La collana di perle

Stampa questo copione


LA COLLANA DI PERLE                               

Commedia in un atto

di YVES MIRANDE E HENRI FEROULE

PERSONAGGI

DU FAISAN

GENOVEFFA 

IL CAMERIERE

BARPLES

IL CASSIERE

Commedia formattata da

Du Faisan                     - (leggendo) E' seccante!

Genoveffa                    - Che cosa?

Du Faisan                     - (senza rispondere) E' spaventevole.

Genoveffa                    - Cosa è successo? Un nuovo terremoto in Giap­pone?

Du Faisan                     - (sempre senza rispondere) E' una vera cata­strofe nazionale.

Genoveffa                    - Ma dammi un po' il giornale, giacche non vuoi rispondere. (Gli prende il giornale di mano).

Du Faisan                     - Andiamo!...

Genoveffa                    - (scorrendo il giornale) Corse ad Auteuil... Risultati della Maison Laffitte... Non vedo...

Du Faisan                     - (indicandole un punto) Lì, sul margine...

Genoveffa                    - (leggendo) Inghilterra... Gloriosa sconfitta Epinard... (Poi interrompendosi) Ebbene?

Du Faisan                     - Vedi, Epinard è stato battuto.

Genoveffa                    - Ed è questa la catastrofe nazionale?

Du Faisan                     - Non c'è altra espressione.

Genoveffa                    - Ma tu esageri.

Du Faisan                     - Non esagero. C'era in gioco l'onore del Continua a leggere.

Genoveffa                    - (leggendo) « Siamo stati battuti, ma l'onore è salvo... Ad Austerlitz Napoleone ha colto la più clamorosa vittoria ma è stato durante la campagna di Francia che ha dimostrato di avere del genio ». Però che cavallo quel Napoleone! (Correggendosi) Voglio dire quell’Epinard!

Du Faisan                     - E' facile confondere! Se avesse vinto, quanto avrebbero dovuto pagare i bookmakers inglesi?

Genoveffa                    - A chi?

Du Faisan                     - Alla Francia.

Genoveffa                    - Non posso farmene un'idea precisa.

Du Faisan                     - Duecento milioni.

Genoveffa                    - Ma sono ricchi... (Riprendendo il giornale) Ah! non abbiamo proprio avuto fortuna... è stato battuto per un'incollatura.

Du Faisan                     - Lo so.

Genoveffa                    - Il giornale aggiunge che è stato lui il vincitore morale della corsa.

Du Faisan                     - (alzando le spalle) Il vincitore morale! Non conosco vincitori di questo genere. Ah! Debbono allegra­mente burlarsi di noi questi inglesi, per la nostra vittoria mo-rale. Conosci forse a Montreuil, ad Auteuil, o a Longchamps, qualche sportello che paga il vincitore morale?

Genoveffa                    - No, ma... dopo tutto...

Du Faisan                     - (interrompendo) E allora?... (Alzando le spalle) Il vincitore morale! Noi siamo un popolo che si ac­contenta di parole, di frasi; mentre gli inglesi...

Genoveffa                    - Hai giocato su Epinard, tu?

Du Faisan                     - Naturalmente.

Genoveffa                    - (ridendo) E allora non è il caso di stupirsi se Epinard non ha vinto.

Du Faisan                     - Naturalmente bisognava bene che tu facessi un po' di spirito, più o meno di buona lega.

Genoveffa                    - Ed è altrettanto vero che tu perdi tanto se giuochi in Francia, quanto se giuochi in Inghilterra.

Du Faisan                     - Perché non sono in forma, ma aspetta.

Genoveffa                    - (guardando l'ora al polso) Sono le undici, me ne vado. Il mio amico deve pas­sare da casa mia prima d'andare in borsa. Facciamo colazione assieme?

Du Faisan                     - (preoccupato) Non so... forse.

Genoveffa                    - Come, non sai? Dove fai co­lazione?

Du Faisan                     - In nessun luogo!

Genoveffa                    - (subdola) Che brutto carat­tere! E tutto per Epinard.

Du Faisan                     - (interrompendola) Si tratta di ben altro.

Genoveffa                    - Che cosa hai allora?

Du Faisan                     - Nulla.

Genoveffa                    - No, so che tu...

Du Faisan                     - Cosa?

Genoveffa                    - So che tu mi nascondi qual­che cosa. A pranzo, ieri sera, non hai aperto bocca.

Du Faisan                     - Perché non avevo niente da dire.

Genoveffa                    - Non parlo poi di questa notte. Per la prima volta che ho potuto, dopo tante cautele, venire a dormire con te, non sono stata fortunata.

Du Faisan                     - Ero stanco.

Genoveffa                    - No, perché non hai chiuso occhio. Ti sentivo voltarti e rivoltarti sul letto. Questa mattina sembrava che stessi meglio... ma adesso, ecco...

Du Faisan                     - Ah! le donne.

Genoveffa                    - Senti, piccolo, se tu non con­fidi a me le tue pene, a chi le racconterai? Non sono io forse il tuo migliore amico?

Du Faisan                     - E' vero.

Genoveffa                    - Allora confidati.

Du Faisan                     - Tu non puoi fare nulla, piccola.

Genoveffa                    - Caro, se mi credessi capace di esserti utile, mi metteresti al corrente?

Du Faisan                     - Quante storie vai a cercare tu!

Genoveffa                    - Su, su, parla...

Du Faisan                     - Ebbene, poiché vuoi proprio saperlo, ti dirò che il cassiere del circolo sarà qui fra venti minuti.

Genoveffa                     - Per portarti del danaro?

Du Faisan                      - Non ho voglia di scherzare.

Genoveffa                     - A chiedertene?

Du Faisan                      - Temo...

Genoveffa                     - Quanto?

Du Faisan                      - Duecento...

Genoveffa                     - Duecento franchi?

Du Faisan                      - ... mila!

Genoveffa                     - Duecentomila franchi?

Du Faisan                      - Ne hai impiegato del tempo...ma hai finitoper arrivarci.

Genoveffa                     - Duecentomila franchi... I mieicomplimenti.       

Du Faisan                      - Non c'è di che.

Genoveffa                     - Ah! La cassa del circolo ti haprestato duecentomila franchi?

Du Faisan                      - Sei pazza?

Genoveffa                     - Allora come li devi?

Du Faisan                      - Li ho perduti sulla parola,

Genoveffa                     - Hai trovato qualcuno al circolo che ha giocato con te sulla parola?

Du Faisan                     - Come vedi.

Genoveffa                    - Uno nuovo?

Du Faisan                     -   Sì, dapprima costui è stato molto gentile: « Mio caro marchese - mi ha detto - me li renderete quanto vi farà co­modo ». Ma poi, mezz'ora dopo mi girava at­torno con aria inquieta.

Genoveffa                    - Avrà preso informazioni.

Du Faisan                     - Non so niente. Ma poi mi ha avvicinato dicendomi che avrebbe dovuto liquidare una certa pendenza con una banca e che quei denari gli occorrevano per il giorno dopo...

Genoveffa                    - Per oggi? E tu che cosa hai risposto?

Du Faisan                     - Ciò che dovevo rispondergli: che non aveva che mandare a ritirarli a casa mia.

Genoveffa                    - Che cosa arrischiavi?

Du Faisan                     - Che egli non mandasse perché, dopo queste parole, mi è sembrato che si tranquillizzasse. Ho avuto un momento di spe­ranza, un piccolo momento. «E' inteso - ha finito per dirmi - il cassiere del circolo pas­serà da voi prima di mezzogiorno ».

Genoveffa                    - Puoi essere tranquillo. Non verrà!

Du Faisan                     - Credi?

Genoveffa                    - Ma sì, quest'uomo non deve certamente amare le corse inutili.

Du Faisan                     - Mi sono messo in un bell'im­piccio.

Genoveffa                    - Non si direbbe.

Du Faisan                     - I debiti di gioco si regolano nelle ventiquattr'ore.

Genoveffa                    - Se fosse come per gli altri si potrebbe... Comincia a dargli un acconto.

Du Faisan                     - Non si può. E poi con che cosa?

Genoveffa                    - Potrei chiedere ventimila franchi al mio amico per pagare una nota urgente.

Du Faisan                     - Ventimila franchi! Cosa vuoi che ne faccia? E poi ho degli scrupoli... e poi... infine... con ciò che ti debbo già!

Genoveffa                    - Lascia andare! Sai bene che è un banchiere!

Du Faisan                     - Non è una ragione, e poi non servirà a nulla.

Genoveffa                    - Come vuoi fare?

Du Faisan                     - Non so.

Genoveffa                    - Se non pagassi cosa ti succe­derebbe?

Du Faisan                     - Quasi nulla... Domani il mio nome sarà affisso nell'albo del Circolo e sarò radiato dall'elenco dei soci.

Genoveffa                    - Subirai l'affissione … Tu, un marchese?... Che umiliazione!

Du Faisan                     - Lo so... è un colpo duro.

Genoveffa                    - Quale sarebbe l'effetto?

Du Faisan                     - Cambiare tutta la mia vita, le mie abitudini. Tutta una vita da rifare.

Genoveffa                    - Se non fosse che per questo...

Du Faisan                     - E' già abbastanza, mi sembra.

Genoveffa                    - Vi sono anche le mie amiche.

Du Faisan                     - Le tue amiche?

Genoveffa                    - Non hai pensato a quello che potranno dire, quando sapranno che tu sei stato radiato?

Du Faisan                     - Confesso che no.

Genoveffa                    - Mi sembra già di sentirle: « Ah! poverina, prendiamo viva parte al tuo dolore... lo sai... Ma che cosa ha potuto fare per essere stato messo alla porta? ».

Du Faisan                     - E' seccante.

Genoveffa                    - Sicuramente. Dovresti aggiu­starla questa storia!...

Du Faisan                     - (alzando le spalle) Non sai quel che dici... E' come se già fosse tutto fatto... già rovinato... Non mi risparmieranno.

Genoveffa                    - E la colpa è tua... tu hai fatto a quei signori brutti scherzi...

Du Faisan                     - Come?

Genoveffa                    - Ma si. Si dice che tu scommetticon loro alle corse e quando loro vincono, trovi dei pretesti per non pagare, o per pagare solo in parte.

Du Faisan                     - (smontato) E chi ti ha detto tutto questo?

Genoveffa                    - Il mio amico. Mi ha anche det­to: « Du Faisan!  Ma paga i jockeys perché non vincano! ».

Du Faisan                     - Imbecille!

Genoveffa                    - Ah!  tu non godi di una buona stampa. Vi è soprattutto una cosa che ti fa torto...

Du Faisan                     - Cosa?

Genoveffa                    - La donna che avevi prima di me... Essa era veramente troppo vecchia...

Du Faisan                     - Non è così vecchia come credi, E poi ha dei begli occhi!

Genoveffa                    - Sì, ma si dice che non è pre­cisamente per i suoi begli occhi che tu eri con lei.

Du Faisan                     - Invidie, gelosie!

Genoveffa                    - Non credo. Il mio amico...

Du Faisan                     - Ancora!  Lascialo stare in pace,

Genoveffa                    - E' per dirtelo. Egli ha pure idee molto vaste. Ebbene, se venisse a sapere che sono la tua amante, non ne sarebbe contento.

Du Faisan                     - Ti adoro!

Genoveffa                    - Anch'io. D'altra parte, non so perché. Ed è questo il peggio, che ti amo anch'io.

(Entra il cameriere).

Du Faisan                     - Chi c'è?

Il cameriere                   - Il signor Luigi Barpels.

Du Faisan                     - Un minuto.

Genoveffa                    - E' Barpels, il gioielliere?

Du Faisan                     - Ma sì, chi vuoi che sia?

Genoveffa                    - Ancora uno che viene a por­tarti denaro. Me ne vado. Ti telefonerò verso mezzogiorno per sapere cosa si deve fare.

Du Faisan                     - Va bene... (L'abbraccia).

Genoveffa                    - Non mi abbracci bene.

Du Faisan                     - Pensavo al cassiere. (L'abbrac­cia di nuovo. Suona. Il cameriere entra, mentre Genoveffa esce).

Du Faisan                     - Fate entrare il signor Barpels.

Il cameriere                   - Va bene, signore.

Du Faisan                     - (tendendogli la mano) Buon giorno, Barpels.

Barpels                          - Come state, caro marchese?

Du Faisan                     - Male, molto male.

Barpels                          - Avete infatti la faccia un po' sof­ferente.

Du Faisan                     - E' per il morale...

Barpels                          - Una donna?

Du Faisan                     - No... un uomo...

Barpels                          - Ah!

Du Faisan                     - ...cui devo versare duecento­mila franchi fra pochi minuti.

Barpels                          - Non vorrei essere al suo posto. Non ho fortuna.

Du Faisan                     - Ecco!...

Barpels                          - Ero venuto per domandarvi, così, di passaggio, se potete darmi un acconto sulla vostra nota.

Du Faisan                     - Non dò mai acconti, caro signor Barpels.

Barpels                          - E.... purtroppo...

Du Faisan                     - Non per cattiva volontà. Per sistema.

Barpels                          - Per sistema?

Du Faisan                     - Sì... Quando uno si lascia an­dare a concedere un acconto, è rovinato, i cre­ditori ritornano. Sono continuamente attaccati al suo campanello. Si deve dare addio alla pro­pria tranquillità, ed io alla mia ci tengo tanto!

Barpels                          - Allora liquidatemi tutto.

Du Faisan                     - Vedete bene che non è questo il giorno.

Barpels                          - Sarei curioso di conoscere la data di questo giorno. Ogni volta che presento una fattura, non è mai il giorno propizio: scelgo sempre male.

Du Faisan                     - Vi ho rilasciato delle cambiali.

Barpels                          - Che sono anche state rinnovate tre volte.

Du Faisan                     - Credete? Attendete ancora un po'. Un po' più, un po' meno. E poi, voi, caro Signor Barpels, non avete bisogno di denaro...

Barpels                          - Ma, con ragionamenti simili, il Commercio non sarebbe più possibile. (Prende sulla tavola da un astuccio una collana di perle, h camino) Oh! ecco una bella collana!

Du Faisan                     - Credete?

Barpels                          - Sì, le perle hanno buon'acqua, sono abbastanza grosse e molto rotonde... E' un bel gioiello.

Du Faisan                     - Non esaltatevene: è falso.

Barpels                          - Falso? No, non sono diventato pazzo.

Du Faisan                     - Vi dico che sono pezzi di vetro.

Barpels                          - (con la lente) Vere perle... Dove le avete prese?

Du Faisan                     - Da Bluze... Le ho pagate ven­ticinque luigi, un mese fa.

Barpels                          - Non contatemi storie. Questa col­lana è vera e voi lo sapete meglio di me.

 

Du Faisan                     - Volete scherzare?

Barpels                          - Se osassi... direi piuttosto che voi... (Guarda ancora le perle ad una ad una. E dopo un attento esame) Dire che questa col­lana è falsa, è come dire che io sono totalmente incretinito.

Du Faisan                     - (impressionato, prendendo la col­lana) Vediamo, vediamo... Io non so più che dire.

Barpels                          - No, ma io so cosa dico. E' il mio mestiere. (Prendendogli la spilla della cravatta) Questa è falsa. Guardate la differenza. (L'in­tacca coi denti).

Du Faisan                     - Oh! la mia perla! Una perla da due luigi!

Barpels                          - Ne troverete una vera soltanto per venticinque biglietti da mille. (Mostrando la collana) Mentre questa vale almeno trecento­cinquantamila franchi.

Du Faisan                     - Mi abbrutite. Non capisco più nulla.

Barpels                          - Io, sì.

Du Faisan                     - Come?

Barpels                          - Ecco, voi avete donato alla vostra amante una collana falsa.

Du Faisan                     - Sì.

Barpels                          - Ebbene, una donna esce con una collana falsa e rientra alla sera con una collana vera. Sono cose che succedono nelle migliori famiglie!

Du Faisan                     - Ah! Sgualdrinella! E si lagna sempre!

Barpels                          - E' molto delicato, e poi ella aveva senza dubbio paura di addolorarvi. Non si con­segna una collana di tanto valore a uno che non ha potuto offrirvi che una imitazione.

Du Faisan                     - Voglio darle una lezione. Dite che vale quattrocentocinquantamila franchi?

Barpels                          - (rettificando) Trecentocinquan­tamila... trecentomila... Sono disposto a pren­derla a questo prezzo.

Du Faisan                     - (dandogli la collana) E' vostra.

Barpels                          - Ma cosa vuol dire vostra?...

Du Faisan                     - Non ve ne incaricate!...

Barpels                          - Dal momento che io sono coperto, basta. Vi rilascio uno chèque. (Prende il libretto degli chèques).

Du Faisan                     - Benissimo.

Barpels                          - (scrivendo lo chèque) All'ordine del marchese Du Faisan la somma di... (S'arre­sta) Trecentomila, vero?

Du Faisan                     - Come, trecentomila?... Trecen­tocinquantamila ...

Barpels                          - Ho dedotto la mia fattura di cin­quantamila franchi.

Du Faisan                     - Anch'io, ma non come voi.

Barpels                          - Come allora?

Du Faisan                     - Rilasciatemi uno chèque di tre­centocinquantamila e resti liquidato il vecchio conto.

Barpels                          - Ma così io perdo cinquantamila franchi.

Du Faisan                     - Vecchia canaglia. So benissimo che questa collana non la rivenderete certo a meno di mezzo milione.

Barpels                          - Non esagerate!

Du Faisan                     - Non dico ancora tutto! Via, firmate...

Barpels                          - Ma veramente...

Du Faisan                     - Cosa? E' un'occasione unica per potere riavere il vostro denaro; non lasciatevela sfuggire.

Barpels                          - Ma non ho con me le vostre cam­biali...

Du Faisan                     - Ma sì, le avete, non siete venuto a domandarmi un acconto senza averle portate...

Barpels                          - Forse... vedo... (Prende il portafoglio e ne estrae le cambiali) Non me ne ri­cordavo più.

Du Faisan                     - Rilasciatemi due chèques. Uno da duecentomila e l'altro da centocinquantamila franchi.

Barpels                          - Ecco. (Gli rimette gli chèques).

Du Faisan                     - (dandogli la collana) Ecco il gioiello. (Ridendo) Sapete: è falso.

Barpels                          - (prendendolo) Se stessi ancora cin­que minuti qui finireste per farmi paura. Ar­rivederci.

Du Faisan                     - Arrivederci. (Barpels esce. Il marchese suona il campanello. Entra il came­riere).

Du Faisan                     - Vi ho detto questa mattina che per il cassiere del Circolo io non ero in casa... Ci ho pensato meglio... Appena viene fatelo passare.

Il cameriere                   - Appunto... E' già in antica­mera, mentre sta scrivendo qualcosa per il si­gnor marchese, avendogli io detto che il signor marchese era partito prestissimo.

Du Faisan                     - Non importa: fallo passare.

Il cameriere                   - Bene... (Esce. Un secondo dopo, entra il cassiere).

Du Faisan                     - Non sapevo che eravate voi. Al­trimenti non vi avrei fatto dire che ero uscito.

Il Cassiere                     - Ma, signor marchese, è natu­rale che io non mi sarei permesso di disturbarla, se non avessi avuto delle istruzioni formali.

Du Faisan                     - Oh!  Dio mio!  E perché?

Il Cassiere                     - Il signor marchese dovrebbe sapere... il motivo che mi conduce qui...

Du Faisan                     - Ah! sì, quella piccola riscossione...

Il Cassiere                     - Non sarei venuto, se non avevo avuto istruzioni formali, ma prevedevo che si direbbe stato inutile disturbare il signor marchese

Du Faisan                     - (secco) E perché, se vi aggrada!

Il Cassiere                     - (timidamente) Perché, veni mente, duecentomila franchi...

Du Faisan                     - Ebbene? Credete tanto straor­dinario che io sia in debito di duecentomila franchi ?

Il Cassiere                     - Oh! no, signor marchese.

Du Faisan                     - Ebbene, allora, cosa significano tutte queste storie? (Prende lo chèque rilasciotogli da Barpels) lo, quando devo, pago... Ecco una chèque... (Gli tende lo chèque; e siccome  il cassiere sembra imbarazzato) Non vi va?

Il Cassiere                     - A me, sì, signor marchese.

Du Faisan                     - E' uno chèque di una persona seria...

Il Cassiere                     - (esaminando lo chèque) rassicu­rato) Ah! perfettamente, signor marchese, perfettamente. (Fra sé) Che tiro avrà fatto costui?

Du Faisan                     - Si direbbe che ciò vi contraria.

Il Cassiere                     - Oh! come il signor marchese ha potuto pensare questo?... Ma sono quei si­gnori che staranno a bocca aperta...

Du Faisan                     - Ho capito. Si immaginano senza dubbio che io non avrei potuto fare fronte,

Il Cassiere                     - Forse...

Du Faisan                     - E' meraviglioso, parola d'ono­re. E se ne rallegreranno. (Gesto evasivo del cassiere) Sì... Sì...

Il Cassiere                     - Il signore ne ha nemici...

Du Faisan                     - Lo so, lo so... E'... che per can. sa mia sono quasi tutti rovinati. Ah! speravano che non pagassi... Non mi conoscono quei si­gnori...

Il Cassiere                     - Sì, sì...

Du Faisan                     - Piuttosto di essere espulso mi farei saltare le cervella! Espulso! Io! Mai! Guardate... (Prende la rivoltella in un cassetto) Ecco con che cosa pagherei! (Punta parlando la ri­voltella sul cassiere).

Il Cassiere                     - Vi prego, signor marchese, sono padre di famiglia... cotesti giocattoli...

Du Faisan                     - Non c'è pericolo...

Il Cassiere                     - Si crede appunto questo. Quell'argentino che gioca forte al circolo dalle quat­tro alle sei... vi ricordate?...

Du Faisan                     - Sì... alto, bruno...

Il Cassiere                     - Due anni fa si era suicidato...

Dir Faisan                     - Ciò non gli impedisce di avere fortuna...

Il Cassiere                     - Voglio dire che si era tirato un colpo di rivoltella...

Du Faisan                     - Dove?

Il Cassiere                     - In casa.

Du Faisan                     - Vi domando in che parte del corpo.

Il Cassiere                     - Ah! bene... al cuore. Ebbene, il commissario arriva e lo trova disteso a terra e vede accanto a lui la rivoltella. La prende, la osserva. Ne estrae le cartucce e poi, per volere ricostruire il dramma, si punta la rivoltella, (fa il gesto), preme macchinalmente il grillet­to... Ebbene, signor marchese, è restato fulmi­nato sul colpo... Una palla era rimasta nella canna. Quindici giorni dopo, l'argentino era già al circolo. (Guardando improvvisamente l'ora) Sono le undici e mezzo. Dio mio, sono in ritardo.

Du Faisan                     - Avete tanta fretta? Le partite non incominciano che alle due. Prendete un bicchierino di porto con me.

Il Cassiere                     - Grazie, signor marchese, gra­zie. Devo assolutamente rientrare al circolo.

Du Faisan                     - Che cosa c'è di così urgente?

Il Cassiere                     - Quei signori erano così sicuri che voi non avreste pagato che hanno deciso di giudicarvi, per l'espulsione, per mezzogiorno! (Esce).

Du Faisan                     - (solo) Comprendo che sia me­ravigliato... Fa un caldo qui... (Prende la rivol­tella, che mostrava poco prima al cassiere, pre­me un grilletto... e appare un ventaglio col qua­le si fa aria).

Du Faisan                     - (a Genoveffa, che appare d'im­provviso) Tu?

Genoveffa                    - Uscendo avevo dimenticato la mia collana.

Du Faisan                     - Per quella collana...

Genoveffa                    - Lo so, ma preferisco averla. (Aprendo lo scrigno dove era la collana) Eh! Come non c'è? Sono sicura d'averla lasciata qui dentro.

Du Faisan                     - Forse ti sbagli.

Genoveffa                    - O l'avrò lasciata in camera da letto. (Va nella camera e ritorna preoccupata) Ma non c'è, non c'è! (Inquieta) Dove può es­sere?

Du Faisan                     - Fai tanto rumore per una col­lana falsa? (Siccome ella apre un cassetto) E' inaudito, non è lì dentro...

Genoveffa                    - E' inaudito, come?

Du Faisan                     - Non cercare!

Genoveffa                    - Come? L'hai presa tu?

Du Faisan                     - L'ho venduta.

Genoveffa                    - Hai venduto la mia collana?

Du Faisan                     - Ne ho abbastanza di vederti con delle perle false.

Genoveffa                    - E' uno scherzo, vero?

Du F'aisan                     - Uno scherzo, e perché? Ho tro­vato un'occasione e ne ho approfittato.

Genoveffa                    - Non farmela cercare di più.

Du Faisan                     - Ti dò la mia parola d'onore.

Genoveffa                    - Ebbene, hai fatto un bell'af­fare!

Du Faisan                     - Ma dimmi un po', perché ti preoccupi tanto per una collana di perle false?

Genoveffa                    - False... erano vere... verissime!

Du Faisan                     - E me lo hai nascosto. E' questa 3a fiducia che hai in me?... Come le hai avute?

Genoveffa                    - Dal mio amico...

Du Faisan                     - Avevi l'indelicatezza di venire da me con un gioiello che ti era stato dato da un altro!

Genoveffa                    - Era vero, ma per te era falso! ...

Du Faisan                     - Bel pretesto!

Genoveffa                    - Cosa mi dirà mai il mio amico!

Du Faisan                     - Non m'interessa!

Genoveffa                    - Ma pensa che la collana me l'ha donata soltanto l'altro ieri!

Du Faisan                     - Digli che l'hai perduta.

Genoveffa                    - Non mi crederà.

Du Faisan                     - Non sarai la prima, a cui acca­de di smarrire una collana.

Genoveffa                    - Non attacca.

Du Faisan                     - Farà un'inserzione sui giornali.

Genoveffa                    - Come sei furbo!

Du Faisan                     - Faranno un'inchiesta...

Genoveffa                    - Si verrà a sapere che sono la tua amante e si saprà che la mia collana non è stata perduta... io invece perderò il mio amico.

Du Faisan                     - Basta, eh!... Non dovevi far al­tro che essere più sincera con me.

Genoveffa                    - Ti chiedo perdono.

Du Faisan                     - Puoi farlo. E stai tranquilla. Fatti animo. Ci penserò io...

Genoveffa                    - In che modo?

Du Faisan                     - Dopo colazione andremo da Bluze a comprarne un'altra più bella ancora. E il tuo amico non se ne accorgerà.

Genoveffa                    - Credi?

Du Faisan                     - Forse che io mi sono accorto che egli aveva sostituito la mia collana con una vera? Come vuoi che egli si accorga che hai so­stituito una vera con una falsa?

FINE