La città abbandonata

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LA CITTA’ ABBANDONATA

LA CITTÀ ABBANDONATA

Italo Calvino

ANACLETO

POLIDORO

FIORDISPINA

FATA CESPUGLIOSA

FATA ALTAMURA

1978

ANACLETO: Non si vede proprio nessuno. Questa città sembra disabitata. Vie vuote a perdita d’occhio. Palazzi spalancati in cui rimbomba l’eco. Ehi, voi di casa! Nessuno risponde.

Sono arrivato qui col treno: questa è la sola cosa di cui sono sicuro. M’ero addormentato in uno scompartimento pieno di gente, e quando mi sono svegliato non c’era più nessuno.

Il treno è fermo. Dove sono? Forse ho oltrepassato la mia stazione senza accorgermene. Non riesco a leggere il nome della città sui cartelli: forse per la cattiva luce, o per la nebbia, o perché i cartelli non ci sono.

Percorro il treno cercando se c’è qualcuno: è molto difficile passare da un vagone ad un altro. Che sia un treno in demolizione? Da quanto tempo è fermo qui?

Cammino sotto la pensilina della stazione. La valigia mi pesa, ma non c’è ombra di un facchino. Devono essere già tutti a dormire: viaggiatori, ferrovieri, capostazione. Che ora sarà? Gli orologi sono tutti fermi a ore diverse.

Eccomi dunque per le vie della città, alla ricerca d’un passante che mi indichi un albergo per passare la notte. Ma non vedo passanti né a piedi né in macchina.

Le auto parcheggiate sono in pessimo stato: a una mancano le ruote, all’altra le porte, a questa qui è rimasto solo il tergicristallo e la ruota di scorta. E quanto ad alberghi, cominciamo ad escludere le case senza più tetto, perché un albergo almeno il tetto ce lo deve avere; escludiamo anche le case senza più pavimenti né pareti perché sarebbe difficile trovarvi una stanza.

Qui c’è una casa senza scale; magari avrà delle stanze comodissime, ma non ci si può salire.

POLIDORO: (vestito di stracci ma con un elmo da guardia emette un fischio acutissimo) Alt! Dove crede di andare lei! Non vede che c’è il rosso?

ANACLETO: Il rosso? Che rosso?

POLIDORO: Il semaforo è rosso! Chi le ha insegnato ad attraversare le strade?

ANACLETO: Ma senta, tutto è deserto, spento, disabitato…

POLIDORO: Come? E io non ci sono?

ANACLETO: Si… Lei c’è…

POLIDORO: E allora, finché ci sono, per attraversare bisogna aspettare il verde!

ANACLETO: E quando viene questo verde?

POLIDORO: E’ semplice: dopo il giallo, viene il verde.

ANACLETO: Ma se non c’è nemmeno il rosso! Non c’è nessun semaforo!

POLIDORO: Vede? E lei pretende d’attraversare? Prima deve aspettare il rosso, poi il giallo e quando verrà il verde, solo allora le permetterò di passare!

ANACLETO: Ma mi spieghi, io non sono di qui, credo d’essermi perduto, vorrei trovare un albergo… Può indicarmi…

POLIDORO: No, non posso. Devo correre dietro ai ladri. Lei m’ha fatto perdere abbastanza tempo. Se dovessi dare retta a tutti…

ANACLETO: I ladri? Ci sono dei ladri? Sta a vedere che finirò pure derubato! Ehi, non mi lasci solo! Vengo con lei!

POLIDORO: (si volta, si toglie l’elmo e si mette un berretto e maschera da ladro) In alto le mani! O la borsa o la vita!

ANACLETO: La borsa, la borsa, cioè la vita! Insomma tra le due scelgo di tenermi la vita, e se poi la borsa non le interessa tanto, mi terrei anche la borsa, veda lei.

POLIDORO: Poche mani, storie in alto!

ANACLETO: Come?

POLIDORO: Volevo dire: poche storie, mani in alto!

ANACLETO: Ah, se è così d’accordo! Ma lei non è quello che ho incontrato prima? Non faceva la guardia, pochi minuti fa?

POLIDORO: Non cercare di fare il furbo! Adesso anche i derubati pretendono di dire la loro! Non farmi perdere tempo, con tutto quello che mi tocca di fare! Rapine a mano armata, furti con scasso, borseggi: devo fare tutto io! Senza nemmeno un cane che mi faccia da palo! A pensarci bene: tu, con questa faccia da innocentino, non ci staresti a farmi da palo, mentre io vado a scassinare questo palazzo?

ANACLETO: Io, veramente, se permette…

POLIDORO: Io non permetto niente! Io minaccio a mano armata!

ANACLETO: Se è così… Vada pure, conti pure su di me.

POLIDORO: Se vengono le guardie, il verso della civetta! Intesi?

ANACLETO: Ho capito. Il verso della civetta. Ma guarda cosa mi tocca di fare.

POLIDORO: (si rimette l’elmo da guardia) Ah ti ho colto sul fatto! Fai da palo agli scassinatori! Ti dichiaro in arresto!

ANACLETO: Ma come? Lei non è il ladro? Non dovrei fare il cervo della servetta, no: il verso della civetta…?

POLIDORO: Avanti marsch! Ecco che mi tocca anche accompagnare gli arrestati in prigione! Come se non avessi abbastanza cose da fare… Anche il carceriere, il secondino… Entra in questa cella, che ti chiuderò a doppio giro di chiave.

ANACLETO: Ehi, non mi lasci qui! Sono innocente!

POLIDORO: (si mette un berretto da forzato) Innocente! Diciamo tutti così noi che siamo rinchiusi qua dentro! Ma che ci si guadagna a lamentarci? Di soluzione ce n’è una sola, caro mio: l’evasione!

ANACLETO: Ma tu… tu sei la guardia… e anche il ladro… cosa ci fai qui?

POLIDORO: Cosa ci faccio? Limo le sbarre! Dai mettiti a limare anche tu! Stasera c’è il ballo della principessa. Devi sbrigarti se vuoi fare in tempo! Ecco, ora io srotolerò questa fune fuori dalla finestra. Scendi prima tu.

ANACLETO: Certo, se si tratta di evadere, evado volentieri. Ecco ho toccato terra, sono libero! A te adesso scendi!

POLIDORO: (si presenta con una parrucca) Benvenuto a vossignoria.

ANACLETO: Eh? Ma cosa fai conciato a questo modo?

POLIDORO: Sono il maggiordomo della principessa Fiordispina. Sua altezza l’attende. Favorisca. Le faccio strada.

FIORDISPINA: (una bella giovane vestita tutta di stracci) Si illuminino i saloni! Splendano i lampadari! E nuvole di profumo si innalzino dai bracieri!

ANACLETO: Ma cosa dice quella lì? I soffitti sono tutti crollati… Non c’è altra luce che quella della luna… Per le rovine del palazzo svolazzano i pipistrelli… Però questa ragazza mi pare molto graziosa.

FIORDISPINA: Maggiordomo, chiamatemi il capocuoco.

POLIDORO: Sì altezza.(si toglie la parrucca e si mette un berretto da cuoco, che si toglie subito, inchinandosi) Altezza…

FIORDISPINA: Rosolano bene i timballi di fagiano?

POLIDORO: A puntino, altezza. E la maionese per il dentice sale fino al cielo.

ANACLETO: Io vedo solo castagne secche e scorze di patate. Comunque a la principessa devo dire che mi piace.

FIORDISPINA: Maggiordomo! (Polidoro si rimette la parrucca) Chiamatemi il maestro di musica! (Polidoro cambia di parrucca e si inchina). Sono accordati i contrabbassi? Sono intonati i fagotti? E l’arpa bene arpeggia?

POLIDORO: Sentite? Mi, mi, mi; do, do, do. L’orchestra non attende che un vostro cenno, altezza, per attaccare il primo valzer.

ANACLETO: Io sento solo gracidare le rane e miagolare i gatti affamati. Ma questa Fiordispina, anche se è un po’ tocca nel cervello, mi ha l’aria proprio simpatica.

FIORDISPINA: Aspettate che le prime carrozze abbiano fatto il loro ingresso nello spiazzo del parco. Ecco già vedo il corteo che si snoda per il viale preceduto dalle fiaccole… Maggiordomo, annunciate gli ospiti. Io muoverò loro incontro…

Due vecchie fate appaiono appollaiate sui tetti delle case in rovina.

FATA CESPUGLIOSA: La mia vittoria è stata dunque inutile, fata Altamura?

FATA ALTAMURA: Io sono stata ai patti e ti ho restituito il territorio che mi avevi vinto ai dadi, fata Cespugliosa.

FATA CESPUGLIOSA: Ma finché ci sono quei due lì…

FATA ALTAMURA: Questo non dipende da me, cara collega…

FATA CESPUGLIOSA: Quella matta di ragazza e quel vecchio buffone continuano a far finta che la città continui la sua vita, con tutti i suoi abitanti…

ANACLETO: Le signore parlano della città? Scusino se mi intrometto… Sono arrivato qui da poco… Possono spiegarmi dove mi trovo?

FATA CESPUGLIOSA: Nel mio territorio!

FATA ALTAMURA: In quella che era la mia città!

FATA CESPUGLIOSA: Questi luoghi sono stati coperti di foreste per centinaia di migliaia d’anni. Era il mio regno, qui, il regno della Fata Cespugliosa.

FATA ALTAMURA: Poi la zona è passata in mio possesso e vi sorsero i palazzi d’una città maestosa, che io, Fata Altamura, dominavo con i miei incantesimi da mille anni a questa parte.

FATA CESPUGLIOSA: Deve sapere che tanto io che Altamura abbiamo la passione del gioco dei dadi. E ogni tanto ci giochiamo i nostri tesori e i nostri regni. Così io ho riguadagnato questi miei antichi territori. Ossia, credevo di averli riguadagnati…

FATA ALTAMURA: Io mi sono ritirata immediatamente dalla città. Non vedo cosa puoi pretendere di più.

FATA CESPUGLIOSA: Certo… La città – che era già in assai cattivo stato – è andata subito in pezzi, gli abitanti sono tutti scappati… Tutti tranne quella ragazza, Fiordispina e quel vagabondo, Polidoro… Fiordispina si diverte a fare la principessa, e Polidoro fa finta di essere… tutta la popolazione… Con questo sistema la città, benché in rovina, continua ad essere una città e le mie foreste e i miei animali non possono occuparla.

FIORDISPINA:Duchessa, la sua toeletta è uno splendore. Marchese, grazie delle orchidee, un pensiero squisito. Generale l’appetito aguzza i suoi baffi, è certo ora di cena. Ma attendiamo ancora l’invitato d’onore, il Califfo di Bagdad. Gli manderò incontro i miei valletti con le fiaccole. (Batte le mani e Polidoro scatta, con un cappello da postiglione in testa)

FATA ALTAMURA: Tutto quello che posso fare per te è proporti di giocare di nuovo ai dadi: un’altra mia città in buono stato contro questa ex-città malandata.

FATA CESPUGLIOSA: E sia! Se perdo non perdo molto. Se vinco, mi rifarò.

POLIDORO: (cambiandosi ripetutamente copricapo e parrucca, ripete la frase come se i vari servitori si passassero la voce fino a che il maggiordomo non la comunica alla principessa) Il Califfo è ritardato ché il cavallo s’è azzoppato.

FIORDISPINA:Gli sia condotto subito un cavallo di ricambio dalle mie scuderie.

Con un cappello da cocchiere in testa Polidoro afferra Anacleto come se lo tirasse per il morso e lo fa attraversare la scena di corsa. Poi si mette un turbante da califfo e salta sulle spalle di Anacleto.

 Intanto le due fate giocano ai dadi.

FATA ALTAMURA: Ho vinto!!!

FATA CESPUGLIOSA: Riprenditi la tua città, allora.

FATA ALTAMURA: A un colpo di bacchetta magica tutto nella città tornerà nuovo come prima, e Fiordispina sarà una vera principessa, e il vagabondo Polidoro lascerà il posto a migliaia e migliaia di persone d’ogni mestiere e condizione, mentre lui tornerà a essere per sempre il vagabondo Polidoro.

ANACLETO: E io? Non diventerò mica per sempre un cavallo? Aspetta un momento, fata Altamura!

POLIDORO: Questo cavallo s’imbizzarisce! Fatemi smontare! Olà!

Tra le due fate si accende un silenzioso litigio.

FIORDISPINA: (mima l’accoglienza al Califfo, nel vuoto) Al vostro braccio aprirò il corteo che ci porterà alla sala dei banchetti, dove ci attende una suntuosa besciamella!

POLIDORO: (con berretto da cuoco) Siamo indietro col pranzo per mancanza di sguatteri (la frase viene ripetuta sempre da lui con vari copricapi e parrucche).

FIORDISPINA:S’ingaggino sguatteri avventizi in soprannumero!

POLIDORO: (afferra Anacleto e gli mette un berretto da sguattero) Qui c’è un sacco di patate da pelare.

FATA ALTAMURA: Ora darò un colpo di bacchetta magica e i saloni del palazzo s’affolleranno di gente in festa, di suonatori, di servitori indaffarati!

ANACLETO: No, un momento, se no io resto qui a sbucciare patate davvero, sguattero fino alla fine dei miei giorni!

Le due fate riprendono a litigare silenziosamente.

FIORDISPINA:Sia dato inizio alle danze. Maestro, un valzer! Ebbene, cos’aspetta il Califfo di Bagdad per invitarmi a ballare?

POLIDORO: (col turbante e poi con cappelli e parrucche varie, ripete) Il Califfo ha un callo all’alluce.

FIORDISPINA:Sia concesso allora al capitano degli Ussari l’onore di invitarmi a danzare! Capitano! Presto! Cercatemi il capitano!

POLIDORO: (afferra Anacleto e lo trascina dalla principessa) Ecco il capitano degli Ussari, principessa (Fiordispina e Anacleto ballano il valzer).

FIORDISPINA:Bel cavaliere, mi piace volteggiare tra le tue braccia e vedere le frange delle tue spalline sollevarsi come in un vortice di vento.

ANACLETO: Bella Fiordispina, nei tuoi occhi grigiazzurri vedo riflettersi la luna e le stelle.

FIORDISPINA:Come ti chiami, ussaro?

ANACLETO: Anacleto.

FIORDISPINA:Che bel nome! Fiordispina e Anacleto: due nomi che suonano proprio bene insieme.

ANACLETO: Fiordispina, io vorrei che questo valzer non finisse mai.

FIORDISPINA:Vorrei che questo momento durasse tutta la vita.

ANACLETO: Fata Altamura! Presto! Adesso! Il colpo di bacchetta magica!

Le due fate litigano e non sentono.

FIORDISPINA:Vorrei fuggire con te, Anacleto. Sono stanca della corte e delle sue cerimonie.

ANACLETO: Certo, Fiordispina, fuggiamo. Dove andiamo?

FIORDISPINA:Andiamo alla stazione. Fuggire! Fuggire!

ANACLETO: Presto, fata! Fata Altamura! La bacchetta!

Le fate litigano. I giovani corrono alla stazione.

ANACLETO: Eccoci al treno. Che posto preferisci? Vicino al finestrino? Fata Altamura, cosa aspetti?

FIORDISPINA:Anacleto, aspettami sul treno, io scendo un momento a sorvegliare i servitori che stanno arrivandoci bagagli. Presto, le mie pellicce, i miei gioielli, i miei colbacchi, le mie scarpe di seta!

Fiordispina s’allontana.

ANACLETO: No, non allontanarti troppo! Fata Altamura, aspetta che Fiordispina ritorni…

FATA ALTAMURA: Ah, sì, ora do il colpo di bacchetta magica! Paff!

ANACLETO: Che succede? Il treno si muove! La stazione brulica di gente! Fiordispina! Il treno parte! Dove sei? Il treno corre su di un ponte sopra la città piena di luci, di carrozze, di folla, di viavai! Ecco Fiordispina, laggiù tra la folla! E il treno corre via! La città tutta finestre risplendenti s’allontana!

L’ho perduta!