avete l'aria di sop­portarmi; ma dopo avermi corteggiata. Mi pare che voi siate di quegli uomini i quali credono di poter conqui­stare le donne con l'indifferenza e magari col disprezzo. Siete quello che si dice un uomo vissuto. Gli uomini vissuti, in fondo, credono di sapere tutto sulla donna quando hanno imparato quella norma banale che para­gona la donna all'ombra: «se la segui ti fugge, se la fuggi t'insegue ». Una norma da asilo infantile, da giar­dino pubblico dell'amore.

Claudio                              - Avete finito?

Giulia                                 - No.

Claudio                              - Nemmeno di dirmi delle insolenze?

Giulia                                 - Prima che vi abbia restituite tutte le vostre, ce ne vuole! Ma, tirate le somme, la posizione vostra di fronte a me è la seguente: voi mi avete corteggiata cre­dendomi una donna leggera: e, infatti, poi, non sono mica così pesante da non poter essere portata a braccia su un letto a due piazze o magari a una piazza sola. Sol­tanto vi siete accorto che, trasportata su quel mobile comodo e riposante se non proprio riposato, io sono di quelle donne che vi si fermano. Ho il gusto delle lunghe soste. Non mi piace di cambiare, almeno per molto tempo. E siccome voi, evidentemente, siete per le avventure ra­pide, quelle che non lasciano traccia - o almeno si spera non lascino traccia - fate finta di ritirarvi, per vedere... che cosa succede. E' così?

Claudio                              - Mica male, il vostro studio psicologico! Ma non riguarda me. Io vi ho corteggiata, e me ne sono pentito: nient'altro.

Giulia                                 - Ve ne siete pentito; ma siete venuto sul Trasimeno. (Entra dalla destra un cameriere con il ci­cerone).

Il Cameriere                       - Permesso?

Claudio                              - Ah, venite.

Il Cameriere                       - Ecco il cicerone che cercavate, si­gnore. .

Claudio                              - Grazie.

Il Cameriere                       - E' il migliore del luogo. Con per­messo. (Esce).

Claudio                              - (al cicerone) Io vorrei cominciare a visi­tare il Trasimeno domani mattina.

Il Cicerone                         - Senz'altro. A che ora?

Claudio                              - Alle dieci, non prima.

Il Cicerone                         - (rapidamente) Incominceremo dal lago, ch'è il più grande specchio d'acqua dell'Italia peninsu­lare, il quarto per estensione in tutto il paese, di ben poco inferiore a quello di Como...

Claudio                              - Per carità! Mi direte tutto domani.

Il Cicerone                         - E poi, se alla signora non dispiace, ci fermeremo al lato nord, tra Passignano e il Monte Gualandro, dove, nel 217 avanti Cristo, si svolse una delle più celebri battaglie dell'antichità: la battaglia del Tra­simeno...

Claudio                              - Ma sì, ma sì! Domani.

Il Cicerone                         - Bene, signore. A domani. (Esce).

Claudio                              - (a Giulia) Come vedete, il cicerone vuol dedicare a voi la visita di quello che fu il teatro della battaglia del Trasimeno. Vi ricordate di quella battaglia?

Giulia                                 - (ironica) Oh, Dio, io non c'ero. (Poi, pun­gente) E voi?

Claudio                              - (ironico) Forse ero appena nato           - Siete contenta?

Giulia                                 - Io indovino come eravate voi da ragazzo.

Claudio                              - Bene. Sentiamo.

Giulia                                 - Eravate ansioso, focoso, impaziente, irrita­bile, e anche un po' indeciso...

Claudio                              - Esattamente. Siete brava.

Giulia                                 - Poi avete educato il vostro carattere alla impassibilità, al calcolo, a un modo di guerreggiare astuto e prudente... come, mettiamo, il modo di Annibale nella battaglia del Trasimeno...

Claudio                              - Ah, ah! Non cominciamo a fare paralleli storici. Vi avverto che io non ho affatto ricordi scola­stici. Non vado più a scuola da...

Giulia                                 - Da quanti anni?

Claudio                              - Dai tempi di Annibale. Siete contenta?

Giulia                                 - Tuttavia adesso incomincia la parabola di­scendente. Il vostro carattere ritorna alle sue origini. Invecchiando - scusate la crudezza delle parole - si rim­bambisce.

Claudio                              - Vi potrei rispondere: «lo sapete per espe­rienza? ». Ma siete così giovane...

Giulia                                 - Rispondetemi come volete. Nelle donne l'e­sperienza è sostituita dall'intuito. Un anno di vita, per le donne, vale sette, come per i cani...

Claudio                              - Voi vedete che il paragone zoologico non è mio.

Giulia                                 - Le donne hanno un'altra qualità dei cani: il fiuto.

Claudio                              - Lo so, lo so.

Giulia                                 - Certo sapete molte cose; ma molte altre no.

Claudio                              - Dei cani?

Giulia                                 - Dei cani e delle donne.

Claudio                              - Non ho nessun desiderio d'impararle. Ci rinunzio.

Giulia                                 - Non rinunzio io, insegnarsele.

Claudio                              - Ah, è una sfida?

Giulia                                 - Sì.

Claudio                              - Un duello?

Giulia                                 - Una battaglia.

Claudm                              - La battaglia del Trasimeno. (Entra dalla destra Corrado).

Corrado                             - Papà.

Claudio                              - (tranquillissimo) Vieni, vieni. (Poi, presen­tando) Mio figlio. La signorina... Giulia Meleagro. (Cor­rado e Giulia sì salutano con un lieve inchino. Poi Clau­dio, rivolto a Corrado, continua) Dimmi.

Corrado                             - Ho sentito che domani mattina incominci la visita del lago. Se non ti dispiace, vengo con te.

Claudio                              - Figurati, caro. Te lo avrei detto io. (Poi, malizioso) Vieni, probabilmente, con la signorina Dè­dalo...

Corrado                             - (imbarazzato) Ma... non so che cosa tu vo­glia dire...

Claudio                              - Niente che non sia... dicibile. Tu sei ve­nuto qua per lei... no?

Corrado                             - (imbarazzatissimo, sogguardando Giulia) Non posso... negarlo.

Claudio                              - Ebbene? Perché Io dici con quel tono? (Poi a Giulia) Mi pare che mio figlio si sia innamorato. (Poi a Corrado) Non è indiscreto che io dica questo alla signorina. La signorina è... la compagna di un mio intimo amico, che ho ritrovato qui, oggi, dopo qualche anno... E' naturalissimo che all'età tua ci si innamori. E' perfino naturale che ci si sposi, dal momento che gli uomini non hanno la saggezza delle rane di Esopo.

Giulia                                 - E qual'era la saggezza delle rane di Esopo?

Claudio                              - Miravano a un po' d'acqua; ma non vole­vano saltare nel pozzo perché sapevano di non poterne venir fuori.

Giulia                                 - Allora voi siete contrario al matrimonio di vostro figlio?

Claudio                              - Non contrario. Io non sono mai contrario a quello che fa mio figlio. Vero, Corrado? Anche perché i figli finiscono col fare quello che vogliono. Ma, insom­ma, se lui aspettasse ancora... (Lo guarda) Sei indeciso?

Giulia                                 - (maliziosamente) Forse, come carattere, è ansioso, focoso...

Claudio                              - (continuando) ... impaziente, irritabile; e anche un po' indeciso... (Guarda Giulia, con intenzione) Ma cambierà...

Giulia                                 - (con intenzione, anche lei) Sì, cambierà, per poi ritornare... quello che è.

Claudio                              - E' una parabola... fatale?

Giulia                                 - Credo.

Claudio                              - (ridendo, al figlio) Hai sentito, Corrado?

Giulia                                 - (a Claudio) Sì! Ha sentito; ed ha anche ca­pito. (Guarda Corrado, poi, a Claudio) Voi no?

Claudio                              - Capitissimo.

Giulia                                 - (ironica, ambigua) Ecco. L'essenziale è questo: capire. E più essenziale ancora: farsi capire. (Clau­dio e Corrado ridono, guardando Giulia; poi si sorprendono a guardarsi scambievolmente, ridendo. Il loro riso si spegne nel loro imbarazzo. Giulia, dopo una breve pausa continua) Allora, se permettete, domani verrò anch'io alla gita sul Iago. Rievocheremo insieme la battaglia del Trasimeno. Vi fa piacere?

Claudio e Corrado             - (insieme) Siii...

Giulia                                 - Anche a me. Buona sera. (Si avvia rapida verso il fondo. Per darsi un contegno, Claudio e Corrado incominciano a fischiettare ognuno per conto suo).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

(La stessa scena dell'atto precedente. La vetrata del fondo è tutta aperta. Al di là della vetrata è il cameriere dell'albergo che guarda verso sinistra con un binocolo. Al di qua, seduto su una poltrona, è Alamanno. Sono circa le undici del mattino).

Il Cameriere                       - (guardando col binocolo) Ecco: ades­so mettono in salvo la signorina Dèdalo

Alamanno                          - (nervosissimo, inquieto) E la signorina Giulia?

Il Cameriere                       - Ancora no, signore. La barca si de­v'essere capovolta mentre la signorina Giulia remava; e voi sapete che. quando si capovolge una barca, colui che rema...

Alamanno                          - Le vostre regole sono cretine. Remi o non remi, colui che sta nella barca corre gli stessi pericoli di tutti gli altri.

Il Cameriere                       - Non è una regola mia, signore. I bar­caioli dicono...

Alamanno                          - Non m'importa di sapere quello che di­cono i barcaioli. Ditemi chi stanno mettendo in salvo!

Il Cameriere                       - Adesso il signor Somma figlio.

Alamanno                          - E poi?

Il Cameriere                       - Il signor Somma padre.

Alamanno                          - E poi?

Il Cameriere                       - Ecco: la signorina Giulia.

Alamanno                          - (con sollievo) Oh! S'è fatta male?

Il Cameriere                       - Non si vede.

Alamanno                          - Ma che binocolo è il vostro?

Il Cameriere                       - Un binocolo ottimo: Io dimenticò in albergo un tale che morì nel lago.

Alamanno                          - Eh! Quando si muore, si suole dimenti­care anche di peggio.

Il Cameriere                       - Non che sia morto annegato. E' dif­ficile annegare in un lago che non è mai più profondo di sette metri. Il proprietario di questo binocolo morì nel Iago perché vi si uccise. Vi si uccise per una donna. Ci sono uomini che si uccidono per una donna; e i modi son tanti...

Alamanno                          - (come a se stesso) Lo so, lo so!

Il Cameriere                       - In questo momento mettono in salvo il signor Dèdalo.

Alamanno                          - Non m'importa niente degli altri. Ditemi che cosa succede della signorina Giulia.

Il Cameriere                       - La portano in albergo, dall'altra par­te. Ma vedo che ora la signorina cammina da sé. Anche gli altri camminano da sé. In fondo, nessuno si dev'es­sere fatto male. Forse tutti sapevano nuotare.

Alamanno                          - Giulia non sa nuotare.

Il Cameriere                       - Ah, forse per questo i signori Somma si erano lanciati in suo aiuto. Ma è pericoloso far così. Potevano andare in fondo tutt'e tre. Ecco: adesso portano in salvo il cicerone. Non c'era nessun altro, mi pare.

Alamanno                          - Vi ho detto che non me ne importa nien­te! Ditemi che cosa fa la signorina.

Il Cameriere                       - La signorina Dèdalo?

Alamanno                          - Ma siete !un bell'idiota! La signorina Giulia.

Il Cameriere                       - Non si vede più. Non si vede più nessuno. Debbono essere entrati tutti nel parco dell'albergo.

Alamanno                          - Andate a vedere, e informatemi. Io non posso assistere a spettacoli emozionanti.

Il Cameriere                       - Vado, signore. Ma non ci dev'essere stata molta emozione. Ridevano tutti.

Alamanno                          - [Andate! Non perdete tempo!

Il Cameriere                       - Vado, vado. (Esce per la sinistra. Entra dalla destra Liliana).

Liliana                                - M'hanno fatto avere una bella paura!

Alamanno                          - Io ve lo dicevo: «andateci anche voi». Forse, se ci foste stata voi...

Liliana                                - (amara) Non mi hanno voluta! La barca era troppo piccola! Io avrei occupato troppo posto! Il mio amico Claudio Somma m'ha detto: «Verrete un'al­tra volta; quando andremo in battello». E io aspetto il battello. Come voi.

Alamanno                          - Ah, io...! Per carità! Nè barca, ne bat­tello. Io tremo al solo pensiero. Mi tremano le gambe.

Liliana                                - (con intenzione) Vi tremeranno ancora per molto tempo?

Alamanno                          - Chi lo sa! Il medico dice: ancora un mese, per lo meno... Due sono passati. Questo è il terzo... (Una pausa) Perché non andate a vedere anche voi che cosa è successo?

Liliana                                - (sedendo) Non credo che abbiano bisogno di me.

Alamanno                          - Voi capite: io mi preoccupo di Giulia

Liliana                                - (con intenzione) Anche io...

Alamanno                          - (con occhi sorridenti) Vero ch'è uni creatura adorabile?

Liliana                                - (c. s.) Adorabilissima.

Alamanno                          - Chiunque la veda, ne rimane incantato.

Liliana                                - Lo so!

Alamanno                          - Uomini e donne.

Liliana                                - Sì; ma le donne per altre ragioni.

Alamanno                          - (sospettoso) Non., non capisco.

Liliana                                - E' meglio.

Alamanno                          - E' una donna onesta.

Liliana                                - Lo credo.

Alamanno                          - Mi è fedelissima, devotissima.

Liliana                                - Sì, si.

Alamanno                          - E voi come lo sapete?

Liliana                                - Me lo dite voi; e poi si vede.

Alamanno                          - Un'altra, di fronte alle mie condizioni, mi avrebbe abbandonato. Lei no.

Liliana                                - Già! Capisco il tipo. (Una pausa) E... vi tro­vate bene, qui?

 Alamanno                         - Così. Io subisco la suggestione del me­dico. Mi rendo conto ch'è una suggestione; ma la subi­sco. Venerdì il medico mi ha detto: « Bisogna che tu vada a Castiglione del Lago... ».

Liliana                                - Ah, venerdì?

Alamanno                          - E domenica sera io ero già a Castiglione.

Liliana                                - E' curioso che anche io ho dovuto decidere venerdì di venire a Castiglione; in seguito alla decisione del mio amico Claudio Somma. Infatti lunedì mattina era­vamo qui.

Alamanno                          - E già! Claudio per far piacere al figlio...

Liliana                                - Non c'è che dire: è un padre modello. (Ri­torna il cameriere).

Il Cameriere                       - Tutto 'bene, signore. I signori... anne­gati si stanno cambiando i vestiti.

Alamanno                          - E la signorina Giulia?

Il Cameriere                       - Si sta facendo fare dei massaggi.

Alamanno                          - Da chi?

Il Cameriere                       - ...Credo, dalla cameriera.

Alamanno                          - (si alza) Vado a vedere.

Liliana                                - (a Alamanno) Sì, sì, è meglio che andiate.

Alamanno                          - (andando) Non ci voleva questa scossa per i miei nervi.

Liliana                                - Speriamo che non dobbiate averne delle altre.»

Alamanno                          - (si ferma) In che senso?

Liliana                                - ' Sapete: il Trasimeno è un lago un po'... inquieto... tumultuoso... In autunno è sconvolto dalle tempeste; in inverno, qualche volta, si gela...

Alamanno                          - Oh! Mi fido del mio medico. Se lui non fosse stato sicuro, non mi avrebbe fatto venire qui. Per lui, mandarmi qui o altrove era lo stesso, no?

Liliana                                - (con un sospiro) E già! Qui o altrove... Lo stesso. Per lui e per tutti.

Alamanno                          - Come?

Liliana                                - Niente, niente.

Alamanno                          - Con permesso.

Liliana                                - Prego. (Alamanno esce per la sinistra).

Il Cameriere                       - (a "Liliana) Ma che malattia ha il si­gnore?

Liliana                                - Una malattia... che... ramifica.

Il Cameriere                       - Ramifica? Che malattia è?

Liliana                                - Ne soffrono gli uomini... e i cervi.

Il Cameriere                       - Strano.

Liliana                                - No, non strano. Normale. Per i cervi è una difesa. Per gli uomini... è un castigo. Un castigo che, pri­ma o poi, hanno tutti, perché tutti, prima o poi, se lo meritano.

Il Cameriere                       - (senza capire) Io... francamente... non l'ho mai avuta.

Liliana                                - Per lo più, si ha senza saperlo.

Il Cameriere                       - (c. s.) Allora... è una malattia innocua.

Liliana                                - Ah, sì! Tanto innocua che gli nomini se la scambiano tranquillamente.

Il Cameriere                       - E le donne?

Liliana                                - Anche le donne. Ma quasi sempre le donne riescono a curarsela da sé.

Il Cameriere                       - (che non ha capito) Capisco.

Liliana                                - (ironica) Si vede, si vede... (Il cameriere, sempre senza capire, esce per la destra. Per la sinistra entra Rita).

Rita                                    - Buongiorno, signora. Cercavo proprio voi.

Liliana                                - Ditemi, cara.

Rita                                    - Sorvolo i preamboli, perché forse non avremo molto tempo per parlare da sole. Oramai ci conosciamo; voi mi avete concesso la vostra amicizia; e poi è come se ci conoscessimo da anni, perché voi m'ispirate simpa­tia e fiducia. Vorrei che altrettanta ve ne ispirassi io...

Liliana                                - La simpatia e la fiducia sono sempre reci­proche.

Rita                                    - Ve ne ringrazio. E vi dico subito una cosa che forse voi non sapete.

Liliana                                - Così non sapessi tutto quello che so e non capissi tutto quello che capisco!

Rita                                    - Io sono innamorata di Corrado Somma.

Liliana                                - Me n'ero accorta.

Rita                                    - Sono venuta qua per lui.

Liliana                                - E anche lui per voi.

Rita                                    - No.

Liliana                                - Corrado non è mai stato con suo padre più di poche ore. Si vogliono bene come fratelli; ma, appunto come i fratelli, stanno poco insieme. E' questa la prima volta che...

Rita                                    - Vi prego di lasciarmi dire. Io sono venuta qua per lui, e ho costretto a venire con me mio zio, perché... voi siete donna, mi comprendete... ho fretta di farmi spo­sare da lui per non perderlo.

Liliana                                - Non lo perderete. Anche se suo padre, con le sue idee, sembra resistere un poco...

Rita                                    - (riflettendo) Ecco: è anche suo padre. Lo im­maginavo. Ma non è solo lui. E' anche suo padre, avete ragione, perché l'altro ieri, conoscendolo, mio zio si la­sciò sfuggire alcune notizie confuse sulla condizione... irregolare... in cui vive la mia famiglia...

Liliana                                - Claudio, purtroppo, non è uomo da mera­vigliarsi di condizioni irregolari. Direi, anzi, che l'irrego­larità è la norma costante della sua vita.

Rita                                    - Per la sua vita; non per quella degli altri. Voi sapete che più si è irregolari per sé, e più si pretende regolarità nella vita altrui... Ma se fosse stato solo il pa­dre a resistere, io sono sicura che me la sarei cavata. Dopo tutto, i miei genitori sono divisi come tanti altri, per incompatibilità di carattere; e che mio padre viva all'estero, che mia madre viva... come può... non è cosa che possa gettare ombra sul mio nome e sul mio onore... Il grave è che improvvisamente, inaspettatamente, resiste Corrado, e non per ragioni d'irregolarità da parte mia... Sono quindici giorni che ha cambiato umore. E' vero che non mi aveva mai promesso le nozze; ma è anche vero che passava con me gran parte della sua giornata, che mi confidava i suoi progetti e i suoi sogni, che accettava i miei giudizi e i miei consigli, e insomma che mi voleva bene. Voi sapete che una donna sa, sente, capisce imman­cabilmente, la qualità e la natura della tenerezza ma­schile; e poi... ci sono gesti, atti, parole, che non pos­sono lasciar dubbi nemmeno nella più inesperta delle creature... Da quindici giorni, invece... Ecco il punto, si­gnora. E' cambiato, è un altro. Si fa vedere meno. Trova futili pretesti per farsi vedere meno. Io faccio finta di non accorgermene, mi comporto come prima...

Liliana                                - Preparate in tal modo la vostra infelicità...; ma forse anche la vostra vittoria.

Rita                                    - (continuando) ...lo cerco, lo incontro, mi prodigo in atti affettuosi... - Improvvisamente, egli viene e mi dice: «Vado a Castiglione con mio padre».

Liliana                                - E’ venerdì.

Rita                                    - Come, è venerdì?

Liliana                                - E' venerdì, quando vi dice di voler andare a Castiglione...

Rita                                    - Sì, venerdì. Perché?

Liliana                                - Così. Perché proprio il venerdì suo padre...

Rita                                    - Corro a Castiglione anch'io. Ho la fortuna d'incontrare suo padre, di conoscerlo. Lo trovo spiritoso, affascinante... liberale, come dice lui. E' vero che mio zio commette l'imprudenza che vi ho detta; ma lui. il padre, ne sorride da uomo di mondo, mi fa perfino gli augurii...

Liliana                                - (ironica) E' un perfetto cavaliere... con le donne altrui...

Rita                                    - Ora ecco che d'un colpo Corrado incomincia a trattarmi male. E perché? La ragione l'ho scoperta sta­mattina, durante questa sciaguratissima gita sul lago. Corrado è innamorato; ha perduto la testa. Ma non per me. Per la signorina... - si dice così? - Giulia Meleagro.

Liliana                                - (sorpresa) Anche lui?

Rita                                    - (pure sorpresa) Vorrei dire: solo lui.

Liliana                                - No, no. La signorina Giulia Meleagro, evi­dentemente, è una donna dalle idee, come dire? totali­tarie. Quando si mette ad affascinare Qualcuno... non si contenta di lui solo. Coinvolge nel suo fascino... tutta la famiglia. Bene, bene! Non mi date mica una cattiva notizia. E' una notizia ottima, tanto per me, quanto per voi, credo.

Rita                                    - Voi la chiamate ottima?

Liliana                                - Trovo interessante il limite che corre fra il dramma greco e la «pochade » francese. Io e voi ci staremo sopra come una coppia d'acrobati sul filo sospeso in aria. Sarà una bella emozione, fino a quando il pubblico non si metta a gridare: «basta! basta!».

Rita                                    - (non comprendendo bene) Io vi confesso che...

Liliana                                - E poiché siamo in tema di confessioni, ve ne faccio una anch'io. Anzi due. La prima è superflua. Voi già conoscete i miei rapporti con Claudio Somma, tanto è vero che vi siete rivolta a me. Sono, da molti anni, la sua fidanzata... La seconda è che questo cava­liere, questo uomo di mondo, questo liberale, pur avendo promesso di sposarmi, rimanda, prende tempo... Sono la sua compagna da vent'anni. Gli sono perfino utile come paravento delle sue... irrequietudini amorose. Vorrei le­gittimare questa mia funzione, almeno qualche anno prima che egli si rassegni... involontariamente alla fedeltà coniugale. Vi dò un consiglio, signorina. Ve lo dò come... una madre. Appena vi capiterà d'incontrare il signor Claudio Somma...

Rita                                    - (guardando verso sinistra) Eccolo, è lui. Mi pare che venga da questa parte.

Liliana                                - (alzandosi in fretta) Tanto meglio. Ditegli così: «Voi non volete che Corrado mi sposi perché i miei genitori vivono una vita irregolare; ebbene io, a mia volta, non sposerei Corrado, se non quando suo padre avesse messo un po' d'ordine nella sua vita ».

Rita                                    - Eh! Ma... è come autorizzarlo a rispondermi...

Liliana                                - Ditegli così. Non abbiate paura. Ama troppo suo figlio.

Rita                                    - E debbo dirgli anche...?

Liliana                                - Ah, no! Niente altro. Mi raccomando: niente altro. (Esce rapida per la destra. Una pausa. Dalla sinistra entra Claudio).

Claudio                              - Be', signorina, come è andato questo bagno involontario?

Rita                                    - Bene.

Claudio                              - Non avevo mai nuotato nelle acque calme di un lago. Sembra di stare in una enorme vasca da bagno. L'acqua si muove solo per opera nostra. Vorrei dire che non c'è gusto.

Rita                                    - Vi piacciono le difficoltà?

Claudio                              - Ecco, appunto.

Rita                                    - Quelle che vengono dal di fuori, non quelle che vi create voi.

Claudio                              - Appunto, appunto. Crearsi delle difficoltà per superarle è stupido.

Rita                                    - Meglio andare contro corrente.

Claudio                              - Oltre tutto, è più elegante, no?

Rita                                    - Non sempre.

Claudio                              - Per esempio?

Rita                                    - (dopo un attimo di perplessità in cui si sforza inutilmente di parlare, si mette a piangere).

Claudio                              - (sorpreso) Be'? (Una pausa) Poiché questo pianto - immagino - mi è personalmente dedicato, aspetto che abbiate finito, per sapere... (Un'altra pausa) E' un pianto lungo. Sono abituato a pianti più brevi. Debbo parlare io?

Rita                                    - (più con gesti del capo che con la voce) Si.

Claudio                              - Mi sono accorto benissimo, in quella barca che stava per capovolgersi, mi sono accorto che c'è qual­che nube fra voi e mio figlio. Vedete che non uso perifrasi, che vado diritto allo scopo. Orbene, io non mi oppongo affatto ai progetti matrimoniali di mio figlio. Vi hanno forse detto il contrario?

Rita                                    - (c. s.) Sì.

Claudio                              - Ma le mie sono opposizioni teoriche, gene­riche. Non riguardano voi. Dopo tutto, se mio figlio vi ama, faccia come vuole. Vi assicuro che sarò un suocero irreprensibile. Non credo - ve lo dico esplicitamente -non credo alla felicità matrimoniale. Ho sempre pensato che le donne dovrebbero sposarsi tutte; ma gli uomini no. Un saggio diceva: da giovane, non sposarsi ancora; da vecchio mai più. Ma, alla fine, non sono io che debbo sposarmi...

Rita                                    - (facendosi coraggio) Chi lo sa! da vecchio mai più. Ma, alla fine, non sono io che debbo sposarmi anch'io?

Rita                                    - Non sarebbe male.

Claudio                              - Ah, no! Malissimo, sarebbe malissimo!

Rita                                    - Potrebbe chiedervelo vostro figlio, per potervi presentare in perfetta regola davanti al mondo e davanti a Dio.

Claudio                              - Non sarebbe la prima volta che un figlio trascina nel baratro il proprio genitore. L'annegato spesso travolge colui che vuol salvarlo. E' un'idea che mi date. Non cercherò di salvare mio figlio. Verrò meno ai miei doveri paterni. Pazienza!

Sita                                    - (fa l'atto di parlare; si pente).

Claudio                              - Dite, dite. Oramai mi state dicendo tutto.

Rita                                    - (disperata) Io l'amo.

Claudio                              - Il guaio è che credo vi ami anche lui. Nella barca, stamattina, ho notato che cercava perfino d'ingelosirvi, facendo dei complimenti alla signorina Giulia. E un terribile segno d'amore, quello.

Rita                                    - (c. s.) No!

Claudio                              - (colpito) E come no? (Una pausa; la guarda) Avete detto no. Perché?

Rita                                    - Perché... (Si ode improvvisamente dall'interno di destra la voce di Liliana).

Liliana                                - (dall'interno, impaziente) Signorina Rita!

Rita                                    - (si alza, confusa) Con permesso. (Esce rapida per la destra. Claudio rimane solo, fermo, pensieroso, si muove un po' nervosamente verso il fondo, ritorna in avanti, sente un rumore di passi, guarda verso sinistra. Entra Giulia).

Giulia                                 - Eccomi.

Claudio                              - Che vuol dire?

Giulia                                 - Non mi aspettavate?

Claudio                              - Veramente no. Cioè sì. (Una pausa).

Giulia                                 - E allora?

Claudio                              - (dopo una breve esitazione) Ho l'impres­sione che io e voi siamo facendo una finzione... un po' pericolosa.

Giulia                                 - Pericolosa per chi?

Claudio                              - Per tutt'e due.

Giulia                                 - Voi non m'amate; io non v'amo.

Claudio                              - (nervoso, cantilenando il verso di D'Annunzio) ...pure qualche dolcezza è nella nostra vita da ieri (Si ferma, poi con altro tono) Ah, dunque, neanche voi mi amate...

Giulia                                 - Non vi ho mai detto di amarvi. Fra me e voi si è creato un equivoco. Sembriamo inseguirci a vicenda, facendo finta di non inseguirci, e invece, tirate le somme, per ragioni vostre e per ragioni mie. dato it vostro carattere e dato il mio, data la vostra situazione e data la mia, ci separiamo ogni momento di più. Il nostro è una specie di fidanzamento in prova, che sta dando risultati negativi. Io vi ho perfino sfidato, in una crisi di euforia, come se conquistando voi dovessi conquistare il vello d'oro; e mi accorgo non solo che il vello d'oro, dopo tutto, è una pelle di montone - intendo dire come quello della mitologia - ma anche che non me ne importa niente, di conquistarvi. Ma niente, proprio niente, alla lettera.

Claudio                              - Ho capito.

Giulia                                 - No, non avete capito. Ma lasciatemi finire. Voi, a vostra volta, avete incominciato perfino a scartare quella idea della conquista momentanea - della conqui­sta una volta tanto - che sulle prime aveva lusingato il vostro orgoglio di predone. Vi siete accorto improvvisa­mente di avere una certa età, di avere dei doveri, di essere obbligato a salvare le forme, di non essere in grado di raccogliere una sfida...

Claudio                              - Vi avverto che sono insensibile alle ferite del mio orgoglio.

Giulia                                 - Non avete più nemmeno orgoglio?

Claudio                              - E' un orgoglio che sa incassare. E’ anche un orgoglio presuntuoso. Si appaga del suo giudizio, non cerca approvazioni altrui, s'infischia dell'altrui ripro­vazione.

Giulia                                 - (ironica) Perbacco! Quando dite di queste cose, mi piacete. Mi fate ritornare la voglia di sfidarvi. (Poi, come pentita, recitando) Ma poi no! Non potremmo neanche essere buoni amici. L'amicizia è un sopruso. Bisognerebbe che uno di noi si rassegnasse a subirlo. Niente da fare.

Claudio                              - (la guarda a lungo, la giudica freddamente) Che animale raro voi siete! Dovete essere nata da un incrocio strano.

Giulia                                 - Non tanto strano. Sono nata da uno scrittore e da una ballerina. (Ha una lieve ombra sul viso, al ricordo).

Claudio                              - (sempre giudicandola freddamente) Ah, ecco. E vi hanno educata loro?

Giulia                                 - Sì. A modo loro...

Claudio                              - Sono morti?

Giulia                                 - Partiti.

Claudio                              - Vi hanno abbandonata?

Giulia                                 - (dopo una lieve esitazione) Sono stata io ad abbandonar loro.

Claudio                              - Per sete di libertà?

Giulia                                 - Non ho nessuna sete di libertà esteriore. Mi basta quella che ho dentro di me, per me.

Claudio                              - E perché, dunque, avete abbandonato i rostri genitori?

Giulia                                 - Così. Per cambiare.

Claudio                              - Vi piace di cambiare?

Giulia                                 - Si.

Claudio                              - Frequentemente?

Giulia                                 - No. A intervalli piuttosto lunghi.

Claudio                              - Avete avuto molti amanti?

Giulia                                 - Due.

Claudio                              - Alamanno è il terzo?

Giulia                                 - Il secondo.

Claudio                              - Perché non vi siete sposata?

Giulia                                 - Ho le stesse teorie matrimoniali che avete voi.

Claudio                              - Ve le ho già dette?

Giulia                                 - Non tutte. Ma non c'era bisogno.

Claudio                              - Mi pare che abbiate l'intelligenza sottile, forse quella dello scrittore; e lo spirito avventuroso di vostra madre, della ballerina. Non ho capito se....

Giulia                                 - C'è dunque qualche cosa che non avete capito?

Claudio                              - Non ho capito se vogliate prendermi per i sensi o per il cervello.

Giulia                                 - Credete proprio che io voglia prendervi?

Claudio                              - Sì. Non ho nessun dubbio; e mi difendo.

Giulia                                 - Difendersi è accettare battaglia. Vi conve­niva di più la finzione dell'indifferenza. Ma voi che credete di avere scoperto le mie armi - le due armi - non me ne mostrate nessuna da parte vostra. Quanto ai sensi, data la vostra età...

Claudio                              - (con un movimento di ribellione represso) Cambiate tattica. Questa è sbagliata.

Giulia                                 - Quanto al cervello, ne avete veramente uno che possa apprezzare la singolarità del mio?

Claudio                              - (c. s.) Vi consiglio di cambiar tattica.

Giulia                                 - Non vi ho mai detto perché vi guardavo, la prima sera che ci vedemmo.

Claudio                              - Ammettete, finalmente, che eravate voi a guardarmi!

Giulia                                 - Avevo sentito parlare di voi come di un dongiovanni esperto.

Claudio                              - Esperto, abbastanza. Dongiovanni, no.

Giulia                                 - E io che mi picco d'essere esperta anch'io del cuore umano, ho voluto conoscervi non per una cu­riosità e ammirazione da bambina, da dilettante; ma per il capriccio di misurarmi con voi.

Claudio                              - Tuttavia, ora, vi siete accorta che non ne vale la pena; e allora...

Giulia                                 - Ho un carattere prepotente; ho il gusto della sopraffazione e della rapina.

Claudio                              - Sarà meglio che cerchiate altrove.

Giulia                                 - (ferita, come per vendicarsi) Infatti. E ho trovato.

Claudio                              - Ah, sì?

Giulia                                 - Ho trovato un ragazzo.

Claudio                              - Siete vile. (Poi, ripensandoci) E chi è que­sto ragazzo?

Giulia                                 - Ah! Adesso siete indiscreto.

Claudio                              - (dopo un momento di perplessità) L'avete trovato qui?

Giulia                                 - Può darsi.

Claudio                              - Qui c'è un solo ragazzo...

Giulia                                 - Può darsi.

Claudio                              - (la guarda con dolore e con rancore) Il vo­stro gioco è perfido, Giulia. E' mostruoso. Quel ragazzo è stato gentile con voi per il puerile piacere d'ingelosire la sua innamorata. Voi proclamate, e io riconosco, la sottigliezza della vostra intelligenza; ma qui la vostra intelligenza s'appiattisce, decade. Sarebbe strano che voi pensaste a una rivalità impossibile... (Una pausa) Non rispondete? (Un'altra pausa) Gira e rigira, siete riuscita a ferirmi. Non distinguo ancora bene il colore del san­gue di questa mia ferita; ma è un sangue che potrebbe ricadérvi addosso. Mi pare già di odiarvi. (Le si avvi­cina, la prende per le braccia) Chi siete? Che volete?

Giulia                                 - Lasciatemi.

Claudio                              - (lasciandola e guardandosi attorno) Vi la­scio non per paura né per pietà. Vi lascio, perché non mi sembrano questi né il luogo ne l'ora per trattarvi come meritate. Ma la partita fra di noi non è chiusa. Ho ancora molta forza fisica e spirituale per difendermi; e anche per aggredire. (E' turbatissimo, nervoso) Ricorda­tevi che vi odio, senza avervi mai amata. Arrivederci. (Esce per il fondo. Giulia rimane ferma, guardando nel vuoto, dinanzi a sé, con qualche cosa di viperino nello sguardo, che tuttavia lentamente si attenua, si addolcisce. Non si accorge che dalla sinistra, appena Claudio è usci­to], entra Corrado. Corrado si ferma alle spalle di lei, è perplesso, sembra fiutare l’odore de' suoi capelli, sembra avere la tentazione di baciarla sulla nuca. Quando ella s'accorge finalmente della presenza di lui, incomincia a girare lentamente il capo).

Giulia                                 - (girando il capo, prima di guardare Corrado, con voce sinceramente commossa) Claudio!

Corrado                             - (ingenuamente ridendo) Vi siete perfino di­menticata del mio nome.

Giulia                                 - (sorpresa) Ah, siete voi?

Corrado                             - (colpito) E... chi poteva essere, se non io? (Una pausa) Claudio è il nome di mio padre... (Con disagio) Che brutto equivoco! (Poi, per liberarsi dal di­sagio) Io sono stato il più lento a rivestirmi. Avevo del fango, addosso: sulle mani, sul collo, fra i capelli. Ho fatto un altro bagno: il terzo della giornata, dopo quello del lago. Però, quello del Iago mi è piaciuto. Non po­trete negare, ora, di essere fiata fra le mie braccia. Vero è che papà ci ha aiutati tutt'e due… (Si ferma; si adombra; fa uno sforzo per rasserenarsi) Ma, perbacco, non immaginavo che non sapeste nuotare! D'estate, forse, preferite andare in montagna, invece che al mare. (Una pausa) Be'? Non vi ho mai vista così silenziosa... Siete forse sul punto di prendere una decisione?

Giulia                                 - (guardando nel vuoto) Sono già decisa.

Corrado                             - In che senso?

Giulia                                 - Sedete. (Siedono. Giulia continua) Bisogna, prima di tutto, che vi parli di me; e parlarvi di me vuol dire parlarvi del mio passato...

Corrado                             - Ancora?

Giulia                                 - Non ve ne ho mai parlato.

Corrado                             - Avete sempre accennato al vostro passato come a un'ombra. Non basta?

Giulia                                 - No.

Corrado                             - Volete dar corpo a quest'ombra, insomma. Volete darle dimensioni geometriche, forse ricordandovi che io studio ingegneria. Ma io nell'amore preferisco il labile, l'impreciso...

Giulia                                 - Male.

Corrado                             - Perché male? Voi stessa dite che sareste, per esempio, incapace di accettare del denaro dal vostro amante... (Ride) Non è desiderio di imprecisione, questo?

Giulia                                 - Per amarsi veramente bisogna conoscersi bene.

Corrado                             - Ci si può amare anche senza conoscersi: voi avete detto una volta perfino senza comprendersi.

Giulia                                 - E' il più comune dei casi. Ma allora l'amore finisce quando ci si è conosciuti, quando ci si è compresi. Il mio sogno, invece, ammesso che io abbia dei sogni, è un altro.

Corrado                             - Sentiamolo.

Giulia                                 - Il mio sogno è quello di far partire l'amore dalla conoscenza perfetta. Non mi è mai capitato. Vorrei tentarlo a titolo di esperimento.

Corrado                             - E io sarei la cavia: il corpo vile per il vostro esperimento...

Giulia                                 - Non voi, Corrado...

Corrado                             - (ride) Ah, questa è bella! Volete farvi co­noscere da me, e conoscermi, per poi... diventare l'amante di un altro? (Una pausa) Siete una creatura rara.

Giulia                                 - Mi è stato già detto.

Corrado                             - Da chi?

Giulia                                 - Da qualcuno che vi somiglia.

Corrado                             - Lo conosco?

Giulia                                 - Può darsi.

Corrado                             - (turbato) Me lo dite per ingelosirmi?

Giulia                                 - (con un sorriso triste) Sarebbe, tutt'al più, una restituzione. Voi, forse, non mi avete corteggiata stamane per ingelosire la vostra fidanzata?

Corrado                             - Oh! Prima di tutto io non ho fidanzate. E poi... (Una pausa; la guarda) Giulia, non capisco il vostro gioco...

Giulia                                 - Anche questo mi è stato detto. E, in realtà, nessuno capisce il mio... « gioco ), perché nessuno mi conosce. Voi potreste essere il primo.

Corrado                             - (facendo l'atto di prenderle una mano con gra­titudine e tenerezza) Giulia...

Giulia                                 - (schermendosi) Un momento. (Una pausa) Io ho già avuto due amanti...

Corrado                             - (adombrandosi) Perché me Io dite?

Giulia                                 - Bisogna superare la gelosia retrospettiva. Quasi sempre, quasi tutti arriviamo a un amore da altri amori. Perfino voi che siete un ragazzo... Non mi avete detto così? Ma un uomo, a venticinque anni, è ancora veramente un ragazzo; e una donna non più, special­mente una donna che abbia vissuto la propria vita fuori della cerchia familiare; costretta - da sé o dagli altri, non importa - a far nascere e a far vivere i suoi sogni sulle miserie della realtà bruta. I miei primi amanti erano tutt'e due ricchi: non ho vergogna di dirvi che ho mi­rato alla ricchezza, perché ho bisogno di agi, di eleganza fisica...

Corrado                             - Soltanto fisica?

Giulia                                 - Finora sì.

Corrado                             - Che vuol dire?

Giulia                                 - (lo guarda un attimo con un senso di carezze­vole pietà) E' strano che mi facciate un po' di pena.-Gli uomini non mi hanno fatto mai pena. Li ho odiati.

Corrado                             - (ride) Volete spaventarmi, Giulia?

Giulia                                 - No. Gli uomini non si spaventano dell'odio femminile. Si direbbe che non se ne accorgano. Gli uomini sono egoisti, dicono di amare spiritualmente; ma non cercano che il basso piacere. La donna, la disprez­zano; e se ne servono, disprezzandola, allo stesso modo con cui si servono del denaro, della gente di fatica, della servitù... Mio padre così faceva con mia madre...

Corrado                             - Ah, per questo, forse, voi...

Giulia                                 - Ecco: per questo. Una donna, può anche nascere, come io sono; ma io non sono nata così. Ero, o mi sembra ora che io fossi, mite, piena di fede nell'amore e nell'uomo. Amavo mio padre e mia madre, soprattutto mia madre, con una tenerezza così profonda che per loro potevo conciliarmi con ogni sofferenza. Ma mio padre, un giorno, si rivelò crudele e tiranno contro mia madre. La oltraggiava, la disprezzava; qualche volta perfino la percosse, le fece del male fisico.. (Soffrendo, al ricordo) Ho ancora nelle orecchie certi gridi di mia madre, l'umiltà e lo strazio con cui ella gli chiedeva pietà... Non so se voi conoscete qualche cosa di simile, se vi rendete conto dell'odio che può nascere nella spet­tatrice di scene così orrende. Mia madre soffriva a tal punto, che un giorno fuggì di casa; e io con lei. Mia madre morì di dolore nelle mie braccia sole, nelle mie deboli braccia che non potevano recarle nessun aiuto. Fu forse la sua morte a lasciarmi questo retaggio di odio contro l'umanità. (Si ferma) E il mio primo amante non fu diverso da mio padre, no. Mio padre aveva creduto di avere una giustificazione nel fatto che mia madre fosse stata in origine una ballerina, una donna da considerarsi piuttosto una cosa che un'anima... Ma che giustificazione aveva il mio primo amante? Nessuna, nessuna. E io co­minciai a vendicarmi di lui, decisa a vendicarmi ormai di tutti. Di lui mi vendicai non solo odiandolo ma de­rubandolo, conducendolo sull'orlo del precipizio dove infatti lo lasciai. Né diversamente feci col mio secondo amante - quello che io chiamo il mio tutore, il mio « cassiere » - perché anch'egli mi considera una cosa, e non si è mai placato, se non dal giorno in cui i medici lo hanno costretto all'immobilità e al silenzio. Io vivo con lui perché ha ancora del denaro da darmi e per nient'altro.

Corrado                             - (ride) Mi state raccontando questa storia fosca per dissuadermi dell'amore?

Giulia                                 - Credete? Ve la sto raccontando, invece, non solo perché sappiate con chi avete da fare ma anche per un'altra ragione.

Corrado                             - Quale?

Giulia                                 - (dopo una breve pausa) E' la prima volta che mi pare di essere sul punto d'innamorarmi. E se per caso voi doveste diventare il mio amante - supe­rando la diffidenza o il ribrezzo che certamente ora vi inspiro, - vorrei che sapeste due cose. La prima è che io non tollero di essere trattata come una bestia da preda, tanto è vero che da voi non accetterei mai denaro. La seconda è che... vorrei imparare a non odiare, perché forse il mio primo istinto non era quello di odiare, e dopo tanti esperimenti crudeli quel mio primo istinto sembra voler rinascere per opera vostra; risplende, a tratti, nella tempesta de' miei sentimenti, come una luce.

Corrado                             - Finalmente mi avete detto una cosa bella! Avete ragione di pensare che l'amore perfetto può nascere solo da una perfetta conoscenza reciproca. Io... (sorride) ...non ho un passato così... tumultuoso... da raccontarvi; ma, in compenso, non saprei augurarmi una missione più degna di quella che voi m'affidate. So - sento - di po­tervi amare come a voi piace...

Giulia                                 - C'è un « ma », Corrado. Io, in questi giorni, da quando vi conosco, ho compiuto - non so se soltanto ai vostri danni - la tuia ultima perfidia. - Non dico di avervi distratto da una fidanzata o comunque da una ragazza che forse vi ama: voi sapete che io ne ignoravo l'esistenza. Ma ho fatto qualche cosa di peggio, qualche cosa che ancora era nel mio stile; e solo pochi momenti fa, attraverso una voce e una indignazione e una com­mozione che non conoscevo, ne ho avuto la perfetta co­scienza. Debbo essere ormai sincera con voi, fino alla crudeltà. Altrimenti come potrei sperare di meritarvi? Voi vi ricordate che, durante i nostri primi colloqui, a Roma, mi parlaste con una sorta di ammirazione, simile all'adorazione, di un uomo che vi è caro...

Corrado                             - Di chi?

Giulia                                 - Me ne parlaste con quella tenerezza e quello stupore un po' infantili con cui i ragazzi parlano del proprio padre ancora giovane, quando pensano e spe­rano di potergli assomigliare...

Corrado                             - (trepidante) Ebbene?

Giulia                                 - Ebbene, io mi sono incuriosita di lui attra­verso le vostre parole; e me ne sono incuriosita alla mia vecchia maniera, con una crudele ansietà di sopraffazione e di distruzione... Voi mi capite?

Corrado                             - (turbatissimo) No.

Giulia                                 - (come fra sé) Forse il miracolo, dentro di me, sta per compiersi; forse sono pentita di quello che ho fatto, perché ora ho quasi vergogna di parlarne, e il cuore mi trema un poco. (Lo guarda; sorride disperata­mente). Bisogna farsi forza. Bisogna vuotare il calice fino alla feccia. Tu ami tuo padre? (Una pausa) Perché non rispondi?

Corrado                             - Ho terrore di quello che stai per dirmi e che forse indovino.

Giulia                                 - Ho lo stesso terrore io, Corrado, Ma- Niente; non c'è stato niente; non ci potrebbe essere mai più niente. Certo, i miei sentimenti cattivi si sono abattuti fortemente contro il mio solo sentimento buono; mi hanno indotta alla doppiezza, al cinismo, m'hanno fatto incrudelire contro di te e contro di lui; ma a pa­role, sai; per fortuna, soltanto a parole... Perché mi guardi così? Non senti la sincerità che è nella mia voce? La tua diffidenza potrebbe nuocermi, potrebbe rendere impossibile il mio ravvedimento... Dammi la mano, Cor­rado. (L? lei stessa a rendergli una mano, che egli le abbandona come se non avesse più vita) Non senti come tremo? Ti amo per la bontà che m'inspiri; per la bontà che lo stesso tuo padre mi ha inspirato...

Corrado                             - (con un filo di voce) Dimmi che cosa è successo...

Giulia                                 - Niente. (Una pausa) L'ho provocato, l'ho aizzato, ho avuto la tentazione di farne la mia terza preda. Ma, quando... quando gli ho detto...

Corrado                             - Che cosa gli hai detto?

Giulia                                 - ... che tu...

Corrado                             - Che cosa t'ha risposto?

Giulia                                 - Lui non conosce - non poteva conoscere il lato migliore di me...

Corrado                             - E allora?

Giulia                                 - Si è sentito offeso, indignato...

Corrado                             - In che modo?

Giulia                                 - Non ricordo bene. Dentro di me avveniva già la crisi...

Corrado                             - (con una gran voglia di piangere) Non dovevi far questo. (Una lunga pausa) Lo hai cono­sciuto qui?

Giulia                                 - (non sapendo far altro che mentire per pietà) - Sì.

Corrado                             - Quando lui mi disse: « Vado a Castiglione », dunque...

Giulia                                 - (c. s.) Non mi conosceva.

Corrado                             - Ignora che io sia venuto qua per...

Giulia                                 - Credo.

Corrado                             - Sta bene. (Una pausa). Arrivederci. (Sì av­via verso il fondo).

Giulia                                 - Te ne vai, Corrado?

Corrado                             - (si ferma) Bisogna che... Ho bisogno di star solo, ora.

Giulia                                 - (dolorosamente, disperatamente) Forse è de­stino che io... rimanga quello che sono...

Corrado                             - (avvicinandosi, con tenerezza) No! Perché dici questo? Io ti amo. Vorrei amarti senza ombra... fare di te quello che tu vuoi essere...

Giulia                                 - (quasi piangendo) Dimmelo, dimmelo... (So­no ormai così vicini e la bocca di lei, nella preghiera, si è tanto avvicinata alla bocca di lui, che egli non resiste più. L'abbraccia, la bacia. Dal fondo, improvvisamente, arriva Claudio).

Claudio                              - Corrado! (Corrado si stacca da Giulia. L'uno e l'altra abbassano il capo. Claudio, nervosissimo, con­tinua) Ah! Mi rallegro. Non so ancora bene con chi rallegrarmi di più - se con te, o con lei, o... col mio amico Alamanno... - ma mi rallegro. Soltanto non ca­pisco, Corrado, perché tu... (Si eccita) Tu avevi assunto dei doveri verso una ragazza che ti ama, no? Tu sai benissimo che quella ragazza ti ama, che non può vivere senza di te. Non mi pare che una ragazza innamorata meriti questo trattamento. Non mi pare che meriti di essere posposta a una... (Ancora più eccitato) Non è certo con una avventuriera che tu puoi sposarti. (Si ferma davanti a Giulia, non si domina più) Perché -questa è un'avventuriera, «ai: una maledetta creatura che meri­terebbe... (La prende per le braccia, la scuote fortemente).

Corrado                             - (dolorosamente sorpreso della violenza di lui) Papà! Che fai?

Claudio                              - (come se la mente a un tratto gli si rischia­rasse mostrandogli il sentimento che lo ha mosso) Hai ragione. Scusa. (Poi a Giulia) Scusate.. (Mentre egli pro­nunzia queste parole, Corrado lo guarda con un misto di stupore le di rancore. Giulia è come impietrita).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Un salotto al primo piano dell'albergo. A diritta e a manca sono due balaustre che danno sulle scale. Nel fondo, fra due pilastri, è una grande apertura ad arco che dà su un corridoio, e oltre il corridoio è una fila di porte. Sono le ore tre del pomeriggio.

(Quando si alza la tela, Alamanno è seduto su una poltrona e si è assopito. Il cicerone, non accorgendosi che egli si è assopito, rievoca la battaglia del Trasimeno).

Il Cicerone                         - E' un peccato, signore, che voi non possiate personalmente visitare il luogo che fu teatro della celebre battaglia del Trasimeno. Essa fu veramente terribile. Avvenne tra la sponda settentrionale del Iago e il Monte Gualandro. Era l'anno 217 avanti Cristo. Precisamente il 24 di giugno. (Entra il cameriere, che si ferma sulla soglia).

Il Cameriere                       - Che fai?

Il Cicerone                         - Un momento. Lasciami lavorare. (Il ca­meriere rimane sulla soglia. Il cicerone continua) La battaglia ai svolse fra Annibale e Caio Flaminio. L'eser­cito di Caio Flaminio vi perdette 157000 uomini fra morti, feriti e prigionieri.

Il Cameriere                       - Mica tanti.

Il Cicerone                         - Sai: a quei tempi! Ma lasciami lavo­rare. Caio Flaminio seguiva l'esercito di Annibale su questa stretta fascia di terreno...

Il Cameriere                       - Quale?

Il Cicerone                         - Ah, già! Credevo di essere sul posto. Ma ti prego di non interrompermi. E' una fascia di ter­reno che si 6tende appunto fra la sponda settentrionale del lago e il Monte Gualandro. La fascia è così stretta che Caio Flaminio credeva di avvicinarsi al grosso dell'esercito nemico, mentre aveva di fronte solo la fanteria leggera cartaginese. Che cosa era successo? Che il forte delle truppe di Annibale e la cavalleria stavano in ag­guato sulla sinistra di Caio Flaminio. Cosicché, colto di sorpresa dall'attacco nemico, il povero Caio Flaminio non ebbe la possibilità di schierarsi a battaglia e resiste, inutilmente quanto valorosamente, per tre ore, cadendo egli stesso, da eroe, sul campo.

Il Cameriere                       - Di'; mi pare che il signore dorma.

Il Cicerone                         - Dorme? Oh, perbacco!

 Il Cameriere                      - Mi ha mandato giù a chiamare la signorina; e s'è addormentato.

Il Cicerone                         - E ora?

Il Cameriere                       - Mah! Sarà meglio lasciarlo dormire.

Il Cicerone                         - Mi dispiace.

Il Cameriere                       - Be'; ma non ti preoccupare. Ti pa­gherà lo stesso. Chi sa che cosa pagherebbe, lui, per dormire un poco...

Il Cicerone                         - Tu mi sei testimone che io ho lavorato.

Il Cameriere                       - Ma sì! Andiamo. (Si avviano in punta di piedi. Il cicerone batte involontariamente contro una poltrona. Alamanno si sveglia di soprassalto).

Alamanno                          - Chi è?

Il Cameriere                       - lo, signore. (Fa cenno al cicerone di andarsene. Il cicerone esce).

Alamanno                          - (nervoso, mezzo addormentato) E chi siete voi?

Il Cameriere                       - Il cameriere dell'albergo, signore.

Alamanno                          - (c. s.) E come siete entrato?

Il Cameriere                       - Ma... questo è il salotto del prime piano, signore.

Alamanno                          - (orientandosi e ricordando) Ah, ho ca­pito. E che cosa volete?

Il Cameriere                       - Io nulla, signore. Forse vi siete ad­dormentato perché il cicerone vi stava ricordando la bat­taglia del Trasimeno. Volete che lo richiami?

Alamanno                          - No.

Il Cameriere                       - Magari lo richiamerò quando avrete nuovamente bisogno di dormire.

Alamanno                          - Grazie. Adesso incomincio a poter dor­mire da me. Mi sento meglio. L'aria del lago mi fa bene.

Il Cameriere                       - lo ero venuto per dirvi che la signo­rina viene subito.

Alamanno                          - Grazie.

Il Cameriere                       - Prego. Comandate altro?

Alamanno                          - E... dov'è la signorina?

Il Cameriere                       - Nel parco.

Alamanno                          - Con chi?

Il Cameriere                       - Sola.

Alamanno                          - E che fa sola?

Il Cameriere                       - Niente. Passeggia. Tutti i pochi abi­tanti dell'albergo passeggiano in questo momento nel parco. Il signor Dèdalo passeggia a est, la signora Ardèa e la signorina Dèdalo passeggiano a ovest, il signor Somma padre a nord, il signor Somma figlio a sud, la signorina Meleagro nel centro.

Alamanno                          - E perché?

Il Cameriere                       - Ah, non so, signore. Hanno occupato il parco da tutt'e quattro i punti cardinali. La signorina Meleagro sembra l'ago di una bussola. Forse stanno fa­cendo studi di orientamento. Non so se il luogo si presti a tali studi. Mio padre, che coltiva e custodisce il parco, si serve dei formicai per orientarsi. All'ingresso dei for­micai, sulla parte volta a sud, manca, in generale, qual­siasi traccia d'erba. Ma non è certo questo albergo, oggi, che può suggerire l'idea del formicaio. Sette ospiti in tutto: voi compreso. E per di più, pare che questa sera incomincino le partenze.

Alamanno                          - Chi parte?

Il Cameriere                       - Non saprei precisare. Ho visto il se­gretario preparare dei conti. Stavo appunto informan­domi, quando voi mi avete chiamato.

Alamanno                          - Sono curioso di sapere chi parte.

Il Cameriere                       - Posso levarvi la curiosità, signore. Vado a domandare. (Esce. Uscendo vede Giulia nel cor­ridoio. Le dice) Ecco, signorina. Il signore è qua. (Il ca­meriere va via. Entra Giulia).

Giulia                                 - Dimmi.

Alamanno                          - Non ti vedo dall'ora di colazione. Quella colazione m'è parsa un funerale. Sette persone nella sala da pranzo: e tutte in silenzio!

Giulia                                 - Scusami. Anche io, veramente, non t'ho fatto buona compagnia, ma... non mi sento bene.

Alamanno                          - Vuoi che telefoniamo al medico?

Giulia                                 - Per carità! Lascia stare il tuo medico. IT capacissimo di venire qui e di ordinarci una sosta an­cora più lunga in questo noiosissimo luogo.

Alamanno                          - Ti sei annoiata?

Giulia                                 - Tanto annoiata che, se non fosse per te, pre­ferirei partire.

Alamanno                          - Anche tu?

Giulia                                 - Come, anch'io? Ci sono altri che partono?

Alamanno                          - Proprio adesso il cameriere mi diceva... (Ritorna il cameriere).

Il Cameriere                       - (sconsolato) Partono tutti, signore; meno voi due.

Giulia                                 - Tutti, chi?

Il Cameriere                       - Tutti. I signori Dèdalo, la signora Ardèa, i signori Somma... E' una disdetta, quest'anno. Bisognerà che io cambii mestiere o cambii albergo. (Una pausa) Comandate altro? (Un'altra pausa) Con permesso. (Esce).

Alamanno                          - (a Giulia) E perché partono?

Giulia                                 - (pensierosa) Non so.

Alamanno                          - Del resto... Rimarremo padroni del campo.

Giulia                                 - Sarà un bel divertimento!

Alamanno                          - Cara! Ma quando siamo arrivati, dome­nica, sera, non c'era nessuno.

Giulia                                 - Ah, ma non credere che io tenga alla com­pagnia di nessuno... Per me, figurati! Ci sei tu... Dove ei tu...

Alamanno                          - Io, poi, mi sento meglio... Figurati che poco fa mi sono addormentato...

Giulia                                 - Bene. E approfittane per dormire ancora un poco.

Alamanno                          - Solo... per dormire?

Giulia                                 - Alamanno! Non dire stupidaggini!

Alamanno                          - Sei nervosa, oggi. Non ti ho mai vista cosi. La mia nevrastenia guarisce, e la tua incomincia.

Giulia                                 - Forse anche la nevrastenia è una malattia infettiva...

Alamanno                          - (ride) Ah, ah, ah!

Giulia                                 - Basta! M'hai seccata! (Esce).

Alamanno                          - Giulia! (Una pausa) Giulia! (Si alza).

Giulia                                 - (ritornando in fretta) Scusami, scusami caro. Non avertene a male. Non mi sento bene. Ho bisogno di star sola. Sai, capita anche a me. Del resto, se ti facessi compagnia, sarebbe una pessima compagnia.

Alamanno                          - (la guarda) Giulia, 6ei cambiata...

Giulia                                 - Sì; ma forse in meglio, sai, forse in meglio.

Alamanno                          - Non mi pare...

Giulia                                 - Tu, adesso, non puoi capire. Ma io…

Alamanno                          - Non mi vuoi più bene. Ti sei stancata di stare vicino a un uomo così...

Giulia                                 - (interrompendolo) Ma che dici? Ma no!

Alamanno                          - Allora spiegati.

Giulia                                 - Che cosa debbo spiegare? Ho una grande malinconia, ecco. Mi viene da piangere... (Piange, infatti, lasciandosi cadere su una poltrona).

Alamanno                          - E' la prima volta che piangi. Il tao pianto mi fa male. E' come se lo provocassi io. Sono io a provocarlo? (Una pausa) Non sono io. (Un'altra pausa) Tu forse hai il torto di credermi meno sensibile di quello che io sono. I nostri rapporti sembrano fondati su uno scambio di beni materiali: chiamiamoli tutti così, genericamente. Io, poi, ho tanti più anni di te, che posso sembrare il solito vecchio egoista che prende il suo ulti­mo godimento dove Io trova e lo paga qualunque somma non foss'altro che per vendicarsi dell'ingiustizia del tempo... Accade spesso, questo, agli uomini della mia età. E tu scusa, sai non hai fatto nulla per levare ai nostri rapporti il senso sgradevole di uno scambio di favori. Ma io... in questa lunga mortificazione del mio vecchio corpo... ho sperato di meritarmi da te qualche sentimento meno... come dire?... meno prosaico... di quelli che mi hai sempre elargiti. Ti ho amata, Giulia. Ti ho amata anche quando ho temuto che tu l'amore Io cercassi altrove...

Giulia                                 - (piangendo) Perché, ora, mi stai dicendo -queste cose?

Alamanno                          - Così. Forse perché i miei nervi sono di­ventati più sensibili da due giorni. Sai, ora i miei nervi avvertono perfino il silenzio: ti ho già detto, mi pare, che per l'eccesso di silenzio non riesco a dormire... All'età mia, qualche volta, si trova comodo far finta di non capire. La gente ride di questa falsa ottusità prendendola per vera; e noi diciamo fra noi: «ridete pure: noi cogliamo il nostro bene dove si trova ». Solo, come t'ho detto, a me capita di scoprire improvvisamente che il mio bene è un poco più in là, anzi un poco più in su. Troppo tardi, è vero? (Una pausa) Pazienza! Se vuoi partire anche tu... Ti prego, soltanto, se parti, di non farti vedere. Parti senza salutarmi, così. Non potrei sop­portare la pena di vederti partire... (Ha una lieve esita­zione; poi si avvia lentamente verso il fondo. Nel cor­ridoio passa in fretta Claudio, il quale, vedendo Ala­manno, si ferma sulla soglia del salotto). .

Claudio                              - Ciao, Alamanno. Stasera io vado via.

Alamanno                          - (freddo) Lo so.

Claudio                              - (vede Giulia) Ne approfitto per salutare anche la signorina.

Alamanno                          - Prego. (Cammina per uscire).

Claudio                              - Te ne vai?

Alamanno                          - Vorrei poter dormire una diecina di minuti.

Claudio                              - Allora ti rivedrò, prima di partire?

Alamanno                          - Sì. (Esce).

Claudio                              - (a Giulia) Che cos'ha? E voi, che cosa avete? Volete darmi la mano, in segno di amichevole riconciliazione e di saluto? (Una pausa; si accerta, con uno sguardo, che Alamanno si sia allontanato; e, infatti, contemporaneamente, si ode il rumore di una porta che si chiude sul corridoio) Non crediate che sia io a dovervi chiedere scusa. (E' nervoso; ma riesce a dominare il suo nervosismo) E' vero che ho usato contro di voi qualche violenza; ma non mi negherete l'attenuante della grave provocazione... (Un'altra pausa) Proprio adesso ho finito di parlare con mio figlio. Voleva partire anche lui; ma l'ho convinto a rimanere. Me ne dispiace per il mio vecchio amico Alamanno; ma queste cose vanno risolte così. Voi siete giovane; lui è giovane. Largo ai giovani! Io avrei qualche spiegazione da chiedervi; ma ci rinun­zio. Vi prego di tacere a mio figlio, sempre, i rapporti... bellicosi che sono corsi fra di noi. Mi sono accorto che egli li ignora e che non li ha capili, malgrado il mio scatto, così poco elegante da farmi apparire non un pa­dre premuroso, ma un... rivale tradito. In realtà, debbo riconoscerlo, in quel momento non ero ne l'uno né l'altro. Ero soltanto un uomo nervoso. Ora i nervi si sono distesi; ho ritrovato tutto il mio vecchio buon umore, tutta la mia vecchia filosofia. Sciocchezze, sciocchezze. Meglio non drammatizzare. Vado a mettermi un bellis­simo vestito da viaggio, e torno a salutarvi. (Si avvia verso il fondo; vede nel corridoio Corrado) Eccolo qua, mio figlio. Vieni, vieni, Corrado. (Entra Corrado. Clau­dio continua) Ai nostri rapporti... fraterni abbiamo le­vato gli ultimi veli. Perché usare delle finzioni per una sola parte della vita? Mi ricordo che quando tu ti al­zasti la prima volta da tavola per andare a fumare in un'altra sala, ti ho detto: «Fuma qua, Corrado; almeno mi fai compagnia ». Ebbene, sia così per tutto il resto. Conosco, per esperienza diretta, tutti i vizi degli uomi­ni; vorrei dire, li ho quasi tutti. Questa bella figliola ti piace? Tu piaci a lei? Amatevi. L'amore non è il peggiore dei vizi umani, purché non conduca al ma­trimonio.

Giulia                                 - (fredda, immobile) Vi debbo avvertire che Corrado sa benissimo dei rapporti... bellicosi corsi fra me e voi.

Claudio                              - (colpito, guarda prima lei, poi lui) Ah, li sai? (Guarda nuovamente lei) Gli avete detto di aver­mi corteggiato, tentato... Gli avete detto che io ero venuto qua per voi...

Giulia                                 - Anche lui era venuto qua per me.

Claudio                              - Anche lui! (Lo guarda) Sapendo... che io...?

Giulia                                 - No. Né lui sapeva di voi; né voi di lui. (Una pausa).

Claudio                              - E tu, Corrado, non mi hai detto niente nemmeno poco fa?

Corrado                             - (piano, a occhi bassi; ma con fermezza) Ho visto che tu facevi un sacrifizio per me... Non volevo darti un altro dolore. Ma la mia intenzione non era quella di rimanere. Volevo soltanto aspettare che tu par­tissi, per poi partire anch'io.

Giulia                                 - Vi volete molto bene, non c'è che dire. Vi rispettate scambievolmente, anche. Fate una commovente gara di altruismo e di cavalleria. L'uno ha l'aria di dire: «quello è giovane, ha più diritto lui di me». L'altro dice: «quello sta per tramontare; perché levargli una delle ultime, o forse l'ultima felicità? ». E' una gara molto umana, fra padre e figlio, dopo i primi scatti dell'istinto. Lì per lì, l'istinto rompeva i freni, assumeva forme di crudo egoismo. Ognuno di voi mi bramava, e manifestava la sua brama a modo suo. Ma poi l'affetto, la buona educazione hanno avuto il sopravvento...

 Claudio e Corrado            - (con rancore, contemporaneamente, a Giulia) Non l'affetto e la buona educazione vostra…

Giulia                                 - (si alza, li guarda) Ecco: questo mi meri­tavo: che il rancore di entrambi, dopo l'urto... intimo, si dirigesse improvvisamente contro di me. Prima urto fra di voi; adesso urto di voi due contro di me.

Claudio                              - Siete una...

Corrado                             - (contemporaneamente) Siete una...

Giulia                                 - Lo so che cosa sono.

Claudio                              - (a Corrado) No, non tu ti devi misurare con lei. Lei è troppo esperta per un uomo della tua età.

Corrado                             - (a Claudio) Mi fa esperto l'odio che provo per lei: l'odio per il dolore che ti ha dato.

Giulia                                 - Sono una vipera, una creatura luciferina, è vero? (A Claudio) Voi ve n'eravate accorto; lui se ne accorge ora, malgrado la confidenza che gli ho fatta... (Una pausa; poi a Corrado) Corrado, tu, però, potresti non disprezzarmi completamente...

Corrado                             - Non vi disprezzo. Ve l'ho già detto: vi odio.

Giulia                                 - Siete in due a odiarmi. Troppo odio, per una creatura ormai disarmata come me. Ho rinunziato io stessa alle mie armi. Vi ho indotti, sì, a seguirmi tutt'e due, l'uno all'insaputa dell'altro. Il gioco mi di­vertiva. Ero ancora pungente e affilata come una lama contro l'antica inimicizia maschile. Ma poi, a un tratto... Tu ti ricordi, Corrado, quello t'ho detto. Per quello che t'ho detto, tu potresti non odiarmi così. Vedi che ho tanta lucidità, pur nella mia disperazione, da distin­guere il limite che separa la mia depravazione dal mio ravvedimento. Tuttavia capisco che nel tuo odio c'è an­cora dell'amore; e un po' d'amore è anche nell'odio di tuo padre...

Claudio                              - (con violenza, più contro di sé che contro di lei) No! Niente! Né odio, né amore. Niente!

Giulia                                 - (a Claudio) E' la seconda volta che perdete la vostra calma, che minacciate di deviare dalla vostra linea di gentiluomo. Io sono così esperta e corrotta, che posso dirvi di provarne un sottile brivido di piacere. Mi siete piaciuti tutt'e due perché l'uno completava l'al­tro, perché l'uno mi aiutava a comprendere l'altro. Non è facile trovare in un uomo di una certa età le tracce della sua infanzia amorosa; tanto meno è facile indovi­nare in un giovane la patina di goffa sicurezza e di ci­nismo che gli anni metteranno sui suoi sentimenti. Que­sto è possibile in un padre e in un figlio che si assomi­glino. Dovete riconoscere che la mia avventura, sotto questo aspetto, è prelibata; più unica che rara. Ma ecco che io ne sono punita: vi perdo tutt'e due. Non sapevo che l'amore non consumato potesse dare la stessa espe­rienza e le stesse amarezze che dà l'amore quando è tutto provato e tutto finito. Eccomi: esco dalla mia av­ventura più disfatta di prima, più decisa di prima a non amare e a non soffrire. Poco fa l'uomo che io ho con­dotto sull'orlo del disfacimento fisico e forse della paz­zia mi ha quasi commossa perché mi ha parlato con una malinconia della quale non lo credevo capace. Mi ha parlato come mi avreste parlato voi, Claudio, sul limite estremo della maturità, dopo l'amore. M'ha parlato come voi, Corrado, non sapete ancora che gli uomini possano parlare quando l'ultimo egoismo maschile sta per sciogliersi nella prima rassegnazione. Ne avrei potuto pian­gere, così come ho pianto del mio sogno di purezza ca­duto per colpa mia prima di compiersi... Ma, per for­tuna, siete venuti voi due, armati del vostro odio, a darmi la possibilità di riprendermi, di ritrovare i miei istinti più forti. E' meglio, è meglio. Ve ne ringrazio; vi sa­luto. (Fa l'atto di uscire).

Corrado                             - Un momento. (Ella si ferma. Guarda Claudio).

Giulia                                 - (a Claudio) Debbo fermarmi?

Claudio                              - (guarda il figlio; poi a Giulia) Non per me.

Corrado                             - (a Giulia) Per tutt'e due, papà. Io, dinanzi a te, le debbo una riparazione, se lei è stata ed è vera­mente sincera.

Giulia                                 - Non ho fatto certamente il mio elogio, perché tu debba credere che io non sia stata sincera...

Claudio                              - La sincerità delle donne è quasi sempre un tranello.

Giulia                                 - Un tranello? Il mio? In questo momento? Già! Voi siete cinico...

Claudio                              - (insofferente, a Corrado) Sentiamo, sbrigati.

Corrado                             - Ti chiedo un po' d'indulgenza, papà.

Claudio                              - Tu sai che con te la mia indulgenza è infinita.

Corrado                             - Io le debbo una riparazione, perché con me lei ha parlato...

Giulia                                 - (interrompendolo) Capisco, Corrado, quello che vuoi dire. Ma, se è soltanto per dirgli questo, prima di tutto è tardi; e poi la mia presenza è superflua.

Corrado                             - No, non è superflua. Adesso mi rendo conto di tutto. Tu hai chiesto il mio aiuto per bisogno di elevazione, di purificazione...

Giulia                                 - Nessun aiuto ti chiedo ormai...

Corrado                             - Non ora. Allora. Quando mi hai parlato da solo. Quando, per farti intendere, mi hai detto la cosa terribile che mi ha fatto tremare. Ci sono alcune delle tue parole che io ricordo perfettamente: «Vorrei impa­rare a non odiare perché il mio primo istinto non era quello di odiare e dopo tanti esperimenti crudeli quel mio primo istinto sembra voler rinascere ». Non m'hai forse detto di volere aver fede nell'uomo e nell'amore?

Claudio                              - (sarcastico) Ecco! Ecco!

Corrado                             - Lasciami dire, papà: ti prego! Non è più da me ch'ella potrà avere la possibilità di trovare la fede che ella cerca. Fra me e lei, oramai, c'è la tua ombra, così come lei ve l'ha messa, in maniera perfino malde­stra. Ma il suo sentimento, e la voce con cui ella m'ha confidato il suo sentimento, mi hanno toccato. Ora lei dice che questa avventura l'avrebbe ricacciata indietro, le avrebbe ridato tutti i suoi istinti peggiori. Non mi pare, Giulia. Tu hai visto che non solo gli uomini stan­chi dell'amore, come potrebbe essere mio padre, ma anche quelli che sono appena sulla soglia dell'amore come me sono capaci di sacrifizio...

Claudio                              - (dopo aver guardato Corrado) Tu ami an­cora questa donna, Corrado?

Corrado                             - (irritato) Non l'amo! Vorrei che non si perdesse!

Giulia                                 - (disperatamente, a occhi bassi) Sono già perduta.

Corrado                             - (febbrilmente) Non è vero che sei per­duta. La tua vita spirituale si è svolta - me l'hai detto tu stessa prima in un clima familiare deplorevole, poi in una serie di avventure venali, volgari…. Tu hai cercato la tua eleganza esteriore e non ti sei preoccupata della tua eleganza intima; sono parole tue.» Tu hai odiato gli uomini, in partenza, perché hai conosciuto e hai cer­cato soltanto uomini degni di essere odiati. Vedo chiaro, ti assicuro: vedo con la stessa lucidità con cui vedi tu, con la stessa spietata intelligenza con cui tu analizzi i fatti e i sentimenti. Ebbene, eccoti di fronte a due uomini diversi da quelli che tu forse hai il diritto di odiare. Ce ne sono, dunque. Devi ammettere che ce ne sono!

Giulia                                 - (dolcemente; ma disperatamente) Sì, sì, hai ragione. Ti ringrazio. Addio.

Corrado                             - (energico) Aspetta!

Giulia                                 - Aspettare, perché? M'hai detto tutto quello che dovevi dirmi, no? M'hai detto perfino che sono stata maldestra nel mettere fra me e te l'ombra di tuo padre. Non so se tu abbia ragione o non abbia ancora capito che ho sbagliato senza volerlo. Si può comunque arri­vare alla luce anche attraverso un errore. E la luce m'era venuta da voi due. Non mi sarebbe venuta, forse, se non avessi potuto vedere il tremito di tuo padre quando io gli ho detto che stavo per lasciarmi prendere da te. Non mi sarebbe venuta se tu, dopo la mia confessione, non avessi mostrato di comprendermi. (Una pausa; poi con disperazione) Solo, mi accorgo, ora, che non era una luce; ma una lucciola; forse un fuoco fatuo, che na­sceva sul piccolo cimitero lontano della mia infanzia. (Amara) «Sciocchezze, sciocchezze...». Vero, signor Som­ma? (Ride, amara. Esce. Mentre ella esce, Corrado h segue con lo sguardo. Una pausa).

Claudio                              - (affettuoso, triste) Tu l'ami ancora, Corrado.

Corrado                             - (mentendo) No.

Claudio                              - Tu l'ami. (Gli trema fa voce. Una pausa) Ora io ti direi: «prendila»; come t'ho detto poco fa, quando non sapevo», e quando mi pareva che si trat­tasse di un'avventura come tante altre. Ma tu... ti sei innamorato di lei in una maniera preoccupante (è come lo dicesse anche a se stesso) e lei è tale donna che po­trebbe farti soffrire molto, con la sua intelligenza. La qualità della sua intelligenza è una qualità pericolosa, malefica, dissolvitrice. Non credo che l'eccessiva intel­ligenza possa condurre alla fede, nell'amore. (Sospira) Capisco, capisco perfettamente il fascino che la sua intel­ligenza può esercitare su di te. Tuttavia, ora debbo dirti: guardatene. Parti; vattene. Io e te siamo fatti allo stesso modo: abbiamo bisogno di creature miti, dolci, pazienti, devote, meno inquiete, meno cerebrali. Esse sono il no­stro riposo, il riposo della nostra vita spirituale troppo vigile e troppo intensa. Così era tua madre; così è la donna... che vive vicino a me da tanti anni. Vedi un po', se per caso non sia così la ragazza che s'è innamo­rata di te. Se è così... sposala. Per uomini come me e come te, il matrimonio può essere una remora, un freno. Non badare al male che io dico del matrimonio. Tu vedi che, malgrado tutto, io vivo ancora... come se fossi spo­sato. (Gli si avvicina, lo prende affettuosamente per le braccia) Be'? Che hai?

Corrado                             - (turbatissimo) Niente, papà.

Claudio                              - (cambiando volutamente tono) Ho pensato di mandarti un poco all'estero. Vuoi andarci?

Corrado                             - (rassegnato) Sì.

Claudio                              - Dove preferisci andare?

Corrado                             - Dove vuoi.

Claudio                              - Io, per conto mio, ho un altro progetto -non metterti a ridere - e te lo dico perché oramai fra me e te è bene scambiarsi pareri e consigli... Tu gai... be', insomma, sì, lo sai... che io sono da molti anni buon amico della signora Ardèa... E' una donna fine, in­telligente... ma di una intelligenza che vorrei dire misu­rata, costruttiva... Mi è stata sempre fedele, malgrado il mio temperamento... inquieto. Avrei deciso... di sposarla... anche perché quella ragazza... quella signorina Dèdalo... mi ha detto... (sorride ironico) mi ha detto con una certa solennità... non priva di ragionevolezza... che, avendo io un figlio giovane, farei bene a essere in regola di fronte agli uomini e di fronte a Dio... che te ne pare?

Corrado                             - Va bene, papà.

Claudio                              - Tu parti... e al tuo ritorno... mi trovi spo­sato. Perché tu possa essere più libero, prenderai per te tutta l'ala destra della nostra casa; incomincerai a farti una vita più decisamente tua; preparerai il nido... alla donna che ti andrà di sposare... Ti piace quella signo­rina Dèdalo?

Corrado                             - Sì.

Claudio                              - Be', in questo non devi mica dirmi di sì per contentarmi... Sei tu, che devi sopportarla per tutta la vita... Cioè, sopportarla, che cosa mi fai dire!... Sì, in­somma, nel matrimonio bisogna un po' sopportarsi scam­bievolmente...

Corrado                             - (sforzandosi a sorridere) Papà, ora vado a prepararmi per la partenza...

Liliana                                - (dall'interno) Cameriere, dov'è il signor Somma padre?

Claudio                              - Eccomi. Sono qui.

Liliana                                - (ancora dall'interno) Dove sei? (Entra, vede Corrado) Non siete ancora pronto?

Claudio                              - (nervoso) Prontissimo, prontissimo.

Liliana                                - Che avete? Mi sembrate inquieto.

Claudio                              - No, no. Mi secca di prepararmi alla par­tenza. Ho fatto male a non condurre con me il mio cameriere.

Liliana                                - Se volete, ci penso io.

Claudio                              - Ah, grazie! Anche per Corrado, allora.

Liliana                                - Non è la prima volta, no?

Claudio                              - Già... è vero... Voi sapete che noi, noi Som­ma, siamo abituati a farci un po', come si direbbe? non servire!, aiutare dalla nostra amica... Siete tanto buona...

Liliana                                - Tanto buona, che i vostri bauli sono già preparati. Vi ho lasciato fuori un vestito da viaggio...

Claudio                              - (sforzandosi a sorridere) Da viaggio... di nozze?

Liliana                                - (maliziosa) Chi lo sa! E Corrado parte anche lui, dunque? Mi avevate detto che rimaneva...

Claudio                              - Sì; ma ci ha ripensato. (A Corrado) Posso dirle la verità? (Poi a Liliana) Aveva preso una cotta per quella... come si chiama quella signorina...

Liliana                                - (fingendo) Dèdalo?

Claudio                              - No, per quell'altra... quell'amica di Ala­manno.

Liliana                                - Ah, ho capito. Una cotta?

Claudio                              - Sapete com'è. Questi ragazzi, appena ve­dono una donna un po'...

Liliana                                - (con intenzione) Già! Questi ragazzi... tutti eguali!

Claudio                              - Spero che gli sia passata. Sono sicuro, anzi, che gli è passata.

Liliana                                - Be', all'età sua, le cotte passano presto soprattutto quando si è uomini. Forse, quando si è donne, invece... Quella povera signorina Dèdalo, per esempio, si è chiusa nella sua camera, piange...

Claudio                              - E perché?

Liliana                                - (a Corrado) Debbo dirlo? (Poi, a Claudio) Ha ricevuto un biglietto di Corrado. In questo biglietto Corrado le dice... sì, insomma... la congeda.

Claudio                              - (a Corrado) L'avevi scritto prima di deci­dere la partenza? O non le vuoi bene? (Una pausa) Cor­rado... (Nel corridoio passa Giulia. E' vestita per partire. Claudio la vede, la guarda. Anche Liliana, seguendo Claudio, la guarda. Corrado la sente, senza muoversi). .

Giulia                                 - Buon giorno, signora.

Liliana                                - Partite?

Giulia                                 - Sì.

Liliana                                - Così presto?

Giulia                                 - Un vagabondo diceva: il cielo sopra di me, la strada sotto di me; non chiedo altro.

Liliana                                - E partite sola?

Giulia                                 - Sì.

Liliana                                - Una decisione... improvvisa?

Giulia                                 - Sono le migliori. Non lasciano tempo al rammarico, al pentimento...

Liliana                                - (imbarazzata) Allora... buon viaggio!

Giulia                                 - Grazie. (Via. Corrado non si è voltato a guar­darla, non si è mosso. Ha mostrato solo con l'espressione di ascoltare la sua voce. Quando ella si è già allontanata, i muscoli del suo viso si muovono come per trattenere il pianto).

Liliana                                - (guardando Corrado e Claudio) Non vi ha salutati?

Claudio                              - (guarda con la coda dell'occhio Corrado, che ora piange) Mah! (Arriva il cameriere che si ferma sulla soglia).

Il Cameriere                       - La guida desidera sapere se prima di partire volete visitare il luogo dove avvenne la battaglia del Trasimeno.

Claudio                              - (quasi fra sé; senza voltarsi) Grazie, grazie! Ci siamo già stati. (Lieve cenno significativo da parte di Liliana, che ha compreso).

FINE