La beffa del destino

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La beffa del destino

Dramma in tre atti di Roberto Farinacci

 

 

PERSONAGGI

PAOLA

GIORGIO

LUISA (zia di Paola)

GIACOMO (padre di Giorgio)

Capitano LUPERI

GRAZIELLA BELETI

ADA (sua figlia)

Contessa STELLA

Marchesa AMALFI

Conte ROMELLI

Comm. BARGETTI

Sig.na SOLSI

Sig.na MARGHETTA

GIOVANNI

DORA

GIULIA

ANDREA

UN CAMERIERE

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

(La scena si svolge nel salone di un albergo di montagna. Nella sala un tavolo al quale han preso posto giocatori assorbiti dal poker: Giovanni, Dora, Giulia, Andrea, ecc.. In un angolo sopra un lungo divano semicir­colare siedono: la contessa Stella, la signo­rina Marchetta, la signorina Solsi e la marchesa Amalfi. In altre due poltrone a si­nistra: la signora Masternis Luisa intenta a sfogliare una rivista e la giovane Paola affidata alle sue cure, che ricama.

Il conte Romelli, il comm. Bargetti, il ca­pitano Luperi, in piedi discorrono: sono tre brillanti scapoloni).

Romelli                  - (alla contessa Stella) Come mai, contessa, non avete fatto la vostra passeggiata?

Stella                     - Non ho nessuna voglia di cammi­nare oggi. Questa notte, fino a tarda ora, siamo stati alla veglia danzante del Grand Hotel.

Bargetti                 - La contessa ha ragione; non ha perduto un ballo; ha diritto al meritato riposo.

Luperi                    - Anche perché domani è sabato, e al ritorno dei mariti le signore devono tro­varsi in piena efficienza.

Stella                     - (scoppiando in una risata con le al­tre amiche) Lei è sempre un simpatico burlone.

Solsi                      - Ha ragione Luperi. Quando ci avvi­ciniamo al sabato, le nostre amiche mari­tate diventano stanche e taciturne.

Romelli                  - Si preparano a dire ai loro mari­ti che, nella lunga solitudine, si sono annoiate.

Bargetti                 - E qualcuna inventerà di essere afflitta da mal di testa per avere preso troppo sole.

Luperi                    - Male di testa che alla partenza dei mariti passa istantaneamente.

Amalfi                   - Si vede che avete una grande competenza in materia.

Luperi                    - Sì, sì, tanto è vero che mi hanno qualche volta consultato sul modo miglio­re di comportarsi all'arrivo dei mariti.

Stella                     - E lei cos'ha detto?

Luperi                    - Ho persuaso la cliente di aver be­vuto acqua ghiacciata, con tanto calore di convinzione, che ella pareva oppressa da dolori inenarrabili e dalla necessità estre­ma di quarantott'ore di riposo.

Romelli                  - Tutto questo non è certamente fatto per spingere noi al matrimonio.

Luperi                    - Ma fino a che le signore si limita­no a questo, nulla di grave. Il brutto è che i mariti arrivano e trovano la moglie senza il becco di un quattrino. Oggi è di gran moda il gioco; ed è quasi una civet­teria per una signora poter dire: ieri sera ho perduto al poker cinque, dieci, quindici mila lire. La signora Dora, per esempio, passa un'intera giornata e quasi l'intera notte a quel tavolo, e finisce per dimenticarsi la montagna, il marito ed il sesso.

Dora                      - Ognuno si diverte come meglio cre­de. Lei preferisce la danza o la pineta; io preferisco il gioco.

 Luperi                   - Non per muoverle appunto, signo­ra Dora: a noi può rincrescere che le car­te ci privino di una compagnia così pre­ziosa.

Giovanni               - (uno dei giocatori) Se non è con voi, è però in nostra compagnia che può esserle uguamente simpatica.

Dora                      - Ben detto.

Romelli                  - Si vede che la sorte non arride alla signora Dora.

Amalfi                   - (al conte Romelli e Luperi) Ma non siate impertinenti, lasciateli in pace. Non credo che siate proprio voi i più indicati a predicare la morale.

Romelli e gli altri in coro        - Oh, marche­sa, nessuno di noi intende fare il mora­lista.

Bargetti                 - A noi sembra strano che delle belle signore possano rimanere inchioda­te ad un tavolino da gioco per ore ed ore.

Dora                      - Il gioco è fatto per le persone in­telligenti.

Giulia                    - (alquanto sorridente) E poi non dobbiamo rendere conto a nessuno.

Giovanni               - ... Non solo, ma ognuno a que­sto mondo è padrone di fare i propri co­modi.

Luperi                    - (sempre con aria scherzosa) Calma, calma; non era nella mia intenzione tur­bare la vostra serenità. Domando scusa se ho parlalo a nome dei mariti assenti.

Giulia                    - Veramente a voi mancano tutti i requisiti per parlare a nome dei nostri consorti.

Giovanni               - Ma signore, non distraetevi, non vedete che Luperi vuol farci perdere la bussola?

Dora                      - (alzandosi tutta nervosa, ai compa­gni di gioco) Andiamo via, qui si è troppo disturbati, non si può rimanere.

Andrea                  - (altro compagno di gioco) Sì, an­diamo nella saletta vicina al bar che è sempre deserta.

(/ quattro si alzano, ed abbandonano il salone).

Stella                     - Su via, non siete stati carini!

Luperi                    - Ma la signora Dora, quando per­de, è sempre così.

Romelli                  - Infatti la signora Giulia che deve aver vinto, agli scatti dell'amica sorri­deva.

Stella                     - Vi consiglio di rimediare subito. Di fronte ad un bel mazzo di fiori, la donna perdona facilmente.

Romelli                  - Se non basterà un mazzo, un cesto!

Bargetti                 - E se non basterà un cesto, un giardino intero.

SCENA SECONDA

(Entra nel salone la signora Graziella Be-leti con la figlia Ada. La signora Graziel­la è in cerca di marito per la figlia. La si­gnora Graziella è un tipo di donna curiosa e ridicola).

Stella                     - (non appena scorge le due signore si alza e dice sottovoce ai tre) È la signora Beleti che è sempre in angustia: si è ac­corta che la figlia ogni anno ne conta uno in più e vuole a tutti i costi trovarle marito.

Luperi                    - (alle signorine Marchetta e Solsi) È una concorrente sleale ai vostri danni!

Marghetta              - Ma vada là...

Solsi                      - Noi non abbiamo bisogno di cer­carlo il marito. È difficile scegliere...

Graziella                - (andando incontro alla contessa Stella) Buon giorno contessa. Abbiamo fatto una magnifica passeggiata nella pi­neta.

Stella                     - Molta gente?

Graziella                - Moltissima; (sottovoce) siamo rientrate in albergo perché tutti gli occhi di quei giovanotti erano fissi sulla mia figliola.

Stella                     - Ohibò! l'avranno trovata carina!

Graziella                - Sì, ma in montagna non pen­sano che a divertirsi, non hanno inten­zioni serie. E mia figlia ha tale educa­zione che non può servire da trastullo a chicchessia.

Stella                     - Sì, quassù i giovani sono tutti dei buontemponi. Eccone altri tre. (Li pre­senta): conte Romelli, comm. Bargetti, capitano Luperi.

Luperi                    - (mentre la contessa Stellasi intrat­tiene con la signorina Ada) Da molto tempo è qui, signora?

Graziella                - Sì, da un mese.

Bargetti                 - Come mai la vediamo così di rado?

Graziella                - Conduciamo una vita salubre. La mattina sveglia di buon ora e passeg­giata in montagna; si ritorna stanche e subito dopo il pranzo, a dormire. Voglio che mia figlia porti bellezza e salute a chi la dovrà sposare. È una giovane di­versa dalle altre: non ama il chiasso, la vita notturna o il gioco. È nata per far felice l'uomo che sarà suo. Quanto è cara quella figliola!...

 Luperi                   - Ha preso tutto da sua madre!

Romelli                  - Peccato, signora, che nessuno di noi tre ha intenzione di prender moglie!

Graziella                - Come, nessuno di voi ha mo­glie?

Luperi                    - No, no, tutti signorini!

Graziella                - (sorpresa e piena di speranza) Ada, Ada vieni, che questi tre giovanotti vogliono conoscerti. (Romelli, Bargetti, Luperi, si guardano meravigliati e sorridono). Ecco mia figlia. Quant'è cara! Co­m'è intelligente e ricca di virtù!

Luperi                    - (rivolto a Bargetti) Con la ric­chezza... di virtù si combina poco a que­sto mondo!

Graziella                - Ma una donna, che ha altre ricchezze, ha ben altre pretese che sono in contrasto con la felicità matrimoniale.

Romelli                  - Per non sbagliare allora è meglio rimanere scapoli.

Graziella                - Eppure bisogna che ognuno si crei una famiglia. Così non potete rima­nere a lungo. Siete giovani maturi. Do­vete assolvere ad un sacrosanto dovere. Ma bisogna scegliere bene: questo è l'im­portante. Se, per esempio, uno di voi sposasse una signorina che avesse una madre come me, che vi starebbe sempre vicino, vi darebbe saggi consigli, vi ter­rebbe la direzione della casa, non sareste felici?

Luperi                    - (rivolto agli altri due) Questo ma­trimonio a tre è simpatico; quasi ve lo consiglio.

Romelli                  - (come sopra) Se un fattaccio di questo genere dovesse avvenire, la prece­denza sarebbe per voi: l'anzianità crea dei diritti.

Graziella                - (al conte Romelli) Fattaccio sposare una figlia come la mia? Cos'ha di diverso delle altre? E io non sarei una donna che porterebbe ordine in una casa ?

Ada                       - Mamma, te l'ho detto tante volte che gli uomini vogliono rimanere soli con la moglie!

Graziella                - E tu rinunceresti a tua madre?

Ada                       - Ma sono necessità della vita!

(Nel gruppo delle signore si discute sotto voce e si ride del dialogo).

Graziella                - No, mai, l'occhio materno non deve abbandonare mai una figlia. Sei troppo inesperta a questa età.

Ada                       - Ma io sono grande... so quel che mi faccio; sono sicura che mio marito sareb­be felice di me...

Graziella                - No, tu non potrai essere felice senza tua madre!

Ada                       - Eppure questo sacrificio bisogna ac­cettarlo; gli uomini sono tanto difficili!

Luperi                    - Difficili e ingrati perché non sen­tono amore per le suocere. Questa è la triste realtà della vita, signora mia!

Ada                       - Ci verremo a trovare, ogni tanto. Un giorno io da te, jii altro giorno tu da noi,,.

 Graziella               - Voi non sapete quello che dite; una madre come me è una guida neces­saria agli sposi.

Luperi                    - (scostandosi con ostentata prudenza) Sarà vero, sarà vero, signora, ma se essi non vogliono...

Graziella                - Allora mi oppongo al matri­monio.

Luperi                    - (scoppiando in una risata assieme a Bargetti e Romelli) Benissimo, benissi­mo! Siamo arrivati tutti alla stessa con­clusione.

Graziella                - Scusate, quale conclusione?

Luperi                    - Di rimanere tutti come siamo.

Graziella                - La vecchiaia vi arriverà addos­so, nessuno avrà cura di voi, rimarrete soli.

Luperi                    - È più brutta la compagnia della suocera...

Graziella                - È detestabile che voi non sen­tiate la bellezza della famiglia. Una buo­na moglie sarebbe la vostra salute fisica e spirituale.

Luperi                    - L'esperienza ci dice che i matri­moni sono la tomba dell'amore. Dunque, perché resti sempre vivo e fresco, bisogna cambiare la donna.

Graziella                - Non fate questi discorsi davan­ti ad una signorina!

Luperi                    - Non abbiate timore; vostra figlia è tanto intelligente...

Ada                       - Così parlano gli uomini viziati che non hanno cuore.

Graziella                - Vi voglio vedere da vecchi, se farete gli spiritosi!

Romelli                  - Oh, ce n'è del tempo, non dispe­rate, possiamo ravvederci ancora.

Bargetti                 - Ogni uomo, come farfalla, svo­lazza di fiore in fiore fino a che non trova il miele e vi si attacca.

Graziella                - E voi non avete ancora trovato il miele?

Bargetti                 - Quello buono buono, no.

Romelli                  - Siamo molto disgraziati signora Graziella. Nemmeno io ho trovata la ra­gazza che risponda ai miei gusti per tut­ta la vita!

Graziella                - I suoi gusti debbono essere molto difficili.

Luperi                    - Sì veramente. Se è bruna la vuoi bionda, se è povera la preferisce ricca e se è ricca ha paura di passare per mante­nuto. Succede anche a me la stessa scia­gura. Se è magra io sento irresistibile il desiderio di ammirare dei fianchi potenti (non abbia paura signora, sua figlia è molto intelligente), se è grassa temo che mi diventi obesa da un momento all'al­tro. Voi che sareste la suocera ideale, co­me mi verreste in aiuto? (Molti ridono, qualcuno finge di scanda­lizzarsi).

Ada                       - Voi mettete tutto in ridere ma dovre­te riconoscere che noi donne siamo più giudiziose; noi sentiamo quale è la no­stra missione: la famiglia ed i figli.

 

 Luperi                   - Anche i figli? Oh che brava ragaz­za e che nobili propositi!

Graziella                - Che voi non sapete né intende­re né apprezzare.

Luperi                    - Gli uomini da ammogliare non so­no tutti come noi. Ma non abbia paura: è più difficile resistere al matrimonio che cedere. Il nostro sesso è più generoso, più fantastico ed impetuoso del vostro. Noi siamo meno astuti, meno pratici e meno freddi, siamo più ingenui e creduloni delle donne. Le buone occasioni non vi mancheranno. (In tono semi serio). Tra poco arriverà un mio amico da Berna, dove il padre che lo portò là da bambino, ha fatto una enorme fortuna. Quello sì, che è deciso a prendere moglie. Lo cono­sco da quando eravamo studenti insieme. Non potrà resistere alle insistenze di suo padre. Ecco una bella occasione per sua figlia.

Marchetta              - (alla signorina Solsi) E noi per punire la vecchia ce lo faremo subito presentare e non lo lasceremo un minuto da solo.

Amalfi                   - (alla contessa Stella) Contessa, andiamo a fare due passi?

Stella                     - Volontieri, marchesa. (Escono).

Graziella                - (a Luperi) Mi promette di pre­sentarmelo subito?

Ada                       - È biondo, bruno, alto, basso?

Luperi                    - Calma, calma signorina. £ un bel giovanotto ed è molto ricco.

Graziella                - Io non cerco ricchezza, ma se c'è, pazien?.a!

Romelli                  - (sorridendo) Giusto, giusto, non bisogna mai rifiutare il denaro. Il cuore e una capanna vanno bene solo nei ro­manzi.

Graziella                - (salutando assieme alla figlia i tre) Bene, bene, siamo d'accordo. Arri­vederci presto e speriamo che il suo ami­co sia giunto. Andiamo a fare un po' di toletta.

Solsi                      - (a Marchetta, ironicamente) Chissà come sarà elegante! (Madre e figlia lasciano il salone).

Bargetti                 - (rivolgendosi alle signorine Marghetta e Solsi) Hanno visto, signorine, che a momenti si costituiva una società anonima matrimoniale?

Marchetta              - Quella vecchia crede sul serio di avere per figlia una rarità.

Luperi                    - Soprattutto è spassosa l'assidua pre­senza che la vecchia assicura agli sposi. È l'unica dote che ha offerto.

Bargetti                 - Pare fatta apposta per allontana­re ogni idea di matrimonio.

Solsi                      - (a Luperi) Non appena arriva il suo amico, lo presenti a noi invece.

Marchetta              - Siamo ansiose di conoscerlo.

Romelli                  - (a Luperi) L'infelice non potrà immaginare tutta questa aspettativa.

Luperi                    - Ma è un giovane brillante, e non si perderà di coraggio.

Bargetti                 - La cosa si presenta divertente.

 Solsi                     - Divertente perché?

Bargetti                 - Vi pare che possa mancare d'in­teresse l'incontro di una signora Graziella con un genero così opulento?

Marchetta              - Io vi consiglio di non presen­tarlo ne alla madre, né alla figlia.

Luperi                    - Oh, non posso mancare alla pro­messa. Del resto Giorgio è uomo di spi­rito e si divertirà un mondo.

Solsi                      - No, state attenti, nessuno riuscirà poi a torglicrli d'attorno la signora Gra­ziella.

Bargetti                 - ...È peggio di una sanguisuga.

Luperi                    - Mi pare che qui si vada riscaldan­dosi l'ambiente col fuoco della gelosia.

Solsi                      - Gelosa di un uomo che non cono­sciamo? (ride).

Marchetta              - E poi non temiamo la concor­renza della signorina Ada.

Luperi                    - Questo non si può mai dirlo. I gusti sono gusti, care signorine, e io ne ho viste di tutti i colori.

SCENA TERZA

(Entra Giorgio Brandinelli giunto da Berna. Bella figura di giovane. Abbraccia Luperi).

Giorgio                  - Come va, caro Luperi?

Luperi                    - Stavo proprio in questo momento annunciando ai miei amici il tuo arrivo. Ti presento il conte Romelli, il comm. Bargetti, le signorine Marghetta e Solsi che danno tanta vita ad ogni nostra gita e ad ogni festa.

Giorgio                  - Avevo desiderio di vederti. Da quando ci siamo lasciati, da studenti, ho sempre sperato di rivedere l'Italia e pas­sare qualche giorno con te. Non ho mai dimenticato la nostra vita goliardica e le tue belle avventure. Ancora le signore e signorine del nostro circolo si ricordano di te...

Luperi                    - E tuo padre?

Giorgio                  - È rimasto a Berna. Non è possi­bile distoglierlo dal suo lavoro.

Bargetti                 - Un po' di riposo quassù, fra questi monti, gli avrebbe fatto bene.

Giorgio                  - Non e possibile, non vuole vivere un'ora lontano dai suoi stabilimenti. So­lo in una attività intensa egli trova la migliore, anzi l'unica distrazione, da quan­do è morta mia madre. Vedi, nemme­no io, che sono l'unico suo figlio, posso dargli conforto. Ormai non ha che un solo desiderio: è la sua invocazione gior­naliera: vuole che io mi sposi. Tu sai Luperi se era un giorno possibile che io potessi pensare per un istante ad un legame di questo genere. Ma io voglio molto bene a mio padre. Così affet­tuoso e triste! Pare un uomo che viva di ricordi. Forse mio padre ha lavorato troppo; la sua vita è stata faticosa e tra­vagliata. Forse una cara ragazza in casa nostra gli porterà via la tristezza come un raggio di sole. Nel matrimonio di suo figlio egli vede ritornare la sua giovi­nezza senza i dolori che ha sofferto: mi dice sempre così. Finché a poco a poco io ho sentito la stessa gioia di lui. Sono io stesso ora che mi voglio sposare. Non ri­dere caro Luperi, ho il coraggio di dire che io credo alla felicità del matrimonio. E ti concederò solo questo: che bisogna scegliere bene ed avere fortuna.

Solsi                      - Ma allora lei non ha ancora trova­to una fidanzata?

Marghetta              - E sì che di belle donne a Ber­na non ne devono mancare.

Giorgio                  - Io voglio sposare una donna ita­liana. Mi hanno portato in Isvizzera da bambino, ma la nostalgia della Patria è diventata sempre più forte. C'è in questa terra antica e luminosa qualche cosa che desta uno stupore religioso e solenne e qualche cosa che suscita la gioia, la sere­nità e la fede nella vita. E poi oggi quando si può dire di essere cittadino italia­no, quando si ricorda quello che hanno fatto gli italiani in guerra e dopo la guer­ra, l'anima si riempie di grande orgoglio. Noi non siamo più la cenerentola della terra.

Solsi                      - Ha ragione.

Marchetta              - (quasi contemporaneamente) Certo, la sua sposa non potrà essere che italiana.

Luperi                    - Non ti riconosco più. Parli da uo­mo saggio, Giorgio.

Giorgio                  - Caro mio, certi avvenimenti mu­tano lo spirito ed impongono altre neces­sità.

Romelli                  - (a Luperi) Noi andiamo a rag­giungere gli amici; ci vedremo più tardi.

Solsi                      - Anche noi andiamo in giardino dove abbiamo lasciato le nostre mamme.

(Marchetta, Solsi, Romelli, Bargetti, salutano e lasciano il salone).

Romelli                  - Arrivederla signor Giorgio.

Bargetti                 - A questa sera.

Solsi                      - Dopo pranzo speriamo di averla in nostra compagnia. Le faremo conoscere le nostre madri e domattina le faremo da guida nelle magnifiche passeggiate che ci offrono questi monti.

Giorgio                  - Buon giorno.

Luperi                    - Ti hanno sistemato bene in al­bergo?

Giorgio                  - Per ora provvisoriamente, ma mi hanno promesso che entro questa sera mi daranno un appartamento.

Luperi                    - Gli alberghi sono pieni dappertut­to: molti miei amici che intendevano re­carsi in montagna non hanno trovato posto. Anche le spiagge rigurgitano di gente. Si parla di crisi, ma ognuno si di­verte. Se tu vedessi, la domenica, quale moltitudine inonda le stazioni climatiche e le spiagge!

Giorgio                  - Non mi fermerò a lungo quassù. Ho deciso di intraprendere un lungo viag­gio attraverso l'Italia. Sento quasi la vergogna di essere giunto all'età di ventino­ve anni senza conoscere bene il mio pae­se. La nostra industria e le necessità dei nostri affari con Milano mi hanno per­messo di fare in Italia delle brevi capatine e mi è cresciuto il desiderio di conoscerla. Non è curiosità, è bisogno...

Luperi                    - Roma oggi è veramente una gran­de città. È il premio più bello che gli Ita­liani potevano dare a se stessi, dopo la guerra.

Giorgio                  - Gli Svizzeri che l'hanno visitata sono rimasti entusiasti.

Luperi                    - Senti, io non ho nessun legame quassù, possiamo farlo assieme questo viaggio a Roma. Ho qui una potente au­tomobile, ma dobbiamo fare diverse tappe, non come quegli stolti che scambiano il mezzo per il fine e corrono per correre senza saper dove. Guarda che splendido itinerario: Venezia, Rimini e poi Viareg­gio. Le più belle donne di questo mondo attendono là di essere viste ed ammirate.

Giorgio                  - Tu sai godere la vita, Luperi. Qui prenderò riposo per una quindicina di giorni e poi ti seguirò.

Luperi                    - Nemmeno qui avrai da annoiarti. Ce n'è per tutti i gusti e senza lotta di concorrenza. Ti piacciono sempre le bion­de? A me le brune. Poi tu sei uomo da matrimonio e devi adocchiare le signori­ne ancora in fiore; io preferisco le donne mature.

Giorgio                  - Ma sei sempre il solito mattac­chione!

Luperi                    - Cerco di rendere sempre meglio sopportabile questa valle di lacrime.

Giorgio                  - Chi è quella signorina (indicando la signorina Paola) laggiù con quella signora anziana?

Luperi                    - È una signorina piemontese che è qui da qualche tempo. Non ha amicizie. Al mattino cammina tutta sola per i bo­schi e nel pomeriggio si mette in disparte e ricama.

Giorgio                  - E quella signora è sua madre?

Luperi                    - No, deve essere o una governante o una sua parente.

Giorgio                  - Suo padre, sua madre, chi sono e che fanno?

Luperi                    - Non so, credo che non abbiano fatto confidenze a nessuno.

Giorgio                  - È strano che vivano in un albergo, come questo, lontane da tutti.

Luperi                    - La signorina con quel suo fare di dolce indifferenza, ha stancato molti mo­sconi che le girano attorno. Se non avesse quel viso e quella figura che rivelano un'ottima salute si direbbe che qualche malattia l'affligge.

Giorgio                  - Ma tu che sai affascinarle tutte col tuo scetticismo di grande signore che parla male delle donne in genere e le de­sidera ad una ad una, non sei riuscito ancora ad attirare questa bella ragazza nella cerchia delle tue amiche?

 Luperi                   - Non amo le donne melanconiche, ne quelle che ostentano una certe fred­dezza verso tutto e verso tutti. E poi, credi a me, una ragazza dal cuore altero, come questa, sotto apparenza così dolce, chiederebbe troppo tempo e troppe atten­zioni e qui il tempo è prezioso.

Giorgio                  - Le donne interessanti sono pro­prio quelle che fingono di non curarsi degli uomini, le donne orgogliose e deli­cate che non amano se non sentono di essere profondamente amate. E tu credi davvero di godere se non ami?

Luperi                    - Non so, ma questo è certo: soffre chi ama. E credi tu che al mondo esista qualcosa che meriti il dolore dell'uomo? Lasciamo andare caro Giorgio, e lasciamoci vivere naturalmente, e godiamo con serenità. Questa ragazza la vuoi conosce­re sul serio? Non mi pare tanto facile. Non è mai sola. C'è una specie di geloso guardiano che la sorveglia.

Giorgio                  - Avviciniamoci con qualche scusa. Voglio parlarle.

Luperi                    - Forse è più facile a te che a me. Io mi sono creato in questo albergo una nomea che difficilmente le cosidette figlie di buona famiglia possono apprezzare.

Giorgio                  - Ad un saluto cortese nessuno si può offendere.

Luperi                    - Tu sei nuovo dell'ambiente e sei il più indicato.

Giorgio                  - Ma tu sei più conosciuto e sei più ardito.

Luperi                    - Ebbene, proviamo. (/ due si avvicinano a Paola).

Luperi                    - Buon giorno signorina, quanto la­voro avete fatto quest'oggi...

Paola                     - (con molta indifferenza e continuan­do il suo lavoro) Buon giorno, signore. Non mi compatisca se questo è lavoro di altri tempi; ha ancora la virtù di eserci­tare la pazienza e di affinare lo spirito nelle cose che hanno grazia e gentilezza.

Giorgio                  - Ma è un lavoro non adatto ad una signorina come lei. È assurdo che una persona ricca di giovinezza possa ri­maner ferma e sola per delle ore, quando tutto intorno si svolge una vita brillante, che distrae e spinge a muoversi, a parlare a divertirsi...

Paola                     - Ma il divertimento vero è quello che... diverte. E poi perché mi dite che sono sola? Quando sono con la mia zia ed ho un ago ed una tela in mano provo una grande gioia e non invidio nessuno, credetelo.

Giorgio                  - Credo che voi esageriate. In mon­tagna si viene per respirare aria fresca, ma anche per vivere in comitiva.

Luperi                    - Una signorina poi che non balla è in contrasto coi tempi.

Paola                     - Detesto le comitive e detesto la dan­za. E non mi offendo se mi considerano una ragazza non moderna.

Luisa                     - È sempre stata amante della solitudine; non cerca né compagnie né divertimenti, ed è contenta lo stesso.

Giorgio                  - (rivolgendosi a Luisa) Trovare oggi una signorina con questo carattere è quasi un miracolo. (Rivolgendosi a Pao­la): Forse la signorina vuol rimanere fe­dele ad una promessa. Ha fatto, come tal­volta usano le signorine, un voto?

Paola                     - Sì, questa volta avete indovinato. Anch'io ho fatto un voto: di star sempre con la mia buona zia Luisa. Non voglio conoscere né desidero una vita più felice.

Giorgio                  - Si ferma ancora molto quassù si­gnorina?

Paola                     - Non abbiamo deciso.

Luisa                     - Ritorneremo a casa non appena ci scriveranno che il caldo insopportabile e finito.

Giorgio                  - Dove abita, se è permesso?

Paola                     - A Torino.

Luperi                    - Se avessi scommesso, avrei sicura­mente indovinato la città. Le torinesi hanno un fascino inconfondibile.

Paola                     - Non mi faccia ridere. Poc'anzi ha detto che non ero una signorina moder­na, ora mi trova nientemeno che affasci­nante. Lei è troppo abituato a distribuire complimenti alle signorine che affollano l'albergo.

Luperi                    - Nessuna contraddizione: la vostra immagine è affascinante e il vostro carat­tere è troppo orgoglioso e delicato per vi­vere in mezzo agli uomini che, in fondo, sono meno malvagi di quel che si teme.

Giorgio                  - Signorina, questa società che ve­dete, è un po' frivola, ma forse è ripo­sante con la sua superficiale letizia. E la spensieratezza è una gran medicina a chi viene quassù affaticato dal lavoro febbrile e squallido degli affari.

Luperi                    - Insomma non ci vorrete riconosce­re che il tempo è la quarta dimensione più misteriosa e difficile da percorrere? Bisogna pur ingannarlo questo tempo, quando non ci è dato di occuparlo meglio. Io sono un modesto ingannatore del tem­po misterioso...

Paola                     - Ed ecco perché io ricamo. Alla « buona » società moderna pare uno scan­dalo questo umile lavoro d'altri tempi. Ma cosa mi offre in compenso la buona società? Non la gioia spensierata e fan­ciullesca, ma la volgarità e la noia, quan­do non sìa la maldicenza e l'intrigo.

Giorgio                  - Signorina, l'uomo purtroppo si adatta all'ambiente in cui vive, se non vuol chiudersi in se stesso e murarsi nella sua propria solitudine. Ma non dovete credere che tutti siano come vi appaiono. (Dopo una pausa) Avete viaggiato molto signorina?

Paola                     - Molto poco. Non ne ho mai sentito il bisogno.

Giorgio                  - All'estero, quali città avete visi­tato?

Paola                     - Nessuna. Ci sono tante bellezze nel nostro paese che non sento nessuna necessità di andare altrove. E penso che molte signore e signorine vanno all'estero più per posa che per altro.

Luisa                     - E forse non conoscono l'Italia.

Paola                     - (proseguendo) Ma credono di ren­dersi interessanti parlando nei salotti di Londra, di Parigi, di Nizza, di Monte­carlo, poi guardano dall'alto in basso le povere provinciali e assumono quell'aria annoiata di chi ha veduto tutto e non si vuole meravigliare più di nulla. Per qual­che migliaio di chilometri in treno od in auto si illudono di aver acquistato una coscienza europea. Io temo che abbiano smarrito - se l'hanno mai avuta - an­che una coscienza italiana. Quasi quasi mi vien voglia di gridare evviva ai loda­tori di « Strapaese » e a tutte le esagera­zioni opposte...

Luperi                    - (a Giorgio) Se la signorina non fosse così suscettibile, vorrei farle altri complimenti...

Giorgio                  - E io continuerei con tutto l'animo e senza paura. (A Paola) Non vogliamo essere indiscreti. Ci perdoni se l'abbiamo distolta dalla sua solitudine. Voglio spe­rare che ella accetterà sempre gradito il mio saluto. Arrivederla, signorina, e non consideri tutte le persone alla stessa stregua.

Paola                     - Buon giorno signori, (in tono scher­zoso) spero che non avrete più orrore del­le donne passatiste e selvatiche.

SCENA QUARTA

(Entra con la figlia Ada la signora Beleti, vestita con goffa eleganza).

Graziella                - Capitano Luperi, è questo il suo amico?

Luperi                    - Sì, è arrivato poco fa.

Graziella                - (andando incontro a Giorgio e prendendogli la mano) Oh con quanto piacere faccio la sua conoscenza! Avevo proprio voglia di vederla. Mia figlia poi era in ansia. Il capitano Luperi mi ha parlato tanto di lei.

Giorgio                  - (alquanto imbarazzato) Questa è sua figlia?

Graziella                - Sì, mia figlia che tutti vorreb­bero in isposa. Ma io la sua mano la con­cedo solo a chi piace a me.

Luperi                    - (per togliere d'imbarazzo l'amico) La signora Graziella Bclcti e una donna esuberante di vita e sa tenere allegri tutti.

Graziella                - Grazie, grazie capitano. Andia­mo in giardino a fare quattro passi, fac­ciamo conoscere la taverna al signor Giorgio.

Ada                       - (prendendolo per un braccio) Sì, an­diamo signor Giorgio, andiamo subito.

Graziella                - (prendendolo per l'altro braccio) Venga, venga con noi.

Giorgio                  - (tenta di svincolarsi) Ma non ora, più tardi, questa sera.

SCENA QUINTA

(Entrando nel salone).

Solsi                      - La brutta vecchia se l'è già preso. Bisogna liberarlo. (Avvicinandosi a Gior­gio) Venga signor Giorgio, c'è la mamma che la vuol conoscere.

Marchetta              - Anche la mia è giù in giardi­no che l'attende.

Luperi                    - (con le mani nei capelli) Ma que­sta è un'aggressione. Lasciatelo in pace. C'è tempo per fare tutte le conoscenze di questo mondo.

Graziella                - Signor Giorgio, ieri ci ha pro­messo di venire con noi e non può riti­rarsi.

Solsi                      - Ma c'è la mamma che aspetta.

Giorgio                  - Ma per carità, dove son capitato! (Giorgio tra gli inviti delle donne: andia­mo, venga con noi ci divertiremo, esce seguito da Luperi).

(La contessa Stellae la marchesa Amal­fi sono entrate dall'altro ingresso del sa­lone ed hanno assistito alla scena).

Stella                     - Il nuovo arrivato è già al lavoro.

Amalfi                   - Oh, siamo appena all'inizio. Se è vero di lui quel che si dice, asssiteremo ad una bella giostra!

Stella                     - Questa volta la signora Graziella ci farà vedere il suo capolavoro.

Amalfi                   - Bada che la signorina Ada ha due temibili concorrenti: la Solsi e la Marghetta.

Stella                     - Sì, anche quelle due signorine han­no una voglia matta di maritarsi. E sem­brano più furbe o più fortunate: almeno le loro mamme non fanno gli agenti provocatori, le lasciano fare quel che voglio­no. Questo è forse più redditizio.

Amalfi                   - Non voglio fare della maldicenza, ma tutte le figlie hanno nelle vene il san­gue delle madri. Se sapessi quante se ne dicono sul conto della signora Solsi! È qui tutte le estati da una ventina di anni; guai se questi boschi e le stanze d'alber­go potessero parlare! Io sono una donna che non si occupa mai dei fatti altrui, ma com'è possibile evitare la critica quando si fanno certe cose sfacciatamente senza alcun ritegno?

Stella                     - Amica mia, non bisogna credere a tutto quello che dicono. Anche le donne più sagge sono vittime della più volgare diffamazione.

Amalfi                   - Ma gli amanti della signora Solsi si possono contare a serie. C'è stato per­sino un duello tra un ufficiale di marina ed un ingegnere.

Stella                     - E il marito?

Amalfi                   - Oh, è amico di tutti. O non s'ac­corge di nulla o è contento e beato di quello che fa la moglie: non vuol aver noie.

Stella                     - Ma la signora Marghetta mi sem­bra una donna a posto.

Amalfi                   - Amica mia, per carità, io non vo­glio fare della maldicenza, ma proprio di lei si dice che è fuggita con un amante non molti anni fa.

Stella                     - Vedi cara, io non metto in dubbio la tua buona fede ma gli uomini non possono parlare bene degli assenti per non annoiare ed allora si mettono a ca­lunniare. Vorrai ammettere che ti han­no ingannata.

Amalfi                   - Ma se lo dicono tutti a Firenze.

Stella                     - E il marito?

Amalfi                   - Ha perdonato tutto.

Stella                     - Eppure in questo albergo sono cir­condate dalla stima e dalla simpatia di tutti.

Amalfi                   - Io non voglio fare della maldi­cenza, ripeto, ma nel gruppo di queste signore che la stimano ce ne sono molte peggiori di loro due. Mi sai dire come sarebbe possibile alla signora Giretti, mo­glie di un modesto funzionario, di fare la vita nei grandi alberghi se non godesse di qualche sussidio straordinario? Non parliamo poi della De Corbetta, che ha la ingenua faccia da santerellina, e riceve in camera sua di giorno e di notte. Sto vi­cino a lei di camera e stai certa che non mi inganno e nessuno mi ha ingannata.

Stella                     - Finché io non vedo, non credo. In­gannano anche le apparenze. Vuoi che ti dica la verità? Per essere salve da ogni sospetto, dovremmo vivere in un deserto. Ma è un sacrificio che io non concederò mai alle male lingue.

Amalfi                   - Tu sei sempre ingenua e credi che tutte le donne siano oneste come te. (Entra il conte Romelli che va incontro alle signore e fa il baciamano).

Romelli                  - Come mai, qui, tutte sole?

Stella                     - Dicevamo che quest'anno il clima fra questi monti è veramente delizioso.

Amalfi                   - Quando posso discorrere con la mia amica Stella, io sono tutta felice. È così cara e così buona.

Romelli                  - Perche non andiamo a prendere il tè? È già l'ora.

Stella                     - Aspettatemi un istante. Vado a consegnare al portiere delle lettere urgen­ti che devono partire.

Romelli                  - Sì, sì, attendiamo. (La contessa Stella esce).

Amalfi                   - Avete incontrato l'avv. Certosi?

Romelli                  - Saliva le scale del suo piano in questo momento.

Amalfi                   - Ora mi spiego perché la contessa Stella aveva premura di andarsene.

Romelli                  - La contessa ha forse un debole per quell'uomo?

Amalfi                   - Certamente. L'altra sera li hanno visti tutti soli passeggiare verso il laghetto.

Romelli                  - Oh, la vostra fantasia galoppa!

Amalfi                   - Voi però non permettereste a vo­stra moglie di fare altrettanto!

Romelli                  - Io, per fortuna, sono scapolo, ma credo alla nobiltà e all'orgoglio della con­tessa. Almeno, almeno per questo, il ma­rito non lo tradirà.

Amalfi                   - Come siete ingenuo! L'avv. Certosi non è mai stato l'amico disinteres­sato di nessuna donna! Ma vi prego, non ripetete quanto vi ho detto. Non amo il pettegolezzo.

Romelli                  - Per carità, marchesa, a noi uomi-, ni queste cose non fanno impressione. Presto detto, presto dimenticato.

Amalfi                   - Vogliamo andare incontro alla no­stra amica?

Romelli                  - Come volete.

Paola                     - (che ha assistito alla scena si alza, si getta al collo della zia, la bacia) Zìa Luisa, hai visto che tristo carnevale è la vi­ta? Più assisto a queste menzogne della buona società, più sento la bellezza della solitudine. Le signore si rattristano quan­do si avvicina il sabato, le signorine van­no in cerca di marita come si acquista un cappellino od un vestito. E tutte tro­vano interessante questo modo di vivere, che io detesto. Ogni giorno sento la gioia della nostra vita comune, zia cara, che è piena di tenerezza e ricca di sentimenti. Ma un altro anno ce ne andremo in cerca di un posto più isolato, lontano dal chiasso e dalle ipocrisie, per rimanere so­le a godere la bellezza e la purezza del nostro affetto e delle nostre montagne. (Dopo una breve pausa) E forse tutta que­sta gente che ci affligge qui, è più di­sgraziata che odiosa. Non sente nulla, non pensa nulla e corre e si agita per cercare di fuori quella felicità che non sa trovare in sé, per nascondere la noia che intanto cresce e li opprime. No, io non sono né un'ingenua né una romantica: io non darei un giorno della mia vita per la loro triste e sfrontata volgarità; e sono più pratica io, che sto colla mia zietta e conosco una felicità che nessuno può of­fendere e rubare.

Luisa                     - Paola, non devi daretroppa impor­tanza a quel che accade qua dentro e non devi quindi avvilirti. La vita non inco­mincia e non finisce in un salone di al­bergo. Se qui vi è della gente oziosa, vi sono però milioni di persone che inonda­no il nostro Paese e che non conoscono che il lavoro e !e gioie della famiglia.

Paola                     - Ma io zietta ti preferisco a tutti. Hai pensato cosa sarebbe di me se non ci fossi tu? Come potrei vivere da sola al mondo in mezzo a tanta volgarità e ipocrisia?

Luisa                     - Non voglio che tu continui ad esse­re ingiusta con te stessa, con la vita e con la Divina Provvidenza che ti ha assistito finora. Bell'amore il tuo se io dovessi morire con la disperazione di lasciarti inutile ed infelice! Io ti ho educata e ti ho for­mata una magnifica donnina che non ha bisogno di consigli e che sa come affron­tare e risolvere ogni problema che incon­trasse su! suo cammino. Non voglio più sentirti dire che senza di me non sapre­sti come vivere. E credilo che anche sen­za di me, nessuno potrebbe rimanere in­differente di fronte ad un'anima candida come la tua. Tu non sai quanti avranno bisogno di te per essere migliori e felici.

Paola                     - (commossa) Perdonami zia, forse sono stata un po' ingrata. Ma è il bene che ti voglio che mi fa parlare così.

Luisa                     - (abbracciandola) Quanto sei cara!

Cala la tela.

 

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

(La scena si svolge in un bosco di mon­tagna).

(Giorgio e Luperi passeggiano).

Giorgio                  - Finalmente liberi, almeno per un istante! Non è allegro essere perseguitati, ossessionati, oppressi tutto il giorno, tut­te le ore, dalla signora Graziella che ten­ta e rinnova la nauseante dimostrazione che io potrei essere il suo genero ideale. Poi tutte le altre, le varie Marghetta e Solsi che mi vogliono salvare, e non mi danno tregua.

Luperi                    - Capita così, quando si e un bel giovanotto e quando si hanno certe in­tenzioni... vedi, io non ne ho di questi fastidi, e nessuna donna e riuscita a sco­prire in me il futuro marito.

Giorgio                  - Lo strano è che me la sono crea­ta un po' io questa situazione. Mi invi­tano ad una passeggiata e non so dire di no, mi vogliono al tè e non mi so rifiu tare, mi pregano di accompagnarle al ballo e mi vergogno di far l'uomo diffi­cile e selvatico... Così tutte queste donne hanno preso un po' di sopravvento sopra di me. Questa notte, alla taverna, mi pa­reva di essere quasi il loro prigioniero. Insomma, mi sono voluto alzare presto, questa mattina, con la speranza che qui almeno, non le avrei trovate.

Luperi                    - Chi vuol essere cavaliere impecca­bile con le donne, deve subire la loro devozione. Io non sono un cavaliere im­peccabile e, se non vado proprio a cercarle, le ragazze mi schivano: hanno capito che perdono il tempo.

Giorgio                  - Sì; tu sci uno specialista per met­tere in imbarazzo signore e signorine. Quando puoi stuzzicarne qualcuna, sei tutto contento e la tua ironia non rispar­mia nessuno.

Luperi                    - Ma ho il vantaggio che a me non capita quel che succede a te.

Giorgio                  - La signora Graziella ha detto ie­ri sera che non ti concederebbe la figlia in isposa neppure se gliela mettessi in un palazzo d'oro.

Luperi                    - (in tono scherzoso) Già, dopo che avevo detto a madre e figlia che il matrimonio non e pane per i mici denti.

Giorgio                  - E le signorine dell'albergo ti de­testano perché fai una corte spietata sol­tanto alle signore.

Luperi                    - Caro, in questi effimeri soggiorni, bisogna essere pratici, non perdere tem­po, realizzare il massimo risultato possi­bile, col minimo sforzo.

Giorgio                  - (ridendo) Ma gli anni passano e non puoi continuare a vivere da gauden­te tutta la vita. È l'unica cosa scria che è riuscita a dirti la signora Graziella.

Luperi                    - Ma io vivo bene così; tu, che fai il sentimentale, ti sei resa la vita quassù, quasi insopportabile.

Giorgio                  - Sì, hai un po' ragione. Davvero vorrei sottrarmi a questo inseguimento quotidiano. Incomincio a non poterne più.

Luperi                    - Ma allora perché non facciamo una bella cosa?

Giorgio                  - Che cosa?

Luperi                    - Lasciamo i monti e andiamo al mare.

Giorgio                  - L'idea sarebbe ottima se... (breve pausa) non ci fosse un se.

Luperi                    - Scommetto che tu hai un debole per la signorina Paola.

Giorgio                  - A te non posso negarlo. Quella fanciulla mi piace. La solitudine che ella va cercando e il disdegno che pare senta di tutte le altre donne che ci stanno in­torno, mi dicono che la sua anima è l'u­nica cosa bella in questo luogo petulante e noioso... Quella sua compostezza, quel­la sua dolcezza orgogliosa la rendono interessantissima.

Luperi                    - Senza dubbio è una bella ragazza, ma io credo che quel suo atteggiamento antisocievole sia l'abito di una rigida edu­cazione che ha avuto in famiglia. Forse è stata sempre sola, separata da tutti.

Giorgio                  - No, anzi, a parlarle insieme si ha l'impressione che sia molto esperta della vita. Essa mi ha detto che nella vita tutto è soggettivo: v'è chi trova la felicità nel­le feste, chi nei viaggi, chi nella famiglia. Ella non ha pregiudizi e non vuol impor­re i suoi gusti a nessuno. Ma e contenta quando può starsene in disparte, per non sfuggire se stessa, vicina a quella sua zia, alla quale è legata da grande affetto. So­lo per lei è venuta in montagna, altri-, menti sarebbe rimasta in Piemonte, tra i fiori del suo giardino, i suoi ricami e le sue letture.

Luperi                    - Ma è una signorina un po' fune­rea. Non ha mai un sorriso, né un gesto di gaiezza. Noi abbiamo bisogno di don­ne piene di brio, che ci facciano pensare poco e godere molto. Come ci si può in­namorare di una ragazza che non ama la compagnia, il ballo e lo sport?

Giorgio                  - Anche senza queste forme este­riori di vita, una donna può ugualmente piacere. Anzi, ti dirò che la signorina Paola si rende interessante appunto per­ché è diversa da tutte le altre.

Luperi                    - Oh, vedo che siamo già molto avan­ti. Bravo, bravo Giorgio! Sei in piena conquista sentimentale!

 Giorgio                 - Quella donna, ti confesso, mi piace molto.

Luperi                    - (voltandosi a destra) Giorgio, ecco la signorina Paola sola. In queste occa­sioni, un amico sa quale e il suo dovere. Io vado a raggiungere il conte Romelli: ci vedremo più tardi, a colazione.

Giorgio                  - Ti raggiungerò presto.

(Luperi abbandona il palcoscenico dalla parte opposta dalla quale viene Paola). (Giorgio siede su una panchina: per darsi un contegno disinvolto legge il giornale. Paola entrando viene presa da una certa timidezza: con ostentata indifferenza cer­ca di proseguire il suo cammino. Giorgio la ferma con un saluto che si sforza di es­sere naturale).

SCENA SECONDA

Giorgio                  - Buon giorno signorina Paola! Come mai questa mattina tutta sola?

Paola                     - Sono stata fino ai laghetti. La zia è rimasta a casa un po' indisposta. Ora vado a raggiungerla per andare a cola­zione.

(Paola cerca di continuare il cammino, ma Giorgio riprende il discorso per trat­tenerla).

Giorgio                  - Ma quanta fretta, mancano due ore alla colazione!

Paola                     - La zia mi attende.

Giorgio                  - Ma voi direte che la passeggiata è stata un po' più lunga.

Paola                     - Veramente sono io che non posso stare senza di lei e corro a raggiungerla.

Giorgio                  - Permettete allora che vi accom­pagni?

Paola                     - No, grazie; (in tono scherzevole) Non vorrei scatenare le ire di donna Gra­ziella, di sua figlia, di tutte le altre si­gnorine che vi ammirano!

Giorgio                  - Voi scherzate: questa corte non è soltanto volgare, e spudorata, e comincia a diventare intollerabile. Proprio ora, ve­dete, col mio amico Luperi mi lamentavo della situazione che si è venuta a creare attorno a me: non so se più noiosa o grottesca. Vi giuro che se una ragione se­ria non mi tenesse qui fermo, a quest'ora avrei già tolto le tende.

Paola                     - (sorpresa) Una ragione scria?

Giorgio                  - Sì, signorina Paola, in pochi gior­ni mi si è rivelato quel che tutta la vita non mi aveva fatto ancora sentire. Ora comprendo quello che ha valore e quello che non vale nulla a questo mondo. Io vedo con altri occhi. Mi pare di essere nato un'altra volta. Ora so quel che vuol dire un padre che vive per noi e vuole la nostra felicità, quel che vuol dire essere giovane, sano e libero. La vita è il dono di un Dio! e noi siamo così vili e scono­scenti che la gettiamo via, ci mettiamo ad ingannare il tempo con mille sciocchez­ze come fosse una lunga ed insopporta­bile noia.

Paola                     - Ma perché, signor Giorgio, tutto questo discorso così difficile?

Giorgio                  - Una creatura divina mi ha rive­lato il discorso così chiaro.

Paola                     - Ho capito, voi volete dire che fra poco ve ne tornerete a Berna.

Giorgio                  - La creatura che ispira tutti i miei pensieri non è lontana: è qui.

Paola                     - (in tono scherzoso) Forse la figlia di donna Graziella?

Giorgio                  - Non scherzate signorina Paola. La signorina Ada, in me, non può susci­tare né simpatie né passioni.

Paola                     - E allora sarà certamente o la signo­rina Marghetta o la signorina Solsi.

Giorgio                  - Né l'uria né l'altra.

Paola                     - Allora rinuncio a indovinare.

Giorgio                  - Voi non avete nulla da indovina­re: siete troppo intelligente per non aver compreso a chi alludo io.

Paola                     - Vi confesso di no.

Giorgio                  - Sì, sì, voi lo sapete; è una fan­ciulla tutta diversa dalle altre, è quella che io vado cercando, la donna che possa riempire di dolcezza e di felicità la mia anima. Oh, io non posso dimenticare la prima immagine che mi apparve il pri­mo giorno in questo albergo! Era intenta a ricamare con due manine di fata. In­torno a lei tanto frastuono, e tutto era lon­tano da lei. È così raro trovare oggi una creatura come quella!

Paola                     - (abbassando il capo tutta timida) Adesso siete voi che avete voglia di scherzare!

Giorgio                  - Quando un uomo parla con tanta commozione ad una donna come voi, non ha più tempo di scherzare (avvicinandosi e prendendole la mano). Ma non vi siete accorta che il mio saluto era sempre una domanda e il mio sguardo una confessione?

Paola                     - Tutti gli uomini salutano e guar­dano per cominciare il discorso e iniziare il divertimento. Non vengono qui pro­prio per questo? E sempre più si accani­scono con la donna che più finge di non accorgersi di nulla.

Giorgio                  - Vi prego di non confondermi con gli uomini che vengono quassù... io vi parlo col cuore. Sono felice di dirvi che vi amo.

Paola                     - Signor Giorgio, lasciatemi andare...

Giorgio                  - Fermatevi un istante. Finalmen­te vi ho trovata sola. Ditemi che credete a quello che vi ho detto, concedetemi il permesso di avere per voi tutti i pensieri più gentili e più affettuosi.

Paola                     - (a testa bassa, parlando attentamente) Non avete bisogno di avere questo permesso. Voi siete padrone dei vostri pen­sieri, ma io non sono per voi. Io non pos­so amare nessuno.

Giorgio                  - Perché dite così? Voi non avete sentito quello che io sento per voi!

Paola                     - Vi ripeto che io non posso essere amata, e non posso amare che una sola persona: mia zia, che a questo mondo è tutto, deve essere tutto per me.

Giorgio                  - E perché non vostro padre e vo­stra madre?

Paola                     - Non ho né padre né madre.

Giorgio                  - Povera signorina! Orfana, e da quando?

Paola                     - Da tanti e tanti anni.

Giorgio                  - Eravate ancora bambina?

Paola                     - I miei genitori non li ho conosciuti; mi ha allevata la zia Luisa: la mia giovinezza e tutta la mia vita appartengono a lei.

Giorgio                  - Sola al mondo... ora capisco i vostro stato d'animo.

Paola                     - Sola poi no. Ho la zia che vale per me quanto una madre.

Giorgio                  - Signorina Paola, quello che mi dite mi commuove profondamente e fa ingigantire le mie simpatie e la mia te­nerezza per voi.

Paola                     - Non voglio commuovere, né susci­tare compassione.

Giorgio                  - Ma non potrete frenare la mia ammirazione né soffocare i mici senti­menti più puri.

Paola                     - (a stento) Signor Giorgio io vi rin­grazio, ma vi prego di non insistere su questo discorso.

Giorgio                  - Eppure voi che avete tanta soli­tudine intorno a voi, dovreste sentire il bisogno di essere veramente e generosa­mente amata.

Paola                     - Vi ho detto che una persona cara Tho al mondo; è mìa zia Luisa: da lei non mi separerò mai.

Giorgio                  - Vostra zia mi impedirebbe di far­vi felice? Perché non potremo un giorno vivere insieme, accanto a lei ed a mio pa­dre, che non vede l'ora di avere attorno a sé una bella famigliola? Anch'io, come voi, ho una persona alla quale sono le­gato da grande affetto. Mio padre sarà felice della nostra felicità.

Paola                     - Signor Giorgio, questo linguaggio è nuovo per me, vi prego, non turbatemi.

Giorgio                  - Perché volete turbarvi? Quanto ho sperato di potervi incontrare e di aprirvi tutto l'animo mio! Voi siete !a mia donna, voi siete la mia patria che ho sempre sognato.

 Paola                    - Non esagerate, vi prego; ascoltate meglio voi stesso e, credete: gli uomini ammirano sempre; ma quanto è raro vo­lersi bene davvero!

Giorgio                  - Io vi dico quel che voi stessa mi dettate nel cuore. Perché dovrei mentire a me stesso? Io non vi ammiro, vi amo, e sono sicuro che voi mi amerete.

Paola                     - (che vede giungere la zia) Signor Giorgio, viene mia zia, tronchiamo que­sto discorso, lasciatemi.

Giorgio                  - Non mi dite nulla?

Paola                     - Non fatemi dir nulla; ci rivedremo.

Giorgio                  - Sentite: tra poco sarò qui. Voglio che voi mi presentiate a vostra zia.

(Giorgio si allontana, Paola va incontro alla zia).

SCENA TERZA

(La zia e Paola tornano in scena).

Luisa                     - (con tono amorevole) Venivo a cer­carti. Chi era con te?

Paola                     - Zia, è il signor Giorgio, quello che è venuto da Berna.

Luisa                     - Ho capito. Da un po' di giorni ti gironzola attorno. Questa mattina mi sarà riconoscente di averti trovata sola. Che cosa ti diceva?

Paola                     - Tante, tante cose, zia...

Luisa                     - Ah, brava, tante cose belle, nevvero?

Paola                     - Sì, zia, mi ha detto che tutte quelle donne, che ha conosciuto, lo tormentano ed è stanco.

Luisa                     - Ma perché ha sentito il bisogno di dirlo proprio a te?

Paola                     - (a stento e un po' imbarazzata) Di­ce che sono diversa dalle altre e che per questo è nata in lui una grande simpatia.

Luisa                     - (in tono scherzoso) Ma benissimo, quante cose in pochi minuti!

Paola                     - (interrompendo di scatto) Zia, zietta mia, perdonami. Ma sai che cosa gli ho risposto?

Luisa                     - Dimmi, dimmi.

Paola                     - Che io al mondo non posso amare che una persona sola; che nessuno potrà mai dividerla da me: quella persona sci tu! (L'abbraccia).

Luisa                     - (piena di tenerezza) Ma tesoro mio, tu vivi fuori della realtà. Tu non hai che me al mondo e io sono vecchia. Oh, la felicità di vederti sposa ad un uomo de­gno di te, prima di chiudere gli occhi!

Paola                     - No, zia, questi discorsi non li vo­glio sentire.

Luisa                     - Oh, il tempo cammina lo stesso. E tu hai una età che ti impone di pensare al tuo avvenire.

Paola                     - Ti prego zia, non parlarmi così. Tu sai che io non potrò mai essere felice. Sulla mia testa pesa la colpa degli altri. Quando all'uomo, che mi ama, dovessi confessare la mia origine, tutto finirebbe. Il sogno sarebbe presto distrutto. Tu stes­sa me l'hai pur detto tante volte: Forse Dio vuole che talvolta gl'innocenti scon­tino le colpe dei peccatori. Io non posso sottrarmi a questa terribile legge divina.

Luisa                     - Tu sei ancor troppo giovane e il tuo grande cuore ti esalta e ti porta alla disperazione. Quante altre giovani nelle tue condizioni hanno ritrovato lungo il dolo­roso cammino della vita il sorriso della felicità. La Divina Provvidenza assiste maggiormente coloro che hanno più biso­gno di lei!

Paola                     - Zia, non è esaltazione. La sciagura mi ha preso quando son nata e non mi può abbandonare. Al solo pensiero di far sapere che io sono figlia di ignoti, mi sento tremare.

Luisa                     - Ma chi avrà il cuore di condannare te per una colpa che non hai commesso? E poi, cara la mia figliola, è proprio una colpa quella dei tuoi genitori? Sei nata tu! E chi può ricordare la colpa quando vede te?

Paola                     - Non basta non aver colpa, quando se ne portano tutte le conseguenze.

Luisa                     - No, no, questo triste destino, che ti ha reso migliore, ti porterà grandi affetti...

Paola                     - Sì, di compassione.

Luisa                     - No, Paola, non ti mettere in men­te l'assurdo. Tu non sei fatta per gli uo­mini che si lasciano turbare dall'opinione corrente. Un uomo di nobile cuore non potrà avere per te che un grande amore.

Paola                     - Zia, allontaniamoci, sento la voce-di quell'antipatica di donna Graziella.

Luisa                     - È ancor presto per la colazione; se­diamoci laggiù a prendere un po' di sole. (Paola e Luisa escono mentre dalla parte opposta si sente la voce di donna Graziel­la che chiama Luperi).

Graziella                - (entra con la figlia e con Luperi) Dove avete lasciato il vostro amico Giorgio?

Luperi                    - L'ho visto poco fa andare verso la posta.

Ada                       - Con chi era?

Luperi                    - Era solo e pareva molto contento di essere solo.

Graziella                - Certamente sarà stanco di ave­re sempre attorno le signorine Marghetta e Solsi.

Ada                       - Non lo lasciano respirare un mo­mento.

Graziella                - Sono invidiose di mia figlia che ha tutte le simpatie del signor Giorgio.

Ada                       - Mamma, te ne sci accorta anche tu?

 Graziella               - Sì, sì, me l'aspettavo... (rivolta a Luperi) Mia figlia è certamente la più carina di tutte. Che ne dite voi?

Luperi                    - Veramente, se debbo essere since­ro, mi sono accorto del contrario.

Graziella                - Voi scherzate sempre!

Luperi                    - No, no, vi dico che Giorgio è così stufo di vedersi corteggiato che ha deciso di partire.

Graziella                - Ma voi alludete alla corte del­le signorine Solsi e Marghetta?

Ada                       - Sì, quelle due sono veramente asfis­sianti!

Luperi                    - fi stanco di tutte, non vuole pen­sare più al matrimonio. Qui nessuna ra­gazza gli piace.

Graziella                - Come, neppure mia figlia?

AnA                      - Non è vero, non è vero. È il signor Luperi che pensa questo e lo fa dire agli altri.

Graziella                - Si vede allora che è stata la vita all'estero a fargli perdere ogni gusto della bellezza italiana!

Ada                       - Se veramente ha detto questo non ri­sponderò più al suo saluto.

Luperi                    - Oh, non gli darete un grosso di­spiacere!

Graziella                - Voi siete il solito impertinente. Non credo a tutto quello che dite; voi parlate così perché la mia Ada si è sem­pre ribellata alla vostra corte.

Luperi                    - (sempre in tono ironico) Io ho cor­teggiato vostra figlia? Ma qui ci deve essere un equivoco. Ditelo voi signo­rina...

Ada                       - Sì, qualche occhiatina me l'avete data.

Luperi                    - Ma vi giuro senza nessuna inten­zione. Io non amo signorine da marito.

Graziella                - Io credo che siete stato voi a mettere zizzania fra mia figlia e il signor Giorgio. Non può essere diversamente. Ieri sera è stato con noi assai carino.

Luperi                    - Sì, ma a furia di fare il carino per delle ore, stamattina era stufo ed arcistufo.

Graziella                - Voi siete un vero impertinente.

Luperi                    - No, no, sono un vero amico. Ho voluto che la vostra Ada non si illuda e che Giorgio non si annoi.

Graziella                - (vivamente indignata, rivolgen­dosi alla figlia) Ada, andiamo via. Il si­gnor Luperi ha bisogno ancora una volta di provare che egli con le signore non sa usare che sgarberie.

Luperi                    - (quasi soddisfatto) Vi domando scusa se ho detto la verità.

Ada                       - (uscendo con la mamma, a Luperi) Siete antipatico e scortese.

Luperi                    - Benissimo, l'occasione per rendere a Giorgio un servizio da galantuomo si è finalmente presentata. Ora scoppierà contro di me la ribellione delle donne da ma­rito. E io caricherò le mie valigie sull'au­tomobile. Ormai è da un mese che vedo le stesse faccie e un'esplorazione in altri luoghi può ridestare la fantasia e il de­siderio.

SCENA QUARTA

(Entrano le signorine Solsi e Margretta e vanno incontro a Luperi).

Solsi                      - Che meraviglia, Luperi solo!

Marghetta              - Sarà in attesa di qualche nuo­va fiamma.

Luperi                    - No, no: ho avuto un battibecco con la signora Graziella e figlia; ho cor­so il pericolo di farmi graffiare il viso.

Solsi                      - Come mai?

Luperi                    - Mi chiedevano di Giorgio: ho ri­sposto: deponete ogni speranza perché l'amico mio sta maturando pareri alquan­to disformi dalle vostre speranze.

Marghetta              - Avete fatto bene Luperi, solo voi potevate liberare il signor Giorgio da quella petulanza sfrontata.

Solsi                      - Dite, il vostro amico non vi ha fatto nessuna confidenza?

Luperi                    - Non mi ha detto nulla (con osten­tata furberia): ma credo di aver capito qualche cosa.

Solsi                      - Chi sarebbe, secondo voi?

Marchetta              - Su, ditecelo, siamo proprio cu­riose.

Luperi                    - Non vi illudete, non vi illudete. Siete tutte due fuori concorso.

Solsi                      - È sicuro lei?

Luperi                    - Ne ho quasi la certezza.

Marchetta              - Oh voi non sapete nulla.

Solsi                      - Con noi è stato tanto gentile...

Luperi                    - Essere gentile non significa né cor­teggiare, né amare.

Solsi                      - Che il signor Giorgio si sia inna­morato di quella signorina che e sempre con sua zia, e non parla mai?

Luperi                    - Credo di sì.

Solsi                      - (dopo una risata) Ha scelto una ra­gazza di grande compagnia; ma ha un difetto: è un po' troppo allegra.

Marchetta              - Sembra un... funerale.

Luperi                    - Oh bella! Solo le donne che fanno chiasso devono piacere? E poi signorina, lasciamolo andare questo discorso. Gior­gio è mio amico... Piuttosto vogliamo fa­re una gita fino ai laghetti? Accettate?

Solsi                      - Sì, volontieri.

Luperi                    - Allora andiamo al bar a prendere il conte Romelli e Bargctti.

Marchetta              - Intanto vado ad avvisare la mamma.

(/ tre escono).

Giorgio                  - (a Luisa) Vi sono riconoscente di aver avuto in me tanta fiducia. (Rivolto a Paola) Tornerà nei vostri occhi quella dol­cezza che mi ha fatto sentire la speranza di un'altra vita?

Paola                     - Sì Giorgio, ho sempre veduto tutto buio davanti a me, avevo smarrito la fede nella vita. Poi ho temuto di aumentare la mia infelicità quando vi ho veduto.

Giorgio                  - Paola, la mia felicità è come un vasto respiro di luce che mi inebria, è un infinito orgoglio: mi pare che il destino abbia scelto me per restituirti la gioia della giovinezza e la fiducia nella vita.

Paola                     - Ed io sento ora di amare i mici ge­nitori che non ho conosciuto. Vorrei inginocchiarmi davanti a loro e ringraziarli di avermi dato la vita.

Luisa                     - Tutti vedevano la sua bellezza, io sola sapevo che era l'immagine fedele del­la sua anima. E non ho mai disperato. Ho sempre detto: la Provvidenza l'aiute­rà. (A Paola) Ecco tu hai trovato l'uomo che ti ha compresa, che è degno di te, e ti amerà sempre.

 Giorgio                 - (baciando le mani a Luisa) Io sen­to che vi amerò come un figlio. Voi leg­gete nel cuore di tutti e dimenticate voi stessa per amore degli altri; non vedo l'ora di vedere mio padre con noi: sarà felice. Vorrà bene a Paola più che a me.

Luisa                     - Siete tanto buono. Dio vi benedica!

Paola                     - Non ho più timore. Vorrei vederlo vostro padre, vorrei che fosse già qui con noi. Mi pare che ci siamo voluti sempre bene. (Dopo una pausa) Mi sembra di es­sere davanti ad un miracolo e temo di so­gnare.

Giorgio                  - Sapete cosa faccio? Telegrafo a mio padre, lo prego di venire. Voglio che venga subito. Arrivederla signora Luisa. (A Paola) Paola, a questa sera.

Luisa                     - Arrivederci presto. (Giorgio esce).

Paola                     - Zietta, zietta cara, dimmi che in cuor tuo non vi è nessuna amarezza.

Luisa                     - Amarezza? Ma non vedi la mia gioia? Non avevo che una speranza: quel­la di chiudere gli occhi sulla tua felicità.Quel giovane mi piace; tu non avrai mai a dolerti d'averlo conosciuto. È bello, in­telligente e buono, ma non credere cara, alla fortuna: l'hai meritata tu la tua for­tuna, ed egli merita una cara figliola come te.

Paola                     - Zia Luisa, il timore di valere troppo poco di fronte a lui, non se ne va. Ma tu mi fai tanto coraggio! Scusami zietta se ti ho sempre afflitta con le mie malinconie, se io non ho mai creduto nel mio domani. Solo adesso, dopo tanta tristezza io capi­sco quello che hai fatto per me.

Luisa                     - Paola, ringrazia il cielo che non è stato sordo alle mie preghiere.

Paola                     - (si guarda attorno e corre ad inginoc­chiarsi davanti ad una cappelletto dove è l'immagine della Madonna. Con voce al­ta) Madonna, Madonna mia grazie, grazie! (Mette il volto fra le mani come per continuare a pregare).

Luisa                     - (si volta verso la cappellata ed a qual­che distanza si inginocchia per pregare).

Cala la tela.

 

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

(La scena si svolge in una saletta di albergo). (Paola, Giorgio e Luisa).

Giorgio                  - (a Paola) Hai visto quanta gioia negli occhi di mio padre quando gli ho annunciato il nostro fidanzamento? Dopo la morte della mia povera mamma non ha avuto altro desiderio.

Paola                     - Pareva che si fosse liberato da un lontano timore, da una misteriosa tristez­za. È tanto caro tuo padre, tanto sensi­bile e buono.

Giorgio                  - Paola, perche dici tuo padre? Devi dire nostro padre. Io sarò tuo e tu sarai mia per sempre. Siamo già i suoi figlioli: non vede l'ora di vederci uniti e felici in casa sua. Sì, è buono mio padre e sa per­donare sempre e giustificare tutti, fuorché se stesso.

Paola                     - È un'anima nobile e delicata. Mi fissava in volto con tanta tenerezza.

Luisa                     - (a Giorgio) Le hai detto quel che abbiamo deciso?

Giorgio                  - (a Paola) Sì, questa sera partia­mo per Berna con zia Luisa. Là io e mio padre sistemeremo le faccende più urgen­ti e poi ritorneremo tutti assieme in Ita­lia e ci sposeremo.

Luisa                     - Oh se anche i vostri figlioli nasces­sero in Italia, e in Italia vivessero i primi anni. Le prime immagini non si cancel­lano. Quante volte la Patria è stata per molti e forse un poco per tutti, il luogo della nostra fanciullezza, là dove sono vive nelle cose le prime immagini e le pro­fonde radici della nostra anima e non si possono strappare più per tutta la vita.

Giorgio                  - È quello che dice mio padre. Que­sto è stato sempre il suo desiderio: mo­glie italiana e figli italiani, nati in Italia. Oggi gl'italiani sono guardati con un sen­so di ammirazione: siamo un popolo gio­vane e forte, un popolo che riprende il suo cammino eroico nella storia. I nostri figli non devono nascere in terra stra­niera.

Paola                     - Ci sono molti italiani a Berna?

Giorgio                  - Moltissimi e sono quasi tutti miei amici. Quando io dirò: «questa è la mia fidanzata » vedrai l'entusiasmo. E vedrai che bella città è Berna. Poi la nostra casa è degna di ricevere la mia piccola moglie. C'è un gran giardino. Tu là vivrai libe­ra, padrona, amata da tutti.

Paola                     - Che gioia! Quanta felicità ho nel cuore! Non vedo il momento di partire.

Giorgio                  - Prepariamoci allora, fa i bagagli, lo vado in cerca di mio padre. (/ due escono da due porte diverse).

 Luisa                    - (rimasta sola sedendosi su una poltro­na) Povera Paola, ha tanto sofferto in silenzio, per il suo destino. E in fondo in fondo non ha tutti i torti di credere ad un miracolo.

Giacomo                - (padre di Giorgio entrando nel sa­lotto) Signora Luisa, dove sono i nostri ragazzi ?

Luisa                     - Giorgio è venuto in cerca di lei, e Paola è andata a preparare le valigie.

Giacomo                - (sedendosi vicino a Luisa) Sono stato al telefono per fissare i posti letto per questa sera.

Luisa                     - È lungo il viaggio, signor Giacomo?

Giacomo                - Arriveremo domani nel pome­riggio, ma è una linea molto interessante. Non vi annoierete.

Luisa                     - Oh certamente Paola farà un ottimo viaggio, e poi... viaggia col suo Giorgio!

Giacomo                - Ha avuto fortuna il mio ragazzo. Ora diventerà un uomo. La famiglia dà una disciplina con amore, senza fatica e senza paura. Vedete, Paola è così intelli­gente e così affettuosa che l'aiuterà a vi­vere e combattere.

Luisa                     - Da quando ha conosciuto Giorgio si è completamente cambiata. Prima ha tanto sofferto, era sempre triste e silen­ziosa.

Giacomo                - Ma perché?

Luisa                     - Non avere un padre e una madre era per lei un incubo tremendo. Sem­brava che dovesse vergognarsi della colpa di chi la mise al mondo.

Giacomo                - Ma ha trovato in voi una ma­dre; l'avete cresciuta come un fiore.

Luisa                     - Sì, di questo me ne è riconoscente con tutta l'anima. Mi prometteva sempre che avrebbe respinto ogni altro affetto pur di rimanere accanto a me.

Giacomo                - Ma allora questo fidanzamento vi arreca dolore?

Luisa                     - No no, il mio vivo desiderio era quello di vederla un giorno sposa. Voi comprenderete che gli anni passano e sa­rebbe stato tristissimo se fosse rimasta sola a questo mondo. Allora sì avrebbe sentito maggiormente la mancanza dei genitori.

Giacomo                - Povera figliola! (Dopo una pausa) Da quanti anni è con voi Paola?

Luisa                     - L'ho ritirata da un istituto di tro­vatelli che aveva appena due anni. Era fin d'allora un amore di bimba.

Giacomo                - E perché non avete scelto un maschio? Le femmine diventano grandi ed allora fanno paura: sono una grande responsabilità.

 Luisa                    - (un po' imbarazzata) Cosa volete, ho preferito una bimba! Fa più compa­gnia una bambina, è più mite, più ubbi­diente. Ed io ero una povera donna sola.

Giacomo                - Non vi siete mai preoccupata che un giorno la madre facesse ricerche e ve la prendesse?

Luisa                     - No, non ho mai avuto questo ti­more.

Giacomo                - Perché questa sicurezza? Avete forte fatto prima delle indagini.

Luisa                     - Non ve n'era bisogno.

Giacomo                - Perché mi dite così, signora Luisa?

Luisa                     - (incerta e confusa) Non ho voluto mai credere che si osasse un giorno dopo tanti anni, strapparmi una creatura che avevo cresciuto io.

Giacomo                - Oh, non sarebbe cosa nuova. Il sangue ha i suoi diritti, diritti tremendi e imprescrittibili, cara signora. Quanti fi­glioli prima abbandonati sono stati ripre­si dal padre o dalla madre improvvisa­mente.

Luisa                     - Questa preoccupazione potevo aver­la nei primi anni, ma dopo nessuno sa­rebbe riuscito a staccare Paola da me.

Giacomo                - Ma voi l'avete adottata come figlia?

Luisa                     - In questi ultimi anni, dopo che aveva compiuto il 18° anno di età, avevo pensato a questo, ma ho sempre voluto evitare di richiamare Paola alla realtà del suo stato. E poi io sono sola al mondo e su quel poco che ho nessuno potrebbe avanzare dei diritti.

Giacomo                - Però avete corso un serio peri­colo. Quale dispiacere sarebbe stato il vo­stro se avesse ritrovato i suoi genitori?

Luisa                     - Ma come vi ho detto io mi sono sempre sentita tranquilla che nessuno avrebbe avanzato delle pretese.

Giacomo                - Ma perché questa tranquillità? La madre è sempre certa.

Luisa                     - Io sapevo che non avrebbe mai co­nosciuto sua madre.

Giacomo                - Ma allora non vi era ignota l'o­rigine di Paola?

Luisa                     - Signor Giacomo, tronchiamo questo discorso. Non chiedetemi più nulla.

Giacomo                - Ma signora Luisa, voi non vi vo­lete confidare con me? Ormai Paola qua­si mi appartiene, sposa mio figlio!

Luisa                     - (dopo un lungo silenzio, pensierosa e parlando a stento) Avrei preferito che non mi aveste rivolto mai queste domande. Ma avete ragione, fra poco sarete per lei come un padre: non vi posso tacere nulla. Siete l'unico a cui rivelo un segreto che avrei dovuto portare con me nella tomba. Ma voi, signor Giacomo, mi promettete di non farne mai, mai parola con Giorgio e con Paola? Paola non deve sa­pere nulla della sorte di sua madre.

Giacomo                - Come, voi conoscete sua madre?

Luisa                     - Sì, ci volevamo tanto bene. Era fi­glia unica di coniugi facoltosi e ad essa i genitori volevano dare un'educazione completa. Terminati gli studi in Italia fu inviata in Isvizzera presso un pensionato per apprendere le lingue. Là, lontana dalla famiglia, senza conoscenza dei peri­coli, senza esperienza della vita, giovane, bella e vivace, commisse una grave colpa. Più grave perché era un uomo sposato chi le tolse il fiore della giovinezza. Ella confessò tutto ai suoi genitori, e i geni­tori non perdonarono, anzi furono più di­sumani che severi. Per coprire il disonore con una morale che gli onesti condanna­no vollero più tardi che la creatura fosse portata in un istituto di trovatelli e la fi­gli si ritirasse a vivere in un convento. Né vollero più sapere notizie della madre e della creatura.

Giacomo                - Povera Paola! (Dopo una pausa) In che città della Svizzera si trovava?

Luisa                     - A Basilea.

Giacomo                - (meravigliato) E i genitori della madre neppure in seguito sentirono il bi­sogno di rintracciare la nipote?

Luisa                     - Mai, hanno sempre ritenuto che so­lo a questo modo si salvasse il loro onore. È la mentalità dei vecchi e rancidi aristo­cratici che per il nome sanno far tacere la voce del cuore, e diventano crudeli per vanità.

Giacomo                - (con crescente agitazione) Ma confessò ai suoi genitori il nome di colui che l'aveva sedotta?

Luisa                     - Non disse nulla.

Giacomo                - Ma i genitori suoi non vollero saperlo?

Luisa                     - Non chiesero nulla per timore che lo scandalo dilagasse. Imposero alla figlia Testi emo sacrificio, abbandonare in una città lontana la creaturina appena nata e isolarsi dal mondo senza più che marito, né padre, né parenti sapessero di lei.

Giacomo                - Ma ora come vive, dove si trova?

Luisa                     - Purtroppo il distacco dalla sua crea­tura e la malvagia severità dei suoi la distrussero tisicamente. Aveva cercato in­vano di fnrsi perdonare; la disperazione accrebbe nella sua povera anima la co­scienza della colpa, le sciagure che la bambina avrebbe sofferto nella vita, ab­bandonata e sola, furono il suo martirio. Morì presto in un convento del mezzo­giorno.

Giacomo                - (commosso, alterato) Non e pos­sibile, siete sicura?

 Luisa                    - Sì, ne sono sicura. La mia povera amica quando sentì che la morte era vi­cina, mi fece recapitare una lettera: face­va appello al mio cuore, mi scongiurava di salvare la sua creatura.

(Giacomo si alza pensieroso e passeggia agitatissimo).

Luisa                     - Ero sola al mondo, ho ritirato la piccola Paola e l'ho cresciuta amorevol­mente. È stata un grande conforto nella mia vita.

Giacomo                - (voltandosi a Luisa e chiedendole con voce commossa) Ditemi, come si chiamava.

Luisa                     - No, no, questo non posso dirvelo. Recherei un'offesa alla sua memoria.

Giacomo                - Vi supplico, parlate, come si chia­mava?

Luisa                     - Non insistete signor Giacomo, vi prego...

Giacomo                - (tutto agitato destando dei sospetti in Luisa) Dio mio parlate, non tortura­temi, il dubbio...

Luisa                     - (meravigliata e fissando nel volto Giacomo) Il dubbio... il dubbio...

Giacomo                - (urlando) Il destino chiede la sua vendetta sopra di me, sopra i figli inno­centi...

Luisa                     - Calmatevi signor Giacomo!

Giacomo                - (con più calma e con profondo do­lore) Signora Luisa, levatemi da quest'angoscia, ditemi come si chiamava.

Luisa                     - Signor Giacomo, quante sciagure sono state piante per un errore giovanile! A che serve ora indagare? Rispettiamo la memoria di una povera donna, santificata dal dolore e dalla morte.

Giacomo                - Voi avete detto che fu in Isviz­zera ?

Luisa                     - Sì, a Basilea.

Giacomo                - Quanti anni fa?

Luisa                     - Fate i conti, Paola ha ventidue anni.

Giacomo                - È nata a Torino?

Giacomo                - No, in un'altra città.

Giacomo                - (insistendo) Ma i genitori vive­vano a Torino?

Luisa                     - Sì, e come lo sapete?

Giacomo                - Era alta, bruna...

Luisa                     - (sempre più turbata) Ma signor Giacomo, cosa dite?

Giacomo                - (con crescente dolore fissando Lui­sa) Maurizia?

Luisa                     - Maurizia, sì Maurizia. Ma voi...

Giacomo                - (con le mani nei capelli alzando la voce) Ormai il dubbio è realtà. Pove­ro Giorgio, povera Paola! Questa è la realtà. E non si distrugge una realtà così potente. Ecco, quello che è stato il mio tormento, il dubbio e il rimorso di tutta la mia vita. Ora solamente si spiega per­ché e come tutte le mie ricerche, le mie indagini siano riuscite vane.

 Luisa                    - Che dite mai signore?

Giacomo                - Signora Luisa, questo matrimo­nio non può avvenire.

Luisa                     - Ma cosa avete? Voi mi fate paura.

Giacomo                - Signora Luisa, non so spiegarmi, capitemi. (Con disperazione) Non avete capito?

Luisa                     - Mio Dio, parlate, non vi com­prendo...

Giacomo                - Ventidue anni fa io mi trovavo a Basilea... Ho conosciuto Maurizia...

Luisa                     - (si alza, guarda esterefatta Giacomo e scoppia in un singhiozzo) Oh Paola, Paola mia!

Giacomo                - Signora Luisa, aiutatemi a supe­rare quest'ora tremenda. Trovate voi una scusa perche Giorgio e Paola compren­dano che non possono essere marito e moglie.

Luisa                     - (s'abbatte singhiozzando su una pol­trona) No, parlate voi, io non ho la forza.

Giacomo                - E se guadagnissimo tempo? Se dicessi a Paola che io e Giorgio dobbiamo sistemare la nostra industria e per impe­gni urgenti siamo costretti a partire pri­ma e da soli. Fate che io risparmi a loro questo dolore.

Luisa                     - Impossibile, Paola è troppo intelli­gente. S'accorgerebbe subito che qualche cosa di grave è accaduto.

SCENA SECONDA

(Da una porta del salotto entrano Gior­gio e Paola).

Paola                     - Cos'hai Luisa?

Giorgio                  - (al padre quasi contemporanea­mente) Cos'è accaduto?

Luisa                     - (a Paola dopo un po' di esitazione) Abbiamo parlato di voi... del vostro matrimonio...

Giorgio                  - (che si è rivolto ad ascoltare Luisa) Difficoltà? E quali?...

Paola                     - (agitata e nervosa) Dio mio, cos'è avvenuto?...

Giacomo                - Nulla di grave. Ho detto alla si­gnora Luisa che sarebbe bene rinviare la gita a Berna. Là io e Giorgio dobbiamo sistemare alcune cose. È necessario che in­tanto partiamo noi due. Poi torneremo a riprendervi.

Giorgio                  - Ma papà, io non ti capisco! Per-' che dobbiamo partire soli? Se Paola non viene con noi, cosa fa? E poi solo ora sono sorti impegni urgenti? Spiegati pa­pà, spiegati.

Giacomo                - Ho ricevuto notizie da Berna e dobbiamo partire soli.

Paola                     - Perché soli dopo che tutto è stato deciso? Perché non volete portarmi con voi?

Luisa                     - (affranta dal dolore) Paola, non chie­dere nulla, tu non puoi più partire.

Paola                     - (meravigliata dalla commozione di Luisa) Non posso partire... più, più partire...

Giorgio                  - Perché più partire? Ma insomma, ditemi, che cosa è successo? Voi ci nascondete la verità. (Rivolto prima a Lui­sa, poi al padre) Parlate signora Luisa, parla papà.

Giacomo                - (portandosi la mano alla fronte dopo una breve pausa) Purtroppo dob­biamo partire soli.

Paola                     - E quando ritornereste? Quando av­verrebbe il matrimonio?

Giacomo                - Paola, ti scriveremo da Berna.

Giorgio                  - Le scriveremo da Berna? Ma co­me, non possiamo neppure dire a Paola che ritorneremo fra pochi giorni? Che il matrimonio non subirà ritardo?

Giacomo                - Fatti nuovi mi obbligano a non precisare il ritorno.

Paola                     - Cos'è questo cambiamento di sce­na? Non torturatemi, non fatemi soffri­re a questo modo. Ditemi la verità signor Giacomo, dite che non volete più che Giorgio mi sposi. Forse perché sono po­vera? Per questo non sono degna di portare il suo nome?

Giorgio                  - Oh no, Paola, questo mai. Mi piaci e ti amo tanto, ti amo ancor più perché sei povera e sola.

Luisa                     - (alzandosi e cingendo col braccio la vita di Paola) Paola, Giorgio non è per te. Devi rinunciare a lui.

Giorgio                  - Non sono degno di Paola? Ma al­lora cos'hai detto tu papà? Forse la mia vita di lavoro rappresenta un demerito?

Giacomo                - No Giorgio, non e questa la ra­gione. Io e la signora Luisa ci siamo con­vinti che fra te e Paola, per ragioni che­ti dirò un giorno, c'è una barriera insor­montabile.

Paola                     - Allora tutto è finito? (Scoppia in pianto e si getta fra le braccia di Luisa).

Giorgio                  - (va incontro a Paola, le prende la mano e la bacia ripetutamente) Paola, non piangere, è la prima volta che io sa­rò costretto a ribellarmi alla volontà di mio padre. Ho un'età che posso essere padrone di me stesso. Io non partirò. Se mio padre all'ultimo momento vuole op­porsi al matrimonio solo perché tu sci or­fana, io ti dico che sarai mia ugualmente. Non deve ricadere su di te una colpa che non è tua.

Giacomo                - Giorgio, tu non sai quanto mi fai soffrire, sii ragionevole.

Luisa                     - No Giorgio, no Paola, non indagate. Dovete rassegnarvi, dovete lasciarvi per sempre. Sono io che voglio questo non è soltanto il signor Giacomo.

Paola                     - (singhiozzando) Voi pure Luisa con­tro di noi? Anche voi vi opponete? Parlate, parlate, non uccidetemi con la vo­stra crudeltà.

Giacomo                - Giorgio, dalle parole della signo­ra Luisa dovresti comprendere che ogni insistenza è inutile.

Giorgio                  - Ebbene, io vi dico che non ab­bandonerò Paola, succeda quel che deve succedere.

Paola                     - (si stacca da Luisa e si getta fra le braccia di Giorgio) Giorgio, fa di me quello che vuoi, davanti a tuo padre ed alla zia Luisa, ti dico che da questo mo­mento io sono tua per sempre.

Luisa                     - (gettando un urlo) Paola, Paola!

Giacomo                - (quasi contemporaneamente) Giorgio, non farmi morire. Ubbidisci e cerca di comprendermi.

Paola                     - Perdonami zia, io non ti posso ascoltare, io non ti posso più ubbidire.

Giorgio                  - (al padre) Cosa vuoi che io com­prenda, cosa c'è da comprendere? L'amo­re suo è tutto per me. (Giorgio e Paola si abbracciano e si baciano in viso).

Giacomo                - Giorgio, non straziarmi l'animo, voglio parlare a te solo, raggiungimi.

(Esce).

Paola                     - (a Luisa che sta per andarsene e tenta di trascinar via Paola) Luisa, lasciami due minuti soli con Giorgio, ti prometto che verrò subito da te.

Luisa                     - Paola, non voglio lasciarti sola, vo­glio esserti vicina.

Paola                     - Ti prego, zietta, lasciami un solo istante. Voglio dire qualche cosa a Gior­gio prima di lasciarlo. (Luisa esce).

Giorgio                  - Comprendi tu quello che avviene?

Paola                     - Oh, io lo so. Tuo padre è inorri­dito di fronte al mistero del mio stato ci­vile. C'è qualcosa di tragico in me. Il mio cuore me lo dice; qualche sventura più forte di noi.

Giorgio                  - Non può essere. Io l'avevo infor­mato di tutto. Non ha mosso alcuna ec­cezione...

Paola                     - Credi tu che riusciranno a sepa­rarci?

Giorgio                  - No Paola, te lo giuro, nessuno lo potrà mai. Noi non possiamo vivere l'uno senza l'altro. Io vedo te, la tua bellezza, il tuo grande cuore e sento un amore in­finito. Questa è la realtà. Non si distrug­ge la realtà con qualche parola, non si distrugge una realtà così potente...

Paola                     - Eppure Giorgio c'è qualche cosa di grave contro di noi. Tuo padre ti ama, era contento, ora non vuole più, improv­visamente...

Giorgio                  - Dico che non c'è nulla al mondo che mi possa impedire di amarti, di farti mia, di vivere con te tutta la vita.

Paola                     - Ma come vuoi vincere le ostilità dei nostri ?

 Giorgio                 - (fissando negli occhi Paola e pren­dendola dolcemente per le braccia) Sei pronta a tutto per essere mia?

Paola                     - A qualsiasi sacrificio.

Giorgio                  - Andiamocene via. Partiamo que­sta sera per Roma. Quando saremo là li avvertiremo. Di fronte al fatto compiuto è inutile ogni opposizione. Cederanno.

Paola                     - Ti obbedisco: Che io però non ab­bia mai a pcntirmenc, che non aggiunga una nuova sciagura alla mia vita tor­mentata.

Giorgio                  - Paola, te lo giuro.

Paola                     - E loro ci perdoneranno.

SCENA TERZA

(Luisa ha fatto capolino, ha ascoltato sen­za essere vista le ultime parole di Paola).

Luisa                     - Paola, che hai detto? Dimmi, dim­mi che non è vero. Tu non sai quello che ti attende. No tu non puoi partire, non puoi essere di Giorgio...

Paola                     - (distaccandosi da Giorgio, ad alta voce) È inutile zia Luisa, è troppo tardi. O vivere con lui o morire. Non c'è altra via per me.

Luisa                     - Ah Paola, Paola mia, non parlare così. Tu mi uccidi. (Corre a suonare il campanello) Chiamo il signor Giacomo.

Giorgio                  - Calmatevi Luisa...

Luisa                     - Figli miei, non avete ancora com­preso? Il destino vi ha giocato una beffa atroce. (Scandendo le parole) Voi non vi potete sposare.

Paola                     - Non tormentarmi più.

Giorgio                  - Il destino lo affronteremo.

SCENA QUARTA

(Entra un cameriere).

Cameriere              - Comandi signora?

Luisa                     - Mi chiami subito il signor Giacomo.

Cameriere              - Subito signora.

Paola                     - Sì, venga purché si faccia luce, lo non posso resistere più. Ma perché tu zietta non parli?

Luisa                     - Io sono tutta un tremito. Speravo che avreste compreso da soli e ci avreste obbedito senza indagare.

Paola                     - Forse all'ultima ora qualcuno può vantare diritti su di me? Ma non sono stata abbandonata? Non ho solo che te al mondo, zia?

Luisa                     - No, non è questo!

(Entra il signor Giacomo che va incontro a Luisa).

Luisa                     - Signor Giacomo, qui non v'è tempo da perdere. Giorgio e Paola hanno deciso di partire da soli questa sera stessa.

Giacomo                - Giorgio, ti ho pregato di rag­giungermi per dirti tutto. Perché non mi hai ascoltato?

Giorgio                  - No papà, non intendo lasciare più un minuto Paola sola. Ogni discussione è inutile.

Giacomo                - Non può essere tua.

Giorgio                  - Parla, ti scongiuro!

Giacomo                - Paola tu l'amerai come una sorel­la. Avrà un nuovo avvenire, voi sarete ugualmente felici.

Giorgio                  - Papà, se avesti amato una volta sola come ho amato io, non parleresti così.

Luisa                     - (a Paola) Vieni, Paola, con me, ti dirò tutto.

Giorgio                  - Vi siete messi d'accordo tutt'e due per distaccarci?

Paola                     - Ma perché congiurate contro di noi?

Luisa                     - Deciderai tu stessa quando saprai. Vieni dunque.

(Paola segue Luisa, ma mentre sta per raggiungere la porta, Giorgio la chiama).

Giorgio                  - Paola, Paola, non andar via, non mi lasciare solo. Grida che non vuoi se­pararti da me; promettimi che tu saprai superare ogni ostacolo.

 Paola                    - (correndo incontro a Giorgio e get­tandosi fra e sue braccia) Sì, Giorgio? non ti posso tradire. Sono tua.

Giacomo                - (disperato, gridando cerca di stac­care i due) Giorgio, tu mi costringi... Voi state commettendo un sacrilegio.

Paola                     - (distaccandosi da Giorgio) Un sacri­legio?

Giacomo                - (fissando Paola e Giorgio abbat­tuto e a stento) Non siate crudeli, aiuta­temi a comprendere. (Dopo una pausa) Se foste due fratelli!!

(Giorgio e Paola si allontanano di qual­che passo, e si guardano inorriditi).

Paola                     - (volgendosi verso Luisa che porta il fazzoletto agli occhi) Fratelli?!

Luisa                     - (muovendo la testa fa un segno di af­fermazione).

Giorgio                  - Papà, dì che non è vero!

Giacomo                - Figlio mio, vieni... (Singhiozzan­do) Io confesserò la mia colpa... (il padre esce, Giorgio lo segue, ma pri­ma di uscire guarda Paola che ha capito tutto e si copre il viso con le mani, per nascondere il suo rossore).

Luisa                     - Paola mia, il destino non dev'essere più forte di noi. Fatti coraggio e resisti.

 Paola                    - Impazzisco, impazzisco, un incubo mostruoso è sopra di me. Perché Giorgio è mio fratello?

Luisa                     - Paola mia, ora hai davanti a te tutta la verità. Giorgio non può essere tuo ma­rito.

Paola                     - (attonita per il dolore e guardando Luisa) Ma allora...

Luisa                     - (a stento e facendosi forza) Sì, Gia­como è tuo padre.

Paola                     - (inorridita e disperata) Perché, o Dio, noT hai voluto proteggermi, perché non mi hai ritenuta degna di un raggio dì sole che squarciasse le tenebre della mia esistenza? Ah Luisa, zia mìa, non ho più la forza di vivere. Fuggiamo da questo luogo maledetto, nella nostra ca­setta. Là aspetterò di morire, aspetterò in pace la liberazione dal destino.

Luisa                     - Paola, non maledire la vita. Il do­lore ti prepara una gloria infinita.

Paola                     - No zia, quel che è avvenuto mi ha ucciso l'anima. (Quasi fuori di sé) Volevo fuggire, stavo per sposare mio fratello. (Singhiozzando) Che orrore, che orrore! (Si abbandona fra le braccia di Luisa).

Cala la tela