LA CASCINA
Carlo Goldoni
Dramma Giocoso di Polisseno Fegejo P. A., da rappresentarsi nel Teatro di S. Samuele il Carnevale dell’Anno .
PERSONAGGI
LAVINIA signora della villa e della cascina.
La Sig. Antonia Zamperini. COSTANZO in abito di pastore.
Il Sig. Giuseppe Celesti. LA LENA custode della mandra.
La Signora Serafina Penni. PIPPO lavoratore della cascina.
Il Sig. Giovanni Leonardi. LA CECCA contadina.
La Signora Rosa Puccini. IL CONTE RIPOLI affettato.
Il Sig. Michele del Zanca. BERTO famiglio.
Il Sig. Giovanni Lovatini.
La Musica è del Sig. Giuseppe Scolari.
Le Scene sono del Sig. Andrea Urbani.
I Balli sono invenzioni del Sig. Gio. Antonio Terrade.
Il Vestiario è del Sig. Natale Canziani.
MUTAZIONI DI SCENE
NELL’ATTO PRIMO
Campagna parte in collina, parte in pianura,
con animali bovini che vanno qua e là pasturando.
Camera nobile.
Cascina interna dove si lavora il cacio ed il burro.
Castello nel giardino d’Amore, per il Ballo.
NELL’ATTO SECONDO
Cortile.
Camera con tavola apparecchiata per dar la merenda ai Pastori.
Campagna con casa rustica e cortile per i lavoratori della Cascina.
NELL’ATTO TERZO Camera. Sala.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Campagna parte in collina, parte in pianura, con animali bovini che vanno qua e là
pasturando.
La Lena e la Cecca, sedendo sopra alcuni sassi al piano, colle loro rocche filando. Pippo e Berto in collina, tagliando il fieno.
La LENA e la CECCA, cantando insieme.
Io non conosco amore, |
|
E pur lo provo al cor. |
|
Ditemi voi, pastore, |
|
Che cosa sia l’amor. |
|
PIPPO e BERTO rispondono dall’alto: |
|
Amore è un bambinello; |
|
È un bambinello amor. |
|
Amor è un ladroncello |
|
Che mi ha rubato il cor. |
|
LENA |
Hai sentito? |
CECCA |
Ho sentito. |
Seguitiamo a cantare. |
|
LENA |
Io non vorrei |
Dicessero costoro |
|
Che si canta per loro. |
|
CECCA |
Oh, per l’appunto! |
È una vecchia canzon che noi sappiamo: |
|
Seguitiamo a cantar. |
|
LENA |
Sì, seguitiamo. |
Vorrei saper, pastore, |
|
Dove si trova amor: |
|
Dove si trova amore |
|
Che v’ha rubato il cor. |
|
PIPPO e |
Colui che mi dà pena, |
BERTO |
Quel che si chiama amor, |
Sta in seno della Lena, |
|
E della Cecca ancor. |
|
LENA |
Oh meschina di me! li avete intesi? |
CECCA |
Li ho intesi i bricconcelli. |
LENA |
Affé, vengono abbasso. |
CECCA |
Non ci stiamo a partir dal nostro sasso. |
PIPPO |
Berto, va dalla Lena; |
Falla un poco cantar. |
|
BERTO |
Va tu da lei, |
Ch’io dalla Cecca andrò. |
|
PIPPO |
A parlar colla Lena io non ci vo. |
BERTO |
Perché? So pur che sei, |
Pippo, amante di lei. |
|
PIPPO |
Nol vuò negare, |
Ma vicino di lei non posso stare. |
|
BERTO |
E perché? |
PIPPO |
Mi vergogno. |
BERTO |
Eh via, sciocco che sei! |
Parla, scherza con lei. |
|
Fa quel che farò io colla mia Cecca. |
|
Esse son da marito, |
|
Noi non abbiamo moglie. |
|
Siamo tutti a servire |
|
In un istesso loco; |
|
Possiamo bene divertirci un poco. |
|
Vien qui; se non sai fare, |
|
Fa come farò io. |
|
PIPPO |
Mi vuò provare. |
BERTO |
Buon giorno, Cecca bella. (accostandosi alla Cecca) |
PIPPO |
Lena, buon giorno. |
LENA |
Non rispondo certo. (da sé, filando) |
BERTO |
Vi ho sentito cantar. (alla Cecca) |
CECCA |
Sì, ci spassiamo |
Colla compagna mia. |
|
PIPPO |
Vi ho sentito cantare. (alla Lena) |
LENA |
Andiamo via. (piano alla Cecca) |
CECCA |
Perché? |
PIPPO |
(Non mi risponde). (a Berto) |
BERTO |
(Segui, risponderà). (a Pippo) |
LENA |
Cecca. (s’alza, e chiama Cecca) |
CECCA |
Che vuoi? (alzandosi) |
LENA |
Andiamo via di qua. |
CECCA |
Guarda il povero Pippo. |
So pur che gli vuoi bene. |
|
LENA |
Caldo e freddo mi viene. |
Andiamo via, Cecchina. |
|
CECCA |
Eh, lo vedo. Sei cotta, poverina. |
Con cento pastorelli |
|
Ti veggo ragionar: |
|
Non hai timor di quelli, |
|
Costui ti fa tremar. |
|
Cosa vuol dire, eh? |
|
Ci conosciam, sorella: |
|
Questo si chiama amor. |
|
Amor è il ladroncello, |
|
Che ti ha rubato il cor. (parte) |
SCENA SECONDA
Pippo, Berto e la Lena |
|
LENA |
Aspettami, ch’io vengo. (vuol seguire la Cecca) |
BERTO |
Non partire, |
Graziosa pastorella; |
|
Sii cortese e gentil quanto sei bella. |
|
LENA |
Lasciami andare. |
BERTO |
Osserva. |
Va la mandria dispersa al prato intorno; |
|
Tu l’abbandonerai? |
|
LENA |
Farò ritorno. |
BERTO |
Ma chi, ma chi frattanto |
Custodirla potrà? |
|
LENA |
Non so... vorrei... |
Fatemi voi il piacere |
|
Custodirla per me. Torno fra poco. |
|
BERTO |
Andar deggio diviato in altro loco. |
Ma quel che far non posso, |
|
Altri farà per te, visetto bello. |
|
LENA |
Dimmi: chi lo farà? |
BERTO |
Quel pastorello. (accenna Pippo) |
PIPPO |
Io lo farò... se vuoi... (alla Lena) |
LENA |
Come c’entrate voi? (a Pippo) |
PIPPO |
Non parlo più. |
BERTO |
Lena gentil, troppo crudel sei tu. |
LENA |
Io crudele perché? |
Che ha da fare con me, quello ch’è lì? |
|
Io me ne vado via, s’ei resta qui. |
|
PIPPO |
Pazienza. |
BERTO |
Pippo, intendi? |
Vattene, poverino; |
|
Cerca miglior destino. |
|
Non mancan pastorelle |
|
Grate, gentili e belle. |
|
Chi non ti ama, seguir non ti conviene. |
|
Vanne da Elisa tua, che ti vuoi bene. |
|
LENA |
(Tristo Berto, briccone, |
Vuol farmi disperare). (da sé) |
|
PIPPO |
Sentimi... non potrò. (piano a Berto) |
BERTO |
Fingi d’andare. (piano a Pippo) |
PIPPO |
Berto, addio. (in atto di partire) |
BERTO |
Dove vai? |
LENA |
(Dove anderà?) (da sé) |
PIPPO |
Vado... sì; vado là... |
BERTO |
Già t’ho arrivato. (a Pippo) |
Dalla Lisa sen va. (alla Lena) |
|
LENA |
(Disgrazïato). (da sé) |
BERTO |
Ti dispiace ch’ei vada? (alla Lena) |
LENA |
A me? perché? |
Vada pur dove vuole. |
BERTO |
Egli anderà. |
LENA |
(Ah, non vorrei). (da sé) |
PIPPO |
(Non so partir di qua). (da sé) |
BERTO |
(Non lasciar ch’egli vada; è un buon ragazzo |
Che ti vuol bene assai). (piano alla Lena) |
|
(Pippo, se forte stai, |
|
La Lena sarà tua, non dubitare). (piano a Pippo) |
|
(Fa a modo mio, non tel lasciar scappare). (piano alla Lena) |
|
Pippo, Pippo, una parola. (a Pippo) |
|
Vieni qui, ti vuò parlar. |
|
Vieni qui, buona figliuola, (alla Lena) |
|
Che ti voglio astrologar. |
|
Quell’occhio mi dice |
|
Che Pippo felice |
|
Vuol esser per te. |
|
Cagion dell’amore (a Pippo) |
|
Che senti nel core |
|
L’Elisa non è. |
|
Se un dì parlerete, (a Lena e a Pippo) |
|
Contenti sarete; |
|
Credetelo a me. (parte) |
|
SCENA TERZA |
|
Pippo e la Lena |
|
PIPPO |
Lena... |
LENA |
Elisa ti aspetta. |
PIPPO |
Io non ci penso. |
Voglio restar con te. |
|
LENA |
Che vorresti da me? |
Va dalla tua graziosa pastorella. |
|
PIPPO |
Tu sei quella, ben mio... |
LENA |
No, non son quella. (parte) |
SCENA QUARTA
Pippo, poi Costanzo col nome di Silvio, in abito di pastore.
PIPPO Senti, senti, crudel! Da me s’invola.
COST. Pippo.
PIPPO Che cosa vuoi?
COST. Una parola.
PIPPO Spicciati.
COST. La padrona
Sai tu dove si trovi?
PIPPO Io l’ho veduta
Sul margine del fonte
Starsi sedendo in
compagnia del Conte.
COST. (Misero me!) (da sé)
PIPPO Vuoi altro?
COST. Erano soli?
PIPPO Soli.
COST. (Fremo di gelosia). (da sé)
PIPPO Addio.
COST. Non mi lasciar.
PIPPO Voglio andar via.
COST. Dimmi: nulla intendesti
Di ciò che ragionava
La padrona con lui?
PIPPO Abbadar io non soglio ai fatti
altrui.
Lascio che ogni uno faccia,
Lascio che ogni uno goda. Oh, Silvio mio,
Così
fosse di me con chi dich’io.
COST. Ma la padrona nostra
Vedova, sola e vaga,
Parmi che poco sappia il suo dovere,
Confidenza
donando a un forastiere.
PIPPO Che importa a te?
COST. Son del suo onor geloso.
PIPPO Io non ci penso
Né di lei, né di te.
Ho da pensar per me, misero e gramo,
Che non mi vuole
amar quella ch’io amo.
COST. Chi è colei che tu adori?
PIPPO È la più bella
Graziosa pastorella
Che mirare si possa al prato, al bosco.
Non la conosci ancor?
COST. Non la conosco.
PIPPO Ah, s’io ti dico il nome
Della ninfa che adoro,
In tua presenza io moro.
Senti: m’ingegnerò
Di descriverla almen come potrò.
Ha la mia ninfa Due luci belle, Che paion stelle... Altro che stelle! Paion due soli, E di più ancora, Se dar sì può. Fronte serena Di grazie piena, Più bel visino, Più bel nasino, Più belle rose, Tant’altre cose, Che dir non so. Un giorno spero
Che lo saprò. Per or ti dico Quel che si può. (parte)
SCENA QUINTA
Costanzo solo.
Pippo, ti compatisco.
So quanto può nel petto
Di ogni misero amante un dolce affetto.
Giunse l’amor crudele,
Giunse a far, non so come,
Ch’io cambiassi, infelice, e spoglie, e nome.
Soffro la servitù, soffro la vita
Rustica, vile, abietta,
Per Lavinia diletta, — e per vederla,
E per esser vicino al bel che adoro,
Scordo la patria ed il natio decoro.
Care selve, piagge amate, Deh svelate — all’idol mio Quell’amor, — quel duolo rio, Che celato ho nel mio cor.
No, tacete ancor per poco Il mio foco, — i desir miei. Destar pria si vegga in lei La pietà, se non l’amor. (parte)
SCENA SESTA
Camera nobile nel palazzo di Lavinia.
Lavinia ed il Conte Ripoli
LAV. |
Troppo onor. |
CON. |
È mio dovere. |
LAV. |
Grazie a lei. |
CON. |
Son cavaliere: |
Colle dame so trattar. |
|
LAV. |
Obbligata, mio signor. |
CON. |
Mi potete comandar. |
LAV. |
Son tenuta davvero |
Alla di lei bontà,
Che m’ha voluto accompagnar fin qua.
CON. Vi servirei, madama,
Con vostra permissione,
Negli antipodi ancora e nel Giappone.
LAV. Obbligata, signor.
CON. Fo il mio dovere.
LAV. Ella è troppo gentil.
CON. Son cavaliere.
LAV. Finezza è ch’io non merto,
L’onor che mi comparte,
Di venire a
graziarmi in questa parte.
CON. Senza di voi, madama,
Era la città nostra
Senza sol, senza luna e senza stelle.
Le vostre luci belle
Son venute a illustrare il bosco, il prato,
Ed
io qual girasol vi ho seguitato.
LAV. Queste, qualunque sieno,
Povere luci mie, tutta han perduta
La primiera possanza
Per
il mesto pallor di vedovanza.
CON. Ah, peccato, peccato!
Viva il nume bendato.
Mio l’impegno sarà, se nol sdegnate,
Di
ravvivar quelle pupille amate.
LAV. Ah, come mai?
CON. Come dal fosco cielo
Suol le nubi scacciar Febo ridente,
Sparirà immantinente
Il pallido pallore
Che vi copre il bel viso e ingombra il cuore,
Se qual vite feconda, e fecondata,
Voi sarete a
quest’olmo avviticchiata.
LAV. Se diceste davver...
CON. Giuro, mia bella;
Giuro ai dei tutelari
Della mia nobiltà,
Di sì bella beltà sono invaghito;
Sarò, qual mi
vorrai... servo e marito.
LAV. Accetto per finezza
D’un cavalier sì degno
L’amor, la grazia
ed il più forte impegno.
CON. Giove, tu che presiedi
All’opere più conte; Amor, che accendi
Fiamme nel nostro petto;
Venere, che sei madre del diletto;
E voi, pianeti, e voi, minute stelle,
Onor del firmamento,
Fate applauso di
luce al mio contento.
LAV. Bella madre d’Amore,
Venere, anch’io t’invoco
Pronuba generosa al nostro foco.
Resti l’amante amato
Meco vicino in quest’albergo fido,
Qual
Enea ricovrato alla sua Dido.
CON. Non vi darò, mia bella,
L’ingrato guiderdone
Ch’Enea diede a Didone.
Non vuò che il mondo veda
Che a un amante rival vi lasci in preda.
Ah, se voi foste Dido,
S’io fossi Enea, se Jarba fosse qui,
A quel moro crudel direi così:
Vieni, superbo re, L’avrai da far con me. (Non dubitar, mia vita, Ch’io ti difenderò). (a Lavinia) Vibra la spada ardita, Ch’io mi riparerò. Vuoi atterrar Cartagine, La vuoi ridur in cenere; Sento le fiamme stridere, Odo le genti gemere. (Non ti abbandonerò). (a Lavinia) Va tra le selve ircane, Barbaro, mostro, cane; No, che timor non ho. (parte)
SCENA SETTIMA Lavinia, poi la Lena
LAV. Stanca son di soffrire
Lo stato vedovil per me noioso;
Parmi il Conte amoroso,
Parmi di cuor sincero;
E da lui la mia pace io bramo e spero.
LENA Riverisco, signora.
LAV. Ti saluto.
Come stai, Lena mia?
LENA Bene, ai comandi di vossignoria.
Porto alla mia padrona,
In un vaso che ho dentro al mio cestino,
Fior
di latte raccolto in sul mattino.
LAV. Obbligata
davvero.
LENA Oh, cosa dite!
Faccio quel che conviene;
E so che la padrona mi vuol bene.
LAV. Certo; perché lo merti:
Tu sei una buonissima figliuola.
Senti,
non voglio più vederti sola.
LENA Sola non istò mai.
La mamma mia
Sta meco in compagnia;
E quand’ella non c’è,
Viene
la Cecca a lavorar con me.
LAV. Eh Lena mia, cotesta
Non è la compagnia che ti destino. |
|
LENA |
E chi dunque? |
LAV. |
Vuò darti uno sposino. |
LENA |
Eh via! |
LAV. |
Sei nell’età; |
Conosco il tuo bisogno. |
|
Lena, lo prenderesti? |
|
LENA |
Io mi vergogno. |
LAV. |
Vergognarti non dei, ché le fanciulle |
Devono accompagnarsi, |
|
Ed è cosa ben fatta il maritarsi. |
|
Lo prenderai marito? |
|
LENA |
Non so dire. |
LAV. |
Rispondimi di sì; sei tanto buona. |
LENA |
Farò quel che comanda la padrona. |
LAV. |
Ti voglio regalar. |
LENA |
Grazie, signora. |
LAV. |
Vado a prendere un nastro, e torno or ora. (parte) |
SCENA OTTAVA |
|
La Lena, poi il Conte |
LENA Se mi desse un marito,
Io me lo piglierei;
E il mio Pippo vorrei.
Quando lo vedo,
Lo sfuggo il poverino,
Ma
però lo vorrei sempre vicino.
CON. (Chi è questo sol sì bello,
Ch’empie
la stanza di novel splendore?) (da sé)
LENA (Chi è mai questo signore?
Se
non vien la padrona, io vado via). (da sé)
CON. Non so dir s’ella sia
Cintia, Venere, o Clizia, o Luna, o Stella:
So che piace a’ miei
lumi, e so ch’è bella.
LENA Meglio è ch’io me ne vada. (in
atto di partire)
CON. Ah no, fermate.
Ninfa, non mi private
Della gioia che in voi lieto respiro.
Vaglia
per trattenervi un mio sospiro.
LENA Avete qualche mal?
CON. Sì, nel mio cuore
Amoroso
veleno infonde amore.
LENA Se siete avvelenato,
Lontan col vostro fiato
State dal labbro mio,
Ché
non vorrei avvelenarmi anch’io.
CON. Ah, volessero i numi
Ché fuor da questi lumi
Escir potesse avvelenato strale...
LENA |
Ah, non vorrei che mi faceste male. |
CON. |
Anzi, ben vorrei farvi; |
Amarvi, venerarvi, |
|
Adorarvi, e il cuor mio tutto donarvi. |
|
LENA |
Signor, con tanti arvi |
Non so s’abbia a dolermi, o ringraziarvi. |
|
CON. |
In voi la crudeltà |
Possibil che s’asconda, |
|
Come l’aspide rio tra fronda e fronda? |
|
LENA |
(Non intendo parola). (da sé) |
CON. |
Idolo mio, |
Dite di sì o di no. |
|
LENA |
Che volete che dica? io non lo so. |
CON. |
Bellissima innocenza! |
Cara semplicità, quanto mi piaci! |
|
Fortuna, degli audaci protettrice, |
|
Fammi in questo momento esser felice. (s’accosta per abbracciarla) |
|
LENA |
Ehi, lasciatemi stare. |
CON. |
Non gridate. |
Meco non vi sdegnate, |
|
Labbra gentili, pupillette ladre. |
|
LENA |
Andate via, che lo dirò a mia madre. |
CON. |
(Per vincer la ritrosa |
Vi vorrà qualche cosa. Un regaletto. |
|
Per esempio... sì, bene: un anelletto). (da sé) |
|
Bella, se non credessi |
|
Che aveste ad isdegnare... |
|
LENA |
Vi torno a dir che mi lasciate stare. |
A mia madre lo dirò; |
|
La padrona lo saprà; |
|
E nessuno mi ha toccata, |
|
E nessun mi toccherà. |
|
Via di qua. |
|
Griderò, — piangerò. |
|
Che bell’anellino! (Il Conte le mostra un anello) |
|
Gli è pur galantino! |
|
Ma quello non è |
|
Regalo per me. |
|
Me l’offrite? me lo date? |
|
Via di qua, non mi toccate, |
|
Che mia madre chiamerò. |
|
Me l’ha dato, me l’ha dato. |
|
Io l’ho preso, e me ne vo. (parte) |
|
SCENA NONA |
|
Il Conte Ripoli, poi Lavinia |
|
CON. |
Bella, bella, fermate... |
Ma la raggiungerò. |
LAV. |
Ehi, dove andate? |
CON. |
Dove mi porta il cuore... |
A rintracciar di voi... |
|
LAV. |
No, mentitore. |
Tutto so, intesi; |
|
Di voi mi maraviglio. |
|
Da me lungi partire io vi consiglio. |
|
CON. |
Eccomi a’ vostri piedi. (s’inginocchia) |
LAV. |
Itene, indegno. |
CON. |
Placate il vostro sdegno. |
Non intesi oltraggiarvi. |
|
Giuro al nume d’amor, giuro d’amarvi. |
|
LAV. |
Lo crederò? |
CON. |
Credetelo, |
Bella tiranna mia. |
|
LAV. |
Di darmi gelosia deh tralasciate. |
CON. |
Sì sì, non dubitate; |
Fido amante, costante a voi sarò, |
|
Fino... fino a quel dì... fin che potrò. (parte) |
|
SCENA DECIMA |
|
Lavinia sola. |
Il carattere intendo
Volubile e leggiero
Del suo debole cor; ma pure io l’amo,
Ed unirmi con lui sospiro e bramo.
Sia ambizione o amore,
Sia noia del mio stato,
Se del Conte la man sperar mi lice,
Son contenta, son lieta e son felice.
L’amante tortorella Si lagna di star sola, Il suo dolor consola Sperando il caro ben.
L’afflitta vedovella Non trova il suo riposo, Se il cuor novello sposo A consolar non vien. (parte)
SCENA
UNDICESIMA
Cascina interna dove si lavora il cacio
ed il burro.
Pippo, Berto, poi la Lena e la Cecca, poi il Conte
BERTO Animo, alla cascina.
Dove siete, ragazze? |
|
CECCA |
Eccoci qui. |
LENA |
Che abbiam da lavorare? |
BERTO |
Il burro questa mane si ha da fare. |
Tu qui lavorerai. (assegna il loco alla Lena) |
|
Tu qui, bella Cecchina. |
|
Noi porteremo il latte alla cascina. |
|
CECCA |
Stamane sono in voglia |
Di faticar davvero. |
|
LENA |
Anch’io mi sento |
Proprio il mio cor contento. |
|
PIPPO |
Anch’io vorrei... |
LENA |
Che cosa? |
PIPPO |
Non so dirlo. |
BERTO |
Tu potresti capirlo. |
LENA |
Andate via di qua. |
PIPPO |
Berto, andiamo. Crudel! |
BERTO |
Si cangierà. (parte con Pippo) |
CECCA |
Hai molto duro il cor. (alla Lena) |
LENA |
Lasciami fare. |
Cecca, ti vuò mostrare |
|
Un cosuccio bellino. |
|
CECCA |
Cosa mi vuoi mostrare? |
LENA |
Un anellino. |
CECCA |
Bello! chi te l’ha dato? |
LENA |
Un signor me l’ha dato. |
CECCA |
E perché mai? |
LENA |
Mi voleva toccare, ed io gridai. |
CECCA |
Dunque te l’ha donato |
Acciocché non gridassi. |
|
LENA |
Così fu. |
CECCA |
E poi? |
LENA |
E poi non ho gridato più. |
CECCA |
Guardati, Lena mia... |
LENA |
Zitto, Cecchina, |
Vengono con il latte. Non lo stare |
|
A ridir a nessun. |
|
CECCA |
Non dubitare. |
BERTO |
(Con un vaso di latte si accosta alla Cecca) |
Com’è candido questo mio latte, |
|
Candidetto è il mio core nel petto, |
|
E vorrei che tal fosse l’affetto, |
|
Che tu nutri nel seno per me. |
|
CECCA |
Com’è dolce quel latte che rechi, |
È dolcissimo in seno il mio core; |
|
E vorrei che tal fosse l’amore |
|
Che può Cecca sperare da te. |
|
PIPPO |
Lena bella, l’amor che ti porto, |
È più puro del latte ch’è qui: |
|
E tu, ingrata, mi lasci così, |
|
Poverino, per te sospirar! |
|
LENA |
Questo latte ch’è tanto bellino, |
PIPPO
BERTO
BERTO
PIPPO } a due
a quattro
} adue } adue } adue |
BERTO
PIPPO
LENA
CECCA
BERTO
PIPPO
CECCA
LENA
CECCA
LENA
} |
a due |
LENA
CECCA
CON.
CECCA
LENA
CON.
} |
a due |
LENA
CECCA
CON.
} } |
a due |
LENA
CECCA
CON.
a due |
LENA
CECCA
Io lo voglio qua dentro gettar; Se tu sei, come il latte, bonino, Ti vorrei con il maglio pistar.
Bel favor!
Carità,
Se ce n’è.
Senti tu,
Bell’amor
Che ha per me! (a Berto) Lascia dir,
Lascia far:
Cangierà. D’una bella — pastorella
Questa è troppa crudeltà. Sento amore — che nel core
Pizzicando ognor mi va. A prendere il latte,
Carine, si va. Andate, — tornate,
Che il burro si fa. Amore — nel core
Tormento mi dà. (partono) Lena mia, lascia vedere
L’anellin che ti han donato. Ecco qui.
Chi te l’ha dato? Un signore — forastiere
Cavaliere — che così...
Eccolo, Cecca, eccolo qui. (Vedendo venire il Conte, corrono a lavorare) Di vederlo non mostriamo;
Seguitiamo a lavorar. (lavorano) Chi mi dona un pochino di latte,
Chi mi vende di voi la ricotta?
Pastorella graziosa, grassotta,
Voi potete il mio genio appagar. (alla Cecca) Chi ne vuole, l’ha ben da pagar. Chi vuol latte, ci porga dell’oro. Siete voi, mio gradito tesoro,
Siete voi, che m’invita a comprar. (alla Lena)
Chi ne vuole, l’ha ben da pagar.
Quante volete
Gioje e monete,
Tutto potete,
Belle, sperar. (Se ci burla vogliamo provar).
Che cosa vuole? (s’accostano al Conte) Quel che si puole.
Chieda, signore.
CON. |
Vi chiedo il core; Chiedo pietà. |
|
LENA CECCA |
} adue |
Ecco, i pastori tornano qua. (vanno al lavoro) |
CON. |
Mi lasciate, — mi piantate? |
|
BERTO PIPPO |
} adue |
Qui costui che cosa fa? (in disparte, veggendo il Conte) |
CON. |
Deh, tornate: — non usate Meco tanta crudeltà. |
|
BERTO PIPPO |
} adue |
Stiamo attenti, come va. (si ritirano) |
CECCA |
Son partiti. |
|
LENA |
Sono andati. |
|
a due |
Ritornare si potrà. |
|
CON. |
Le pastorelle tornano qua. |
|
LENA CECCA |
} adue |
Che cosa vuole? |
CON. |
Quel che si puole. |
|
LENA CECCA |
} adue |
Chieda, signore. |
CON. |
Vi chiedo il core; Chiedo pietà. |
|
BERTO |
} adue |
Alto là. |
PIPPO |
Via di qua. (armati con schioppo contro il Conte) |
|
CON. |
Per pietà. (si raccomanda) |
|
BERTO |
} adue |
Morirà, |
PIPPO |
Schiatterà. |
|
LENA CECCA |
} adue |
Per pietà. (si raccomandano per il Conte) |
BERTO |
} adue |
In grazia delle belle |
Graziose pastorelle, |
||
La vita vi si dà. |
||
CON. |
Vi son ben obbligato, Pietose pastorelle. |
|
BERTO PIPPO |
} adue |
Andate via di qua. (al Conte) |
CON. |
Oimè, che timore! Mi palpita il core; Mai più torno qua. |
|
LENA |
} adue |
Noi non lo conosciamo, |
CECCA |
Non vi credete già. |
|
BERTO |
} adue |
Ben bene, c’intendiamo, |
PIPPO |
Col tempo si saprà. |
|
LENA |
} adue |
Siete sdegnati |
CECCA |
Con noi ancora? |
|
BERTO |
} adue |
Pace per ora, |
PIPPO |
Poi si vedrà. |
|
CON. |
Pace, signori, Per carità. |
|
TUTTI |
Viva la pace, Pera lo sdegno. |
Splenda la face
Dell’amistà.
Regni l’amore,
Nel nostro core,
Vada il timore
Lungi di qua. (partono)
Castello nel giardino d’Amore, per il Ballo.
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
Cortile.
La Lena, la Cecca, Pippo e Berto
ciascheduno portando de’ cesti sul capo e sulle spalle, con cacio, burro e ricotte.
Cantando, camminando e riponendo i cesti.
Oh bella la campagna,
Oh cara libertà!
Al bosco, alla montagna,
Quando si vuol, si va.
Chi gira di qua,
Chi gira di là.
Oh bella la campagna,
Oh cara libertà! E quando alla cascina
A lavorar si va,
La sera e la mattina
In allegria si sta.
Chi gira di qua,
Chi gira di là.
Oh bella la campagna,
Oh cara libertà!
SCENA SECONDA Lavinia con Servi, e detti.
LAV. Bravi! così mi piace:
Star in buona armonia,
Ed
il tempo passar con allegria.
CECCA Eccovi, padroncina,
Quel che nella cascina abbiamo fatto:
Dieci libbre di burro,
Quattro forme di cacio e sei ricotte,
Fatte
da queste belle giovanotte.
BERTO Le
mie saran più buone.
LENA Le mie saran migliori.
CECCA Ho buona mano
Nel far le ricottine.
LENA Tutto fo bene colle mie manine.
PIPPO |
Certo, signora sì, |
La Lena è una ragazza che consola; |
|
Tutto fa ben fuor d’una cosa sola. |
|
LENA |
Taci tu, che non c’entri. |
LAV. |
E che ti pare |
Ch’ella bene non faccia? |
|
PIPPO |
Domandatelo a lei, la crudelaccia. |
LAV. |
Ho capito: tu l’ami; |
Ella non corrisponde. |
|
E ver? |
|
PIPPO |
Signora sì. |
LAV. |
Lena, perché? |
LENA |
Perché vuò far quel che mi par a me. |
LAV. |
Si risponde così? Sai tu chi sono? |
LENA |
Vi domando perdono. (mortificata) |
PIPPO |
Così colla padrona non si parla. (alla Lena) |
BERTO |
Via; non bisogna poi mortificarla. (a Pippo) |
LAV. |
Ragazze mie, gli è tempo |
Che prendiate marito. |
|
Un qualche buon partito |
|
Ritrovare convien, che vi sia grato. |
|
CECCA |
Per me, signora, me l’ho ritrovato. |
LAV. |
Voglio saperlo anch’io. |
CECCA |
Sarebbe il genio mio, |
Se voi vi contentate, |
|
Questo giovine qui che voi mirate. (accenna Berto) |
|
BERTO |
Ed io, se la padrona |
Seconda i desir miei, |
|
Questa giovine qui mi prenderei. (accenna la Cecca) |
|
LAV. |
Non ha niente in contrario il genio mio. |
Siete contenti voi? lo sono anch’io. |
|
PIPPO |
Ed io, se la padrona |
Mi dicesse di sì, |
|
Mi prenderei questa ragazza qui. (accenna la Lena) |
|
LAV. |
Che risponde la Lena? |
LENA |
Io non lo so. |
LAV. |
No devi dire, o sì. |
LENA |
Dirò di no. |
LAV. |
Ragazzaccia, lo so perché ricusi: |
Qualche amante miglior ti avrà ferita. |
|
(Sarà del conte Ripoli invaghita). (da sé) |
|
LENA |
Io ferita non sono in nessun loco. |
LAV. |
Perché a Pippo meschin non doni il cuore? |
LENA |
Perché senza del cuor so che si more. |
BERTO |
(Pippo mi fa pietà). (da sé) |
(Guarda che dall’Elisa ei tornerà). (piano alla Lena) |
|
LENA |
(Taci tu, menzognero. |
Già so che dell’Elisa non è vero). (piano a Berto) |
|
BERTO |
(Quanto è furba costei! |
Ma se Pippo foss’io, gliela farei). (da sé) |
|
LAV. |
Andate, buona gente, |
Tuto a ripor nella dispensa mia. |
|
Ma con quell’allegria |
Con cui veniste cantuzzando or ora,
Vuò che partite. e che cantiate ancora.
(La Lena, la Cecca, Pippo e Berto riprendendo le robe loro e cantando una
delle suddette strofe, partono)
SCENA TERZA |
|
Lavinia, poi Costanzo |
|
LAV. |
Veramente è un piacere |
Lieti mirar questi pastori miei. |
|
Certo un soggiorno tal non cambierei. |
|
COST. |
Ecco, se a me pur lice |
Offrirvi un segno del rispetto mio, |
|
Frutti dell’opra mia vi reco anch’io. |
|
LAV. |
Perché cogli altri unito |
Non venisti tu ancor, gentil pastore? |
|
COST. |
Perché lieto non ho com’essi il cuore. |
LAV. |
Che ti affligge? |
COST. |
Non so. |
LAV. |
Parla. |
COST. |
Direi... |
Ma già de’ mali miei pietà non spero. |
|
LAV. |
Sei amante, meschino. È vero? |
COST. |
È vero. |
LAV. |
Amar non è gran male. |
Hai svelato l’amor? |
|
COST. |
Temo un rivale. |
LAV. |
Questo rival chi è? |
COST. |
Un che può più di me. |
LAV. |
Se innamorato sei, |
Posso saper di chi? |
|
COST. |
La mia bella non è lontan di qui. |
LAV. |
Sa che l’ami? |
COST. |
Nol dissi. |
LAV. |
Il nome suo |
Svelami, Silvio. |
|
COST. |
Ah no: |
Che se invano lo svelo, io morirò. |
|
LAV. |
(Ama! Teme un rival! Sì, l’ho capito. |
Della Lena è invaghito; |
|
Teme un rival nel Conte, |
|
Non vuol parlar, ritroso. |
|
Ma di Lena sarà Silvio lo sposo). (da sé) |
|
COST. |
(Volessero gli dei |
Ch’ella gli affetti miei |
|
Giungesse a penetrar). |
|
LAV. |
Senti, pastore, |
Già ti leggo nel cuore; |
|
E l’amore e il timor già penetrai; |
|
Fidati pur di me, lieto sarai. |
Sarò, più che non credi, Pietosa al tuo dolore; So che tormenta il core, So ch’è tiranno amor.
In me, Silvio, tu vedi Amante che delira; Un’alma che sospira D’amore e di timor. (parte)
SCENA QUARTA
Costanzo e Pippo
COST. Grazie, superni dei! senza parlare
M’ha capito Lavinia, e se speranza
Hanno gli affetti miei,
Voglio scoprirmi a lei,
Chieder la man, chiedere il cuore in dono:
Che, se povero i’ son, vile non sono.
PIPPO Silvio,
perché non vieni?
Non far che più alla lunga
La compagnia ti attenda.
Ci hanno qui preparato una merenda.
COST. Vengo; tornar mi preme
Dalla signora mia...
Ma il conte Ripoli
Ora sen vien.
(Codesto mio rivale
Non lo posso soffrir). Senti: colui
Vuol far con tutte il bello;
Non lo lasciar entrar. Di già lo sai,
Che con la Lena tua fece il grazioso.
(Non lo lascierà entrar Pippo geloso). (da sé)
Se amor ti scalda il petto, Se ti tormenta amor, Di gelosia il sospetto Fa che t’infiammi il cor.
Non tollerar vicino L’aspetto di un rivale, Che il tuo fatal destino Può peggiorare ancor. (parte)
SCENA
QUINTA
Pippo, poi il Conte
Ripoli
PIPPO Finché ci siamo noi, non passerà.
Con la Lena il grazioso oggi non fa. |
|
CON. |
La padrona dov’è? |
PIPPO |
Nol so. (con disprezzo) |
CON. |
Non era |
Ella poc’anzi qui? |
|
Non si risponde a un cavalier così. |
|
PIPPO |
Ho detto ch’io non so dov’ella sia, |
Né per questo vi dissi una bugia. |
|
CON. |
A rintracciarla andrò! (in atto di partire) |
PIPPO |
Per ora non si può. (l’arresta) |
CON. |
Come! perché? |
PIPPO |
Chi vuol vederla, ha da parlar con me. |
CON. |
Suo custode sei tu? |
PIPPO |
Io son chi sono. |
CON. |
Così parli con me? |
PIPPO |
Così ragiono. |
CON. |
Vattene, temerario. (vuol passare) |
PIPPO |
Eh, non andate. (l’arresta) |
CON. |
A me un vile pastor? |
PIPPO |
Qui non passate. |
CON. |
V’anderò tuo malgrado. |
PIPPO |
Sì, domani. |
CON. |
Questa spada... |
PIPPO |
Badate; ho anch’io le mani. (lo minaccia col bastone) |
CON. |
(Dice davver costui). (da sé) |
Ha forse comandato |
|
Che non vada nessun ne’ quarti suoi? |
|
PIPPO |
Tutti ci ponno andar, fuori che voi. |
CON. |
Perché? |
PIPPO |
Perché l’è noto |
Che le villane anch’esse |
|
Hanno dal Cavalier le grazie istesse. |
|
CON. |
(Se gelosa è di me, dunque m’adora). |
Voglio scolparmi. (in atto di andare) |
|
PIPPO |
Non si va per ora. |
CON. |
Tu impedirlo potrai? |
PIPPO |
L’impedirò. |
CON. |
Tal coraggio con me? (vuol avanzarsi) |
PIPPO |
Coraggio avrò. (si mette in difesa) |
CON. |
(Vi va con un villano |
La mia riputazione; |
|
Mi fa un po’ di paura il suo bastone). (da sé) |
|
D’un cavalier mio pari |
|
Non provocar lo sdegno. |
|
Sai tu chi sono, indegno? |
|
Sì, ti farò tremar. |
|
Trema del conte Ripoli, |
|
Che ha trentasette titoli, |
|
Che ha un marchesato in Bergamo, |
|
Che ha un principato in Napoli, |
|
Che sino negli antipodi |
|
Sentesi nominar. |
Sì, ti farò tremar. (Maledetto quel bastone! Non mi vuò precipitar). (parte)
SCENA SESTA
Pippo solo.
Manco mal, se n’è andato.
Ora che m’ho spicciato
Da questa graziosissima faccenda,
Voglio andare a merenda. — Oh se potessi,
Volentier mangerei.
Della Lena gentil quegli occhi bei. (parte)
SCENA SETTIMA
Camera in casa di Lavinia, con tavola apparecchiata per dar la merenda ai Pastori.
Lena, Cecca, Berto, e due Servitori.
BERTO |
Pippo ancora non viene? |
Che vuol dir la tardanza? |
|
CECCA |
S’egli non ha creanza, |
Suo danno: mangeremo |
|
Noi altri in compagnia. |
|
LENA |
(Mi dispiace davver che non ci sia!) (da sé) |
BERTO |
Facciam quel che volete; |
Di mangiar, d’aspettar, padrone siete. |
|
CECCA |
Lena, che dici? vuoi che l’aspettiamo? |
LENA |
Che m’importa di lui? |
CECCA |
Dunque mangiamo. |
BERTO |
A tavola, ragazze; |
Godiam della padrona |
|
L’amor, la cortesia: |
|
Principiamo a mangiar con allegria. (s’accosta alla tavola) |
|
CECCA |
Andiamo. (alla Lena) D’appetito anch’io sto bene. (s’accosta alla tavola) |
LENA |
Eccomi. (Quel briccone ancor non viene). (da sé, s’accosta alla tavola) |
BERTO |
In questa stanza oscura |
Non ci si vede niente. |
|
Ehi, fateci il piacere, |
|
Portate un lume; ci vogliam vedere. |
|
(ad un Servitore da cui vengono recati i lumi) |
|
Abbiamo camminato, |
|
Abbiamo faticato, |
|
E, prima di mangiare, |
|
Un po’ la gola ci convien bagnare. |
|
Tenete, ragazzotte; |
|
Bevere ci conviene |
Alla salute di chi ci vuol bene. (versa a ciascheduno un bicchier di vino)
a tre
Viva Bacco, autor del vino. Viva Amor, che è un bel bambino. Viva Bacco, viva Amor, Che consola il nostro cor.
PIPPO
CECCA
LENA
PIPPO
BERTO
PIPPO
BERTO
PIPPO
BERTO
PIPPO
BERTO
LENA
BERTO
PIPPO
BERTO PIPPO
CECCA LENA
a quattro
PIPPO LENA PIPPO BERTO
} }
SCENA OTTAVA
Pippo e detti.
Bravi! buon pro vi faccia.
E Pippo non si aspetta?
Son due ore che siamo in questa stanza.
E Pippo non ha niente di creanza.
Le solite finezze della Lena.
Hai sete? Vuoi tu bere?
(Ingrata!) Sì. (a Berto) Ecco un bicchier di vin.
Portalo qui. Eh, qua vieni ancor tu.
Non vuò sedere. È in collera con te, Lena.
Ho piacere. Ecco, se così vuoi,
Ti voglio soddisfare, (s’alza e presenta il bicchiere a Pippo) Ma bever non si dee senza cantare. Sì, sì, cantiamo pure: Sono allegro e contento. (Voglio nasconder il dolor ch’io sento). (da sé)
Caro Bacco, il cuor consola,
Dal mio sen le pene invola.
a due
Viva Bacco, viva Amor,
Che consola il nostro cor.
Bel piacere, bel contento,
Che nel seno entrar mi sento
a due
Viva Bacco, viva Amor,
Che consola il nostro cor. Tutti quanti in compagnia
Su, cantiam con allegria.
Viva Bacco, viva Amor,
Che consola il nostro cor. (Berto e Pippo cantando s’accostano alla tavola. Berto presso Cecca, Pippo presso Lena)
Lena crudele, abbi di me pietà. E chi t’ha detto che tu venghi qua? Non mi vuoi? vado via.
Eh ragazzate! Resta, Pippo, ove sei; e voi mangiate.
(dà a ciascheduna qualche cosa da mangiare) |
|
CECCA |
Io certo mangerò. |
BERTO |
Farò lo stesso. |
CECCA |
Con il mio Berto. |
BERTO |
Alla mia Cecca appresso. |
PIPPO |
Ah, dov’è andato l’appetito mio? |
LENA |
Se non mangerai tu, mangerò io. |
PIPPO |
Pazienza! (piangendo) |
LENA |
Sempre piange, |
Il caro bernardone. |
|
PIPPO |
Piango per tua cagione, |
Per la tua crudeltà. |
|
LENA |
(Povero Pippo mio, mi fa pietà). (quasi piangendo) |
CECCA |
Che hai, Lena, che pare... |
BERTO |
Vogliano lacrimare gli occhi tuoi? |
LENA |
Pianger? pensate voi! |
Rider mi fa costui, pazzo ch’egli è. |
|
PIPPO |
Ora mi scannerei. |
LENA |
(Meschina me!) |
SCENA NONA |
|
Il Conte Ripoli e detti. |
|
CON. |
Bella conversazione! |
PIPPO |
Che vuol vossignoria? |
CON. |
La padrona m’invia |
Ad avvisar la Lena |
|
Che andar debba da lei. |
|
LENA |
(Affé, che questa volta il manderei). (da sé) |
PIPPO |
Ci siete poi venuto a mio dispetto. |
CON. |
Ehi, portami rispetto, |
O ti discaccerò da queste porte |
|
Quando Lavinia sarà mia consorte. |
|
PIPPO |
La volete sposar? |
CON. |
Sì, temerario. |
PIPPO |
Non ho niente in contrario. |
Lasciate star le pastorelle in pace,
E
poi sposate chi vi pare e piace.
CON. Non intendo oltraggiarle,
Non intendo levarle ai lor pastori;
Ma
giust’è la beltà s’ami e s’onori.
PIPPO Come c’entrate voi?
Vogliamo amarle ed
onorarle noi.
LENA (Questi è quel dell’anello). (alla
Cecca)
CECCA (Uno anch’io ne vorrei). (alla Lena)
LENA (Se me ne desse un altro, il piglierei). (alla Cecca)
CECCA Serva del signor Conte:
Bevo alla sua salute.
CON. Entro a quel vino
Scenda il cieco bambino;
Scenda dal terzo cielo il dio d’Amore
Ad
infiammarvi, pastorella, il core.
BERTO Anch’io vuò fare un brindisi.
Viva,
signor, la sua caricatura. (al Conte)
PIPPO E viva il suo valor, la sua bravura.
CON. Grazie rendo ad entrambi. Il ciel vi guardi
Da ogni mal, dai nemici e dall’inopia,
E
doni a tutti due la cornucopia.
LENA Amici, con licenza.
Restate,
io vado via. (s’alza)
PIPPO Dove si va? (alla Lena)
LENA Dalla padrona mia. (rusticamente)
PIPPO (Ah! non mi può veder). (da sé)
LENA Prima ch’io vada,
Vuò far col signor
Conte il dover mio;
Ed
un brindisi a lui vuò far anch’io.
CON. L’averò per onore.
PIPPO Eh, lascia stare... (alla Lena)
LENA Tu non c’entri. (Lo voglio tormentare). (da sé)
Dammi da bere. (a
Berto)
BERTO Prendi. Ma il tuo Pippo
Non lo trattar sì male,
poveraccio.
LENA Eh! signor Conte, un brindisi
gli faccio.
Con questo buon bicchiere Di vin che piace a me, M’inchino al Cavaliere, E so ben io perché. Di Berto alla salute Ancor io beverò; E di Cecchina ancora, Ma di quell’altro no. Io bevo alla salute Di chi vuol bene a me. Chi mi vuol bene evviva, Se qui nessun ce n’è. (parte)
CON. Viva viva. A dispetto
Di chi non vuole, il suo bel cor son io; E quel brindisi caro è tutto mio. (parte)
SCENA DECIMA Pippo, Berto e Cecchina
PIPPO Addio, Berto; Cecchina, addio anche tu.
Sì,
vado via; non ci vedremo più.
CECCA Dove
vai, poverin?
BERTO Povero Pippo!
Per cagion della Lena
So che dici così;
Ma
via non anderai, resterai qui.
PIPPO No, non ci vuò restare;
Via di qua voglio andare.
Per
il mondo anderò da pellegrino.
CECCA Poverin!
BERTO Poverino!
Lascia
questa bestial malinconia.
CECCA Non disperar così.
PIPPO Voglio andar via.
BERTO Tu credi che la Lena
Non ti voglia, t’abborra e ti abbia in ira,
Ed
io so che per te tace e sospira.
PIPPO No, che non v’è speranza;
La Lena è una cagnaccia;
La Lena è un’assassina.
Addio, Berto mio
caro, addio, Cecchina.
CECCA Fermati. Caro Berto,
Non lo lasciar andar.
BERTO Fermati, Pippo.
Sentimi, e ad un amico
Credi; so quel ch’io dico.
La Lena ti vuol ben; lo so di certo.
Quando parlai d’Elisa,
La vidi a venir rossa;
Se la vuoi guadagnar, quest’è la via:
Diamole
un pocolin di gelosia.
PIPPO Io non so far.
CECCA T’insegneremo noi.
BERTO Non dubitar.
PIPPO Mi raccomando a voi.
BERTO Or m’è venuta in mente
Una burla graziosa
Per rendere gelosa la tua bella,
E
farla divenir come un’agnella.
CECCA Dimmela, Berto.
BERTO Non l’hai da sapere;
Ché
le donne non possono tacere.
PIPPO Dilla a me.
BERTO No, nemmeno.
Voglio che la vi giunga all’improvviso:
Una burla sarà degna di riso.
Consolati, sta lieto.
Tu colla Lena, ed io colla mia Cecca,
Staremo dolcemente in compagnia;
Le feste in allegria
A ballare, a cantare andremo al fonte;
Saltare al piano e sdrucciolar dal monte.
Con le belle pastorelle Ci potremo consolar. Ce n’andremo, — ci uniremo Per cantare e per ballar.
E poi senti che bel gioco
Che fra noi s’avrà da far.
Con il ghiaccio saliremo
Sopra un monte in compagnia;
Su due tavole sedremo
Colla Lena e Cecca mia.
Taratàpete, tàpete, tu;
Come il vento si tombola giù. (parte)
SCENA UNDICESIMA Pippo e la Cecca
CECCA Oh Pippo, che bel gioco!
PIPPO È un bel piacere
Godere il fresco e rompersi il sedere.
CECCA Per dir la verità,
Anche a me questo gioco Credo piacerà poco. — Sarà meglio, Se a te la compagnia noia non reca, Giocare al gioco della gatta cieca.
PIPPO Io non so cosa sia.
CECCA Non hai veduto
Tante volte nel prato Un pastorel bendato Correre qua e là, pigliar, fuggire?
PIPPO Non l’ho veduto mai.
CECCA Stammi a sentire.
Si lascia da una bella Un pastorel bendar; E poi la pastorella Procura di pigliar. Si lascia circondar, Si lascia beffeggiar; Attento se ne va Bendato, qua e là: Se alcuna s’avvicina, Procura di pigliar; E quando l’indovina, La bella fa bendar. (parte)
SCENA DODICESIMA
Pippo, poi il Conte Ripoli
PIPPO Oh, questo è un giocolino,
Che volentier farei; Se potessi, la Lena io piglierei.
CON. |
(Ancora qui costui?) (da sé) |
PIPPO |
(Eccolo qui. |
Io gli rompo la testa un qualche dì). (da sé) |
|
CON. |
Tu che ami la Lena, |
Sai cosa c’è di nuovo? |
|
PIPPO |
E cosa mai? |
CON. |
C’è che tu non l’avrai. |
PIPPO |
Se non l’avrò, chi ne sarà cagione |
Proverà che sa fare il mio bastone. |
|
CON. |
Amico, io non vuò farmi |
Odioso teco, e vuò giustificarmi. |
|
Sappi, e vado via subito, |
|
Sappi che la padrona ha comandato |
|
Che la Lena si sposi |
|
Senza pensarvi più; |
|
E lo sposo esser deve, o Silvio, o tu. |
|
PIPPO |
O Silvio, o io? Seguite: |
Che ha risposto colei? |
|
CON. |
Eccola. Il resto lo saprai da lei. (parte) |
SCENA TREDICESIMA |
|
Pippo e la Lena |
|
PIPPO |
Lena mia, Lena mia, parla: è egli vero |
Che dei tra Silvio e me |
|
Sceglier oggi lo sposo? |
|
LENA |
Così è. |
PIPPO |
Silvio tu sceglierai? |
LENA |
Silvio, per dirla, |
Non mi piace gran cosa; |
|
E poi, per quel che sento dalla gente, |
|
È un povero pastor che non ha niente. |
|
PIPPO |
Posso dunque sperare |
Che tu, cara, sii mia? |
|
LENA |
Lasciami stare. |
PIPPO |
Che ha detto la padrona? |
LENA |
Ha comandato |
Ch’io dica di voi due chi prenderò. |
|
PIPPO |
E la Lena che dice? |
LENA |
Io non lo so. |
PIPPO |
Bene, quando è così, men vado io stesso |
Dalla padrona adesso |
|
A dir che non mi vuoi; |
|
Che di Silvio sarai sposa diletta. |
|
Ti vado a rinunziar. |
|
LENA |
No, Pippo, aspetta. |
PIPPO |
Cagna, mi vuoi lasciar? |
LENA |
Pippo... non so. |
PIPPO |
Cara, mi prenderai? |
LENA |
Ti prenderò. (fugge via vergognandosi) |
SCENA QUATTORDICESIMA
Pippo solo.
Mi prenderà? L’ha detto: evviva, evviva.
Chi di me più contento
Al mondo si può dare?
Chi mi può pareggiare in questo dì?
La mia Lena alla fin detto ha di sì.
Quando Berto il saprà,
Contento anch’ei sarà.
Non v’è bisogno
Di darle gelosia.
Sono contento alfin: la Lena è mia.
Lenina — bellina — m’ha detto di sì. Amore — nel core — mi sbalza così. Son come l’agnello Che vede l’agnella; Son come il rondone Con la rondinella. Mi par di sentirla Nel prato belar; Mi par di vederla, Mi par di volar. Saltando, — volando, La voglio pigliar. (parte)
SCENA QUINDICESIMA
Campagna con casa rustica e cortile per i lavoratori della Cascina.
La Cecca, poi Pippo, poi la Lena
CECCA Berto mio non si vede. Io non so mai
Dove lo disgraziato
Possa essere andato. In questo giorno,
In cui le nostre nozze
Ci dovrebbero dar letizia tanta,
Non si vede venir? così mi pianta?
Or sento che la Lena
Siasi già accomodata
Di prendere il suo Pippo, e non vorrei
Ch’io
mi avessi a sposar dopo di lei.
PIPPO Cecca,
mia bella Cecca,
L’hai saputa la nuova?
CECCA L’ho saputa,
Me l’ha detta la Lena
Giusto in questo momento.
PIPPO |
Non ti posso spiegare il mio contento. |
La ragazza dov’è? |
|
CECCA |
Nella capanna, |
Che di nastri s’adorna il cappellino. |
|
Eccola, Pippo, col suo chitarrino. |
|
PIPPO |
Sa suonar, sa cantar; fa tutto bene. |
CECCA |
Si sposeranno, e Berto mio non viene. |
LENA |
(Accompagnandosi col mandolino) |
Bella figlia che sei da marito, |
|
Bada bene che il tempo sen va: |
|
Se la sorte ti manda l’invito, |
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Non sprezzare quel ben che ti fa. |
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Si suol coll’età |
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Smarrir la beltà; |
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Bada bene che il tempo sen va. |
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PIPPO |
Brava la Lena mia! |
CECCA |
Brava davvero! |
PIPPO |
Ma Berto ove si trova? |
Perché non viene a parte |
|
Dell’allegrezza mia? |
|
CECCA |
Non so dir dove sia. |
Da quella volta in qua non l’ho veduto. |
|
PIPPO |
Mi maraviglio che non sia venuto. |
SCENA SEDICESIMA |
|
Il Conte Ripoli e detti, indi Berto in abito di Pastorella. |
|
CON. |
Animo, buona gente; |
Che si stia allegramente. |
|
Vuol la signora vostra |
|
Che segua della Lena il matrimonio. |
|
Son venuto ancor io per testimonio. |
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PIPPO |
Via, spicciamoci dunque; |
E diamoci la mano. |
|
CON. |
Amico, mi consolo |
Di voi; della consorte |
|
Essere mi esibisco il protettore. (a Pippo) |
|
PIPPO |
Obbligato, signor, del suo favore. |
A voi domando scusa: |
|
La protezione fra di noi non si usa. |
|
CON. |
Dite, ragazza bella: |
Se vi servo, sarò da voi gradito? (alla Lena) |
|
LENA |
Io mi farò servir da mio marito. |
CON. |
E voi sarete, o bella, |
Grata, se vuò servirvi, un poco più? (a Cecca) |
|
CECCA |
Tenetevi la vostra servitù. |
CON. |
Se nessuna mi vuole, |
Non me n’importa niente;
Tant’è tanto staremo allegramente.
Io son così: procuro,
Tento, provo, m’avanzo, e parlo, e dico;
Ma alfine poi non me n’importa un fico.
Maritatevi presto;
Fatelo in faccia mia,
Che ho piacere di stare in allegria.
PIPPO |
Lena mia, dammi la mano; Non mi far più sospirar. |
|
LENA |
Signor no, che la mia mano Non l’avete da toccar. |
|
CON. |
} adue |
Tal riguardo sarà vano, |
CECCA |
Se vi avete da sposar. |
|
CECCA |
Porgi qui la mano a me. (alla Lena) |
|
CON. |
Porgi a me la mano qui. (a Pippo) |
|
CECCA CON. |
} adue |
E così S’unirà. |
CECCA CON. |
} adue |
Pippo a te. Lena a te. |
PIPPO |
} adue |
Fuor di me |
LENA |
Son io già. |
|
CECCA CON. |
} adue |
Che si fa? Come va? |
a quattro |
Viva l’amore, Viva l’ardore, Vera del core Felicità. |
|
BERTO |
(In abito di Pastorella, affettando voce di donna) Pippo caro, Pippo bello, Del mio core ladroncello, Dell’Elisa abbi pietà. |
|
LENA |
Ah disgraziata! (a Pippo) |
|
PIPPO |
Non la conosco. |
|
LENA |
Sono ingannata. |
|
CECCA CON. |
} adue |
Cosa sarà? |
BERTO |
Tu mi fuggi, tu mi sprezzi; Ma saprò con i miei vezzi Superar la crudeltà. |
|
LENA |
Oh che sfacciata! |
|
PIPPO |
Non so chi sia. |
|
LENA |
Son sassinata. |
|
CECCA CON. |
} adue |
Cosa sarà? |
LENA |
Va via; più non ti voglio. Briccon, va via di qua. |
|
BERTO |
Se non lo vuoi la Lena, L’Elisa il prenderà. |
|
PIPPO |
Va via, che non ti voglio. (a Berto) Mia cara. (alla Lena) |
LENA |
Via di qua. |
|
a cinque |
Oh, che sorpresa è questa! Che brutta novità! |
|
LENA |
Maledetta! (a Berto) |
|
BERTO |
(Se lo crede). (da sé, nella sua voce) |
|
PIPPO |
Disgraziata! (a Berto) |
|
BERTO |
(Non s’avvede). (come sopra) Al mio Pippo voglio certo Mantener la fedeltà. |
|
LENA |
} adue |
Che tormento — che mi sento, |
PIPPO |
Che martire — che mi dà! |
|
CECCA |
} adue |
È una cosa — portentosa, |
CON. |
Che capire — non si sa. |
|
BERTO |
Bel contento — che mi dà! (partono) |
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Camera in casa di Lavinia.
La Cecca e Berto con la chitarra.
CECCA Tu sei davver davvero
Peggio assai d’un ragazzo;
Tu
fai per l’allegria cose da pazzo.
BERTO Quand’ho
ben lavorato,
Quando mi son spicciato
Dalle faccende mie,
Per
la testa non vuò malinconie.
CECCA Ora pensar dovresti
Al nostro matrimonio.
BERTO E non ci penso?
Eccomi qui dalla padrona apposta
Per
concluder le nozze adesso adesso.
CECCA E vieni qui colla chitarra appresso?
BERTO Saputo ho che la Lena
Ha cantato testé col chitarrino.
Voglio cantar anch’io.
CECCA Eh malandrino,
Alla povera Lena
L’hai fatta brutta.
BERTO Si sa che ho burlato,
E con Pippo di già mi son scolpato.
CECCA La Lena non sa niente;
Poverina,
è furente e disperata.
BERTO Or
or da Pippo sarà consolata.
Essi e noi questa sera
Ci abbiamo da sposare;
Intanto i’ vuò cantare,
E fino che s’aspetta la padrona,
Voglio dirti, Cecchina, una canzona.
È tanto tempo che ti voglio bene, Ed ora te lo dico, vita mia; E il cor che Cecca nello petto tiene, Amor comanda che di Berto sia.
Cecca bella, fammi un vezzetto, Cecca bella, guardami un po’. Se nascondi a me quel visetto, Più la luce del sol non vedrò. Cecca bella, fammi un vezzetto, Cecca bella, guardami un po’. (parte)
SCENA SECONDA
Cecca sola.
Egli è pazzo davvero.
Ma alfine l’allegria
È una dolce pazzia che non dispiace.
Berto mio non è audace,
Fastidioso non è, non è vizioso:
Spero che abbia a riuscir buono e amoroso.
Benché da tante e tante
Sentito ho a dir ch’erano i loro amanti
Gioie, oracoli, stelle; e maritati,
Diavoli in pochi dì son diventati.
Di rose porporine |
|
Rosseggia il bel giardino; |
|
Ma celansi le spine |
|
E qualche serpe ancor. |
|
Talor così l’affetto |
|
Appar nel dolce viso, |
|
Ma covasi nel petto |
|
L’inganno traditor. (parte) |
|
SCENA TERZA |
|
Lavinia e Costanzo |
|
LAV. |
Amabile Costanzo, |
Il tenervi sinora |
|
Per amor mio fra quelle spoglie occulto, |
|
È alla mia tenerezza un grave insulto. |
|
COST. |
Temei la mia sfortuna. |
LAV. |
Il vostro grado |
Vi dovea lusingar. |
|
COST. |
Ma ai beni vostri |
Non rispondono i miei. |
|
LAV. |
Val più dell’oro |
L’amor: la fedeltà vale un tesoro. |
|
COST. |
Posso dunque sperar? |
LAV. |
Sperar potete. |
COST. |
Vostro sposo sarò? |
LAV. |
Sì, lo sarete. |
COST. |
Temerò sempre fin che giunga al segno... |
LAV. |
Ecco la destra, del mio cuore in pegno. |
SCENA QUARTA |
|
Il Conte Ripoli e detti. |
|
CON. |
Eccovi, amabil dea, |
Eccovi di ritorno il vostro Enea. |
|
LAV. |
Voi serbate nel cor la bella immagine; |
Ma il ritorno d’Enea tardo è a Cartagine. |
|
CON. |
Perché? |
LAV. |
Perché venuto |
È Jarba sconosciuto. |
|
Mi trovò abbandonata, |
|
Onde mi ha... |
|
CON. |
Incenerita? |
LAV. |
No, sposata. |
CON. |
Furie del cieco Averno, |
Mostri del nero abisso, |
|
Orsi, tigri, leoni, |
|
Della barbarità crudel deposito, |
|
Su, venite, vuò fare uno sproposito. |
|
Dov’è quel moro infido? |
|
Vuò svenarlo sugli occhi alla mia Dido. |
|
COST. |
(È un bel pazzo costui). (da sé) |
CON. |
L’empio dov’è? |
Fatelo venir qui. |
|
Dov’è il moro rivale? |
|
LAV. |
Eccolo lì. (accenna Costanzo) |
CON. |
Questi! (a Lavinia) |
LAV. |
Quello. |
CON. |
Egli è il moro! |
LAV. |
Quegli è il vostro rivale. |
CON. |
Questi è un vile bifolco, è uno stivale. |
COST. |
Con rispetto parlate. |
LAV. |
In lui vedete |
Un cavalier che mi ama, |
|
Che si è finto pastor per la sua dama. |
|
CON. |
Oh valoroso eroe, |
Che rinnovar sapeste |
|
La bella un dì peripezia d’Alceste! |
|
Rendavi il ciel felice, |
|
Qual Demetrio scoperto a Cleonice. |
|
A un sì tenero amor chi può star saldo? |
|
Tutto a sì bella azion mi passa il caldo. |
|
SCENA QUINTA |
|
La Lena e detti. |
|
LENA |
Oh signora... |
LAV. |
Che hai? Sei adirata? |
LENA |
Certo, son disperata. |
LAV. |
Perché? |
LENA |
Perché il briccone |
Di Pippo disgraziato |
|
Coll’Elisa è impegnato; ei mi ha promesso, |
|
E poi, meschina, mi abbandona adesso. |
|
LAV. |
Mi dispiace davver. |
LENA |
Son sassinata. |
CON. |
Ecco un’altra Didone abbandonata. |
LENA |
Se potessi di lui |
Vendicarmi, il farei. |
|
Quasi quasi direi... |
|
LAV. |
Parla. |
LENA |
La mano... |
Se la volesse... e il core... |
|
Io darei... sì davvero... a quel pastore. (accenna Silvio) |
|
CON. |
Veggo che vi dispiace il restar sola: |
Ma questo qui non fa per voi, figliuola. |
|
LAV. |
Sotto di quelle spoglie |
Vi è un cavalier compito: |
|
Costanzo ha nome, e sarà mio marito. |
|
CON. |
Sarà? Dunque non è. |
S’egli non è, signora, |
|
Posso i miei torti vendicare ancora. |
|
COST. |
Vendicateli pure, |
Se avete core in petto. |
|
Fuori di queste stanze andiam, vi aspetto. (parte) |
|
SCENA SESTA |
|
Lavinia, il Conte e la Lena |
|
LAV. |
Sentite? Ei vi ha sfidato. |
CON. |
Eh ditegli, signora, che ho burlato... |
LAV. |
Sì, sì, già ve lo credo. |
CON. |
Io per amore |
Guerra non voglio far. Ho cento belle
Che mi corrono dietro; e posso scegliere
La ricchezza, il decoro e la beltà,
E son sicuro della fedeltà.
LAV. Sì, le ricche, le belle
Facili a ritrovare io vi concedo; Ma le fedeli poi tanto non credo.
Fra tante e tante Vaghe donzelle Che v’innamorano, Poche son quelle Che a un solo amante In petto serbano Fedele il cor. Con dolce vezzo
Pria vi lusingano, Poscia al disprezzo Sovente passano; E più non curano Del vostro amor. (parte)
SCENA SETTIMA Il Conte e la Lena
CON. Di questo io me ne rido:
E so essere anch’io fido e non fido.
Ma voi, ragazza mia,
Siete dolente molto.
LENA Signor sì,
Son mezza morta.
CON. Via, venite qui;
Farò quel che potrò.
Se
afflitta siete, io vi consolerò.
LENA Certo, se voi voleste,
Consolarmi potreste.
CON. Comandatemi.
LENA Ma lo farete poi?
CON. Certo.
LENA Sposatemi.
CON. Sposarvi? Egli è un imbroglio.
(Ecco l’usato scoglio
Che troviam noi nelle ragazze belle:
Parlano di sposar,
le tristarelle). (da sé)
LENA E così?
CON. Pronto sono
A darvi del mio amore
Ogni altro testimonio,
Fuori di questo sol
del matrimonio.
LENA (Oh meschina di me!
Tutti finora mi han desiderata,
Ed ora son da tutti
disprezzata). (da sé)
CON. Protezion
ne averete
Quanta, quanta volete;
Sarò di voi modestamente amico.
LENA Andate via; non me n’importa un
fico.
CON. Non mi sprezzate, o bella;
Tutto per voi farò.
Per cavalier son qui! marito no.
Donne care, se il volete, Questo cor lo dono a tutte; Siate belle, siate brutte, Se mi amate, io vi amerò.
Sol d’amor chiedo in mercede Libertà d’amar chi voglio.
Serbar fede — mi è un imbroglio; Una sola amar non so. (parte)
SCENA OTTAVA La Lena, poi Pippo
LENA |
Pazienza! Me la merito, lo so; |
Pippo briccone, mi vendicherò. |
|
PIPPO |
Grazie a lei dell’avviso. (verso la scena di dove entrò il Conte) |
Già ho inteso qualche cosa. |
|
(Così, senza volermi almen sentire, |
|
Andarsi per vendetta ad esibire?) (da sé) |
|
LENA |
(Eccolo il disgraziato. |
Oh, non lo voglio più). (da sé) |
|
PIPPO |
(La traditora, |
Sì, me la pagherà). (da sé) |
|
LENA |
(Se lo vedo morir, non v’è pietà). (da sé) |
PIPPO |
(Ma! l’ha fatto, può darsi, |
Solo per ricattarsi). (da sé) |
|
LENA |
(Ei finalmente |
All’Elisa non disse: io ti vuò bene). (da sé) |
|
PIPPO |
(No, soffrir non conviene |
Il torto che mi fa). (da sé) |
|
LENA |
(Basta, se non è reo, si scolperà). (da sé) |
PIPPO |
(Vuò mostrar non pensarvi). (da sé) |
LENA |
(Finger voglio |
Di non curarlo niente). (da sé) |
|
PIPPO |
(Ah, se la miro...) (da sé) |
LENA |
(Ah, se parlar l’ascolto... |
Starò lontan). (da sé) |
|
PIPPO |
(Non vuò guardarla in volto). (da sé) |
LENA |
Pastorelli, io son da vendere; |
Chi di voi mi vuol comprar? |
|
A chi n’ha pochi da spendere, |
|
L’amor mio saprò donar. |
|
PIPPO |
Pastorelle ancor da vendere, |
Son qua io, vi vuò comprar. |
|
Quel ch’io posso, voglio spendere, |
|
Tutto il cuor vi vuò donar. |
|
LENA |
Chi mi compra? |
PIPPO |
Chi si vende? |
Chi mi viene a consolar? |
|
a due |
Ah, che in seno, dal veleno |
Io mi sento a divorar. |
|
PIPPO |
Lena ingrata. |
LENA |
Pippo indegno. |
a due |
Tu m’hai fatto disperar. |
Ah, che il core — dal livore |
|
Io mi sento a tormentar. |
LENA |
Disgraziato, — sciagurato, |
Dall’Elisa non si va? |
|
PIPPO |
Era Berto travestito, |
Te lo giuro in verità. |
|
LENA |
Era Berto? |
PIPPO |
Te lo giuro. |
LENA |
Travestito? |
PIPPO |
In verità. |
LENA |
Pippo mio... s’ell’è così... |
Lena a te si venderà. |
|
PIPPO |
Ah cagnaccia, — crudelaccia, |
Silvio, il Conte, ti averà. |
|
LENA |
Non ci penso, li ho burlati; |
Te lo giuro in verità. |
|
PIPPO |
Non ci pensi? |
LENA |
Te lo giuro. |
PIPPO |
Li hai burlati? |
LENA |
In verità. |
a due |
S’è così... s’è per me... |
La tua fé... vieni qua... |
|
Che il mio cor ti comprerà. |
|
PIPPO |
Quanto vuoi di quegli occhietti? |
LENA |
Un tantin del tuo bel cor. |
Quanto vuoi di quei labbretti? |
|
PIPPO |
Un pochin di buon amor. |
PIPPO LENA } a |
Quanto val quella manina? |
due Questa man si può cambiar. |
Dammela a me, Prendila tu; Più bel contratto Mai fatto — non fu. Saltami il core, Balzami il petto: Viva il diletto, Viva l’amor. Ninfe e pastori, Via, giubilate, Meco cantate: Viva l’amor. (partono)
SCENA ULTIMA
Tutti
LAV. |
Venite, o mio Costanzo: |
Fra di noi si confermi il matrimonio. |
|
CON. |
Ecco, vi vuò servir di testimonio. |
BERTO |
Farà grazia anche a noi? (al Conte) |
CON. |
Sì, volentieri. |
BERTO |
Tu sei mia. (a Cecca) |
CECCA |
Tu sei mio. (a Berto) |
CON. Nume bendato,
Scendi, vieni, invocato, a questa soglia. (Me ne han fatto venire una gran voglia). (da sé)
PIPPO Sposi già siamo
LENA } adueLietiecontenti.
Belli i portenti
Sono d’Amor. Ha superato
Nume bendato
Tutta la tema,
Tutto il rossor.
TUTTI
Viva Amore, ogni uno dica, Viva Amore, in sì bel giorno; E si senta d’ogni intorno A cantare: evviva Amor. (partono)
Fine del Dramma Giocoso.