La chiave

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LA CHIAVE

Commedia in un atto

di ANDRE’ CORTHIS

PERSONAGGI

MARIANNA anni 32

SABINA anni 25

ANDREA anni 38

A Parigi

Commedia formattata da

Un appartamentino banale e mobiliato senza, gusto. In fondo, a sinistra, una tenda maschera la, porta d'entrata. In mezzo, un caminetto sormontato da uno specchio: candelabri, pendolo, bot­tiglia di Porto. Contro il muro di destra, uno scrittoio coni molti tiretti. In primo piano, a sinistra, un divano e un piccolo tavolo sormontato da un paralume. Sul tavolo, dei pasticcini e due bic­chieri. Di fronte al pubblico, un grande divano. La scena è vuota. Poi si ode un piccolo rumore, di chiave nella serratura. La portiera si solleva. Marianna entra, vestita di nero. Con esitazione entra nella stanza; si avvicina al caminetto; si toglie il cappello e si guarda lungamente allo specchio. Poi con tristezza si avvicina al divano; si siede e nasconde il suo volto fra le mani. Intanto la porta d'entrata si apre dolcemente. Sabina, elegantis­sima, traversa le stanze e si accinge a riporre il mazzo di chiavi nella sua borsetta. Il rumore delle chiavi sveglia Marianna.

Marianna                       - (con voce agitata) Ah!

Sabina                           - (gridando) Ah! Ah!... (Guarda Marianna con stupore) Voi?... qui?... Ah! questo poi è troppo... Mascalzone!...

Marianna                       - (si alza) Signora, ve ne prego. Quello che accade è spaventevole. Permettete che io me ne vada.

Sabina                           - (sghignazzando) Sarebbe troppo comodo. Avevo antici­pata la mia visita di una mezz'ora perché speravo di trovare certe lettere che mi interessano. Invece la realtà è stata più grande della mia speranza. Ci spiegheremo, signora...

Marianna                       - La mia spiegazione è molto semplice, signora. Io sono entrata qui per puro caso...

Sabina                           - Non credo molto al caso... E' probabile che sia stata la portinaia ad aprirvi la porta e non il caso.

Marianna                       - Vi assicuro che non è stata la portinaia.

Sabina                           - E allora, come avete fatto ad entrare?

Marianna                       - Avevo la chiave.

Sabina                           - Ah!

Marianna                       - Ho l'impressione che abbiate interpretato male le mie parole. Avevo la chiave, semplicemente perché avevo delle chiavi.

Sabina                           - (ironica) La chiave del vostro appartamento o della vo­stra casa di campagna? Capisco: per caso, la vostra chiave apriva questa porta.

Marianna                       - Vi giuro, signora, che la storia di questa chiave non ha nulla a che vedere, né con voi, né con la persona che voi probabilmente aspettate...

Sabina                           - Con Andrea?... Dite pure francamente il suo nome... Ma forse non sapete neppure come si chiama...

Marianna                       - (sorridendo) No... Lo confesso... Non lo so...

Sabina                           - Avete torto, signora, ad immaginare che il giorno in cui si distribuisce il Gran Premio dell'Imbecillità, il premio sarà concesso a me.

Marianna                       - Signora... Io mi sento in una posizione molto più stupida della vostra, ve lo assicuro. Ecco perché vi pr-ego an­cora una volta di lasciarmi andar via.

Sabina                           - E io invece vi supplico, ancora una volta, di rimanere. E vi assicuro che rimarrete, altrimenti... (Tocca la sua borsetta) Voi lo sapete che cosa c'è dentro questa borsetta. Non Io sapete, ma probabilmente lo indovinate. C'è quello che basta... Perciò fate finta che la mia borsetta si trovi fra voi e la porta. E' quindimeglio che riflettiate. Da quanto tempo avete la chiave di questo appartamento?

Marianna                       - (rassegnata) Da due anni.

Sabina                           - Da due anni... E dire che io gli ho detto di sì tre mesi or sono, perché mi ave­va giurato che nella sua vita non c'era nes­suno...

Marianna                       - Signora, vi ripeto ancora una vol­ta, che la persona di cui state parlando e che voi chiamate Andrea, io non la conosco affatto.

Sabina                           - (esasperata) E io vi ripeto che Don sono disposta a credere alle vostre storie.

Marianna                       - Allora è perfettamente inutile che io parli. (Si avvia verso la porta).

Sabina                           - (mostrando la sua, borsetta) Non muovetevi... Due anni... Non credevo che An­drea fosse capace di amare per due anni di seguito la stessa donna! Allora Andrea non ha ingannalo me con voi: ha ingannato voi con me, per me...

Marianna                       - Vi assicuro che non ve ne serbo rancore...

Sabina                           - Siete molto abile e sapete pren­dere il tono di circostanza. Voi siete una signora del gran mondo, insomma... Io invece sono Rosa Miton, soprannominata Sabina Latouche, corista del Moulin Bleu. E voi chi sie­te?... Andiamo, ditemi il vostro nome e che co­sa fate... Ah! siete maritata? (Con voce piena di disprezzo) Del resto si vede... E come vi chia­mate? (Silenzio di Marianna) Dopo tutto me ne infischio. Quello che m'interessa, me lo rac­conterete lo stesso, ve lo giuro. (Marianna, snervata e stanca, si siede sul divano) Fate come se foste in casa vostra. Anch'io sono in casa mia. Cosa dicevamo? Ah! sì, vi stavo di­cendo che sono corista al Moulin Bleu... Non lo nascondo... Solamente, quando ci tengo ad un uomo, sono come tutte le altre. Ora io ten­go molto ad Andrea. Forse domani non ci terrò più, ma oggi ci tengo. Insomma, volete par­lare, sì o no?

Marianna                       - Se siete disposta ad ascoltarmi, vi dirò tutto. (Esita ancora e poi sì decide) Due anni or sono...

Sabina                           - Non è vero!... Adesso me lo ri­cordo benissimo. Due anni fa Andrea abitava in Spagna, per via del commercio. Voi forse non lo sapete, ma Andrea è commerciante di vini.

Marianna                       - Come vedete, dunque, Andrea due anni or sono non era a Parigi. Questa è la prova che...

Sabina                           - Quale prova? E' la prova delle vostre menzogne. Ne ho abbastanza della vostra storia di due anni fa. Invece ho dei sospetti su Andrea solamente da quindici giorni,

Marianna                       - Non si tratta certo di me.

Sabina                           - (a denti stretti) Siete una bugiar­da. Non avevo certo bisogno di trovarvi qui in casa sua, per indovinare tutto. Mi bastava guar­dare Andrea. Era distratto, strano... QuandoI gli uomini cominciano a baciarvi sulla bocca colla stessa correttezza con la quale vi badereb­bero la mano, è cattivo segno. Allora io ho immaginato che Andrea ne avesse abbastanza di me. Ho pensato che forse avrei potuto tro­vare delle lettere. E sono venuta qui, mezz'ora o prima del solito, precisamente con la speranza di trovare queste lettere. Se queste lettere esistevano, dovevano certamente essere qui. A casa sua, Andrea non avrebbe osato riceverle, per via di sua moglie.

Marianna                       - Andrea è ammogliato?

Sabina                           - (ironica) Sì, ha una moglie che gli fa delle scenate. Vedo che non lo sapevate.Decisamente, sono diventata la vostra migliore informatrice...

Marianna                       - Evidentemente.

Sabina                           - Ma mi nauseate lo stesso... E vi avverto che ne ho abbastanza del vostro con­tegno misterioso... Zitta!... (Suonano le cinque) E' strano che Andrea non sia ancora ar­rivato. Di solito arriva cinque minuti prima. Ma non può tardare. Chissà come riderà di gusto!  

Marianna                       - (che ha ascoltato Sabina con un'a­ ria spaventata, si alza di scattò)   Ve ne supplico, signora... Lasciatemi andar via... Non voglio che questo signore mi trovi qui...

Sabina                           - Siete molto cortese a chiamarlo signore... Io direi piuttosto... (Balbetta di col­lera. La porta si apre. Andrea entra) Eccolo quel signore, come voi lo chiamate    - (Si avvi­cina ad Andrea, rabbiosamente) Quanto a te vedrai!... Andiamo, spiegatevi!... Chi di voi due ha confuso il giorno e l'ora dell'appunta­mento? Chi di voi due è responsabile di quel­lo che sta per accadere?

SCENA SECONDA Marianna, Sabina e Andrea

Andrea                          - (sbalordito) Ma che cosa succede, cara? Chi è questa signora?

Sabina                           - Questa signora! Questa signora!... (Li guarda tutti e due) Sapete recitare molto bene la vostra commedia, tutti e due... Adesso siete in due a prendermi in giro!... Ma non riu­scirete a farmela... Ve lo giuro (Fruga nellasua borsetta e tira fuori la rivoltella. Tre colpì a casaccio. Poi Sabina esce di corsa),

SCENA TERZA  Andrea e Marianna

Andrea                          - Siete ferita, signora?

Marianna                       - No... E voi?

Andrea                          - Nulla... Un graffio ridicolo... (Si asciuga con. un fazzoletto e si siede sul divano. Marianna si siede a sua volta).

Marianna                       - (ancora tremante) Ho avuto paura...

Andrea                          - Abbiamo soprattutto avuto for­tuna... Ma che cosa significa tutto ciò?

Marianna                       - (invece, di rispondere direttamen­te) Ma. c'è del sangue... Aspettate... Vado a cercare un asciugamano nella toeletta... (Si alza. Andrea la segue con lo sguardo ed estre­mamente stupito) Ecco! Adesso stringete forte. Forse è meglio che vi laviate.

Andrea                          - (attorcigliando l'asciugamano intorno alla sua mano) A quanto pare, voi cono­scete la mia casa molto bene.

Marianna                       - (vivacemente) Oh! no... Sola­mente, ho intuito...

Andrea                          - Signora, vi confesso che sarei mol­to contento se potessi capire qualcosa.

Marianna                       - Non c'è nulla da capire... La vostra ferita è insignificante. E io me ne vado. Ecco tutto. (Fa per prendere il suo cappello).

Andrea                          - Un momento, ve ne prego... Voi siete molto pallida... Sedetevi e prendete un bicchierino di Porto.

Marianna                       - (dopo aver bevuto) Grazie.

Andrea                          - Credo che farò bene a berne un bicchiere anch'io. (Beve e poi torna a sedersi) E adesso continuo... Prima di tutto, voi non siete ancora in condizione di uscire. E poi... Andiamo, signora... Siate giusta... Arrivo qui in casa mia con l'intenzione di passare una mezz'ora piacevole. Invece di una donna, ne trovo due e quella fra le due donne, che è la mia amica, invece di saltarmi al collo, mi tira dei colpi di rivoltella. Dovete riconoscere che voi mi dovete una piccola spiegazione...

Marianna                       - (coraggiosamente) Lo riconosco.

Andrea                          - Meno male. Allora comincerete col permettermi di guardarvi un po' più tran­quillamente. (Silenzio) Siete graziosa... Ma ho l'impressione che tremiate ancora un poco... In­somma, non. avete affatto l'aria di una persona che è venuta qui per fare uno scandalo. Per togliere a Sabina un amante... E' inteso, che questo amante non sono io.,.

 

Marianna                       - (indignata) Ma, insomma, che cosa supponete?

Andrea                          - Che cosa volete che supponga? Voi non dite nulla. Probabilmente, vi sarebbe difficile parlare. Ma permettetemi di dirvi, se non altro, a titolo di incoraggiamento, che ho una memoria molto ubbidiente: una memoria che dimentica definitivamente tutto quello che io le ordino di dimenticare.

Marianna                       - Allora, ordinate alla vostra me­moria di dimenticare questa scena e lasciatemi andar via.

Andrea                          - Impossibile. Dovete riconoscere, anzi, lo avete già riconosciuto, di aver gettata nella mia vita sentimentale una certa pertur­bazione. Quando saprò il perché di quanto è accaduto, dimenticherò tutto, ve lo prometto. Ma prima ho bisogno di sapere. Andiamo, che cosa rischiate? Noi non ci siamo mai veduti e molto probabilmente non ci rivedremo mai più. Parigi è così grande!...

Marianna                       - Abito raramente a Parigi.

Andrea                          - Allora le probabilità di rivederci sono ancora minori. Abitate in provincia?

Marianna                       - Viaggio molto.

Andrea                          - Lontano?

Marianna                       - (vaga) Il Mezzogiorno... La montagna...

Andrea                          - Per piacere? Per ragioni di sa­lute?

Marianna                       - Per la salute di mio marito... (Si ferma turbata).

Andrea                          - Ebbene.?... Che cosa succede? Avere un marito non è mica un segno di ri­conoscimento... Dunque, ricapitoliamo. Voi sie­te maritata con un signore che ha una salute mediocre e viaggiate molto. Mi resta da sapere come mai i vostri viaggi vi hanno condotta fi­no in casa mia. Il paesaggio non è molto bello, come vedete.

Marianna                       - (sorridendo malinconicamente) Ah! no... Lo so...

Andrea                          - Ma il paesaggio non ha una gran­de importanza, quando non si ama...

Marianna                       - Quando si ama ne ha ancora meno, credo. Lasciatemelo vedere il vostro pae­saggio. Un paralume... Della polvere: non trop­pa... Un orribile cuscino rosa...

Andrea                          - Non vi piace?

Marianna                       - L'ho detestato subito, la prima volta che sono entrata qui... (Pensosa) Quan­do venivo qui, la prima cosa che facevo era quella di nascondere quell'orribile cuscino... Adesso invece.,, Poi ho avuto voglia di rivederlo... Ho lottato dei lunghi mesi contro il desiderio di rivedere quel cuscino...

Andrea                          - Capisco... Le ossessioni... Finisco­no sempre coll'aver ragione...

Marianna                       - Sì... Il giorno in cui ho saputo che sarei ritornata qui, che avrei riaperto la porta con la chiave che lui aveva fatta fare per me due anni fa e che ho sempre conservata... Mi ricordo: ero in casa di una zia. Si parlava del matrimonio di una signorina. Una persona ha fatto osservare che la vita della giovane spo­sa sarebbe stata infelice, per via del carattere del marito. Poi ima signorina ha detto: « Se almeno la sposa avesse il carattere di Marianna ».

Andrea                          - E Marianna, siete voi?

Marianna                       - Sì.

Andrea                          - E siete davvero così eccezionale. da essere citata nei salotti come un esempio?

Marianna                       - Non sono affatto una donna ec­cezionale... Ho voluto... Ho avuto delle ambi­zioni... A vent'anni, non si diffida ancora di ciò che si vorrebbe essere, delle maniere che si adottano. Poi, una volta adottata questa ma­niera, è sotto questo angolo che gli altri ci vedono.

Andrea                          - E non si può più cambiare.

Marianna                       - Ero piena di fede, allora... La parola sacrificio, la parola abnegazione, mi sembravano le parole più belle del vocabolario.

Andrea                          - E non appena si è presentata l'oc­casione del sacrificio... L'occasione si presenta sempre nella vita. Tutte le occasioni si presentano nella vita. Sta a noi di scegliere. Ma dopo...

Marianna                       - Dopo, ho sentito diventar gran­de in me un personaggio, che non avevo più la forza di sostenere... Mi ero creduta eroica fino ad accettar di sposare e dì curare un uo­mo malato. Ma quando ho accettato questo sa­crificio, non ho pensato che sarebbe durato dei lunghi anni... Me ne sono stancata... Mio ma­rito, intanto, aveva concepito per me ima spe­cie di venerazione. Diceva che io ero un es­sere unico... Io sentivo la sua ammirazione diventare sempre più grande e il mio merito diventar sempre più piccolo... Le mie amiche mi consideravano come una specie di Santa... Poi è entrato nella mia vita un nuovo essere.

Andrea                          - Un uomo che ha saputo osare...

Marianna                       - No, un uomo che ha saputo semplicemente comprendermi. Ha capito che io ero una povera donna come tutte le altre, che ero più infelice forse di tutte le altre... Me loha detto... Io ero seduta là, su quel divano... Ci vedevamo qui, due ore ogni settimana... (Si alza e guarda la stanza intorno a se) Quando uscivo da questa stanza, per rientrare nella mia vita di tutti i giorni, riprendevo la mia maschera triste, leggermente ipocrita. La gente ha continuato a considerarmi come una Santa. Ogni volta, avevo voglia di gridare: « Ma non. vedete, che sono un'ipocrita? La mia vera vita è quella che vivo là, in casa sua, due ore ogni settimana! »  (Guarda il caminetto) D'inverno, era qui che accendevo il fuoco e lui mi obbli­gava a guardarmi nello specchio: cioè a guar­dare il mio volto che portava ancora le tracce delle sue carezze... Poi, un giorno, lui ha dovuto ripartire per l'Indocina, dove aveva i suoi af­fari... Doveva sposare la figlia del suo socio di laggiù... Ho tentato di dimenticare... Non ci sono riuscita che molto male... Un giorno, ho avuto un'idea folle... Ritornare qui utilizzando la chiave che mi era rimasta... Pensavo che verso le tre, la casa sarebbe stata vuota... Poi non ho nemmeno più fatto attenzione all'ora e sono venuta qui, senza pensare più a nulla... Sono entrata, come facevo una volta, quando questa casa era la sua casa. (Si carezza la fron­te come per risvegliarsi) Ma, signore, è or­ribile quello che vi sto dicendo!... E dire che non avevo mai detto nulla a nessuno...

Andrea                          - Signora, la cosa non ha una gran­de importanza. Fate finta di aver raccontata la vostra bella storia ad un fantasma. E poi io non vi conosco, non so neppure il vostro nome, nulla... Avete semplicemente raccontata la vostra storia meravigliosa ad un signore che non conoscete e che non vi conosce... Non rim­piangete, ne le vostre parole, né la vostra sin­cerità.

Marianna                       - (sorridendo) Vi conosco più di quanto credete... So che vi chiamate Andrea e che commerciate in vini e che avete una mo­glie insopportabile.

Andrea                          - Capisco... Sabina deve avervi rac­contato tutto... Ebbene, sono costretto a darvi una delusione... Non sono commerciante in vini e non sono ammogliato. Ho semplicemente un'amica. Voi la conoscete... Non si tratta di Sabina... Si tratta di una signora con la quale sono in relazione da circa sei anni... Questa amica mi vuole molto bene, ma non si contenta di volermi bene personalmente... Vuole anche che io sia amato da tutte le, sue amiche.

Marianna                       - E non è gelosa?

Andrea ........................ - Spaventosamente gelosa Ma ègelosa in una maniera cerebrale, complicata... Come vedete, il mio caso somiglia un poco al vostro.

Marianna                       - No, anche la vostra è la piccola storia banale e comune... Sotto questo punto di vista, tutta l'umanità si somiglia... Noi non presentiamo al mondo che delle apparenze: il nostro personaggio artificiale...

Andrea                          - . Spesso, ma non sempre... Ma ogni lauto, sentiamo poi il bisogno di evadere dal nostro personaggio immaginario. Voi non vi sentite più la forza di continuare a fare la San­ta. Io non mi sento più la forza di continuare a fare l'idiota o il raffinato, come volete... Se sapeste come mi annoio a fare il raffinato, a fare atto di presenza nei salotti, dove delle don. ne mi domandano un parere sui loro amori, sui loro casi amorosi!

Marianna                       - Non capisco... Se vi annoia tan­to, perché ci andate nei salotti?

Andrea                          - Per una specie di necessità pro­fessionale... Supponete che io faccia il roman­ziere. Debbo frequentare le donne, perché soltanto le donne leggono dei romanzi. Supponete che io faccia l'avvocato, specialista in divorzi! Soltanto le donne adorano il divorzio. Supponete tanto le donne leggono dei romanzi. Supponete che io faccia il pittore. Soltanto le donne si fauno fare il ritratto... Ecco perché vengo qui, con una donna qualunque, come quella che po­co fa ha tentato di ucciderci: una povera ra­gazza, che ha un cuore fatto di sola carne... Quella ragazza è il mio riposo, la mia gioia... Ma da una settimana a questa parte è diven­tata gelosa. Si è messa in testa che io la tradisco. La sua gelosia, invece di preoccuparmi, mi ha divertito, per lo meno fino ai tre colpi di rivoltella di poco fa... (Si interrompe bru­scamente) Ma che cosa vi sto raccontando?... Vi sto dicendo delle cose che non ho mai detto a nessuno...

Marianna                       - La cosa non ha nessuna im­portanza. Fate finta di aver parlato con un fantasma. Io non so nulla di voi. So solamente che vi chiamate Andrea e che non siete un com­merciante in vini.

Andrea                          - Allora, sedetevi vicino a me, Ma­rianna... Chiudete gli occhi e datemi la vostra mano... Avviciniamo le nostre due sincerità. Questo momento di sincerità a due ci farà mol­to bene... Ma ve ne prego, non guardate l'orologio...

Marianna                       - Lo guardo perché alle sei, debbo essere a casa assolutamente.

Andrea                          - Allora promettetemi, che un gior­no ritornerete qui. Volete?

Marianna                       - Non so.

Andrea                          - Quando?

Marianna                       - Vi scriverò... Signor Andrea... E firmerò Marianna.

Andrea                          - Promesso?

Andrea                          - Promesso... E adesso lasciatemi andare... (Si alza e si mette lentamente il cap­pello).

Andrea                          - (dopo averla attentamente osservata) Come siete diversa con quel cappello! Un'al­ tra persona...

Marianna                       - Lo so... Ci sono delle persone che stentano a riconoscermi.

Andrea                          - E' vero... Come è strano! (La guarda con attenzione sempre più acuta) Siete diversa, cosi, con la fronde nascosta dall'ala del cappello... Dite... Conoscete per caso la signo­ra Prunières?...

Marianna                       - (frettolosamente) No... Non la conosco.

Andrea                          - Ma sì che la conoscete... Vi ho vista in casa sua... Adesso mi ricordo... Due mesi fa abbiamo fatto colazione in casa della signora Prunières... Eravamo vicini di tavolo...

Marianna                       - Voi siete allora l'avvocato Lebreuil... Adesso mi ricordo anch'io... Mi ri­cordo che non mi avete mai rivolta la parola...

Andrea                          - E voi neppure. Avete sempre par­lato col professore Humblot, il vostro vicino di sinistra.

Marianna                       - Vi dirò perché... La signora Prunières mi aveva parlato di voi, come di un avvocato specializzato nei misteri della psico­logia femminile.

Andrea                          - E io non vi avevo rivolta la pa­rola, perché la signora Prunières mi aveva det­to, parlando di voi: « E' più che una donna onesta: è un angelo ». Adesso, per fortuna, ab­biamo rettificato i nostri preconcetti, signora Maddalena Crampois...

Marianna                       - Ciò che accade è spaventevole: dovete convenirne...

Andrea                          - E' ancora più spaventoso, quanto accade a me... Se voi ripetete, per caso, quan­to vi ho confessato, la mia carriera va in fran­tumi...

Marianna                       - Che cosa dovrei dire io, allora? Avete avuto torto a strapparmi la mia confes­sione.

Andrea                          - Io non vi ho strappato nes­suna confessione, signora,.... Del resto, è molto semplice. Promettiamo­ci reciprocamente di dimenti­care quanto abbiamo detto poco fa...

Marianna                       - E' presto det­to, ma chi mi assicura clic voi dimenticherete ?... Poco fa non vi riconoscevo e avevo fiducia in voi, ma adesso...

Andrea                          - Adesso, purtrop­po, siamo in due esseri uma­ni che hanno ritrovato le lo­ro etichette.

Marianna                       - Addio, avvoca­to Lebreuil... (Breve cenno dì saluto, molto freddo) Spero che saprete essere discreto. Se per caso non lo foste...

Andrea                          - (con un inchino ge­lido) Non obbligatemi a dirvi la stessa cosa. (Marian­na esce. Andrea è molto sec­cato e passeggia su e giù per la stanza).

SCENA QUARTA Andrea e Sabina

Sabina                           - (rientrando) Ma come, sei ancora vivo? Cre­devo di avervi uccisi tutti e due... Sono andata in un caf­fè e sono rimasta un'ora, im­mobile, a meditare su quello che credevo fosse il mio de­litto... Poi ho pensato di ri­tornare... Ho veduto passare lei: l'altra. Ho capito che non era accaduto nulla. E sono ritornata. Questo non toglie pe­rò, che mi devi una spiega­zione... Le vuoi dunque così bene?

Andrea                          - Ah! questo no!

Marianna                       - Ma, allora, che cosa faceta qui?

Andrea                          - Quella donna era semplicemente una ladra...

Sabina                           - E dire che nonci avevo pensato... Eppure èchiaro Aveva una chiavefalsa... Ma allora forse ho avuto torto a non colpirla, quando ho sparato?

Andrea                          - Forse...

FINE