La caduta di un impero

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LA CADUTA DI UN IMPERO

DI

J. RODOLFO WILCOCK



Idea allegorica dal libro di EUGENE N. MARAIS

“L’anima della formica bianca”

P E R S O N A G G I

Imperatrice

Conquistatore

Funzionario

L’imperatrice sembra un angelo o grosso insetto. Le sue ali sono lunghe e piegate. Ha quattro zampe, invece di sei; al posto delle due zampe mancanti, possiede due pinze, destinate a usi vari. Il suo corpo torpido e voluminoso, inginocchiato in posizione che superficialmente ricorda la preghiera, poggia su un trono senza schienale, forse un inginocchiatoio. Intorno al trono pende una tenda trasparente, sorretta da una specie di baldacchino; altre due tende intorno; all’inizio, l’Imperatrice è quasi invisibile dietro ai veli. Trono e veli occupano l'angolo sinistro di un rialzo che un unico gradino separa dal resto della scena. Un Funzionario semplicemente vestito è prostratopresso il gradino. Tra il Funzionario e i veli giace sul pavimento una canna lunga due, tre metri.

Voce (fuori): I ghiacci scendono nella valle di Nim.

Imperatrice: Voglio un ponte sul gomito del fiume Nero.

Funzionario (all'Imperatrice): I ghiacci scendono nella valle di Nim (rivolto a destra). Vuole un          ponte sul gomito del Fiume Nero.

La Voce di fuori, che raccoglie i messaggi e li trasmette, è sempre esatta e lontana.

Voce: Vuole un ponte sul gomito del Fiume Nero.

Imperatrice: Duecento operai rinforzino la diga di Care.

Funzionario (a destra): Duecento operai rinforzino la diga di Care.

Voce: II Fiume Nero ha distrutto la città del Gomito.

Imperatrice: Ripulire gli scoli d'acqua dei Giardini Vecchi.

Voce: Duecento operai rinforzino la diga di Care.

Funzionario (a destra): Ripulire gli scoli d’acqua dei Giardini Vecchi (all'Imperatrice). Il Fiume         Nero ha distrutto la città del Gomito.

Voce: Ripulire gli scoli d’acqua dei Giardini Vecchi.

Imperatrice: Ricostruire la città del Gomito sul colle Ta.

Voce: II sole scende sulle immondezze, il poeta si accosterà al buco.

Funzionario (a destra): Ricostruire la città del Gomito sul colle Ta.

Voce: Ricostruire la città del Gomito sul colle Ta.

Funzionario  (all'Imperatrice): Il sole scende sulle immondezze, il poeta si accosterà al buco. Voce: Gli stranieri sono arrivati ai sobborghi della capitale.

Funzionario(all'Imperatrice): Gli stranieri sono arrivati ai sobborghi della capitale.

Imperatrice: Quanti sono gli stranieri?

Voce: Il poeta si sposta verso il buco.

Funzionario(a destra): Quanti sono gli stranieri? (all’Imperatrice). Il poeta si sposta verso il    buco.

Imperatrice: Che vogliono gli stranieri?

Voce: Quanti sono gli stranieri?

Funzionario(a destra): Che vogliono gli stranieri?

Voce: Il poeta si è accostato al buco.

Funzionario(all'Imperatrice): Il poeta si è accostato al buco.

Voce: Che vogliono gli stranieri?

Poeta(fuori): Orribile, orrenda, eterna, recito.

Voce: Gli stranieri sono uno solo.

Poeta(fuori, recita): Il gufo vola e quando si stanca non vola più.

Funzionario (all'Imperatrice): Gli stranieri sono uno solo.

Voce: Non hanno detto che cosa vogliono.

Poeta: Non vola più, non vola più!

Funzionario (all'Imperatrice): Non hanno detto che cosa vogliono.

Poeta: Ahimè, ora che i gufi si sono stancati nessuno pulisce la soglia della porta!

Imperatrice: Fermateli.

Voce: Sono arrivati alle cento porte del palazzo.

Funzionario(a destra): Fermateli! (all'Imperatrice): Sono arrivati alle cento porte del palazzo. Voce: Fermateli!

Poeta: Nessuno pulisce la soglia della porta!

Imperatrice: Li uccidano le guardie del palazzo.

Funzionario(a destra): Li uccidano le guardie del palazzo.

Voce: Hanno ucciso le guardie del palazzo.

Poeta: Tu non badare a quella schiuma viola, chinati e bevi un sorso d’acqua stagnante!

Voce: Li uccidano le guardie del palazzo.

Imperatrice: E al loro capo taglino la testa.

Funzionario(all’Imperatrice): Hanno ucciso le guardie del palazzo.

Poeta: Ma specchiato nell’acqua vedo un rospo. Equivoco, equivoco! Il rospo sono io!

Funzionario(a destra): E al loro capo taglino la testa.

Voce: Uno spazzino arriva con una testa.

Funzionario(all’Imperatrice): Uno spazzino arriva con una testa.

Imperatrice: Sia spento l’oracolo del topo.

Oracolo: Cadranno le teste e questo sarà il segno.

Funzionario(a destra): Sia spento l’oracolo del topo!

Oracolo: Poi cesseranno le lingue.

Voce: Sia spento l’oracolo del topo!

Oracolo: Gli imperi...

Imperatrice(si alza): Bocca mia (al Funzionario), questo non è un messaggio da ripetere. Non è         un messaggio da ascoltare.

            Da sola, come una cantante d’opera, l ’Imperatrice eleva al soffitto un esultanza di urli e di        rumori gioiosi e sconvolgenti, mescolati a parole sconnesse, monologanti.

            Ah! Ah! Che imprevedibile sorpresa! Dovrà cadere il mio impero! È già caduto, se dovrà           cadere! Rivedrò le foreste imbalsamate! Muoverò le ali mie paralizzate! Farò flip e mi      staccherò dall’impero! Il tempo esiste! Tutto ha caduta e fine! Nemmeno io sono fuori del tempo! E come tutto è reso interessante dal tempo! Ah! Ah! Che inattesa sorpresa!

Voce: È stato avvistato un oggetto volante luminoso.

Imperatrice(prosegue la sua scena di insetto mistico trasfigurato): Per millenni ho badato

            all’impero! Com’ero giovane quando covai i miei primi figli! E come sono giovane, giovane       ancora! Da far venire un grande conquistatore! Oh giovane ospite che lasci il tuo impero! Funzionario  (all’Imperatrice): È stato avvistato un oggetto volante luminoso.

Voce: Il governatore di Hama ha fatto legare un bidone di benzina alla coda del sindaco di Ha.

Imperatrice: Lasciatelo passare.

Funzionario(all’Imperatrice): Il governatore di Hama ha fatto legare un bidone di benzina alla            coda del sindaco di Ha (a destra): Lasciatelo passare!

            L’Imperatrice volge lentamente il capo.

Voce: E al loro capo taglino la testa.

Imperatrice: Si scosti il poeta dal buco.

Funzionario (a destra):Si scosti il poeta dal buco.

Imperatrice: Sia acceso l’oracolo del topo. Voce: Si scosti il poeta dal buco.

Funzionario(a destra): Sia acceso l’oracolo del topo!

Voce: Lo spazzino con la testa è arrivato alla dodicesima stanza.

Poeta: Equivoco, equivoco! Il rospo sono io, il rospo viola che canta nell’androne! Addio,        disgustosa, marcibonda!

Funzionario(all’Imperatrice): Lo spazzino con la testa è arrivato alla dodicesima stanza.

Voce:             Sia acceso l’oracolo del topo!

Imperatrice: Non voglio una testa.

Funzionario (a destra): Non vuole una testa!

Voce: Non vuole una testa!

Oracolo(fuori): ...Non troverà ostacoli.

La voce dell’Oracolo è sonora e grave.

            Cadranno le teste e questo sarà il segno.

            Poi cesseranno le lingue, Gli imperi cesseranno.

            La terra rimane, perché ciò che è muto rimane.

            Le parole diventeranno fotoni randagi e onde raminghe.

            Poi altri imperi ricominceranno.

            Si sente uno strillare allegro di topi e sorci, a indicare che l’Oracolo ricomincia.

            Qui parla l’oracolo del topo.

            Arriverà un conquistatore.

            Le unghie, le ginocchia, i gomiti dell’impero non lo vedranno passare.

            Non troverà ostacoli...

            Entra qualcuno, vestito in qualunque modo, con una testa non umana in un cestello, che             lascia accanto al Funzionario. Esce subito.

Voce:Lasciatelo passare!

            L’Imperatrice varca il primo velo.

Imperatrice: Quella è la testa del capo delle guardie.

Voce:  I Boschi Estremi sono ridotti in cenere.

Funzionario(a destra): Quella è la testa del capo delle guardie (all’Imperatrice, turbato). Il capo          delle guardie è ridotto in cenere.

Imperatrice: Che mi vuoi dire, testa capitata per caso?

Funzionario(a destra): Che mi vuoi dire...? (all’Imperatrice, sempre più confuso). I Boschi      Estremi...?

Imperatrice (al Funzionario): Va’: gettati nelle immondezze e ordina a tutti di gettarsi            nell’immondezzaio e di aspettare la fine con soddisfazione.

II Funzionario si prosterna ed esce, rinculando, senza voltare cioè le spalle all'Imperatrice. Funzionario (uscendo): Gettatevi nell’immondezzaio! Gettatevi nelle immondezze! Aspettate la   fine con soddisfazione!

L’Imperatrice varca il secondo velo e rimane dietro l’ultimo velo, con lo sguardo fisso sulla testa.Imperatrice: Parla, testa capitata per caso!

Voce: A Barre è crollato un traliccio di fango battuto.

Imperatrice:            Mai più dovrò riparare i guasti dell’impero. Un’imperatrice si stanca. Intere          province si disfano, arrivano soltanto messaggi di rovina. Parla, testa che non ho fatto           chiamare. Perché hanno introdotto una cosa viola nella camera dell’imperatrice? Questa cosa   viola è un suo messaggio. Poteva mandarmi un filo d’erba, o una parola indecifrabile, o un         suono penetrante, per annunciarmi il suo arrivo; invece mi ha mandato una cosa viola. E un   vero signore.

Voce: I vermi d’autunno dilagano per la pianta dell’ovest.

Imperatrice:Parla, testa capitata per caso! Per qualche minuto ancora puoi parlare (l'Imperatrice         varca l'ultimo velo e raccoglie lacanna). Ma non ti avvicinare. Punta verso la testa la canna        che le serve per tenere a distanza i suoi figli.

Voce:Il ministro della Difesa ha rinunciato alla difesa.

Imperatrice:Che c’è di là di quella porta?

Voce della testa(sottile, non umana): Io guardavo un’altra porta.

Imperatrice: Che c’era di là della tua porta? L'imperatrice comincia a girare intorno alla testa mozza, sempre puntando la canna.

Voce della testa : C’erano le città, e i fiumi, e le montagne, c’erano le piramidi dei tuoi antenati,      gli inverni, i tuoi milioni di figli, i tre colori ossia la ruggine della terra, l’azzurro del cielo e     il verde delle piante; c’era il freddo delle stelle, le foreste di vocaboli, e il mare.

Imperatrice: Credevo che il cielo fosse bianco.

Voce della testa : C’era il mondo.

Imperatrice: Che cosa è il mondo? Parla, testa arrivata per sbaglio.

Voce della testa : Lo sapevo; non lo so più.

Voce di fuori:  I militari si rifiutano di gettarsi nelle immondezze.

Imperatrice: Che cosa sapevi?

Voce della testa : Quello che non so più.

Imperatrice: Se non rispondi ti ridò la vita nella morte.

Voce della testa: Ch’è tutto un gran parlare. Entra il personaggio di prima con un grosso sacco         pieno di teste, lo lascia accanto alla prima testa e se ne va.

Imperatrice:Che c’è in quel sacco, testa senza avvenire?

Voce della testa:  Le teste dei miei compagni.

Imperatrice: Sei viola. Anche i tuoi compagni sono viola?

Voce della testa : I miei compagni sono diventati del colore del Conquistatore. Ha mandato una      voce e adesso sono diventati viola.

Imperatrice: Nessuno difende il mio palazzo. Sono libera.

Voce della testa : L’impero diventerà viola.

Imperatrice: Sono libera. O morte, dov’è il tuo pungiglione! O tomba, dov’è la tua vittoria!    Ballerò la danza della canna.

            Sbatte lentamente, ritmicamente, la canna, pur rimanendo immobile.

            Teste mozze, teste smozzicate, teste esangui, teste viola, occhi vetrosi, mascelle storte, peli         scompigliati, antenne piegate, corna spezzate: vi giro intorno, per la prima volta; si riaprono      le mie ali paralizzate, in un altro spazio. Non vi avvicinate! L’impero è caduto. Sputo sul     mio impero (sputa). Ora sono libera. Ballo. Giro. Volo. Non vi avvicinate! Me ne vado.        Sputo su di voi. Quanto guadagnavate al mese? La vita che vi davo. E io? Niente. L’avete          sfruttata, la vostra prigioniera! Adesso è finita. Adesso giro in un altro spazio. Svolazzo.             Ballo. Me ne vado. Mi aspetta...

Voce di fuori: Anche i militari si sono gettati nelle immondezze.

            Entra il Conquistatore. E un angelo o insetto viola, di specie molto diversa da quella che             metaforicamente si potrebbe chiamare la specie dell'Imperatrice. È più sinistro e             decisamente povero; le sue ali sono piccole; le antenne, utilitarie. Pare molto indaffarato.          Ha più zampe dell’Imperatrice; si muove continuamente, velocemente, sulle quattro zampe     principali; ma nei momenti meno agitati, striscia. Come insetto, sembra una lucertola.

Imperatrice: Chi sei?

Conquistatore:  Non vedi chi sono? Sei daltonica? Non distingui il viola?

Imperatrice: Non ti ho fatto chiamare.

Conquistatore: Eppoi, come si fa a domandare a qualcuno chi è!

Imperatrice: Ho solo detto: lasciatelo passare.

Conquistatore: Chi c’è, qui?

Imperatrice: Io, L’imperatrice.

Conquistatore: Ti cercavo.

Imperatrice: Ormai non sono più nel tuo spazio.

Conquistatore: Credi?

Imperatrice: Non ti avvicinare! Nessuno mi può toccare. Punta la canna.

Conquistatore: Follie verbali (è arrivato alle tende). Che sono questi veli?

Imperatrice: I veli del mio trono.

Conquistatore: Non servono più.

           

            Strappa il primo velo.

Imperatrice: Mi hai liberata. Ti ringrazio.

Voce di fuori: L’acqua ha inghiottito la città sotterranea.

Conquistatore: Ti ho liberata? Strappa il secondo velo.

Imperatrice: Prima conoscevo come in uno specchio scuro, ma adesso potrò conoscere            direttamente, faccia a faccia: le montagne, i fiumi, le città, le piramidi dei miei antenati, gli      inverni, i cadaveri dei miei milioni di figli; i tre colori che sono la ruggine della terra,       l’azzurro del cielo e il verde delle piante; il freddo delle stelle, le foreste di vocaboli, il mare.    Tutto ciò che non ho visto, eppure dovevo continuamente riparare. Mi hai liberata.

Conquistatore: Non dalla lingua. Strappa il terzo velo.

Imperatrice: Chissà che cosa mi aspetta fuori. Conquistatore: Fuori, nulla. E dentro, nulla.

            Spinge il trono e lo fa cadere.

Imperatrice: Il mondo, mi aspetta. Le teste mozze non me l ’hanno voluto spiegare. Hanno detto       ch’è tutto un gran parlare.

Conquistatore: Un gran parlare.

Imperatrice: Ma io ne sono già fuori. Non siamo nello stesso spazio, tu e io.

Conquistatore: Credi?

Imperatrice:Nemmeno dico queste parole; la mia bocca se n’è andata per quella porta, quando le       ho ordinato di gettarsi nelle immondezze e di dire a tutti i miei figli di gettarsi             nell’immondezzaio. Non dico quel che dico; sei tu che l’inventi.

Conquistatore: Follie verbali. C’è qualcosa d’altro qui da distruggere?

Imperatrice: C’è una lumaca. Piccolissima. Non so come sia arrivata qui.

Conquistatore: Dov’è? Gira cercando la lumaca.

Imperatrice: Non so. Camminava.

Conquistatore: Dove, camminava, l’ultima volta che l’hai vista?

Imperatrice: Lì vicino al trono. Sono sempre stata sul trono, per millenni.

            Il Conquistatore cerca tutt’ intorno al trono rovesciato.

Conquistatore: Qui?

Imperatore: Oh, chi la trova, ormai!

Conquistatore: Debbo trovarla. (Finalmente trova la lumaca) Eccola. (La distrugge con le     zampe) Finita. Che altro c’è, da distruggere?

Imperatrice: Solo quelle teste.

Conquistatore: Sono distrutte. Te, debbo ancora distruggere.

Imperatrice: Non ti avvicinare! (punta la canna, ma il Conquistatore spezza la canna calpestandola con le zampe). Me ne vado.

Conquistatore: Debbo distruggerti.

Imperatrice: Chi sei?

Conquistatore: Mah, quello che distrugge.

Imperatrice: Forse sei una malattia? Parla, morbo. Forse ho fatto aprire una strada attraverso la          tomba di tuo padre?

Conquistatore: Follie verbali. Vuoi parlare f ino alla fine. Lasciati cancellare subito. Ho fretta.

Imperatrice: C’era una leggenda, tra gli operai dell’impero: Uno straniero, subdolamente, non            esclusi i mezzi magici, penetra nel palazzo delle cento porte, tira fuori un pugnale, lo         sprofonda nel mio seno e con me uccide l’impero. Ma non ho seno. Simili leggende   inventavano operai e militari.

Conquistatore: Follie verbali.

Voce: Tutto il popolo dell’impero si è gettato nell’immondezzaio.

Imperatrice: Hai sentito? Ho cinquecento milioni di figli. Perfino nella provincia più lontana, la         cui voce mi arriva dopo settimane, quei milioni aspetteranno la fine tra le immondezze, con    soddisfazione.

Conquistatore: Taci e perisci. Sbrigati. Con queste povere zampe debbo percorrere tutto il tuo           impero, per cancellarlo. Ci vorrà del tempo.

Imperatrice: E qualcosa pur sempre rimarrà.

Conquistatore: Nomi, astrazioni. Ma non è il caso di farne l’inventario. Oltre alle cose dure, come lo smalto dei denti; dure, durevoli. Gli oggetti d’oro. Dov’è il tesoro dell’impero?

Imperatrice: Io, sono il tesoro dell’impero.

Voce di fuori: Aspettano la fine con soddisfazione.

Imperatrice: Cessino i messaggi dell’impero!

Voce: Cessino i messaggi dell’impero!

Conquistatore: Voglio dire gli ori e le pietre preziose, i più duri da cancellare.

Imperatrice: Sono sparsi per le mie province. Non finirai mai di raccoglierli tutti. Le tigri del disordine li hanno sparpagliati tra le immondezze. Me ne vado. Fa per andarsene.

Conquistatore: Devi cadere e perire. Prima di raggiungere quella porta.

Imperatrice: Tu mi hai mandato le teste mozze: era il segno che aspettavo. Hai mandato una cosa      viola nella camera dell’Imperatrice. Da quando ho parlato con le teste mozze, giro in un       altro spazio, non puoi raggiungermi. Il mio potere è più forte del tuo.

Conquistatore: Non ti ho mandato niente. Non ti ho mandato alcun segno. Con queste poche            zampe, e tanto da distruggere, ho ben altro a cui badare. Il tuo potere è fatto di parole, e io le        parole le sciolgo in fotoni randagi e in onde raminghe. Come tutte le imperatrici, vuoi            parlare, perdurare. Solo lo smalto dei denti, perdura; ma non sempre.

Imperatrice: Quali altre imperatrici? C’ero soltanto io.

Conquistatore: Dici a me! Tutta la terra è arabescata da imperi sovrapposti; ciascuno con la sua         imperatrice. Ma la terra non ci bada, né ai suoi imperi né alle sue imperatrici; io, debbo            correre, su queste mie povere zampe, di qua e di là, per distruggerle. Un compito di millenni.      E tutte parlano, si fanno illusioni. Estinguiti. Presto. Non c’è, un altro spazio.

Imperatrice: Forse non sono fuori del tempo, ma un altro spazio c’è. Guarda. Vedrai se non posso     volare. M i basta questo gradino (salta dal gradino, goffamente). Ho le ali quasi paralizzate.   Ma vedrai (salta di nuovo dal gradino, diverse volte, tentando di volare) L’importante è   raggiungere l ’altro spazio. Si trascina verso l’uscita, pesante.

Conquistatore: Non c’è un altro spazio!

Imperatrice:Sì. C’è. Uno spazio nel quale potrò ballare e aprire le ali quasi paralizzate e volare e         fare quel che mi pare nei supermercati, nei posti più eleganti di villeggiatura e nei misteriosi      abissi sottomarini. Uno spazio incantevole, senza cure d’impero, senza prima né dopo.

Conquistatore: Insomma, mi avete seccato, tutti, con i vostri imperi e con le vostre speranze extra-spaziali, atemporali. Non posso minacciarvi con la distruzione, perché distrutti       certamente lo sarete tutti; in quel che credete di essere, voglio dire. Ma giuro per la terra,             ch’è la mia veste più cara, che se continuate a darmi fastidio e a punzecchiarmi, vi bollerò,           come un ferro rovente, con la consapevolezza del mio colore. Farò che tutto diventi viola; e   mi supplicherete, per quanto adesso mi rifiutate, così intollerabile sarà per voi la certezza di             non avere altra certezza che quella della mia esistenza! Oh, non sciuperete più il disordine          inventandovi delle regole e delle misure; tutte le cravatte diventeranno viola, per ricordarvi       le vostre stupide speranze, e viola diventeranno i vostri onori, le vostre dignità e i vostri         affetti. Ma quale presunzione, misere innumerevoli imperatrici, vi fa immaginare un attimo         di durata al di là della labile cura di un impero? Giubilate, periture, sognate pure, per        contrastarmi, le montagne, e le città, e i fiumi, le piramidi dei vostri antenati, gli inverni, i             vostri milioni di figli; i tre colori, la ruggine della terra, l’azzurro del cielo e il verde delle            piante; il freddo delle stelle, le foreste di vocaboli, il mare. Sognate pure il mondo. Io, con            queste misere zampe affaticate... Imperatrice: Lì c’è un’altra lumaca. No, è un verme,    minuscolo. Conquistatore: Dove? Imperatrice: Sotto quei veli. Sembra che la mia camera    non sia più inviolabile.

            Il Conquistatore corre e schiaccia il verme.

Conquistatore: Scusami. Non mi si addice la collera. Sono pacifico di natura, essendo il nulla.           Solo che quando avverto questa diffidenza nei miei riguardi... Comunque, cadi, e taci! L   Imperatrice cade ma continua a trascinarsi verso l'uscita.

Imperatrice: Rivedrò le foreste imbalsamate!

Il Conquistatore le corre intorno, alla maniera di un insetto.

Conquistatore: Non rivedrai niente!

Imperatrice: Come era il mio impero?

Conquistatore: Non mi soffermo mai a contemplare imperi. Arrivo per cunicoli veloci.

Imperatrice: Doveva essere bello.

Conquistatore: Sono tutti sconfinati e senza forma. Ma tu cerchi la mia compassione. Non ne ho.      Sono ovviamente vuoto. Taci e spegniti.

            L’Imperatrice giace stremata.

Imperatrice:  Non mi lascerai uscire?

Conquistatore: Non c è uscita. Soltanto nei vocaboli, esiste uscita.

Imperatrice: Il tuo potere è forse più forte del mio. Sei mio padre?

Conquistatore: Le sai tutte, le leggende! Sciogliti.

Imperatrice: Lasciami andare!

Conquistatore: Siete così orgogliose, finché avete un impero; eppure altro non volete che       abbandonarlo. Per volare, poi. C’è qualcosa nel volo che vi attira? Odiate la terra, forse         perché è la mia veste più bella. Eppure è la mia veste meno ovvia. Voi, no; preferite l’aria;

             l’aria tra le stelle, che più mi rassomiglia. Chi vi capisce? Forse amate me, veramente.

Imperatrice: Lasciatemi andare! Anche se debbo rinunciare al volo, anche se debbo     rincantucciarmi in qualche buco basso della tua terra. Paralitica, nel buio cieco, sola e sorda,   lasciami almeno essere eterna. Un secolo ammirerò un piccolo cristallo di cloruro di sodio o       di iposolfito di potassio; il secolo dopo amerò una goccia d’acqua, o di mercurio trasudato     dalle pareti del mio carcere.

Conquistatore: Hai avuto fin troppo tempo per amarli. E questo discorso, questa supplica! L’ho        sentita mille volte! Si chiama infatti la preghiera delle imperatrici. « Lasciami durare! Forse     pure come una mosca nell’ambra! Nel cuore di cipolla di una perla! Chiusa in una       clessidra!». Ma io, anche l’ambra e le perle e le clessidre me le mangio. Me le respiro! I         millenni sono la mia respirazione: faccio e disfaccio. E quelle cose che vuoi, sono me stesso.             Sei innamorata di me, non te ne accorgi? E hai avuto fin troppo tempo per amarmi.

Imperatrice: Troppo tempo! Dovevo badare all'impero. Credi che tra tante cure, tanti richiami e         messaggi, un’imperatrice possa guardare a lungo il più breve dei tuoi volti? Una scintilla      elettrica, per esempio?

Conquistatore: Gli imperi dormono, a volte.

Imperatrice:Dormivo, sì. Ma in quel sonno niente era mio: subivo, non godevo, e quel che      subivo             era una burla dei messaggi della mia veglia. Vuoi sapere una cosa? Non ho volato      mai, nemmeno da giovane, nonostante le mie ali. Non ho volato mai!

Conquistatore: Né volerai. Non sono ali, quelle. Sono amminicoli inutili, che portano le          imperatrici. Le ridicole, presuntuose, spregevoli imperatrici.

Imperatrice: Se tanto ci disprezzi, perché mi racconti tutto questo? Se devi distruggermi, perché        non mi hai distrutta subito?

Conquistatore: Oh, perché a me piace parlare di me stesso. Altrimenti, perché mi travestirei?             Potrei starmene buono, omogeneo e zitto, sciogliermi in una grande pace. Ma sono un    esibizionista. M i piace parlare di me stesso, nascondermi e apparire all’improvviso sotto un altro aspetto, fare “cu-cu!” dietro una roccia per spaventare i sognanti. Con     l’esibizionismo, si sa dove si incomincia, ma non si sa dove si va a finire.

Imperatrice: Allora, fai un altro mondo, una nebulosa, e mi ci metti dentro: per diecimila anni            non farò altro che ammirarla. Giuro. Centomila anni.

Conquistatore: Centomila anni e un secondo, per me sono lo stesso. La tua ammirazione mi fa          un baffo. Non vuol dire niente. Sarebbe come dire « il nulla nulleggia ».

Imperatrice : Il nulla nulleggia : non vuol dire niente.

Conquistatore: Qui ti volevo vedere! Povera condannata! Perché invece, « il nulla nulleggia »           vuol dire tutto. Anche la tua creazione, e la tua distruzione. Non perderò il tempo a            spiegartelo. Scompari.

Imperatrice: Se tu sei tutto, e torno a te, anch’io sarò tutto. L'Imperatrice si spegne accanto    all'uscita.

Conquistatore: Certo, fanno pietà. Continua a frugare frettolosamente.

FINE