La colpa di essere uomini

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Dramma in un atto

di Wolfgang ALTENDORF

Titolo originale:  DER ARME MENSCH

Versione italiana di Italo Alighiero Chiusano

da IL DRAMMA n. 176 del 1° Marzo 1953

LE PERSONE

LAVECCHIA MADRE

BOLL, militare condannato a morte

MÖLLER, militare condannato a morte

IL SERGENTE LEBÖFF

IL TENENTE MORELL

Primo guardiano

Secondo guardiano

Il cappellano

♦ Tutti i diritti sono riservati.


Un nudo corridoio di prigione che si perde verso il fondo. Una cella, la cui porta dà sul corridoio: una gabbia a sbarre la divide per il lungo. Luce di riflettori. Una finestra a inferriata. Nella gabbia, un pancaccio. Un secondo pancaccio nell'altra metà della cella.

(La porta che immette nella gabbia è aperta verso l'interno. Sul pancone, dentro la gabbia, è sdraiato Boll, la fronte appoggiata agli avambracci. In primo piano, a sinistra, fuori del quadro e presso la ribalta, sta appoggiata a un bastone la vecchia madre, con cuffietta e lunga gonna nera. Il riflettore la illumina così che risulti evidente la sua non appartenenza alla scena. Si sente il passo di una colonna in marcia. Musica: possibilmente la canzone « O, du schöner Westerwald... » o simile, suonata da un grammofono).

La Madre         Eccoli là, i poveri uomini, i poveri figli di madre! L'uomo viene al mondo, la madre sorveglia i suoi passi, si scoprono in lui attitudini straordinarie. Già si nutrono sul suo conto le più belle speranze... ma anche lui si spezza, come tutti gli altri poveri uomini prima di lui... Viene educato al senso del dovere, alla verità, e poi vergognosa­mente tradito dai potenti di questa terra. Non è che un pezzo di legna che alimenta il fuoco a cui il diavolo si scalda le mani. Ecco che cos'è l'uomo: bambino, soldato, cadavere o storpio, O prigioniero, o condannato, un povero cane pestato a sangue dai calci, torturato dalla sua stessa esistenza sbattuta tra il terrore e la paura della morte; tra l'orrore e le leggi; le leggi che puniscono l'omicidio, che comandano l'omicidio!

(La luce del riflettore si spegne. La vecchia madre non si vede più. Pausa. Si riaccende la luce del riflettore che si sposta lungo il corridoio. I due guardiani vengono avanti lentamente dal fondo).

Primo Guardiano     (parla a mezza voce)   Queste sono le celle dei condannati a morte. Stanno lì

dentro ad aspettare la... hm... l'esecuzione della sentenza, poveri diavoli!

Secondo Guardiano  Ma che... che hanno fatto?

Primo Guardiano(davanti alla prima porta)  Ventisette settantatre: omicidio. Ha fatto fuori una ragazza. Qualche troiata delle solite. Strozzata, cre­do. (Davanti alla porta seguente)  Detenuto numero ventisette novantacinque. Diserzione. Perso il con­trollo dei nervi. Ha tagliato la corda. Può succedere a chiunque.

Secondo Guardiano A me no! Piantare in asso i compagni, puah!

Primo Guardiano Beh, non far tanto il gradasso. È facile farsela nei pantaloni, quando si è lì lì per crepare. In quei casi l'unica è trovare un capitano ragionevole, che sia troppo pigro per far rapporto. Se ha fortuna, lo rimanderanno in prova al fronte. Di questi tempi succede spesso. (Presso la porta seguente)  Ventotto diciassette: viltà di fronte al nemico, insubordinazione e - naturalmente  - diserzione. Una sciocchezzuola! (Alla porta seguente)  Ventotto quarantatre: mutilazione volontaria. Un caso pazzesco. Voleva ammazzarsi. Si è sparato una pallottola in testa. Ora è cieco. Una cosa orrenda. Quando lo sento girare a tastoni nella sua cella!... (Davanti alla cella di Boll)  E qui dentro sta Boll, detenuto numero ventisette ottantatre. Ha rotto il calcio del fucile in testa a un sergente. Sta già al fresco da un pezzo...

Leböff                (ancora dietro la scena)   Guardia!

Primo Guardiano     (si mette sull'attenti)   Eccomi, sergente! (Piano, al secondo)  Leböff, con un nuovo condannato.

(I due risalgono in fretta il corridoio, scompaiono.  Dietro la scena, rumore di serratura)

Di  guardia, nel sotterraneo. Niente di nuovo da segnalare, sergente.                                 

Leböff               (appare con Möller al corridoio. Dietro, le due guardie. Vanno tutti verso la cella di Boll)

Uno nuovo! Lo mettiamo con Boll, sul tavolaccio libero. 

(Davanti alla porta di Boll)

Primo Guardiano     Eccola,  sergente.   (Gli dà la chiave).

Leböff               (mentre apre, guarda il secondo guardiano) Che ti piglia? Sei bianco come una ricotta. A questa roba ci si deve abituare.

(Boll dentro la cella, si stira, sollevandosi; sbadiglia. sollevando; sbadiglia. Leböff spalanca la porta con una spinta, si caccia dinanzi a Möller dentro la cella. I due piantoni si fermano sulla porta) 

Sicché, Boll!

Boll                   (si rizza a sedere)   Chi è che mi stai portando, sergente?

Leböff               Veramente potrei dirti: è così che si saluta?

Boll                  Beh, Beh, Beh!

Leböff               Ma tu sei una vecchia conoscenza, Boll.

Boll                   (davanti all'inferriata)   Ma questo... questo qui è ancora un bambino. Che ne volete fare?

Leböff               Eppure è un tipetto piuttosto pericoloso. Soldato Möller, detenuto numero sette quattordici sessantacinque.

Boll                  Bel numero, per una targa d'automobile!

Leböff               Sette quattordici sessantacinque. Ri­cordati questo numero, Boll. Cacciaglielo bene in testa, insegnagli come ha da presentarsi quando viene il capitano, quando viene il tenente, o se dovesse addirittura venire il colonnello in persona, oppure... il suo sergente Leböff! Che non dobbiamo vergognarci di lui, finché sarà... finché sarà... hm... qui con noi.

Boll                   (ride)   Ma guarda un po' 'sto ragazzino, 'sto pezzettino d'uomo! Quanti anni ha? (A Möller)  Ehi, tu: quanti anni hai?

Möller             Diciotto.

Leböff               Sì, ma l'ha fatta grossa: viltà di fronte al nemico...

Boll                   (con un gesto di sazietà)   Vecchia storia!

Leböff               Diserzione e in più aggressione violenta di un superiore. C'è mancato un pelo che non accoppasse la sua sentinella.

(I due guardiani reagiscono indignati) 

Posso ben fidarmi di te, no, Boll?

Boll                  Eh? Mah, da due ore in qua su di me non c'è più da fare assegnamento.

Leböff               Ehi che signi... - ah, capisco. Sei un tipo che sa trar profitto da ogni cosa. Vuoi che il ser­gente Leböff cacci un'altra volta le sigarette, no?

Boll                  Cosa vuoi che siano due sporche cicche in confronto a sei regolamentari assi di abete.

Leböff                Avrai... avrai le tue sigarette. Certo che le avrai. Ragazzo mio non vorrei trovarmi nei tuoi panni.  Ma ti  posso dire questo: che  siamo tutti maledettamente orgogliosi di te...

Boll                  Ah, chiudi il becco. Con quello non mi compro un accidente.

Leböff               ... a cominciare dal colonnello, giù giù fino a me. L'ho detto subito al capitano: « Möller, qui, il ragazzino, lo portiamo dal nostro Boll. Lì imparerà al più presto a comportarsi come si deve E in più, non se la farà nei calzoni ». Che razza di materiale mandano al fronte, oggigiorno. Insegnagli almeno a presentarsi, Boll, se no va a finire che il capitano in persona mi fa una lavata di capo

Boll                   Vedremo un po' cosa si può fare.

Leböff               O dunque! Più tardi ti faccio portare le sigarette.

(Esce, chiude la porta).

Möller              (si volta di scatto, martella l'uscio di pugni)  No, no! Aprite! Aprite! Aprite!

Leböff                (crolla le spalle, poi, ai due guardiani)  'Diamo!

(Percorrono in fretta il corridoio, spariscono in fondo).

Boll                  Ohilà, piccolo! (Gli si accosta, lo prende per le spalle).

Möller             Devono... devono farmi uscire!

Boll                  Sarebbe bello, no? Ma non lo faranno. Sono maledette carogne. Siediti intanto lì, sul pancaccio.

(Lo spinge fin là, ve lo fa sedere, prende lo sgabello dall'angolo, vi si mette sopra a cavalcioni)  Là! Hai per caso qualcosa da fumare?

(Möller si prende la testa tra le mani) 

Senti, hai niente da fumare? Cos'è, sei diventato muto? Ehi, dico, ami­cone! Non hai niente da fumare?

Möller             No, niente.

Boll                  Una scarogna così non posso averla che io. Ti arriva quest'individuo di fuori, e non ha neanche in tasca una cicca. Il biberon, però, te lo sei por­tato dietro, eh? Ma di' una parola, porco Giuda!

Möller             Io... io non ho fatto niente di male.

Boll                  Ma certo! Anch'io non ho fatto niente. Nessuno, qui, ha fatto niente. Te lo sei guardato bene, Leböff? Dodici anni di servizio e ancora solo sergente. Un fifone di prima forni. Basta che senta parlare di una cassa da morto e comincia già a battere i denti. Non si direbbe, a vederlo, in quella sua bella uniforme con  tanto di galloni, quando comincia a sputarti le sue sentenze. È uno come lui che ho ammazzato, se vuoi saperlo.

Möller             Tu... tu hai ammazzato qualcuno?

Boll                  Sì, io ho ammazzato qualcuno. Ti mera­vigli, no? Diciotto anni, hai detto? E roba simile la rinchiudono... qui, con me! Bisogna proprio che vada ad accendermi l'ultima.

(Va al suo pancaccio dentro la gabbia e tira fuori una sigaretta di sotto il guanciale, nonché una spazzola da scarpe in cui ha nascosto un pezzo di cartavetrata e alcuni fiammiferi) 

Proprio con me vanno a mettere un tipo simile! Con me, già si sa. E con chi altri? (Mostra a Möller la sigaretta che si è fatta lui stesso)  Che te ne pare di questa cartina? Liscia, resistente, sottilissima, Questa è una sigaretta di lusso, « made in Germany ». Sai come si fa a procurarsi della carta così? Ci si fa condurre alla funzione religiosa... (Si accende la sigaretta).

Möller              Io non ho ucciso nessuno, non ho ammazzato nessuno! Io non ho mai fatto una cosa simile, io... io...

Boll                  E chi vuoi che si faccia ammazzare da te?

Möller             Perché mi chiudono dentro? Checos'è questo? (Si alza, va alla finestra)  Sbarre...

Boll                   Che cos'è questo? Eh, bello mio! Un appartamento, un localino ben riparato, ah, ah, ah! Che cos'è, chiede! Un bel giorno, però, traslocheremo. Alla lunga qui la prigione finirà per costarci troppo cara. Va' via dalla finestra! È un'abitudine che devi toglierti una volta per sempre. Non posso sopportare che qualcuno se ne stia lì davanti alla finestra, capito? Non serve a niente. Non serve a un corno di niente. L'ho provato abbastanza a lungo io stesso. Siediti, ragazzo. Dài, siediti!

Möller              (si siede sul pancaccio)   Perché... non mi lasciano tornare a casa?

Boll                  Che, vuoi andare dalla mamma? Meglio che te la scordi subito. Ma fammi finire di rac­contarti: ti fai condurre alla funzione: un affare molto edificante. Ti portano giù ammanettato. Ammanettato in chiesa. È una tua prerogativa, e ne vai fiero. Di fronte agli altri soldati del primo e del secondo piano (indica in su),tu sei infatti una cosa speciale: un esempio da fuggire! La notte li sognano... tutti! Anche il capitano, il sergente, Forse anche lo stesso tenente Morell, Ma su quello non si può mai giurare. È innamorato dalla mattina alla sera e naturalmente anche durante la notte. Fortunato, quello! (Si piega su di lui)  Sognano la tua faccia pallida, perché tu sarai fucilato, una mattina... alle prime luci dell'alba!

Möller             Io...? Io... no! Non sarò fucilato! Chi... chi è che mi può... fucilare? Ma se non... se non è vero!

Boll                   E va be', no allora! Niente. Neanche per sogno. Non vuoi, eh? E credi che io lo voglia? Nessuno vuol essere fucilato.  Il  mondo è bello, la vita è bella... eccetera eccetera! Sdraiati un po' sul pancaccio.

Möller             Cosa c'è?

Boll                  E allungati, su! Così uno riesce a  immaginarselo meglio.

Möller              (sdraiato)  Che cosa?

Boll               Che effetto fa quando un bel giorno ci si ritrova distesi dentro una cassa di abete.

Möller              (si rialza subito a sedere)  Non... Non parlare di questo.

Boll                   (a giacere sul suopancaccio)  Bah... quando sono sdraiato sul pancaccio, io me lo figuro, invece: «Ecco »,  mi dico, « sto nella luna ». E trattengo il fiato. Morto! I gomiti urtano contro gli assi laterali.  Una cassa di quelle un po' corte sopra e sotto. Il fisco fa economie dove può. Tanto, quando si tratta di feretri,  non fa male a nessuno.  Tu frégatene.

Möller             Io non voglio morire!

Boll                   Cosa c'è di speciale? Ti mettono nella cassa, ti chiudono il coperchio... e poi giù, nel seno della buona madre terra! (Butta via la sigaretta fumata sino in fondo, si rialza, passeggia su e giù).

Möller             Io non vogl... non... non posso... Oh, mio Dio!

Boll                  Già, un tema scabroso. Ma tranquillizzati. Anche la morte, poi, è una cosa come tutte le altre. Dov'ero dunque rimasto? Lasciami parlare, lasciami dire quel che mi viene in mente. È un vero bene­ficio, per me. Ah, la messa, giusto! Senti: un buon consiglio. Quando il cappellano sta a predicare, bisogna che tu lo ascolti con devozione. Più sembri devoto, più ci guadagni. Tu mi capisci: di fronte a una morte certa... e che vuoi farci? Noi siamo i candidati alla morte. Con noi non cambierebbe nessuno.

Möller              Io  non  voglio, mio Dio, non voglio!

Boll                  Non  diventarmi  solo  isterico come  una donna! Magari tu lo fossi. Mi sentirci un po' meglio. Ma di' un po': davvero non hai proprio niente da fumare, con te?

Möller              Io non fumo.

Boll                  Ma va'!

Möller              Sul serio.

Boll                  Ma allora, che ci stai a fare, al mondo? (Si risiede sullo sgabello) Qualche volta si canta, anche, già. Canti religiosi!

(Guarda in su, in ascolto. Dietro la scena si ode piano un coro liturgico) 

Rimbomba come in una vera chiesa. Ebbene, ogni volta mi vengono le lagrime... che tu lo creda o no. Le lagrime. Mi commuovo, che vuoi farci? Ciascuno di noi ha il suo punto sensibile. Me ne sto qui accoc­colato e piango come un bambino. Dio santo, non è mica colpa mia! (Il coro è terminato)  Eh sì, hanno unbel cantare, quelli! (Con l'occhio fisso davanti a sé) Il cappellano è una brava persona. Niente dadire contro di lui. Anche troppo buono. Stona un po' con la nostra villa. Tutto lo la soffrire. La prigione, le casacche di traliccio, le nostre mani incatenate, gli zoccoli di legno, le facce pallide. Se dipendesse da lui, ci rimanderebbe a casa con tutti gli onori e con un santino in mano. (Scoppia a ridere) È fatto così. Eppure lo sa benissimo che tra poco s'andrà tutti a mordere l'erba...

Möller             Ma smettila dunque di parlarne!

Boll                  Eh, porco cane,  non essere così delicato! Bisogna che ti rassegni all'idea che ti bruceranno un paio di fori regolamentari nelle trippe.

Möller             Non lo faranno! Io... io parlerò col capitano, col colonnello. (Salta su, si lancia verso la porta).

Boll               Tutta gente che non ha a che vedere con noi.

Möller             Ma se riuscissi ugualmente?...   Chi altro se ne occupa?

Boll               Non attaccar grane, è una cosa che non piace qui. È gente che bisogna tener di buon umore, quella. Ci si guadagna di più. Andiamo avanti: finita la funzione, ti fai regalare dal cappellano una raccoltina di canti spi­rituali, sai: « Lode a Dio nel più alto dei cieli » e roba così, o anche un piccolo catechismo o qualche altro libretto di devozione. Più è roba edificante, più la carta è sottile... capito? E di lì poi ricavi le migliori cartine da sigarette che si possano im­maginare.

Möller             Ma io non fumo!

Boll                  Io sì, però! Già me ne son fumati cinque, di libretti. Alla lunga si comincia a dar nell'occhio. Ma può anche darsi che il cappellano si dica: « Ma sì, lasciamo che si fumi il libro di preghiere, povero disgraziato: anche questo è un bene per lui e per la Chiesa! » Tu, naturalmente, fingerai di essere un fumatore accanito.

Möller             No, bugie non ne dico!  È una cosa che non faccio.

Boll                  Oh, santo Iddio! Ma non essere così balordo! Verso di noi hanno sempre il cuore tenero. Beh, quello che daranno a te, tu poi me lo passi. È una buona azione, e di là ti guadagni un merito in più... per il giorno del Signore!

Möller             Quanto... quanto tempo dura?

Boll                   Che cosa? Ah, vuoi dire... (Fa con l'indice l'atto di premere un grilletto)  Beh, possono venirti a prendere ogni mattina. Di solito alle tre e mezzo. Sai da quanto tempo sto in attesa, io? Da duecento quarantatre giorni e relative notti. Sissignore! Serve altro?

Möller             Già... da tanto?

Boll                   (si alza, si stira)  Sì. E son dispostissimo a reggere ancora altrettanto tempo prima che mi dia di volta il cervello. La vita è bella, ah!Anche qui. Anche qui, tra queste  quattro pareti imbiancate. Bisogna guadagnar tempo, capisci? Che ne so, io, della morte?

Möller             Io ne ho paura, paura!

Boll                  Paura della morte? (Davanti all'inferriata) Tutti, una volta o l'altra, devono morire. Tutti quanti. (Si volta verso la platea)  E c'è almeno questa consolazione: che una cosa che dobbiamo far tutti non può essere tanto orribile! Io veramente ho paura solo dell'istante che mi spareranno addosso. È come saltar giù in un precipizio e spiare il momento che vai a sbattere in fondo!

Möller             No...  io, io non voglio, non voglio morire!

Boll                  Tu no, è chiaro! Ma gli altri sì, eh? Qui accanto, quel povero diavolo. Che te ne importa? O io, forse? Purché non sia tu. E tu chi sei? Ver­ranno a portarti via senza chiederti se sei o non sei d'accordo. O morire davanti o crepare dietro. Una terza alternativa non c'è. Così m'hanno insegnato.

Möller             Se tutto questo non fosse che un sogno... ah, sì! Io sto sognando. Ho sempre fatto dei sogni così opprimenti...

Boll                  Fesserie, tu sei sveglio. Beh, ma in fondo: la vita stessa è un sogno, figlio mio. Si tratta solo di vedere in che modo ci svegliamo. A noi provvede una bella esplosione:  scarica di fucileria! Per altri c'è l'accompagnamento musicale: sepoltura! La conclusione  è la stessa: quel che puzza deve andar sottoterra! Quasi ogni notte vedo la mia fucilazione, almeno  quando  non   sogno  qualche donna. Cosa sono, infatti: un pezzo di legno? Un pezzo dì stereo? Senti, se questa storia dura ancora un pezzo, se questa storia  dura  ancora...   Io...  io so per filo e per segno come si svolge la faccenda. Vuoi che...

Möller             Che cosa?

Boll                  Come avviene la fucilazione... eh?

Möller             Sì...

Boll                   (si batte la coscia)   Tutti vogliono saperlo, tutti! È strano. Non ce n'è uno che non voglia conoscere ogni particolare. Ce n'è stato un altro, qui nella mia cella. L'ho raccontato anche a lui. Aveva da scontare una rapina a mano annata. Un ragazzo già piuttosto anziano. Anche lui voleva sa­pere ogni cosa. Beh, ora lo sa. L'ha già sperimentato da un pezzo. Con quello non l'han fatta tanto lunga. L'han portato subito al « happy end »! (Ride)  Come ultimo desiderio chiese di avere una donna...

Möller             Glie l'hanno...?

Boll               Ma fatti furbo.  È una cosa immorale, no? Una costoletta di maiale arrosto... questaè già un'altra cosa. Dunque ascolta: quando verso letre e mezzo del mattino viene il cappellano... e ti entra in cella, allora puoi intonare l'Alleluja. Quegli altri lo mandano avanti perché qualcuno ti dia la notizia con tutti i riguardi e con una certa unzione. Tu confessi a lui i tuoi peccati, e quello s'incarica della tua ultima lettera. Da quel momento in poi, caro mio, senti il passare del tempo. Ogni respiro è un colpo di stantuffo. E scorre via... non puoi fer­marlo! Si scarica in fretta. Ti guardi intorno nella cella... tra poco non potrai più farlo! (Eseguendo)  Muovi un dito: tra poco sarà immobile, rigido... Dici a te stesso « io », ah! una cosa meravigliosa. L'Io! Te lo uccideranno. Dovunque mirino, colpiranno il tuo Io! Tu a chi scriverai la tua ultima lettera?

Möller              lo? Ma io... no! Io no! Che aspettino! Non lo farò più! Non scapperò mai più! Resterò dove mi mettono! Non mi muoverò dal posto. No, no! Non possono fucilarmi, non possono! (Sin­ghiozza, sdraiato sul pancaccio)

Boll                  Hai una mamma?

Möller              È morta.

Boll                  E neanche la fidanzata non ce l'hai ancora, no?

Möller              (alza gli occhi a guardarlo)   Io?... No!

Boll                  'Orco cane!  Mai avuto carne di donna nel letto, no?

Möller              Sta' zitto, ma... maiale!

Boll                  Ah, questa poi!... Buon Dio! E roba simile la vanno a fucilare! Basta, a chi scriverai la tua ultima lettera?

Möller              A mia sorella.

Boll                  A tua sore...   'orco diavolo! A una simile eventualità non ci avevo neanche pensato. Quanti anni ha? È carina? Se assomiglia a te!... Hai un suo ritratto?

Möller              (con entusiasmo)   È la più bella ragazza del mondo!

Boll                  Là, là! Non sparare così alto. Io sono un intenditore.  Che ne vuoi sapere, tu, di bellezza femminile... eh? (Schiocca la lingua).

Möller              Ah, sta' zitto!

Boll                   Ma  guarda,  diventa   ancora   rosso  alla vigilia di crepare! Lo sa, lei, che tu sei qui?

Möller              Certo che lo sa. Come no! Lei sa tutto quel che mi riguarda.

Boll                  Bene... E lei, naturalmente, verrebbe qui  da te, se potesse, no?

Möller              Lo potrà. E verrà, lo sento. A un bel momento sarà qui.

Boll                  A consolarti, eh? Ad accarezzarti? Pah! Vada tutto al diavolo, questa sporca vita, questa lurida morte!

Möller              (esaltato)   Lei verrà, oh sì! Mi è sempre stata vicina, quando ho avuto qualche guaio. Una volta fui investito da un'automobile. Andai all'ospe­dale; per la  frattura del cranio.  Ebbene, lei mi è stata sempre seduta accanto. Quando venivano le infermiere, lei regalava a loro del caffè o portava un pezzo di torta. E allora poteva starmi rutto il giorno vicina, anche se non era ora di visite. Forse verrà   tra  poco.  La lasceranno entrare  a vedermi. Nessuno riuscirà a mandarla via, se lei ha deciso di vedermi. Lei ottiene quel che vuole!

Boll                  Tutti vengono mandati via!

Möller              Tutti,  sì.  Ma  non  lei!  Lei non la manderanno via! Lei no. Verrà, ne sono certo.

Boll                  Nessuno di fuori può arrivare fino a noi. Non pensarci più. Da' retta a me, toglitelo dalla testa. Morirai solo come un cane. Non ci sarà nes­suno a tenerti la mano. Dovrai vedertela da te.

Möller              Non mi lascerà solo! Tu non la conosci.

Boll                  Vedrai!...  Dunque:   dopo la  tua  ultima lettera ti regalano quante sigarette vuoi. Ma a te non interessano. Allora puoi ordinare il tuo piatto preferito. Per esempio: costolette alla milanese. Te le fanno, sai! Costolette alla milanese con fettine di limone. Puoi anche ordinarne doppia porzione. In quei casi non fanno mica gli spilorci. Te le portano. Poi l'ufficiale addetto all'esecuzione entra nella tua cella riservata, la tua cella di condannato a morte, perché è lì che ti porteranno, se io sono ancora qui e quello ti legge ancora una volta la tua sentenza. Lì c'è scritto perché ti fucilano. Con lui ci sono due altri ufficiali. La scorta d'onore. Due giovani sotto­tenenti. Gli ufficiali più anziani se la squagliano, in casi del genere. C'è anche Morell, che se ne sta là in fondo e pensa alla notte trascorsa, quel cane. Ti caricano ammanettato su un carro. Il carro è chiuso con un copertone, già. Vicino a te siede un sottufficiale, pallido come uno straccio:  a quello gli dà sempre sullo stomaco.  Non ci si abitua mai!  La carretta si muove. Dietro c'è sempre aperta qualche piccola  fessura. E  attraverso quella  puoi  guardar fuori sulla strada:  vedi gli alberi, le pietre del selciato.  In bicicletta, una ragazza di fabbrica ancor mezza addormentata. Le sventola un po' la gonna. Cosce bianche come il latte. Questo è l'addio che ti dà il mondo! Porca maledizione!

Möller              E... poi...

Boll                  In mezzo alla cava di pietra, fuori, si trova il palo. Lì vicino, la cassa da morto. Sai benissimo che  tra  qualche  minuto ci  starai  disteso  dentro. Ti leggono ancora una volta tutta la lista delle tue infamie. Le sai già a memoria, ma ti interessano molto. Chi parla è uno che resterà vivo, uno che per causa tua si è dovuto alzar presto e che adesso ha freddo, uno che ha in casa l'attendente che gli tien pronto il caffè. Quello è l'opposto di te:  lui vive. Tu invece, muori. Ti chiedono poi se sei d'accordo di venir fucilato.

Möller             Ah, chiedono?...                  

Boll                   Naturale. Fa tutto parte della faccenda. E tu rispondi di sì:  «Sono d’accordo».

Möller              Ma...                                      

Boll                   Chiaro che puoi dire anche di no: « Nossignori, non sono d'accordo per niente! ». Allora, se è possibile, ti riportano indietro nella tua cella, ti mettono davanti carta, penna e calamaio, e ti fanno scrivere qual è il motivo della tua protesta. Con ciò guadagni, diciamo, tre giorni. Ma poi ti fucilano lo stesso.  E tutta la storia  ricomincia da capo. Ma tu dirai di sì. Ti dichiarerai d'accordo. Dicono tutti di sì. Nessuno ha mai niente da obiettare!  Allora ti legano al palo con le mani all'indietro e ti fissano a un grosso chiodo, perché tu poi non tracolli a terra. Devi morire in piedi. Quel cascare   giù fa un effetto orrendo, scuote troppo i nervi degli spettatori. Non solo: ma l'uffi­ciale medico deve poter accertare la tua morte con la massima comodità... con una mano sola, per così dire!

(I due guardiani vengono avanti nel corridoio, sino all'altezza della cella di Boll).

Möller              Ma stanno... stanno venendo da noi!

Boll                  E se anche fosse? A quest'ora del giorno sono tutti benvenuti. Quel porco di Leböff mantiene la parola!

Primo Guardiano(apre la porta, entrano tutti e due nella cella. Consegnano a Boll un pacchetto di sigarette)   Distribuzione « fumogena »! E tanti saluti da parte del sergente, Boll!

Boll                   (afferra avidamente il pacco, ne sfila una sigaretta)   Grazie, camerati! Beh, dov'è la fiaccola?

Secondo Guardiano(fa scattare un accendisigari automatico, glie lo accosta)   To', povero diavolo!

Boll                   (godendosi la prima boccata)   Ah, questa sì ch'è un'altra cosa! Con quelle che ti fabbrichi da te, è più quello che mangi che quello che fumi.

Primo Guardiano Se continui così, finirai per seppellirci ancora tutti.

Boll                  Ma certamente!

Secondo GuardianoChe nervi d'acciaio! Chi direbbe mai che ha il palo davanti a sé?

Boll                  Meglio averlo davanti che dietro! Che c'è di nuovo?

Primo Guardiano E che vuoi che ci sia in questo maledetto cesso?

Boll                   Chiacchiere  nuove, sicché, non se ne fanno?

Secondo GuardianoAh! Siamo anche noi delle mezze cartucce.  Qui contano solo quelli che hanno tanto di galloni sulla manica.

Boli                    Beh, ma voi almeno potete andarvene in giro liberi. E quando è finito il servizio... com'è che si fa? A letto con la ragazza, no; (Ride).

Secondo Guardiano Oh, mica poi tanto!

Primo Guardiano Anche quelle ronzano solo intorno al berretto degli ufficiali! Il tenente Morell quello sì! Quello se la spassa come gli pare. Anhe ieri aveva con sé una donna fuori serie!

Boll                   Bene, son contento. Quello è uno che ci sa fare. Quando uno ha il suo fisico! Quante credete che ne consumi alla settimana, così a occhio e croce?

(I due guardiani ridono) 

Beh, che ora è?

Primo Guardiano Le sei. Tra poco c'è qualcosa da mangiare.

Boll                  È di quello che si vive! E adesso, fuori dai piedi! Non ce la faccio più, a vedermi davanti i vostri musi.

Secondo Guardiano Accipicchia, oh! Sei proprio un bel tipo. Quando mi crescerà una cicca mi ricorderò di te.

Boll                  E farai appena il tuo dovere, amicone!

Primo Guardiano Il nuovo, lì, non apre neanche la bocca, eh?

Secondo Guardiano  A quello gli è arrivato come un pugno nello stomaco.

Boll                   A voi non vi riguarda un accidente. Sta­notte, piuttosto, infilatevi delle ciabatte di feltro, così il bambino, qui, potrà dormire.

(Ride. I due guardiani escono dalla cella).

Primo Guardiano(richiude la porta)   Dev'essere una sensazione orribile, starsene rintanati là dentro...

 Secondo Guardiano(mentre entrambi si allontanano)   ...finché un bel giorno, « pam »! Possiamo ancora accontentarci noi, va là!

(Via).

Boll                  Eh sì. Vedi, è così che bisogna parlare con questa gente, allora ne ottieni qualsiasi cosa. Son bonaccioni, poveri diavoli. Anche loro, un giorno o l'altro, dovranno crepare da qualche parte. Vuoi sentire il resto?

Möller              (con angoscia)   Sì... vai avanti a rac­contare!

Boll                   (fumando)   L'ufficiale medico viene e ti appunta un pezzo di stoffa rossa sul petto, proprio sopra il cuore. È il bersaglio per gli otto fucili che mireranno su di te. Allora si avvicina il cappellano e ti tiene davanti agli occhi il crocifisso e ti dice parole di devozione. Lui è l'ultima persona che si occupi di te, che ti rivolga la parola. Ma forse tutto questo non è più molto importante. Tu, ormai, te ne sei già andato da un pezzo, e quello che lui dice vale per gli spettatori, per quelli che restano in vita, perché possano sentirsi tranquilli. Questo mondo non si può lasciarlo che molto ben prepa­rati. Anche un assassino, anche un vigliaccone! Ma tu ti aggrappi alle sue parole. Sono le ultime. Poi ti bendano gli occhi. Anche questo ha  il  suo motivo.

Möller              ...sì, perché io non veda le canne di fucili!

Boll                   (fa di no con un gesto)   ...perché quelli che ti fucilano non ti vedano gli occhi. Poiché lì dentro c'è un'anima che si prepara per il viaggio! Il giorno prima hanno fatto le prove con cartucce a salve. C'è chi è svenuto anche allora. Sai, quando si ha una fantasia un po' sveglia... Per questo ci sono anche le riserve. Come in una squadra di calcio. A sinistra, vicino al plotone d'esecuzione, sta il tenente, di solito Morell. La sua faccia, sotto l'elmo d'acciaio, è bianca come la calcina. Nessuno ama la vita più di lui... eppure gli tocca ammazzare un vivo! E guai a lui se si lascia andare, povero disgraziato anche quello. Non per niente è un ufficiale, un esempio. Intanto nella solita taverna si è già fatto mettere in ghiaccio una bottiglia di champagne. È un punto d'onore, per lui, prendersi dopo una bella sbornia.

Möller              ...ed è lui che da l'ordine di...

Boll                  Sì. Hanno trovato un modo ingegnoso, adesso non gridano più, come sì faceva nel '48: « Mirate! Fuoco! ». Ora tutto procede in silenzio. Tu stai legato al palo, con la benda sugli occhi e aspetti. Aspetti quel « mirate! fuoco! ». Ma il tenente alza solo il braccio, così: (alza e poi riabbassa il braccio destro)  ...e lo abbassa una prima volta. Tu, al palo, pensi: « E l'ordine, quando lo dà? ». Allora senti qualcosa che fa « crac ». (Imita il ru­more facendo schioccare le dita)  Sono i manubri delle culatte dei fucili, E tu pensi: « Cos'è sto rumore, cos'è che succede? ». Le orecchie mica te le hanno turate. Senti qualche cosa, e non sai che cos'è. Allora il tenente alza per la seconda volta il braccio. (c.s.)  Quelli puntano i fucili e mirano... (imita)  ... mirano lo straccetto rosso sul tuo petto, non te. Tu li senti ansare. Ma non sai niente finché... Finché senti l'ultima parola della tua vita, l'ultima voce umana. È un grido: « Fuoco! ». Quell'ordine di « fuoco » te lo porti via con te. Risuo­nerà ancora nell'altro mondo, quel « fuoco! ».

Möller              Fa male?...

Boll                  Che? Che cosa? Cos'è che deve far male?

Möller              (con le mani sul petto)   Tutte... tutte quelle pallottole!...

Boll                  Ah, quelle? Ti fanno paura?

Möller              Sì!... Sì!

Boll                  Tranquillizzati, allora, figlio mio, tran­quillizzati! Non fanno male per niente, quando mai? To', guarda un po' qui. (Si toglie la casacca di traliccio, si volge con la schiena nuda verso la finestra)  Le vedi quelle cicatrici?

Möller              (osserva la schiena)   Sì. (Si risiede sul pancaccio).

Boll                  Beh, è la mia ferita. Sì, caro mio:  una palla attraverso la schiena. Sicché m'è già arrivato, un coso di  quelli,  in  mezzo alle costole!  Si son dati una fatica pazza per ricucirmi insieme, in modo da potermi ora del  tutto... bah, lasciamo perdere! Ebbene,  non  ha  mica fatto  male,  macché!  Così, come se uno mi avesse dato una botta con un ran­dello. Un randello avvolto di bambagia. Che vuoi, succede troppo in fretta. I nervi non hanno nem­meno il tempo di avvisarti. Il sangue ti zampilla di  dietro, dalla schiena... finis!  Solo più qualche riflesso, come un pollo sgozzato. Tu non senti niente. Senti solo quel « fuoco! ». Poi forse ancora qualcosa che assomiglia  a  un'esplosione;  ti  ronza nelle orecchie; per mezzo secondo... poi cadi all'indietro, un precipitare morbido... profondo... giù giù nell'infinito.  Mai in vita tua ti sei coricato più sul morbido. Nemmeno tra le braccia di una donna! (Si alza, va alla finestra, guarda fisso in fuori).

Möller              (dopo una pausa)   Forse ti grazieranno, dato che sei già dentro da tanto tempo!

Boll                   (si volta di scatto. Ci crede lui stesso)  Graziarmi? Ah sì... credi? Credi anche tu? Leböff una volta  mi  ha  già  fatto balenare qualcosa  del genere. In fin dei conti è già un'eternità che sto qui dentro. C'è già stato una volti un caso simile. Anzi,  quello là  era dentro da soli sei mesi. Beh, l'hanno  effettivamente  graziato,  non hanno fatto altro che prenderlo e cacciarlo al fronte:  « Avanti, fa' vedere quel che vali! Dimostra che non eri an­cora maturo per il viaggio all'altro mondo! » È poi caduto più tardi. Ma questo non è affatto necessario. Io so com'è. Se si ha fortuna, se n'esce sani e salvi. Oppure si busca una buona ferita, si va all'ospedale... Deve aver ululato di gioia come un cane, quello, quando gli han letto la sentenza di grazia.

Möller              Lo vedi, dunque! Per questo, non bisogna mai perdere ogni speranza...!

Boll                  Pah!   Un Boll  non lo grazia  nessuno! Omicidio! Un caso che non si discute nemmeno. Ho ammazzato un uomo. Un uomo? Una belva, era! Uno sporco  maiale,  un aguzzino, una iena! Un sergente anziano che aveva finito per far schifo a se  stesso.  Un...  superiore!  Tipo Leböff... solo un po' più sudicio. Mai sentita fischiare una pallottola! Uno schifoso leccapiedi! Beh, mi ha ridotto a uno straccio. Tutto il santo giorno:  « Fila di qua! Fila di là! In piedi, bestia! A terra, bestia!». Mi ha mandato a monte ogni licenza, ogni libera uscita! Tre minuti prima dell'appello...  là, mi schiaffava dentro. Un vero porco in grigioverde! Un bel giorno ci  vedo rosso, sollevo il calcio del  fucile! Giù sul suo cranio, trummm! Una, due, tre volte. Quello non s'è più mosso.   Il suo cervello... Una poltiglia! Eh, bello mio, no! Il detenuto Boll, numero ventisette ottantatre, ha più che meritato la sua morte,  chiaro? Quello non te lo grazia nessuno! (Pausa). Chissà che ilgenerale non mi abbia dimenticato! Cose che succedono. Da qualche parte, sotto una montagna di pratiche, giace il signor Boll. Sopra ne arrivano di nuovi, vengono sbrigati, confermati, graziati. Ma la mia pratica resta in fondo.  Intanto ne arrivano sempre di nuove, lui continua a firmare partendo dall'alto... e così andiamo avanti.  Boll resta sempre in fondo. La pratica ingiallisce, invecchia. E io aspetto. Oh, aspetto volentieri!  Forse un giorno o l'altro può succedere qualcosa. Che so, prende fuoco la prigione. Io mi precipito fuori e salvo la figlia del colonnello da una morte sicura, che te ne pare?

Möller             Forse anche la mia pratica è finita in fondo al mucchio e verrà dimenticata!

Boll                  Eh, consolati! Te non ti dimentica nessuno. E se vengono domattina a prendere uno di noi due, quello sarai tu.

Möller              Io? No! Non io!

Boll                  Scommetto quel che vuoi. Ne ho già avuto un altro nella mia cella. Ebbene, io son rimasto qui. Quanto ha urlato, quello, quando l'hanno portato via! Quanto ha urlato! Perché urlare? Tenere il becco chiuso e morire... così si fa!

(Morell viene su per il corridoio con un mazzo di chiavi. Boll tende l'orecchio) 

Questo... questo è il tenente Morell! Lo conosco dal passo Cosa dia­volo

(Morell apre la cella di Boll)

...cosa diavolo verrà a fare qui, a quest'ora?

(Morell entra. Boll salutando) 

Soldato Boll, numero...

Morell              (lo dispensa con un gesto)  Sta' zitto, Boll.

Boll                  Signorsì, signor tenente.

Morell           (indica Möllercon le chiavi)  E' quello lì? Il nuovo?

Möller              (che è balzato in piedi)  Soldato Möller... numero...

Morell           ...ancora così giovane!Eppure non lo accontenta che la roba forte. Sigari virginia, nientemeno! (Estrae un pacchetto dalla tasca della giubba).  Ci sarebbe quasi da intervenire d'autorità, nevvero, Boll?

Boll               (allunga il collo verso il pacchetto) Sì... Signorsì, signor tenente. 'Sto ragazzino fuma come una ciminiera. Eh già! La gioventù d'oggi...

Möller              Ma io...

Boll               Niente falsa modestia. Sì è quasi divorata la mia ultima cicca!

Morell             Voi avete una... hm... sorella?

Möller              Irmgard!!... Dov'è? Verrà qui?

Morell             Sta... hm     sta magnificamente bene. Mi ha incaricato di salutarvi. Una ragazza per la quale... hm... non posso farvi che i miei rallegramenti.  Beh, trattandosi di  voi...  tenete questo pacchetto.  Vostra sorella fa molte cose per Voi! E... acqua in bocca su tutta la faccenda, Boll!

Boll                  Va da sé, signor tenente. È un punto d'onore. Voi mi conoscete bene.                  

Möller              Io... io lo sapevo! Lo sapevo! Quand'è che viene? Me la faranno ben vedere, no, signor tenente?

Morell              (gli dà una breve occhiata. Poi, a Boll)  Posso dunque fidarmi di voi, vero, Boll? Questo qua è ancora un bambino!

Boll                   (ghigna)   Al mille per mille, signor tenente;

Morell             È stata pura compiacenza da parte mia. Non si può mica aver sempre il cuore di pietra! Buona sera!

Boll                  Buona  sera,  signor   tenente. 

(Batte gli zoccoli. Morell gli fa cenno di lasciar stare, esce)

Möller              Ma...

(Vuol seguire il tenente. Morell chiude dal di fuori e se ne va).

Boll                   (trattenendo Möller )    Sei pazzo? Siediti! Mica  succede ogni  giorno,  una cosa simile.

(Fa sedere Möller  sul pancaccio, si siede sullo sgabello)

Roba che resti senza fiato! Porco! Quella ragazza! Come sa quello che ci piace!  E poi vuoi darmi ad intendere che non fumi!  Fa' un po' vedere! Un pacchetto intero di virginia!

Möller              Ma... perché mi manda questa roba?

Boll                  E quel che ha dovuto pagare per questo... Accidenti! Eh sì, quel porco di Morell ci sa proprio fare! Era dunque quella la donna fuori serie che diceva il guardiano! Stanotte se la porterà di nuovo a letto... (indica i virginia)  ...per questo!

Möller              Cos'hai detto? No!... no. Lei non fa una cosa simile!

Boll                  Beh, se lo dici tu!...                               

Möller              Se è così, voglio che se le riprenda!

Boll                  Che cosa? I virginia? Oh, di' un po'... ti gira, no?                                                               

Möller              Voglio che lasci  in  pace mia sorella!

Boll                   (ride)   Ci si... ci si diverte anche lei, va là!

Möller              Che cosa vuoi dire?

Boll                   Ma niente, niente! Che ne vuoi sapere, tu, della vita! Coraggio, su allungami un siluro di quelli.

Möller              (si stringe addosso il pacchetto)  Questi non si toccano!

Boll                  Pah, tanto lei continuerà a coricarsi col tenente finché a lui farà comodo.                

Möller              E stattene zitto, una buona volta, porco!

Boll                  Smettila di fare il commediante! Quella roba  lì  non te la  ripiglia più nessuno. La virtù di tua sorella, in tutti i casi, è già andata al diavolo. Di' un po', ma davvero non fumi?

Möller             Non ho mai fumato in vita mia!

Boll                  Strano! Perché, allora, ti manda dei sigari? Che siano... che siano avvelenati? Che non voglia vederti finire al palo? Ce n'è, delle donne così matte. Fammeli un po' vedere!

Möller              Av... velenati? (Gli dà, esitante, il pacchetto).

Boll                   (lo apre,  ne sfila un sigaro, lo annusa)  L'odore è quello. Ma  non  vuol dir niente.  (Tira fuori il filo di paglia)  Anche questo è genuino. (Una piccola sega d'acciaio cade a terra)  Oplà!

Möller              Che succede?

Boll                   (raccoglie la seghetta, l'alza verso la luce)   Io divento pazzo! (Respira profondamente, con fatica)  Sai che cos'è tua sorella? (Convinto)  Una santa!...

Möller              Certo che lo è. Lo so bene, certo che lo è!

Boll                   (commosso)   Se mi uscirà mai di bocca una preghiera, sarà per lei, per lei sola! (Toglie gli altri sigari dal pacchetto, ne tira fuori i fili di paglia e le seghe)  E due, e tre, e quattro, e cinque! Ehi, fratello, sai com'è? In questo momento siamo saltati giù dalla pala del becchino! To', guarda qui! (Gli mostra le seghette spiegate a ventaglio).

Möller              Ebbene, cos'è?

Boll                  Che cos'è?! Sono seghe d'acciaio di primissima qualità! Eh, quel tenente! Diavolo d'un uomo! C'è in lui più di quel che credevo. Quel canaglione! Ah, lui lo sa, lo sa bene. Lui solo ha capito che se non ci fosse questa dannata guerra, noi due non staremmo qui dentro. Io avrei famiglia da un pezzo: una bella mogliettina con un mar­mocchio, e un secondo già in viaggio. E avrei un giardino modello... e tu? Ah, figlio mio! (Si scuote, drizza il collo)  Mettiti là davanti alla porta! Su, davanti alla porta! Lì, t'ho detto, davanti alla spia!

Möller              (salta su)   Davanti alla porta? Sì. Ecco, sì. (Accosta l'orecchio alla porta).

Boll                  E stai attento che non venga nessuno! Ci siamo, ragazzo mio! La vita! Capisci? La vita!

Möller              Sì!...

Boll                  In queste cinque seghette d'acciaio c'è la vita, per noi. La meravigliosa, bellissima vita. (Scoppia a ridere)  E io che pensavo che in questi sigari ci fosse la morte... Avvelenati! (Ride)  Ma è sempre così! Sempre così!

Möller               Irmgard mi ha mandato la vita!

Boll                  Come no, amicone! Una ragazza dell'altro mondo! Prende tutte le porcate su di se, pur di salvare il fratellino! Un angelo! Un vero angelo! Ah, Dio santissimo! Che succedano ancora cose come questa? (Va alla finestra)  Bisogna che faccia subito una prova. E stanotte... oh, tutta la notte, capisci, tutta la notte, sarà un lavoro da negri, ti dico, da negri! Tu sta' in vedetta come una lince. Chiedi al buon Dio che ci regali una nottata tranquilla. Sì, a Dio! A Dio! Non è poi tutto così misero e sporco come sembra!

Möller              Fuori non si sente niente. Comincia, dunque!

Boll                  Piano! Prima bisogna nascondere queste altre quattro nel pagliericcio. (Nasconde le quattro seghe)  Là! E adesso accendiamo uno di questi aggeggi. (Si accende un virginia)  E perché no? (Tira qualche boccata)  Ah, mica male! Ti rischiara la vista. Che spasso!

Möller              Quanto tempo ci metti ancora?

Boll                  Beh, non farti venir la fregola! Il vecchio Boll riuscirà a farcela. Un bel respiro profondo... mano calma e sicura... (Mette in posizione la sega). Questa è solo una prova. Il lavoro principale verrà stanotte. (Comincia a segare)  Come canta, come sibila! Ogni colpo di sega, un giorno di vita! Sim... sim... sim... sim... sim!

(Tutta la scena si oscura lentamente, finché non si vede più nulla. Poi comincia a entrare un debole chiarore dalla finestra presso la quale sta Boll, che si è tolta la casacca di traliccio. Si fa giorno. Boll sta segando l'ultima sbarra dell'inferriata).

Boll                   (alzando gli occhi, a Möller )   Ehi... viene nessuno?

Möller              (è seduto su uno sgabello davanti alla porta, trasalisce)   Eh? nnno... nessuno. Chi vuoi che venga?

Boll                  Maledetto cretino! Non dormire! 'Sto porco dannato lavoro! Ho le dita piene di vesciche. Non mi sento più la spina dorsale. E fuori co­mincia già a far chiaro. Sta' bene in guardia, figlio mio, sta' bene in guardia. Ne va della pelle, capisci? (Continua a segare).

Möller             Quanto tempo durerà ancora?

Boll                  E dàgli a far domande! È tutta la notte che non fai altro. Che significa per te « molto tempo »? Due ore, tre, quattro? E che sono, in confronto a mille, a cinquemila? E quando poi si rompe uno di questi affanni qua, eh? Tre sono già andati al diavolo! (Tende l'orecchio)  Senti niente?

Möller              Ma se non viene nessuno!

Boll                  Già,  chi  dovrebbe mai venire?  Questa faccenda gli costerà la carriera, al buon Morell. (Canticchia)   Tutta  colpa, tutta  colpa  dell'amor!...

Möller           Piantala! Non voglio più sentirtelo dire. Che ne sai tu? Il tenente l'ha fatto per umanità, sì, per puro senso di umanità. Non vuole che noi due si muoia!                                          

Boll                  Ma senti che roba! E così che la pensi? A me,  però,  nessuno  ha  mai  portato un sigaro. Già ma io non ho una sorella carina.

Möller              Puoi dire quel che ti pare, io non ci credo,  no, non ci credo.  Lei  l'ha pregato e lui l'ha accontentata: tutto qui. Perché dovrebbe essere senza cuore? Se qualcuno l'avesse chiesto a me...

Boll                  ...tu l'avresti fatto, come no! Tu sì. Ma io,  al  tuo posto, avrei  prima tirato fuori queste cosette qua. Bisogna che fosse proprio rimbecillito, per non accorgersene. Oppure.. Ma è davvero così bella? Senti, se mi vuole, io la sposo. Appena sarò fuori di qui. Si passa dall'altra parte, si raccontano loro quattro balle di persecuzione politica eccetera, ed ecco che ti piazzano subito in alto.

Möller              Dov'è che vuoi...

Boll                  Ho già tutto il piano bell'e pronto in testa. Stai bene a sentire: dall'inferriata si salta giù nel fossato, poi rasente il muro si va a destra, fino alla seconda svolta. Là stanno ammucchiate le travi per il tetto del nuovo comando. Il tenente contabile ballerà il  posto. Allora su per le travi come scimmie, si scavalca l'orlo del fosso, e via! Difilato verso  il fronte! Ehi, fa' attenzione!

Möller              Ma se non viene nessuno!

Boll                  Uno che marci in direzione del fronte, nessuno lo trattiene. Bisogna che sia buio, notte. Una notte intera, una lunga notte. Abbiamo biso­gno del buio di una notte intera, se no facciamo fiasco.

Möller              Io non ci vado al fronte!

Boll                   Ah, no? Hai qualcosa di meglioda proporre? Sono proprio curioso!

Möller              Io vado a casa. Vado da Irmgard!

Boll                  A casa! Ma guarda un po':  sicché te ne vai proprio a casa dalla tua cara sorellina, eh? Ohi, dico, sei un po' deficiente, no? E credi che lo siano anche loro, vero? Non avresti tempo di rivedere tua sorella, che staresti già davanti al palo. Non aspettano altro che di vederti correre a casa. Nient'altro che quello!

Möller           Lei mi ha fatto uscire di qui, e io devo andare da lei. E dove altro vuoi che vada?

Boll               Prego, accomodati!

Möller              Senza di lei... come vuoi che faccia a vivere?

Boll               Con lei... vai a crepare, e per direttissima!

Möller              Oh, mi saprà nascondere, non farà entrare nessuno.

Boll                  Sei proprio nato per farti fucilare.

Möller             Ma se lei mi aspetta!

Boll                  Bene, io non voglio impedirti di andarci, perché mai! No no, tutt’altro. A me non può essere che utile.  Io conosco i miei polli. Se riesco pizzicare te, sono già più che soddisfatti. Sai cosa succede, appena trovano vuota la nostra cella?  Cominciano subito a darci la caccia. Sono evasi due condannati  a  morte! Un omicida e un disertore! Tutta la macchina si mette in moto. Cominciano a diramare avvisi di città in città. Di villaggio in villaggio. Ogni scalzacane di questurino ha i nostri connotati, non mira che a prenderci in trappola. E improvvisamente ne trovano uno - te! - a casa sua. Chi li comanda è qualche vecchio furiere. Quello ti aspetta al varco, fa circondare la tua casa. Ed ecco che te ne arrivi tu lungo la strada, col fiato grosso. Lui ti piglia per gli stracci, e per prima cosa ti picchia come una  bestia, lì davanti a tutti. In mezzo alla strada! Calci, randellate nella schiena col fucile, ceffoni, pugni nei denti. E la tua sorellina che strilla il tuo nome dalla finestra. Quella è la volta che anche Morell non le serve più a niente!

Möller              Tutto questo non... non è vero!

Boll                  Ah, non è vero? Ma non farmi ridere! Credi proprio che il mondo non continuerebbe ad andare come prima, che basta che tu sbuchi fuori di qua perché tutto cambi? Fammi il santo piacere! Ti riacciuffano, dunque.  « Ringraziamo il cielo », dicono, « uno l'abbiamo già pescato ». E la ricerca febbrile si va subito rallentando. « Se abbiamo preso così in fretta il primo, non  tarderemo a mettere le mani anche sull'altro ». Uffa, che porcata d'un lavoro. Ma sull'altro le mani non ce le mette­ranno più, no, per Dio! Me non mi rivedono di sicuro! Vuol dire che si rifaranno su di te.

Möller              Ma... che cosa devo fare?

Boll                  Semplicissimo:  restartene qui, qui nella cella. Farti fucilare. Allora andrà tutto secondo i regolamenti, e non sentirai nemmeno male.

Möller              Ma io voglio andare a casa. A casa e nient'altro.

Boll                  Pffah! Che razza di poppanti ti mandano in guerra!

Möller              Quanto starai ancora a segare?

Boll               Finché avrò finito. Questa  notte, per noi, è ormai esclusa. Ce ne andremo domani. Domani notte! Ci serve una notte intera.

Möller              Ma che bisogno c'è? Che ci sto ancora a fare, qui, per tanto tempo? E se vengono prima e mi portano via?

Boll               Non vengono. Macché! Io sono mesi che aspetto. Quelli non vengono.

Möller              Le seghe sono mie, e io dispongo che sivada subito, immediatamente!

Boll                   Tieni chiuso il becco! Di  dove ti son venute, a un tratto, tutte 'ste arie?

Möller              E se tu non vuoi, non hai che da restartene qui.

Boll                  Ma sentilo, mi faccio proprio imporre da te! Te ne piovi qua dentro e cominci a far l'inso­lente! Non ci mancherebbe altro!

Möller              Ancora... ancora tutta una giornata? Ma io non ci resisto!

Boll                  E proprio a me lo vieni a dire! Io da nove mesi sto chiuso qui dentro. Se adesso ci comportiamo come due fessi, ci giochiamo ogni cosa... e poi sì che è finita davvero! Ma non mi lascerò rompere le uova nel paniere da te... Ah, finalmente. Mi sembra che ce l'ho fatta.

Möller              Finito?

Boll                  Momento! Ancora due colpetti... là! Adesso tutta la baracca è appena attaccata con lo sputo. Via  'sta roba!   (Butta dalla finestra le due seghe avanzate)  Ecco... e adesso puoi lasciare il tuo posto di guardia. Vieni qui! Guarda un po' che lavoro di precisione.  Basta afferrare le sbarre... così  (afferra due sbarre)  ... poi una bella scrollata...

Möller              Forza, dunque! Che aspetti?

Boll                  No.

Möller              Ti ho detto di farlo!

Boll                  Ma sii un po' ragionevole, piccolo! Ormai ce l'abbiamo fatta. Non ci frega più nessuno. Fuori è già quasi chiaro. Ora saranno le tre e mezzo. Se volessimo scappare adesso... la sentinella, fuori, mica dorme. E sa sparare come si deve. Ma stanotte ce ne andiamo via insieme. Ti porterò in salvo, vedrai. Non aver paura. Non ti pianterò mica in asso, che diamine! (Si china)  E adesso un po' di polvere sui punti dove ho segato.

(Raccoglie dal pavimento un po' di polvere, la sparge sui dieci punti intagliati) 

...così si fa. Mimetizzazione! Noti ancora qualcosa? Si direbbe che qualcuno ha segato, qui? Niente affatto! Non se ne accorgerà nessuno. E a chi potrebbe venire in mente, del resto?

Möller              Sicché tu non... non vuoi...?

Boll                  Ma santo Iddio, se non abbiamo altra scelta! Anch'io preferivo andarmene ieri.

Möller             Ma io voglio... voglio andarmene adesso, subito! E non sarai tu a trattenermi! (Agguanta i ferri).

Boll                   (gli tiene le mani)   Giù le mani, brutta canaglia!

Möller              (dibattendosi)  Lasciami!  Ti dico di lasciarmi!

Boll                   Chiudi il becco, o ti rompo tutte le ossa! Senti bene, ragazzino: mi sa che ho già fatto fuori qualcuno, prima d'ora.  È  per questo,  credo, che sto qui dentro. Posso farlo un'altra volta, se è necessario... e  senza batter ciglio!   (Lo sbatte sul pancaccio)  Tu adesso te ne stai lì!

Möller              No... No! Irmgard... Sorella... sorellina mia!

Boll                  Quando sei fuori puoi correre da lei, che me ne importa? Non sono mica la tua bambinaia! Tocca forse a me custodirti? Ci pensi il diavolo!

Möller              Non voglio più... non voglio... non...

(Singhiozza. Il  cappellano viene avanti lungo il corridoio, insieme coi due guardiani).

Boll                   (tende l'orecchio verso il corridoio)  Eccoli stanno già venendo, naturalmente! T'hanno sentito gridare, fessacchione che non sei altro! Girati verso il muro, fingi di dormire Dirò che hai gridato nel sonno. Qui sotto gridano tutti nel sonno! 

(Il primo guardiano apre la porta della cella, fa entrare il cappellano).

Il Cappellano(va verso Boll)   Il Signore sia con te!

Boll                   (indietreggiando sino alla finestra)   Che... che cos'è? Che succede? Che... che cosa vuole qui 'sto prete?

Il Cappellano          Richiama a te tutto il tuo corag­gio, Boll, e confida nel Signore. La sua misericordia è infinita. E particolarmente con te, lo sai bene. Devo prepararti al tuo ultimo, doloroso passo, Boll!

Boll                   (alza le mani, quasi a difesa)   No!... No!... No!...

(Il cappellano va fino a lui, gli mette il braccio intorno alle spalle e lo conduce fuori della cella. Il primo guardiano richiude la cella. Boll, il cappellano e i due guardiani escono di scena dopo aver per­corso il corridoio. Möller  guarda inorridito verso la porta chiusa, si prende la testa tra le mani, poi balza in piedi, strappa l'inferriata dalla finestra e di là esce dalla cella).

Voce della Sentinella(di fuori)   Alto là! Alto là! Fermatevi o sparo! Alto là! Fermo! Fermo là!

(Tre spari a brevi intervalli, fuori. L'illuminazione nella cella si spegne. Di nuovo riflettore in primo piano a sinistra, sulla vecchia madre).

La Vecchia Madre  Eccoli là, i poveri uomini, i poveri figli di madre! Un uomo è stato ucciso. Di lui non è rimasta che la pratica Möller, numero di registro sette, quattordici, sessantacinque, scritto in carattere stampatello con un pennino largo. La pratica Möller. Un fascio di carte. Annotazione in calce: « Graziato dal generale in capo il tredici luglio. Destinato in prova al fronte, in una com­pagnia di disciplina ». Nota finale: «Evaso il quattordici luglio. Colpito a morte durante la fuga ».

(La luce si spegne).

F I N E