La confessione
di Roberto Braida
Stefania è seduta e beve un bicchiere d’acqua (potrebbe accendersi una sigaretta).
STEFANIA
Non ce la faccio più a rimanere qui a ripetere le stesse cose. Sarà che forse non sono riuscita a capire nemmeno io quello che è successo e che mi succede.
Sarebbe troppo facile aprire la porta e, zac, come niente capire dove si sbaglia e… correggere. Troppo facile, già! Come mandar giù un bicchiere d’acqua.
Ma io nell’acqua ci affogo, e non so nuotare.
Ma come potevo fare? Cosa avrei dovuto fare, eh? Come?
Chi mai avrebbe voluto una vita fatta così, piena di paure, con l’unica certezza di provare a non essere se stessi. Dove trovare la forza per impedire al mio corpo di non essere quello che è e alla mia volontà di andare verso quella direzione???
Sono cresciuta pensando che potesse essere tutto più semplice; che la mia vita fosse una vita piena di rinunce, sì, ma anche piena di vitalità, di reazione.
Che male c’è? Che problema c’è se mi vesto da donna, se entro in un negozio di lingerie e compro delle calze, non per fare un regalo, ma per me?
Lo so, suona strano questo discorso, tocca i nervi e scuote.
E’ per questo che nessuno mi ha mai voluto fare un regalo.
Mi ricordo che entravo nei negozi e chiedevo le calze per fare i regali. Mi vergognavo di dire che poi le avrei indossate io.
Ma quali regali…
Ne ho ricevuti, è vero, ma mai sinceri, tutte cose inutili o che esaltassero la mia femminilità, fiori, gioielli, vestiti nuovi… tutti inutili!
Un regalo, dico, un regalo che fosse per gratificare quello che Stefania ha dentro. Niente, nessuno.
Beh, certo che mi faceva piacere lo stesso riceverli, mi faceva sentire più donna di quanto non fossi, e mi appagava, al momento.
Però anch’io dovrò pur campare. E chi se la piglia uno che si veste da donna? Nessuno. La gente ti guarda male, ti ride alle spalle. E magari poi quando stanno da soli ci provano e mi amano.
La notte poi… la gente cambia! Ti vengono a cercare; diventano Mr. Hyde, si mettono nelle loro macchine del cazzo e ti vengono a cercare.
Perché tanto lo sanno come trovarmi. Eccome se lo sanno. Puoi pure cambiare zona ogni 5 minuti, ma ti trovano.
In mezzo a quella pineta, in mezzo a delinquenti di ogni genere, a papponi e mignotte drogate, a gente che non sa che cazzo fare e non ha uno straccio di amore a casa propria ed è costretto a cercare l’aiuto di qualcun altro.
Perché io aiuto, aiuto a trovare quello che ciascuno ha dentro, e non riesce a tirare fuori. Sono un po’ psicologa, un po’ mamma…. e pure un po’ mignotta per carità; capisco quando è il momento di essere dolce e capisco quando è il momento di allontanarsi.
Ma come facevo a capire chi fosse veramente, Cristo! Come facevo a capire chi si nascondeva dietro quella faccia da bravo ragazzo? Mi sono lasciata ingannare e trasportare da questa forza d’animo che non avevo mai visto. Mi sono lasciata prelevare da quella pineta come se niente fosse, catturata dal tuo sguardo e dalla tua dolcezza, quella di un bambino ancora alla ricerca della felicità. E io ho pensato di esserlo, la tua felicità, ho pensato che sarei potuta essere la tua svolta, ed io che sognavo di uscire per sempre da quella pineta…
(beve) quanto tempo avremmo passato insieme non lo so, ma che senso aveva se non riuscivo ad averti ancora solo per me. Che senso aveva stare insieme solo quell’ora, la sera, senza vivere nemmeno un minuto in più la tua vita.
Presa, scopata, pagata e poi mollata. Un oggetto.
(cambia tono, diventa più aggressiva) Pensavi che avrei potuto rimanere nel mio angolo sotto l’albero senza fare niente e subire i tuoi cambi d’umore? Pensi che non avrei saputo di tua moglie e dei tuoi splendidi bambini? Pensi che non avrei mai potuto incontrarli, così, per caso, magari al mercato mentre facevano la spesa? Sono cose che capitano. A me è capitato. Non è stata certo colpa mia se tua moglie ti ha lasciato, che c’entro io. Non l’ho fatta io quella scelta. Io sarei rimasta sotto al mio albero senza fiatare.
Sei venuto tu da me a reclamarmi, a chiedermi di stare con te, di lasciare quel lurido posto per scappare insieme.
Io potevo scappare, io dovevo fuggire dalla mia realtà. Tu la tua realtà ce l’avevi già pronta, una bella realtà.
Io non capisco che senso ha fuggire da un’armonia per cercare di distruggerla!
Non ce l’ho fatta più. Ti ho lasciato, sei rimasto solo: senza di me e senza la tua famiglia.
Che pretendevi, di rimanere ancora in questo limbo senza riuscire a prendere fiato? Vivere significa anche prendere delle decisioni, ed io, grazie a te, l’ho presa la mia. Sono contenta di averlo fatto, non ho più scrupoli, mi sento finalmente appagata. Lo so che ora sarà dura ma volevo rimuovere questo problema, non ce la facevo più.
(volta la testa verso la quinta come se si rivolgesse a qualcuno)
Il cadavere lo potete ritrovare sepolto tra le dune di Capocotta. L’ho sepolto con queste mani nella sabbia.
Non vi potete sbagliare, andavamo sempre lì, chiedete di me e vi diranno dove mi appartavo.
Grazie commissario, può anche portarmi via ora, sento di non avere più niente da dire.