La cantarina

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LA CANTARINA

di Carlo Goldoni

Farsetta per Musica a quattro voci del Sig. Avvocato Carlo Goldoni da rappresentarsi nel Teatro dell'Illustrissimo Signor Cesare Capranica nel Carnevale dell'Anno . Dedicata a Sua Eccellenza la Nobil Dama Eleonora Collalto Cappello Ambasciatrice di Venezia etc. etc.

Personaggi

MADAMA GELTRUDA Virtuosa di Musica. Il Sig. Gio.

Toschi da Camerino Virtuoso dell'Ill.ma ed Ecc.ma Sig.

Principessa D. Giulia Augusta Albani Chigi.
IL MARCHESE di Capra. Il Sig. Pietro Santi d'Ancona.
LORINO Amante di Madama, che di lei si finge Fratello. Il Sig.

Francesco Liberati da Osimo.
CASTAGNA Servitor del Marchese. Il Sig. Carmine Bagnano

Napolitano.

La Scena si rappresenta in casa di Madama.

La musica è del Sig. Baldassar Galuppi detto Buranello,

Vice-Maestro della Ducal Cappella di S. Marco in Venezia.

Pittore e Inventore delle Scene: Il Sig. Giuseppe Aldobrandini.

Inventore degli abiti: Il Sig. Lazzaro Grondoni


PARTE PRIMA

Madama Geltruda e Lorino

MAD.                Ve l'ho detto, e il torno a dir:

Gelosia non vuò soffrir.
LOR.                 Ve l'ho detto, e lo dirò,

Che resistere non so.
MAD.                Sarò vostra.

LOR.                                     Tutto, o niente.

MAD.                Un trattare indifferente

Tollerare non si può?
LOR.                 Non si può: madama no.

MAD.                Eh, che mi fate ridere.

Cotesta gelosia

Chiamasi in Inghilterra una pazzia.

Anch'io gelosa un tempo

Fui degli amanti miei nel mio paese;

Ora tratto all'inglese:

E da che in Londra a recitare andai,

Di simil pregiudizio io mi spogliai.
LOR.                 Bene; me ne rallegro.

Ora che un'altra siete,

Dell'antico amor mio noia averete.
MAD.                No, caro, son costante

Al mio primiero amante.

Meco vi tenerò;

E se saprete far, vi sposerò.
LOR.                 (Buono per me sarebbe.

Averà della roba, e le vuò bene!

Qualche cosa soffrir dunque conviene).

Castagna e detti.

CAST.               Con licenza, signori...

MAD.                                                  La creanza

Da chi avete imparata?

Non si vien senza fare l'ambasciata.
CAST.               La prego perdonare,

M'ho voluto sfiatare

Chiamando, richiamando...
MAD.                                                           E ben, chi siete?

Avanzate, parlate ed esponete.
CAST.               Parlo, espongo e ragiono.

Il servitore io sono

Del Marchese di Capra. Egli mi manda


A dire a lei, che lui...

Mi potrebbe capire...

La vorrebbe venir a riverire.
LOR.                 Ditegli che or non puole. (a Castagna)

MAD.                                                       Eh, signor no, (a Lorino)

Dite al Marchese che il riceverò. (a Castagna)
LOR.                 (Almen quando ci sono,

Abbiate carità). (piano a Madama)
MAD.                (Eh, che non voglio usare inciviltà). (a Lorino)

Ditegli che è padrone. (a Castagna)
CAST.                                                    Sì, signora,

Sarà da lei or ora.

È un signor ricco, e se gli parlo io...
MAD.                Via, portatevi ben.

CAST.                                            L'obbligo mio.

Ma signora... madama... c'intendiamo,

Per me farò polito;

Ma una man lava l'altra...
MAD.                                                         Eh, v'ho capito.

LOR.                 Che cosa v'intendete

Con questa frase di lavar le mani?

Ella non ha bisogno di mezzani.
MAD.                Eh tacete. (a Lorino)

CAST.                              (Costui

Teme che usurpi a lui quel che gli va).

Ehi, zitto, che potrem fare a metà. (a Lorino, che mostra adirarsi)

No, non andate in collera, Che il mio dover farò. (a Lorino) Qua ve lo condurrò. Splendido riuscirà; (a Madama) Zitto per carità. No, non andate in collera, Che si dividerà. (a Lorino) Avido troppo siete; Tutto per voi volete? Vivere e lasciar vivere Vuole l'urbanità. (parte)

LOR.                 E doverò soffrire

Trattamento sì turpe e sì villano?
MAD.                Che cosa fu?

LOR.                                     Mi han dato del mezzano.

Voglio andar via.
MAD.                                           Vi prego di restare.

LOR.                 Che figura ho da fare?

Marito? non lo sono, e non conviene.

Amante? non va bene.

Servitor? non vorrei che mi credesse,

O che mi supponesse,

Qualcosa di più bello.


MAD.

Fingere vi potete mio fratello.

Quando così vi onoro,

Non è certo per voi picciol decoro.

LOR.

Non vorrei...

MAD.

State zitto.

Se replicate più su quel ch'io dico,

Vi ripudio frate, vi scaccio amico.

LOR.

Basta; non parlerò.

A vedere starò quel che succede!

MAD.

Viene il Marchese; andate.

LOR.

Così mi discacciate?

MAD.

Ritornerete poi.

LOR.

Per carità: mi raccomando a voi.

Soffrirò fin certo segno;

Ma star saldo non m'impegno

Se mi veggo a trappolar.

Ah madama, gioia mia,

Non mi date gelosia,

Non mi fate disperar.

Quegli occhietti graziosetti

M'hanno fatto innamorar. (parte)

MAD.

Povero giovinetto!

Per dirla, è graziosetto.

Mi piace; e un giorno lo vogl'io sposare;

Ma una donna mia pari ha da trattare.

Ecco il signor Marchese

Voglio trattarlo alla maniera inglese.

Marchese e detta.

MAR.

Servitor di madama.

MAD.

Serva, serva umilissima. (inchinandosi)

MAR.

Servitore divoto.

MAD.

Ossequiosissima. (inchinandosi sempre più)

MAR.

Perdoni...

MAD.

Mi fa grazia...

MAR.

Se vengo...

MAD.

Obbligatissima.

MAR.

All'onor di servirla...

MAD.

Ossequiosissima. (sempre inchinandosi)

Vuol seder?

MAR.

Farà grazia.

MAD.

In altra stanza

Più calda andrem, se si compiace.

MAR.

Oibò:

Caldo è ancor questo loco.

Dov'è madama, vi è per tutto il foco.


MAD.

Scherza colla sua serva,

Scherza il signor Marchese gentilissimo. (s'inchina)

MAR.

Servitor umilissimo.

MAD.

Si degna

Di ber la cioccolata?

MAR.

Madama è sì garbata

Che non so ricusare.

MAD.

Mi dispiace

Che non sarà da paro suo di lei

MAR.

Quel che vien da madama

È sempre perfettissimo.

MAD.

Troppa bontà. (s'inchina)

MAR.

Servitor umilissimo. (s'inchina)

MAD.

Ehi, paggio. Da sedere. (al Paggio)

(Il Paggio porta due sedie, il Marchese dà la dritta a Madama)

MAD.

Troppo, troppo mi onora,

Marchese compitissimo.

Se vuol così... (inchinandosi siede)

MAR.

Servitor umilissimo. (s'inchina e siede)

MAD.

È molto ch'è in Bologna,

Dica, signor Marchese?

MAR.

Sarà all'incirca un mese.

Per vedere il migliore,

Giro l'Italia in questo luogo, in quello;

E d'Italia ho veduto oggi il più bello.

MAD.

Scherza.

MAR.

Dico davvero.

MAD.

Molto tempo

Si fermerà da noi?

MAR.

Sino ch'io viva, io resterei con voi.

MAD.

Ha moglie?

MAR.

No, madama.

MAD.

È libero, signore?

MAR.

Ho libera la man, ma non il cuore.

MAD.

E chi mai l'ha legato?

MAR.

Il vostro viso

Ameno, gentilissimo.

MAD.

Troppo onore, signor. (s'inchina)

MAR.

Servo umilissimo.

MAD.

Quando vuol favorir, signor Marchese,

Sarà sempre padrone

D'una sua serva.

MAR.

Sarà frequentata

La casa di madama.

MAD.

Non signore;

Non ci vien mai nessuno.

MAR.

(Principio a creder meno).

MAD.

Se voluto

Avessi in casa mia conversazione,

Abbenché senza merto,

Avrei la prima nobiltà.


MAR.

Sì certo.

MAD.

S'ella sapesse esibizion che ho avute!

MAR.

Sì giustamente.

MAD.

M'han voluto dare

Diamanti grossi come noci. Io no:

Regali non ne vuò.

MAR.

Brava davvero.

MAD.

Posso farle vedere

Quattro o cinque scritture

Tutte matrimoniali

Con signori di rango principali.

MAR.

Quattro o cinque?

MAD.

Sicuro.

Ma io non me ne curo;

Ancor non ho trovato

Chi sappia agli occhi miei rendersi grato.

MAR.

Dunque nel vostro cuore

Sperare io non potrei.

MAD.

Niuno lo può sperar meglio di lei.

MAR.

Se tale onor avessi,

Sarei fortunatissimo.

MAD.

Sono a' comandi suoi. (inchinandosi)

MAR.

Servo umilissimo.

MAD.

(Eh, si va innamorando, a quel ch'io vedo).

MAR.

(Mi piace, a dir il ver, ma non le credo).

MAD.

(Allettarlo mi giova).

MAR.

(Voglio, se mi vuol ben, darle una prova).

Se non credessi offendervi,

Madama, vi offrirei

Questo picciolo anello.

MAD.

Grazie, signor Marchese; oh com'è bello!

MAR.

Ma se ne ricusaste

De' grossi come noci, io non ardisco...

MAD.

E pur dalle sue mani io lo gradisco.

MAR.

Obbligato, madama. (s'alzano)

Per or non ve lo do;

Presto ritornerò con un migliore.

(Voglio prima scoprir il di lei cuore).

Voi meritate, o bella,

Dono che sia maggior.

Spero di farmi onor;

Voi lo vedrete un dì.

L'anel vi porterò,

Ritornerò, sì sì,

Caro mio bene:

Non vi conviene

Questo, no no.

Non dubitate, ritornerò.

(parte)


MAD.

Tornerà, porterà; ma non saprei...

Più contenta sarei

D'averlo nelle mani.

Si potrebbe pentir da qui a domani.

Lorino e detta.

LOR.

Finalmente è partito.

MAD.

E lungamente

Non potete già dir che ci sia stato.

LOR.

Vorrei che prima se ne fosse andato.

MAD.

Volea darmi un anello.

LOR.

Eh, l'ho veduto.

MAD.

E per vostra cagion non l'ho voluto.

LOR.

Per me?

MAD.

Certo, per voi; perché non dite,

E non facciate poi meco una lite.

LOR.

Però ve l'ha provato.

MAD.

Eh, che c'è male?

Ha detto ed ha voluto far la prova

Che un ditin come il mio non si ritrova.

(Viene il Paggio colla cioccolata)

LOR.

Per me la cioccolata? (a Madama)

MAD.

Oh non signore.

LOR.

S'altri non c'è, possiamo

Beverla in compagnia.

MAD.

Eh, si può risparmiar. Portate via. (al Paggio che va via)

LOR.

Poco o nulla m'importa

Di ber la cioccolata,

Ma veggio che con me siete un'ingrata.

MAD.

No, che vi voglio bene.

Ma se lo stato vostro

Fa sì che a me non ne possiate dare,

Aiutatemi almen a risparmiare.

LOR.

Sempre per me non anderà così.

Verrà, verrà quel dì

Che ricca forse potrò farvi ancora.

MAD.

Io v'amo adesso, e vi amerò più allora;

E sarà tutta vostra,

Se il ciel così destina,

La grazia di madama Cantarina.

Questo volto, questa mano,

Che ciascun sospira invano,

Sol per voi si serberà.

Ma facciamo patti chiari:

Come stiamo di denari?

Siete senza? Via di qua.

Ne averò...


Far potrò...

Spenderò...

Donerò...

Il presente mi consola;

Il futuro, signor no.

Se ne avrete, mio sarete;

Ma fra tanto che si fa?

Con pazienza, con prudenza,

Tollerar vi converrà. (parte)

LOR.                 Povero galantuomo,

Che mi tocca soffrir? Soffrir conviene

Per la ragione che le voglio bene;

E poi, per dir il vero,

Lontano da mio padre,

S'ella non mi aiutasse,

Non so de' fatti miei come l'andasse.

Chi è costui che ora viene?

In questa casa sempre gente nuova;

Ed aperta la porta ognun ritrova.

Il Marchese travestito alla militare con baffi, affettando il Tedesco italianato.

MAR.

Pon giorno, calantome.

LOR.

Riverisco.

MAR.

Stare madama in casa?

LOR.

Non signore.

(Se gli dico di no, se n'anderà).

MAR.

(Costui non mi vuol dir la verità!)

Mi dir dove madama star andata.

LOR.

Io non lo so, padrone.

MAR.

Tartaifle! doperar per mio bastone.

LOR.

(Ora sto ben). Se non lo so davvero!

MAR.

Mi dir: vostra madama

Star padrona di voi?

LOR.

No, mio signore;

Io non son servitore.

MAR.

Star marito?

LOR.

Né meno.

MAR.

Star amante di lei? Mi dir star quello?

LOR.

Stare, signore mio, star suo fratello.

MAR.

Fratello? qui venir.

LOR.

Cosa volete dir?

MAR.

Se voi parlate

Sorella parte mia,

Foler io regalar per cortesia.

LOR.

Grazie, bene obbligato.

Non sono accostumato,

Col grado ch'io sostegno di germano,


Alla sorella mia fare il mezzano.

MAR.

Che mezzano? Che dir?

Io non intender niente.

Star pricconata questa;

E foler mi pacar con tagliar testa.

LOR.

Aiuto, c'è nessuno?

Madama e detti.

MAD.

Cos'è questo rumore?

LOR.

Guardate quel signore:

Mi ha mezzo spiritato.

MAR.

Star, madama, per voi star disarmato.

MAD.

E chi è lei, mio signore?

MAR.

Star Barone tedesco,

Star ricca baronia,

Star generale de cavalleria.

MAD.

Eccellenza, mi scusi;

Serva sua riverente.

MAR.

Graziosa! Che foler? (voltandosi a Lorino che lo guarda)

LOR.

Non voler niente. (con timore)

MAR.

(Ora faccio di lei l'esperimento).

MAD.

(Molto c'è da sperare).

LOR.

(Oh che spavento!)

MAR.

Ie, Madame, star feduto

Perché fiso aver fenuto

Che me fatto innamorar.

MAD.

Obbligata a lei, signore,

Della grazia, dell'onore

Che si degna a me di far.

LOR.

Ah, vorrei che andasse via.

Fra timore e gelosia

Son vicino a delirar.

MAR.

Casa vostra molta gente.

MAD.

Oh signor, non v'è nessuno.

LOR.

Mia sorella non riceve.

MAR.

Che foler?

LOR.

Non voler niente.

MAR.

Da madama io fenirei.

MAD.

Sarà solo, solo lei.

LOR.

Non vi state ad impegnar.

MAR.

Che tu dir? (a Lorino, irato)

LOR.

Io non parlar. (con timore)

MAR.

Io foler donar anello. (a Madama, mostrandole un anello)

MAD.

Com'è bello! (osservandolo)

LOR.

Non lo state ad accettar. (a Madama, di lontano, con cenni dietro al

Marchese)

MAR.

Che tu dir? (a Lorino, irato)


LOR.

Io non parlar. (con timore)

MAR.

(L'ho provata, signor sì,

Che con tutti fa così).

MAD.

(Se il Marchese tornerà,

Quello ancor si piglierà).

LOR.

(Io parlare non potrò,

Perché anelli non ne ho!)

a tre

Sto a vedere

Con piacere

Quel che al fin succederà.

MAD.

Quell'anello ha destinato... (al Marchese)

MAR.

Per madama star portato,

Ma saputo che Marchese

A madama dar più bello.

MAD.

No signor, non voglio quello;

Questo sol m'aggradirà.

LOR.

Mia sorella

Non è quella

Che accostumi far così. (alto al Marchese)

MAR.

Tu star zitto. (a Lorino, con collera)

LOR.

Signor sì. (tremando)

MAR.

Vorrei dar... ma dar non posso,

Portar altro bello grosso:

No star degno questo qua.

MAD.

Ah, mi piace in verità.

LOR.

No star bello.

MAR.

Zitto star. (come sopra)

LOR.

Sì signore, non parlar.

MAR.

Di madama bella mano

Io folere almen baciar.

MAD.

La mia man vuol onorar? (gli dà la mano)

LOR.

Non lo posso sopportar. (sdegnato)

MAR.

Ah tartaiflet pist hainor. (contro Lorino, irato)

LOR.

Sì signor. (tremando)

MAR.

Ah mainssoz di tutto cor. (a Madama, amoroso)

MAD.

Obbligata dell'onor.

MAR.

Bell'occhietto innamorar.

MAD.

Ma la prego di tornar.

LOR.

Non lo posso sopportar. (come sopra)

MAR.

Pist hainor. (a Lorino, irato)

LOR.

Sì, signor.

MAR.

Ah mainssoz. (a Madama)

MAD.

Di buon cor. (al Marchese)

a due

Io mi sento

Dal contento

Nel mio petto giubbilar.

LOR.

Non lo posso sopportar.


PARTE SECONDA

Il Marchese in altr'abito alla francese, caricato, e Castagna; poi Madama

MAR.                            Le madame d'oggidì

Quasi tutte fan così: Han la bella proprietà Di pigliar di qua e di là. Chi ha provato, già lo sa; Chi nol crede, lo vedrà.

Madama non si vede;

Ancora è ritirata. Aspetterò.

Ché un piacere sì bel perder non vuò.

Ehi, Castagna.
CAST.                                     Signore.

MAR.                Voglio che ci prendiamo un po' di spasso

Con questa Cantarina;

Ha un'arte soprafina. Io l'ho provata:

E una burla gentil le ho preparata.
CAST.               L'ho conosciuta anch'io,

Perché so il fatto mio quanto mi basta;

Son tutte d'una pasta,

Caro signor padrone,

Quelle che vivon di conversazione.
MAR.                Hai tu spirto bastante

Da sostenere un finto personaggio?
CAST.               Non mi manca coraggio.

Farò quel che comanda il mio padrone.
MAR.                Ti darò l'istruzione.

Frattanto ch'io l'aspetto in queste soglie

Sotto mentite spoglie,

Da Guascon caricato alla francese,

Vatti a vestir con qualche strano arnese.

Poi torna qui.
CAST.                                     Ritornerò, e m'impegno

Che vedrete, signor, se ho dell'ingegno.
MAR.                Concerteremo il modo

Di far quel che ho in pensiero.

Burlar un cavaliero

Impunemente non si dee così:

Vuò di lei vendicarmi.
CAST.                                                   Signor sì.

Gli uomini che han giudizio,

Insegnino alle donne che san fare,

La convenienza e il modo di trattare.

Se avesser gli uomini


Miglior cervello,

Non si vedrebbono

Con questo e quello

Le donne fingere

La fedeltà.

Ma così va.

Da noi s'adorano,

Da noi s'inchinano,

Ed esse ridono

Di chi lo fa. (parte)

MAR.

Dice bene Castagna. È un servitore

Che intende la ragione;

Ha cervello, e ne sa più del padrone.

Eccola ch'ella viene. Vuò vedere

Se fa con il Francese

Quel che fe' col Tedesco e col Marchese.

Non mi conoscerà. (si mette un naso posticcio)

MAD.

Chi è che mi vuole?

MAR.

Un votre servitor

Tres umble de madam de tu mon cor.

MAD.

Coman v'appelè vu?

MAR.

Monsieur Guascon.

MAD.

Etè vu de Parì?

MAR.

Non pa, madamosele,

jè sui de Guascogne;

Et è ma baronìe dans la Burgogne.

MAD.

Antandè vu, monsieur,

L'italian?

MAR.

Uì, madame.

MAD.

Parlate, si vu plè.

MAR.

Come piace a madam, jè parlerè.

Ha incantato mon cuore

Sans du, madamigella,

Votre rara beltà tre volte bella.

MAD.

Signor, troppa finezza. (s'inchina)

MAR.

Tres umble servitor. (s'inchina)

MAD.

Monsieur, votre servan. (come sopra)

MAR.

De tu mon cor. (come sopra)

MAD.

(In complimenti e inchini

Lasciar ch'egli mi vinca, non conviene). (da sé)

MAR.

(Affé, mi pare di portarmi bene). (da sé)

Madama, perdonate.

Nella vostra masone

Verran molte persone.

MAD.

Oh non signore,

Se mi farà l'onore

Di venire da me, son sempre sola.

MAR.

Sempre sola, madama?

Sturbare io non vorrei...

MAD.

Starò contenta in compagnia con lei.


MAR.

Avec muè?

MAD.

Sì, con monsieur Guascone.

(Tutti così).

MAR.

(La solita lezione).

Jè vu doman pardon.

Dar un prove d'amore

A madama vorrei.

MAD.

Gradirò tutto quel che vien da lei.

MAR.

Questo petit anello,

Si vu plè, jè vu done.

MAD.

Caro signor Barone,

Le di lei grazie ricusar non so.

MAR.

Non, attandè; vu donerè un plu grò

MAD.

Questo mi piace assai.

MAR.

Jè donerè

Un plu grosse a madam cattre fuè.

MAD.

Quando, signor?

MAR.

Bien presto.

MAD.

Ma quando?

MAR.

Orsoduì.

MAD.

(S'han tutti uniti a regalar così)

MAR.

Jè tornè a ma meson;

Jè vu doman perdon.

MAD.

Ritornerà da me?

MAR.

Sans du; m'impegno.

MAD.

Mi potrebbe lasciar l'anello in pegno.

MAR.

C'est une petì sose

Che vual cent luì d'or.

Pur prou de mon amor

Il fo donè de plu.

Un de tremile ecù,

Madam, vu porterè.

MAD.

Quando, quando, monsiù?

MAR.

Cande vu plè.

Jè suì le Baron

Marchì de Guascon.

Jè vu donerè

Tu ce che vu plè.

Bocù de diaman,

Tujur dell'arsan,

Anfen le tresor

De tu le mon cor.

Mademoselle ah!

Jè suì le votre ih!

Ma belle, canton;

Ma belle, danson;

Che vive madam,

Che vive Guascon.

(parte)


MAD.

Oggi, per dir il vero,

Son stata fortunata:

M'hanno profusamente regalata.

Un italian Marchese,

Un Tedesco, un Francese,

M'han donato un anel per ciascheduno;

Ma nelle dita non ne tengo alcuno.

Ecco qui il mio Lorino;

Con questo poverino

Esser potrei sicura, ma... non so...

Miserabile è ancor. Ci penserò.

Lorino e la suddetta.

LOR.

Riverisco madama.

MAD.

Che vuol dire

Codesta gravità, Lorino mio?

LOR.

Metter mi voglio in cerimonie anch'io.

MAD.

Davvero?

LOR.

E se verranno

Conti, duchi, marchesi,

Italiani, Inglesi,

Tedeschi, Oltramontani,

Turchi, Tartari, Indiani,

A mettermi paura,

Farò a tutti veder la mia bravura.

MAD.

Donde vien tal linguaggio?

LOR.

Eh suora mia,

Il denaro, il denaro fa allegria.

MAD.

Denar? ne avete?

LOR.

Ne averò fra poco.

MAD.

Sperate forse guadagnarli al gioco?

LOR.

Eh che non son sì pazzo.

Un giovine, un ragazzo ancora sono,

Ma non senza il perché parlo e ragiono.

MAD.

Confidatemi dunque...

LOR.

Ho fino ad ora

Sofferto di costoro l'insolenza.

Ho portato pazienza.

Ma in avvenir, cospetto,

Vederanno chi son, ve lo prometto

MAD.

Ma via, caro Lorino,

Consolatemi un poco.

LOR.

Sì, aspettate,

Che consolar vi voglio:

Eccone la ragione in questo foglio.

Leggete.

MAD.

Date qui. Mi batte il cuore.

Il vostro Genitore    (legge)


Son due mesi ch'è morto.

Non fece testamento;

Onde, a quel che si vede,

Delle sue facoltà siete l'erede.

Bravo, Lorino mio.

LOR.

(Ora mi voglio vendicare anch'io).

MAD.

Or che siete padron, ricco sarete,

E la vostra Geltruda or sposerete.

LOR.

Non so.

MAD.

Come? porreste

La cosa in dubbio?

LOR.

Forse sì.

MAD.

Perché?

LOR.

Vuò consigliarmi un pocolin da me.

MAD.

Vi scordate l'amor?

LOR.

Me lo ricordo,

Che non son mica sordo, e mi sovviene

Che mi faceste sospirar ben bene.

MAD.

Son la vostra Geltruda.

LOR.

Siete la madamina

Amabile, cortese,

Del general tedesco e del Marchese.

MAD.

(Fortuna che non sa dell'altro ancora).

Son quella che v'adora,

Che in avvenir non tratterà che voi.

LOR.

Dell'avvenir ci parleremo poi,

Or parliam del passato;

Mi avete tormentato fieramente:

Ed ora non ne vuò saper più niente.

MAD.

Barbaro, crudelaccio,

Mi vedrete morire.

LOR.

Eh vi sarà

Chi vi consolerà.

MAD.

Lorino mio,

Deh non mi abbandonar.

LOR.

Madama, addio. (in atto di partire)

MAD.

(Possibile ch'ei vada!)

LOR.

(Oh, non ho cuore

D'abbandonar la cruda).

MAD.

Ehi, Lorino, mio ben.

LOR.

Che vuoi, Geltruda?

MAD.

Vuoi partire?

LOR.

Non so.

MAD.

Vuoi lasciarmi così?

LOR.

Ci penserò.

MAD.

Per quel primo dolce amore

Che provai per te nel cuore:

Per quel bene che ti voglio,

Caro mio, non mi lasciar.

LOR.

Per la fé che ti ho serbato


A dispetto ancor del fato,

Questo cuor che ha gelosia,

Cara mia, non tormentar.

MAD.

Non temer. Sarò fedele.

LOR.

Ah crudele! - lo dirai,

Ma poi dopo nol farai.

MAD.

Sta sicuro.

LOR.

Non lo credo.

MAD.

Te lo giuro.

LOR.

Non giurar...

a due

Ah qual pena cruda e ria

L'alma mia - dovrà provar!

MAD.

Lorino caro...

LOR.

Va via di qui.

MAD.

Lorino bello...

LOR.

Signora sì.

Lorino bello, Lorino caro,

Senza il denaro non era più.

Serva, signore, serva, monsieur,

Col generale, con il Marchese,

Tutta cortese per un anello;

Lorino caro, Lorino bello,

Non è più quello, signora no.

MAD.

Basta... pazienza... io morirò.

Non son più quella

Geltruda bella

Che gli piaceva,

Che gli diceva:

«Non dubitare,

Ti voglio amare,

Ti sposerò».

Non son più quella,

Signori no.

LOR.

Ah, che mi sento...

MAD.

Sì gran tormento...

a due

Che presto, presto,

Già creperò.

MAD.

Caro Lorino...

LOR.

Geltruda cara...

a due

Doglia sì amara

Non soffrirò.

MAD.

Dammi la mano.

LOR.

Dammi il tuo cuore.

MAD.

Dammelo, caro.

LOR.

Dammela, bella.

a due

Viva la stella

Del nume d'amor.

Viva la face,


La pace - del cor. (partono)

Il Marchese nei suoi primi abiti.

MAR.                Madama Cantarina,

Che vuol meco passar per ritirata,

Vuò che sia scorbacchiata;

E, in vece dell'anello,

Le voglio dar un regalin più bello.

Oh della casa! Vi è nessun? Madama.

Madama e il suddetto; poi Castagna da Astrologo.

MAD.

Eccomi. Chi mi chiama?

MAR.

Un vostro servitore,

Un vostro adoratore,

Madamina gentil, bella e cortese.

MAD.

Serva divota del signor Marchese. (s'inchina)

MAR.

Ho portato l'anello.

MAD.

Troppo onore (s'inchina)

Che vuol fare a una serva il suo signore.

MAR.

Servitor umilissimo. (s'inchina)

MAD.

Serva sua riverente. (s'inchina)

(Già non vede Lorin, Lorin non sente).

MAR.

Vi par che questo anello

Sia dell'altro più bello?

MAD.

Certamente.

(Non lo dovrei pigliare,

Ma non ho cuore di lasciarlo andare).

MAR.

(È bello, anch'io lo so, ma non per lei...)

MAD.

(Perderlo non vorrei.

Lo prenderò; ma questa

Sarà l'ultima volta).

MAR.

(Se tu credi d'averlo, affé, sei stolta).

MAD.

Mi anderà bene al dito?

MAR.

Andrà benissimo.

MAD.

Proviamolo?

MAR.

Aspettate.

Voglio che mi diciate

S'altri ne aveste dai rivali miei.

MAD.

Se me li offrisser, li ricuserei.

MAR.

Certamente?

MAD.

Sicuro.

MAR.

Non lo credo.

MAD.

Lo giuro.

MAR.

Aspettate un pochino;


Voglio farmelo dir dall'indovino.

Ehi galantuomo. (chiama Castagna, in

Zingaro)

MAD.

Che fan costoro?

MAR.

Sol per divertimento.

Vi contentate voi?

MAD.

Ben; mi contento.

Ma l'anello, signore?

MAR.

Eccolo qui.

Lo tengo in mano mia;

Ve lo darò dopo l'astrologia.

MAD.

Benissimo. Venite,

Guardatemi la mano. (a Castagna)

CAST.

Eccomi a lei.

MAD.

(Parlate in mio favor. Vi donerò

Una mancia badial). (piano a Castagna)

CAST.

Vi servirò.

Lorino e detti.

LOR.

Come! siamo da capo?

Oh questa è bella!

MAR.

Voglio far strologar vostra sorella.

LOR.

Eh, sorella non più...

MAD.

(Caro, tacete:

Aspettate, godete.

Non vi mettete in pene:

Forse l'astrologia finirà bene).

LOR.

Sentiam che ne risulta.

MAR.

A voi, signore. (a Castagna)

CAST.

Ecco, signora mia,

Il vaticinio dell'astrologia.

Per quel che in fronte vedo,

Per voi d'amor s'accese

Certo signor Marchese,

E un generale.

Anche un Baron francese,

Ma in quelle tre persone

Lo stesso mio padrone

Fu celato. (si scopre)

MAD.

} adue         VaP,idùinsgornaztiiatotoll.ero.(aCastagna)

LOR.

MAR.

} adue         CoNsoendadarigdreirdea,r.

CAST.

MAR.

Bella mia, son cavaliere.

Tant'e tanto con piacere

Quest'anel vi donerò.

LOR.

Non lo vuole.


abito stravagante da Astrologo o



MAD. CAST. MAR.

MAD.

LOR.

MAR.

CAST.

LOR.

MAD.

a due

MAR.

LOR.

MAR.

CAST.

LOR.

MAR.

CAST.

MAD.

MAR.

CAST.

MAR.

CAST.

MAD. LOR.

MAR.

MAD.

LOR.

TUTTI


} } }

}


Signor no. Camerata, piglia piglia. (a Lorino) Se lo sdegno vi consiglia,

Bella mia, vi placherò. Non lo voglio.

Signor no. Puntiglioso! Donna ingrata! Prendi, prendi, camerata. (a Lorino) Disgraziato. (a Castagna) Malcreato. (a Castagna) Mi farai precipitar. Il fratello alla sorella

Vuol far perdere l'anello. Più di lei non son fratello.

Cosa siete? a due

Suo marito.

È egli vero? (a Madama) a due

Così è.

Mi rallegro, bravo, bravo. a due

Cari sposi, vi son schiavo;

Non vi voglio disturbar. Camerata, di buon cuore

Io mi voglio consolar. (a Lorino) In faccia vostra

Noi ci sposiamo:

a due

La man ci diamo

Con tutto il cuor. Se mi onorate

Qual testimonio

Del matrimonio,

L'anel vi do. Che l'accettiamo? (a Lorino) L'accetterò. Vivano i sposi.

Vivan gli amici.

Giorni felici

Produca Amor. Più non si parli

Di gelosia;

Nell'allegria

Giubbili il cor.


Fine.