La bottega delle bambole

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LA BOTTEGA DELLE BAMBOLE

LA BOTTEGA DELLE BAMBOLE
di Serafino Filoni

Scena:                 La bottega di un artigiano aggiustabambole. Al centro un lungo tavolo con bambole e pezzi di bambole ammucchiati con ordine. Ad ogni pezzo è legato un foglietto, con su scritto qualcosa. Sopra al tavolo, per tutta la sua lunghezza, c’è una lunga rastrelliera piena di attrezzi per lavorare. Il fondo della scena fa parte dell’entrata del negozio. Una lunga vetrata opacizzata corre da sinistra a destra, interrotta sulla sinistra dalla porta d’ingresso. Al centro della vetrata una scritta, che noi leggeremo rovesciata perché sia letta dai passanti fuori dal negozio: COSTRACE - AGGIUSTA BAMBOLE (disposta a cerchio). Sulla quinta di sinistra una piccola tinozza poggiata su un mobile di vecchia fattura. Sopra la tinozza uno specchio. Sulla destra, un appendi abiti con due braccia e sotto un porta ombrelli di rame. Dal soffitto, ai due lati opposti del tavolo cadono due fili elettrici con delle lampadine nude.

*****

          Scena aperta. Buio. Lentamente si accendono le luci fuori della vetrata. Sono le sei del mattino. Poche sagome si intravedono, passano frettolose. Una di queste sagome si ferma di fronte alla porta e armeggia con la serratura. La porta si apre docilmente. Entra un uomo molto alto, anziano. I capelli bianchi e ben pettinati. Indossa una camicia con dei grandi quadri e sopra un gilet marrone aperto. I calzoni larghi ne appesantiscono la figura. Il cappotto è piegato su un braccio.

Costrace    -        State tranquilli ragazzi, sono io.

          (parla lentamente)

                            Pensavate fossi un ladro

          (si avvicina alla quinta di destra per accendere le luci. Poi appende il cappotto).

                            E’ una bella mattinata oggi. L’aria è frizzante. Sono passato al forno per il pane di oggi, pare che il sindaco dia una cena.

          (si infila degli occhiali a mezzaluna e prende a lavorare su un pinocchio di legno)

                            Una cena per i suoi assessori. Dice il fornaio che ha dovuto ordinare altra farina per far fronte alla richiesta. (Al pinocchio) Sta tranquillo, non sentirai niente. (dà piccoli colpi con un martelletto). Gli vorrà parlare di qualche tassa che ha escogitato per noi. (guarda da sopra gli occhiali verso le bambole) Non sembra che vi interessi molto. E già, tanto chi paga le tasse sono io, mica voi. Chissà come starete ridendo di me, voialtri. (porta il pinocchio sul lato opposto del tavolo) E tu sei a posto. E la prossima volta che perdi un piede te lo sostituisco con un martelli. (lo guarda in faccia) Ridi, ridi, tanto tu fai la bella vita (lo appoggia delicatamente sul tavolo).

          (Una sagoma bussa velocemente alla vetrata, l’uomo ha un sobbalzo)

Costrace    -        (a voce alta) Non è un po’ presto per far entrare dei clienti? Cosa dite lo faccio entrare? Già, a voi cosa importa?

(da fuori)    -        Signor Costrace, aprite, sono Filippo

Costrace    -        Che vuoi a quest’ora del mattino?

(da fuori)    -        Lettere per lei.

Costrace    -        (tra se, mentre si alza per andare ad aprire) Lettere per me. E chi si arrischia a spendere soldi per scrivermi?

          (Apre la porta, entra un ragazzotto, in abiti da postino con una grossa sacca per le lettere)

Filippo       -        Sto portando la posta al paese di sotto, siccome sono di strada, son passato prima da lei. (cerca le lettere)

Costrace    -        (guardandosi intorno) Hai fatto bene, vuoi metterti un poco seduto?

Filippo       -        No la ringrazio, sennò non faccio in tempo a finire il giro. Ho due colleghi in malattia e devo ancora fare quattro settori. (trova la lettera).

Costrace    -        Però, un bel giro. E la signora Gina? Come va? Sempre in giro con la bici?

Filippo       -        Eh, è molto che mia madre non gira più con la bici, alla sua età è difficile mantenere un equilibrio.

Costrace    -        Ma va, che la signora Gina non è mica vecchia. Ma la ricordo ancora che correva su per la salita del carrione verso la chiesa.

Filippo       -        Gli anni passano, signor Costrace

Costrace    -        Gli anni passano, si ammucchiano e si mettono via, come vecchi cappelli. Ogni tanto se ne spolvera uno e si prova a metterselo, ma ci si accorge che la testa cambia troppo aspetto, o che ci ricordano cose inutilmente lontane.

Filippo       -        Ora devo andare, o faccio tardi.

Costrace    -        Vai vai, sbrigati.

Filippo       -        Ci vediamo (esce e va a destra)

Costrace    -        (Costrace lo segue fermandosi sull’uscio) Ci vediamo, ci vediamo. E salutami la signora Gina.

          (rientra e chiude la porta)

Costrace    -        Addirittura due lettere. Siete curiosi eh? (si siede) Vediamo chi ce la manda. “Artigianato - Fondo pensioni” (apre) «Caro signore, ci pregiamo di avvertirla che a tutt’ora non ci risulta pervenuto il pagamento della tassa ....» (butta sul tavolo e alza gli occhi verso le bambole). Non gli risulta pervenuta. Come se gliela avessi inviata ... (apre l’altra lettera). Vediamo quest’altra chi ce la manda, chi ci chiede soldi. Una lettera scritta a mano (si avvicina alla lampadina). (legge) «Caro papà ...» (si ferma) Le solite smancerie ... «Bologna è una città molto allegra»... Ma non stava a Milano? ... «L’ufficio in cui lavoro è molto luminoso e ci sono molti bei quadri alle pareti, la gente è simpatica. Qui si mangia molto bene, la cucina è diversa dalla nostra ma non mi pesa molto. A volte andiamo, con dei colleghi, in un fast food per fare un breve spuntino» ... un fast food? Santo cielo!  (va verso l’uscita e chiama fuori) Pietro! Pietroo!

          (Una sagoma impacciata attraversa lentamente la vetrata ed entra. E’ un omino paffuto, con un grande grembiule bianco, le maniche leggermente arrotolate).

Pietro         -        Ma cos’hai da strillare di mattina presto, mi innervosisci i clienti.

Costrace    -        I tuoi clienti a quest’ora dormono il primo sonno, pieni del tuo vino.

Pietro         -        Primo o ultimo sonno, non strillare comunque. Cosa ti ha morso questa mattina?!

Costrace    -        (porge la lettera) Leggi, leggi, capirai da solo.

Pietro         -        «Caro papà ....», una lettera di tuo figlio. Oggi nevicherà di sicuro.

Costrace    -        Non divagare, leggi più avanti.

Pietro         -        (legge accompagnando con qualche verso) «... quindi ti saluto e ti abbraccio, tuo Piero». Beh, una pagina dopo tutto questo tempo non è molto, però penso che basta il pensiero, no?

Costrace    -        Ma non hai letto? Ha mangiato in “fast food”, è andato a mangiare quella roba.

Pietro         -        E dai, non è peggio della roba che Rita rifila ai suoi clienti, nella trattoria.

Costrace    -        Lo sentite? Per lui è normale. (mette nervosamente a posto le sue bambole) Di un po', ti sembra che io mi senta male?

Pietro         -        A parte la bile, che sicuramente ti è salita, mi sembra di no.

Costrace    -        Ti sembro debole e stanco?

Pietro         -        Ma che domande sono? Stai meglio di tutti i miei clienti, prima che comincino a bere.

Costrace    -        Non mi sembra un paragone eccezionale.

Pietro         -        Accontentati

Costrace    -        Lo sai perché sto bene? Perché ho sempre saputo cosa stavo mangiando.

Pietro         -        Ti ho capito, sai?

Costrace    -        A si?!

Pietro         -        Non capisco perché te la prendi tanto.Tuo figlio è andato a mangiare in un fast food, come migliaia di altre persone, Ma cos’hai da protestare.

Costrace    -        Uno lascia che il figlio vada a lavorare lontano, lascia che si crei una sua vita, una sua famiglia. Si prodiga perché il figlio cresca sano, al sicuro da quell’illusione che dà il cibo finto di questa società e lui cosa ti combina?

Pietro         -        Va a mangiare in un fast food (leggermente ironico).

Costrace    -        Ti diverte?

Pietro         -        No, mi diverte la tua reazione

Costrace    -        Ridi, ridi. Tu non capisci, non hai figli.

Pietro         -        No, non capisco, ma mi sa che anche tu, qualcosina non riesci a capire. O non la vuoi capire.

Costrace    -        Non mi sembra ci sia molto da capire. Il pane buono di casa era buono finché si era in casa. Appena fuori dalla porta, ogni pagnotta va bene. Se il mondo cambia, tutti a seguire il mondo.

Pietro         -        Fammi andare, che ho dei clienti

Costrace    -        Vai, vai, bei clienti ti sei scelto.

Pietro         -        Stai tranquillo, eh. (esce)

Costrace    -        Tutti con la frenesia di cambiare, tutti di corsa, tutti alla ricerca delle cose veloci. Voialtri non avete fretta, vero? Eh già, chi vi corre appresso. (guarda una bambola) e tu, cos’hai tra i capelli. Guarda qui, sono biscotti. Cosa non vi lasciate fare dai bambini! Oh, non vi lamentate, è il vostro lavoro, pensate a me, che mi tocca rimettervi a posto!

          (Le luci del mattino prendono il posto dei lampioni da strada, i rumori della città aumentano di volume).

Costrace    -        La gente comincia a svegliarsi. Guardateli come corrono, che frenesia. Il mondo gli sfugge da sotto i piedi. Sembrano marionette impazzite (verso delle marionette appese alla parete) Non per offendere, non ve la prendete a male. Ma guardateli là. C’è da farsi due risate, guardandoli. (le sagome rallentano la velocità come per essere studiate). Guardate quell’uomo col cappello. Se lo tiene ben stretto, ha paura che gli voli via, e si scopra la sua testa nuda. Che figura, con chi non lo conosce, sarebbe il crollo della sua giornata, della sua vita. Quella signora, quella con quel cappellino comico, cammina incurvata nei suoi pensieri, compressa sul suo mento sembra impaurita dalla sua stessa velocità. Piega le mani sul ventre per reggere la busta della spesa davanti a se, la sua certezza di cibo per la giornata che deve venire. Sembrano bambole, non è vero? (si guarda intorno). No, scusatemi, non sembrano, sono bambole. Sono burattini con i caratteri accentuati, i fili se li sono nascosti bene, ma vengono fuori non appena qualcosa li scuote. Voi vi animate se qualcuno vi tira i fili, muove i vostri piedi, vi fa saltare sui talloni come conigli incerti. Loro invece hanno paura quando sentono tendere i loro fili, si lamentano, imprecano contro Dio e contro la loro stessa vita. Ma quanta paura li travolge, quando non sentono quella spinta a muoversi, quando devono animarsi e vagare sospettosi di aver perso il loro burattinaio. (una figura alta comincia ad attraversare la vetrata). Guardate quell’altro uomo, che passo solenne, che andatura precisa. Guardate la sua testa che affonda nel colletto alzato, come vi sente il sicuro dietro il suo caldo cappotto. Quanti problemi dietro a qualche metro di stoffa.

          (La figura arriva alla porta e si ferma. Nel momento in cui busserà, le figure torneranno a muoversi normalmente più o meno veloci).

Costrace    -        Arrivo!

Costrace    -        Abbiate pazienza, solo un attimo.

          (posa la bambola, gli occhiali e si avvicina pacatamente all’entrata).

Costrace    -        Prego, entri, entri pure.

Uomo         -        (rimane a metà porta. Porta un lungo cappotto bordeaux, con il bavero alzato a coprirsi dal freddo. I capelli pettinati all’indietro, lasciano una fronte spaziosa con delle sopracciglia fine e inclinate verso il basso). Mi scusi se mi affaccio a quest’ora. Devo partire e mi son trovato a dover portare un oggetto a riparare.

Costrace    -        Beh, se si tratta di bambole non ci sono problemi.

Uomo         -        Ho qui con me ... (tira fuori dalla grande tasca un pacco di carta marrone legato con uno spago) ... un balocco, di mia figlia.

Costrace    -        Dia pure, sono anni ormai, che tratto bambole di ogni fattezza e paese.

Uomo         -        Mio figlia ci stava giocando, ma deve essersi rotto qualche meccanismo.

Costrace    -        Meccanismo, ah. Deve essere una di quelle bambole moderne, basta guardarle troppo e via, son da buttare.

Uomo         -        Se le è di troppo impegno, posso anche rinunciare.

Costrace    -        Rinunciare? Ma no, non si deve preoccupare.

Uomo         -        Vorrei, se fosse possibile, averla per questa sera, al mio ritorno.

Costrace    -        Questa sera? Beh, non so se sia possibile. Devo vedere qual’è il problema prima di tutto. Dia pure qua.

          (L’uomo gli porge lentamente il pacco, Costrace lo prende e si avvicina al tavolo, dove accende una lampada da tavolo. Apre il pacco e tira fuori la bambola. Ha i riccioli biondi, un vestitino a quadretti e le scarpe laccate nere).

                            Mi sembra un modello abbastanza comune, non dovrebbero esserci problemi a prepararla per questa sera.

Uomo         -        Sarò di ritorno in città verso le sette. Buon lavoro

Costrace    -        Per le sette allora. Buona giornata. (l’uomo esce).

          (Costrace osserva la bambola attentamente, la gira, la rigira, ne controlla con una lente le fattezze)

                            Le fanno sempre più complicate, niente più bottoni, niente più legacci. Qui non ci hanno messo neanche una chiusura lampo. Cosa pensano, che una volta rotta si butti via? Questo è un lavoro da cervello bacato, ve lo dico io. Consumare. La parola d’ordine di questi tempi. Quanti tra voialtri sarebbero finiti male, lo sapete? Tanti. Vi ho tenuti con me perché, perché non sarebbe stato bello. Voi siete un gradino importante della vita, un punto di partenza per chi inizia a crescere.

          (bussano)

                            Magari qualcuno di voi sarà stato comprato per pura opportunità. O per ovviare a una mancanza d’affetto.

          (bussano di nuovo)

                            Si arrivo, chi bussa?

          (da fuori)

Gigi       -             Signor Costrace, sono Gigi. La signora Teresa mi manda a dire ...

          (Costrace apre la porta. Gigi è un ragazzino scapigliato, con la porta chiusa stava strillando, al suo aprirsi il parlare si farà calmo, quasi cantilenante)

                            ... La signora Teresa le manda a dire di non fare tardi, perché avete quegli ospiti a pranzo.

Costrace    -        Ospiti a pranzo, figuriamoci, saranno di nuovo i Lampursi, che vengono a pranzo per avere l’occasione di parlar male di qualcuno. La signora Teresa va matta per le dicerie. A te piacciono i Lampursi?

Gigi            -        A me no, mi spettinano sempre quando mi salutano.

Costrace    -        E a te dà fastidio. Ci ho fatto caso, sai? Ti passano le mani sui capelli. Non ho capito se vogliono solo pulirsi le mani o se si aggrappano a te, alla tua gioventù, come un’ancora di salvezza.

Gigi            -        (guardando le bambole sul tavolo) Sono tutte sue?

Costrace    -        Non tutte, solo quelle che ridono

Gigi            -        Tutte le bambole ridono.

Costrace    -        Ma non tutte sono sincere. Solo quelle che hanno vissuto veramente, ridono di cuore. Le altre hanno un sorriso di compiacenza, non sanno neanche parlare.

Gigi            -        A me le bambole non dicono niente.

Costrace    -        Non devono dirti niente infatti, è il loro cuore che parla al tuo cuore.

Gigi            -        Ma le bambole hanno un cuore?

Costrace    -        Se qualcuno ha la bontà di darglielo.

          (Gigi gira per il negozio mentre parla con Costrace)

Gigi            -        Cosa devo dire alla signora Teresa?

Costrace    -        Dì alla signora Teresa che sarò da lei all’una. E che non parli male di me finchè non arrivo.

Gigi            -        Ciao (esce spedito).

Costrace    -        (guardandosi intorno, rivolto alle bambole). Vi ho visti, cosa credete. Non appena vedete un bambino eccoli la, a fare gli occhi dolci. Ma cosa vi aspettate? Guardate che se non alzate la voce non vi sente nessuno. Tantomeno i bambini. Oggi i bambini hanno un gran da fare. Hanno la piscina, la ginnastica, sono pieni di impegni. I loro giochi durano il tempo di una batteria, le loro bambole sono intercambiabili. Quanto credete di durare in mano a loro? Un’ora e già siete diventati soprammobili. Quanta stupidità.

          (cerca in un mucchio di bambole)

                            Ma dove l’avrò messa. E sì che metto in ordine, la sera. Ah, eccoti.

          (tira fuori una bambola con le gambe lunghe e i capelli di rafia neri).

                            Stavolta mi sei venuta proprio bene. C’è voluto un po' per riferti le gambe ma alla fine, si può essere soddisfatti. Ora facciamo il pacchetto.

          (la porta si apre ed entra una signora anziana, molto esile, con un portamento molto signorile).

Donna        -        Signor Costrace, non apre questa mattina?

Costrace    -        Venga, venga pure. Mi ero indaffarato a mettere a posto delle cosette. Le faccio vedere una cosa, prima di incartarla.

          (Le mostra la bambola, la donna la raccoglie e la osserva ammirata)

Donna        -        Dio mio, quante ne ho avute quando ero piccolina

Costrace    -        Quando me l’hanno portata ad aggiustare, mi si è aperto il cuore. Queste bambole erano di moda quando io portavo i calzoni corti.

Donna        -        Ed io portavo le treccine.

Costrace    -        E’ venuta l’altro ieri mattina, la signorina Volpone ...

Donna        -        Mi fa così impressione chiamarla signorina, avrà almeno settant’anni

Costrace    -        Settanta sono gli anni che dichiara, ma si sa che voi donne vi abbassate l’età, per vanteria.

Donna        -        E voi l’abbassate per vanteria.

Costrace    -        E’ venuta, dicevo, l’altro ieri. E’ entrata con il suo fare perentorio, la bambola diritta davanti a sé. “Giovedì (imita l’accento di questa signora) mia nipote dà una festa di compleanno, e siccome ho deciso di donarle qualcosa di valore, mi è parso giusto privarmi di questo cimelio”. Era tutta gonfia di piacere, mentre sventolava questo tesoro della storia. Guardala, come vide di giusto.

Donna        -        Parla sempre con le bambole

Costrace    -        E’ un modo per scambiare pensieri con qualcuno, senza il dovere di fargli cambiare idea. Le bambole nascono senza cuore. Siamo noi che gli costruiamo la vita, mentre ci giochiamo. E, lentamente, ora dopo ora, minuto dopo minuto, la loro vita diventa la nostra vita.

                            Si ricorda quando, da bambina, portava la sua bambola con se?

Donna        -        Ne avevo una con i capelli rossi e un vestitino color carota. Era sempre con me, giorno e notte. Se io dormivo lei chiudeva gli occhi, se correvo lei saltava con me.

Costrace    -        Ecco cosa intendo con “dare la vita”. Le bambole sono lo specchio della nostra esistenza.

Donna        -        Beh, adesso non mi faccia il poetico.

Costrace    -        Non è poesia. E’ farsi cosciente dell’avanzamento del tempo. Le bambole non invecchiano. Noi si.

Donna        -        Ma che grande osservatore.

Costrace    -        Se invecchiassero, come farebbe a collegarle agli stadi della sua giovinezza?

Donna        -        Non mi metta in testa pensieri complessi. Stamani ho da fare parecchi giri. E’ meglio che vada.

Costrace    -        Anch’io avrò da fare oggi. E’ venuto qui, di mattina presto, un signore molto alto, ben vestito, e mi ha portato una bambola da mettere a posto. Una di quelle moderne, con la vita già programmata in un disco.

Donna        -        Molto alto e ben vestito. Non aveva per caso dei grandi occhiali spessi?

Costrace    -        Ora che mi ci fa pensare, mi pare.

Donna        -        Era il nuovo medico dell’ospedale pediatrico.

Costrace    -        Ah si

Donna        -        E’ arrivato sei mesi fa da Ferrara. Eh, una vita intensa la sua.

Costrace    -        Lei dice.

Donna        -        Ne stavo parlando con la signora Ceci, la cartolaia, dice che quest’uomo ha preso l’appartamento del vecchio dottor Marconi, alla ferrovia. Ha una moglie e una figlia, solo che quest’ultima, poverina, sembra soffrire di qualche male grave. Neanche lui, che è medico, riesce a porvi rimedio.

Costrace    -        Ecco perché tanta premura per una bambola

Donna        -        Sembra che oggi sia partito per la città, per consultarsi con un altro specialista

Costrace    -        Vorrà dire, che gliela preparerò per tempo.

Donna        -        E’ molto buono. forse passo più tardi, tornando.

Costrace    -        Ci vediamo allora

Donna        -        (uscendo) Le lascio aperta la porta?

Costrace    -        Si si, è giusto l’ora.

          (Costrace finisce di fare il pacchetto della bambola. Poi prende la bambola moderna)

                            Sarai anche una bambola nuova ma mi sembri piuttosto invecchiata. Cos’è, la tua padroncina sta male e tu la segui? Cosa avete da vociare voialtri? Cos’è, invidia della novità? Vediamo se riesco a trovarti un bottone o una cerniera.

          (Cerca lentamente, poi sempre più infervorato, poi nervosamente)

                            Si può sapere dov’è, dov’è!

          (posa gli arnesi sul tavolo)

                            Calma, stiamo calmi. Starò sbagliando metodo. E voialtri, non ridete. Vi apro tutti con un dito.

          (Entra Gigi).

Gigi            -        Signor Costrace

Costrace    -        Che c’è! (nervoso)

Gigi            -        (si ferma) ... devo dire una cosa

Costrace    -        (si calma) Si, dimmi Gigi.

Gigi            -        La signora Teresa ha detto se quando rientra porta lo zucchero.

Costrace    -        (inizia leggermente irato, poi si calma) Dì alla signora Teresa ... , dì alla signora Teresa che me ne ricorderò

          (Gigi si gira verso l’uscita)

Costrace    -        Gigi, lo vuoi un biscotto?

          (Gigi si gira ed annuisce)

Costrace    -        Allora, sai dove cercare

          (Gigi va dritto verso il lato opposto del tavolo, apre un cassetto ed estrae una scatola variopinta, la apre e prende tre biscotti. Poi mette tutto a posto ed esce).

Gigi            -        Ciao

Costrace    -        (sorride) Che orco che sono, eh?! Allora, torniamo a noi due (accende una lampada) Se non faccio attenzione finisce che rompo qualche meccanismo astruso e paf!  La frittata è fatta - (guarda le bambole come se ascoltasse qualcosa). Ma che c’è? (tutto ondeggia come per una leggera brezza) Cosa avete da agitarvi tanto? Cos’è che vi gira nella testa stamattina?

Pietro         -        (si è affacciato) Certo che te, con la testa mica stai tanto bene. Anche se tuo figlio mangia in un fast food, tu non sei da meno: parli con le bambole.

Costrace    -        A sproposito, come sempre.

Pietro         -        Oggi non gira, eh?

Costrace    -        Guarda quì, il tuo progresso. Le bambole di oggi, non si sa neanche come metterle a posto (mostra la bambola).

Pietro         -        Non sapevo trattassi di questi articoli moderni (la prende in mano).

Costrace    -        Me l’hanno portata stamattina, un lavoro urgente.

Pietro         -        Tu guarda come le fanno sofisticate, somiglia alla figlia del nuovo dottore, uguale spiccicata (la poggia sul tavolo) Eh, brutta situazione in quella famiglia. Mah, è la vita. (trasale) Lo vuoi un bicchiere di quello buono?

Costrace    -        (E’ rimasto pensieroso, fissa la bambola strofinandosi il mento poi risponde, ma è come se non si ascoltasse) Si, un bicchiere.

Pietro         -        Che entusiasmo (esce)

Costrace    -        (si avvicina alla bambola) Così, la tua padroncina ti somiglia, o tu somigli a lei. Lei ora è malata e tu ti rifiuti di funzionare. Guarda a cosa può portare il caso e gli eventi. Ora ho capito perché voi avete tanto da chiacchierare. Siete invidiosi, sì certo, è tutto qui. Questa è l’unione che intendo io, la vita che si allinea. La sua padrona le ha dato il cuore divenendo unica con lei, e la bambola la ricambia seguendo il suo destino. Come un cane riceve carezze e cibo dal suo padrone, e lo segue, se può, fin sulla tomba o dà la vita per lui.

Pietro         -        Forse è meglio che questo bicchiere resti a me (è rientrato)

Costrace    -        Ma no, vieni. Ero solo sopra pensiero

Pietro         -        Sei strano

Costrace    -        Come sta la ragazzina? La figlia del medico.

Pietro         -        Che? Ah già, la ragazzina. Mah, non so proprio. Dicono che non sia per niente bene.

Costrace    -        Chi lo dice?

Pietro         -        Un po' tutti. Ieri sera parlavo con Flavio, il guardarobiere del teatro comunale, mi diceva che in casa del dottore tira un’aria tesissima. Lui lo sa perchè, la moglie va a servizio in quella casa da quando sono arrivati. E la situazione non tende a migliorare.

Costrace    -        La ragazzina la tengono in casa?

Pietro         -        Tenerla in ospedale sarebbe inutile. D’altronde il padre è medico, sa come muoversi. Com’è che ti interessa tanto?

Costrace    -        Ma niente, così per parlare, curiosità. Stamattina è passato il padre della ragazzina e mi ha portato quella bambola. Non aveva certo un aspetto felice e così mi ha incuriosito questa storia.

Pietro         -        Ah, ma allora la bambola è sua?

Costrace    -        Santo spirito di osservazione

          (Arriva da fuori una signora con un ampio grembiule, ed una gonna a quadri rossi)

Sonia          -        Buongiorno signor Costrace

Costrace    -        ‘giorno Sonia

Sonia          -        Pietro, è arrivato il bottaio.

Pietro         -        E’ arrivato presto, vabè io vado (esce)

Costrace    -        Ci vediamo

Sonia          -        (resta un attimo a guardare) Ma tu guarda quante bambole

Costrace    -        Tante quanto è folta una famiglia

Sonia          -        Dica un po', è vero che parla con loro?

Costrace    -        E loro mi rispondono

Sonia          -        Anche adesso?

Costrace    -        Si

Sonia          -        (si guarda intorno stupita) E cosa stanno dicendo?

Costrace    -        (forzando lo scherzo) Dicono che è molto che non mangiano, ed avrebbero proprio bisogno di un po' di carne fresca (avanza minaccioso).

          (Sonia fugge impaurita, Costrace scoppia in una risata nervosa)

Costrace    -        Santa stupidità, abboccano a tutto, eppure vanno in giro con la bocca aperta.

          (per fare lo scherzo, si è portato verso l’uscita. Uscita Sonia, Costrace si volta verso il tavolo. La luce gialla delle lampadine illumina le bambole raggruppate in vari punti, quasi al centro, la bambola).

Costrace    -        Quanta storia intorno ad una bambola. Quanta importanza intorno ad una bambola. Il filo di una vita legato ad un gioco da bambini ed il senso di un male organico unito all’aspetto di un fantoccio di plastica. Perché?

          (Entra la signorina Volpone, è un’anziana signora di settant’anni. Veste di nero con un grande cappello con velo davanti al viso. Dei raffinati guanti bianchi le ricoprono le mani affilate. Stringe davanti a se la borsetta).

Volpone     -        La disturbo signor Costrace?

Costrace    -        (si volta) Come? Oh, signorina Volpone.

Volpone     -        L’ho veduta sopra pensiero e mi è preso lo scrupolo che la stessi disturbando

Costrace    -        Ma no, ma no. Vagavo con la testa, in giro per la bottega

Volpone     -        E’ bello, ogni tanto, andarsene in giro per pensieri. No?

Costrace    -        Non sempre è utile. C’è sempre lavoro da fare.

Volpone     -        Ecco, per l’appunto, ero passata per vedere se, a Dio piacendo, fosse pronta la mia bambola.

Costrace    -        Ha fatto bene a passare. Stavo appunto incartandola per non farla impolverare.

Volpone     -        Oh, non si doveva disturbare. Dovrò comunque incartarla con della carta colorata molto vivace. Anche qualche fiocco colorato.

Costrace    -        Mette molta cura in questo regalo.

Volpone     -        Sapesse di quale importanza è investito.

Costrace    -        E’ per la sua nipotina

Volpone     -        Una pronipote. Un piccolo angelo. Pensi, si chiama come me, Caterina. E mi somiglia, per giunta. Volevo regalarle, per il suo sesto compleanno, un dono per me importante e duraturo. Nessun gioco complesso o educativo, o libri complessi o moralistici. Soltanto una bambola. Nessuna complessità, nessuna ricerca di concetti da spiegare a bambini in crescita. La cosa più semplice.

Costrace    -        Una bambola vissuta.

Volpone     -        Quante ne ha passate con me. Abbiamo sopportato molte cose insieme, ed insieme le abbiamo superate.

Costrace    -        Piangeva quando lei piangeva e rideva quando lei era felice.

Volpone     -        Oh, molto di più. Se io ero triste, insieme a lei tornavo allegra. Mentre io piangevo, lei rideva per tirarmi su di morale. E se lei si ammalava, io ero pronta a guarirla, era un gioco laborioso.

Costrace    -        Lei guariva la bambola?

Volpone     -        La guarivo, la accudivo, la coccolavo. Ero sua madre. Ma non è un po' il gioco di ogni bambino?

Costrace    -        Un gioco, sì. E’ soltanto un gioco.

Volpone     -        Il gioco più importante della nostra vita. Devo andare, ora. Posso portarle più tardi il denaro? Sono uscita senza moneta stamani.

Costrace    -        Non deve preoccuparsi. Sarà un piacere se riuscirà a passare di nuovo

Volpone     -        Alla mia età è bene liberarsi in fretta di ogni debito, perché non debba essere inseguito dai debiti fino in cielo.

Costrace    -        Ha tanta di quell’energia da potersi permettere ancora molti debiti.

Volpone     -        Non lo creda. L’energia degli uomini è potente, ma svanisce in fretta senza lasciare traccia. L’uomo regge la propria esistenza su gracili cose, gracili come bambole . (esce)

          (Costrace rimane solo di fronte alla bambola da aggiustare)

Costrace    -        Quante differenze nello stesso oggetto. Ora siete il termometro dell’anima, ora i dipendenti dai vostri padroni. D’altronde siamo noi a darvi il valore secondo la nostra necessità, e voi non siete altro che il fantasma dei nostri pensieri. Siete tutti piccole montagne fittizie, che nascondono le valli buie dello sviluppo umano. Siete come la tela di un sipario, che copre la vista da ciò che avviene sul palcoscenico, e si apre soltanto per mostrare un lavoro già pronto nel quale si svolgerà la scena della nostra vita.

          (L’orologio di un campanile suona le dodici, le voci della strada si fanno animate, si sente la campanella di una scuola, poi il vocio squillante dei ragazzi che escono. Costrace si muove dal suo pensiero)

Costrace    -        Bhe, ora basta divagazioni, al lavoro!      

Sandra       -        (Entra. Si affaccia allungando il collo. Ha indosso un grembiule azzurro) Possiamo signor Costrace?

Costrace    -        Come? (si volta) Oh, venga Sandra.

Sandra       -        Sono passata ora perché nel pomeriggio ho da fare in municipio, per la cena del Sindaco.

Costrace    -        Va bene, va bene.

Sandra       -        Vieni Lucia (verso fuori) . Da quando il Sindaco ha deciso questa cena, ci ha messo tutti in subbuglio. Bollono grandi cose in Comune.

Costrace    -        Sarà la solita politica delle decisioni da tavolo. Può anche dare una passata veloce, non è molto sporco.

Sandra       -        Non si preoccupi, tanto ci vuole poco. Lucia, tu dai una spolverata sui ripiani. Ha visto, signor Costrace, che ho un aiuto (indica con la testa Lucia).

Costrace    -        Si, si, stavo notando.

Sandra       -        E’ la figlia di mia sorella. La porto con me la mattina, sà, ha smesso la scuola.

Costrace    -        Bhe, il lavoro fa sempre bene. Vado un momento al negozio in piazza, devo comprare dello zucchero.

Sandra       -        Vada, vada, intanto finiamo qui.

          (Costrace esce. Sandra continua a passare con la scopa. Lucia spolvera, poi comincia a guardarsi intorno)

Lucia         -        Zia

Sandra       -        Che c’è?

Lucia         -        Hai visto quante bambole?

Sandra       -        Le ho viste, sì. Sono cinque anni che vengo a pulire. Oramai le conosco tutte. (si avvicina ad un gruppo di bambole). Questa è Evelina, questa Violante, questa Deborah, con l’acca, questa qui è Cassandra. eh ce n’è di tutti i tipi . Però guarda come le ammucchia sul tavolo. Poi dice a me (Lucia, spostando le bambole le mescola) Oh, attenta a non fare confusione, se gli sposti qualcosa è perso.

Lucia         -        Ma si che sto attenta. (guarda la bambola da aggiustare sul tavolo) Questa sembra vera, le fanno proprio bene.

Sandra       -        Finisci di spolverare sui mobili, così passiamo lo straccio e andiamo.

Costrace    -        (entrando) Pochi sanno resistere .

Lucia         -        (sussulta) Mi scusi, sono curiosa

Costrace    -        Fai bene, non bisogna resistere al richiamo delle bambole

Sandra       -        Abbiamo quasi finito, signor Costrace (Gli si avvicina e indica Lucia) Gli ho presentato un po' di bambole

Costrace    -        Ha fatto bene si sentono un po' sole, a vivere con un vecchio burbero

Sandra       -        Via, non esageri adesso

Lucia         -        Qui ho finito

Sandra       -        Io passo lo straccio, non mi cammini sul bagnato

Pietro         -        (entra) Eccola li, sempre a comandare

Sandra       -        E mi mancava il grilli parlante

Pietro         -        Ognuno ha i suoi vizi

Sandra       -        Bocca mia resta ferma

Pietro         -        Sentito? Oramai la sua bocca è un organo a parte. Gli ha ordinato di non muoversi

Lucia         -        Zio, dai basta, sempre a punzecchiare la zia

Pietro         -        Ma è lei che vuole avere l’ultima parola

Sandra       -        Dai levati, che ho finito. Signor Costrace, un minuto ed è già asciutto

Costrace    -        Va bene

Pietro         -        Hai saputo della figlia del medico?

Costrace    -        No, cosa dovrei aver saputo?

Pietro         -        I medici non riescono a fare la diagnosi perché la ragazzina alterna dei momenti di male a momenti di tranquillità. Ma sono così frequenti che non si fa in tempo neanche a fargli un prelievo che già cambia di colore e diventa apatica

Sandra       -        Quella bambina ha gli occhi spenti, ecco cos’ha.

Pietro         -        Eccola, la dottoressa

Costrace    -        Che vuole dire?

Sandra       -        Che non ha abbastanza forza per vivere. Tutto quì

Lucia         -        Eccola che ricomincia

Pietro         -        Ci risiamo

Sandra       -        Sì, prendetemi in giro, ma il signor Costrace mi capirà benissimo

Costrace    -        Che vuole dire?

Sandra       -        Si ricorda, tanto tempo fa lei mi parlò di come, da bambini impariamo a giocare con le cose che ci circondano, e di come, a furia di credere nei nostri giochi, ci riempiamo di voglia di giocare. E riempiamo i nostri giochi della nostra anima. Lei stesso ha trattenuto qui con se le bambole che più le piacevano. Perché, diceva ...

Costrace    -        ... ridono

Sandra       -        Ecco sì, ridono. Non ho mai visto quella bambina ridere, dal giorno in cui arrivò alla stazione. Piccola, magra, con quella piccola valigetta e una bambola tra le mani. Il volto roseo, ma gli occhi senza luce. Solo la bambola rideva per lei. Io queste cose le vedo, non sono mica col cuore sordo come questo grassone qui (indica Pietro)

Pietro         -        Quando qualcosa non ti va, te la prendi con la mia pancia

Sandra       -        Scherza, scherza, il signor Costrace mi ha capito

Costrace    -        Ora non ride neanche la sua bambola

Sandra       -        Brutta storia

          (Sandra  osserva il pavimento, poi, verso Lucia, raccoglie gli stracci)

Sandra       -        Qui è asciutto. Andiamo, dobbiamo finire al Comune. Ci vediamo Giovedì Signor Costrace. E tu bevi poco!

Pietro         -        Io non bevo, puzzo di vino per difetto di lavoro

Sandra       -        (mentre esce) Sì, sì, chiamalo difetto (esce con Lucia)

Pietro         -        Pur di chiacchierare, direbbe qualsiasi scempiaggine

Costrace    -        Non esagerare, ha solo detto quello che pensava. Lo fai anche tu, di mattina presto

Pietro         -        E’ perché sono insonnolito, la mattina

          (Pietro osserva Costrace)

Pietro         -        Dì un po', non è che ci credi un po' troppo a ‘sta storia delle bambole?

Costrace    -        Che vuoi dire?

Pietro         -        Niente, è che mi sembra tu stia prendendo troppo a cuore la storia di questa ragazzina

Costrace    -        Tu non ci hai mai creduto, eh!?

Pietro         -        Sai cos’è? Mi sembra un’esagerazione collegare ad una malattia il rapporto con una bambola. Quella bambina sta male, per questo non ride. C’è poco da ridere

Costrace    -        Parli bene tu, per essere un venditore di vino

Pietro         -        Si fa quel che si può

Costrace    -        Non confondere però. I rapporti con le bambole possono essere molto più profondi di quanto dimostrino

Pietro         -        Ma sono dei giocattoli

Costrace    -        Sono i primi giocattoli, non sono giocattoli qualunque. Hanno lo stampo della nostra coscienza. Hanno l’aspetto dell’inizio della nostra vita.

Pietro         -        Ma dai, sono pezzi di plastica, porcellana o stoffa

Costrace    -        Quella ragazzina, tu dici, “sta male, per questo non ride”. La risposta è un’altra

          (va verso la bambola e la mostra)

Costrace    -        La risposta può essere un’altra. La ragazzina non ride, per questo sta male. Il suo male è un effetto, non una causa

Pietro         -        Sarà pure come dici tu, ma continuo a non capire cosa c’entra la bambola

Costrace    -        Il perno è tutto quì. La bambola è un riflesso, come dev’essere. Su di lei è rispecchiata la vita di quella bambina. Qualcosa nella vita di quella ragazzina l’ha costretta a star male.

Pietro         -        Pure tu, per essere un’aggiusta pupazzi, sei parecchio forbito

Costrace    -        Alle volte penso che a parlare con te si diventi cinici

Pietro         -        Scherzavo, non te la prendere. Sarà pure come dici, ma non immagino proprio cosa ci sia di strano nella bambina

Costrace    -        Forse il male non è in lei, forse nella sua famiglia

Pietro         -        Ci sono, hai sbagliato la scritta sul negozio. Dovevi mettere “COSTRACE - INVESTIGATORE PRIVATO”!

Costrace    -        Ti vogliono a bottega

Pietro         -        Chi te lo dice?

Costrace    -        Il mio martello!

Pietro         -        Quale martello?

Costrace    -        Quello che ti tiro dietro se non te ne vai (fa il gesto)

Pietro         -        (uscendo) Permaloso e scorbutico

Costrace    -        Te lo dò io l’investigatore privato

Donna        -        Cos’è che mi deve dare? (entra con una borsa)

Costrace    -        (si volta) Mi scusi, ce l’avevo su con Pietro

Donna        -        Litigate sempre come due bambini, come quando eravate a scuola

Costrace    -        Non crescere, a volte, fa bene al cuore

Donna        -        Ma fa male alla schiena. Ricordo, prima di andare in pensione, che i miei ragazzi mi facevano girare la testa, impazzivo dietro a loro. Arrivavo alla sera stanca morta, ma soddisfatta. Riuscivo a fargli sfogare su di me tutte le tensioni delle loro giornate. Alle volte c’era bisogno di qualche punizione, ma niente di drammatico, né per me né per loro. Non riesci ad essere cattiva quando conosci gli eventi che si nascondono in un pianto di bambino.

          (Costrace si avvicina interessato)

Costrace    -        Lei conosceva tutte le loro famiglie?

Donna        -        Era molto faticoso, ma mi tenevo in contatto con tutte le famiglie

Costrace    -        E, quando crescevano i ragazzi?

Donna        -        Qualcuno si eclissava, ma qualcun’altro è rimasto a farmi compagnia

Costrace    -        (come per cambiare discorso) Ha saputo della figlia del dottore?

Donna        -        Mi stavo domandando quando sarebbe arrivata la domanda?

Costrace    -        Quale domanda?

Donna        -        Da questa mattina è assillato da questa vicenda. Muore dalla voglia di sapere quanto ne possa sapere io.

Costrace    -        Si vede tanto che sono curioso?

Donna        -        Diciamo che si sente in giro. Ho incontrato, venendo qui, Sandra con sua nipote. Anche lei è accorata per questa cosa, siamo gente strana

Costrace    -        Ha detto “siamo”, vuol dire che anche lei, ...

Donna        -        Non lo posso negare. Non appena ho sentito della bambina, ho cominciato a chiedere in giro con molto tatto, ed alcune piccole cose mi sono state chiare.

Costrace    -        Solo piccole cose?

Donna        -        E’ quella una famiglia molto riservata. Non sono facili al parlare né frequentano molte persone. Sembra che il medico sia stato trasferito per colpa di non so quale complicazione, e che si sia portato dietro la bambina e la governante. Bagagli, molto pochi, ma segreti a bizzeffe

Costrace    -        Ma lui, non è sposato? Dov’è la madre della bambina?

Donna        -        E’ questa la parte più in ombra. Nulla viene fuori su questo argomento. E’ vietato ...

Costrace    -        Forse si sono separati, oggigiorno va di moda. Separiamoci, tanto per poterci pensare sù

Donna        -        E la bambina? Non credo che, anche separata, la madre non si curi di venirla a trovare. Non è normale. Non s’è mai visto

Costrace    -        Forse un divorzio. Il giudice ha assegnato a lui la bambina e lui, per punire la sua ex moglie, gliela sottrae totalmente alla vista

Donna        -        Ho il timore che ci sia qualcosa di peggio

Costrace    -        Cosa?

Donna        -        Quando è venuto quì da lei, ha visto le sue mani?

Costrace    -        Avrei dovuto?

Donna        -        Porta ancora la fede al dito. Se avesse divorziato in questo modo, quell’anello sarebbe volato fuori dalla finestra. C’è una grande tensione in quell’uomo. Ha delle grandi spalle, ma la schiena è curva sotto il peso dei suoi segreti. Senza contare che ora la sua pena sembra crescere dietro le sorti di quella bambina

Costrace    -        Eh già, i bambini ci vanno sempre di mezzo

          (la donna si alza per andare)

Costrace    -        Va via?

Donna        -        E’ quasi ora di pranzo, è il caso che vada. Se avrò qualche notizia, mi farò sentire. Buon pranzo!

Costrace    -        Buon pranzo a lei

Donna        -        Faccia un buon lavoro con quella bambola, se lo merita

Costrace    -        E’ la mia prima preoccupazione, mi creda

          (entra Gigi)

Gigi            -        Buongiorno, signorina maestra

Donna        -        Buongiorno a te Luigino. Ma ricordati che è già molto tempo che non insegno più in una scuola

Costrace    -        La scuola non sà cosa si perde

Donna        -        Adulatore (esce)

Costrace    -        Ti serve qualcosa?

Gigi            -        E’ ora di pranzo

Costrace    -        Ma va? Tu guarda come passa il tempo

Gigi            -        Ha detto la signora Teresa .....

Costrace    -        Se la signora Teresa la smettesse di mandarti ogni ora a dirmi qualcosa, e me lo venisse a dire di persona, diventerebbe magra e snella

Gigi            -        Filippo dice che la signora Teresa è nata già così grassa

Costrace    -        Filippo la sa lunga. Che voleva la signora?

Gigi            -        Pietro l’ha portato l’olio?

Costrace    -        Me n’ero dimenticato. Hai proprio ragione. Ora andiamo a vedere

          (Escono insieme, si dirigono verso l’osteria. Passa un momento quando dalla parte opposta arriva una signora dai movimenti nervosi. Entra guardandosi intorno, ha paura. E’ vestita di nero con un tailleur molto castigato, i capelli chiari, legati dietro. Si guarda intorno, cerca qualcosa, poi la trova, è la bambola che cerca. La guarda, la riconosce, poi la nasconde e scappa di corsa)

          (Costrace e Gigi entrano, anticipati da Pietro che porta una tanica di olio)

Pietro         -        Il fatto è che non vi si può fare una piccola promessa che subito, vi appigliate come l’edera su un muro

Costrace    -        Parla parla, se non era per Gigi, non me lo avresti neanche ricordato

Pietro         -        Eccola la fiducia. Nel momento del bisogno

Costrace    -        Lo senti? (a Gigi). Le lacrime di coccodrillo, le riconosco da un miglio di distanza

Pietro         -        Dove te la poggio, questa?

Costrace    -        Siccome parli troppo, te la farei portare fino a casa della signora Teresa, ma, siccome sono magnanimo, ti concedo di metterla sotto il tavolo.

Pietro         -        Al vostro buon cuore, mio sovrano. Ci vediamo più tardi, eh?

Costrace    -        Vai, buon appetito

Pietro         -        (urla verso la sua bottega). Sonia butta fuori gli ubriaconi, si va a mangiare! (esce)

Costrace    -        (a Gigi) Tu vai avanti, dì alla signora Teresa che metto un po' d’ordine e arrivo. (esce Gigi)

          (Costrace comincia a riordinare, sposta qualche sedia, mette via qualche arnese, ammucchia qualche bambola. Poi prende il soprabito, lo poggia su una spalla e si dirige verso l’uscita. Sulla porta si ferma. Si volta, pensando, molto lento. Non vede la bambola sul tavolo, comincia a cercare con calma, poi con frenesia crescente. Ira)

Costrace    -        E adesso che fine hai fatto, stupida bambola? Non ti nascondere, come la tua padrona. Ti devo aggiustare, vieni fuori. Maledetto pezzo di plastica. Dove sei finita? Fammi vedere la tua faccia mentre ti nascondi. Mostrami i tuoi occhi finti che piangono per la tua padrona malata. Vuoi fare la sua stessa fine? Perché non rispetti la tua missione, ignobile fantoccio, perché non ti comporti da alleviatore delle pene infantili. Cosa te lo impedisce? (si ferma, si  calma). Il mio cervello invecchia, si lascia prendere dalla rabbia. Che avete da ridere voialtri? La state nascondendo voi, gli avete dato asilo per la sua mala sorte? La devo aggiustare, è il mio lavoro, è il suo futuro. Non potrete sottrarla alla sua missione, incoscienti che non siete. Datemela. (si ferma di nuovo). Ma quanto parlo, vero? Chissà se la voglio trovare veramente, se davvero è questa la soluzione dei mali.

          (Entra la donna di prima in tailleur, le braccia pendenti, la bambola in una mano. Ha gli occhi arrossati)

Governante -      Io forse ho la soluzione

          (Costrace si gira, di scatto, verso quella che può essere la sua ............ visione)

Costrace    -        Chi è lei? (guarda la bambola) Come fa ad averla lei?

Governante -      Sono venuta poco fa, lei non c’era

Costrace    -        Si è portata via la bambola. Perché?

Governante -      Sono la governante di casa Marzio

Costrace    -        Marzio? Il Dottore. Ma sì certo, avrei dovuto riconoscerla subito

Governante -      Non sono riuscita a fermarmi

Costrace    -        Una persona come lei, che va a rubare una bambola

Governante -      Può essere una soluzione per Maria e il signor Marzio

Costrace    -        Quale soluzione, di cosa si va parlando?

Governante -      Mi lasci spiegare, non ci vorrà molto

Costrace    -        Non so se dovrei starla a sentire. Si è comportata in modo sciocco. Si rende conto che mi stava portando via forse l’unico mezzo per alleviare il dolore di una bambina?

Governante -      Perché siete tutti mirati a questo? Perché ogni persona che incontro si prodiga nell’alleviare il suo dolore?

Costrace    -        Ma che razza di domande mi pone?

Governante -      E’ una domanda giusta

Costrace    -        Bisogna essere ciechi e sordi per non sentirsi partecipi di un tale male

Governante -      Aspetti. Io non le ho chiesto di non comprenderlo. Tutti noi comprendiamo che il male di Claretta esiste ed è profondo. Nessuno vuole negarne la presenza. Io voglio solo chiarire che non sempre alleviare il dolore è la soluzione

          (Costrace la guarda con curiosità, poi le si avvicina. La governante gli porge la bambola. Lui la prende e si allontana di un poco)

Costrace    -        Claretta. E’ così che si chiama la bambina?

Governante -      Claretta. Come la sua bambola. Come la sua nonna. Come sua madre

Costrace    -        La madre? Non si è mai vista in questi mesi?

Governante -      Non può, non potrà farsi vedere

Costrace    -        Ma quale razza di impegni può bloccare l’affetto materno?

Governante -      La prego mi lasci spiegare

Costrace    -        Sarò pazzo ma l’ascolterò

Governante -      Io le ho rubato la bambola per una ragione seria e vera. Sono al servizio della famiglia Marzio già da cinque anni. Prima ero al servizio della madre del dottor Marzio, poi passai col dottore e la sua famiglia quando nacque Claretta. Fu un periodo molto intenso. Il dottore viaggiava molto a causa di un lavoro importante a livello internazionale, la signora accudiva Claretta alternandosi con me. Nei suoi momenti di riposo si dedicava allo studio della medicina genetica, poi questi momenti cominciarono a farsi sempre più frequenti, sempre più intensi. La signora lavorava, mi disse poi, allo stesso progetto del marito ma si era scelta un suo metodo, più pratico dello studio sui grandi libroni dei dottori, che mirava direttamente alla soluzione chimica. Purtroppo, col procedere del tempo, la signora cominciò a trascurarsi, a dimagrire e a debilitarsi fino a rendersi necessaria l’interruzione degli esperimenti. La signora cadde in uno stato di depressione dal quale non fu più possibile scrollarla, si spense lentamente sotto gli occhi di tutti.

Costrace    -        Che cosa ne fu di Claretta?

Governante -      Era una bambina sveglia. Seguì costantemente la madre, come un medico cura un paziente bisognoso di grandi attenzioni, e non si staccò da lei fino al giorno del suo ricovero

Costrace    -        Fu separata dalla madre?

Governante -      Fu necessario. Non c’era possibilità di altre cure in casa

Costrace    -        E Claretta ....

Governante -      Forse fino ad allora, non aveva compreso la drammaticità del suo gioco. Vedendo andare via la madre in ambulanza, deve aver realizzato l’oscuro destino che si presentava. Cominciammo a contare sulla punta delle dita le volte che la bambina rideva. La notizia della morte della signora arrivò come una bastonata su tutti noi. Forse c’eravamo riservati un filo di speranza. Troppa. Claretta si chiuse in un mondo suo, personale, limitato. Non una lacrima, non un lamento, niente.

Costrace    -        Perché vi siete trasferiti qui?

Governante -      Ordini del Governo. Il dottore non poteva più seguire i progetti di lavoro, era un ostacolo per la ricerca. Avrebbe potuto esercitare la sua professione di specialista in un luogo tranquillo. Lui accettò di buon grado, voleva dare un ambiente nuovo a Claretta. Ma tutto questo sembra non sia servito né a lui né a lei

Costrace    -        Così è venuta a riprendersi la bambola

Governante -      Sono convinta che sia la soluzione a tutto

Costrace    -        La bambola?

Governante -      Deve sparire

Costrace    -        Ma perché?

Governante -      E’ molto più semplice di quanto si può credere. Ma non ho avuto il coraggio di parlarne con nessuno

Costrace    -        Ne parla con me, per la prima volta?

Governante -      Se ne avrò la forza. Quella bambola fu il regalo di compleanno da parte del dottore. Era riuscito a trovare, sfogliando cataloghi, girando per giocattolai e magazzini, una bambola che somigliasse a Claretta. Fu una simbiosi immediata. Da quel giorno furono inseparabili. Non c’è momento della giornata che le abbia viste separate, un corpo solo. Sembrava di vedere due gemelle. Perfino la voce che veniva fuori dalla bambola veniva imitata dalla bambina, e lei si divertiva a farci scherzi. Poco tempo fa Claretta ha cominciato a dar segni di stanchezza. Mangiava poco, dormiva ancora meno. Cominciava ad essere più pallida della sua stessa bambola. Sembrava di rivedere un film a noi purtroppo già noto. L’indebolimento, la malattia, ed ora il terrore del peggioramento

Costrace    -        Signora, perché mi ha preso la bambola.

Governante -      Ieri sera è successo qualcosa che è sembrato come una luce che ferisse l’oscurità. La bambola di Clara aveva smesso di mandare i messaggi con la sua voce metallica. Malgrado questo, Claretta continuava a versare nel suo stato di ormai totale apatia. Poi, il dottore decise, per fargli piacere, di fargliela aggiustare, ma, all’atto di separarle, Claretta ha iniziato a lamentarsi, a gemere per riavere la sua bambola. La mia mente ha iniziato a viaggiare velocemente in tutte le direzioni, a collegare tanti fatti accaduti nei giorni precedenti. Finché questa mattina tutto mi fu chiaro.

Costrace    -        Quando il dottore è venuto qui

Governante -      Io lo seguii, fino a vederlo entrare dalla porta

Costrace    -        Ed ha aspettato il momento buono per riappropriarsi della bambola

Governante -      Oh no, non ho atteso qui, ho girato per la città cercando di trovare i migliori discorsi per convincere lei o il dottore a non restituire a Claretta la sua zavorra. A dare alla bambina il pretesto per scuotersi. Mi ero decisa, sono venuta fino qui, ma la fortuna ha voluto che lei uscisse dal negozio. Allora mi si è presentata l’occasione di non dover spiegare niente, di far sparire un oggetto ingombrante. Ma il rimorso ha fatto il resto

          (Costrace inizia a passeggiare per il negozio)

Costrace    -        (Alle bambole) Sentito, siete oggetti ingombranti

Governante -      Come dice?

Costrace    -        Niente, mi scusi, ogni tanto parlo con i miei fantocci. Cerco di dargli un’anima, la mia, se non sono schizzinosi

Governante -      Cosa pensa di quello che le ho detto?

Costrace    -        Vede, è una vita che vivo con bambole e marionette. E molte volte m i sono imbattuto in storie di attaccamento a loro, quasi morboso

Governante -      Allora può capire .....

Costrace    -        ... posso capire molto più di quello che pensa. Mi creda.

Governante -      Non mi crede, vero?

Costrace    -        Io credo a quello che mi ha detto, ma non so come prendere tutta questa storia. Lei capisce che mi trovo di fronte ad un dilemma assurdo

Governante -      Ma è per il bene di Claretta

Costrace    -        Non dica questo, non ora. Lei mi ha appena tempestato di storie ed evoluzioni, e vuole una risposta, ora

Governante -      Le chiedo troppo

Costrace    -        Si può chiedere qualsiasi cosa, ma bisogna che i tempi siano maturi per la risposta. Io potrei darle la bambola e far credere in un furto di qualche zingaro, potrei bruciare la bambola, oppure potrei aggiustare i suoi meccanismi e restituirla al mio cliente. Ma mai, prima d’ora, la vita di una bambola  mi ha interessato come ora.

Governante -      La vuole aggiustare?

Costrace    -        Non le posso dare una risposta

Governante -      Quando allora?

Costrace    -        Vada da Claretta e le stia vicino. La mia risposta le arriverà, questa sera.

          (La donna esce lentamente, si volta come per dire qualcosa, ma esce quasi correndo. Costrace la segue fino all’entrata, poi chiude la porta con una mandata. Da fuori cominciano a bussare. Costrace apre ed entra Gigi)

Gigi            -        Non viene a mangiare?

Costrace    -        (si volta un momento verso la bambola sul tavolo). Hai ragione. Sacco vuoto non sta in piedi. Spengo le luci e sono da te. (va verso il pannello delle luci e stacca la corrente, solo una fioca luce resta verticale sul tavolo dove è la bambola) Andiamo.

          (I due escono. La luce all’esterno rimarrà uguale per tutta la pausa. Ogni tanto passerà qualche sagoma frettolosa, fino all’inizio della seconda parte).


          (Due delle sagome si fermano davanti alla porta che si apre e fa entrare Costrace ed un signorotto quasi calco, il viso leggermente adunco, il cappello nella mano sinistra)

Costrace    -        Vieni, vieni

Anselmo    -        Ah, che bel calduccio

Costrace    -        Metti pure il soprabito lì nell’angolo

Anselmo    -        (si avvicina all’appendiabiti). Non è che mi si sporca?

Costrace    -        Ma no, guarda. Ci metto sempre il mio. (appende il suo soprabito)

Anselmo    -        Ah, allora va bene. (mette il suo sopra quello di Costrace, facendo attenzione a non farlo sgualcire)

Costrace    -        Adesso ti faccio assaggiare il mio amaro

Anselmo    -        Ma è vero che lo fai con i semi di melone?

Costrace    -        Ma si, te l’ho detto, semi di melone e marsala. Accomodati.

Anselmo    -        (si gira verso uno sgabello, lo squadra un po', lo spolvera per bene. Poi si siede sul bordo). Certo che ce ne sono di tecniche per queste cose, eh?!

Costrace    -        (sta tirando fuori una bottiglia, molto lavorata, dal vano di un mobile) Te l’ho detto, le tecniche si somigliano un po' tutte, sono gli ingredienti che danno l’originalità (prende due bicchierini)

Anselmo    -        Eh si, gli ingredienti. Già, proprio loro

Costrace    -        Bisogna saperli dosare, scegliere, vagliare. Bisogna dar loro il corpo (versa nei bicchieri)

Anselmo    -        Eh già, il corpo, Come no

Costrace    -        Alla salute allora (beve)

Anselmo    -        Oh sì, alla salute (beve)

Costrace    -        Gran cosa la natura

Anselmo    -        (si guarda intorno) Le tue bambole sono aumentate, in questi ultimi tempi

Costrace    -        Sì, è vero. Ce ne sono parecchie in più

Anselmo    -        Ma, come mai?

Costrace    -        Me le lasciano

Anselmo    -        Sì, si, questo è giusto, ma, volevo dire, come mai non vengono a riprendersele?

Costrace    -        Ah , se potessero rispondere loro. Quante storie

Anselmo    -        Tante eh?

Costrace    -        La gente decide di farle aggiustare quando ormai si può fare ben poco

Anselmo    -        Ma che peccato

Costrace    -        Poi quando vengono a riprenderle , tutti a lamentarsi. “Ma io credevo venisse meglio, se è così, allora me ne compro una nuova e faccio prima” oppure “certo che ridotta così rischia di rompersi presto” ... e così via, le scuse sono tante

Anselmo    -        Scuse, tu dici?

Costrace    -        Sì, non sono altro, c’è chi si nasconde dietro al suo consumismo, chi ha paura di essere troppo delicato verso il perno del gioco. Ma sono solo scuse.

Anselmo    -        Ma perché, scusa le chiami scuse

Costrace    -        Perché ogni ragione è mirata a rinnegare una cosa molto scomoda

Anselmo    -        Ah sì?

Costrace    -        Eh già!

Anselmo    -        E quale cosa?

Costrace    -        Il sentimento, no!!?

Anselmo    -        Ma sì, sì, il sentimento. cioè?

Costrace    -        Chi porta da me le sue bambole lo fa con un pensiero preciso in testa, pare. E cioè aggiustare un oggetto di gioco. Una marionetta. Ma ...

Anselmo    -        Ma ...?

Costrace    -        Magari, fosse così

Anselmo    -        Non è così?

Costrace    -        Dovresti vederla, questa gente, quando mi porta la bambola. “Guardi ho quì questa cosa ...”, non sanno neanche come chiamarla. Quando varcano quella soglia, a tutti prende un’amnesia. Dimenticano tutti cosa  mi stanno portando. “Veda, veda cosa si può fare, anche se dubito che ...”. Mi portano il cadavere di un sentimento che, di lì a poco, dovrà essere sepolto, per non perdere il passo della loro crescita, per non farlo perdere ai loro figli. Li sento, a volte prima di entrare quì, “che cosa ti importa di quel bambolotto, ormai sei un uomo” oppure “sei una donna e ancora giochi con le bambole”. Che gigantesco alibi!

Anselmo    -        Alibi? Dici?

Costrace    -        E non è altro? E’ un conflitto eterno, se tuo figlio cresce è un bene perché è una preoccupazione in meno, se tuo figlio cresce è un male perché vorresti non crescesse mai, che morisse sotto il tuo stesso tetto. Non sanno cosa preferire e intanto cominciano ad eliminare il primo elemento di questa distrazione, perché la scelta sia libera, non quella dei figli, quella dei genitori

Anselmo    -        E’ molto triste, eh?

Costrace    -        Questo, per tutti, è il negozio delle bambole. Per me, è solo il cimitero dei sentimenti

Anselmo    -        (tira fuori l’orologio dal taschino) Oh cielo, rischierò di fare tardi!

Costrace    -        Non ti preoccupare, ti prendo il cappotto

          (Stacca il soprabito dall’appendiabiti e lo porta ad Anselmo. Passando lo strofina in vari punti del negozio, mentre Anselmo è indaffarato a mettere via i bicchieri e la bottiglia)

Costrace    -        Ecco qua.

Anselmo    -        Ah bene, sì. Grazie (spolverando una manica). Sai è nuovo, non vorrei rovinarlo.

Costrace    -        Sì, sì, è giusto. Mi raccomando, non correre. Potresti inciampare e sporcarti

Anselmo    -        Non c’è pericolo, è una passeggiata, la prenderò con calma

Costrace    -        Ci vediamo, allora

Anselmo    -        Eh sì, già, ci vediamo (esce con il naso per aria a guardare il tempo) speriamo che non piova. Non vorrei rovinare il cappotto. (esce).

Costrace    -        (sorride) Non gli ho detto che chi butta via una bambola, si compra altre cose. E la storia ricomincia. O è una macchina o uno stereo, un cappotto e tante altre cose. Fanno tutti parte di un surrogato delle loro bambole. Ma sono tutti troppo adulti per accettarlo. Eh, santa innocenza.

          (guarda un po' la bambola. Poi prende di nuovo un bicchiere e si versa altro amaro. Lo sorseggia per un po', poi appoggia il bicchiere sul tavolo da lavoro e comincia a muovere la bambola. Prima per un braccio, poi una gamba).

Costrace    -        Tu che faresti eh? Se potessi decidere da sola, cosa faresti? Ti guarderesti intorno, saluteresti i tuoi colleghi e colleghe che sono qui appesi, poi, te ne andresti salutando elegantemente. Io ti potrei chiedere, però, qual’è la soluzione. E tu cosa mi risponderesti?

Pietro         -        (entrando) Sono arrivato tardi, hai cominciato già a far domande alla bambola

Costrace    -        Oppure sei arrivato in anticipo, cosicché non mi ha potuto rispondere

Pietro         -        Stai peggio di quanto sembri

Costrace    -        Uomo di poca fantasia!

Pietro         -        Non mi sento menomato a dire il vero

Costrace    -        E’ una sensazione comune, non ci si accorge mai delle nostre mancanze

Pietro         -        La bambola è ancora lì

Costrace    -        E allora?

Pietro         -        Vuol dire che stai invecchiando, a quest’ora avresti dovuto già finirla. Già impacchettata.

Costrace    -        Chissà, forse è così, ma forse è il contrario

Pietro         -        Che vai dicendo?

Costrace    -        Sapessi cosa succede intorno a questa bambola

Pietro         -        Uh sò, ne sò già parecchio. Sonia ne ha parlato a sufficienza

Costrace    -        No, no, io non parlo di quello che si vede

Pietro         -        Perché! C’è dell’altro? ci sono novità?

Costrace    -        Oh son tutte cose che con la novità non hanno niente a che spartire. Sono storie vecchie, come vecchia è l’umanità, e vecchi i suoi mali

Pietro         -        Non ti capisco

Costrace    -        Tu hai mai giocato con le bambole?

Pietro         -        Io? Ma ti sembro il tipo? (si tocca la pancia)

Costrace    -        Ma non dico ora, sciocco pancione. Dico quando portavi i calzoni corti e avevi abbastanza capelli da poterli pettinare

Pietro         -        Uh, parli di un secolo fa! Ma sì, forse ci ho giocato, non dico che le ho avute, ma ci ho sicuramente giocato. Con delle amichette.

Costrace    -        (ride) Amichette, non ti si può sentire. Amichette.

Pietro         -        Ti fa ridere? Quelle bambine giocavano solo con me, era un grande onore condividere quei giochi, all’epoca.

Costrace    -        Non avevi un bel bambolotto tuo?

Pietro         -        Ma mi ci vedi tu, con un padre convinto a fare di me un personaggio di rilievo, a giocare con un bambolotto? Guai se avessi fatto una richiesta del genere. Guai se a qualcuno fosse venuta la malaugurata idea di donare a me, il figlio maschio, un bambolotto, un gioco da femminucce.

Costrace    -        Ne parli come se l’avessi desiderato

Pietro         -        Sai, forse mi manca quel pezzo di gioco. Sarà la maledetta vicinanza con uno come te, ma penso sempre che se avessi cambiato i miei giochi seri con una bambola frivola, qualcosa sarebbe diverso. Magari non sarei neanche grasso

Costrace    -        Mi dai ragione, allora

Pietro         -        Non ti montare la testa. Lo penso soltanto dopo che ho bevuto

Costrace    -        “In vino veritas”

Pietro         -        Bhe, io me ne vado

Costrace    -        Aspetta

Pietro         -        Che hai ancora?

Costrace    -        Un’idea che mi balenava in testa

Pietro         -        Brutta cosa questa

Costrace    -        Secondo me ti piacerà

Pietro         -        Avanti, forza, cos’è?

Costrace    -        Quando cade il tuo compleanno?

Pietro         -        Non mi ricordare i tristi eventi

Costrace    -        Il ventotto di marzo, no?

Pietro         -        Dove vuoi arrivare?

Costrace    -        Ti regalo una bambola

Pietro         -        Se lo fai, ti dò il vino annacquato

Costrace    -        Come se non lo facessi già

Pietro         -        Non faccio più le lasagne alla carne

Costrace    -        Ne sarà contenta la tua pancia

Pietro         -        Basta, vado a bottega sennò ...

Costrace    -        Vedrai, ti farò un pacchetto simpatico, con un fiocco blu, eh?

Pietro         -        (andando via) Non lo vedo e non lo sento. Non lo vedo e non lo sento

          (Costrace rimane di nuovo solo, divertito dal suo stesso scherzo. Poi l’allegria va a scemare)

Costrace    -        Rieccoci qua, io e te (prende la bambola) Tutti e due non sappiamo che pesci pigliare vero? E’ anche vero che dopo il pranzo la mente si offusca, si appesantisce. Tutto sembra più lontano, più incerto. Forse è questo, però, che mi può aiutare. Quando ci sono tante certezze, un dubbio può risaltare, dare fastidio. Ci si sente pesanti, grevi, ombrosi. Ma quando si è già in una fase di buio, una luce in meno non può far tanto rumore. Dovrebbe essermi più semplice ora, capire la verità. Questa mattina un uomo pieno di problemi è venuto da me per farsi risolvere un piccolo problema, oppure per scaricarsi di una piccola e scomoda responsabilità. Poi una donna piena di responsabilità è venuta per caricarmi un po' del suo peso, per farsi condividere un dubbio. Da una parte un uomo che vuole il divertimento di sua figlia, per restituirgli il suo svago. Dall’altra una donna che vuole la sparizione di un gioco, per restituirle la vitalità. Ma quale dei due ha la ragione migliore? Non si tratta di verità o falsità. Si tratta di equilibrio, di contrasto o di valori simili. Ma se si tratta  di equilibrio, chi ha il peso giusto? Se si tratta di contrasto, chi può avere ragione? Se si tratta di valori, come farò a giustificarli?

                            Non potrei accettare di dover usare due pesi e due misure. Neanche se tratto una storia che non fa parte della mia vita. Io sò che l’uomo ha ragione nel desiderare la gioia di una bambina cui è stato troncato un affetto basilare, e che si prodigherà in ringraziamenti nel momento in cui riceverà il frutto della sua commissione. Vedo già la commozione negli occhi dell’uomo, nel poter dare un sollievo ad una figlia dalla salute cagionevole e fioca.

                            Lo sò che la donna ha ragione nel desiderare la morte di una bambola, che lei vede come un peso che trascina la bambina verso il buio dell’eternità, e che scoppierà in un pianto nell’attimo in cui la piccola si scuoterà dal suo silenzio per piangere la scomparsa della sua amica più cara, e che con il pianto sputerà via il suo male e i suoi affanni.

                            Ed io sò di aver ragione, nell’aver fiducia nei sentimenti dei due, ignari l’uno all’altra. Ma così concordi tra loro nella meta finale. Quindi l’ultima ragione tocca a me trovarla. Come potrò essere sicuro che, nel cercare di far del bene, non provocherò una catastrofe?

          (entra la signorina Volponi)

Volpone     -        Signor Costrace, lei comincia seriamente a preoccuparmi

Costrace    -        Signorina, non l’aspettavo così presto

Volpone     -        A dire il vero, non le avevo detto quando sarei passata. Comunque dovevo saldare il mio piccolo debito, mi pare giusto non farla aspettare

Costrace    -        Ha già regalato la sua bambola?

Volpone     -        Non si vede dal mio aspetto stanco?

Costrace    -        Non dica così, ha fatto una cosa buona

Volpone     -        Cosa vuol dire, anche facendo del bene si rischia di far del male. Ma non al medesimo destinatario

Costrace    -        Perché?

Volpone     -        Io ho fatto una cosa bella, regalando una bambola, preziosa non per la tasca ma per il cuore. Eppure, guardando la gioia negli occhi della mia nipotina, si è spento un lume in me. Ho passato la fiaccola della mia crescita spirituale, senza avere l’accortezza di tenermene un po' da parte. Così, rendere felice una bambina ha intristito il mio vecchio cuore, forse non per la perdita di un oggetto caro, ma più per la paura che non possa ricrearsi per lei lo stesso delicato affetto che l’ha accompagnata per un’eternità. E’ una paura forse infantile, ma non è un desiderio comune desiderare di tornare bambini?

Costrace    -        Rimpiange qualcosa?

Volpone     -        Soltanto di non aver avuto abbastanza tempo da dedicare alla mia anima

Costrace    -        Perché l’anima?

Volpone     -        E’ la parte più giovane dentro di noi. Un bambino che avrebbe voluto essere accudito con più cura. Prenda il denaro, prima che a forza di parlare, me ne dimentichi

Costrace    -        Vorrei che non mi desse niente

Volpone     -        Non faccia il sentimentale, rischia di farsi influenzare dai miei discorsi e questo non è bene per un buon commerciante come lei. Non mischi il denaro al sentimento. C’è la possibilità che pulisca l’uno ma che sporchi l’altro

Costrace    -        E’ piaciuta la sua bambola?

Volpone     -        Non quanto sarebbe stato giusto, ma non ci si può aspettare più di tanto dal primo impatto

Costrace    -        Ci sarà tutto il tempo per creare un rapporto

Volpone     -        E’ meglio che vada, la giornata è stata lunga benché non sia ancora finita. E lei, non parli da solo. A parlar da soli si rischia di confondersi.

Costrace    -        Farò il possibile signorina

          (La donna esce pacatamente)

Costrace    -        Certo che è una parola. Come si fa a non parlare  da soli. Parlo con la sola persona che abbia voglia e la pazienza di ascoltarmi. D’altronde io sono un’artigiano, un lavoratore in proprio, uno che lavora da solo. E se lavoro da solo, devo parlare da solo. Non mi si venga a dire, però, che è un male. L’importante è che si facciano discorsi basilari, concetti chiari, e che chi risponde abbia la saggezza di non provocare la lite, quindi io. A voi non vi conto proprio (verso le bambole). Dovessi far discorsi con voi, allora si che diventerei pazzo. Perché chi vi capisce è bravo. Ma guardatevi, tutti appesi per il collo, a dimostrare che per lo meno siete esistiti c’è soltanto la polvere e le macchie. Un po' come i miei capelli, perdono sempre più colore, di giorno in giorno. Voi no, sempre della stessa età di quando siete stati comperati, ma io non vi invidio. Vedete come sono fatto, datemi un pretesto per parlare, un argomento, e via la lingua prende a fare i suoi voli pindarici, e le parole sfuggono via per far posto ad altre parole. Ma io non sono matto, come dice la signora Teresa, tutto questo mi serve per non restare solo. E non è cosa da niente, restare sano di mente. M’è venuta anche la rima. Guarda, però, come sono furbo, cambio continuamente discorso per non pensare a questa bambola. E invece lei è ancora lì. Sconsolata. E aspetta la mia risposta, che deve arrivare.

          (Entra Gigi)

Gigi            -        Chi è che deve arrivare?

Costrace    -        Un personaggio importante

Gigi            -        E chi è?

Costrace    -        Un personaggio che è sempre quì con noi

Gigi            -        Ma hai detto che deve arrivare

Costrace    -        Sì, l’ho detto

Gigi            -        Ma come fa ad arrivare, una persona, se è sempre qui?

Costrace    -        E’ per questo motivo che è importante

Gigi            -        Non ho capito

Costrace    -        Ora ti spiego (Gigi si siede). Noi siamo abituati alla gente che va e viene da un luogo ad un altro, perché è normale per tutti muoversi e viaggiare. E questo rende tutti normali e comuni tra di loro. Perciò non sentirai dire “questo genere di gente parte” o “questo genere di gente arriva”. Quindi non possiamo dare troppa importanza ad un “andare” o ad un “arrivare”. Quando però parliamo di questo personaggio, è necessario dargli una grande importanza, perché dalla sua presenza possiamo ricavare sollievo o disagio, e dalla sua assenza riceviamo confusione e sconforto. Sembra che non ci sia mai, ma è sempre presente e in attesa, e noi non ci accorgiamo di lei finché non viene illuminata dalla luce della nostra ragione. Allora, per noi che l’abbiamo appena veduta, è come se fosse arrivata in quel momento ed è così che il suo “arrivare” assume una grande importanza.

Gigi            -        Non m i hai detto ancora chi è, però

Costrace    -        E’ la verità, piccolo curioso

Gigi            -        Perché?

Costrace    -        Perché cosa?

gigi             -        Perché dici che sono curioso?

Costrace    -        Perché è la verità

Gigi            -        L’hai finita la bambola?

Costrace    -        Vuoi la verità?

Gigi            -        (non risponde annuisce)

Costrace    -        A te cosa importa? Perché ti interessa?

Gigi            -        Perché non la finisci?

Costrace    -        Come ti permetti!

Gigi            -        Ma no, dicevo la bambola

Costrace    -        Ah volevo dire, ma tu che c’entri?

Gigi            -        A scuola stò al banco con Claretta

Costrace    -        Ecco una cosa che mi mancava di sentire. Parlami di lei

Gigi            -        Perché?

Costrace    -        Per sapere com’è, perché per poterle aggiustare la bambola devo sapere se lo merita oppure no

Gigi            -        Perché se lo deve meritare?

Costrace    -        Te lo ricordi il discorso dell’anima?

Gigi            -        Si

Costrace    -        Meno male, mi fai risparmiare il fiato. Quindi ricordi che si deve dare una anima alla propria bambola

Gigi            -        Con me non ha mai parlato

Costrace    -        Claretta?

Gigi            -        No, la sua bambola

Costrace    -        Parlami di Claretta

Gigi            -        Che vuoi sapere?

Costrace    -        Com’era a scuola?

Gigi            -        Perché dici “com’era”? Mica è morta!

Costrace    -        Va bene, allora. Com’è a scuola?

Gigi            -        E’ un po' che non viene più

Costrace    -        E tu che ne sai, sono due giorni che non ci vai a scuola

Gigi            -        Me lo ha detto Stefano

Costrace    -        Ah, già, il tuo amico

Gigi            -        Comunque, a scuola ci torno domani

Costrace    -        Perfetto, continua allora

Gigi            -        Quando stiamo a scuola, sta sempre zitta

Costrace    -        Non parla mai con te?

Gigi            -        No, ogni tanto giochiamo insieme, ma sta zitta lo stesso

Costrace    -        Con la maestra ci parla!

Gigi            -        Solo quando gli fa le domande. Lei parla solo con la bambola

Costrace    -        Solo con la bambola?

Gigi            -        (annuisce) Ho finito?

Costrace    -        Giusto, tutto fila via, logico, preciso

Gigi            -        Posso andare ora?

Costrace    -        Non poteva che essere così, che altro potevo aspettarmi

Gigi            -        Vabbè, io vado, ciao. (esce)

Costrace    -        Ora tutto comincia ad incastrarsi. Claretta non può parlare con nessuno, non vuole parlare con nessuno. Ha un solo punto di riferimento una sola boa, un solo conforto, parlare con la sua bambola. Il suo appiglio la sua unica sicurezza, l’oggetto che non l’ha mai abbandonata. Tutto il resto che la circonda non può essere che futile ed aleatorio, ma la sua bambola no. Lei non ha mai mancato al suo dovere, lei è sempre stata lì, al suo fianco, concorde con il suo animo e coerente con il suo mestiere. Ora la soluzione può essere una soltanto.

          (prende il paltò, se lo infila con calma. Guarda l’orologio)

                            Ancora un’ora e sarà tutto finito. La soluzione è ad un passo

          (guarda la bambola fa per prenderla ma si ferma)

                            No, non ancora, tu non devi muoverti. tu sei l’ultimo anello

          (apre la porta d’ingresso e strilla)

                            Pietro, Pietro!

Pietro         -        (da lontano) Che c’è?

Costrace    -        Vieni quà, sbrigati che ho fretta

Pietro         -        (arriva dopo un momento) Ma tu guarda, se sei tu che hai fretta, perché devo sbrigarmi io?

Costrace    -        Dai su, devo assentarmi un momento. Guardami un attimo la bottega, la chiave è nella toppa.

Pietro         -        Ma dove vai così di fretta?

Costrace    -        A ricomporre un mosaico

Pietro         -        Eh?

Costrace    -        Devo andare a prendere una persona, faccio il più in fretta che posso

Pietro         -        Vabbè, vai, non ti preoccupare

          (Costrace esce)

          (Pietro rimane fermo sull’ingresso, ondeggia un po' sulla pianta dei piedi, poi comincia a girare per il negozio con il naso all’insù)

Pietro         -        Tu guarda quanta polvere sopra ‘sti mobili

          (si ferma davanti ad un gruppo di bambole)

                            Scusate sapreste dirmi che ore sono?

          (la risposta non arriva)

                            Niente da fare, queste non parlano, hai voglia a dire, il vostro artigiano. Siete di plastica e stoffa, mica di carne. Eh, sennò comincerei a parlare pure con la mia camicia o con i calzoni. Uh, già mi ci vedo tutto piegato a parlare con l’orlo dei pantaloni, o con le scarpe.

          (si piega su se stesso)

                            Tutto bene là sotto?

          (si rialza)

                            Non c’è niente da fare, a star qua dentro, da soli, c’è quasi da uscir di testa. Come i disperati che vengono ad affogare i solo pensieri nel mio vino. Tutto alcool e niente pensieri.

          (mostra interesse per qualcosa)

                            A proposito di alcool. Il vecchio Costrace dovrebbe avere ancora quell’amaro di sua produzione che tanto decantava. Se trovo il nascondiglio, gli faccio un bel furto.

          (comincia una ricerca decisa, in ogni anfratto. Trova il mobile del liquore e si serve un goccio)

                            Ma tu pensa, il vecchio Costrace, teneva nascosto al mondo questo nettare!

          (arriva dal fondo della vetrata, Sonia. Si vedrà la figura camminare taciturna fino all’entrata. Prima che arrivi, Pietro nasconde la bottiglia ed i bicchieri)

Sonia          -        Si può sapere cosa stai a fare qui?

Pietro         -        Mi ha chiesto un momento di guardargli il negozio. Che, ti servivo?

Sonia          -        E’ passato quello del gas. Dice che se ci da sta cartolina non serve neanche che passa a vedere il contatore.

Pietro         -        Oh, le trova tutte per non lavorare, quello lì

Sonia          -        Dice che ci basta telefonare e dire la cifra

Pietro         -        E brava, così ci tocca pure fare la telefonata. Quanto ci viene di scatti?

Sonia          -        (tiene distante la cartolina come un presbite) C’è scritto “la telefonata è gratuita”

Pietro         -        Uhm, tanto poi come fai a controllare se veramente non pachi

Sonia          -        Allora, che facciamo?

Pietro         -        Dobbiamo fare qualcosa, per forza?

Sonia          -        Ma io che ne so

Pietro         -        Lei non sa mai niente. Fà vedere, va (si avvicina)

Sonia          -        (annusa) Dì un po', hai bevuto?

Pietro         -        E cosa? Il mio vino non mi fido a berlo (finge di leggere il cartellino)

Sonia          -        Tu e il tuo vecchio pazzo non me la raccontate giusta

Pietro         -        Mi mancavano giusto i tuoi commenti. tieni, me ne occuperò più tardi

Sonia          -        (prendendolo in giro) Tieni, me ne occuperò più tardi. Ha parlato il ministro delle pratiche complicate (se ne va)

Pietro         -        Perché t’avrò sposato

Sonia          -        (affacciandosi) Perché non ti si pigliava nessuno (esce)

Pietro         -        Io non so chi mi tiene ... (finge di tirare un pugno). Non è vero che non mi si pigliava nessuno, c’era addirittura la fila di ragazze sotto casa. Solo che poi, chissà perché, qualcosa andava storto e, pum, la storia finiva lì. Ero un po' troppo esigente, forse. Vabbè, non pensiamoci su (guarda l’orologio). Ma quanto gli ci vuole.

          (Dalla vetrata si vede arrivare il dottore. Si ferma sulla porta)

Uomo         -        Il signor Costrace non c’è?

Pietro         -        Entri pure, è uscito un secondo, doveva andare a prendere una persona, ma torna subito

Uomo         -        Sono passato per prendere una bambola, è di mia figlia. Non sa dirmi se l’ha preparata?

Pietro         -        Eh, mi dispiace, ma non posso aiutarla. Non so a che punto fosse, con la bambola

Uomo         -        (entra) Ah, eccola, è sul tavolo. Forse è pronta

Pietro         -        Ma, di solito, quando finisce un lavoro, ci mette la carta intorno, per non farlo impolverare. Cosa aveva di rotto?

Uomo         -        Non so. Mia figlia non ha saputo dirmelo

Pietro         -        Mi dica, come sta la bambina?

Uomo         -        E’ sorprendente come le notizie cattive si diffondano in fretta. Sta male, non sembra migliorare

Pietro         -        Mi scusi se gliel’ho domandato, ma il signor Costrace mi sembrava molto interessato alla malattia della bambina

Uomo         -        Una malattia che non ha nome . E’ gentile da parte loro

Pietro         -        Bhe, si sà, di fronte ad un male non ci sono barriere.

Uomo         -        Si, è un pensiero buono, questo

Pietro         -        Ma si accomodi prego (prende una sedia e la spolvera) Tra un attimo sarà di ritorno

Uomo         -        E’ molto che è uscito?

Pietro         -        Ormai è parecchio

          (arriva Sonia)

Sonia          -        Pietro, c’è da travasare il rosato. (vedendo l’uomo) Buonasera

Uomo         -        Buonasera

Pietro         -        Devo lasciarla per un po'. Starà solo per poco, comunque

Sonia          -        Meglio solo ...

Pietro         -        Cammina, donna (esce)

Sonia          -        Buonasera (esce)

Uomo         -        (saluta con una mano)

          (rimasto solo, fa con la testa un giro del negozio. Poi si alza e va verso il tavolo, resta in piedi a guardare la bambola. Dopo un poco arrivano due figure. La prima ad entrare sarà la governante, seguita da Costrace)

Governante -      Tu qui?

Costrace    -        Ah bene, è già arrivato

Uomo         -        Mi ci è voluto meno di quanto pensassi

Governante -      Che ti ha detto il dottor Maselli?

Uomo         -        Parleremo di questo a casa. Tu cosa sei venuta a fare?

Costrace    -        L’ho fatta venire io, sapendo com’era preoccupata del destino della bambola e della bambina

Governante -      Ero passata questa mattina, così, per caso

Uomo         -        Le avrà sicuramente parlato della “sua” idea della malattia

Costrace    -        Non la metta così. Quando la signorina è passata, questa mattina, mi ha visto molto sensibile alla situazione di sua figlia. Così, parlando, le parole sono uscite da sole

Uomo         -        A volte le sue parole sono eccessive

Governante -      Lasci perdere, non vuole neanche ascoltare. Ormai è cieco

Uomo         -        Ma di che parli?

Costrace    -        Se mi permettete, vorrei chiarire delle cose, che forse sono solo minuzie, ma che, messe insieme, compongono un grande quadro

Uomo         -        Che vuole dire?

Costrace    -        Accomodatevi se volete

Uomo         -        Non si offenda, ma ho molti affari da sbrigare, lei capisce

Governante -      Ascoltarlo, non ti costa niente

Uomo         -        (titubante) Come volete, purché ci sbrighiamo

Costrace    -        Quando lei è passato, stamattina presto, mi ha consegnato la sua bambola e se ne è andato via di fretta, dicendomi che aveva premura che fosse pronta per questa sera

Uomo         -        E’ andata così

Costrace    -        Tutte le persone che mi vengono a portare i loro bambolotti hanno delle caratteristiche comuni tra di loro. Ognuno ha il desiderio inconfidabile di lasciarmi per sempre il suo balocco ed andar via il più veloce possibile. Tutto succede per colpa dei sensi di colpa che questo gesto, il portare le bambole quì, si crea in tutti. Poche persone non hanno questo senso di pena. Quando lei è entrato, stamani, cercava qualcosa di diverso. Chi entra qui dentro, vuole lasciare, lei voleva prendere. Neanche lei sapeva cosa, ma pure, cercava. Lei non mi stava consegnando una bambola, stava ipotecando un futuro plausibile quanto dubbio. Entrando qui, lei ha sconvolto un equilibrio creato dal senso del comune, lei è stato diverso

Uomo         -        Continuo a non capire

Costrace    -        Neanche io capivo all’inizio. C’era qualcosa che non coincideva con la mia esperienza quotidiana, e mi lambiccavo il cervello alla ricerca della stonatura. Poi è passata la sua governante, ma il suo intento era diverso, forse più comune, e anche i suoi atteggiamenti erano comuni, il suo modo di stare qui dentro pure. Lei stessa mi ha spiegato il perchè, ma non era ciò che mi ha detto, che mi ha aperto gli occhi, bensì il modo in cui ha esternato i suoi problemi. E’ stato allora che ho capito dov’era la stonatura

Governante -      Perché? Cosa ha capito?

Costrace    -        Tante cose. Prima di tutto, ho compreso la ragione della malattia di sua figlia, dottore, senza essere medico, nè biologo, senza conoscere i mali fisici. Adesso ho capito

Uomo         -        Vuole arrivare lei, dove non siamo arrivati con settimane di esami?

Costrace    -        La sua governante mi ha dato, senza volerlo, la traccia più profonda

Governante -      Ma come avrei....

Costrace    -        Lei ha parlato con me di atteggiamenti ed eventi molto particolari. E lo spirito che l’ha spinta era forte e preciso. Non per caso, ma per una precisa direzione nella mente. Lei mi ha spiegato l’atteggiamento della bambina con una precisione che solo poche persone decidono di usare, e non per un caso. Lei aveva una ragione ben precisa

Governante -      Ma certo, voglio far guarire Claretta

Costrace    -        Sì, ma non è solo questo. Lei è stata prodiga di particolari con me, uno sconosciuto, ed ha voluto farmi partecipe del suo cruccio. Questa è una cosa comunemente giusta, se ha voglia di ripercorrere il ragionamento di questa mattina. Ma bisogna fare attenzione. La soluzione che lei mi ha ventilato oggi mi è sembrata subito assurda, quasi riprovevole per una persona che, come lei, si occupa di educare e crescere. Ci sono due ragioni per cui lei non vuole restituire la bambola a Claretta, la prima ragione dimostra il suo amore per lei, quindi desidera scostarla dall’inattività, la seconda ragione dimostra la sua gelosia, poiché Claretta non vede in lei quello che trova nella sua bambola, e vorrebbe attirare la bambina a se

Governante -      Ma cosa dice?

Costrace    -        Questo, infatti, può spiegare meglio il suo atteggiamento verso la bambola. Lei infatti come la maggior parte dei miei clienti, è entrata quì per non rivedere la sua bambola

Uomo         -        Ma perché questo?

Costrace    -        Per un motivo semplice

Governante -      La prego, la smetta

Uomo         -        Deve continuare, invece

Costrace    -        La sua governante ha capito, se non in maniera palese, l’ostacolo che doveva eliminare per arrivare al suo fine. Ma non la deve biasimare, l’ha fatto per ragioni elevate. Lei si è accorta, come mi ha detto stamani, che la bambina senza la sua bambola si scuote dal suo torpore. E’ giusto quindi che lei odii quel fantoccio, tanto più che, a darle manforte, c’è il fatto che, dopo mesi di cure, ha l’unica risposta fisica. come si potrebbe biasimare una persona che, dopo aver accudito la bambina per tanto tempo, si ritrova soppiantata da un pezzo di plastica. Il suo istinto materno, coltivato in questi anni, la spinge a questo atto per voi clamoroso. Cosa non si fa per amore

Governante -      (in lacrime) Basta così la prego

Uomo         -        Quindi ho ragione io, toglierle la bambola non era una vera soluzione

Costrace    -        Al contrario invece

Uomo         -        Come?

Costrace    -        Io non le posso dare la bambola, non perché non sia aggiustata o comunque riparabile, ma perché ne vale la vita di Claretta

Uomo         -        Ma insomma ...

Governante -      Aspetta, ascoltalo

Costrace    -        Claretta sta aspettando la sua bambola, aspetta il ritorno della sua parte di anima, e non solo. Aspetta la giustificazione del suo male. E’ giusto che voi non lo abbiate capito, siete troppo vicini a lei per poter sospettare qualcosa di diverso. Ma a me, vecchio aggiustabambole, che non ne sapevo più di tanto, tutta la vostra storia è filata via liscia e concorde in tutto, fino a questa stonatura. Ma ora è tutto evidente. Claretta sta facendo ciò che il suo giovane affetto da bambina ha dedotto dalla sua stessa storia. Immaginate di vedervi bambini mentre la vostra famiglia viene colpita dal male, inspiegabile agli occhi di bambina, e la parte principale dell’affetto scompare lentamente. Nessuno ha avuto il tempo di spiegare al suo piccolo cervello la realtà, e lei, priva della sua ghiandola dell’affetto, dimostra di voler seguire l’insegnamento che crede le sia stato impartito. Claretta vuole morire per dimostrare alla sua bambola che anche lei è capace di farlo, come la madre lo ha dimostrato a lei. Dovete spezzare questa catena, dovete far sparire la bambola.

          (c’è un momento di silenzio, il dottore e la governante si guardano perduti)

Costrace    -        Io non spero di avervi convinto, né credo sia semplice credere a tutto questo. Se volete la bambola, è pronta. Non l’ho incartata come mio solito perché speravo di non darvela, ma voi fate come credete.

Uomo         -        Me la dia

Governante -      Ti prego ...

Costrace    -        Come vuole (va verso il bancone, la prende e gliela dà)

Uomo         -        Ho ancora tempo per pensare se il suo ragionamento sia valido, oppure se siamo tutti pazzi. Non so cosa potrà succedere, ma se funzionerà, allora questa bambola sarà solo un ricordo, se non funzionerà sarà l’ultimo sollievo prima della morte.

Costrace    -        Funzionerà, ho fiducia. Mi prometta di riportarmela, quando Claretta migliora

Uomo         -        Lei è convinto?

Costrace    -        Conosco le bambole

Uomo         -        Forse conosce meglio gli uomini

Costrace    -        Una bambola è solo uno specchio, lo specchio di chi la guarda

Uomo         -        Proverò la sua medicina (gli tende la mano)

Costrace    -        Aspetterò il ritorno della bambola

          (l’uomo guarda la bambola, si volta verso l’uscita e si avvicina alla porta. Poi si ferma, tende la mano alla governante ed insieme si avviano lungo la vetrata. A metà strada la donna torna indietro, rientra ed abbraccia Costrace)

Governante -      Grazie

          (Costrace non risponde, sorride. La donna esce. Dall’altro lato entra “Donna”)

Donna        -        Cosa fa impalato in mezzo al negozio?

Costrace    -        Guardo passare il mondo dietro ai vetri

Donna        -        E che va sempre di fretta. (siede). Oggi m i è successo di tutto, vado al mercato e t’incontro la moglie del macellaio che .....

SIPARIO