La contenibile ascesa di Arturo Ui

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Bertolt Brecht

La Contenibile Ascesa Di Arturo Ui

Titolo originale: Der aufhaltsame Aufstieg des Arturo Ui (1941)

Premessa

La contenibile ascesa di Arturo Ui, scritta nel 1941 in Finlandia, rappresenta un tentativo di spiegare al mondo capitalistico l’ascesa di Hitler trasponendola in circostanze a quel mondo familiari. L’uso del verso dà la misura del carattere eroico dei personaggi.

Cenno per l’esecuzione

Questo dramma va rappresentato in stile grandioso, perché gli avvenimenti acquistino quel risalto che purtroppo loro compete; se possibile, con chiare reminiscenze del dramma storico elisabettiano, perciò con sipari e praticabili. Si può recitare, ad esempio, davanti a sipari di juta grezza imbiancati a calce, con chiazze color sangue di bue. All’occorrenza possono essere anche usati fondali dipinti a mo’ di panorama, e sono altresì consentiti effetti musicali di organetti, trombe e tamburi. Ma naturalmente va evitata la pura e semplice parodia, e anche in chiave di grottesco non deve mai venir meno l’atmosfera di orrore. È necessaria un’esecuzione plastica, condotta a ritmo veloce, con gruppi d’insieme chiaramente afferrabili, nel gusto dei vecchi quadri d’argomento storico.

Osservazioni

Oggi si sente ripetere assai spesso che è inopportuno e vano voler consegnare al ridicolo i grandi delinquenti politici, vivi o morti. In questo campo – si dice – perfino la gente comune diventa suscettibile, non solo perché è stata coinvolta nei delitti, ma perché i sopravvissuti non possono ridere di queste cose in mezzo alle rovine. E poi, non si debbono sfondare le porte aperte, che tra le macerie si trovano anche troppo numerose; la lezione è stata imparata, perché voler continuare a infliggerla agli sventurati? E se anche non è stata imparata, è pericoloso invitare a ridere di un governante un popolo che di fronte a lui ha per cosi dire mancato d’impegno ecc. ecc.

È relativamente facile controbattere l’invito rivolto all’arte a trattare la brutalità con delicatezza, ad innaffiare con garbo la gracile pianticella della conoscenza, a mostrar fiori a chi ci ha mostrato bastoni ecc. E si può anche attaccare questo concetto di «popolo», che designa qualcosa di «più alto» della popolazione, e dimostrare come qui aleggi lo spettro della famigerata «comunità nazionale» che abbraccia carnefici e vittime, sfruttatori e sfruttati. Ma cosi non è ancora condannata l’immoralità di chi invita la satira a non immischiarsi nelle cose serie. Proprio di cose serie si occupa la satira.

I grandi delinquenti politici vanno denunciati, esponendoli soprattutto al ridicolo. Giacché essi anzitutto non sono grandi delinquenti politici, bensì autori di grandi delitti politici, il che è assai diverso.

Non si tema la verità banale, purché sia vera! Come il fallimento delle sue imprese non fa di Hitler uno stupido, cosi la mole di queste imprese non ne fa un grand’uomo. Nello stato moderno le classi dominanti in genere si servono per le loro imprese di uomini assai mediocri. Nemmeno nell’importantissimo campo dello sfruttamento economico sono necessarie doti particolari. Il trust plurimiliardario della IG-Farben impiega l’intelligenza eccezionale solo in quanto la sfrutta: gli stessi sfruttatori, un pugno di uomini che in genere hanno acquistato la loro potenza per nascita, impiegano collettivamente una certa astuzia e brutalità, ma non vengono danneggiati commercialmente dalla loro incultura, né lo sarebbero dall’ipotetica bontà d’animo di alcuni fra essi. Essi affidano gli affari politici a gente che spesso è ancor più sciocca di loro. Hitler non valeva più di Bruning, questi non superava Stresemann, e in campo militare Keitel valeva bene Hindenburg (Brecht usa il nomignolo «Lakeitel», basato sul gioco di parole con Lakei - lacchè). Vedere in Ludendorff, in questo specialista militare che perse delle battaglie per la sua immaturità politica, un gigante dell’intelligenza, sarebbe assurdo quanto ritener tali i calcolatori mnemonici del varietà. Questi individui danno l’impressione della grandezza per la vastità delle loro imprese. Ma proprio questa vastità dimostra che non debbono valere molto, giacché essa significa soltanto che è stata chiamata alle armi un’enorme massa di uomini intelligenti, così che le crisi e le guerre diventano fiere campionarie dell’intelligenza dell’intera popolazione.

A ciò si aggiunga che il delitto desta spesso ammirazione. Io ho udito i piccoli borghesi della mia città natale parlare sempre con devota ammirazione di un massacratore di nome Kneisel, tanto che ne ricordo il nome ancor oggi. Non si sentiva nemmeno il bisogno di attribuirgli le solite cortesie fatte a povere vecchiette: bastavano i suoi assassini.

La concezione che i piccoli borghesi (e anche i proletari, finché non ne hanno un’altra) hanno della storia è per gran parte romantica. Napoleone I tenne occupata la povera fantasia di questi tedeschi non già col codice napoleonico, ma con i milioni delle sue vittime. Le macchie di sangue stanno bene a questi conquistatori, come i nei. Quando nella rivista che ben a ragione si chiama «Deutsche Rundschau», un certo dottor Pechel scrisse nel 1946 a proposito di Genghiz Khan: «Il prezzo della Pax Mongolica furono venti regni distrutti e la morte di parecchie decine di milioni di uomini», si può dire che il «conquistatore lordo di sangue, il sovvertitore di ogni valore, il quale non ci deve far dimenticare il sovrano che dimostrò di non essere un semplice distruttore», diventa grande già solo per il fatto che nei suoi rapporti con l’umanità non badò a spese.

Questo rispetto per gli assassini deve essere distrutto. La logica quotidiana non deve farsi intimidire quando passa a considerare i secoli; ciò che regola i nostri rapporti minuti va rivendicato anche per quelli più vasti.

Il furfante in piccolo non può, ove chi detiene il potere glielo consenta, diventare un furfante in grande, acquistare rilievo non solo nella furfanteria ma anche nella nostra considerazione storica. E in genere vale il principio che la tragedia, molto più spesso della commedia, prende alla leggera le sofferenze dell’umanità.

Appunti

(In queste annotazioni Brecht esamina diversi punti di una discussione che alcuni giovani scrittori ebbero con lui alla fine del 1953, e il cui contenuto venne riassunto da Lothar Kusche in una lettera a Benno Slupianek del 21 gennaio 1954).

Kusche:

... ma nel momento in cui il dramma Arturo Ui viene inequivocabilmente riferito dalle scritte proiettate a un periodo determinato della storia tedesca, ... viene da domandarsi: il popolo dov’è?

... Brecht ha scritto (a proposito del Faustus di Bisler): «Dobbiamo assolutamente prender le mosse dalla verità di questo principio: una concezione in cui la storia tedesca non è che miseria, e il popolo è assente come potenza creativa, è falsa».

...Si avverte la mancanza di «un qualcosa» che rappresenti la «potenza creativa del popolo» ... Non fu dunque altro che una lotta tra gangster e commercianti? Dimitrov (la potenza cui qui, per amor di semplicità, diamo questo nome) era un commerciante?

L’Ui è una parabola teatrale scritta con l’intento di distruggere il solito funesto rispetto per gli assassini in grande. La cerchia dei suoi personaggi è mantenuta intenzionalmente in limiti ristretti: essa rimane al livello dello stato, degli industriali, degli junker e dei piccoli borghesi. Ciò è sufficiente per ottenere lo scopo prefisso. Il dramma non intende assolutamente tracciare un quadro comprensivo ed esauriente della situazione storica degli anni trenta. Il proletariato manca, e non può essere preso in maggiore considerazione, perché ogni aggiunta a questo contesto sarebbe di troppo e svierebbe dalla difficile impostazione del problema. (Come dedicare maggiore attenzione al proletariato e non alla disoccupazione; alla disoccupazione e non agli organi di collocamento e ai partiti, come pure al loro fallimento? Una cosa richiamerebbe l’altra, e ne verrebbe un’opera sterminata, che non potrebbe raggiungere lo scopo voluto).

Le scritte proiettate - che secondo Kusche inducono a ricercare nel dramma un disegno d’insieme - mi sembrano al contrario accentuarne il carattere di estratto, di «storia da cartelloni».

Gli industriali appaiono colpiti dalla crisi tutti in egual misura, mentre invece i più deboli dovrebbero essere sopraffatti dai più forti. (Ma forse anche questo è un punto che ci condurrebbe troppo in profondità, e del quale la parabola può fare a meno).

Il difensore (IX scena, «Processo per l’incendio dei magazzini») andrebbe forse riesaminato. Nella forma attuale, egli quando protesta sembra difendere soltanto una specie di «onore professionale». Che sia concepito in questo senso o no, il pubblico naturalmente cercherà di identificarlo con Dimitrov.

Per quanto concerne l’apparizione dello spettro di Rohm, mi sembra che Kusche abbia ragione («così com’è il testo attualmente, un grasso, debosciato nazista acquista i tratti di un martire»).

Il dramma, scritto nel 1941, venne considerato quale spettacolo da allestirsi nello stesso 1941.

La contenibile ascesa di Arturo Ui non fu rappresentata né pubblicata vivente Brecht. L’autore si riservava la redazione definitiva delle proprie opere teatrali fino al momento di metterle in scena. La redazione da noi stampata è il testo della copia del manoscritto originale con le correzioni di mano dell’autore, che non poté più intraprendere una revisione completa dell’opera in vista della pubblicazione. Sull’ultima pagina del manoscritto si legge, scritta di mano di Brecht, la data in cui l’opera fu terminata: 29.4.41, e il nome della collaboratrice M. Steffin.

Personaggi

Il buttafuori

Flake, Caruther, Butcher, Mulberry, Clark (capi del trust dei cavolfiori)

Sheet (armatore)

Dogsborough

Dogsborough junior

Arturo Ui (capogangster)

Ernesto Roma (suo luogotenente)

Ted Ragg (reporter dello «Star»)

Dockdaisy

Emanuele Giri (gangster)

Bowl (cassiere di Sheet)

GoodWill, Gaffles (membri dell’ amministrazione comunale)

O’Casey (inquirente)

Un attore

Giuseppe Givola (fiorista, gangster)

Hook (grossista di ortaggi)

Fish (imputato)

L’avvocato difensore

Un giudice

Un medico

Pubblico ministero

Inna (giovane, fido amico di Roma)

Un uomo qualunque

Ignazio Dullfeet

Betty Dullfeet sua moglie

Guardie del corpo di Arturo Ui

Servi di Dogsborough

Reporter giornalistici

Venditori di ortaggi di Chicago e Cicero

Una donna

Prologo.

Davanti al sipario compare il buttafuori. Sul sipario si leggono grosse scritte: «Ultime notizie sullo scandalo dei docks» - «La lotta intorno al testamento e alla confessione del vecchio Dogsborough» - «Colpo di scena al grande processo per l’incendio dei magazzini» - «Il gangster Ernesto Roma assassinato dai suoi amici» - «Ricatto e uccisione di Ignazio Dullfeet» - «La città di Cicero conquistata dai gangster». Dietro il sipario si ode musica da fiera.

BUTTAFUORI

Oggi, spettabile pubblico, presentiamo – ehi voi, fate silenzio, laggiù in fondo! e si tolga il cappello, signorina! – la cavalcata storica dei gangster! Contenente, in prima assoluta, la verità sul grande scandalo dei docks. Vi sveleremo inoltre il testamento e la confessione di Dogsborough. La carriera di Arturo Ui in tempo di crisi! Colpi di scena al processo per l’incendio dei magazzini! Il caso Dullfeet! La giustizia in coma! Lotta tra i gangster: ucciso Ernesto Roma! Quindi il quadro finale, con luminaria: i gangster che conquistano la città di Cicero! Vedrete qui, artisticamente interpretati, gli eroi più noti dei nostri bassifondi. Ne vedrete di morti e di ancor ritti, di già passati e di presenti, di elezione e di nascita; ad esempio, il buono, il vecchio, onesto Dogsborough! (Il vecchio Dogsborough si presenta innanzi al sipario). Nero di cuore, candidi i capelli, fa la tua reverenza, vecchio corrotto! (Il vecchio Dogsborough si inchina e si ritira). Vedrete ancora – ma ecco, è proprio lui che viene... (Givola si presenta davanti al sipario). il negoziante in fiori Givola. Con la bocca unta d’olio sintetico vi sa spacciare un caprone per ronzino. Le bugie, dicono, han le gambe corte! Osservate le sue! (Givola si ritira zoppicando). Ed ora Emanuele Giri, il superclown! Su, vieni fuori, fatti vedere! (Giri compare davanti al sipario e saluta con la mano). Assassino fra i sommi d’ogni tempo! Fuori, via! (Giri si ritira in collera). Ed ora la nostra attrazione più grande! Il gangster di tutti i gangster! Il notorio Arturo Ui! Il castigo del cielo per tutti i nostri peccati e delitti, violenze, debolezze e stupidaggini! (Ui si presenta davanti al sipario ed esce camminando lungo la ribalta). Riccardo Terzo: a chi non viene in mente? Dai tempi della Rosa Rossa e Bianca non si sono piti visti così grandi sanguinosi fulminei massacri. Così stando le cose, inclito pubblico, la direzione si è proposta di non badare a spese straordinarie per inscenare tutto in grande stile. Pure, qui è realistica ogni cosa: quanto vedrete stasera non è nuovo, non è stato inventato o escogitato censurato e manipolato per voi: lo sa, quel che mostriamo, l’intero continente: la commedia dei gangster, nota a tutta la gente! (Mentre la musica cresce e le si unisce il suono di un mitra il buttafuori esce rapido).

I – City.

FLAKE

Tempi dannati! È come se Chicago, la brava vecchia serva, la mattina, uscita per il latte, e poi scoperto un buco nella tasca, ora cercasse i soldi nel tombino.

CARUTHER

Giovedi Ted Moon invitò me, con altri ottanta, per lunedi, a mangiar piccioni. Adesso se ci si andasse, troveremmo solo il banditore. Oggidì questo trapasso dal lusso alla miseria avvien più in fretta del tempo che ci vuole a impallidire. Sbarcano ancora flotte di verdura dai cinque laghi alla città, ma ormai chi lo trova un cliente?

BUTCHER

Sembra scesa la notte a mezzogiorno!

MULBERRY

Clive e Robber vanno all’asta!

CLARK

La «Frutta-Import» di Wheeler in commercio da secoli, è fallita. Ai garages di Dick Havelock si liquida!

CARUTHER

E Sheet dov’è?

FLAKE

Non ha più tempo: adesso corre di banca in banca.

CLARK

Eh? Anche Sheet? (Pausa). Sul commercio dei cavolfiori, insomma, è meglio far la croce!

BUTCHER

Amici miei, suvvia! Chi non è morto vive ancora!

MULBERRY

Non esser morti è vivere?

BUTCHER

Vedete troppo nero! Il commercio alimentare in fondo è sano. Son quattro milioni che devono mangiare; e, crisi o no, servono ortaggi freschi, e noi li diamo.

CARUTHER

Come vanno i negozi?

MULBERRY

Vanno male; la gente compra mezzo cavolfiore e a credito!

CLARK

E i cavoli marciscono!

FLAKE

C’è un tale in anticamera che aspetta, un certo Ui... Lo dico perché è strano.

CLARK

Il gangster?

FLAKE

Proprio. Fiuta la carogna e si precipita a propor1e affari. Il suo aiutante, Ernesto Roma, pensa di poter persuadere altri negozi che comprare cavolfiori altrove sia poco igienico, e cosi promette affari raddoppiati. I negozianti preferiscono, dice, comprar cavoli piuttosto che una bara.

(risa amare)

CARUTHER

È una vergogna!

MULBERRY

(ride di cuore) Fucili Thompson, bombe a mano! Nuovi mezzi di smercio! Sangue fresco, infine, nel commercio dei cavoli! Si dice in giro che abbiam perso il sonno, ed ecco Arturo Ui a offrirci i suoi servigi! Non c’è altra scelta: o lui o l’Esercito della Salvezza: quale zuppa è meglio?

CLARK

Secondo me, la sua sarà più calda.

CARUTHER

Cacciatelo!

MULBERRY

Ma gentilmente: qui chissà come finisce!

(risate)

 

FLAKE

(a Butcher) E l’intervento di Dogsborough per il prestito civico? (agli altri) Butcher ed io abbiamo escogitato un mezzo per salvarci in questi tempi morti e senza quattrini. Così, in breve, noi ragioniamo: la città, che prende tasse da noi, potrebbe pur levarci d’impiccio con un prestito, col quale c’impegneremmo ad attrezzare i moli per poi sbarcare la verdura a meno. Il vecchio Dogsborough, così influente, ce la farà. Che dice Dogsborough?

BUTCHER

Si è rifiutato di aiutarci in nulla.

FLAKE

Rifiuta? Dannazione, è capolista nella zona dei docks, e non ci aiuta?

CARUTHER

Gli finanzio da anni le elezioni!

MULBERRY

Perdio, gestiva lo spaccio di Sheet! Prima di dedicarsi alla politica mangiava il nostro pane! Ingrato! Flake, che ti dicevo? Non c’è più pudore! È crisi di onestà, non di denaro! Scappano bestemmiando dal naviglio che affonda, ed ogni amico è diventato il peggior dei nemici, ed ogni servo non vuol più fare il servo, e questo vecchio caffettiere, col suo sorriso placido, non è più che una grande, fredda schiena. Morale, dove sei in tempo di crisi?

CARUTHER

Di Dogsborough non l’avrei mai pensato!

FLAKE

Che scuse porta?

BUTCHER

Che la cosa puzza.

FLAKE

Che c’è che puzza? Attrezzare dei moli non puzza affatto. Significa pane e lavoro per molti!

BUTCHER

Lui non crede che noi li attrezzeremo.

FLAKE

È vergognoso!

BUTCHER

Che noi non li attrezziamo?

FLAKE

No! Che dubiti!

CLARK

Prendete un altro, allora, che ci ottenga il prestito.

MULBERRY

E ci sono, altri!

BUTCHER

Però nessuno come Dogsborough. Credetemi, quell’uomo vale.

CLARK

Per che cosa?

BUTCHER

È onesto. E, meglio, è noto come onesto!

FLAKE

Balle!

BUTCHER

È chiaro: pensa al suo buon nome.

FLAKE

Chiaro? A noi, quel che interessa, è avere il prestito: il suo buon nome è affare suo.

BUTCHER

Davvero? È affare nostro, io penso. Avere un prestito che non provochi inchieste, lo può solo un galantuomo, un uomo a cui nessuno osi chiedere prove e documenti. Dogsborough è quest’uomo. Avete inteso? Il vecchio Dogsborough è il nostro prestito. Perché? Credono in lui. C’è chi non crede più da parecchio in Dio, ma crede in Dogsborough. Il marpione che quando va dal suo avvocato, porta un altro avvocato, metterebbe in deposito anche l’ultimo suo soldo nel grembiule di Dogsborough se lo trovasse abbandonato sopra il banco dello spaccio. Ah sì, un quintale di probità, quell’uomo! I suoi ottanta inverni non han visto debolezze! Ve lo ripeto: è un uomo che vale oro, e specie quando si attrezzano i moli ma non si ha molta fretta di attrezzarli.

FLAKE

Va bene, Butcher, vale oro. Quando appoggia qualche cosa, è cosa fatta. Ma adesso, il nostro affare, non lo appoggia!

CLARK

No! «La città non è un piatto di zuppa!»

MULBERRY

«Tutti per la città, questa per sé!»

CARUTHER

Tipo di poco spirito.

MULBERRY

Non cambia idea, come non cambia di camicia. Per lui una città non è un luogo di pietra e legno, dove vive gente e si azzuffa pel fitto e le bistecche: è carta, che so? è Bibbia ... Già, per me, io non l’ho mai potuto sopportare.

CLARK

In cuor suo non fu mai dei nostri. Cosa gli interessano cavoli e trasporti! Per quel che lo riguarda, la verdura della città può andare a male: un dito non lo muove. Per diciannove anni ha preso i nostri soldi per il fondo elettorale – o son già venti? –, ma cavolfiori, ne ha visti solo a tavola! Non ha mai messo piede in un garage!

BUTCHER

È vero.

CLARK

E vada al diavolo!

BUTCHER

No! Venga da noi!

FLAKE

Come? Non hai sentito Clark? Se ne frega di noi!

BUTCHER

Sì, ma lo stesso Clark ha detto il perché.

CLARK

Ignora Iddio!

BUTCHER

Bravo: ha un difetto, l’ignoranza. Dogsborough non sa come si sta nei nostri panni. Ecco il problema: far entrare Dogsborough nei nostri panni. Che dobbiamo fargli? Far che capisca! Perderlo è un peccato. State a sentire il piano che ho pensato!

(appare un cartello che richiama alla mente alcuni avvenimenti del recente passato.)

1929-32. La crisi mondiale colpisce la Germania in modo particolarmente grave. Al culmine della crisi gli Junker prussiani cercano di ottenere dei prestiti statali, ma per molto tempo non vi riescono.

II – Davanti alla borsa merci.

(Flake e Sheet a colloquio)

SHEET

Corsi da Ponzio a Pilato. Ponzio era via, Pilato era nel bagno. Tutti gli amici voltano la schiena! Quando i fratelli debbono incontrarsi vanno dal rigattiere a comperare un paio di scarpe vecchie, per timore d’esser stoccati! I vecchi soci han tanta paura l’un dell’altro, che si servono di nomi falsi per parlarsi in pubblico! La città intera si cuce le tasche.

FLAKE

Che pensi della mia proposta?

SHEET

Vendere? Non vendo. Voi volete avere il pranzo dando solo la mancia, e poi volete essere ringraziati per la mancia! Quel che penso di voi... meglio non dirlo.

FLAKE

Nessuno ti darà di più.

SHEET

E gli amici meno degli altri, questo lo so bene.

FLAKE

Oggi il denaro è caro.

SHEET

Specie quando se ne ha bisogno; e quando si ha bisogno nessuno lo sa meglio degli amici.

FLAKE

Non puoi tenere la tua società.

SHEET

Sai che ho pure una moglie: neanche quella forse potrò mantenere.

FLAKE

Se vendi...

SHEET

...dura un anno di più. Vorrei sapere perché volete le mie navi.

FLAKE

Proprio non pensi che potremmo voler darti una mano nel trust?

SHEET

Oh, guarda, guarda! Dove avevo la testa? Non pensare che forse volevate darmi aiuto e non cavarmi il sangue!

FLAKE

Non ti giova l’odio per tutti, a uscir dal fosso! Eh, almeno, mio caro Flake, non giova neanche al fosso!

(Passano lentamente tre uomini, il gangster Arturo Ui, il suo luogotenente Ernesto Roma e una guardia del corpo. Nel passare Ui fissa Flake, come aspettando di venire interpellato, e nell’allontanarsi Roma si gira a guardarlo con aria maligna.)

SHEET

Chi è?

FLAKE

Arturo Ui, il gangster. Dunque che ne diresti di vendere?

SHEET

Sembrava ansioso di parlarti.

FLAKE

(con un riso di paura) Sì, non ci dà requie. Propone di smerciare i nostri cavoli con la sua Browning. Tipi come Ui ce ne sono parecchi, al giorno d’oggi. È una lebbra che ha invaso la città e le divora dita, braccia, spalle. Nessuno sa donde venga, ma ognuno intuisce un abisso. Questi furti e rapine e ricatti ed assassinii e «Si salvi chi può!» e «Mani in alto!», cauterizzarli è d’uopo, fino in fondo.

SHEET

(guardandolo penetrante) E presto, anche: sono contagiosi!

FLAKE

Che ne diresti di vendere?

SHEET

(fa un passo indietro e lo osserva) Sì, c’è somiglianza: intendo, con costoro che san passati adesso. Non perfetta, ma c’è, si avverte più che non si veda. Scorgiamo spesso, al fondo degli stagni, rami verdi e ingrommati: si direbbero serpi, e invece san rami... o forse no? Così – non te la prendere – anche tu somigli a questo Roma. Ora vi ho visti, prima lui, poi te; e mi è parso come se avessi già veduto un’altra volta qualche cosa di simile, e non solo in te, ma senza mai poter capire... Dimmi ancora: «Che ne diresti di vendere?» Anche la voce, credo ... O meglio, dimmi: «Le mani in alto!» Perché questo intendi. (alza le mani) Ecco, le alzo, Flake. Prendi le navi! Datemi in ricompensa un calcio o due! Due calci è meglio. Datemeli subito!

FLAKE

Ma sei proprio impazzito!

SHEET

Ahimè, ne dubito!

III – Retrobottega del ristorante di Dogsborough.

(Dogsborough e suo figlio risciaquano bicchieri. Entrano Butcher e Flake.)

DOGSBOROUGH

Venite inutilmente. Non attacca! Puzza di pesce marcio, la proposta!

DOGSBOROUGH jr

Il babbo la respinge.

BUTCHER

Basta, vecchio! Chiediamo, dici no. Bene: sia no.

DOGSBOROUGH

Puzza. Conosco questa sorta di opere sui moli. No, non voglio farlo.

DOGSBOROUGH jr

Il babbo non vuoI farlo.

BUTCHER

Dimenticalo. Pace.

DOGSBOROUGH

Vedervi mi è sgradito. La città non è un piatto di zuppa, dove ognuno possa ingozzarsi. E poi, perdio, il vostro commercio è sano!

BUTCHER

Che ti ho detto, Flake? Vedete tutti troppo nero.

DOGSBOROUGH

E il vostro veder nero, io lo chiamo tradimento. Vi state dando la zappa sui piedi. Cosa vendete? Cavolfiori. Sono come il pane e la carne. All’uomo serve pane e carne e verdura. Senza fave per il montone, o senza cipolline per le bistecche, perderei i clienti! Qualcheduno ogni tanto è un poco a corto di denaro, e ci pensa su due volte prima di comperarsi un nuovo abito. Ma non temete che a questa città, sana come non mai, manchino i dieci soldi per la verdura. Animo, amici!

FLAKE

Ascoltarti fa bene, Dogsborough. Dà forza per la lotta.

BUTCHER

È quasi comico trovarti, Dogsborough, così sicuro e fiducioso circa i cavolfiori. Perché appunto noi abbiamo un’intenzione... Non quella, vecchio: quella è seppellita. Niente paura. È qualcosa di meglio: cosi speriamo, almeno. Dogsborough, il trust ha constatato che ora, in giugno fanno vent’anni, una generazione, da quando tu, il fidato gestore del ristorante in una nostra ditta, ci lasciasti per dedicarti al bene della città, che certo non sarebbe, senza di te, quella che è oggigiorno, e con essa anche il trust dei cavolfiori. Sono felice che tu lo dichiari sano in sostanza. Giacché ieri abbiamo stabilito di offrirti in questa fausta occasione, diciamo come segno della nostra alta stima, del legame di gratitudine che serbiamo in cuore verso di te, la maggioranza delle azioni nell’azienda armatoriale di Sheet, per soli ventimila dollari: nemmeno la metà del suo valore! (Posa sul tavolo un pacchetto di azioni).

DOGSBOROUGH

Cosa vuol dire, Butcher?

BUTCHER

Dogsborough, parliamo chiaro: il trust dei cavolfiori non conta tra i suoi membri anime candide, eppure ieri, all’udirti rispondere alla nostra... be’, sì, sciocca richiesta per il prestito, in modo così aperto e franco, senza reticenze, proprio l’antico Dogsborough tutto d’un pezzo, ad alcuni di noi – cosa incredibile! – gli occhi si inumidirono. Uno fece – sta’ calmo, Flake, non dico chi –: «Davvero siamo arrivati ad un bel punto!» E qui ci fu una breve pausa, Dogsborough. Poi la proposta venne naturale.

DOGSBOROUGH

Butcher e Flake, cosa c’è sotto?

BUTCHER

Cosa vuoi che ci sia? È solo una proposta!

FLAKE

E fa piacere farla. Eccoti qua, tu, simbolo del probo cittadino, uomo potente, nome proverbiale, eccoti qui in questa tavernuccia, dove non rigoverni solo i tuoi bicchieri, ma le stesse nostre anime! Con tutto ciò non sei piu ricco d’uno dei tuoi tanti avventori. È commovente!

DOGSBOROUGH

Non saprei cosa dirvi.

BUTCHER

Non dir nulla. Prendi il pacchetto! Può tornare comodo a un uomo onesto, no? Perdio, la ruota della fortuna non passa sovente per la strada pulita, vero? E questo tuo figliuolo: un buon nome, si dice, vale piu di un buon credito alla banca. Sta’ tranquillo che lui lo apprezzerà. Prendi il pacchetto! E questa volta, spero, non ci farai una lavata di capo!

DOGSBOROUGH

La compagnia di Sheet!

FLAKE

Da qui la vedi.

DOGSBOROUGH

(alla finestra) L’ho vista per vent’anni.

FLAKE

Ci avevamo pensato.

DOGSBOROUGH

E che fa Sheet?

FLAKE

Si dà al commercio della birra.

BUTCHER

D’accordo?

DOGSBOROUGH

Be’, capisco queste vostre paure; ma le navi non si dàn via per nulla.

FLAKE

Non hai torto. Ma può darsi che i ventimila dollari ci vengan comodi, adesso che è fallito questo prestito.

BUTCHER

E che al momento attuale non ci teniamo a offrire azioni nostre sul libero mercato.

DOGSBOROUGH

Questo suona già meglio. Non sarebbe un brutto affare. Sempre che non vi sia legata qualche speciale condizione...

FLAKE

No, nessuna.

DOGSBOROUGH

E avete detto ventimila?

FLAKE

È troppo?

DOGSBOROUGH

No, no. Sarebbe la stessa società dove fui un modesto cantiniere. Purché non salti fuori qualche trappola... E rinunciate al prestito?

FLAKE

Del tutto.

DOGSBOROUGH

Io quasi ci ripenso. Figlio mio, che fortuna per te! Già vi credevo in collera: ora fate quest’offerta! Vedi, ragazzo: l’onestà conviene qualche volta! È davvero come dite: il ragazzo non ha molto di più da ereditare, quando me ne andrò, che un buon nome: ed io ho visto tanto male commesso per bisogno!

BUTCHER

Se accettassi ci toglieresti un gran peso dal cuore. Così non rimarrebbero tra noi ombre di dissapore per la nostra sciocca proposta! E in futuro potremmo sentire i tuoi consigli sugli affari, su come superare il punto morto in maniera diritta ed onorevole, perché allora sarebbero anche i tuoi affari, Dogsborough: anche tu saresti uno di noi, dei cavolfiori. Accetti?

DOGSBOROUGH

(gli afferra la mano) Butcher e Flake, accetto.

DOGSBOROUGH jr

Il babbo accetta.

(Appare un cartello.)

Per interessare il presidente del Reich, Hindenburg, ai guai dei proprietari terrieri, gli Junker gli fanno dono di una proprietà.

IV – Sala corse della 122a Strada.

(Arturo Ui e il suo luogotenente Ernesto Roma, accompagnati da guardie del corpo, ascoltano alla radio la cronaca delle corse. Accanto a Roma, Dockdaisy.)

ROMA

Vorrei, Arturo, che ti liberassi da quest’umore tetro e malinconico, da questi sogni inerti, che già fanno parlare la città.

UI

(amaro) Ma chi ne parla? Nessuno più parla di me. Non ha memoria, la città. La gloria dura molto poco, quaggiù. Due mesi appena senza fracassi, e venti sparatorie son già dimenticate! Nelle nostre file, perfino!

ROMA

I ragazzi cominciano ad essere impazienti, ora che i soldi si fanno scarsi. E, quel che è peggio, l’ozio li guasta. L’uomo che spara soltanto sulle carte da gioco, è rovinato, è l’ombra di se stesso. Dalla pena che mi fanno, non mi va più di entrare al quartier generale, Arturo: il mio «Domani verrà il bello» mi rimane in gola, quando vedo i loro sguardi. Il piano che tu avevi per l’affare della verdura era davvero tanto promettente: perché non cominciamo?

UI

Non ora. Non dal basso. È troppo presto.

ROMA

«È troppo presto»! Questa è buona! Sono già quattro mesi da che il trust respinse i tuoi servigi, e tu non fai nient’altro che stare li a ruminare. Piani! Piani! Son tentativi senza voglia. Quella visita al trust t’ha rotto l’osso della schiena. Ed il piccolo incidente coi poliziotti, alla banca di Harper, ti è rimasto qui in gola!

UI

Ma sparavano!

ROMA

Soltanto in aria! Era illegale.

UI

Appena due testimoni in meno, e ora starei sotto chiave. E quel giudice! Nemmeno quattro soldi di simpatia.

ROMA

Non sparano, i poliziotti, per i fruttivendoli; ma per le banche sì. Da’ retta, Arturo, si incomincia all’undicesima Strada: si sfonda la vetrina, poi si sparge petrolio sopra la verdura; i mobili si sfasciano, e così scendiamo fino alla settima Strada. Due o tre giorni appresso, col garofano all’occhiello, entra in negozio Emanuele Giri ed offre protezione. In cambio, il dieci per cento sugli incassi.

UI

No. Ho bisogno di protezione io stesso. Debbo prima esser sicuro dalla polizia e dal giudice, e poi protegger gli altri. Si procede solamente dall’alto. (Cupo) Se non ho in tasca il giudice, mettendogli qualcosa nella sua, non ho diritti. Qualunque guardia può spararmi a vista e freddarmi, se irrompo in una banca.

ROMA

Resta il piano di Givola. Ha buon fiuto per la cacca, e se dice che il trust della verdura «puzza ben di marcio» qualcosa ci dev’essere. Han girato certe chiacchiere, quando il municipio, con l’appoggio – si dice – di Dogsborough, concesse il prestito; poi si mormorò di costruzioni progettate, che però non si dovevan costruire. Ma d’altra parte Dogsborough appoggiava l’affare, e perché il vecchio bigottone appoggerebbe qualcosa che non va? Ma ecco qui Ragg, dello «Star». Nessuno su questi fatti è piti informato di lui. Ehi! Hallo, Ted.

RAGG

(un po’ brillo) Hallo, voi! Hallo, Roma! Hallo, Ui! A Capua che si fa?

UI

Che intende?

DI RAGG

Oh, niente, Ui. Era solo un posto dove un tempo un grande esercito peri per l’ozio ed i piaceri e la mancanza di esercizio.

UI

Ma vattene in malora!

 

ROMA

(a Ragg) Non litigate! Dicci qualche cosa su questo prestito in favore del trust della verdura, Ted!

RAGG

Ma a voi che importa? Ora vendete cavoli? - Ah, ci sono! Volete un prestito civico anche voi. Chiedete a Dogsborough! Ve lo otterrà detto fatto! (imita il vecchio) «Un’azienda commerciale sana in sostanza, anche se minacciata da crisi temporanea, dovrebbe perire?» Nel consiglio comunale non resta un occhio asciutto; in quel momento i cavolfiori per ciascuno sono carne della sua carne; mentre, ahimè, nessuno, Arturo, piange per la Browning!

(gli altri presenti ridono)

ROMA

Non stuzzicarlo, Ted. L’umore è pessimo.

RAGG

Lo immagino. Si dice già che Givola sia andato da Capone per lavoro.

DOCKDAISY

(ubriaca) È una bugia! Giuseppe non lo tocchi!

RAGG

Dockdaisy! Sempre vicesposa dello sciancato Givola? (La tira in mezzo) Quarta vicesposa del terzo viceaiuto di una stella (indica Ui) di seconda grandezza già al tramonto! Oh, sorte ria!

DOCKDAISY

Tappategli la bocca!

RAGG

Ai gangster non intrecciano corone i posteri! Si volge a nuovi eroi il popolo volubile. E l’eroe di ieri cade nell’oblio. Il mandato del suo arresto ingiallisce negli archivi polverosi. «Ma non vi ho fatto, gente, delle ferite?» «Quando?» «Un tempo». «Ah, son già cicatrici!» «E le meglio cicatrici van perdute con quelli che le portano!» «Così, in un mondo in cui le buone azioni passano inosservate, non rimane neppur delle cattive una memoria anche modesta?» «No!» «O tristo mondo!»

UI

(urla) Chiudetegli la bocca!

RAGG

(pallido) Ui, non alzare la voce con la stampa!

(i presenti si alzano allarmati)

ROMA

(spinge via Ragg) Ted, va’ a casa, gliene hai dette abbastanza. Presto.

RAGG

(esce all’indietro pieno di paura) A dopo!

(il locale si svuota rapidamente)

ROMA

(a Ui) Tu sei nervoso, Arturo.

UI

Questa gente mi tratta come merda.

ROMA

Ed il motivo è solamente il tuo lungo silenzio.

UI

(cupo) Dov’è Giri con quel procuratore del trust cavoli?

ROMA

Vengono alle tre.

UI

E la storia di Givola e Capone?

ROMA

Niente. Capone è entrato nel negozio di Givola per comperare corone.

UI

Per chi?

ROMA

Non so. Non per noi.

UI

Vorrei esserne più sicuro.

ROMA

Vedi troppo nero quest’oggi! A noi nessuno pensa.

UI

Infatti! Fossimo merda, si comporterebbero con più rispetto. Ed al primo insuccesso Givola scappa! Ma ti giuro: al primo successo, faccio i conti con costui.

ROMA

Giri!

(entra Emanuele Giri con un individuo malridotto, Bowl)

GIRI

Ecco l’uomo, capo!

ROMA

(a Bowl) Sei l’agente di Sheet nel trust dei cavoli?

BOWL

Lo ero. Ero l’agente, capo, fino all’altra settimana. Finché quella carogna...

GIRI

Lui odia tutto ciò che sa di cavoli!

BOWL

Di Dogsborough...

 

UI

(subito) Che cosa c’entra Dogsborough?

ROMA

Cos’hai avuto a che fare tu con Dogsborough?

GIRI

Proprio per questo l’ho portato!

BOWL

Dogsborough m’ha licenziato.

ROMA

Dalla società di Sheet?

BOWL

No, dalla sua: adesso è sua, dai primi di settembre.

ROMA

Che?

GIRI

Le navi di Sheet, ormai vogliono dire Dogsborough. Era presente Bowl quando lo stesso Butcher, del trust della verdura, offrì la maggioranza delle azioni al vecchio.

UI

E allora?

BOWL

Allora è una vergogna...

GIRI

Capo, non capisci?

BOWL

...Che Dogsborough ha proposto il grosso prestito civico al trust...

GIRI

Ed in segreto era nel trust lui stesso!

UI

(che comincia a capire) Ma è corruzione! Dogsborough, perdio, l’ha fatta proprio sporca.

BOWL

Questo prestito servirà per il trust, ma l’hanno fatto per mezzo della ditta armatoriale. Tramite me. Ed io sottoscrivevo per Dogsborough, e non, come appariva, per Sheet.

GIRI

Se questa non è grossa! Dogsborough! L’antico baluardo, insegna, esempio d’gni virtu! Il probo, l’integerrimo e coscienzioso amico della gente! Il vecchio incorruttibile e tetragono!

BOWL

Gliela farò pagare: licenziarmi per frode, mentre lui ... Cane!

ROMA

Sta’ calmo! Anche ad altre persone bolle il sangue quando debbono udire certe cose. Cosa ne pensi, Ui?

 

UI

(indica Bowl) Lo giura?

GIRI

Certo.

UI

(esplodendo) Non perdetelo d’occhio! Vieni, Roma! Sento odore di affari!

(esce in fretta, seguito da Roma e dalle guardie del corpo).

GIRI

(batte una mano sulla spalla di Bowl) Forse, hai dato il giro ad una ruota...

BOWL

E i soldi, dico...?

GIRI

Conosco il capo! Sta’ tranquillo, amico.

(Appare un cartello.)

Nell’autunno del 1932 il partito e l’esercito privato di Adolf Hitler sono sull’orlo della bancarotta finanziaria e rischiano una rapida dissoluzione. Hitler si sforza disperatamente di arrivare al potere. Ma per molto tempo non riesce a parlare a Hindenburg.

V – Villa di Dogsborough.

(Dogsborough e suo figlio).

DOGSBOROUGH

Questa villa, non avrei mai dovuto comperarla. Nessuno può fiatare sul fatto che ho accettato quelle azioni quasi in regalo.

DOGSBOROUGH jr

No, assolutamente.

DOGSBOROUGH

L’aver sollecitato questo prestito perché avevo accertato coi miei occhi che un commercio fiorente era in strettezze e moriva, non è illegale. Invece fu un errore l’acquistare questa villa, contando sui proventi armatoriali, quando proposi il prestito: può dirsi che ho trattato in segreto a mio vantaggio.

DOGSBOROUGH jr

Sì, babbo.

DOGSBOROUGH

Fu un errore, o almeno può ritenersi un errore. Figlio mio, non avrei mai dovuto comperarla.

DOGSBOROUGH jr

No.

DOGSBOROUGH

Figlio, siam caduti in una trappola.

DOGSBOROUGH Jr

Sì, babbo.

DOGSBOROUGH

Quelle azioni sono state come il sacchetto di salati, esposto dal barista gratuitamente, in modo che il cliente, saziando la sua fame a buon mercato, stimoli la sete. (Pausa). Non mi piace l’inchiesta al municipio circa le attrezzature. Il nostro prestito è già sprecato: Clark ha preso, Butcher e Caruther e Flake, tutti hanno preso: purtrpppo ho preso anch’io, e non s’è ancora acquistata una libbra di cemento! C’è un unico vantaggio: per volere di Sheet, al nostro affare non ho dato pubblicità, e così non sa nessuno che ho a che fare con questa società.

UN CAMERIERE

(entra) Il signor Butcher, del trust, al telefono.

DOGSBOROUGH

Figlio, va’ tu! (Dogsborough junior esce col cameriere. Suono di campane lontane) Che può volere Butcher? (Guardando dalla finestra) In questa villa sono stati i pioppi ad attirarmi. E la vista sul mare: come l’argento, prima di coniarlo in talleri. E non c’è dovunque tanfo aspro di birra vecchia. Anche gli abeti sono belli a vedersi, specialmente le cime. È un verde-grigio, polveroso. I tronchi hanno il colore della pelle di vitello che s’impiegava un tempo come zipolo per spillar le botti. Ma se ho deciso, è stato per i pioppi. Sì, i pioppi. Oggi è domenica. Hmm. Sarebbe così pieno di pace il suono delle campane, se nel mondo non ci fosse tanta perfidia. Cosa vorrà Butcher, oggi, domenica? Non avrei dovuto mai comperarla...

DOGSBOROUGH jr

(di ritorno) Babbo, Butcher dice che al municipio stasera han proposto di condurre un’inchiesta sullo stato dei lavori portuali del consorzio dei cavolfiori. Che ti senti, babbo?

DOGSBOROUGH

La canfora!

DOGSBOROUGH jr

Ecco qua.

DOGSBOROUGH

Cosa vuol fare Butcher?

DOGSBOROUGH jr

Venire qui.

DOGSBOROUGH

Venire qui? Non lo ricevo. Non sto bene. Il cuore. (Si alza, con solennità) Non ho nulla a che fare con codesta faccenda. Ho camminato sessant’anni sulla via dritta, e la città lo sa. Nei loro intrighi io non c’entro per nulla.

DOGSBOROUGH jr

Sì, babbo. Ora stai meglio?

CAMERIERE

(entra) Nella hall c’è un certo signor Ui.

DOGSBOROUGH

Il gangster!

CAMERIERE

Sì. C’era la foto sui giornali. Dice che l’ha mandato il signor Clark, del trust.

DOGSBOROUGH

Caccialo via! Chi lo ha mandato? Clark? Al diavolo! Mi appioppa i gangster, ora? Io voglio...

(entrano Arturo Ui ed Ernesto Roma)

UI

Signor Dogsborough.

DOGSBOROUGH

Via! Fuori!

ROMA

Su, su, con calma. Non precipitiamo! Oggi è domenica, no?

DOGSBOROUGH

Ho detto: fuori!

DOGSBOROUGH jr

Mio padre ha detto: fuori!

ROMA

E se lo dice un’altra volta, non è ancora niente di nuovo.

UI

(impassibile) Signor Dogsborough.

DOGSBOROUGH

Dov’è la servitù? Chiama la polizia!

ROMA

Fermo, figliolo, è meglio! Da’ un’occhiata in corridoio, ci son forse tre o quattro ragazzi che potrebbero sbagliarsi...

DOGSBOROUGH

Violenza, dunque!

ROMA

Oh, non violenza, amico, solo un po’ d’energia.

(silenzio)

UI

Signor Dogsborough. So che non mi conosce, o solo per sentito dire, e questo è peggio. Lei qui vede, signor Dogsborough, un uomo misconosciuto, una figura resa fosca dagli invidiosi, un buon volere svisato dai maligni. Quando, in questa città, sono ormai quattordici anni, incominciai, figlio di Bronx e semplice disoccupato, un cammino non privo – posso ben dirlo – di successi, avevo intorno a me soltanto sette bravi ragazzi squattrinati, ma decisi come me, a tagliarsi una bistecca da ogni vacca creata dal Signore. Adesso sono trenta, e aumenteranno. Lei chiederà: che vuole Ui da me? Non voglio molto: soltanto non essere misconosciuto! Non venir trattato da avventuriero a caccia di fortuna, o che so io. (tossisce) Almeno, non da una polizia che ho stimato sempre. Perciò son qui da lei, a pregarla – ed io non prego volentieri – di interporre presso la polizia una parolina per me, quando bisogna.

DOGSBOROUGH

(incredulo) Intende dire, garantire per lei?

UI

Se necessario. Dipende se riusciamo ad accordarci coi negozianti di verdura.

DOGSBOROUGH

Cosa ha a che spartire lei con il commercio della verdura?

UI

Vengo al punto. Sono risoluto a proteggerlo. Da tutti i soprusi. Se occorre, con la forza.

DOGSBOROUGH

Per quanto so, nessuno fino ad ora lo ha minacciato.

UI

Fino ad ora. Forse. Ma io vedo più in là, e chiedo: fin quando? Fino a quando, in una simile città, con una polizia corrotta e inerte, il negoziante potrà continuare a vendere i suoi ortaggi in pace? Forse già domattina la sua botteguccia non sarà devastata da una mano criminale, e la cassa derubata? O non vorrà piuttosto fin da oggi, contro un piccolo esborso, assicurarsi una potente protezione?

DOGSBOROUGH

Io credo di no.

UI

Vorrebbe dire non sapere dove sta il proprio utile. E può darsi! Il verduraio modesto e industrioso ma limitato, spesso onesto, ma di vista corta, ha d’uopo di una guida forte. Purtroppo a lui manca ogni senso di responsabilità verso il trust, benché gli debba tutto. Ed anche questo, signor Dogsborough, è mio compito. Oggi anche il trust ha da essere protetto. Basta con chi non paga! Paga, o chiudi il negozio! Forse alcuni, sì, i più deboli, saranno rovinati. Ma è una legge di natura! Sì, il trust dei cavolfiori ha bisogno di me.

DOGSBOROUGH

E a me che importa del trust dei cavolfiori? lo credo, amico, che lei, con questo suo stupendo piano, stia sbagliando indirizzo.

UI

Lo vedremo in seguito. Sa lei quel che le serve? Le servon pugni al trust dei cavolfiori! Trenta ragazzi risoluti, sotto la mia guida!

DOGSBOROUGH

Non so se il trust, in luogo di macchine da scrivere, desideri mitragliatrici Thompson; io, comunque, col trust, non c’entro.

UI

Ne riparleremo. Lei dirà: «Trenta uomini che vanno e vengono nel trust, armati: chi garantisce che non capiti qualche guaio a noi stessi?» La risposta è semplice. Il potere ce l’ha sempre chi paga. Ed è lei che distribuirà le buste. Come potrei io, dunque, oppormi a lei? Se anche volessi, se anche non avessi tanta stima per lei quanta ne ho, c’è comunque la mia parola! E poi, io cosa sono? E il mio seguito, quanti uomini conta? Lo sa che non pochi già se ne vanno? Oggi saranno in venti, se sono venti! Se lei non mi salva, sono finito. È suo dovere d’uomo proteggermi dai miei nemici, ed anche dai miei amici... io dico pane al pane! Quattordici anni di lavoro in gioco! La prego come uomo!

DOGSBOROUGH

Allora senta quello che faccio, come uomo: chiamo la polizia.

UI

La polizia?

DOGSBOROUGH

Sicuro, la polizia.

UI

Vuol dire che rifiuta di aiutarmi, da uomo? (urla) Esigo allora che lei mi aiuti come malfattore! E lei lo è! La smaschero! Ho le prove! Prove che lei è compromesso nello scandalo delle attrezzature, che sta per scoppiare! L’azienda di Sheet è lei! L’avverto! Non mi spinga fino agli estremi! L’inchiesta è già decisa!

DOGSBOROUGH

(pallidissimo) Non avrà luogo! I miei amici...

UI

Amici? Lei non ne ha più: li aveva ieri. Oggi non ha più amici; e domani avrà solo nemici. Se qualcuno può salvarla quello sono io! Arturo Ui! Io! Io!

DOGSBOROUGH

L’inchiesta non avrà luogo. Nessuno potrà osar tanto. I miei capelli sono bianchi...

UI

E di bianco, oltre ai capelli, lei non ha nient’altro. Amico! Dogsborough! (cerca di afferrargli una mano) Giudizio! Basta aver giudizio! Lasci che io la salvi; ad una sua parola abbatterò chiunque voglia torcerle anche un solo capello! Dogsborough, mi aiuti adesso, la scongiuro, solo per questa volta! Non potrò più andare davanti ai miei ragazi, se non vengo ad un accordo con lei! (piange)

DOGSBOROUGH

No, mai! Piuttosto che accordarmi con lei, preferisco la rovina!

UI

Lo so: per me è finita. Ho quarant’anni, e non sono nessuno! Lei mi deve aiutare!

DOGSBOROUGH

Mai!

UI

Stia attento! La schiaccerò!

DOGSBOROUGH

Ma finché sono in vita mai e poi mai le riuscirà il suo losco traffico con la verdura!

UI

(con dignità) Signor Dogsborough, ho appena quarant’anni: lei ne ha ottanta. Le sopravviverò, dunque, se Dio mi aiuta. E so che arriverò ad entrare nel commercio della verdura!

DOGSBOROUGH

Mai!

UI

Andiamo, Roma. (Si inchina cerimoniosamente e lascia la stanza con Ernesto Roma).

DOGSBOROUGH

Oh, che impudenza! No, era proprio meglio non comprar questa villa! Qui però non oseranno fare inchieste. Sarebbe tutto perduto! No, non oseranno.

CAMERIERE

(entra) Goodwill e Gaffles, del Consiglio civico.

(entrano Goodwill e Gaffles)

GOODWILL

Hallo, Dogsborough!

DOGSBOROUGH

Hallo, Goodwill e Gaffles! C’è qualche novità?

GOODWILL

Niente di buono, ho paura. Ma dimmi: era Arturo Ui quello che ha attraversato ora il vestibolo?

DOGSBOROUGH

(ride a fatica) Sì, lui in persona. Non è un ornamento per la mia villa!

GOODWILL

Già, d’accordo. Be’: non è un buon vento quello che ci porta. È il prestito del trust dei cavolfiori.

DOGSBOROUGH

(rigido) Ebbene, il prestito?

GAFFLES

Ieri al municipio alcuni lo hanno definito – adesso non arrabbiarti – un poco ambiguo.

DOGSBOROUGH

Ambiguo.

GOODWILL

Sta’ tranquillo! La maggioranza ha preso il termine in cattiva parte. Un caso che non ne sia nata una zuffa!

GAFFLES

«Ambigui i contratti di Dogsborough!» gridavano. «E la Bibbia? Diventa ambigua, adesso, anche la Bibbia?» Il tutto si è risolto, Dogsborough, quasi in una mozione in tuo onore! Quando i tuoi amici hanno preteso un’inchiesta immediata, davanti alla fiducia nostra molti han cambiato opinione, e già dicevano di non volerne piu sapere; ma la maggioranza, che non può ammettere sul tuo nome neppur un’ombra, un soffio di sospetto, gridò compatta: «Dogsborough non è semplicemente un nome, un uomo: si tratta di un’istituzione!» E fece approvare l’inchiesta tra i tumulti.

DOGSBOROUGH

L’inchiesta...

GOODWILL

La conduce O’Casey a nome della città. Quelli del trust affermano solo questo: che il prestito fu dato direttamente alla ditta di Sheet, e che i contratti con le società costruttrici doveva farli la ditta di Sheet.

DOGSBOROUGH

Già. La ditta di Sheet.

GOODWILL

La miglior cosa è che tu mandi un uomo di buon nome, che sia di tua fiducia e fuori dai partiti, a sgrovigliare l’intricata matassa.

DOGSBOROUGH

Certo. Certo.

GAFFLES

D’accordo, dunque. Ora, Dogsborough, mostraci la tua famosa villa nuova, in modo che noi si possa raccontar qualcosa!

DOGSBOROUGH

Sì.

GOODWILL

Che cos’altro puoi volere! Pace e scampanio!

GAFFLES

(ridendo) E soprattutto niente moli!

DOGSBOROUGH

Ho capito, cara la mia gente!

(Escono lentamente. Appare uncartello.)

Nel gennaio del 1933 il presidente Hindenburg rifiuta ripetutamente a Hitler il posto di cancelliere del Reich. Tuttavia egli doveva temere le indagini sullo scandalo dell’«aiuto alle regioni orientali» [Osthilfe: così si chiamavano i prestiti del 1927-28 con cui erano state tenute in vita le grandi proprietà terriere della Germania orientale (N. d. T.)]. Inoltre egli aveva ricevuto delle sovvenzioni statali per la proprietà di Neudeck, che gli era stata regalata, senza impiegarle per il fine addotto.

VI – Municipio.

(Butcher, Flake, Clark, Mulberry, Caruther. Di fronte, accanto a Dogsborough, che è pallidissimo, O’Casey, Gaffles e Goodwill. Giornalisti.)

BUTCHER

(piano) Ritarda.

MULBERRY Viene insieme a Sheet. Può darsi che non siano d’accordo. Credo che abbiano discusso per l’intera notte. Sheet deve dire che è ancora proprietario della sua società.

CARUTHER

Non è un boccone molto dolce per Sheet, venire qui e dichiararsi il solo mascalzone.

FLAKE

Non lo farà mai.

CLARK

Deve.

FLAKE

Perché si buscherebbe cinque annetti in gabbia?

CLARK

È un bel mucchio di soldi, e Mabel Sheet ha bisogno di lusso. È ancora pazzo di lei. E lo farà. Quanto ad andare in gabbia, non ci andrà: provvede Dogsborough.

(si sentono grida di strilloni, e un reporter entra con un giornale)

GAFFLES

Hanno trovato Sheet morto. All’albergo. Un biglietto per Frisco in tasca del gilè.

BUTCHER

Sheet morto?

O’CASEY

(legge) Ucciso.

MULBERRY

Oh!

FLAKE

(piano) Dunque non l’ha fatto.

GAFFLES

Ti senti male, Dogsborough?

DOGSBOROUGH

(a fatica) No. Passa.

O’CASEY

Questa morte di Sheet...

CLARK

L’inaspettata morte di Sheet è come un colpo inferto all’inchiesta...

O’CASEY

Sicuro. L’inatteso giunge sovente atteso, ed aspettiamo l’inaspettato. Casi va la vita. Ora sto qui, davanti a voi, con animo deluso, e spero che non mi rinvierete per ogni mia domanda a Sheet, perché Sheet da stanotte, come appare chiaro da questo foglio, è molto taciturno.

MULBERRY

Che significa? In fin dei conti il prestito l’avete dato alla sua società armatoriale, o no?

O’CASEY

Certo, ma dietro la società, chi c’è?

FLAKE

(piano) Buffa domanda! Ha ancora qualche carta nella manica!

CLARK

(piano) Cosa sarà?

O’CASEY

Ti senti bene, Dogsborough? Ti manca l’aria? (agli altri) Intendo: si potrebbe dire che Sheet, oltre a due o tre paIate di terra, qui, farebbe bene a prendersi anche tutto il restante sudiciume. Io prevedo...

CLARK

Sarebbe forse meglio che lei non prevedesse troppo, O’Casey. Nella nostra città ci sono leggi contro la maldicenza.

MULBERRY

A cosa mira questo discorso oscuro? Mi risulta che Dogsborough ha designato un uomo per far luce su tutto ciò. Aspettatelo!

O’CASEY

È assai in ritardo. E quando arriva, spero che non ci parli soltanto di Sheet.

FLAKE

Noi speriamo che dica come stanno le cose, e niente più.

O’CASEY

Si tratta allora di un uomo onesto? Non sarebbe male. Sheet è morto soltanto questa notte, tutto potrebbe ancora esser chiarito. (A Dogsborough) Spero che tu abbia scelto un uomo onesto.

CLARK

(tagliente) È quel che è, d’accordo? Ecco che viene.

(Entrano Arturo Ui ed Ernesto Roma, accompagnati da guardie del corpo.)

UI

Hallo, Clark, Hallo, Dogsborough! Hallo.

CLARK

Hallo, Ui!

UI

Bene, che si vuol sapere da me?

O’CASEY

(a Dogsborough) Questo è il tuo uomo?

CLARK

Sì. Non fa al caso nostro?

GOODWILL

Che vuol dire, Dogsborough?

 

O’ CASEY

(ai giornalisti che fanno rumore) Silenzio in sala!

UN REPORTER

È Ui!

O’CASEY

Si può sapere chi è questa gente?

UI

Sono amici.

O’CASEY

(a Roma) E lei?

UI

Ernesto Roma, il mio agente.

GAFFLES

Un momento. Dogsborough, fai sul serio?

O’CASEY

Signor Ui, il signor Dogsborough, col suo eloquente silenzio, ci fa intendere che lei gode la sua fiducia, e vuol la nostra. Bene. Dove si trovano i contratti?

UI

Che contratti?

CLARK

(giacché O’Casey guarda Goodwill) Quelli che Sheet doveva stipulare con le imprese edili per costruire gli impianti sui moli.

UI

Io non so di contratti.

O’CASEY

No?

CLARK

Vuol dire che non ne esistono?

O’CASEY

(subito) Ha parlato con Sheet?

UI

(scuote la testa) No.

CLARK Ah, con Sheet non ha parlato?

UI

(con calore) Chi afferma che ho parlato con Sheet, mente.

O’CASEY

Credevo che lei avesse esaminato la cosa, Ui, su incarico di Dogsborough.

UI

Infatti.

O’CASEY

E questo esame ha dato frutti?

UI

Certo. La verità è stata difficile da appurare. E non è molto piacevole. Quando il signor Dogsborough mi ha invitato nell’interesse di questa città, ad accertare dove sia finito il civico denaro, insomma i soldi risparmiati da noi contribuenti e affidati a una certa compagnia, ho dovuto, sgomento, constatare che è stato malversato. Punto primo. Punto secondo: chi lo ha malversato? Anche questo ho scoperto, ed il colpevole è purtroppo...

O’CASEY

Chi dunque?

 

UI

Sheet.

O’CASEY

Oh, Sheet! Il taciturno Sheet, Sheet con cui lei non ha parlato?

UI

Cosa avete adesso da guardarmi così? Sheet è il colpevole.

CLARK

Ma Sheet è morto! Non hai udito?

UI

Ah, è morto? Questa notte ero a Cicero: per ciò non ne sapevo nulla. C’era anche Roma.

ROMA

È ridicolo. Credete che sia un caso, che proprio ora...?

UI

Signori, non è un caso. Il suicidio di Sheet è conseguenza dei suoi delitti. Cosa atroce!

O’CASEY

Solo non è un suicidio.

UI

E che cos’altro? Certo, la notte scorsa io e Roma eravamo a Cicero, e non sappiamo nulla. Ma quel che so, e ormai è chiaro, è questo: onesto commerciante in apparenza, Sheet era un gangster!

O’CASEY

Capisco. Non trova termini duri abbastanza per Sheet, per il quale stanotte qualcos’altro è stato troppo duro, Ui. Ma adesso a te, Dogsborough.

DOGSBOROUGH

A me?

BUTCHER

(aspro) Che c’entra Dogsborough?

O’CASEY

Ecco: se ho bene inteso il signor Ui (credo di sì), il denaro è stato preso e malversato da una compagnia armatoriale. Resta una questione: chi rappresenta questa compagnia? Sento che il nome è Sheet. Ma cosa sono i nomi? A noi è il padrone che interessa, non solo il nome della compagnia! Apparteneva pure a Sheet! Lui certo potrebbe dircelo, ma Sheet ha smesso di parlare di ciò che gli appartiene da quando il signor Ui è stato a Cicero. Non può darsi che fosse qualcun altro il padrone al momento della frode di cui si tratta? Che ne pensi, Dogsborough?

DOGSBOROUGH

Io?

O’CASEY

Sì. Non è possibile che fossi tu che sedevi al tavolo di Sheet proprio quando un contratto... be’, diciamo non era stipulato?

GOODWILL

O’Casey!

GAFFLES

(a O’Casey) Dogsborough?! Cosa ti salta?

DOGSBOROUGH

Io...

O’CASEY

E prima ancora, quando ci raccontavi al municipio che il trust dei cavolfiori era in strettezze, e che avremmo dovuto dare un prestito, parlavi per diretta cognizione?

BUTCHER

Andiamo via! Sta male, non vedete?

CARUTHER

Un vecchio!

FLAKE

Quella canizie dovrebbe persuadervi che in lui non c’è del male.

ROMA

Dico: fuori le prove!

O’CASEY

Quanto a prove...

UI

Silenzio, prego! Un po’ d’ordine, amici!

GAFFLES

(grida) Dogsborough, parla, per amor del cielo!

UN GANGSTER

(urla d’un tratto) Silenzio, ha detto il capo! State zitti!

(silenzio improvviso)

UI

Se posso dire quel che sento in questo momento, a questa vista vergognosa – un vegliardo oltraggiato ed i suoi amici, intorno, muti – è questo: signor Dogsborough, io le credo. La colpa, io vi domando, ha quest’aspetto? Ha questo volto

un uomo che ha lasciato la retta strada? Il bianco non è piu bianco? Il nero non è nero? Siamo a un bel punto, se siam giunti a questo!

CLARK

Qui si accusa di corruzione un uomo intemerato!

O’CASEY

Oh, ben peggio: di frode! Perché io affermo che codesta equivoca società armatoriale, di cui tanto male s’è detto, quando ancora era attribuita a Sheet, già apparteneva a Dogsborough all’epoca del prestito!

MULBERRY

È falso!

GAFFLES

Metto la mia testa in pegno per Dogsborough! Oh, chiama qui l’intera città! Trova qualcuno che lo dica disonesto!

PRIMO REPORTER

(a un altro che entra) Adesso hanno accusato Dogsborough!

SECONDO REPORTER

Dogsborough? Perché non Lincoln?

MULBERRY e FLAKE

I testimoni! Fuori i testimoni!

O’CASEY

Ah, i testimoni? Li volete? Smith, come va il nostro teste? È qui? Ho visto che è venuto.

(Uno dei suoi va alla porta e fa un segnale. Tutti fissano la porta. Breve pausa. Poi si sente una serie di spari e fracasso. Grande tumulto. I reporter si precipitano fuori.)

I REPORTER

Davanti al municipio. Mitragliatori. Questo testimone come si chiama, O’Casey? C’è aria brutta. Hallo, Ui!

O’CASEY

(avviandosi alla porta) Bowl. (Grida verso l’ esterno) Entri qui, presto!

QUELLI DEL TRUST

Cosa succede? Hanno ucciso qualcuno sulla scala. Maledizione!

BUTCHER

(a Ui) Altri disordini? Ui, tra noi è finita se è successo qualcosa...

UI

Sì?

O’CASEY

Portatelo qua dentro!

(alcuni poliziotti portano dentro un cadavere)

UI

È Bowl. Signori, il testimone non può venir sentito, temo. (esce in fretta).

(i poliziotti mettono il corpo di Bowl in un angolo)

DOGSBOROUGH

Gaffles! portami via.

(Gaffles gli passa davanti per uscire, senza rispondere)

UI

(tendendo la mano a Dogsborough) Dogsborough mio caro! Ci penso io a metter tutto in chiaro.

(Appare un cartello.)

Quando il cancelliere del Reich, generale Schleicher, minacciò Hindenburg di fare delle rivelazioni sui prestiti dell’«aiuto alle regioni orientali» e sulle evasioni fiscali, egli affidò il potere a Hitler il 30 gennaio 1933. Le indagini vennero insabbiate.

VII – Hotel Mammoth. Appartamento di Ui.

(Due scherani della guardia del corpo conducono da Ui un attore assai malridotto. Sul fondo, Givola.)

PRIMO GANGSTER

È un attore, capo. Disarmato.

SECONDO GANGSTER

Non ci avrebbe la grana, per una Browning. È sbronzo solo perché alla bettola, quando sono ubriachi, lo fanno declamare. Ma deve essere bravo. È un «classicista».

UI

Ascolti: mi hanno fatto capire che la mia pronuncia lascia a desiderare. E giacché non potrò evitare una volta o l’altra di dire qualche parola, specie in periodo di politica, voglio prendere lezioni. Anche di portamento.

ATTORE

Benissimo.

UI

Avanti lo specchio! (Un gangster tira avanti una grande specchiera). In primo luogo l’andatura. Come camminate sulla scena o nelle opere?

ATTORE

Capisco. Lei ha in mente lo stile sublime. Giulio Cesare, Amleto, Romeo, i drammi di Shakespeare. Signor Ui, ha trovato l’uomo che fa per lei. Il vecchio Mahonney può insegnar1e l’andatura classica in dieci minuti. Voi vi vedete davanti un caso tragico, signori. Mi sono rovinato con Shakespeare. Scrittore inglese. Se non fosse per Shakespeare, oggi potrei recitare a Broadway. La tragedia di un carattere. «Non reciti Shakespeare quando interpreta Ibsen, Mahonney! Guardi il calendario! Siamo nel 1912, amico!» «L’arte non conosce calendario, amico! – rispondo – ed io faccio dell’arte». Sì, proprio.

GIVOLA

Secondo me ti è capitato l’uomo sbagliato, capo. È fuori moda.

UI

Questo si vedrà. Cammini un poco come si cammina in Shakespeare. (L’attore cammina). Bene!

GIVOLA

Ma non puoi camminare cosi davanti agli erbivendoli! È innaturale!

UI

Che vuol dire innaturale? Oggi nessuno è naturale. Quando cammino, voglio che si noti che cammino. (Imita il passo dell’attore).

ATTORE

Indietro la testa. (Ui esegue). Il piede tocca il suolo con la punta per prima. (Ui esegue). Bene. Splendido. Lei ha una disposizione naturale. Solo le braccia non sono ancora a posto. Rigide. Aspetti. La cosa migliore è tener1e

congiunte davanti al pube. (Sempre camminando, Ui congiunge le mani davanti al pube). Niente male. Disinvolto e raccolto al tempo stesso. Ma la testa va indietro. Bene. Penso che l’andatura, per quel che le serve, sia a posto, signor Ui. Che altro desidera?

UI

Come si sta in piedi davanti alla gente.

GIVOLA

Mettiti dietro due giovanotti ben piantati, e starai a meraviglia.

UI

Sciocchezze. Quando sto in piedi, voglio che si guardi me, non due persone che ho dietro. Corregga la mia posizione! (si mette in posizione, le braccia ripiegate sul petto).

ATTORE

Questa può andare. Ma è volgare. Non vorrà sembrare un barbiere, signor Ui. Incroci le braccia, così, (Gli mette le braccia l’una sul!’ altra, in modo che sulla parte superiore di esse si vedano i dorsi delle mani) La correzione è minima, ma la differenza è grande. Confronti allo specchio, signor Ui.

(Ui prova la nuova posizione allo specchio)

UI

Bene.

GIVOLA

A che ti serve questo? Solo per i distinti signori del trust?

UI

No, si capisce. Serve per la gente minuta. Perché credi che, per esempio, questo Clark, del trust, vada in giro cosi pomposo? Forse per i suoi pari? Oh! Per quelli basta il suo credito in banca, proprio come in certi casi i giovanotti in gamba servono a me per ottener rispetto. Per la gente minuta Clark va in giro così pomposo! Ed io faccio lo stesso.

GIVOLA

Ma qualcuno potrebbe anche obiettare che in te non sembra naturale. Sai, c’è gente schizzinosa.

UI

Si capisce! Però non ha importanza quel che pensa il professore e questo o quel saccente: importa come l’uomo della strada s’immagina il padrone. E basta.

GIVOLA

Eppure perché «il padrone», così, dichiarato? Perché piuttosto, capo, non le brave maniche di camicia e gli occhi azzurri?

UI

Per queste cose ho il vecchio Dogsborough.

GIVOLA

Mi sembra che sia un po’ deteriorato. Ancora lo si conta tra l’«avere», l’antico pezzo raro, tuttavia non lo si mostra volentieri come un tempo: forse non è proprio autentico... Come la Bibbia di famiglia, che non si apre più, dal giorno in cui, sfogliandola commossi, con gli amici, si è scoperta tra le pagine gialle e venerande una cimice secca. Certo può essere ancora buono per il trust.

UI

Decido io chi è rispettabile.

GIVOLA

D’accordo, capo. Niente contro Dogsborough! Può ancora tornar utile. Nemmeno al municipio lo si fa cadere. Ci sarebbe un fracasso troppo grande.

UI

Ora come si sta seduti.

ATTORE

Come si sta seduti. È forse la cosa piu difficile, signor Ui. C’è gente che sa camminare e gente che sa stare in piedi, ma dove li trova quelli che sanno star seduti? Prenda una sedia a spalliera, signor Ui. Ora non si appoggi. Mani sulle cosce, parallele al ventre, gomiti staccati dal corpo. Per quanto tempo resiste a star seduto cosi, signor Ui?

UI

Per quanto voglio.

ATTORE

Allora, signor Ui, è tutto a posto.

GIVOLA

Forse fai bene, capo, ad assegnare l’eredità del vecchio Dogsborough al caro Giri. Lui sa conquistarsi la popolarità - anche senza popolo. Sa fare il gaio, e ridere in un modo che cadono gli stucchi dal soffitto, quando occorre, e anche quando non occorre: quando, ad esempio, ti presenti come figlio di Bronx, cosa che sei davvero, e discorri dei sette giovanotti risoluti...

UI

Ah, così. E allora ride?

GIVOLA

Da far venire giu gli stucchi. Ma non dirgli nulla, altrimenti mi accusa di non vederlo di buon occhio. Invece levagli il vizio di collezionare cappelli.

UI

Che cappelli?

GIVOLA

Sì, i cappelli della gente che ha ucciso. E di portarli pubblicamente in giro. È nauseante.

UI

Non lego il muso, io, al bue che trebbia. Considero con indulgenza i piccoli difetti dei miei collaboratori. (all’ attore) Ora i discorsi! Reciti qualcosa.

ATTORE

Shakespeare. Nient’altro. Cesare. L’eroe classico. (Estrae di tasca un libretto) Che ne pensa del discorso di Antonio? Sul feretro di Cesare. Contro Bruto. Capo degli assassini. Un modello di discorso al popolo, famosissimo. Interpretai la parte di Antonio a Zenith, nel 1908. Proprio quel che le occorre, signor Ui. (Si mette in posizione e declama verso per verso il discorso di Antonio) Romani, amici, cittadini, udite!

(Ui ripete seguendo il testo sul libretto, corretto a volte dall’attore, ma conservando sostanzialmente il suo tono brusco e rauco.)

ATTORE

Cesare è morto. E a seppellire Cesare vengo, non a lodarlo, cittadini! Il male, che fa un uomo, sopravvive, il bene spesso si sotterra con lui. E così sia di Cesare! A voi il nobile Bruto ha detto che Cesare voleva farsi tiranno. Sarebbe gran colpa, se fosse vera, e Cesare l’avrebbe grandemente espiata.

UI

(continua da solo) lo vengo qui, col permesso di Bruto (poiché Bruto è un uomo onorato, lo sono tutti, uomini onorati) a parlarvi davanti al suo cadavere. Era mio amico, giusto e a me fedele: ma Bruto afferma che voleva farsi tiranno, e Bruto è un uomo onorato. Condusse a Roma molti prigionieri, e le casse di Roma si riempirono con i riscatti: in questo fu un tiranno? Certo, se il povero avesse affermato questo di lui, Cesare avrebbe pianto. Forse i tiranni hanno animo più duro! Ma Bruto afferma che voleva farsi tiranno, e Bruto è un uomo onorato. Voi tutti avete visto ai Lupercali come gli porsi tre volte la corona regia, e tre volte la respinse. Questo era un agire da tiranno? No. Ma Bruto dice che voleva farsi tiranno, e certo è un uomo onorato. Io non parlo per contraddire Bruto, ma sono qui per dire quel che so. Voi tutti lo amavate, e non a torto! Ora cosa vi tiene dal compiangerlo?

(Durante gli ultimi versi cala lentamente il sipario. Appare un cartello)

Si dice che Hitler abbia preso lezioni di declamazione e di arte di presentarsi in pubblico da un attore di provincia, certo Basil.

VIII – Sede del trust dei cavolfiori.

(Arturo Ui, Ernesto Roma, Giuseppe Givola, Emanuele Giri e le guardie del corpo. Una folla di piccoli rivenditori di verdura ascolta il discorso di Ui. Sul podio, accanto ad Ui, siede Dogsborough: ha l’aspetto ammalato. Sul fondo, Clark.)

UI

(urla) Sangue! Ricatti! Furti ed assassinii! Arbitrii! Sparatorie in piena strada! Uomini che si recano al lavoro, cittadini pacifici che vanno in municipio per testimoniare, uccisi in pieno giorno! E cosa fa, io domando, il Consiglio comunale? Nulla! Perché codesti valentuomini debbono progettare certi affari poco puliti, e denigrar la gente onorata, invece di adottare delle misure!

GIVOLA

Bravo!

UI

In breve: regna il caos. Perché, quando ciascuno può far ciò che vuole e che gli suggerisce l’egoismo, significa che tutti son contro tutti, e perciò regna il caos. Quando mi guardo in pace il mio negozio o carico, diciamo, sul mio camion i cavoli o che altro, ed uno irrompe meno pacifico in bottega, e dice «Mani in alto!» e mi spara sulle gomme con la Browning, non può regnar la pace! Però una volta accertato che gli uomini sono così, non agnellini, io debbo fare qualcosa perché non mi mettano tutto il negozio sottosopra, ed io non sia costretto a alzar le mani ad ogni momento, se fa comodo al vicino, ma possa usarle per il mio lavoro, per contar cetrioli, o che so io. Perché l’uomo è così. Di proprio impulso non metterà mai la Browning da parte, e neanche perché sarebbe nobile o perché un oratore al municipio lo loderebbe. Se non sparo io, spara l’altro! È la logica. Ma cosa si deve fare, voi chiedete. Adesso ve lo dirò. Una cosa innanzi tutto. Non quello che finora avete fatto. Sedere pigri davanti alla cassa e sperare che tutto vada bene, e per di piu non essere d’accordo tra voi, dispersi, senza una robusta sorveglianza che vi protegga, e quindi impotenti di fronte ad ogni gangster, non va, naturalmente. Quindi occorre, per prima cosa, l’unità. Poi qualche sacrificio. Vi sento dire: «Cosa bisognerà sacrificare? Soldi? Dare il trenta per cento sugli incassi per pagare la protezione? No, noi non vogliamo questo! Amiamo troppo i nostri soldi! Se la protezione si potesse aver gratis, volentieri!» Ma non è cosi semplice, miei cari bottegai! Solo la morte è gratis, tutto il resto si paga. E cosi pure la protezione. E la sicurezza, e la pace, e la tranquillità. Cosi è la vita. E dato che è cosi, né sarà mai diversa, abbiamo stabilito, io ed alcune persone che vedete qui intorno – ed altre ancora stanno fuori – di prestarvi la nostra protezione. (Givola e Roma applaudono). Ma per farvi vedere che ogni cosa sarà fatta su base commerciale, è presente il signor Clark, dei Grossisti, Clark, che voi tutti conoscete.

GIVOLA

A nome, signor Clark, dell’adunanza io le do il benvenuto. Che le idee di Arturo Ui siano state abbracciate dal trust dei cavolfiori, torna a onore di quest’ultimo. Grazie, signor Clark!

CLARK

Noi, signore e signori, noi del trust dei cavoli, vediamo con allarme quanto vi sia difficile smerciare la verdura. Vi sento dire: «È troppo cara». Ma perché è cara? Perché i nostri caricatori, imballatori e autisti, aizzati da elementi sovversivi, chiedono sempre di piu. Qui il signor Ui coi suoi amici, vuol fare un po’ d’ordine.

PRIMO NEGOZIANTE

Ma se la gente povera riceve sempre meno, chi compra la verdura?

UI

Domanda molto giusta. Ed io rispondo: con il lavoratore, lo si apprezzi o no, nel mondo d’oggi è necessario fare i conti. Anche già come cliente. Io ho sempre affermato che il lavoro non fa vergogna, anzi edifica e dà dei profitti. E per questo è indispensabile. Il singolo lavoratore ha tutta la mia simpatia. Soltanto quando si riunisce in massa e poi pretende di intervenire dove non capisce, ossia sul meccanismo dei profitti e cosi via, io dico allora: fermo, fratello, in questo modo non va bene. Tu sei un lavoratore, ossia lavori, ma quando non lavori più e scioperi, allora non sei piu un lavoratore, ma un soggetto pericoloso, ed io intervengo. (Clark applaude). Ma per rendervi certi che ogni cosa è prevista in buona fede, un uomo siede qui tra noi, che vale per tutti noi, posso ben dirlo, come modello di onestà, di incorruttibile moralità, cioè il signor Dogsborough. (I negozianti applaudono un po’ piu forte). Io sento, signor Dogsborough, in quest’ora, tutto il debito di riconoscenza che ho verso di lei. Noi siamo stati uniti dalla Provvidenza. Mai mi scorderò che un uomo come lei ha eletto me, più giovane, ed un semplice figlio di Bronx, a suo amico, anzi vorrei dire di più, quasi a suo figlio. (Afferra la mano di Dogsborough che pende inerte e la stringe).

GIVOLA

(a mezza voce) Momento commovente! Padre e figlio!

GIRI

(si fa avanti) Amici, il capo ha parlato col cuore! Vi leggo in faccia un paio di domande. Fuori! E niente paura, non mangiamo la gente che non ci fa nulla. Io dico le cose come stanno: non mi piacciono le chiacchiere e gli sterili cavilli di chi su tutto trova da ridire e conosce soltanto gli «ah» e i «ma» e non conclude niente. Ma ascoltiamo con gioia le proposte positive e giudiziose sul modo migliore per fare ciò che in fin dei conti deve essere fatto! Avanti, fiato! (i negozianti non si muovono). E niente cerimonie con noi! Voi conoscete, io credo, me e il mio negozio di fiori!

UN GANGSTER

Viva Givola!

GIVOLA

Allora: protezione o assassinii, ricatti, furti, arbitrii, dente per dente?

PRIMO NEGOZIANTE

Negli ultimi tempi siamo stati abbastanza in pace. Niente pasticci nella mia bottega.

SECONDO NEGOZIANTE

E nella mia nemmeno.

TERZO NEGOZIANTE

Nemmeno nella mia.

GIVOLA

È strano!

SECONDO NEGOZIANTE

A dire il vero si è sentito che di recente, nel ramo dei bar, spesso le cose sono andate come ha descritto il signor Ui: un locale ha avuto i vetri rotti ed i liquori gettati a terra per non aver pagato la protezione. Ma, sia lode a Dio, noi negozianti di verdura siamo stati tranquilli, fino ad ora.

ROMA

E Sheet assassinato? E la morte di Bowl? Tutto tranquillo?

SECONDO NEGOZIANTE

Cos’hanno a che fare con la verdura, signor Roma?

ROMA

Un attimo!

(Si avvicina ad Ui, che dopo il suo lungo discorso si è messo a sedere spossato e indifferente. Dopo qualche parola chiama Giri con un cenno, ed anche Givola partecipa a una conversazione veloce e sussurrata. Quindi Giri fa cenno a uno scherano ed esce in fretta con lui.)

GIVOLA

Spettabile adunanza! Apprendo adesso che il signor Ui è stato supplicato da una povera donna di ascoltare qualche parola di riconoscenza davanti a voi.

(Va sul fondo e ne torna con una donna molto truccata e procacemente vestita: Dockdaisy, che conduce una bimba per mano. I tre si portano davanti ad Ui, che si è alzato.)

GIVOLA

Parli, signora Bowl. (ai negozianti) Questa è la signora Bowl, mi dicono, giovane vedova del procuratore Bowl, del trust dei cavolfiori, ucciso ieri da mano sconosciuta, mentre si affrettava, secondo il suo dovere, al municipio. A lei, signora Bowl!

DOCKDAISY

Signor Ui, nel profondo cordoglio che mi ha colpito per l’efferato assassinio di cui il mio povero marito è stato vittima mentre si accingeva a entrare in municipio per assolvere il suo dovere di cittadino, vorrei esprimerle la mia gratitudine più sincera per i fiori che lei ha mandato a me e alla mia bimba di cinque anni, orfana del padre. (rivolta ai convenuti) Signori, sono soltanto una povera vedova, e non dico altro che questo: senza il signor Ui oggi io sarei in mezzo alla strada; sono pronta a giurarlo. lo e la mia bimba di cinque anni non lo dimenticheremo mai, signor Ui.

(Ui tende la mano a Dockdaisy e carezza il mento alla bambina.)

GIVOLA

Brava!

(Giri fende la calca col cappello di Bowl in testa: lo seguono alcuni gangster che trascinano grossi bidoni di petrolio. Essi si fanno largo fino all’uscita.)

UI

Condoglianze, signora, per il lutto. Questa furia omicida e temeraria deve cessare, oppure...

(I negozianti accennano a disperdersi.)

GIVOLA

Fermi! Ancora la seduta non è sciolta. L’amico James Greenwool ci farà sentire adesso una canzone in memoria del povero Bowl; seguirà quindi una colletta per l’infelice vedova. È un baritono.

(Si fa avanti un gangster e canta una canzone sentimentale, in cui ricorre piu volte la parola «focolare». Durante l’esecuzione i .gangster siedono estasiati dalla musica con la testa tra le mani, appoggiati all’indietro a braccia conserte ecc. Gli scarsi applausi che accolgono il canto sono interrotti dai fischietti della polizia e dalle sirene dei pompieri. Una grande finestra sul fondo si illumina di rosso.)

ROMA

Un incendio nei docks!

UNA VOCE

Dove?

UN GANGSTER

(entra) C’è qui un certo Hook, negoziante di ortaggi?

SECONDO NEGOZIANTE

Eccomi! Cosa c’è?

GANGSTER

Il suo magazzino va a fuoco.

(Hook si precipita fuori e alcuni lo seguono. Altri vanno alla finestra.)

ROMA

Fermi! Aspettate! Nessuno esca di qui! (al gangster) È un incendio doloso?

GANGSTER

Sì, capo. Hanno trovato dei bidoni di petrolio.

TERZO NEGOZIANTE

Qui, prima, trasportavano dei bidoni.

ROMA

(furioso) Che cosa? C’è chi afferma che siamo stati noi?

UN GANGSTER

(punta la pistola alle costole al negoziante) Che cosa dici che hanno portato per di qui? Bidoni?

ALTRI GANGSTER

(agli altri negozianti) Tu hai visto dei bidoni qui? E tu?

I NEGOZIANTI

lo no. – Nemmeno io.

ROMA

Lo spero bene!

GIVOLA

(in fretta) Proprio lo stesso uomo che poc’anzi ci raccontava quant’era tranquillo il commercio dei cavolfiori, adesso vede il suo magazzino in fiamme, in cenere, per colpa di una mano criminale! Ancora non vedete? Siete ciechi? Ora è il tempo di unirvi! E presto!

UI

(urla) In questa città siamo arrivati troppo oltre. Prima omicidi, adesso incendi! A ognuno dovrebbero, mi pare, aprirsi gli occhi! Se non capite, siete sordi o sciocchi!

(Appare un cartello.)

Nel febbraio 1933 il palazzo del Reichstag fu divorato dalle fiamme. Hitler accusò i suoi nemici di averlo incendiato e diede il via alla «notte dei lunghi coltelli».

IX – Processo per l’incendio dei magazzini.

(Stampa. Giudice. Accusa. Difesa. Dogsborough junior, Giri, Givola, Dockdaisy. Gangster, negozianti di verdura e Fish, l’accusato.)

a)

(Emanuele Giri, davanti al banco dei testimoni, indica Fish, l’accusato, che vi sta seduto completamente apatico.)

GIRI

(grida) Costui è l’uomo che con mano infame ha appiccato l’incendio! Si teneva stretto il bidone di petrolio, quando io l’ho arrestato. Alzati in piedi, tu, quando parlo con te! In piedi ho detto!

(Fish viene sollevato di peso e resta in piedi vacillando)

GIUDICE

Imputato, concentratevi. Siete sotto giudizio. Siete accusato di incendio doloso. Riflettete a ciò che è in gioco per voi!

FISH

(balbetta) Arlarlarlarl.

GIUDICE

Dove avete preso i bidoni di petrolio?

FISH Arlarl.

(A un cenno del giudice, un medico elegantissimo, dall’aspetto equivoco, si china su Fish, quindi scambia uno sguardo con Giri.)

MEDICO

Sta simulando.

DIFENSORE

La difesa chiede l’intervento di altri medici.

GIUDICE

(sorride) Richiesta respinta.

DIFENSORE

Signor Giri, come mai ella si trovava sul luogo quando nel magazzino del signor Hook è scoppiato l’incendio che ha distrutto ventidue costruzioni?

GIRI

Facevo una passeggiata digestiva.

(Alcuni gangster ridono. Giri ride con loro.)

DIFENSORE

Le è noto, signor Giri, che l’imputato è un disoccupato arrivato a Chicago a piedi un giorno prima dell’incendio, e che non era mai stato prima in questa città?

GIRI

E con ciò?

DIFENSORE

La sua macchina è targata xxxxx?

GIRI

Sì.

DIFENSORE

Quattro ore prima dell’incendio, questa macchina non era ferma davanti al ristorante di Dogsborough all’87a Strada? E l’imputato non venne trascinato fuori dal ristorante in stato d’incoscienza?

GIRI

Come faccio a saperlo? Sono stato l’intera giornata in gita a Cicero, dove ho incontrato cinquantadue persone che possono giurare di avermi visto.

(I gangster ridono.)

DIFENSORE

Ma non ha detto poco fa che aveva fatto una passeggiata digestiva a Chicago, nella zona dei docks?

GIRI

Lei ha qualcosa in contrario a che io mangi a Cicero e digerisca a Chicago?

(Risa forti e prolungate, alle quali si unisce il giudice. Buio. Un organetto suona la marcia funebre di Chopin a tempo di ballabile.)

b)

(Al riaccendersi della luce il negoziante Hook siede al banco dei testimoni.)

 

DIFENSORE

Signor Hook, ha mai avuto litigi con l’imputato? L’ha mai visto?

HOOK

No, mai.

DIFENSORE

Ha mai visto il signor Giri?

HOOK

Sì, nella sede del trust della verdura, il giorno dell’incendio del mio magazzino.

DIFENSORE

Prima dell’incendio?

HOOK

Subito prima. Attraversò il locale con quattro persone che portavano bidoni di petrolio.

(Agitazione al banco della stampa e in mezzo ai gangster.)

GIUDICE

Silenzio al banco della stampa!

DIFENSORE

A quale stabile è attiguo il suo magazzino, signor Hook?

HOOK

Allo stabile della società armatoriale ex Sheet. Il mio magazzino è unito al cortile della società mediante un passaggio.

DIFENSORE

Le è noto, signor Hook, che il signor Giri abitava nella società ex Sheet, e che quindi ha accesso ai locali della medesima?

HOOK

Sì, in qualità di amministratore dei depositi.

(Forti rumori al banco della stampa. I gangster cercano di zittire e fanno gesti di minaccia verso Hook, il difensore e la stampa. Dogsborough junior corre dal giudice e gli bisbiglia qualcosa all’orecchio.)

GIUDICE

La seduta è aggiornata per indisposizione dell’imputato.

(Buio. L’organetto riprende la marcia funebre di Chopin a ritmo di ballabile.)

c)

(Al riaccendersi della luce, Hook è seduto al banco dei testimoni. È malconcio, tiene un bastone accanto a sé, ha la testa e gli occhi fasciati.)

 

ACCUSATORE

Ci vede male, signor Hook?

HOOK

(a fatica) Sì.

ACCUSATORE

Può dire di essere in grado di riconoscere chiaramente una persona?

HOOK

No.

ACCUSATORE

Ad esempio, riconosce quell’uomo? (Indica Giri).

HOOK

No.

ACCUSATORE

Non può dire di averlo mai visto?

HOOK

No.

ACCUSATORE

Ora, Hook, una domanda molto importante. Prima di rispondere rifletta bene. Eccola: il suo magazzino è attiguo allo stabile della società armatoriale ex Sheet?

HOOK

(dopo una pausa) No.

ACCUSATORE

È tutto.

(Buio. L’organetto riprende a suonare.)

d)

(Al riaccendersi della luce, Dockdaisy è seduta al banco dei testimoni.)

DOCKDAISY

(con voce meccanica) Riconosco benissimo l’imputato dalla sua espressione colpevole e dalla sua altezza di un metro e settanta. Da mia cognata ho saputo che fu visto davanti al municipio il giorno in cui mio marito venne ucciso nell’entrarvi. Aveva una pistola mitragliatrice marca Webster sotto il braccio e un fare assai sospetto.

(Buio. L’organetto riprende a suonare.)

e)

(Al riaccendersi della luce, Giuseppe Givola siede al banco dei testimoni. Vicino a lui, il gangster Greenwool.)

ACCUSATORE

Si è affermato in questo processo che nella sede del trust della verdura alcune persone avrebbero portato fuori diversi bidoni di petrolio prima che scoppiasse l’incendio. Cosa ne sa lei?

GIVOLA

Non può trattarsi che del signor Greenwool.

ACCUSATORE

Il signor Greenwool è un suo impiegato, signor Givola?

GIVOLA

Sì.

ACCUSATORE

Qual è, signor Givola, la sua professione?

GIVOLA

Negoziante di fiori.

 

ACCUSATORE

È un’attività in cui il petrolio viene usato in quantità eccezionali?

GIVOLA

(serio) No, soltanto contro i pidocchi delle piante.

ACCUSATORE

Cosa faceva il signor Greenwool nella sede del trust della verdura?

GIVOLA

Cantò una canzone.

ACCUSATORE

Quindi non può avere nello stesso tempo portato bidoni di petrolio al magazzino di Hook.

GIVOLA

È assolutamente impossibile. Non è il tipo dell’incendiario. È un baritono.

ACCUSATORE

Rimetto al giudizio della Corte l’opportunità di far cantare al teste Greenwool la bella canzone da lui eseguita nella sede del trust della verdura mentre veniva appiccato il fuoco.

GIUDICE

La Corte non lo ritiene necessario.

GIVOLA

Protesto. (Si alza) È scandaloso come ci si addita all’odio! Giovanotti generosi, col solo vizio di sparare un po’ troppo in piena luce, li si tratta da tipi tenebrosi. È rivoltante!

(Risate. Buio. L’organetto riprende a suonare.)

f)

(Al riaccendersi della luce, la Corte mostra i segni del più completo spossamento.)

GIUDICE

La stampa ha alluso a pressioni di cui la Corte sarebbe stata fatta oggetto da una certa parte. La Corte afferma di non essere stata sottoposta a pressione alcuna, e di esercitare il suo ufficio in completa libertà. Penso che questa dichiarazione sia sufficiente.

ACCUSATORE

Signori della Corte! Poiché l’imputato continua a simularsi demente, l’accusa ritiene impossibile continuare gli interrogatori. Proponiamo perciò...

DIFENSORE

Signori della Corte! L’imputato torna in sé!

(Rumori.)

FISH

(sembra svegliarsi) Arlarlacquarlarlacquarl.

DIFENSORE

Acqua! Signori della Corte, propongo di interrogare l’imputato!

(Forti rumori.)

ACCUSATORE

Protesto! Nulla indica che il Fish sia in possesso delle sue facoltà mentali. È tutta una montatura della difesa, caccia alla sensazione, tentativo di influenzare il pubblico!

FISH

Acquarl. (viene aiutato ad alzarsi dal difensore).

DIFENSORE

È in grado di rispondere, Fish?

FISH Sì arl.

DIFENSORE

Fish, risponda alla Corte: il 28 dello scorso mese lei ha appiccato il fuoco a un magazzino di verdura sui docks, o no?

FISH

Norororo.

DIFENSORE

Quando è venuto a Chicago, Fish?

FISH

Acqua.

DIFENSORE

Acqua!

(Rumori. Dogsborough junior si avvicina al giudice e gli parla all’orecchio.)

GIRI

(si leva imponente e urla) È una montatura! Menzogna! Menzogna!

DIFENSORE

Lei ha già visto quest’uomo? (Indica Giri).

FISH

Sì. Acqua.

DIFENSORE

Dove? Non è stato al ristorante di Dogsborough sui docks?

FISH

(piano) Sì.

(Tumulto. I gangster spianano le pistole e zittiscono. Il medico accorre con un bicchiere e ne fa bere il contenuto a Fish, prIma che Il dIfensore possa strapparglielo dalle mani.)

DIFENSORE

Protesto! Chiedo l’esame di questo bicchiere!

GIUDICE

(scambia uno sguardo con l’accusatore) Richiesta respinta.

DOCKDAISY

(grida all’indirizzo di Fish) Assassino!

DIFENSORE

Vostro Onore, ascoltate! Qui si vuole tappar la bocca della verità, che nemmeno la terra può tapparla, con un pezzo di carta, con un vostro verdetto, quasi si sperasse che vostro Onore sia il vostro Disonore! Si grida alla giustizia: «Mani in alto!» Ma la nostra città, che in sette giorni è invecchiata, da quando dolorante si batte contro questa sanguinosa genia di pochi mostri, deve ancora vedere la giustizia massacrata? Non solo massacrata, anche oltraggiata, perché cede dinanzi alla violenza? Signori della Corte, interrompete questi delitti!

ACCUSATORE

Protesto! Protesto!

GIRI

Cane! Cane corrotto! Mentitore! Chi avvelena sei tu! Esci di qui! Ti strappo il cuore! Brutto delinquente!

DIFENSORE

La città intera conosce quest’uomo.

GIRI

(furibondo) Chiudi il becco! (Poiché il giudice vuole interromperlo) E tu pure, chiudi il becco! Se ti è cara la vita!

(Il giudice riesce a prendere la parola perché a Giri manca il respiro.)

GIUDICE

Prego, silenzio! La difesa dovrà rispondere di oltraggio alla Corte. All’indignazione del signor Giri va la più ampia comprensione di questa Corte. (Al difensore) Continuate.

DIFENSORE

Fish! Nel ristorante di Dogsborough le hanno dato da bere? Fish! Fish!

FISH

(col capo penzoloni) Arlarlarl.

DIFENSORE

Fish! Fish! Fish!

GIRI

(urla) Chiamalo pure! La tua gomma è a terra! Vedremo chi è il padrone qui in città!

(Si fa buio tra grandi clamori. L’organetto riprende a suonare la marcia funebre di Chopin a ritmo di ballabile.)

g)

(Quando torna per l’ultima volta la luce, il giudice è in piedi e legge con voce incolore la sentenza. L’imputato è pallidissimo.)

GIUDICE

Charles Fish, vi condanno a quindici anni di carcere per incendio doloso.

(Appare un cartello.)

In un grande processo, il processo dell’incendio del Reichstag, il tribunale di Lipsia condannò a morte un disoccupato che era stato preventivamente drogato. Gli incendiari restarono in libertà.

X – Villa di Dogsborough.

(Notte, verso l’alba. Dogsborough scrive il suo testamento e confessione)

DOGSBOROUGH

E così io, l’onesto Dogsborough, ho acconsentito a tutto ciò che questa banda di sanguinari ha perpetrato dopo avere vissuto con onore ottanta inverni. O mondo! A quel che sento, quelli che mi conoscono da prima dicono che non so nulla, altrimenti non lo sopporterei. Ma io so tutto. So chi ha appiccato il fuoco al magazzino di Hook. So chi ha rapito e poi drogato lo sventurato Fish. E so che Roma era da Sheet, quando costui fu ucciso con in tasca il biglietto per l’imbarco. So che quel giorno, avanti al municipio, fu Giri ad ammazzare Bowl, perché sapeva troppo sull’onesto Dogsborough. So che ha ammazzato Hook, e l’ho veduto col cappello di Hook. E so di cinque assassinii di Givola, e li allego. Di Ui so tutto; so che era al corrente di ogni cosa, dalla morte di Sheet e di Bowl agli omicidi di Givola, e che sapeva tutto dell’incendio. Tutto questo io sapevo, e tutto questo ho tollerato, io, l’onesto Dogsborough, per sete di ricchezza, e per paura che dubitaste della mia onestà.

XI – Hotel Mammoth. Appartamento di Ui.

(Ui in poltrona con lo sguardo fisso nel vuoto. Givola sta scrivendo e due guardie del corpo spiano sogghignando dietro le sue spalle.)

GIVOLA

«Io perciò, Dogsborough, lascio il fidato Givola erede del mio ristorante. La mia villa va a Giri, coraggioso anche se un po’ focoso; e al bravo Roma lascio mio figlio. Vi prego di fare giudice Giri, e Roma capo della polizia, e di nominare il mio Givola assistente dei poveri. Di cuore designo Arturo Ui, che ben lo merita, a succedere a me. Credete al vostro onesto vecchio Dogsborough». Mi pare che basti: e crepi presto! Il testamento farà miracoli. Da quando sanno che muore, e c’è speranza di mandare più o meno con decenza il vecchio arnese sotto terra pulita, hanno premura di lavare il cadavere. Ci vuole la lapide con una bella scritta. Dai tempi antichi la stirpe dei corvi vive di rendita sulla rinomanza di quel famoso corvo bianco, visto chissà dove e chissà quando. Il loro corvo bianco è il vecchio; ecco l’immagine di quel famoso corvo bianco. Giri però, gli sta un po’ troppo intorno, capo, per i miei gusti. Non mi piace affatto.

UI

(scatta) Cosa combina Giri?

GIVOLA

Nulla: dico che sta un po’ troppo intorno a Dogsborough.

UI

Non mi fido di lui.

(Entra Giri con in testa un nuovo cappello, quello di Hook)

GIVOLA

Neanch’io! Mio caro Giri, a che punto è il collasso di Dogsborough?

GIRI

Non fa entrare il dottore.

GIVOLA

Il nostro bravo dottore che ha curato Così bene Fish?

GIRI

Non farei avvicinare un altro. Il vecchio parla troppo.

UI

Può anche darsi che si parli un po’ troppo in sua presenza...

GIRI

Cosa vuoi dire? (A Givola) Hai di nuovo mollato come una puzzola, il tuo odore?

GIVOLA

(premuroso) Leggi il testamento, caro!

GIRI

(glielo strappa di mano) Cosa? Roma a capo della polizia? Voi siete impazziti!

GIVOLA

Lo esige. Anch’io, sai, Giri, sono contrario, ché del nostro Roma c’è poco da fidarsi. (Entra Roma, seguito da alcuni scherani). Hallo, Roma! Leggi qua il testamento!

ROMA

(lo strappa a Giri) Dammi! Ah, dunque, Giri è giudice! Dov’è lo scartafaccio del vecchio?

GIRI

Ce l’ha ancora lui, e tenta di farlo uscire di nascosto. Cinque volte ho pescato il figlio.

ROMA

(tende la mano) Giri, dammelo.

GIRI

Che cosa? Non ce l’ho.

ROMA

Cane, ce l’hai. (Si confrontano furibondi). So quello che vuoi fare. La faccenda di Sheet, che c’è li dentro, mi riguarda.

GIRI

Ma c’è pure, lì dentro, la faccenda di Bowl, che riguarda me!

ROMA

Sicuro! Ma voi siete furfanti, io sono un uomo. Io ti conosco, Giri, ed anche te, Givola! A te non crederei nemmeno se mi dicessi che hai una gamba zoppa. Perché vi trovo sempre qui? Che cosa tramate? Arturo, cosa ti bisbigliano su me all’orecchio? Attenti a non andare troppo oltre! Se mi accorgo di qualcosa, badate, io vi lavo via, da quelle macchie di sangue che siete!

GIRI

Non osare parlarmi come parli ai tuoi sicari!

ROMA

(ai gangster) Intende voi! Così ora si parla di voi nel quartier generale! Voi siete dei sicari! Loro stanno seduti coi signori del trust... (indica Giri) e quella camicia di seta è del sarto di Clark. Voi combinate i vostri affari sporchi... (a Ui) e tu li tolleri!

UI

(come svegliandosi) Che tollero?

GIVOLA

Che lui faccia sparare sui camion di Caruther. E Caruther è dentro il trust!

UI

Davvero voi avete sparato sopra i camion di Caruther?

ROMA

È stato un atto arbitrario di due o tre dei miei. Non sempre ai giovanotti riesce ad entrare in testa perché debbano sudare sangue solo le botteghe dei disgraziati, e non anche i garages di lusso. Io stesso non riesco, Arturo, perdio, a capirlo, qualche volta!

GIVOLA

Il trust però è furioso.

GIRI

Ieri Clark ha detto che aspettan solo che succeda un’ altra volta; ed è andato a parlarne con Dogsborough.

UI

(di malumore) Ciò non deve accadere, Ernesto.

GIRI

Capo, fatti sentire! Altrimenti i ragazzi ti faranno le scarpe.

GIVOLA

Capo, al trust sono furiosi!

ROMA

(punta la pistola contro i due) Mani in alto, allora! (Alle loro guardie del corpo) Voi pure! Mani in alto, e niente scherzi! E tutti al muro!

UI

(indolente) Che succede? Ernesto, non renderli nervosi! E poi perché litigare? Per qualche colpo contro un camion di verdura! Sono cose che si rimediano. Il resto va liscio come l’olio, ed in ordine perfetto. L’incendio è andato bene. Le botteghe pagano il trenta per cento per essere protette. In meno di una settimana un intero quartiere è stato messo in ginocchio. Nessuna mano più si leva contro noi. Ed ho altri piani più grandiosi.

GIVOLA

(in fretta) Quali, se mi è lecito?

GIRI

Chi se ne frega, dei piani! Fa’ in modo che possa tirar giu le mani!

ROMA

Arturo, è piu sicuro lasciargliele in aria!

GIVOLA

Sarà un bello spettacolo, se arriva Clark, e ci trova in questo stato!

UI

Ernesto, metti via la pistola!

ROMA

Niente affatto. Svegliati, Arturo. Ma non vedi come si fan gioco di te? Come manovrano e ti buttano in viso questi Clark, questi Dogsborough? «Se ora arriva Clark e ci vede!» E i quattrini della ditta armatoriale, dove sono? Noi non li abbiamo mai visti. I giovanotti sparano nei negozi, portan latte di petrolio ai depositi, e sospirano: «Arturo non ci riconosce più, noi che per lui abbiamo dato tutto. Ora fa l’armatore e il signorone». Svegliati, Arturo!

GIRI

E sputa fuori il rospo, e dicci con chi stai.

UI

(balza in piedi) Questo vuol dire che mi puntate la pistola al petto? No, da me in questo modo non si ottiene nulla. Davvero. Se mi si minaccia, ci si addossino poi le conseguenze. Io sono un uomo mite, ma non tollero minacce! Chi non ha fiducia cieca in me, può andarsene. E qui non si transige. Il mio motto è «Il dovere, fino all’ultimo»! E i compensi li fisso io. Il compenso viene dopo il lavoro. Quel che esigo da voi, è la fiducia, ancora e sempre fiducia! A voi manca la fede, e quando manca, è finita. Ma perché credete che io abbia fatto tutto questo? Ho avuto fede! Perché ho creduto da fanatico nella causa! E solamente con la fede e con nient’altro, son venuto in questa città, e l’ho costretta a inginocchiarsi. Con la fede sono andato da Dogsborough, e con la fede son riuscito a entrare in municipio. Nelle nude mani non avevo nient’altro che la fede, la mia fede incrollabile.

ROMA

E la Browning.

UI

No. Ce l’hanno anche gli altri. Ma non hanno la salda fede nel proprio destino di condottieri. Ed anche voi dovete credere in me! Sì, credere che voglio il vostro bene, che so che cosa sia questo bene, e che troverò la strada che porta alla vittoria. Se morisse Dogsborough, stabilisco io le cariche. Una cosa soltanto posso dirvi: che sarete contenti.

GIVOLA

(si porta la mano al petto) Arturo!

ROMA

Fuori!

(Giri, Givola e gli scherani di quest’ultimo escono lentamente, a mani alzate.)

GIRI

(uscendo, a Roma) Mi piace il tuo cappello.

GIVOLA

(uscendo) Caro Roma...

ROMA

Via! Giri, non scordarti la risata da pagliaccio, e tu, ladro di un Givola, portati dietro la tua gamba storta, anche se certamente l’hai rubata.

(Quando sono usciti, Ui ripiomba nelle sue meditazioni)

UI

Lasciami solo!

ROMA

Arturo, molte volte, se non avessi proprio quella fede in te, di cui parlavi, non saprei come guardar negli occhi i miei ragazzi. Dobbiamo agire! E presto! Giri ha in mente qualche porcata!

UI

Ernesto! Ho piani nuovi e grandi, adesso. Dimentica Giri! Ernesto! Come amico mio più vecchio e aiutante fedele, voglio ormai metterti a parte del mio nuovo piano, che è già avanzato assai.

ROMA

(raggiante) Sentiamo! Quello che ho da dirti a proposito di Giri può aspettare. (Si siede vicino a lui. I suoi lo aspettano in piedi in un angolo).

UI

A Chicago abbiam finito. Ora voglio dell’altro.

ROMA

Altro?

UI

Non solo qui si commercia la verdura.

ROMA

No. Però, come introdurci in altre parti?

UI

Dalla porta di strada. E dalla porta di dietro. E dalla finestra. Scacciati e invocati, chiamati e maledetti. Con minacce e preghiere, ingiurie e brighe. Con la dolce violenza e con l’abbraccio d’acciaio. Insomma, come qui.

ROMA

Ma altrove è diverso.

UI

Io penso ad una vera e propria prova generale in una città minore. Si vedrà se altrove è davvero diverso, del che dubito.

ROMA

Dove vuoi far la prova generale?

UI

A Cicero.

ROMA

Ma là c’è questo Dullfeet col suo giornale per i commercianti di verdura, e col suo movimento di resistenza interna, che ogni sabato mi bolla come assassino di Sheet.

UI

Questo dovrebbe smettere.

ROMA

Potrebbe smettere, certamente. Un giornalista così ha dei nemici, e a molti il nero dell’inchiostro da stampa fa vedere rosso. A me, per esempio. Sì, le ingiurie potrebbero finire, io credo, Arturo.

UI

Dovrebbero finire presto. Il trust negozia già con Cicero. Vogliamo, per ora, vender cavolfiori in pace.

ROMA

Chi conduce le trattative?

UI

Clark. Però ha difficoltà. A causa nostra.

ROMA

Cosi anche Clark c’è dentro. A questo Clark non darei quattro soldi di fiducia.

UI

A Cicero si dice che seguiamo il trust dei cavolfiori come un’ombra. Vogliono la verdura, ma di noi non vogliono saperne. I negozianti ci guardan con terrore, e non soltanto loro: da anni la moglie di Dullfeet è importatrice di verdura a Cicero, e si unirebbe volentieri al trust, anzi già vi starebbe, se non fosse per noi.

ROMA

Allora il piano di attaccare Cicero non è tuo? Non è che un piano del trust? Arturo, ora capisco tutto. Tutto! È evidente ciò che si architetta!

UI

Dove?

ROMA

Nel trust! Nella villa di Dogsborough! Il testamento! È il trust che lo ha ordinato! Vogliono annettersi Cicero. E tu li intralci. Come levar ti di mezzo? Li tieni in pugno: hanno impiegato te per le loro porcate, han tollerato ciò che hai commesso: come fare? Dogsborough confessa! Il vecchio scende nella bara con il saio e la cenere. Lì accanto sta il trust, commosso, e prende dai suoi artigli lo scartoffio, e lo legge singhiozzando ai giornalisti: il vecchio si è pentito e raccomanda loro caldamente di sterminare la peste introdotta da lui – sì, lo confessa – e di tornare all’antico onorevole commercio della verdura. Questo, Arturo, è il piano. E ci prendono parte tutti: Giri, che fa scrivere testamenti a Dogsborough ed è amico di Clark, il quale incontra difficoltà per causa nostra a Cicero e non vuole ombre quando incassa soldi. E Givola, che fiuta la carogna. E questo Dogsborough, il vecchio e onesto Dogsborough, che ti imbratta scartafacci traditori, e ti ricopre di merda, va fatto fuori per primo: altrimenti me lo saluti, il tuo piano per Cicero!

UI

Credi che sia un complotto? Però, è vero, a Cicero non mi hanno fatto andare. Mi era sembrato strano.

ROMA

Ti scongiuro, Arturo, lascia che ci pensi io! Senti: oggi stesso, con i miei ragazzi, io faccio un salto alla villa di Dogsborough, e tiro fuori il vecchio, per por tarlo (dico a lui) nella clinica, ed invece te lo consegno al cimitero. Fine.

UI

Ma Giri è nella villa.

ROMA

E può restarci. (Si guardano). Facciamo pulizia.

UI

E Givola?

ROMA

Vado a trovarlo al ritorno. E al suo negozio ordino belle corone per Dogsborough e per il mattacchione Giri. Pago a pronta cassa.

UI

Ernesto, il piano infame di questi Dogsborough e Clark e Dullfeet, per escludermi dagli affari a Cicero mentre con fredda astuzia mi si taccia di delinquente, va sventato senza pietà. Io conto su di te.

ROMA

Puoi farlo. Ma prima che partiamo devi assisterci e fare cuore ai ragazzi, perché vedan la cosa nella giusta luce. Io non so fare discorsi.

UI

D’accordo.

ROMA

Arturo, lo sapevo! Non poteva andar diversamente. Noi due insieme! Tu ed io! Come ai vecchi tempi! (ai suoi) Arturo sta con noi! Visto se avevo ragione?

UI

Verrò.

ROMA

Alle undici.

UI

Dove?

ROMA

Al garage. Mi sento un altro! Si torna all’azione! (parte subito coi suoi).

(Ui, passeggiando avanti e indietro, prepara il discorso che intende tenere ai gangster di Roma.)

UI

Amici! È giunto purtroppo al mio orecchio che dietro le mie spalle si architetta un tradimento orribile. Persone vicinissime a me, e in cui nutrivo ogni fiducia, di recente han fatto combutta e, folli di stolta ambizione, avide e infide per natura, in lega coi magnati del trust... No, questo no. In lega... con che cosa? Ecco, ci sono: in lega con la polizia, si vogliono sbarazzare di voi. E, a quanto sento, attentano perfino alla mia vita! La mia indulgenza ora è finita. Quindi io dispongo che voi, sotto la guida di Ernesto Roma, che ha la mia fiducia, stanotte...

(Entrano Clark, Giri e Betty Dullfeet)

GIRI

(vedendo Ui trasalire) Capo, siamo solo noi!

CLARK

Ui, le presento la signora Dullfeet, venuta qui da Cicero. Il trust chiede che lei ascolti la signora Dullfeet e si accordi con lei.

UI

(torvo) Prego.

CLARK

Durante le trattative in corso per unire il trust della verdura di Chicago con Cicero, son stati sollevati, come lei sa, alcuni dubbi da Cicero sopra di lei quale azionista. Il trust finalmente è riuscito a superare queste obiezioni, e la signora Dullfeet è venuta...

SIGNORA DULLFEET

A far luce sull’equivoco. Anche per mio marito, il signor Dullfeet, vorrei che fosse chiaro, signor Ui, che la campagna svolta di recente sui giornali, non riguardava lei.

UI

Chi riguardava, allora?

CLARK

Bene, Ui, parliamo chiaro: il «suicidio» di Sheet a Cicero ha parecchio sconcertato. Comunque fosse, Sheet era pur sempre un armatore, un uomo facoltoso, e non uno qualunque, un nulla, che torna nel nulla, e per cui non c’è nulla da dire. Inoltre il garage di Caruther lamenta danni ad uno dei suoi camion. E, Ui, in entrambi i casi c’è di mezzo uno dei vostri.

SIGNORA DULLFEET

Anche i bambini a Cicero sanno del sangue di cui son macchiati i cavolfiori del trust.

UI

Storie infami!

SIGNORA DULLFEET

No, no, non c’entra lei. Non più, da quando il signor Clark ha fatto garanzia per lei. È solo quell’Ernesto Roma.

CLARK

(in fretta) Ui, testa a posto!

GIRI

Cicero...

UI

Non voglio sentire queste cose. Ma per chi mi prendete? Ora basta! Ernesto Roma è il mio uomo. Io non mi faccio imporre quale gente ho da avere intorno. Questa è un’offesa che non sopporto.

GIRI

Capo!

SIGNORA DULLFEET

Contro gli uomini come Ernesto Roma Ignazio Dullfeet lotterà con tutte le forze.

CLARK

(freddo) E con ragione. In questo il trust lo appoggerà. Via, Ui, sia ragionevole. L’amicizia e gli affari sono cose distinte. Dunque che ragione c’è?

UI

(con pari freddezza) Signor Clark, non ho nulla da aggiungere.

CLARK

Signora Dullfeet, mi rincresce molto che la conversazione sia finita in questo modo. (Uscendo, a Ui) È assai imprudente, Ui.

(Ui e Giri sono rimasti soli e non si guardano.)

GIRI

Dopo l’attacco al garage di Caruther questo vuoI dire guerra. Non c’è dubbio.

UI

Io non temo la guerra.

GIRI

Bene, bravo, non temerla! Avrai però di fronte il trust, la stampa, Dogsborough coi suoi, la città intera! Ascolta la ragione, capo, non farti...

UI

Puoi soprassedere ai consigli. Conosco il mio dovere.

(Appare un cartello.)

L’imminenza della morte di Hindenburg scatenò lotte accanite in campo nazista. Circoli influenti reclamarono insistentemente l’allontanamento di Ernst Rohm. L’occupazione dell’Austria era alle porte.

XII – Garage.

(Notte. Si sente piovere. Ernesto Roma e il giovane Inna. Sul fondo, alcuni gangster.)

INNA

È l’una.

ROMA

Sarà stato trattenuto.

INNA

Non può darsi che esiti?

ROMA

Può darsi. Arturo è tanto affezionato ai suoi che immolerebbe sé prima di loro. Perfino quei topacci, Giri e Givola, non sa ammazzarli. E allora indugia, e lotta con se stesso: potrà fare le due, forse le tre. Ma poi verrà. È chiaro. Lo conosco, Inna. (Pausa). Quando vedrò Giri al suolo, proverò tanto piacere come dopo aver fatto acqua. Coraggio, manca poco.

INNA

Queste notti di pioggia dànno ai nervi.

ROMA

Mi piacciono per questo. Le notti, le più nere. Le automobili, le più veloci, e gli amici, i più intrepidi.

INNA

Da quanti anni lo conosci?

ROMA

Circa diciotto.

INNA

È molto.

UN GANGSTER

I ragazzi vorrebbero qualche cosa da bere.

ROMA

li voglio sobri.

(I gangster introducono un uomo di bassa statura.)

IL BASSO

(senza fiato) Ci son guai in vista! Due macchine blindate sono ferme davanti all’isolato! Piene zeppe di polizia!

ROMA

Giù la saracinesca! Non c’entriamo, ma è meglio essere cauti prima che dopo. (La porta del garage viene lentamente sbarrata da una saracinesca). È libera la strada?

INNA

(facendo cenno di sì) Il tabacco è curioso: dà a chi fuma un’aria coraggiosa. E se si fa quello che fa un coraggioso, e si fuma, si diventa davvero coraggiosi!

ROMA

(sorride) Tendi la mano!

INNA

(esegue) Trema. Brutto segno.

ROMA

Non è brutto. Non stimo i bulli. Sono insensibili. Nulla gli può nuocere, non nocciono a nessuno. Poco seri. Trema senza paura! Nella bussola anche l’ago d’acciaio trema, prima di fissarsi sicuro. La tua mano vuole sapere dov’è il polo. È tutto.

UNA VOCE

(da un lato) Automobile della polizia in Churchstreet!

ROMA

(in fretta) Si è fermata?

LA VOCE

No. Prosegue.

UN GANGSTER

(entra) Due macchine sull’angolo, coi fari schermati!

ROMA

È per Arturo! Giri e Givola lo fanno fuori! E lui corre alla cieca in trappola! Dobbiamo uscirgli incontro. Venite!

UN GANGSTER

Ma è un suicidio!

ROMA

E se lo fosse, è l’ora del suicidio. Siamo amici da diciott’anni!

INNA

(con voce squillante) Su la saracinesca! Pronti gli sputafuoco?

UN GANGSTER

Pronti.

INNA

Su!

(La saracinesca blindata sale lentamente; entrano rapidi Ui e Givola, seguiti da alcuni gangster.)

 

ROMA

Arturo!

INNA

(piano) Sì, e Givola!

ROMA

Che accade? Per te sudiamo sangue, Arturo. (Ride forte) Al diavolo! Tutto è a posto!

UI

(rauco) E perché non lo sarebbe?

INNA

Già si pensava a qualche maledetta porcheria. Capo, stringigli la mano. Stava per trascinarci tutti al fuoco in tua difesa. Non è vero, forse?

(Ui si avvicina a Roma e gli tende la mano. Roma la prende ridendo. In questo istante, mentre non può afferrare la pistola, Givola gli spara fulmineamente dall’anca.)

UI

Nell’angolo!

(Gli uomini di Roma, smarriti, vengono spinti in un angolo, Inna in testa. Givola si china sopra Roma steso al suolo.)

GIVOLA

Respira ancora.

UI

Finitelo. (Ai gangster contro il muro) Il vostro piano infame contro di me è scoperto, e son svelati anche i vostri complotti contro Dogsborough. Vi ho prevenuto all’ultimo momento. La resistenza è inutile. Vi insegno io a ribellarvi a me! Guarda che covo!

GIVOLA

Non uno solo che sia disarmato! (accenna a Roma) Questo ritorna in sé. Non ha fortuna!

UI

Stanotte sono alla villa di Dogsborough. (esce in fretta).

INNA

(al muro) Topi schifosi! Traditori!

GIVOLA

(furibondo) Fuoco!

(Gli uomini al muro sono abbattuti col mitragliatore.)

ROMA

(torna in sé) Givola! (Si gira a fatica, ha il volto pallidissimo) Che è successo, perdio?

GIVOLA

Nulla. Due o tre traditori giustiziati.

ROMA

Cane, che hai fatto alla mia gente? (Givola non risponde). E Arturo? Assassinato! Lo sapevo! Cani! (Lo cerca a terra) Ma dov’è?

GIVOLA

Se n’è andato.

ROMA

(mentre lo trascinano al muro) Cani! Cani!

GIVOLA

(con freddezza) Io ci ho corta la gamba, tu il cervello. Serviti delle gambe, ora, fratello!

 

(Appare un cartello.)

Nella notte del 30 gennaio 1934 Hitler aggredì e uccise il suo amico Rohm in un albergo dove questi lo stava aspettando per effettuare insieme a lui un colpo di mano contro Hindenburg e Goring.

XIII – Fioreria di Givola.

(Entrano Ignazio Dullfeet, che ha la statura di un ragazzo, e Betty Dullfeet.)

DULLFEET

Non lo farò.

BETTY

Perché mai? Questo Roma è eliminato.

DULLFEET

Con un assassinio.

BETTY

Comunque sia, scomparso. Di Ui Clark dice che gli anni tempestosi e senza freno, che attraversano tutti, anche i migliori, son finiti per lui. Quei modi bruschi, ha dimostrato di volerli smettere. Continuare gli attacchi non farebbe che risvegliare i suoi peggiori istinti, e tu stesso saresti, Ignazio, il primo a correre pericolo. Se invece stai zitto, ti risparmiano.

DULLFEET

Il silenzio non è sicuro che mi giovi.

BETTY

Giova. Non sono belve.

GIRI

(entrando di lato, col cappello di Roma in testa) Hallo, siete già qui? Il capo è dentro. Sarà felicissimo. Purtroppo io debbo andarmene, e di corsa, prima d’essere visto qui. Ho rubato a Givola un cappello. (Ride con tanto impeto da far cadere lo stucco dal soffitto, ed esce ammiccando).

DULLFEET

Brutto segno se si arrabbiano: pessimo se ridono.

BETTY

Zitto, Ignazio! Non qui!

DULLFEET

(amaro) E nemmeno altrove.

BETTY

Cosa vuoi fare? A Cicero si dice che il posto del defunto Dogsborough sarà assegnato ad Ui. E c’è di peggio: i negozianti di verdura tendono ad allearsi al trust.

DULLFEET

Ed io ho già avuto due macchine da stampa fracassate. Moglie, ho il cuore pesante.

(Entrano Givola ed Ui, tendendo le mani)

BETTY

Hallo, Ui.

UI

Sia il benvenuto, Dullfeet!

DULLFEET

Signor Ui, per dirla franca, esitavo a venire perché...

UI

Che cosa dice? Un uomo in gamba è il benvenuto ovunque.

GIvOLA

E anche una bella donna!

DULLFEET

Talora, signor Ui, ho creduto mio dovere attaccare...

UI

Malintesi! Se ci si fosse conosciuti subito non saremmo arrivati a questo. Ho sempre desiderato che si raggiungesse di buon accordo tutto quanto infine dev’essere raggiunto.

DULLFEET

La violenza...

UI

...mi è odiosa come a pochi. Non sarebbe necessaria, se l’uomo ragionasse.

DULLFEET

Il mio scopo...

UI

...è del tutto uguale al mio. Vogliamo entrambi che il commercio prosperi. L’umile bottegaio, la cui sorte non è brillante, specie al giorno d’oggi, deve poter smerciare la verdura in pace, e avere protezione quando lo si attacca.

DULLFEET

(fermo) E poter liberamente decidere se vuole protezione. Questo è il mio punto, signor Ui.

UI

Anche il mio. Deve aver scelta libera. E perché? Perché solo se sceglie il protettore liberamente, e rende responsabile qualcuno di sua scelta, può regnare la fiducia, che occorre nel commercio della verdura tanto quanto altrove. L’ho sempre predicato.

DULLFEET

Sono lieto di udire ciò da lei. A rischio di offenderla: Cicero non sopporterebbe mai imposizioni.

UI

È naturale. Senza necessità, nessuno le sopporta.

DULLFEET

Sarò franco con lei: se la fusione col trust dei cavolfiori mai dovesse comportare anche questo guazzabuglio sanguinoso, che ossessiona Chicago, io non potrei approvarlo.

(Pausa)

UI

Signor Dullfeet! Franchezza per franchezza: nel passato sarà forse accaduto qualche fatto non proprio rispondente ai più severi canoni moralistici. Son cose che accadono talvolta, se c’è lotta. Ma non accadono tra amici. Dullfeet, ciò che voglio da lei, è solamente che nel futuro abbia fiducia in me e veda in me un amico, uno che mai lascerebbe l’amico nelle peste. E, più precisamente, che non stampi più queste storie orripilanti, adatte soltanto a far cattivo sangue. Credo che non sia troppo.

DULLFEET

Signor Ui, non è difficile tacere sopra quanto non accade.

UI

Lo spero. E se dovesse avvenire talvolta qualche lieve incidente, giacché gli uomini in fondo son uomini, e non angeli, confido che non si parli subito di gente criminale, che va in giro sparando. E non voglio negare che talvolta un nostro autista si lasci scappare qualche parola rude: è umano. E quando questo o quel negoziante di verdura paga la birra a qualcuno dei nostri perché gli porti puntualmente i cavoli, non si dica di nuovo che accampiamo pretese disoneste.

BETTY

Mio marito è umano, signor Ui.

GIVOLA

E come tale è noto. E ora che tutto si è discusso e chiarito tra amici, in santa pace, sarei lieto di mostrarvi i miei fiori.

UI

Dopo di lei, Dullfeet.

(Vanno a visitare la fioreria di Givola. Ui accompagna Betty, Givola Dullfeet. Nella scena seguente essi appaiono e scompaiono tra i fiori variamente disposti. Appaiono Givola e Dullfeet.)

GIVOLA

Ecco, Dullfeet, le querce giapponesi.

DULLFEET

Crescono sui laghetti in quei paesi.

GIVOLA

Con le carpe che mordon la mollica.

DULLFEET

La gente dura ai fiori non è amica.

(Scompaiono. Appaiono Betty e Ui.)

BETTY

Senza violenza, il forte lo è più ancora.

UI

Solo se spara, la gente non lo ignora.

BETTY

A volte la ragione è prodigiosa.

UI

Non con chi deve mollare qualcosa.

BETTY

Con la forza, i fucili, l’impostura...

UI

Io sono per la politica dura.

(Scompaiono. Riappaiono Givola e Dullfeet.)

DULLFEET

Ai fiori è ignoto ogni istinto cattivo.

GIVOLA

lo li amo proprio per questo motivo.

DULLFEET

Vivono in pace, nel giro d’un giorno...

GIVOLA

(malizioso) Né dispiaceri, né giornali intorno.

(Scompaiono. Rippaiono Betty e Ui.)

BETTY

La sua vita, si dice, è da spartano.

UI

Per il fumo e i liquori ho un odio insano.

BETTY

Non sarà un santo, in fondo, sta a vedere?

UI

Sono un uomo che ignora ogni piacere.

(Scompaiono. Riappaiono Givola e Dullfeet.)

DULLFEET

Che bella vita, in mezzo a queste rose!

GIVOLA

Lo sarebbe, ma ci son altre cose.

(Scompaiono. Rippaiono Betty e Ui.)

BETTY

E la sua religione, come va?

UI

Sono cristiano, e tanto basta.

BETTY

Già. Ma, e i comandamenti che osserviamo?

UI

Non c’entrano col fango in cui viviamo.

BETTY

Scusi se insisto, ma un dubbio mi assale: come vede la questione sociale?

UI

L’ho a cuore, e guardi come l’ho risolta: piaccio anche ai ricconi, qualche volta.

(Scompaiono. Riappaiono Givola e Dullfeet.)

DULLFEET

Anche i fiori han le loro avventure.

GIVOLA

Come no! Sepolture! Sepolture!

DULLFEET

Scordavo che dai fiori ha i suoi proventi.

GIVOLA

Certo! La morte è il migliore dei clienti!

DULLFEET

Spero che non ricorra a quella solo.

GIVOLA

Non con la gente che capisce al volo.

DULLFEET

La forza, Givola, non porta gli onori.

GIVOLA

Porta allo scopo. Parliamo coi fiori.

DULLFEET

Certo.

GIVOLA

Lei è pallido.

DULLFEET

È l’aria pesante.

GIVOLA

Sono i fiori: l’odore è penetrante.

(Scompaiono. Rippaiono Betty e Ui.)

BETTY

Son felice che la pace sia fatta.

UI

Quando si sa di che cosa si tratta...

BETTY

Chi acquista amici in ora di tempesta...

UI

(le posa una mano sulla spalla) Amo le donne che han sveglia la testa.

(Riappaiono Givola e Dullfeet, che è pallidissimo. Egli nota la mano sulla spalla di sua moglie.)

DULLFEET

Betty, andiamo.

UI

(si volta verso di lui e gli tende la mano) Signor Dullfeet, la sua decisione la onora. E renderà un beneficio a Cicero. Che uomini come noi due si siano trovati è buon segno.

GIVOLA

(dà dei fiori a Betty) Bellezza alla bellezza!

BETTY

Guarda che meraviglia, Ignazio! Sono così felice! A presto, signor Ui!

(Escono.)

GIVOLA

Finalmente, diciamo, il colpo è fatto. Alla buon’ora!

UI

Lui non mi va affatto.

 

(Appare un cartello.)

Costretto da Hitler, il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss consentì nel 1934 a far tacere gli attacchi della stampa austriaca contro la Germania nazista.

XIV.

(Dietro una bara portata, tra rintocchi di campane, alla cappella funeraria di Cicero, camminano Betty Dullfeet in gramaglie, Clark, Ui, Giri e Givola, questi ultimi con grandi corone in mano. Ui, Giri e Givola, deposte le corone, rimangono in disparte. Dalla cappella si ode la voce del pastore.)

UNA VOCE

E così i resti mortali di Ignazio Dullfeet han qui riposo. Un’esistenza povera di guadagni, ma assai ricca di fatiche, è finita. E con lei muore molto affanno, non speso per colui che lo spese, e che adesso ci ha lasciati. L’angelo portinaio in Paradiso poserà la sua mano sulla spalla del vestito di Ignazio Dullfeet, dove la stoffa è logora, e dirà: «Quest’uomo ha portato il fardello di parecchi uomini». Nel Consiglio cittadino spesso udremo, alle prossime sedute, una piccola pausa quando ognuno avrà parlato: e tutti aspetteranno che parli Ignazio Dullfeet, tanto avvezzi erano i cittadini ad ascoltarlo. Sembra quasi spirata la coscienza della città. Ci ha lasciati in mal punto un uomo che sapeva ad occhi chiusi seguire la via giusta, e conosceva il diritto a memoria. Uomo piccolo di corpo, grande d’anima, nel suo giornale s’era costruito un pulpito da cui si udiva chiara, oltre le mura cittadine, lontano, la sua voce. Riposa in pace, Ignazio Dullfeet! Amen.

GIVOLA

Ha tatto. Non ha detto come è morto.

GIRI

(col cappello di Dullfeet in testa) Ha tatto? Di’ piuttosto: ha sette figli!

(Dal cimitero escono Clark e Mulberry.)

CLARK

Perdio, fate la guardia anche alla bara perché la verità non parli?

GIVOLA

Caro Clark, perché così brusco? Questo luogo dovrebbe raddolcirla. Ed oggi il capo ha la luna. Non è un posto per lui.

MULBERRY

Belve! Dullfeet aveva mantenuto la sua parola! Ha taciuto su tutto!

GIVOLA

Il silenzio non basta. Qui ci serve gente pronta non solo a stare zitta per noi, ma anche a parlare per noi, e ad alta voce!

MULBERRY

Che poteva dire se non che siete un branco d’assassini?

GIVOLA

Andava eliminato. Perché questo piccolo Dullfeet non era che il poro dal quale uscivano i sudori freddi ai commercianti di verdura, senza mai smettere. Quel tanfo di sudore non si poteva sopportare!

GIRI

E i vostri cavolfiori? Volete farli entrare a Cicero, si o no?

MULBERRY

Non ammazzando!

GIRI E come, allora? Chi mangia con noi il vitello che noi scanniamo, eh? Questa è bella: pretendere la carne e poi insultare il cuoco perché gira con un coltello in mano! Altro che insulti, baci dovreste darci! Ed ora, via, andate a casa!

MULBERRY

Fu un brutto giorno quando ci portasti, Clark, questa gente.

CLARK

A chi lo dici?

(Partono scuri in volto.)

GIRI

Capo, non farti avvelenare tutto il gusto del funerale da costoro!

GIVOLA

Zitto, ecco Betty che viene!

(Esce dalla cappella Betty Dullfeet, sorretta da una donna. Ui le va incontro. Dalla cappella proviene una musica d’organo.)

UI

Condoglianze, signora Dullfeet!

(Essa gli passa accanto senza rispondere.)

GIRI

(Urla) Ehi, lei! Ferma!

(Betty si ferma e si volta. È pallidissima.)

UI

Ho detto: signora Dullfeet, le mie condoglianze! Dullfeet, Dio l’abbia in gloria, non è piu. Ma a lei restano i cavolfiori. Forse non li vede, lo sguardo le è offuscato dalle lacrime. Questa sua tragedia non deve tuttavia farIe scordare che qui si spara a tradimento sopra i pacifici camion di verdura. Petrolio sparso da nefande mani guasta gli ortaggi, la grazia di Dio. Io sono qui, con la mia gente, ed offro protezione. Qual è la sua risposta?

BETTY

(alza gli occhi al cielo) Questo con Dullfeet non ancora in cenere!

UI

Posso solo compianger l’accaduto ed affermare: l’uomo che una mano criminale ha abbattuto, era mio amico.

BETTY

Giusto. La mano che l’ha ucciso è quella che ha cercato di stringere la sua. È la sua mano, Ui!

UI

Siamo alle solite provocazioni e chiacchiere e calunnie, che stroncano sul nascere ogni mio desiderio di giungere a un accordo in armonia col vicino! Ostinarsi a non capirmi! Negare fiducia dove io la concedo! Giudicare le mie profferte un’ oscura minaccia! Respingere la mano che vi tendo!

BETTY

Che tende per uccidere!

UI

No! Vengo sputacchiato là dove cerco, in tutta sincerità, di conquistare amici!

BETTY

Sì, come fa la serpe col fringuello!

UI

Sentite? Mi si tratta in questo modo! Anche Dullfeet aveva giudicato la mia offerta sincera di amicizia un calcolo, la mia grandezza d’animo debolezza, e nient’altro! Ahimè, purtroppo! Che cosa ho guadagnato con le mie parole d’amicizia? La freddezza del silenzio! Il silenzio mi accoglieva quando speravo in liete intese. E quanto, quanto ho sperato di scoprire un segno di affetto umano in risposta alle mie costanti, quasi umilianti profferte di amicizia, o foss’anche di modesta comprensione! Speravo invano. Solo un rabbioso disprezzo mi veniva opposto! E la promessa del silenzio, che mi han fatto Dio sa se controvoglia, è infranta al primo appiglio! Ora, ad esempio, dov’è il silenzio tanto ardentemente assicurato? Storie abominevoli di nuovo strombazzate ai quattro venti! Ma io vi avverto: non andate troppo oltre, fidando nella mia pazienza proverbiale!

BETTY

Mi mancan le parole!

UI

Mancano sempre, quando tace il cuore.

BETTY

Lei chiama cuore quello che la rende tanto eloquente?

UI

Io parlo come sento.

BETTY

Si può sentire a questo modo? Ebbene, Sì, le credo, le credo! Gli assassinii le vengono dal cuore! I suoi delitti son sentiti così profondamente quanto le buone azioni di altri uomini! Lei crede al tradimento come noi alla lealtà. Lei è costantemente per l’incostanza! Non si fa corrompere da alcun nobile impulso. La menzogna la ispira! È onesto solo per l’inganno! L’atto brutale la infiamma! La vista del sangue la entusiasma! Una violenza? E lei respira! Davanti a ogni azione infame, si commuove fino al pianto! Ed ogni azione onesta la riempie di livore e di smania di vendetta!

UI

Signora Dullfeet, per principio ascolto con calma l’avversario, anche se questi mi offende. So che non c’è troppo amore per me nella sua cerchia. Mi rinfacciano la mia semplice origine di figlio di Bronx. «Quest’uomo – dicono – non sa nemmeno sceglier la forchetta giusta per il dessert! Come può sostenersi nel mondo dei grandi affari? Se noi parliamo, come siam soliti fare, di tariffe o altre cose di finanza, può, per errore, prendere il coltello! No, no, non va. Quest’uomo non ci serve». Basta il mio tono rude, basta il mio modo virile di dare a ogni cosa il nome giusto, e han subito il pretesto per bollarmi! Così debbo lottare coi pregiudizi, e mi vedo ridotto a contare soltanto sui vantaggi nudi e crudi, che eventualmente posso guadagnarmi. Signora Dullfeet, lei è nel commercio dei cavoli. Anch’io. È questo il ponte che ci unisce.

BETTY

Il ponte! Ma sotto questo ponte c’è un abisso e quest’abisso è un infame assassinio!

UI

Per amara esperienza io qui le parlo non come un uomo ad una donna, ma come un uomo influente alla padrona di un’impresa d’importazione. E chiedo: «Come vanno gli affari?» Anche se capita una disgrazia, la vita continua.

BETTY

Sì, la vita continua: e voglio usarla per dire al mondo di che peste è infetto! Io giuro al morto che odierò la mia voce in futuro, se dirà «buongiorno» o «datemi del cibo» e non soltanto questo: «Annientate Ui!»

GIRI

Piano, bambina, abbassa il tono!

UI

Siamo fra le tombe: per più miti consigli è ancora presto. Perciò parlavo del commercio, dove non ci son morti.

BETTY

Oh, Dullfeet, Dullfeet, ora mi accorgo che non ci sei più!

UI

È così. Pensi che Dullfeet non c’è più. Con lui a Cicero è mancata quella voce che si alzerebbe contro ogni misfatto e violenza e terrore. Mai abbastanza piangerà la sua perdita! È rimasta indifesa in un mondo indifferente, dove purtroppo il debole è spacciato sempre! L’unica, estrema protezione che le resta, è in me.

BETTY

Questo alla vedova dell’uomo che hai ammazzato? Mostro, mostro! lo sapevo che saresti venuto in questo luogo: tu compari sempre dove hai commesso un crimine, ed incolpi gli altri: «È l’altro, non io! Io non so niente!» Ma il danno grida: «Mi hanno danneggiato!» E il delitto: «Un delitto! Lo si vendichi!»

UI

Il mio piano è di ferro: protezione per Cicero!

BETTY

(debolmente) Non riuscirà.

UI

Sì, e presto, in un modo o nell’altro.

BETTY

Ci protegga Iddio dal protettore!

UI

Allora può dirci cos’ha deciso? (Le tende la mano) Amici?

BETTY

No! No! No! (Corre via, fremente di orrore).

(Appare un cartello.)

L’occupazione dell’Austria fu preceduta dall’assassinio del cancelliere austriaco Dollfuss. I nazisti continuarono instancabilmente a cercare di cattivarsi simpatie in Austria.

XV – Camera da letto di Ui nell’Hotel Mammoth.

(Ui si rigira sul letto in preda a un incubo. Le guardie del corpo sono sedute all’intorno, con le pistole in grembo.)

UI

(nel sonno) Via, ombre sanguinose! Pietà! Via!

(La parete dietro di lui diventa trasparente. Appare il fantasma di Ernesto Roma, con in fronte il buco di una pallottola.)

ROMA

Ma tutto questo non ti servirà. Le insidie, le minacce, gli assassinii, questo schizzare bava velenosa, è tutto invano, Arturo. La radice dei tuoi delitti è marcia: non daranno fiori. Magro concime è il tradimento. Uccidi, menti! Inganna i Clark, ammazza i Dullfeet! Ma rispetta i tuoi! Congiura contro il mondo, ma risparmia i compagni! Calpesta tutto, ma non calpestare anche i tuoi piedi, sciagurato! Menti sul viso a tutti: ma poi non sperare d’ingannare anche il viso nello specchio! Hai colpito te stesso nel colpirmi, Arturo. Io ti ero affezionato, quando non eri ancora più di un’ombra in una birreria. Ora io vivo nell’ariosa eternità, e tu frequenti i grandi signori. Il tradimento ti ha innalzato, il tradimento ti distruggerà. Così come hai tradito me, il tuo amico ed aiutante, tu tradisci tutti. E tutti a loro volta tradiranno te, Arturo. La terra verdeggiante ricopre Ernesto Roma, ma non copre la tua perfidia, che oscilla nel vento sopra le tombe, visibile a tutti, anche ai becchini. Verrà il giorno in cui coloro che hai uccisi si alzeranno, e sorgeranno tutti quelli ancora che ucciderai, e ti marceranno contro, un mondo insanguinato ma feroce, tanto che cercherai aiuto intorno. Anch’io, sappilo, mi trovai così. Impreca, allora, minaccia, prometti, implora! Non ti ascolterà nessuno, come nessuno allora mi ha ascoltato.

UI

(destandosi di soprassalto) Sparate! Là! Vigliacco! Traditore!

(Le guardie del corpo sparano sul punto della parete indicato da Ui.)

ROMA

(svanendo) Sparate pure! Quel che di me resta è al sicuro da palle di pistola.

XVI – City.

(Adunanza dei negozianti di verdura di Chicago. Sono molto pallidi.)

PRIMO NEGOZIANTE

Morte! Violenza! Arbitrii! Ricatti!

SECONDO NEGOZIANTE

Peggio: Resa! Viltà! Sottomissione!

TERZO NEGOZIANTE

Ma che resa e non resa! Quando i primi due, a gennaio, entrarono nel mio negozio urlando «Mani in alto!», io li guardai con freddezza e dissi calmo: «Cedo di fronte alla violenza, miei signori!» Insomma, mostrai chiaramente che non avevo nulla da spartire con loro, e che non li approvavo affatto. Fui glaciale. Uno sguardo mi bastò per dirgli: «Bene, eccovi qui la cassa. Ma solamente per via della Browning».

QUARTO NEGOZIANTE

Giusto! Anch’io dissi a mia moglie: «Mi lavo le mani: sono mondo d’ogni colpa».

PRIMO NEGOZIANTE

Che vuol dire « viltà»? Giudizio, era. Se si aveva pazienza e si pagava a denti stretti, c’era la speranza che queste belve avrebbero cessato le loro sparatorie. Invece, niente! Morte! Violenza! Arbitrii! Ricatti!

SECONDO NEGOZIANTE

Forse succede solo a noi, che siamo senza spina dorsale.

QUINTO NEGOZIANTE

Senza Browning, piuttosto! Io vendo cavoli, non sono un gangster.

TERZO NEGOZIANTE

La mia unica speranza è che una buona volta questo cane trovi qualcuno che gli mostri i denti. Lascia che tenti questo gioco altrove!

QUARTO NEGOZIANTE

A Cicero, ad esempio!

(Entrano, pallidissimi, i negozianti di verdura di Cicero.)

QUELLI DI CICERO

Hallo, Chicago!

QUELLI DI CHICAGO

Hallo, Cicero! Che fate qui?

QUELLI DI CICERO

Ci hanno fatto chiamare.

QUELLI DI CHICAGO

Chi?

QUELLI DI CICERO

Lui.

PRIMO DI CHICAGO

Come può farvi chiamare? Ordinarvi qualcosa? Come può comandarvi?

PRIMO DI CICERO

Con la Browning.

SECONDO DI CICERO

Cediamo alla violenza.

PRIMO DI CHICAGO

Maledetta viltà! Ma siete uomini? Ci sono dei giudici da voi?

PRIMO DI CICERO

No.

TERZO DI CI CERO

Niente più.

TERZO DI CHICAGO

Ascoltate: dovete opporvi, amici! Bisogna porre un freno a questa peste! O dovrà divorare tutto intero il paese?

PRIMO DI CHICAGO

Una città dopo l’altra? Vostro dovere verso la nazione è la lotta a coltello.

SECONDO DI CICERO

Ma perché proprio noi? Ci laviamo le mani e siamo mondi di colpa.

QUARTO DI CHICAGO

E noi speriamo che il cane trovi gente che gli mostri i denti, se Dio vuole.

(Entrano, tra squilli di fanfara, Arturo Ui e Betty Dullfeet in gramaglie, seguiti da Clark, Giri, Glvola e dalla guardia del corpo. Ui si fa largo in mezzo ad essi. La guardia del corpo prende posizione sul fondo.)

GIRI

Hallo, ragazzi! Da Cicero ci sono tutti?

PRIMO DI CICERO

Certo.

GIRI

E da Chicago?

PRIMO DI CHICAGO

Tutti.

GIRI

(ad Ui)            Tutti qua.

GIVOLA

Voi, negozianti di verdura, siate i benvenuti. Il trust dei cavolfiori vi saluta. (a Clark) La prego, signor Clark.

CLARK

Mi presento davanti a voi con una novità. Dopo alcune settimane di trattative a volte laboriose – faccio un po’ di pettegolezzo – è stata decisa la fusione con il trust della locale ditta Betty Dullfeet: sicché da oggi avrete la verdura dal trust dei cavolfiori. Sono ovvi i vantaggi per voi: più sicurezza nelle consegne. I nuovi prezzi, un poco più alti, son già stati stabiliti. Signora Betty Dullfeet, sono lieto di stringerle la mano, nel momento che lei entra a far parte del trust.

(Clark e Betty Dullfeet si stringono la mano.)

GIVOLA

Prende ora la parola Arturo Ui.

Ui

(va al microfono) Cittadini di Cicero e Chicago! Amici! Quando il vecchio Dogsborough, uomo probo, il Signore l’abbia in gloria, mi pregò un anno fa, con gli occhi pieni di pianto, di proteggere il commercio della verdura qui a Chicago, io fui commosso, ma nutrivo qualche dubbio di corrispondere a quella serena fiducia. Ma ora Dogsborough è morto. Chiunque può vederne il testamento. Egli mi chiama, in semplici parole, suo figlio, e mi ringrazia con profonda commozione per tutto quanto ho fatto dal giorno in cui risposi al suo appello. A Chicago il commercio degli ortaggi, sian cavoli o cipolle o cipolline, o che altro so io, oggi è protetto fattivamente. E posso dire: grazie alla mia azione risoluta. Quando inaspettatamente un altro uomo, Ignazio Dullfeet, mi fece la stessa proposta, ma per Cicero, non fui alieno dall’estendere anche a Cicero la protezione. Ma soltanto a un patto: che ciò avvenisse su richiesta dei negozianti! Debbo essere chiamato dietro spontanea decisione. Ai miei lo dissi chiaro: niente costrizione su Cicero! Abbia piena libertà di scegliermi! Non voglio un «sì» accigliato, un «prego» a denti stretti. L’adesione poco convinta mi fa orrore. Io voglio, cittadini di Cicero, un bel «sì» gioioso e risoluto. E poiché è questo che voglio, e poiché voglio interamente quello che voglio, ora pongo la domanda un’altra volta anche a voi di Chicago, adesso che mi conoscete e, credo, mi apprezzate: chi è con me? E, a proposito, voglio dirvi che chi non è con me è contro me, e imputerà a se stesso le conseguenze del suo atteggiamento. Ora potete scegliere!

GIVOLA

Ma prima udite la signora Dullfeet, nota a voi tutti, la vedova di un uomo che vi era caro!

BETTY

Amici! Poiché ormai il mio caro marito Ignazio Dullfeet non è piu qui tra noi...

GIVOLA

Riposi in pace!

BETTY

E non può più appoggiarvi, vi consiglio adesso di affidarvi al signor Ui, come faccio io stessa, dal momento in cui l’ho conosciuto meglio, in questi giorni del mio dolore.

GIVOLA

Decidete!

GIRI

Chi è per Arturo Ui, alzi la mano!

(Alcuni alzano subito la mano.)

UNO DI CICERO

È permesso andar via?

GIVOLA

Ciascuno è libero di fare come crede.

(Il cittadino di Cicero si allontana esitando. Due guardie del corpo lo seguono. Echeggia uno sparo.)

GIRI

Ed ora a voi! qual è la vostra libera risposta?

(Tutti alzano entrambe le mani.)

GIVOLA

È terminata l’elezione. Capo, i negozianti di Chicago e quelli di Cicero, commossi ed esultanti, ti ringraziano per la protezione.

UI

Accetto il vostro grazie con orgoglio. Quando, son quindici anni ormai, io, semplice figlio di Bronx, disoccupato, udendo l’appello della Provvidenza, presi, a Chicago, con soli sette uomini fìdati, a seguire la mia strada, era mia ferma volontà donare pace al commercio degli ortaggi. Allora era soltanto una piccola schiera a volere semplicemente, eppure con fanatica fede, questa pace! Ora san molti. E la pace non è un sogno ma realtà nel commercio degli ortaggi di Chicago. Ora per assicurare la pace, oggi ho disposto l’immediato approntamento di nuovi fucili Thompson, ed autoblinde, e tutto quello che occorre: Browning, manganelli, eccetera; perché non solo Cicero e Chicago chiedono ad alta voce protezione, ma anche altre città: Washington e Milwaukee! Detroit! Toledo! Pittsburg! Cincinnati! Dovunque c’è il commercio! Flint e Boston, Filadelfia! Baltimora! St Louis! Little Rock! Minneapolis! Columbus! Charleston! E New York! Tutti godranno protezione. E «pfui!» e «vergogna!» non tratterranno Ui!

(Tamburi e fanfare. Durante il discorso di Ui è comparso un cartello.)

L’11 marzo 1938 Hitler entrò in Austria. Le elezioni indette sotto il terrore dei nazisti diedero a Hitler il 98 per cento dei voti.

XVII – Cicero.

(Da un camion distrutto dai proiettili esce carponi una donna insanguinata ed avanza barcollando.)

LA DONNA

Aiuto! Non scappate! Voi dovete fare da testimoni! Mio marito è morto, là nel camion! Soccorrete! Anche il mio braccio è andato... ed anche il camion! Un cencio per il braccio... ci macellano così come si cacciano le mosche dal bicchiere di birra! O Dio! Soccorso! Nessuno! Mio marito! Criminali! Ma so chi è stato! È Ui! (furibonda) Infame! Feccia d’ogni feccia! Immondizia, innanzi a cui l’immondizia ha disgusto, e chiede «dove lavarmi?» Tu, pidocchio dei pidocchi! E tutti lo sopportano! E noialtri moriamo! Ehi, voi! È Ui! (Vicinissimo il suono di un fucile mitragliatore. La donna si abbatte). Ui e i suoi vermi! Quei mostri, c’è nessuno che li fermi?

Epilogo.

E voi, imparate che occorre vedere e non guardare in aria; occorre agire e non parlare. Questo mostro stava, una volta, per governare il mondo! I popoli lo spensero, ma ora non cantiamo vittoria troppo presto: il grembo da cui nacque è ancor fecondo.

Tavola Cronologica.

Questi testi, che dànno l’equivalente storico reale cui si riferisce l’allegoria della commedia, sono le diciture dei cartelli che appaiono alla fine delle scene indicate, e infatti in precedenti redazioni erano staccati e inseriti in corrispondenza della didascalia «Compare un cartello». Poi Brecht li ha raccolti in questa «tavola cronologica» [N. d. T.].

SCENA I

1929-32. La crisi mondiale colpisce la Germania in modo particolarmente grave. Al culmine della crisi gli Junker prussiani cercano di ottenere dei prestiti statali, ma per molto tempo non vi riescono.

SCENA III

Per interessare il presidente del Reich, Hindenburg, ai guai dei proprietari terrieri, gli Junker gli fanno dono di una proprietà.

SCENA IV

Nell’autunno del 1932 il partito e l’esercito privato di Adolf Hitler sono sull’orlo della bancarotta finanziaria e rischiano una rapida dissoluzione. Hitler si sforza disperatamente di arrivare al potere. Ma per molto tempo non riesce a parlare a Hindenburg.

SCENA V

Nel gennaio del 1933 il presidente Hindenburg rifiuta ripetutamente a Hitler il posto di cancelliere del Reich. Tuttavia egli doveva temere le indagini sullo scandalo dell’«aiuto alle regioni orientali» [Osthilfe: così si chiamavano i prestiti del 1927-28 con cui erano state tenute in vita le grandi proprietà terriere della Germania orientale (N. d. T.)]. Inoltre egli aveva ricevuto delle sovvenzioni statali per la proprietà di Neudeck, che gli era stata regalata, senza impiegarle per il fine addotto.

SCENA VI

Quando il cancelliere del Reich, generale Schleicher, minacciò Hindenburg di fare delle rivelazioni sui prestiti dell’«aiuto alle regioni orientali» e sulle evasioni fiscali, egli affidò il potere a Hitler il 30 gennaio 1933. Le indagini vennero insabbiate.

SCENA VII

Si dice che Hitler abbia preso lezioni di declamazione e di arte di presentarsi in pubblico da un attore di provincia, certo Basil.

SCENA VIII

Nel febbraio 1933 il palazzo del Reichstag fu divorato dalle fiamme. Hitler accusò i suoi nemici di averlo incendiato e diede il via alla «notte dei lunghi coltelli».

SCENA IX

In un grande processo, il processo dell’incendio del Reichstag, il tribunale di Lipsia condannò a morte un disoccupato che era stato preventivamente drogato. Gli incendiari restarono in libertà.

SCENE X-XI

L’imminenza della morte di Hindenburg scatenò lotte accanite in campo nazista. Circoli influenti reclamarono insistentemente l’allontanamento di Ernst Rohm. L’occupazione dell’Austria era alle porte.

SCENA XII

Nella notte del 30 gennaio 1934 Hitler aggredì e uccise il suo amico Rohm in un albergo dove questi lo stava aspettando per effettuare insieme a lui un colpo di mano contro Hindenburg e Goring.

SCENA XIII

Costretto da Hitler, il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss consentì nel 1934 a far tacere gli attacchi della stampa austriaca contro la Germania nazista.

SCENA XIV

L’occupazione dell’Austria fu preceduta dall’assassinio del cancelliere austriaco Dollfuss. I nazisti continuarono instancabilmente a cercare di cattivarsi simpatie in Austria.

SCENA XVI

L’11 marzo 1938 Hitler entrò in Austria. Le elezioni indette sotto il terrore dei nazisti diedero a Hitler il 98 per cento dei voti.