La chiave di casa

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LA CHIAVE DI CASA

LA CHIAVE DI CASA

di Carlo Mauro

Personaggi

SIMONE

CICCILLO

CAMERIERE

ANTONIO

ALBERTO

EMILIA

ENRICO

SIMONE: Cicci’ non nsistere figlio mio benedetto è tardi sono le nove devo tornare a casa, sai mia moglie mi aspetta. Si preoccupa. E poi ho sbrigato tutto nell’ufficio proprio per tornare a casa presto. Pecchè sto raffredato, sto tutto raffreddato senti la voce eh, eh So’ passato per la farmacia ho comprato un tubetto di aspirina me piglio due compresse un bicchiere di vino cotto mi metto sotto le coperte, faccio na’ bella sudata, così domani mattina mi posso trovare in piedi. Se non non mi alzo. Va statte bbuono.

CICCILLO: No, no che statte bbuono don Simo’

SIMONE: Ma guarda come sto combinato eh, eh, eh è tutto chiuso qua.

CICCILLO: Si, si ho capito ma che diavolo si tratta di un piccolo favore. Siamo amici e volete far succedere una tragedia delle più sanguinose?

SIMONE: Ma si nun te spieghi, ched’è sta tragedia?

CICCILLO: Si, si adesso mi spiego: dunque oggi nel pomeriggio ho avuto un abboccamento con una signora..

SIMONE: N’altra signora? Tu non la vuori finire, sempreappresso alle donne. I soldi che ti ha lasciato tuo padre te li stai mangiando uno per uno proprio tutti quanti, stette accorto che vaie all’elemosina:

CICCILLO: Eh, dunque quando questo abboccamento è finito, ci stavamo congedando, la signora s’è accorta che aveva perduto la chiave di casa. Vi lascio immaginare, situazione imbarazzantissima perché si era fatta l’ora in cui si ritira il marito.

SIMONE: oh, ecco.

CICCILLO: Infatti mentre ci stavamo disperando, stavamo parlando, così ho visto che il marito entrava proprio in questa pizzeria. ‘O marito sta lla’, ‘o vedite in questa pizzeria vicina al palazzo vostro.

SIMONE: Sta’ lla’ dentro?

CICCILLO: Si! Ora mo voi dovete entrare e lo dovete trattenere. Dovete fare in modo che lui non esca fino a quando io non ritorno e vi dico don Simo’ la chiave di casa è stata ritrovata.

SIMONE: Ma tu sei pazzo?

CICCILLO: Ma pecchè?

SIMONE: Ma come io mi metto a trattenere uno che non conosco, e come ci parlo?

CICCILLO: E che importanza ha in una pizzeria quattro parole  si fa presto ad attaccare discorso.

SIMONE: Uffa, e va bene se fa presto ad attaccare discorso, ma facciamo per ipotesi che la chiave di casa non si trova io resto sequestrato dentro ‘a pizzeria insieme a questo signore? Te pare possibile?

CICCILLO: Don Simo’ la chiave s’è perduta e si ritroverà! Nun ve preoccupate.

SIMONE: Sai com’è volevo sudare, una bella sudata.

CICCILLO: Dopo, sudate dopo, don Simo’ dopo… vene prego don Simo’.

SIMONE: Sudo dopo.

CICCILLO: Ve ne prego don Simo’, è deciso.

SIMONE: E’ deciso jamme bbelle, (starnutisce)

CICCILLO: Salute. Eccolo la, don Simo’ eccolo la.

SIMONE: Quello lla?

CICCILLO: Si quello la.

SIMONE: Disgraziato, con che serenità mangia quella pizza, completamente ignaro di quello che ha combinato la moglie, vabbe’.

CICCILLO: Io vado, mi raccomando don Simo?.

CAMER: Accomodatevi signore.

SIMONE:  Si veramente… la porta… l’aria mi fa male sono un poco raffreddato.

CAMER: Dove volete.

SIMONE: Mo mi seggo qua, se il signore permette, perché c’è l’aria della porta e mi fa male, sono raffreddato scusate, mi metto qua. Ah ah, ci facciamo compagnia, eh eh lei sta solo e allora… che bella cosa la pizza  eh?  La pizza, dico, che è un cibo sano e costa poco, pure il poveruomo si può sfamare, 50   60  lire alla portata di tutti. Che bella cosa la pizza. Eh la pizza…. Un poco asciutta questa? No?

ANTONIO: No, no.

SIMONE: Povera di grassi, me pare che… è bruciatela da sotto… è bruciatela.

CAMER: Comandate.

SIMONE: No, io non ancora, aspetto un amico appena trovata la…   la…. Strada… insomma che deve….       Che vuoi tu?

CAMER: Eh, vi siete seduto.

SIMONE: Eh, mi so’ seduto, ti chiamo più tardi. Lasciami in pace.

CAMER: Va bbene, come volete.

SIMONE: Sti’ camerieri tutti uguali, quando vuoi un cameriere non arriva, al contrario se tu non ne hai bisogno 18 persone addosso che… che… ti tolgono la salute. E be?... e che bella cosa la pizza. Vero? Io aspetto un amico, aspetto un amico con il quale sono arrivato, non mi ha visto prima?

ANTONIO: No!

SIMONE: Stavamo sulla porta la, a parlare. E’ un amico… è andato a fare  un servizio. Io non ho chiesto che servizio doveva fare, mi sembrava indelicato. E’ giusto?

ANTONIO: E già.

SIMONE: Siamo a mici, ma quando dobbiamo fare i servizi, ognuno li fa per conto suo non è che siamo obbligati… come si dice… non mi importa

ANTONIO: E nemmeno a me!

SIMONE: Si, giusto, no anzi a voi meno di me perché voi non lo conoscete.

ANTONIO: Ecco, bravo.

SIMONE: Il cornicione non vi piace?

ANTONIO: No, è pesante.

SIMONE: Ma voi la pizza non la masticate.

ANTONIO: Io, perché?

SIMONE: eh, mangiate così di fretta … glu’ …tutto.

ANTONIO: E perché ho fretta.

SIMONE: Male, male non dovete avere fretta.

ANTONIO: Perché?

SIMONE: E no, perché poi la pizza non si gusta e vi fa male.

ANTONIO: Io, ho fretta perché ho mia moglie a casa che mi aspetta.

SIMONE: E già vostra moglie aspetta a voi.

ANTONIO: E chi aspetta, a voi?

SIMONE: No, dico aspetta a voi, non e che va a letto la sera, aspetta in piedi.

ANTONIO: Si, aspetta  in piedi.

SIMONE: E va be’, per una sera lasciatela aspettare.

ANTONIO: Parlate bene voi, si vede che non siete ammogliato.

SIMONE: No, io sono ammogliato e purtroppo…

ANTONIO: Ma non con una donna come la mia. Innamorata di me alla follia. Rappresenta tutto il tormento della vita di un uomo. Figuratevi che sono dieci anni che siamo sposati e…. Non capisco perché devo dire i fatti miei a voi poi…

SIMONE: E va be’, mo ci troviamo, volete sapere i fatti miei? Dove sono impiegato, cosa faccio…

ANTONIO: No, non ci tengo. Oramai ci troviamo.

SIMONE: Si, si parliamo, parlammo..

ANTONIO: Dunque vi dicevo, sono dieci anni che siamo sposati e abbiamo tre bambini e figuratevi mi fa ancora la gelosa.

SIMONE: Avete tre figli, tutti vostri?

ANTONIO: E che erano vostri?

SIMONE: Allora io non mi spiego, dico tutti vostri nel senso, non è che vostra moglie era sposata, vedova.

ANTONIO: No no, ho capito, non era zitella quando l’ho sposata.

SIMONE: Ah, era zitella, si… e poi?

ANTONIO: Come era zitella?

SIMONE: Era zitella, e va bbene…dunque

ANTONIO: Che e va bbene, era zitella!

SIMONE: Ma questo sto dicendo, e va bbene, poi?

ANTONIO: Voi dite un vabbene che non  mi piace, sentite.

SIMONE: E poi?

ANTONIO: Vi dicevo, che è talmente gelosa che ne fa una malattia.

SIMONE: Addirittura.

ANTONIO: Una malattia.

SIMONE: E già, vi vuole bene, vi adora…

ANTONIO: Mi adora, mi adora.

SIMONE: Voi ci credete….

ANTONIO: Come sarebbe a dire ci credete?

SIMONE: Io dico, vi vuole bene, voi ci credete contraccambiate questo affetto, siete la coppia ideale! Bravo.

ANTONIO: Si capisce, e… va be’ ho capito.

SIMONE: E che fate?

ANTONIO: Niente, pago e me ne voglio andare, cameriere.

CAMER: Vengo subito.

SIMONE: E…e… portate un’altra pizza al  signore.

ANTONIO: A me? Ma vuie fusseve pazze? (Al cameriere) Dammi il resto.

SIMONE: Porta un’altra pizza, con le alici, pago io!

ANTONIO: Oh ma sentite  io non vi permetto di fare dello spirito, io non vi conosco, ma scusate.

SIMONE: Vi devo parlare.

ANTONIO: A me?

SIMONE: A voi.

CAMERIERE: E questa pizza?

SIMONE: Portala con le alici.

ANTONIO: Nun ‘a purta’ ca ta chiave ‘nfaccia.

SIMONE: Portala immediatamente, cammina, stai inchiodato per terra? Pago io forza immediatamente.

ANTONIO: Ma insomma come vi permettete, sentiamo cosa mi dovete dire, avanti, dunque.

SIMONE: E dite dite, io ascolto.

ANTONIO: Io? No siete voi che dovete dire.

SIMONE: No voi avete detto dunque.

ANTONIO: E sissignore ho detto dunque, ho detto dunque per dire che cosa mi dovete dire, parlatre sentiamo.

SIMONE: Ah un dunque interrogativo, io avevo  capito un dunque due punti.

ANTONIO: Nossignore.. interrogativo. Santa pazienza vedete: interrogativo.

SIMONE: E be’ c’è una differenza.

ANTONIO: Sissignore c’è una differenza, avanti sentiamo.

SIMONE: O…. io sono.. medico

ANTONIO: Voi? … bhe? Allora?

SIMONE: Sono medico.

ANTONIO: E con questo?

SIMONE: E con questo… vi ho osservato mentre mangiavate, ho notato che deglutite, cioè ingoiate.

ANTONIO: Ho capito, deglutire vuol dire ingoiare, non sono ignorante.

SIMONE: Deglutite in una maniera strana, non mi piacete, quando deglutite non mi piacete. Voi fate così, guardate. Voi mettete il boccone in bocca (imitando) fate questo strano movimento, strano, perché vi ho ordinato un’altra pizza? Per vedervi deglutire un’altra volta.

ANTONIO: No, no, se ne parla in un’altra occasione.

SIMONE: No no, lo fate voi il medico? Lo faccio io.

ANTONIO: E che significa?

SIMONE: No no, deve essere adesso, perché in questo momento avete tutte le ghiandole aperte, le mucose eccitate.

ANTONIO: Io?

SIMONE: E avete ancora appetito, non lo negate.

ANTONIO: Vi confesso che ho ancora appetito, ma siccome ho fretta me ne vado a casa  mia.

SIMONE: E voi perché avete fretta volete lasciare me, scienziato, in una perplessità, una curiosità di indagini che con uno studio profondo io posso portare sollievo a migliaia di ammalati e forse posso trovare la soluzione che tanto affligge l’umanità, cioè… la guarigione… del fungo sulle corde vocali dei cantanti. E mo che ci penso la terza pizza ve la faccio mangiare con i funghi, mo la ordiniamo pure.

ANTONIO: Sentite… dotto’… i funghi li sto facendo io e li starà facendo anche mia moglie a casa.

In quanto alle corde vocali io sono sano, sanissimo tant’è vero che se mi metto a gridare faccio correre i carabinieri. Ma tiene mente: ‘o dottore, ‘o scienziato, stateve buone.

SIMONE:  Ma dove andate?

ANTONIO: Me ne vado a casa mia, so’ cose ‘e pazze chelle che capita a me.

SIMONE: Io non ti faccio uscire.

ANTONIO: Ma insomma tu me vuo’ fa passa nu guaio a me? Guarda ca io so’ nu bruttu tipo.

SIMONE: Liete alloca, mo chiamo ‘na guardia e ti faccio arrestare.

ANTONIO: Mo ti dongo nu schiaffone.

SIMONE: Bravo, bravo pigliame a schiaffe.

ALBERTO: Cosa desidera il signore?

SIMONE: Vorrei trattenere questo fenomeno.

ANTONIO: Mo so’ fenomeno mo.

SIMONE: E! sei fenomeno, e se lo dico io ci puoi credere io sono uno scienziato. Dunque voglio trattenere questo fenomeno per altri 5 minuti per un accertamento scientifico gli ho pagato pure un’altra pizza.

ALBERTO: E lui non lavuole?

SIMONE: Non la vuole.

ALBERTO: E datela a me.

EMILIA: E vedete se potete accontentarlo.

ANTONIO: A chi? Io me mette a perdere ‘a cape appresso ‘a isso, aggiuo  mise ‘a sentinella. Lasciami passare.

SIMONE: Tu non esci.

ANTONIO: Ti ho detto lasciami passare.

SIMONE: Tu non esci.

CAMERIERE: Ca sta’ ‘a pizza.

SIMONE: Ecco qua, ah calda calda, mangiate ‘a pizza.

ANTONIO: Io? O cche! Ma tu sei pazzo.

SIMONE: In piedi che ci vuole

ANTONIO: Nemmeno se mi tagli le punte delle dita.

SIMONE: T’a piega a libretto, jamme.

ANTONIO: No te l’e piegà tu a libretto.

SIMONE: Jamme che ce vo’

ANTONIO: Lasciami passare ti ho detto, non mi esasperare.

SIMONE: Ti t’he mangia’ ‘a pizza.

ANTONIO: No, io nun ma mangio.

SIMONE: Ti devo vedere deglutire.

ANTONIO: Io non voglio deglutire.

SIMONE: Mangiatela, ja!

ANTONIO: Embè mo ti do uno schiaffone veramente.

SIMONE: E gghià è bella calda calda, pigliame ‘a schiaffe ma mangiate ‘a pizza.

ANTONIO: Ma questo mi vuol vedere in galera, questa è provocazione, guardate che se lo ammazzo non lo pago nulla, è sequestro di persona.

SIMONE: Non lo posso trattenere più, quello ha detto che mi piglia a schiaffi.

CICCILLO: Ma chi è?

SIMONE: E’ quello.

CICCILLO: E quello non è il marito, non è quello don Simo’ mandatelo via.

SIMONE: Non è quello la? Tu mi hai fatto segno.

CICCILLO: Mandatelo via.

SIMONE: Signore io rinunzio all’esperimento, potete andare.

ANTONIO: A, mi ha fatto la grazia. Arrivederci, scusate tante, cose che capitano a me. Uno si viene a mangiare una pizza in grazia di Dio ch’ielle me vene a ‘nguietà ‘a pace mia.

SIMONE: Embè, vi ho detto di andare, non ve ne andate?

ANTONIO: E vado, sono felice di andare via. E ringraziate il Signore che io sono un gentiluomo e non voglio fare scandalo dinanzi alle signore. Ma se venite fuori vi faccio una faccia così, due occhi così vi faccio. Vedete un poco. ‘O funghe, ‘o scienziato, imbecille cretino, cose da pazzi. (esce)

SIMONE Tu capisci gli improperi che io devo sentire da una persona che non conosco

CICCILLO Ma voi che avete combinato, il marito non è quello, il marito è quello lla. Voi lo dovete trattenere

SIMONE Io? No, tu sei pazzo

CICCILLO Siate buono, quello veramente succede una tragedia

SIMONE E dalle con la tragedia. Ma facciamo per ipotesi che davvero la chiave non si trova io resto sequestrato tutta a nuttata qua dentro

CICCILLO Non vi preoccupate io tanto faccio finchè la trovo la chiave

SIMONE Ma poi quello sta con la moglie

CICCILLO Ma che moglie, quella non è la moglie, è una così

SIMONE Overo?

CICCILLO Si, la moglie vera è quella della chiave

SIMONE Ho capito, lui è ammogliato, poi ha una amica che sarebbe questa qua che lui si distrae, tu dal canto tuo poi ti distrai con la moglie Ed io devo fare da mezzano a te, a lei, a lui, a quello altro….Ma fatemi il piacere, ma io esco e me ne vado.

CICCILLO No don Simo, non mi abbandonate

SIMONE Non voglio stare qua! E capit. Oh

CICCILLO No, don Simo solo voi mi potete aiutare, siate bravo don Simo, un piacere da niente

SIMONE Guarda dieci minuti solamente,dieci minuti poi me ne vado

CICCILLO Mi raccomando

SIMONE: Signore avete visto come si è ribellato. E quanti improperi che ha detto. Io non gli ho risposto perché innanzitutto sono una persona educata, e poi non conveniva, lui sta poco bene.

Come? Sta poco bene, mi è dispiaciuto pure di dare fastidio qui nel locale. E’ vero signore… è vero signora… eh eh vero? Quello sta male e sta fresco se ne accorgerà in seguito. Io lo volevo visitare gratis per studi miei, ma sa’ com’è su questo mondo non si può fare bene. Niente, va fa bene a questo mondo. Non si può fare bene, vero?

ALBERTO: Eh…

SIMONE: Eh… (si alza e side al tavolo della coppia) Non si può fare bene….Ecco fatto. Scusate tanto. Quello sta poco bene.

ALBERTO: (chiama il cameriere)

SIMONE: C’ata fa? Che fate?

ALBERTO: Voglio pagare e andarmene.

SIMONE: Uh, proprio adesso che mi avete invitato al tavolo.

ALBERTO: Ma chi vi ha invitato?

SIMONE: Come? Avete fatto il sorriso, il sorriso invitante. Anzi voglio avere la gioia di offrire alla signora questa pizza con le alici. E’ ancora calda.

EMILIA: Signore io vi ringrazio ma il calzone già mi ha stufata. Non mi entrerebbe nemmeno un boccone.

SIMONE: N’alicella, permette.

EMILIA: No, no grazie.

SIMONE: Solo n’alicella.

EMILIA: Non la posso nemmeno guardare, non mi piacciono.

SIMONE: Allora va mangiate voi.

ALBERTO: No per l’amor del cielo io non mangio più niente grazie.

SIMONE: Facciamo metà per uno da buoni compagni.

ALBERTO: Cameriere, cameriere e vieni un momento qua e sbrigati per favore. Quant’è cca?

SIMONE: Siente porta tre birre, tre boccali di birra.

CAMERIERE: Tre birre al tavolo 3.

ALBERTO: Ma perché avete ordinato la birra?  Io non ne bevo, mia moglie nemmeno.

SIMONE: Io nemmeno, la birra mi disturba.

ALBERTO: E allora perché l’avete ordinata?

SIMONE: Per farvi piacere.

ALBERTO: Che piacere..   Nun ‘e purta’ ‘e birre.

SIMONE: Si lascia stare porta una bottiglia di lambrusco.

EMILIA: No, no nemmeno grazie.

SIMONE: E allora barbera…

EMILIA: No niente barbiere.

SIMONE: Asti spumante.

EMILIA: No niente, niente. Noi non vogliamo niente. Vi ringraziamo. Vogliamo andare via. Dobbiamo andare a casa perché ci sono i bambini che ci aspettano e poi mio marito mi deve accompagnare a casa e deve riuscire.

SIMONE: Ah… ecco. Perché lui vi accompagna e poi…. Esce. E sono quelle situazioni… si capisce. Giacchè voi ci avete pure i figli? Ma come avete fatto i figli avete fatto.

EMILIA: E com’è avete fatto? Sissignore ci abbiamo tre bambini, che vi meraviglia questo?

SIMONE: No.. dico… ah cape…cape. Tre figli che poi sapete… si lasciano che vanno… così…. Insomma….

ALBERTO EMILIA: Ma che così.

ALBERTO: Li abbiamo lasciati in mezzo alla strada?

EMILIA: E ma che modo di parlare avete. I bambini sono a casa con la nonna, mia madre.

ALBERTO: Mia suocera.

SIMONE: E già… perché la madre della signora e suocera a voi?!

ALBERTO: Perché è suocera a voi?

SIMONE: no questo dico: è suocera a voi.

ALBERTO: E’ suocera a me, e i bambini stanno con la suocera.

SIMONE: Perché i bambini tengono ‘a suocera, sono ammogliati i bambini, ma che state dicenno.

ALBERTO: Ma voi che state dicendo.

SIMONE: Stanno c’’a vecchia.

ALBERTO: Che vecchia e vecchia, la madre di mia moglie, con la nonna. Me sta ‘mbriacanne, vabbe’ ho capito. Cameriere i soldi, piagliate sti solde.

SIMONE: (impedendo l’uscita dei due)

EMILIA: Jammuncenne.

ALBERTO: Lasciateci passare.

SIMONE: Io non vi faccio uscire.

ALBERTO: Ma insomma voi veramente siete uno squilibrato? Venite spesso in questa pizzeria? Insomma quando uno trova a vvuie passe nu guaio.

SIMONE: No! Quando s’incontra a me non si passano guaie, perché io li faccio evitare i guai…insomma io faccio il mio dovere di medico, si io sono medico.

ALBERTO: Medico?

SIMONE: Medico vigilante girovago volontario.

ALBERTO: Volontario?

SIMONE: Si a me non mi paga nessuno.

ALBERTO: E chi ve lo fa fare?

SIMONE: Eh….perchè…per salvare questa umanità che precipita. Dunque voi state poco bene.

ALBERTO: Io sto poco bene?

SIMONE: Si… fatemi vedere. Si state poco bene e in questo momento se uscite so io la reazione che avviene. Voi potete avere una cosa che… non posso parlare adesso… dareste un’emozione alla signora.

ALBERTO: Perché non può ricevere emozioni mia moglie.

SIMONE: In questo momento non può perché…. È incinta.

EMILIA: Io?

ALBERTO: E’ incinta, mia moglie è incinta? Emi’ si incinta (ridendo).

SIMONE: Non ridete, ma insomma lo volete sapere meglio di me?

ALBERTO: E voi lo volete sapere meglio di me?

SIMONE: E’ naturale, che c’entrate voi?

ALBERTO: Che c’entro io ?

SIMONE: Che c’entrate voi.  Io sono il medico.

ALBERTO: Ed io sono il marito.

SIMONE: Il ,marito che ne sa, è il medico che accerta certe cose. Dunque non può avere emozioni e voi gliela dareste perché in questo momento, congestionato come state, e dopo tutto quello che avete mangiato; vuie state… guardate lla…. Gli occhi gonfi….state tutto così….Uscendo fuori vi viene una reazione col cambiamento di temperatura…. E insomma…  morite.

ALBERTO: Io muoio?

EMILIA: Ma ched’è morite, mio marito e sempre stato bene di salute e vuie site nu spustate che ghiate inquietanne ‘a pace da ggente. Jammuncenne.

SIMONE: Piano… voglio dirvi un’altra cosa. A si voi siete la donna che dovrebbe condividere quello che dico io per salvarlo, se vede c’o vulite bbene assaie a vostro marito.

EMILIA: Assaie gli voglio bene, moltissimo e ci vogliamo allontanare da voi che siete un uccellaccio di cattivo augurio… tie’ tie’ jammuncenne.

SIMONE: Insomma, io non vi faccio uscire.

EMILIA: Tu? E tu chi si?

SIMONE: Guardate….ah….e mo vorrei a Ciccillo qua.

EMILIA: Fall’’o veni’

SIMONE: Queste specie di mortificazioni, tu chi si’ vicino a mme? Noi mo stiamo tra uomini, chissa dove stava… ma chissà chi è. No…. Tu chi sei?

ALBERTO: Ne’ badate bene come parlate, rispettate mia moglie.

SIMONE: Ah… questa è tua moglie.

ALBERTO:  E è mia moglie.

SIMONE: Guardate l’aberrazione umana. Ah… cape…cape.

ALBERTO: E lieve sti mmane ‘a fronte.

SIMONE: Ah questa è tua moglie. Allora voglio sapere una cosa. Se questa è tua moglie quell’altra chi è?

ALBERTO: L’altra?

SIMONE:  Quell’altra donna.

EMILIA: Ne’ un momento. L’altra donna? tu ci hai un’altra donna? Tu tiene n’ata femmina?

SIMONE: N’altra donna abbiamo messo o rre Farouk che tiene donne a destra e a sinistra.

EMILIA: Donne a destra e a sinistra.  Grazie quanto siete buono. E tu statte fermo. Ho capito tutto, questo signore stava qua per noi, per noi ha fatto tutte queste magagne, questi marchingegni.

ALBERTO: Emilia, Emilia.

SIMONE: Venite, venite se vi sentite male venite con me.

ALBERTO: Guardate quell’animale che guaio mi va a combinare.

SIMONE: Qua, qua signora sedetevi qua. Svenite con tutta la comodità perche da questo posto nessuno vi caccia via. Povera signora.

EMILIA: Assassino, svergognato… tu adesso mi dici chi è quella donna perché si no io t’accido io faccio cose ‘e pazze.

ALBERTO: Gue’ oh basta finiscila. Ebbene si, si è vero… ho un’altra donna na bella guagliona alta, fresca, giovane simpatica e che mi vuole bene veramente.

EMILIA: Si? E chi è?

ALBERTO: Chi è? La sorella!

SIMONE: Gue’ bada come parli di mia sorella Fulgida, la moglie di un colonnello.

ALBERTO: Fulgida… tua sorella. Io t’aggia da’ na lezione. (lo schiaffeggia).

CICCILLO: Don Simo’ che è successo?

SIMONE: Chi è? Guè Cicci’?

CICCILLO: Sono Ciccillo.

SIMONE: Sei Ciccillo?

CICCILLO: Ma certo.

SIMONE: Non lo posso trattenere più, quello mi ha dato due schiaffi. Nemmeno Cristo in croce.

CICCILLO: Si si va bene, adesso non ha più importanza, no perché la signora finalmente è entrata. La chiave si è trovata.

SIMONE: Ah si è trovata?!

CICCILLO: Si!

SIMONE: Signori, signori potete uscire.

ALBERTO: Qh mo’ posso uscire?

EMILIA: No no, che cosa che possiamo uscire… adesso voi mi dite chi è quella donna.

SIMONE: Quale donna… no è stato un errore, un errore imputabile allo scienziato, vostro marito è un uonmo dabbene… molto dabbene.

ALBERTO: Ah si, mo so no un uomo dabbene…. Mo t’aggia spacca ‘a faccia.

SIMONE: Scusate ma se io vi dico che ho sbagliato. Vi ho chiesto scusa tanto a voi che alla vostra signora, mi pare che basti. Ho preso uno sbaglio… siccome voi assomigliate….

ALBERTO EMILIA: (credendolo pazzo) No no avete ragione scusate voi. (escono).

SIMONE: Ciccillo tu mi hai fatto scambiare per pazzo a me.

CICCILLO: No no don Simo’ ad ogni modo tutto è andato bene, benissimo, mi compiaccio, siete stao magnifico don Simo’. Di nuovo tante grazie, grazie assaie…. Muah muah

SIMONE: E se se sai quanto mene faccio di quei baci. (al cameriere) Aspetta vieni qua, vedi che si passa per amicizia, ho preso due schiaffi però ho salvato una signora che si trovava in una situazione pericolosa. Ho fatto pure una bella sudata, e io mi ero comprate le aspirine  e invece ho sudato lo stesso senza aspirina. Mo me trovo faccio cena qua, portame una mozzarella in carrozza.

CAMERIERE: Una mozzarella in carrozza.

SIMONE: E damme na forchetta e nu coltello. E un quarto di vino. Jamme belle ja.

ENRICO: Guè buona sera don Simo’

SIMONE: Salute accomodatevi.

ENRICO: Vi state mangiando una pizza?

SIMONE: La cenetta dell’impiegato, state servito è calda calda.

ENRICO: Grazie, io mo faccio ‘o stesso. Poco fa ho lasciato la vostra signora. Si l’ho incontrata in mezzo alle scale sa io scendevo… anzi ho aperto la porta di casa sua con la chiave mia perché lei aveva perduto la sua.

CAMERIERE: Comandate?

ENRICO: Mi ‘a fa ‘na pizza ciento lire sugna e pomodoro ma mi raccomando nun ce mettere ‘o formaggio ‘e sardegna perché m’arde ‘nganne.

                                                                         FINE