La cometa si fermò

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LA COMETA SI FERMÒ

Radiodramma

di VITTORIO CALVINO

                                   

PERSONAGGI

L'Oste

Noemi, la servetta

Lo Stra­niero

Arie, il primo ladro

Boz, il secondo ladro

il marito

La moglie

Voci maschili

Commedia formattata da

L'azione si svolge nel corso di una notte in una locanda a Betlemme in Giudea, nei giorni in cui, sotto Cesare Augu­sto, Quirinio, governato­re della Siria, ordinò il censimento delle popola­zioni soggette ai Romani. La locanda è condotta dall'oste Azael, ed è pie­na di gente, di fumo, di odori di vivande, di voci. Ecco appunto, su questo sfondo sonoro, si inizia la vicenda.

Una Voce                      - (grossolana­ mente) Allora il marito disse: o mi ren­dete mia moglie, oppure mi consentite di tagliar­le il dito... E sapete perché ? Perché  la moglie era tanto ingrassata che l'anello d'oro non le usciva più! (Un coro di risate).

Seconda Voce               - Giu­sto!  Giusto!  Anch' io avrei rinunziato alla mo­glie ma non all'anello... Un'altra donna si trova sempre, ma un anello d'oro chi te lo dà?

Prima Voce                   - E quella dello zoppo che faceva il cambiavalute la sapete?

Terza Voce                    - Basta con le storie! Vogliamo un po' di musica! Ehi, suonatore, ti sei addormentato?

Quarta Voce                 - Sono stanco, signore...

Terza Voce                    - E che razza di suonatore ambulan­te sei? Suona, suona se vuoi guadagnarti il tuo posto accanto al braciere...

Quarta Voce                 - Potrei avere un poco di vino, signore? Quando bevo le mie vecchie dita si fanno più agili...

Prima Voce                   - Diamo vino al vecchio suonatore! Tieni, bevi e facci stare allegri! La notte è lunga, il giorno è lontano, e la cantina è ben fornita! Forza ragazzi!

Quarta Voce                 - Grazie, signore, grazie... Vi pia­cerebbe sentire « Il lamento di Sionne»?

Seconda Voce               - Uh, che noia! Suona una cosa allegra se non vuoi che ti gettiamo fuori al fresco!

Quarta Voce                 - Subito, subito... Suonerò una danza greca. Si chiama «Il giorno dell'amore»... (Musica. Si immagina che il suonatore ambulante suoni la cetra o il sistro. In ogni caso uno strumento a corde che può essere efficamente sostituito dalla chitarra).

Prima Voce                   - (soverchiando la musica) Ehi! Oste della malora! Riusciremo ad avere un po' di vino prima che faccia giorno?

L'Oste                           - Subito, subito, signore! Un poco di pa­zienza. I clienti sono tanti e noi siamo pochi. Mia moglie, poveretta, ha una sciatica e non può muo­versi. Sta in cucina a badare all'arrosto...

Seconda Voce               - Eh! Eh! Altro che arrosto! Te la tieni in cucina perché  hai paura che te la rubino!

Terza Voce                    - Muoviti, oste! Trovati un aiuto!

L’Oste                           - Oh, un aiuto ce l'ho... purtroppo! E' una povera ragazza, una sciocca che tiene sempre il naso per aria e la testa fra le nuvole... Eccola, eccola lì. (Con rabbia) Guardatela! Si intrattiene sulla porta con un forestiero... Come se ci fosse tempo per fare conversazione... (In tono irritato, chiama) Noemi! Noemi!

Noemi                           - (una voce giovane, fresca, umile) Ecco­mi, padrone! Comandate...

L'Oste                           - (irritato) Non ti sembra ora di svegliarti, piccola stupida? O credi di essere qui a pensione? (Un coro di risate grossolane).

Noemi                           - (timida, confusa) Ecco, padrone... Io par­lavo con un forestiero che cerca alloggio...

L’Oste                           -  (con malgarbo) Un altro? Gli hai detto che non c'è posto?

Noemi                           - Glie l'ho detto. Ma lui insiste. Dice che non vuol passare la notte all'aperto e pretende di parlare con voi...

L’Oste                           - E cosa posso farci io? La mia locanda non è mica il palazzo di Erode che ha cento stanze...

Noemi                           - (sommessa) Ma lui dice...

L’Oste                           - Se tu dai retta a tutto quello che la gente dice perderai la testa, ragazza mia. Vai, vai a servire i clienti. Corri. E cerca di svegliarti. Con lo straniero parlerò io...

Una Voce                      - Ehi, oste! E il vino per noi?

L’Oste                           - Certo, illustrissimo... Noemi! Un boccale di quello rosso come il rubino per questi signori... E presto!

Un'altra Voce                - Oste! Oste! Una porzione di formaggio piccante da questa parte!

L’Oste                           - Viene subito. Un minuto solo. Il tem­po di parlare con il signore che chiede alloggio e... uffa! Non ne posso più! (Dopo un attimo, in tono ossequioso) Buona sera, signore. Siete voi che volete alloggio?

Lo Straniero                  - (in tono altezzoso) Sì, sono io. E mi meraviglio che mi si faccia attendere tanto tem­po prima di darmi retta... Se sono sceso in questa modesta locanda, io Beniamino .figlio di Giosia abi­tuato a ben altri alloggi, lo si deve unicamente al fatto che Gerusalemme è piena come un uovo e nemmeno uno spillo vi troverebbe più posto. Dun­que voglio una buona camera per questa notte.

L’Oste                           - Signor mio, ve lo dico con il cuore in pezzi, non ho modo di ospitarvi, purtroppo.

Lo Straniero                  - Come? Come? Osereste negarmi una stanza? A me, Beniamino, figlio di Giosia, di­scendente del profeta Osea? Ma non vi rendete conto d'avere di fronte uno degli uomini più note­voli d'Israele?

L’Oste                           -  (umile) Signore, apprezzo moltissimo l'onore che fate alla mia modesta locanda, ma che volete? Il mio locale è pieno di forestieri, come non lo è stato mai prima d'ora... A motivo del censi­mento, sapete? Quirinio, il nostro eccellente gover­natore, che Dio lo conservi a lungo, per ordine di Cesare Augusto il nostro potente imperatore, a cui sia gloria e onore, ha ordinato il censimento gene­rale nella Siria e nella Palestina...

Lo Straniero                  - (annoiato) Lo so, lo so... Io mi sono mosso, appunto, dalla mia casa in Samaria per raggiungere qui il paese della mia gente... Io ap­partengo alla tribù di Giuda... Per conto mio que­sto censimento è un affare inutile e una perdita di tempo... La gente mio pari non può essere sog­getta alle medesime leggi che governano i pastori o i contadini... Io discendo, ve l'ho detto, dal pro­feta Osea...

L’Oste                           - E' con profondo rammarico, signore, che io devo rinunziare all'onore di ospitarvi... Tutta la mia locanda è gremita... Vedete? A malapena tro­vereste posto a un tavolo...

Una Voce                      - Ehi! Oste! Due porzioni di stufato!

L’Oste                           - Vengo subito!

Lo Straniero                  - (altezzoso) Un momento! Non vorrete mica che io trascorra la notte all'aperto col freddo che si avanzar"

L’Oste                           - Lo capisco, signore. Ma cosa posso fare io? Se voleste adattarvi, ecco, una soluzione ci sarebbe...

Lo Straniero                  - E quale?

L’Oste                           - Dormire nella stalla.

Lo Straniero                  - (indignato) Nella stalla io? Io, discendente del profeta Osea...

L’Oste                           -  (cercando di placarlo) Signore mio, non c'è niente di male. La stalla è pulita e calda. La paglia è fresca e accogliente, forse meglio d'un letto. E del resto non sareste solo. Una coppia di sposi che non ha trovato posto nella locanda si è siste­mata nella stalla... Lui è un falegname di Nazareth, degnissima persona... Gente semplice, si capisce, ma tranquilla... Vi troverete in buona compagnia...

Lo Straniero                  - (indignato) Mi domando se vi ha dato di volta il cervello! Offrire a me di dividere la vostra sudicia stalla con un falegname! A me!

L’Oste                           - Abbiate pazienza: vi ho offerto tutto quello che io... Di più non posso fare... Ne sono desolato, credetemi... E per darvi prova della mia buona volontà vi invito a sedervi accanto a un braciere. Starete almeno al caldo e vi offrirò un boccale di vino di Cipro... La vostra presenza onora il mio modesto locale... Ecco, ecco la servetta che vi troverà un posto adatto... (Chiama) Noemi!

Noemi                           - (affannata) Padrone, eccomi. Cercavo proprio voi! La moglie del falegname, povera don­na,'non si sente bene... Vorrebbe un braciere...

L’Oste                           - Un braciere? Un braciere nella stalla tra il fieno e la paglia? Ma tu sei matta!

Noemi                           - La stalla è tanto fredda, padrone...

L’Oste                           - E con questo? Sono forse io che ho ordinato il censimento? Sono forse io che ho co­stretto la gente a lasciare le proprie case?

Noemi                           - No, padrone, ma quei due poveretti nella stalla...

Lo Straniero                  - (ironico) E voi volevate mandare me sulla paglia a intirizzire, non è vero? Bella ospitalità!

L’Oste                           - Oh, ve ne prego! Non date retta a que­sta sciocca! Sulla paglia, il falegname e sua moglie stanno proprio bene. Del resto non hanno soldi per pagarsi nulla di meglio... Che vogliono di più? Ve­nite, venite... Noemi, accompagna questo signore di riguardo e trovagli un buon posto accanto a un braciere. E bada di servirlo come si conviene.

Noemi                           - Sarà fatto, padrone. Volete seguirmi, signore? Da questa parte... (La musica della chitarra ancora per un momento, poi, di nuovo, un rapido passaggio di voci. Sono due vecchietti cavillosi che discutono).

Una Voce                      - No, no: la legge di Mosè parla chiaro. In questo caso bisogna offrire in sacrificio due colombi...

Un'Altra Voce              - Mi dispiace contraddirvi, ma devono essere due tortore...

Prima Voce                   - (accalorandosi) Non sono d'accordo con voi. L'offerta richiesta secondo i testi sacri è di due colombi. Altrimenti il sacrificio non sarà gra­dito al Signore.

Seconda Voce               - (con energia) Vi dico che siete in errore. Soltanto due tortore saranno bene accette al Signore.

Prima Voce                   - No.

Seconda Voce               - Sì.

Prima Voce                   - Vi dico di no. E domani, se volete, saliremo al tempio per chiedere il parere al Rab­bino...

Seconda Voce               - Voi potete fare quello che vo­lete. Per conto mio sono sicuro di quello che af­fermo. Solo il sacrificio di due tortore è gradito al Signore...

Prima Voce                   - Vi dico che avete torto. Siete un vecchio ostinato...

Seconda Voce               - E voi un vecchio caparbio! (Un coro di risate grossolane. Sono i bevitori, ora, che attorniano il suonatore ambulante).

Terza Voce                    - Adesso vi canterò un'altra canzone, con accompagnamento musicale!

Quarta Voce                 - Ma no! Smettila! Basta!

Terza Voce                    - Lasciatemi stare. Non è vero che ho bevuto troppo. Il vino è una bevanda degna di rispetto perché  riscalda il cuore e fa cantare. Adesso ascoltate. (Alcuni accordi di chitarra e poi l'ubriaco canta con voce malsicura): « Sulle montagne di Gherazim, mentre le pecore brucavano, la pastorella dai capelli neri mi attendeva con amor! ». Alcune Voci             - Basta! Smettila! Taci! Uh! (Un coro di risate grossolane. La musica saltellante ri­prende per un momento poi si allontana).

Boz                               - (una voce grave che dice in tono sommesso) Ehi! Arie! Cosa fai, dormi?

Arie                               - (una voce giovanile) No, no. Ascolto la musica e penso.

Boz                               - Io però ti vedo con la testa appoggiata alle braccia proprio come se dormissi...

Arie                               - Macché! Io fingo di dormire. Tengo gli occhi socchiusi. La gente pensa che io dormo, men­tre invece io guardo...

Boz                               - (ironico) E cosa guardi, i formaggi appesi al soffitto? Bei formaggini freschi come te, messi a stagionare all'asciutto...

Arie                               - (annoiato) E smettila!

Boz                               - Smettila tu di sognare a occhi aperti. Quan­do imparerai a diventare uomo? Sai a che penso? C'è tanta confusione qua dentro che se non ne approfittiamo siamo proprio dei buoni a nulla...

Arie                               - Cosa speri di fare? Un colpo grosso?

Boz                               - Ci vorrebbe proprio. Guarda quel tipo lag­giù, nell'angolo, che mangia tutto solo. Giurerei che è un mercante di cavalli... Vogliamo andare a tenergli compagnia?

Arie                               - A che scopo?

Boz                               - Mi fai proprio pena: non capisci mai le cose al volo. Dovresti cambiar mestiere e metterti a fare la persona onesta...

Arie                               - Purtroppo non ci sono tagliato...

Boz                               - Allora cerca di comprendermi: sono più anziano, ho più esperienza. Se quel tipo laggiù è un mercante di cavalli, i casi sono due: o torna dall'aver venduto i cavalli, e allora ha la borsa bella gonfia di monete 'argento e d'oro, oppure deve ancora vendere la sua merce e in questo caso...

Arie                               - Pensi che potremmo portarglieli via?

Boz                               - (ironico) Straordinario! Cominci veramente a capire qualche cosa... Ah, ragazzo mio, se tu non avessi un maestro come me che t'insegna i segreti del mestiere, come vivresti?

Arie                               - Già! Non dimenticare che il colpo del­l'orefice di Lidda l'ho combinato io...

Boz                               - Bene, bene. Non ho detto nulla in con­trario. E adesso ascoltami: io andrò a tastare il terreno da quel tipo che mangia tutto solo... Fin­gerò che ci siamo incontrati chi sa dove. E' un sistema che riesce sempre. Lui mi inviterà a bere. Allora chiamerò te... In due lo faremo bere meglio. E si vedrà. Mi hai seguito?

Arie                               - Perfettamente.

Boz                               - Occhio al mio segnale, allora. Io vado. (Una esclamazione di disappunto) Oh! Ma stai attenta come cammini, stupida oca!

Noemi                           - (umile, quasi piangente) Vi chiedo scusa, signore, ma siete voi che mi avete urtato mentre vi alzavate... Io passavo con la mia ciotola di latte in mano...

Boz                               - (con malgarbo) Che latte e latte! Me ne hai versato metà sulla veste! Sei proprio stupida!

L’Oste                           -  (affannato) Cosa c'è? Che succede? Chi ha versato il latte per terra?

Boz                               - (risentito) E' stata questa ragazza che cam­mina a occhi chiusi, e mi ha rovesciato mezza sco­della di latte sulla tunica!

L’Oste                           - Sei stata tu, Noemi!

Noemi                           - No, padrone, non sono stata io... vera­mente il signore, alzandosi mi ha urtata...

L’Oste                           - Basta, basta! Ho capito! Sei sempre la solita sventata... Vergognati! Corri a prendere uno straccio per asciugare! Anzi, no: chiedi scusa al signore, prima...

Noemi                           - (umile) Chiedo scusa...

Boz                               - Va bene, va bene... Ma tieni gli occhi aper­ti, ragazza mia, e adesso lasciami passare...

L’Oste                           - Dimmi un po', Noemi... Chi ha ordi­nato il latte? Gliene porterai subito un'altra tazza... Anzi, no. Gliela porto io. Di te non ci si può fidare...

Noemi                           - Veramente, signore, il latte non è stato ordinato...

L’Oste                           - Non è stato ordinato?

Noemi                           - No, signore. Sono io che ho pensato di portare un poco di latte caldo a quella donna che è nella stalla... La moglie del falegname di Nazareth... Poveretta, ha tanto freddo e credo che... credo che le avrebbe fatto piacere...

L’Oste                           -  (arrabbiato) Ah, ma questo è inaudito! Da quando in qua ti è permesso di regalare la roba mia?! Il mio latte! Meriteresti un paio di schiaffi! Svergognata, buona a niente, ladra! Chi comincia come te diventa ladro!

Noemi                           - (piangente) Padrone, io vi chiedo per­dono, ma che cosa è un bicchiere di latte? Voi avete ragione: ma se aveste visto quella donna nella stalla, con uno sguardo così mansueto e dol­ce, certo anche voi le avreste offerto una scodella di latte bollente perché  si scaldasse...

L’Oste                           -  (c. s.) Ma tu sei pazza! Io sono qui per vendere e non per regalare la mia roba! Vai su­bito in cucina e guai a te se metti ancora piede nella stalla! Hai capito? In quanto al latte che hai versato ti sarà trattenuto sul salario.

Arie                               - Scusate se intervengo. Voglio dire una cosa.

L’Oste                           - Che volete dire?

Arie                               - Pagherò io il latte.

L’Oste                           - Pagherete voi il latte?... E perché ?

Arie                               - Così. Perché  mi va di pagarlo. Sono affari miei... Avete qualcosa da opporre?

L’Oste                           -  (rabbonito e servizievole) Per carità! Se voi volete pagare la scodella di latte che questa sventata ha gettato per terra, fate pure...

Arie                               - Ne pagherò due. Una, quella che è an­data perduta e l'altra quella che la ragazza por­terà alla donna che sta nella stalla...

L’Oste                           - La conoscete forse?

Arie                               - Io? Macché. Soltanto non voglio che que­sta ragazza sia trattata male per così poco...

L’Oste                           - Oh! Vi pare che io tratti male Noemi?

Arie                               - Basta, basta. Ciò non riguarda che voi e lei. Ed ora lasciatemi passare: il mio amico laggiù mi chiama... (Di nuovo la musica monotona e la­mentosa e la voce tremula del cantore ubriaco)

« Eccoti bella, amica mia, eccoti bella;

i tuoi occhi per entro la tua chioma,

somigliano a quelli dei colombi

che tubano al mattino... ». (La musica si allontana).

La Moglie                     - (una voce querula, noiosa, insistente) Ecco, siamo alle solite... Tu sei sempre con­trario a quello che dico io...

Il Marito                        - (infastidito) Non ricominciare, non ricomkiciare... Oh, perché  mai siamo qui, in que­sto posto insopportabile? Chi ci ha condotto qui?

La Moglie                     - Dovevo aspettarmelo, dovevo... Era tanto dolce per me ritornare al luogo in cui ci siamo sposati, al nostro paese... Se non avessero or­dinato il censimento, ci saremmo mai ritornati?

Il Marito                        - Oh, lasciami in pace. Non era me­glio restare a casa nostra e badare ai nostri affari? Maledetto il censimento e maledetti questi pagani che governano e impongono tasse... Ecco tutto si riduce a trascorrere dei giorni inutili in una sudicia locanda di Betlemme...

La Moglie                     - Eppure qui ci siamo sposati un giorno... E il nostro pranzo di nozze si svolse pro­prio qui, sotto il pergolato...

Il Marito                        - (ironico) Bell'affare che ho fatto! Proprio un magnifico affare!

La Moglie                     - (veemente) Ah, è così? Ma quando venisti da mio padre a chiedermi in sposa non ragionavi a questo modo... Perché  ero giovane e bella e avevo una ricca dote... Adesso, invece, che non ho più la giovinezza e la dote l'hai consu­mata tu per i tuoi commerci...

Il Marito                        - Non parlarmi della tua dote! Non voglio sentire ogni giorno questo discorso.

La Moglie                     - Ah, no?! E dove lo hai messo il mio denaro, dimmi un po'? Cosa ne hai fatto? Questo devi dirmi, tu che fingi di non aver me­moria del passato... Cosa è rimasto del tuo amore per me, ora che anche la dote è svanita?

Il Marito                        - (lamentoso) Oh, povero me, povero me! Chi mi libererà d'una simile piaga? Chi mi ha costretto a venire qui, in questa squallida osteria, dove non c'è che il tedio di una lunga attesa, e le interminabili querimonie di una moglie insoppor­tabile?

La Moglie                     - (aggressiva) Rispondimi, rispondimi, invece di sviare il discorso. Rispondimi se sei ca­pace... Cosa ne hai fatto della mia dote? Cosa ne hai fatto della mia vita?

Il Marito                        - Taci! Non alzare la voce. Sono tuo marito!

La Moglie                     - Oh, potessi andarmene presto da questo luogo! Potessi andarmene e dimenticarlo per sempre! (Ancora la musica e il canto che riprende)

« Furono giorni d'amore e dolcezza

giorni di gioia, di felicità,

sulle montagne di Gherazim,

sulle montagne di Gherazim... ».

Voci maschili                - Bravo! Bene! Benissimo.

 Altra Voce                   - Forza, ragazzi! Avanti il coro! (Va­rie voci riprendono in coro)

« Furono giorni d'amore e di dolcezza,

giorni di gioia e di felicità,

sulle montagne di Gherazim,

sulle montagne di Gherazim... ». (Il canto si allontana, dissolve. Silenzio). La voce di

Arie                               - (improvvisamente) Chi è là?

Noemi                           - (timidamente) Sono io, signore. Noemi.

Arie                               - Cosa fai di fuori al buio? Il padrone ti ha scacciata?

Noemi                           - Oh, no.

Arie                               - E allora? Non mi dirai che sei uscita per guardare le stelle?

Noemi                           - No. Se vi dico la verità non mi tra­direte?

Arie                               - E perché  dovrei farlo?

Noemi                           - E' vero. Siete stato tanto buono con me offrendovi di pagare il latte che ho versato...

Arie                               - Vieni qui... (Ride) Perché  tremi? Sembri una cerbiatta spaventata...

Noemi                           - Quando vi ho visto muovervi nell'om­bra ho avuto paura... Non sapevo che eravate voi... Ho sempre tanta paura dei ladri...

Arie                               - (ride) Che sciocchezze! Cosa può fare di male a te un ladro?

Noemi                           - E' vero. Anche se rubasse me non fa­rebbe un grande affare...

Arie                               - Lo credo. Allora, mi vuoi dire perché  mai passeggi al buio fuori dell'osteria?

Noemi                           - Sono stata nella stalla.

Arie                               - Già. Dovevo immaginarlo. Hai portato il latte alla moglie del falegname...

Noemi                           - Sì. E' stata molto contenta. Mi ha detto grazie... Così devo dire grazie a voi che avete pa­gato il latte...

Arie                               - Per carità! Non ne vale la pena.

Noemi                           - Signore, posso domandarvi perché  lo avete fatto?

Arie                               - Così. Io faccio quello che mi pare senza un perché . Tu, piuttosto, per quale ragione ti prendi tanto a cuore le sorti di quella donna?

Noemi                           - Non lo so nemmeno io. Quando è ar­rivata, questo pomeriggio, era stanca e affaticata... Mi ha chiesto un bicchiere d'acqua. E quando glie l'ho dato mi ha accarezzato... Nessuno mi aveva più accarezzato da quando è morta mia madre... Al­lora, proprio quando mi ha passato la mano sul viso, ho pensato a mia madre... Avrei voluto baciare quella mano. Pensavo che non ho mai baciato ab­bastanza la mano di mia madre... Ma non ho avuto tempo: lei è morta troppo presto... Oggi, quando ho ricevuto la carezza di questa donna, ho risen­tito il tocco delle mani di mia madre... Sembrava velluto... Si chiama Maria, questa donna. E' bel nome, Maria, non è vero? E mi ha confidato un segreto. Lo ha detto solo a me: aspetta un bam­bino...

Arie                               - Oh! E la lasciano nella stalla?

Noemi                           - La locanda è piena. Ce molta altra gente di maggior riguardo. E poi non hanno de­naro per pagare... Sono venuti anche loro a Be­tlemme per il censimento...

Arie                               - Be', ma il tuo padrone potrebbe sistemarli meglio...

Noemi                           - Oh, quella donna che si chiama Maria non si lamenta affatto... E' così tranquilla e fidu­ciosa... Sembra che aspetti qualcosa... qualcosa di straordinario. Forse perché  il bambino deve nascere, non è vero?

Arie                               - Chi sa. Forse è come tu dici. Tutte le madri aspettano con ansia i loro bambini. Magari poi muoiono di crepacuore per cagione loro. Ma come li aspettano! Anche quando siamo nati noi, tu ed io, alle nostre madri sarà sembrato un fatto straordinario. E poi? Voglio dire, loro non sapevano che tu avresti lavato i piatti in un'osteria di Be­tlemme e io...

Noemi                           - E voi, signore?

Arie                               - (bruscamente) Niente. Io sono quello che sono. (Dopo un attimo) Dimmi un po', hai visto un gruppo di cavalli da queste parti?

Noemi                           - Certo, signore. Stanno all'aperto dietro la stalla. Appartengono a quel grasso mercante che siede presso la finestra.

Arie                               - (rapido) Lo so, lo so. E' lui che mi ha pre­gato di dargli un'occhiata. Per vedere se sono tran­quilli.

Noemi                           - Oh, certo sono tranquilli. E' una così bella notte, questa. Guardate quante stelle nel cie­lo! Non vi piace vedere le stelle?

Arie                               - Qualche volta. Quando ho tempo. Ma non mi dicono proprio nulla.

Noemi                           - A me piace vederle scintillare...

Arie                               - Mia nonna, che era egiziana, era capace di leggere nelle stelle. L'aveva imparato nel suo paese, da ragazza...

Noemi                           - Oh! E cosa leggeva?

Arie                               - Tutto. Il passato e il futuro. I presagi fa­sti e nefasti;

Noemi                           - Che vuol dire un presagio?

Arie                               - Una cosa che si avvererà.

Noemi                           - E a voi non ha detto nulla?

Arie                               - (ride) No. E' morta prima che nascessi. Così non ha fatto in tempo a leggere nelle stelle qualcosa per me. Poco male. La voce del

L’Oste                           -  (in distanza) Noemi! Noemi!

Noemi                           - (impaurita) Il padrone mi chiama! Cor­ro via! Non ditegli per carità che sono stata nella stalla.

 

Arie                               - Oh, no. Vai pure tranquilla...

Noemi                           - Grazie, signore... (//- suono della chitarra, forte. E un rapido passaggio di voci).

Una Voce                      - Ehi, oste. Ho ordinato il pesce ar­rosto e ancora non si vede!

L’Oste                           - Vengo subito, signore... LIn momento di pazienza...

La Voce                        - Ho capito! Lo stanno ancora pescan­do. (Risate).

Seconda Voce               - Ehi, gente! Chi viene a servire la nostra tavola? O volete che veniamo in cucina a servirci da noi?

Terza Voce                    - Non sarebbe una cattiva idea: la moglie dell'oste mi pare appetitosa quanto una pol­lastrella al forno... (Risate).

Boz                               - (impaziente, irritato) Oh, finalmente! Quan­to tempo hai impiegato! Temevo già che te ne fossi andato da solo!

Arie                               - (insofferente) Ma no! Ho dovuto cammi­nare al buio con cautela per non spaventare i ca­valli...

Boz                               - E allora? Si può fare?

Arie                               - Certo che si può. Se quello non si sveglia...

Boz                               - Sta tranquillo. Quello dorme fino a do­mattina... A quest'ora sogna beato mandrie di ca­valli da vendere... E noi ringraziamo questo oste provvidenziale che, avendo messo dei clienti nella stalla, ha obbligato il mercante a lasciare i cavalli all'aperto... Non poteva andare meglio...

Arie                               - Nella stalla c'è rimasto appena un bue con un asino, ma insieme non valgono nemmeno il fieno che mangiano...

Boz                               - (ride soddisfatto) '  - Così mi piace! Ed ora aspettiamo il momento propizio per saltare fuori... Mentre l'oste è occupato e la ragazzina... Ma dov'è la servetta?

Arie                               - Sarà ancora nella stalla... Poveretta! Sem­bra una capretta appena divezzata che bela cercan­do la mamma!

Boz                               - (ironico) Ecco che spunta fuori il cuore tenero... Se continui così non farai carriera, ragazzo mio! Dai retta a me. E vieni accanto a quelli che suonano e cantano. E' meglio. Approfittando della confusione potremo uscire senza destare sospetti... (La musica e il coro dei bevitori riprendono). Cantore

«Lasciamo le montagne

e i fiumi d'Israel.

Addio bellezza mia,

non piangere per me... » Coro

Addio bellezza mia,

non piangere per me... »         - (La musica da sola, che va spegnendosi).

Noemi                           - (con voce eccitatissima) Padrone! Padro­ne! Padrone! E' nato un bambino! E' nato un bam­bino nella stalla!

L’Oste                           -  (hrusco) Che cosa?!

Noemi                           - (timidamente) E' nato un bambino...

L’Oste                           -  (irritato) Sei stata ancora nella stalla, vero?! Vai subito a servire i clienti, piccola fan-nullona! Subito! Subito! (La voce dell'oste si fa più forte, minacciosa, imperiosa) A servire i clienti! A servire i clienti! Non abbiamo tempo da perdere! (Uno scoppio di risate che rimbalza, ora vicino, ora lontano).

La voce di

Noemi                           - (lontanissima, diafana) E' nato un bambino. (Si odono le voci di tutti quelli che hanno parlato prima e che ora giungono in fretta, cadenzate, deformate, come in un incubo).

Lo Straniero                  - (con molto sussiego) A me un posto nella stalla? A me Beniamino, discendente del profeta Osea? Questo no, questo no.

Prima Voce                   - Il signore gradisce il sacrificio di due colombe! Ho detto due colombe!

Seconda Voce               - Niente affatto! Due tortore han­no da essere! Due tortore! Così è scritto nella Leg­ge di Mosè!

La voce di

Noemi                           - (smarrita, dolente) E' nato un bambino... Oh, ascoltatemi! E' nato un bam­bino nella stalla... (Un coro di risate e poi la voce grossolana del bevitore che canta).

 Terza Voce

« Sulle montagne di Gherazin...

mentre le pecore brucavano... ».

Altre Voci                     - Pesce arrosto! - Formaggio piccante! - Pasticcio di lepre! - Vino rosso! - Vino bianco!

Il coro dei Bevitori

« La pastorella, la pastorella... ».

La voce di

Noemi                           - (vicinissima, scandisce lentamen­te) Questa notte è nato un bambino nella stalla...

Il Marito                        - (con rabbia cupa) Vorrei sapere perché  sono capitato in questa squallida osteria di Be­tlemme...

La Moglie                     - (aggressiva) E la mia dote? Cosa ne hai fatto della mia dote? Non cercare di cam­biare discorso...

La voce di

Noemi                           - (lontana, quasi implorante) Ascoltatemi... Ascoltatemi... E' nato un bambino...

Il Coro                          - (con vigore)

«Addio dolcezza mia,

non piangere per me! ».

La voce del

L’Oste                           - (minacciosa) Ebbene? A servire i clienti, piccola fannullona! A servire i clienti! Non c'è tempo da perdere! La voce di

Noemi                           - (scoraggiata, come in un soffio) E' nato un bambino... Un bambino... (Un si­lenzio).

Boz                               - (in un tono imperioso) Su, muoviti! Nes­suno ci ha visti uscire! Dove sono i cavalli?

Arie                               - Aspetta... Non hai visto che la servetta piangeva? Il padrone l'ha maltrattata. Lei stava di­cendo qualcosa che non ho capito...

Boz                               - (impaziente) Ma cosa ti succede stasera? Spicciati! Se perdiamo tempo non combineremo nulla. Fai attenzione: bisogna avvicinare i cavalli con molta cautela. Slegarli piano piano, altrimenti nitriscono. Avanti!

Arie                               - Aspetta! Aspetta! Guarda lassù; nel cielo... Non vedi? C'è una stella che cammina. (Con stu­pore) Guarda come si muove! Ha una coda lumi­nosa e corre, corre nello spazio... corre verso di noi!

Boz                               - Vuoi muoverti, sì o no! Lascia perdere le stelle, stupido!

Arie                               - No. Aspetta! La stella corre ancora! Che luce! Che luce meravigliosa!... Si è fermata... Adesso si è fermata... Proprio sopra di noi! (Quasi gridan­do) La stella si è fermata sopra di noi! La vedi? La vedi come splende lassù? (Con ansia) Boz, Boz, dimmi... Perché  la stella si è fermata qui?

Boz                               - (irritato) Cosa ne so io! Vuoi muoverti o no?

Arie                               - (con ansia) Dimmi, Boz, te ne intendi tu di stelle? Credi che sia un presagio, questo? Credi che significhi qualcosa?

Boz                               - (scherzando, con ironia) Ah, certo. Non può essere che un presagio...

Arie                               - E quale? Dimmi... quale presagio?

Boz                               - (c.s.) Per te che sei un ladro, principiante, è vero, ma ladro, non può trattarsi che di un pre­sagio solo... Un giorno, quando invecchierai, ti co­glieranno con le mani nel sacco e finirai crocifisso...

Arie                               - (con spavento) No, no... Non può essere!

Boz                               - (brusco) Stupido, cammina! Che altra fine vorresti fare, tu, un ladro? E chi vuoi che pensi più a te quando sarai sulla croce? Avanti, non far­mi perdere la pazienza... I cavalli sono lì. Corria­mo, finché la notte è profonda. Domani saremo lontani...

FINE