La critica della scuola delle mogli

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La critica della scuola delle mogli

di Molière

ALLA REGINA MADRE

Madame,

so benissimo che Vostra Maestà non sa che farsene di tutte le nostre dediche, e che i cosiddetti doveri con i

quali, come si dice con eleganza, ci sdebitiamo nei Suoi confronti, sono omaggi di cui Ella, a dire il vero, ci

dispenserebbe volentieri. Ho tuttavia ugualmente l'audacia di dedicarLe La critica della Scuola delle mogli; e non sono

riuscito a respingere l'occasione che mi si presentava di testimoniare a Vostra Maestà la gioia per la felice

convalescenza che restituisce alla nostra speranza la più grande e la migliore principessa che esista al mondo, e

promette per Essa lunghi anni di vigorosa salute. Poiché ognuno vede le cose dal lato che lo concerne, sono ben felice,

nella generale allegrezza, di poter avere ancora l'onore di divertire Vostra Maestà; Ella, Madame, dimostra

perfettamente come la vera devozione non sia contraria agli onesti divertimenti, e sa dagli alti pensieri e dalle importanti

occupazioni discendere con tanta umanità nel piacere dei nostri spettacoli, non disdegnando di ridere con le stesse

labbra che sanno tanto bene pregare Iddio. Sto lusingando, dico, il mio spirito nella speranza di questo onore; ne attendo

il momento con indicibile impazienza; e quando godrò di una tale felicità, sarà quella la più grande gioia che potrà mai

ottenere,

Madame,

Da vostra Maestà,

L'umilissimo, obbedientissimo e fedelissimo

servitore e suddito,

J.-B. P. MOLIÈRE

PERSONAGGI

URANIA

ELISA

CLIMENE

GALOPPINO

IL MARCHESE

DORANTE o Il Cavaliere

LISIDA, poeta

Scena I

Urania, Elisa

URANIA

Come, cugina, nessuno è venuto a farti visita?

ELISA

Davvero nessuno.

URANIA

Mi stupisce molto che siamo rimaste entrambe sole, oggi.

ELISA

Sono stupita anch'io; ciò non rientra nelle nostre abitudini, e la vostra casa, per grazia di Dio, è il rifugio consueto di

tutti i perdigiorno della corte.

URANIA

Il pomeriggio, a dire il vero, mi è sembrato molto lungo.

ELISA

A me invece è sembrato brevissimo.

URANIA

Si sa, le persone sensibili, Cugina, amano la solitudine.

ELISA

Tanti saluti alle persone sensibili; sapete bene che non è questa la mia aspirazione.

URANIA

A me piace la compagnia, lo confesso.

ELISA

Anche a me piace, ma scelta con cura; e tutte quelle sciocche visite che insieme a tante altre vi tocca sopportare sono la

ragione per cui molto spesso mi fa piacere rimanere sola.

URANIA

Bisogna essere molto esigenti per accettare soltanto persone elette.

ELISA

A me pare invece troppo diffusa la compiacenza con cui si accettano indifferentemente persone d'ogni sorta.

URANIA

Io gradisco la gente di buon senso e mi diverto con quelle strampalate.

ELISA

In verità le persone strampalate presto presto vengono a noia, e quasi sempre alla seconda visita già non sono più

divertenti. Ma a proposito di persone strampalate, quando vi decidete a togliermi di torno il vostro fastidioso marchese?

Pensate di lasciarmelo addosso per sempre, e che io possa resistere alle sue eterne spiritosaggini?

URANIA

È una moda; a corte la considerano una maniera come un'altra per divertirsi.

ELISA

Tanto peggio per chi la segue e perde il suo tempo parlando in un gergo incomprensibile. Bella cosa davvero far entrare

nei discorsi che si fanno al Louvre vecchi doppi sensi ripescati nel fango dei mercati e della place Maubert! Grazioso

questo modo di scherzare per gente che vive a corte! e che spirito quello di una persona che vi dice: «Signora, vi trovate

in place Royale, eppure tutti vi vedono a tre leghe di distanza da Parigi, e la ragione è che vi vedono di buon occhio»,

dal momento che Buonocchio è un villaggio lontano tre leghe da qui! Non vi pare molto spiritoso e galante? E coloro

che hanno di queste belle trovate non hanno ben ragione di farsene un vanto?

URANIA

Ma nessuno pensa che sia spiritoso comportarsi in questo modo; la maggior parte di coloro che affettano questo

linguaggio sanno benissimo che è ridicolo.

ELISA

Peggio ancora: prendersi la briga di dire delle scempiaggini e ostentare a bella posta uno spirito di rapa. Per me sono

ancor meno perdonabili; e se mi trovassi a doverli giudicare, questi arlecchini, so ben io a che cosa li condannerei.

URANIA

Lasciamo perdere questo argomento, che ti sta eccitando un po' troppo, e diciamo che Dorante, che deve venire a cena

con noi, è già molto in ritardo.

ELISA

Si sarà dimenticato, e...

Scena II

Galoppino, Urania, Elisa

GALOPPINO

Signora, è venuta la signora Climene; desidera vedervi.

URANIA

Oh, mio Dio! che visita!

ELISA

Vi lamentate di essere lasciata sola e il Cielo vi punisce.

URANIA

Presto, andate a dire che non ci sono.

GALOPPINO

È già stato risposto che ci siete.

URANIA

E chi è quel babbeo che l'ha detto?

GALOPPINO

Io, Signora.

URANIA

Maledetto zotico! V'insegnerò io a inventare le risposte.

GALOPPINO

Vado a dirgli, Signora, che a parer vostro voi siete uscita.

URANIA

Fermati, bestia, e lasciala salire, ormai la sciocchezza è fatta.

GALOPPINO

È ancora giù sulla strada e sta parlando con un signore.

URANIA

Ah! Cugina, quanto mi mette in imbarazzo una visita a quest'ora!

ELISA

In verità la dama mette in imbarazzo per se stessa; ho sempre avuto per lei una furiosa avversione; essa costituisce, non

dispiaccia al suo grado, la più stupida bestiolina che abbia mai preteso di intavolare dei ragionamenti.

URANIA

La definizione è un pochino forte.

ELISA

Su, su, che si merita questo e altro, se vogliamo essere giusti. C'è forse un'altra donna che sia più degna di lei d'essere

chiamata preziosa, intendendo la parola nel suo senso più deteriore?

URANIA

E tuttavia è un nome, questo, che lei respinge decisamente.

ELISA

È vero: respinge il nome ma non la cosa: in realtà è preziosa dalla testa ai piedi, e sa fare smancerie come nessun'altra.

Si direbbe che il suo corpo sia tutto smontato e che i movimenti dei fianchi, delle spalle e della testa siano azionati da

una molla. Affetta sempre un tono di voce languido e beota, fa la boccuccia perché sembri piccola e rotea gli occhi

perché sembrino grandi.

URANIA

Parlate piano, potrebbe sentire...

ELISA

Niente paura, non sta ancora salendo. Mi ricordo sempre quella sera in cui volle ospitare Damone, sapendo della fama

di cui gode, e delle opere di lui già note al pubblico. Voi conoscete l'uomo e sapete quanto sia restio a partecipare alla

conversazione. Lo aveva invitato a cena in quanto uomo di spirito e mai lui apparve tanto insignificante, circondato

com'era da una mezza dozzina di persone, nelle quali essa aveva attizzato la curiosità e che lo guardavano con tanto

d'occhi, quasi fosse fatto in modo diverso dagli altri. Tutti pensavano che fosse venuto per allietarli con le sue battute e

che ogni parola che usciva dalla sua bocca fosse straordinaria, che egli dovesse improvvisare un monologo su tutti gli

argomenti che toccava e che dovesse fare dello spirito anche quando chiedeva da bere. Furono molto delusi dal suo

silenzio; e la dama fu così poco soddisfatta di lui come io di lei.

URANIA

Zitta. Vado ad aspettarla sulla porta.

ELISA

Ancora una parola. Mi piacerebbe vederla maritata col marchese del quale s'è parlato: che magnifica unione sarebbe

quella di una preziosa con un buffone!

URANIA

Vuoi stare zitta? è qui.

Scena III

Climene, Urania, Elisa, Galoppino

URANIA

Finalmente! siete molto in ritardo...

CLIMENE

Per favore, cara, fatemi sedere.

URANIA

Una poltrona, presto.

CLIMENE

Ah! Dio mio!

URANIA

Che cosa c'è?

CLIMENE

Non ne posso più.

URANIA

Che avete?

CLIMENE

Il cuore mi manca.

URANIA

Siete assalita dai vapori?

CLIMENE

No.

URANIA

Non volete slacciarvi?...

CLIMENE

Dio mio, no. Ah!

URANIA

Che male avete, dunque? e da quando vi ha preso?

CLIMENE

Ce l'ho da tre ore, e l'ho preso al Palais-Royal.

URANIA

Come?

CLIMENE

Ho appena visto, a punizione dei miei peccati, quell'ignobile accozzaglia che è La scuola delle mogli. Sono ancora

stremata per l'affanno di cuore che mi ha procurato, e credo che mi ci vorranno almeno quindici giorni per rimettermi.

ELISA

Vedi un po' come le malattie arrivano senza che ci pensiamo.

URANIA

Io non so di qual tempra siamo fatte, mia cugina ed io; ma abbiamo visto lo stesso spettacolo l'altro ieri e ne siamo

ritornate tutt'e due sanissime e di buon umore.

CLIMENE

Come? l'avete visto?

URANIA

Sì; e ascoltato da cima a fondo.

CLIMENE

E non vi sono venute le convulsioni, mia cara?

URANIA

Io non sono così delicata, grazie a Dio; e ho l'impressione che questa commedia riesca piuttosto a guarire la gente che a

farla ammalare.

CLIMENE

Ah, Dio mio! che cosa mi dite! Come può fare un proclama del genere chiunque abbia in usufrutto un tantinello di

senso comune? Come si può impunemente, come fate voi, prendere in questo modo a schiaffi la ragione? E diciamo la

verità, c'è forse una testa tanto affamata di spiritosaggini che riesca ad assaggiare tutte le fanfaluche di cui questa

commedia è condita? Per me, vi confesso che non ci ho ritrovato il minimo gran di zenzero. La trovata dei bambini che

si fanno con le orecchie mi è sembrata di un gusto detestabile; la torta alla crema mi ha dato i languori; e alla minestra

c'è mancato poco che vomitassi.

ELISA

Mio Dio! con quanta eleganza vi esprimete! Pensavo che la commedia fosse buona; ma la Signora ha un'eloquenza così

persuasiva, sa trattare ogni cosa in modo così accattivante, che bisogna essere del suo parere, se ne abbia voglia o no.

URANIA

Quanto a me, non ho tanta compiacenza; e se devo dire la mia opinione, considero questa commedia la più divertente

che l'autore abbia scritto.

CLIMENE

Ah! mi fate pena quando parlate in questo modo; e non riesco a sopportare una tale oscurità di discernimento. È mai

possibile, se si è oneste, trovar qualcosa di gradevole in un lavoro che tiene il pudore sotto una minaccia continua e

insozza ad ogni istante l'immaginazione?

ELISA

Parlate davvero in maniera straordinaria! avete grosse capacità critiche, e compiango assai il povero Molière che ha in

voi una nemica.

CLIMENE

Credetemi, mia cara, modificate di buon grado il vostro giudizio; e se vi preme il vostro onore, non andate a dire in giro

che questa commedia vi è piaciuta.

URANIA

Non riesco a capire che cosa abbiate trovato in essa che offenda il pudore.

CLIMENE

Ahimè! tutto; e mi appello al fatto che nessuna donna onesta potrebbe vederla senza provarne vergogna, tanto è piena di

sozzure e di cose indecenti.

URANIA

Bisogna proprio che abbiate per le sozzure un discernimento che gli altri non hanno; perché io non ne ho viste.

CLIMENE

Non le avete viste perché non avete voluto vederle; perché infine queste sozzure, se Dio vuole, son lì alla luce del sole.

Non hanno il minimo velo che le ricopra, e con la loro nudità sgomentano gli occhi più audaci.

ELISA

Ah!

CLIMENE

Ahi, ahi, ahi.

URANIA

Ma insomma, per favore, segnalatemi una di queste sozzure che dite.

CLIMENE

Dio mio, è proprio necessario che ve le segnali?

URANIA

Sì. Vi chiedo soltanto di dirmi che cosa vi ha particolarmente colpito.

CLIMENE

C'è bisogno d'altro? la scena di Agnese, quando dice che il giovane le ha preso una certa cosa.

URANIA

E che c'è di osceno in questo?

CLIMENE

Ah!

URANIA

Di grazia.

CLIMENE

Accidenti!

URANIA

E allora?

CLIMENE

Non ho niente da dire.

URANIA

Io non ci vedo niente di male.

CLIMENE

Tanto peggio per voi.

URANIA

Tanto meglio, piuttosto, io credo. Guardo le cose dal lato dal quale mi vengono mostrate, e non le rigiro per ravvisarvi

ciò che non occorre.

CLIMENE

L'onestà di una donna...

URANIA

L'onestà di una donna non consiste nelle sue smancerie. Non istà bene voler essere più saggi delle persone sagge.

L'affettazione in questo campo è peggiore che in tutti gli altri; io non vedo niente di più ridicolo di questa ipersensibilità

in materia di onore che prende ogni cosa in mala parte, dà un senso perverso alle parole più innocenti, e si offende per

ogni ombra. Credetemi, le donne che ostentano tante maniere non sono affatto stimate più per bene delle altre. Al

contrario la loro severità misteriosa e le loro smancerose affettazioni eccitano la critica di tutti contro il loro

comportamento. Si è ben contenti di aver qualcosa a ridire su di esse; e per rimanere nell'esempio, l'altra sera alla

commedia c'erano donne, di fronte al nostro palco, che per le pose che assunsero durante l'intera rappresentazione, quel

loro volger via il capo, quei loro nascondimenti di viso, suscitarono da ogni parte mille pettegolezzi, che non ci

sarebbero stati altrimenti; e persino qualcuno della servitù disse a voce alta che esse erano più caste nelle orecchie che

in tutto il resto del corpo.

CLIMENE

Insomma, bisogna essere ciechi in questa commedia e fingere di non vedere quel che c'è.

URANIA

Non bisogna voler vedere ad ogni costo quel che non c'è.

CLIMENE

Ah! ed io sostengo, una volta ancora, che le cose indecenti saltano agli occhi.

URANIA

Ed io non sono affatto d'accordo.

CLIMENE

Come! non offende chiaramente il pudore quel che dice Agnese nel punto che abbiamo detto?

URANIA

No, assolutamente. Non dice una sola parola che in se stessa sia disonesta; e se voi volete sottintendere un'altra cosa,

siete voi che pensate alle sozzure, la ragazza parla soltanto di una sciarpa che le è stata sottratta.

CLIMENE

Sciarpa fin che volete; ma quando dice la e poi non va avanti, non lo fa per caso. Questo la suscita uno strano pensiero;

questo la è furiosamente scandaloso. Potete dire quel che volete ma non potete difendere l'improntitudine di questo la.

ELISA

È vero, Cugina, io sono del parere della Signora e sono contraria a questo la. Questo la è sfacciato all'estremo e se voi

difendete questo la avete torto marcio.

CLIMENE

Il suo oscenismo è insopportabile.

ELISA

Che parola avete detto, Signora?

CLIMENE

Oscenismo, Signora.

ELISA

Ah, Dio mio! oscenismo. Non so che cosa vuol dire questa parola, ma mi pare comunque la migliore che si possa

trovare.

CLIMENE

Come vedete, la vostra parente sta dalla mia parte.

URANIA

Oh, santo cielo! lei parla per amor di conversazione e non dice quel che pensa. Credete a me, non dovete fidarvi troppo.

ELISA

Ah, siete cattiva, mi volete rendere sospetta alla Signora! Ditemi voi a che cosa sarei ridotta se lei dovesse credere a

quello che voi dite! Avreste dunque una tale opinione di me, Signora? Sarei dunque disgraziata fino a questo punto?

CLIMENE

No, no, non voglio attenermi alle sue parole, e vi credo più sincera di quanto lei non dica.

ELISA

Ah! avete mille ragioni, Signora, e dovete credere, se mi volete render giustizia, che voi siete per me la persona più

avvincente che ci sia al mondo, che condivido le vostre opinioni e sono incantata da tutte le espressioni che escono dalla

vostra bocca.

CLIMENE

Credetemi, parlo senza affettazione.

ELISA

E lo si vede bene, Signora, tutto in voi è naturalezza. Le vostre parole, il tono della vostra voce, i vostri sguardi, i vostri

atteggiamenti, il vostro modo di muoversi e di vestire, hanno un non so che di nobile che conquista tutti. Vi studio con

gli occhi e con le orecchie; e son così conquistata da voi, che ambisco di imitarvi e di contraffarvi in tutti i modi.

CLIMENE

Vi prendete gioco di me, Signora.

ELISA

Perdonatemi, Signora, chi vorrebbe mai prendersi gioco di voi?

CLIMENE

Io non sono un buon modello, Signora.

ELISA

Oh! sì, Signora.

CLIMENE

Voi mi lusingate, Signora.

ELISA

Per nulla affatto, Signora.

CLIMENE

Vi prego, limitatevi, Signora.

ELISA

Mi sto limitando, Signora; quel che dico, Signora, è soltanto la metà di quel che penso.

CLIMENE

Ah, mio Dio! piantiamola lì, di grazia. Mi mettereste in una confusione spaventosa. (A Urania) Infine, siamo in due

contro di voi, e l'ostinazione si addice tanto poco alle persone intelligenti...

Scena IV

Il marchese, Climene, Galoppino, Urania, Elisa

GALOPPINO

Per favore, Signore, fermatevi lì.

MARCHESE

Tu non mi conosci, è chiaro.

GALOPPINO

Sì che vi conosco; ma non entrerete.

MARCHESE

Oh! quante storie, servitorello!

GALOPPINO

Non sta bene voler entrare contro la volontà dei padroni.

MARCHESE

Voglio vedere la tua padrona.

GALOPPINO

Vi ho detto che non c'è.

MARCHESE

È in salotto, la vedo.

GALOPPINO

È vero, la si vede; ma non c'è.

URANIA

Ma che sta succedendo?

MARCHESE

Il vostro servitore, Signora, sta facendo lo scimunito con me.

GALOPPINO

Gli sto dicendo che non ci siete, Signora, e lui non la smette di voler entrare.

URANIA

E perché dite al Signore che non ci sono?

GALOPPINO

L'altro giorno gli ho detto che c'eravate, e mi avete sgridato.

URANIA

Ma guarda che sfacciato! Vi prego, Signore, di non credere a quel che dice. È un piccolo scervellato che vi ha preso per

un altro.

MARCHESE

L'ho capito subito, Signora; e se non fosse per il rispetto che vi devo, gli avrei insegnato a riconoscere le persone di

riguardo.

ELISA

Mia cugina vi è molto obbligata per la deferenza che le dimostrate.

URANIA

Una sedia dunque, insolente!

GALOPPINO

E quella che cos'è?

URANIA

Portala qui, no?

Il servitorello avvicina la sedia in maniera sgarbata.

MARCHESE

Il vostro servitorello, Signora, nutre disprezzo per la mia persona.

ELISA

E in questo sbaglia, senza alcun dubbio.

MARCHESE

Probabilmente pago il pedaggio per il mio cattivo aspetto. Hi, hi, hi, hi!

ELISA

L'età lo renderà più competente in materia di persone per bene.

MARCHESE

Di che stavano parlando, le Signore, quando le ho interrotte?

URANIA

Parlavamo di una commedia, della Scuola delle mogli.

MARCHESE

Ne sono giustappunto appena uscito.

CLIMENE

Ebbene, Signore, che impressione vi ha fatto?

MARCHESE

Semplicemente oltraggiosa.

CLIMENE

Ah! mi fate felice.

MARCHESE

È la cosa più brutta che abbia mai visto. E per tutti i diavoli, ho trovato posto per miracolo. All'ingresso, è mancato poco

che non morissi soffocato, e mi hanno pestato i piedi come mai prima d'ora. Guardate un po', di grazia, in che stato sono

i miei canons e i miei nastri.

ELISA

Questa è una cosa che grida vendetta contro La scuola delle mogli. Avete ragione di condannarla.

MARCHESE

Non esiste al mondo, io credo, commedia più brutta.

URANIA

Ah! ecco Dorante, l'aspettavamo.

Scena V

Dorante, Il marchese, Climene, Elisa, Urania

DORANTE

Non vi disturbate, prego, e non interrompete la conversazione. State parlando di un argomento che da quattro giorni

tiene banco in tutte le case di Parigi; e non s'è mai visto niente di più buffo della diversità dei giudizi che si danno in

questa occasione. Ho sentito certuni che condannavano questa commedia per gli stessi motivi per i quali altri invece la

portavano alle stelle.

URANIA

Il Signor Marchese qui presente ne parla malissimo.

MARCHESE

È vero, a me pare detestabile; perdincibacco, detestabile; detestabile all'estremo; quel che si dice detestabile.

DORANTE

Ed io, caro Marchese, giudico invece detestabile un tale giudizio.

MARCHESE

Come! non pretenderai, Cavaliere, di sostenere una commedia del genere?

DORANTE

Sì, ho la pretesa di sostenerla.

MARCHESE

Perbacco! io posso garantire che è detestabile.

DORANTE

Un pegno come il tuo non è poi così tranquillante.

Di grazia, Marchese, per quale ragione questa commedia sarebbe quel che tu dici?

MARCHESE

Perché è detestabile?

DORANTE

Sì.

MARCHESE

È detestabile perché è detestabile.

DORANTE

Se è così, non c'è più niente da dire; il processo è concluso. E tuttavia, rendici edotti, e mostraci i difetti che ha.

MARCHESE

Che ne so, io? non mi sono certo preso la briga di ascoltarla. Ma infine posso dire che non ho mai visto niente di più

brutto, che Dio mi strafulmini; e Dorila, che mi stava accanto, era del mio parere.

DORANTE

L'autorità è ineccepibile, hai un bell'avallo.

MARCHESE

Basta sentire le continue risate che fa la platea. Non ho bisogno d'altro per affermare che il lavoro non vale niente.

DORANTE

Tu sei dunque, Marchese, di quei fini spiriti che non ammettono che la platea sia dotata di senso comune, e che si

sentirebbero offesi di ridere assieme ad essa, si trattasse pure della cosa più spiritosa? Ho visto l'altro giorno, in un posto

di palcoscenico, uno dei nostri amici rendersi ridicolo, per questa ragione. Ha ascoltato la commedia col più cupo

cipiglio che si possa immaginare; e tutto ciò che divertiva gli altri gli faceva corrugare la fronte. Ad ogni scoppio di risa

faceva spallucce e guardava la platea con aria di compatimento; e talvolta, guardandola indispettito diceva a voce alta:

«Ridi, popolo, ridi». Lo sdegno del nostro amico diede luogo a una seconda commedia, che egli dispensò onestamente

all'intera assemblea, e tutti furono dell'avviso che non avrebbe potuto recitare meglio. Convinciti, Marchese, ti prego, e

con te gli altri, che la capacità di giudicare non occupa in teatro posti determinati; che la differenza fra un mezzo luigi

d'oro e la monetina da quindici soldi non determina il buon gusto; che in piedi o seduti, si può in ugual misura dare

cattivi giudizi; e che infine, parlando in generale, io mi fiderei abbastanza dell'approvazione della platea, per la semplice

ragione che fra coloro che ne fanno parte ce ne sono molti che sono capaci di giudicare una commedia secondo le

regole, e che gli altri la giudicano secondo il sistema migliore, che consiste nel lasciarsi prendere dalle cose, e non avere

né cieche prevenzioni, né affettati compiacimenti, né ridicole suscettibilità.

MARCHESE

Siamo diventati, Cavaliere, difensori dell'uomo della strada? Perbacco! me ne compiaccio, e sarà mia cura avvertirlo

che sei diventato suo amico. Hi, hi, hi, hi, hi, hi.

DORANTE

Ridi fin che vuoi. Io sto dalla parte del buon senso, e non riuscirei a sopportare le fumisterie cerebrali dei tuoi marchesi

di Mascarille. Mi fa rabbia vedere tante persone cadere nel ridicolo nonostante il loro grado; persone che tranciano

giudizi e parlano arditamente di ogni cosa senza averne la competenza; che in una commedia gridano al prodigio nei

punti banali e non battono ciglio di fronte a quelli buoni; che davanti a un quadro o ascoltando un concerto, riprovano

indiscriminatamente o lodano tutto a rovescio, non sanno da che parte prendere i termini dell'arte che riescono a carpire

e li storpiano ad ogni occasione o li buttan là come capita capita. Eh, perbacco! Signori, statevi zitti se il buon Dio non

vi ha concesso di conoscere certe cose; non predisponete al riso coloro che vi sentono parlare e tenete conto che se voi

rimanete in silenzio, gli altri potranno pensare forse che siete persone competenti.

MARCHESE

Perbacco! Cavaliere, come te la prendi...

DORANTE

Santo cielo, Marchese, non sto parlando a te. Ce l'ho con una dozzina di signori che vivono a corte e la disonorano con

le loro maniere strampalate e fanno credere alla gente del popolo che siamo tutti uguali. Per quanto mi riguarda, vorrei

giustificarmi meglio che posso; e non perderò occasione di prenderli in giro, finché metteranno la testa a posto.

MARCHESE

Senti un po', Cavaliere, pensi che Lisandro sia intelligente?

DORANTE

Sì, molto, non c'è dubbio.

URANIA

Non lo si può negare.

MARCHESE

Chiedetegli che cosa ne pensa della Scuola delle mogli: vedrete, vi risponderà che non gli piace.

DORANTE

Dio mio! molti sono viziati dall'eccesso di intelligenza, e per troppi lumi finiscono per non vedere le cose, e sarebbero

persino molto dispiaciuti di essere dello stesso parere degli altri, volendo avere il privilegio di essere loro a decidere.

URANIA

È vero, il nostro amico è proprio di questi, non c'è dubbio. Dev'essere lui il primo ad avere un'opinione, e vuole che per

rispetto si debba sempre attendere che lui si pronunci. Ogni approvazione che arrivi prima della sua è un attentato alla

sua chiaroveggenza, di cui si vendica abbracciando il partito opposto. Vuole essere consultato su tutte le cose dello

spirito; e sono sicura che, se l'autore gli avesse mostrato la sua commedia prima di rappresentarla pubblicamente, egli

l'avrebbe giudicata la più bella del mondo.

MARCHESE

E che pensate della marchesa Araminta, che va dicendo dappertutto che è un obbrobrio, e che non è riuscita a

sopportare le indecenze di cui è costellata?

DORANTE

Dico che è degna dell'immagine che ha voluto assumere; e che ci sono delle persone che si rendono ridicole a causa del

loro eccessivo senso dell'onore. Quantunque sia intelligente, essa ha voluto seguire il cattivo esempio di quelle donne

che trovandosi sulla china discendente dell'età vogliono sostituire in qualche modo quel che si avvedono di dover

perdere, e pretendono che l'ostentazione di una virtù piena di scrupoli possa occupare il posto della gioventù e della

bellezza. Questa dama spinge le cose più in là di quanto non facciano le altre, e i suoi scrupoli sono così penetranti da

scoprire sozzure dove nessuno ne ha mai viste. E si dice che giungano, questi scrupoli, a deformare la nostra lingua e

che non c'è quasi parola di cui il rigore di questa dama non voglia tranciare la testa o la coda, per le sillabe disoneste

ch'ella vi scorge.

URANIA

Siete un bel matto, Cavaliere.

MARCHESE

Insomma, Cavaliere, tu credi di difendere la commedia facendo la satira di coloro che la condannano.

DORANTE

Niente affatto; ma penso che questa signora si scandalizzi a torto...

ELISA

Adagio, Signor Cavaliere, ce ne possono essere altre dello stesso parere.

DORANTE

Sono certo, se non altro, che fra di esse non ci siete voi; avete assistito alla rappresentazione e in quell'occasione...

ELISA

È vero, ma ho cambiato opinione; e la Signora sa sostenere la sua con ragioni così convincenti che mi ha trascinato

dalla sua parte.

DORANTE

Ah! Signora, vi chiedo scusa: e se lo desiderate sono disposto, per amor vostro, a smentire tutto ciò che ho detto.

CLIMENE

Non voglio che lo facciate per amor mio, ma per amore della ragione; poiché questo lavoro, in definitiva, tutto

considerato, è assolutamente indifendibile, e non vedo come...

URANIA

Ah! ecco un autore, il signor Lisida. Giunge a proposito. Signor Lisida, prendetevi una sedia e mettetevi lì.

Scena VI

Lisida, Dorante, Il marchese, Elisa, Urania, Climene

LISIDA

Signora, sono un po'in ritardo; ma ho dovuto leggere il mio lavoro dalla Signora Marchesa, della quale vi ho parlato; e

le lodi che gli son state fatte mi hanno trattenuto un'ora oltre il tempo previsto.

ELISA

Sono una grande attrattiva le lodi per trattenere un autore.

URANIA

Sedetevi dunque, signor Lisida; leggeremo la vostra opera dopo cena.

LISIDA

Tutte le persone che erano presenti interverranno alla prima rappresentazione, e mi hanno promesso di fare il loro

dovere, come si conviene.

URANIA

Lo credo. Ma, ancora una volta, prendete posto, se non vi spiace. Ci stiamo intrattenendo sopra un argomento che vorrei

tanto portare fino in fondo.

LISIDA

Penso, Signora, che prenderete anche voi un palco la sera della prima.

URANIA

Si vedrà. Ora, di grazia, continuiamo la conversazione.

LISIDA

Vi devo avvertire, Signora, che sono quasi tutti già prenotati.

URANIA

È una buona cosa. Insomma, avevo bisogno di voi, quando siete arrivato, poiché tutti i presenti mi davano torto.

ELISA

Il Signor Dorante in un primo momento si è schierato dalla vostra parte; ma adesso che sa che la Signora Climene è a

capo del partito contrario, penso proprio che dobbiate cercare altri alleati.

CLIMENE

No, no, non vorrei assolutamente che questo compromettesse la corte che egli sta facendo alla Signora vostra cugina.

Consento al suo spirito di schierarsi dalla parte del suo cuore.

DORANTE

Con questo permesso, Signora, anch'io prenderei l'ardire di difendermi.

URANIA

Ma prima dobbiamo sapere come la pensa il signor Lisida.

LISIDA

Su che cosa, Signora?

URANIA

Sulla Scuola delle mogli.

LISIDA

Ah, ah.

DORANTE

Che ve ne sembra?

LISIDA

Non ho niente da dire; voi sapete che noi autori dobbiamo parlare delle opere altrui con molta circospezione.

DORANTE

Comunque, parlando fra di noi, che cosa pensate di questa commedia?

LISIDA

Io, Signore?

URANIA

Con molta sincerità, diteci il vostro parere.

LISIDA

Mi pare bellissima.

DORANTE

Davvero?

LISIDA

Davvero. Perché no? Non è in effetti delle migliori?

DORANTE

Ehm! siete un po' un demonio, signor Lisida: voi non dite quel che pensate.

LISIDA

No, scusate...

DORANTE

Suvvia! vi conosco, cerchiamo di non dissimulare.

LISIDA

Io, Signore?

DORANTE

Si vede bene che lodate questa commedia soltanto per correttezza, e che in fondo al cuore voi siete del parere di molte

persone che la giudicano cattiva.

LISIDA

Hi, hi, hi.

DORANTE

Andiamo, confessate che questa commedia è un orrore.

LISIDA

Che non sia approvata dai competenti, è vero.

MARCHESE

Di' la verità, Cavaliere, ti ha toccato sul vivo, e così paghi la tua canzonatura. Ah, ah, ah, ah, ah!

DORANTE

Forza, caro marchese, un bell'affondo!

MARCHESE

Come vedi, abbiamo i competenti dalla nostra parte.

DORANTE

È vero, il giudizio del Signor Lisida deve essere preso in seria considerazione. Ma il Signor Lisida mi consentirà che io

non debba arrendermi per questo; e poiché ho l'audacia di contrastare il parere della Signora, egli non troverà

disdicevole che mi opponga al suo.

ELISA

Come? vedete che la Signora, il Signor Marchese e il Signor Lisida sono contro di voi e osate resistere ancora?

Accidenti! siete davvero poco compiacente!

CLIMENE

Per quel che mi riguarda, mi stupisce molto che a una persona ragionevole possa venire in mente di giustificare le

sciocchezze di questa commedia.

MARCHESE

Ch'io sia dannato, Signora, se non è una pena dal principio alla fine.

DORANTE

A parlare così, Marchese, si fa presto. È facilissimo tranciare un giudizio; e non c'è niente che possa sottrarsi a così

sovrane decisioni.

MARCHESE

Perbacco! tutti gli attori che erano presenti in sala ne han detto tutto il male possibile.

DORANTE

Allora non parlo più: hai ragione, Marchese. Se gli altri attori ne parlano male, possiamo fidarci. È gente estremamente

aperta e che parla senza interesse. Non c'è più nulla da dire, mi arrendo.

CLIMENE

Arrendetevi o non arrendetevi, quel che so è che non mi persuaderete mai ad accettare le volgarità di questa

commmedia, e così gli sgradevoli sarcasmi che contiene contro le donne.

URANIA

Io mi guardo bene dall'offendermi e dal mettere sul mio conto tutto ciò che vi si dice. Questo tipo di satira riguarda

essenzialmente i costumi e ricade sulle persone soltanto di riflesso. Non mi pare il caso di applicare a noi stesse le

frecciate di una critica che è generale; e vediamo di trar profitto dalla lezione, se possiamo, senza fingere che si stia

parlando di noi. Le pitture ridicole che si espongono sui teatri devono essere riguardate da tutti senza alcun rammarico.

Sono specchi collettivi, nei quali non bisogna mai dire che ci vediamo riflessi; scandalizzarsi perché un difetto vien

preso di mira significa dichiarare apertamente di averlo.

CLIMENE

Quanto a me, io non parlo di queste cose perché ritengo che mi riguardino, e penso che la mia condotta sia tale ch'io

non debba temere di essere identificata nelle donne che si comportano male e che vengono satireggiate sul

palcoscenico.

ELISA

Senza alcun dubbio, Signora, nessuno potrà identificarvi in esse. La vostra condotta è ben conosciuta; e fa parte di

quelle cose che nessuno discute.

URANIA

Questo vuol dire, Signora, che anch'io non ho detto nulla che fosse rivolto a voi, e che le mie parole, come la satira della

commedia, riguardano la tesi in generale.

CLIMENE

Non ne dubito, Signora. Ma lasciamo perdere. Non so in che maniera accogliate le ingiurie che in un certo punto della

commedia si rivolgono al nostro sesso; quanto a me, vi confesso che mi sono spaventosamente offesa quando questo

scrittore insolente ci ha definito bestioline.

URANIA

Ma non vi siete accorta che l'autore stava facendo parlare una persona ridicola?

DORANTE

E poi, Signora, non sapete che le ingiurie di una persona innamorata non offendono mai? che vi sono amori pieni di

insulti come vi sono amori pieni di dolcezze? e che in molti casi le parole più dure, ed anche peggio, vengono prese

come segni di affetto da coloro stessi che le ricevono?

ELISA

Dite quel che volete, ma questa non la mando giù, così come la minestra e la torta alla crema, di cui la Signora ha

parlato poco fa.

MARCHESE

Ah! ecco, sì, torta alla crema! questa è la cosa che mi aveva colpito poco fa: torta alla crema! Vi sono molto obbligato,

Signora, di avermi fatto ricordare torta alla crema. Ci saranno abbastanza mele in Normandia per questo torta alla

crema? Torta alla crema, accidenti! torta alla crema!

DORANTE

Scusa, ma che cosa vuoi dire con questo torta alla crema?

MARCHESE

Ma come! voglio dire torta alla crema, Cavaliere.

DORANTE

Sì, ma perché?

MARCHESE

Torta alla crema!

DORANTE

Ma dicci quali sono le ragioni.

MARCHESE

Torta alla crema!

URANIA

Ma dovete pur chiarire il vostro pensiero, mi pare.

MARCHESE

Torta alla crema, Signora!

URANIA

Che cosa ci vedete di strano, in questo?

MARCHESE

Io? niente. Torta alla crema!

URANIA

Ah! io ci rinuncio.

ELISA

Il Signor Marchese la sa lunga, e vi strapazza ben bene. Ma io vorrei che il Signor Lisida terminasse il suo discorso e

desse loro qualche stoccata delle sue.

LISIDA

Non rientra nelle mie abitudini biasimar qualcosa, e sono abbastanza indulgente con le opere degli altri. Ma infine,

senza volere urtare l'amicizia che il Signor Cavaliere manifesta per l'autore, bisogna riconoscere che le commedie di

questo genere non sono propriamente delle commedie, e che esiste una bella differenza fra queste sciocchezzuole e la

bellezza delle composizioni serie. Oggi però la gente preferisce le prime: soltanto a quelle si accorre, e mentre le grandi

opere sono lasciate in un'orrenda solitudine, alle stupidaggini accorre tutta Parigi. Vi confesso che mi sanguina il cuore,

talvolta. Questa è una vergogna per la Francia.

CLIMENE

È indubbio che il gusto della gente è tremendamente caduto in basso, e che il nostro secolo si sta furiosamente

ingaglioffendo.

ELISA

Anche questo «ingaglioffirsi» è meraviglioso. Lo avete inventato voi, Signora?

CLIMENE

Eh!

ELISA

Lo sospettavo.

DORANTE

Voi dunque credete, signor Lisida, che tutti i valori spirituali e tutta la bellezza stiano nella poesia seria, e che le

composizioni comiche siano grullerie che non meritano alcuna lode?

URANIA

Il mio modo di vedere non è certamente questo. La tragedia, senza dubbio, è qualcosa di bello quando è ben condotta;

ma la commedia ha pure il suo fascino, e penso che l'una non sia meno difficile a farsi che l'altra.

DORANTE

Senz'altro, Signora; e quanto a difficoltà, se doveste mettere un «più» dalla parte della commedia, forse non sareste

lontana dal vero. Poiché in definitiva, penso che sia ben più agevole pavoneggiarsi coi grandi sentimenti, sfidare in versi

la Fortuna, accusare i Destini, e dire ingiurie agli Dei, che penetrare come si conviene nel ridicolo degli uomini, e

rendere in modo divertente sul palcoscenico i difetti di tutti. Quando voi dipingete degli eroi, potete fare a modo vostro.

State facendo dei ritratti a piacere, in cui non è richiesta la rassomiglianza; e dovete soltanto seguire gli slanci

dell'immaginazione, che sovente abbandona il vero per toccare il meraviglioso. Ma quando dipingete degli uomini,

dovete dipingere dal vero. Allora i vostri ritratti devono essere rassomiglianti; e se non avete reso riconoscibili gli

uomini del vostro tempo, non avete fatto niente. In breve, in una composizione seria, per non essere biasimati basta dire

cose ragionevoli e scritte bene; nelle altre invece tutto ciò non basta, bisogna riuscire spassosi; ed è un'ardua impresa far

ridere la brava gente.

CLIMENE

Credo di far parte della brava gente; ma in tutto quel che ho visto non ho trovato niente che mi abbia fatto ridere.

MARCHESE

Ed io nemmeno, ve lo garantisco.

DORANTE

Per te, Marchese, non mi stupisco: la ragione è che non ci hai trovato dei giochi di parole.

LISIDA

In verità, Signore, quel che vi si trova non vale molto di più, e tutte le battute spiritose sono abbastanza deboli a mio

avviso.

DORANTE

La corte non è stata di questo parere.

LISIDA

Ah! Signore, la corte!

DORANTE

Continuate, Signor Lisida. So bene quel che volete dire: che la corte non se ne intende; è l'argomento consueto a cui

ricorrono i Signori autori, quando le loro opere non hanno successo; allora accusano di ingiustizia il secolo e di

mancanza di discernimento la gente di corte. Signor Lisida, dovete sapere, non ve ne dispiaccia, che la gente di corte ha

occhi per vedere come tutti, e che si può essere conoscitori portando piume e pizzi veneziani come parrucche corte o

collarini uniti; che il banco di prova di tutti i vostri lavori teatrali è il giudizio della corte; che bisogna studiare le

preferenze di questa se si vuole apprender l'arte del successo; che non ci sono altri ambienti in cui i giudizi siano tanto

esatti; e che, senza tener conto di tutte le autentiche persone colte che vi si trovano, è possibile con la semplice e

naturale ragionevolezza, e frequentando le persone del bel mondo, formarsi una visione delle cose che consente di

esprimere giudizi senza confronto più acuti di quanto non riesca a fare tutto il sapere arrugginito dei pedanti.

URANIA

È pur vero che, per poco che si stia a corte, passano quotidianamente davanti agli occhi abbastanza cose per acquisire

una qualche abitudine a conoscerle; soprattutto si impara a distinguere le facezie buone da quelle dozzinali.

DORANTE

Qualche persona ridicola c'è anche a corte, ne convengo, e sono il primo, come vedete, a prenderli di mira. Ma, ve lo

assicuro, ce n'è anche fra gli intellettuali di professione; e se si prende in giro qualche marchese, credo che si possa a

maggior ragione prendere in giro gli autori; e sarebbe molto divertente portare in palcoscenico il loro affettato sapere e

le loro ridicole raffinatezze, il malcostume di assassinar la gente con le loro opere, la brama d'esser lodati, la capziosità

del loro pensiero, il commercio che fanno della loro reputazione, le loro alleanze di offesa e di difesa, così come le loro

guerre di idee e le loro battaglie in versi e in prosa.

LISIDA

Molière sarà felice, Signore, di avere un difensore appassionato come voi. Ma in definitiva, per venire al fatto, si tratta

di sapere se la sua commedia è buona, ed io sono in grado di mostrarvi che ci sono dovunque cento marchiani difetti.

URANIA

È curioso come voi, Signori poeti, condanniate le commedie che richiamano tanta gente e diciate bene soltanto di quelle

che nessuno va a vedere. Dimostrate per le prime un odio invincibile e per queste una indulgenza assolutamente

inconcepibile.

DORANTE

È generoso schierarsi dalla parte degli afflitti, questo è il fatto.

URANIA

Ma, di grazia, Signor Lisida, vogliate indicarci quei difetti che a me sono sfuggiti.

LISIDA

Tutti coloro che conoscono Aristotele e Orazio possono immediatamente notare, Signora, che questa commedia non

osserva le regole dell'arte.

URANIA

Vi confesso che non ho alcuna dimestichezza con gente del genere e che ignoro assolutamente le regole dell'arte.

DORANTE

Siete molto buffi, voi, con tutte le vostre regole; vi servono per mettere in imbarazzo gli sprovveduti e ce ne fatte una

zuppa ogni giorno. Sembrerebbe, a sentirvi parlare, che queste regole dell'arte siano i più grandi misteri dell'universo;

eppure, sono soltanto semplici osservazioni, che il buon senso ha dettato intorno a ciò che può turbare il piacere

suscitato in noi da queste composizioni; e lo stesso buon senso che ha dettato in altri tempi queste osservazioni continua

tranquillamente a dettarle oggigiorno, senza il soccorso di Orazio e di Aristotele. E vorrei proprio sapere se la regola di

tutte le regole non è quella di piacere, e se un lavoro di teatro che ha raggiunto il suo scopo non ha seguito la strada

giusta. È possibile che un'intera assemblea prenda un abbaglio, e che una persona non possa essere giudice del piacere

che prova?

URANIA

Ho notato una cosa che riguarda quei signori: coloro che parlano maggiormene di regole e che le conoscono meglio

degli altri, scrivono commedie che non piacciono a nessuno.

DORANTE

E questo ci dice, Signora, che non dobbiamo dare credito alle loro impacciatissime dispute. Poiché in definitiva se le

opere che seguono le regole non piacciono e quelli che piacciono non seguono le regole, ne consegue di necessità che le

regole sono state fatte male. Infischiamoci dunque di questi cavilli con cui si cerca di umiliare il gusto del pubblico, e

teniamo conto soltanto dell'effetto che una commedia esercita su di noi. Lasciamoci andare con fiducia alle cose che ci

afferrano alle viscere, e non andiamo alla ricerca di ragionamenti per impedirci di trarne piacere.

URANIA

Per quel che mi riguarda, quando vedo una commedia, verifico soltanto se dice cose che mi toccano; e quando mi sono

divertita, non mi chiedo se ho sbagliato e se le regole di Aristotele mi proibivano di ridere.

DORANTE

È come se una persona che trova squisita una salsa si chiedesse se è buona perché osserva i precetti del Cuoco francese.

URANIA

È vero; e mi meraviglio di tutti i ragionamenti sofisticati che fanno certuni attorno a cose che ognuno dovrebbe capire

per conto suo.

DORANTE

Avete ragione, Signora, di giudicar bizzarre queste misteriose raffinatezze. Poiché in definitiva, se dovessimo prenderle

sul serio, saremmo ridotti a non credere più a noi stessi; i nostri sensi sarebbero schiavi in ogni cosa; e persino nel

mangiare e nel bere, non oseremmo più trovare nulla di buono, senza il consenso dei Signori esperti.

LISIDA

Insomma, Signore, tutte le vostre ragioni consistono nel fatto che La scuola delle mogli è piaciuta; e non vi preoccupate

se non rispetta certe regole, dal momento che...

DORANTE

Un momento, signor Lisida, questo non ve lo concedo. Ho detto in effetti che il gran segreto è di piacere, e poiché

questa commedia è piaciuta a coloro ai quali era diretta, penso che abbia fatto abbastanza e che non debba preoccuparsi

del resto. Ma sostengo altresì che non disubbidisce alle regole di cui parlate. Le conosco anch'io, se Dio vuole, e tanto

bene quanto chiunque altro; e posso dimostrarvi facilmente che non v'è forse lavoro teatrale più fedele alle regole di

questo.

ELISA

Coraggio, Signor Lisida! se cedete siamo perduti.

LISIDA

Come? Signore, la protasi, l'epitasi, la peripezia?...

DORANTE

Ah! Signor Lisida, ci volete uccidere coi vostri paroloni. Di grazia, non datevi arie di persona colta. Fate un discorso più

umano e parlate in modo che vi si capisca. Pensate che una parola greca possa dare maggior peso alle vostre ragioni? E

non vi sembra che sarebbe molto più bello se diceste argomento invece di protasi, intreccio invece di epitasi, e

scioglimento invece di peripezia?

LISIDA

Sono termini dell'arte di cui è consentito servirsi. Ma dal momento che essi feriscono le vostre orecchie, mi spiegherò in

altro modo, e vi prego di rispondere francamente a tre o quattro domande che vi farò. Si può tollerare che una

composizione vada così palesemente contro la specifica definizione di lavoro teatrale? In definitiva, il termine poema

drammatico deriva da una parola greca che significa agire, e indica che la natura di questo poema consiste nell'azione;

ma in questa commedia azione non ce n'è, tutto si risolve nei racconti che vengono riferiti o da Agnese o da Orazio.

MARCHESE

Ah! ah! Cavaliere!

CLIMENE

Osservazione molto fine, ciò vuol dire andare al nòcciolo delle cose.

LISIDA

C'è qualcosa di meno fine, o per meglio dire di più triviale, di certe frasi che fan ridere tutti, e soprattutto quella dei

bambini che si fanno con le orecchie?

CLIMENE

Benissimo.

ELISA

Ah!

LISIDA

La scena del servitore e della cameriera dentro la casa, non è lunga fino alla noia e del tutto sconveniente?

MARCHESE

Verissimo.

ELISA

Ha ragione.

LISIDA

Arnolfo non presta forse un po' troppo facilmente il suo denaro ad Orazio? E dal momento che è il personaggio ridicolo

della commedia, era il caso di fargli commettere un'azione tanto generosa?

MARCHESE

Bene. Anche questo rilievo è azzeccato.

CLIMENE

Ammirevole.

ELISA

Meraviglioso.

LISIDA

Il sermone e le Massime non sono ridicolaggini, che colpiscono addirittura il rispetto che dobbiamo ai misteri della

nostra religione?

MARCHESE

Ben detto.

CLIMENE

Questo è parlare come si deve.

ELISA

Non è possibile dire meglio.

LISIDA

E questo Signor de La Souche, infine, che ci vien mostrato come uomo intelligente, e che sembra così serio in tante

occasioni, non cade poi nel quinto atto in una comicità eccessiva e nell'esagerazione, quando spiega ad Agnese la

violenza del suo amore, con quello strampalato roteare degli occhi, quei sospiri ridicoli, e quelle lacrime bietolone che

fanno ridere tutti?

MARCHESE

Meraviglioso! perbacco!

CLIMENE

Formidabile!

ELISA

Evviva il Signor Lisida.

LISIDA

E tralascio mille altri particolari, per non annoiarvi.

MARCHESE

Accidenti! Cavaliere, ti vedo ridotto male.

DORANTE

È da vedersi.

MARCHESE

Hai trovato l'uomo che fa per te, credimi!

DORANTE

Può darsi.

MARCHESE

Rispondi, rispondi, rispondi, rispondi.

DORANTE

Volentieri. Il...

MARCHESE

Rispondi dunque, ti prego.

DORANTE

Lascia che lo faccia. Se...

MARCHESE

E perbacco! ti sfido a rispondere.

DORANTE

Certo. Ma se tu parli sempre...

CLIMENE

Di grazia, ascoltiamo le tue ragioni.

DORANTE

Prima di tutto, non è vero che la commedia sia fatta soltanto di racconti. Sulla scena accadono diverse azioni, e gli stessi

racconti sono azioni, che la vicenda impone, tanto più che vengono fatti innocentemente alla persona interessata; e

questa, grazie ad essi, accusa ogni volta uno sbalordimento che diverte gli spettatori, e prende, ad ogni nuova notizia,

tutte le misure che gli riesce per difendersi dalla disgrazia che teme.

URANIA

Per me, tutto il fascino dell'École des femmes

sta in questa perpetua fiducia; e mi pare cosa arguta che un uomo intelligente, che viene informato di tutto da una

ragazza candida che è la sua fidanzata e da uno sventato che è il suo rivale, non riesca assolutamente ad evitare quel che

gli succede.

MARCHESE

Bazzecole, bazzecole.

CLIMENE

Debolissima risposta.

ELISA

Argomentazione trascurabile.

DORANTE

Per quel che riguarda i bambini e l'orecchio, l'allusione è arguta soltanto in rapporto ad Arnolfo; e l'autore non l'ha

messa perché sia una trovata felice in sé, ma soltanto perché definisce l'uomo e dipinge tanto meglio la sua stravaganza

in quanto egli riferisce, come se fosse la cosa più bella del mondo, una triviale sciocchezza che Agnese ha detto e che

gli procura una gioia inimmaginabile.

MARCHESE

Non è una risposta.

CLIMENE

Insoddisfacente.

ELISA

Come non avesse parlato.

DORANTE

Quanto al denaro che egli offre liberamente, tralasciando che la lettera del suo migliore amico è per lui una garanzia

sufficiente, non è affatto contraddittorio che una persona sia ridicola in certe cose e del tutto normale in altre. E per la

scena di Alain e Giorgetta nell'appartamento, che è parsa a certuni lunga e fredda, sicuramente ha una sua ragione; e

come Arnolfo, mentre è in viaggio, viene raggirato dalla pura innocenza della ragazza, così al suo ritorno è costretto

dall'innocenza dei servitori a sostare a lungo davanti alla porta di casa, affinché venga regolarmente punito dalle stesse

precauzioni che aveva preso per la sicurezza propria.

MARCHESE

Non sono valide ragioni.

CLIMENE

Cilecca totale.

ELISA

Una pietà.

DORANTE

Circa il discorso morale che voi chiamate sermone, è sicuro che i veri devoti che l'hanno sentito non hanno pensato che

offendesse i princìpi che voi dite; non c'è dubbio che l'inferno e i bollenti calderoni sono giustificati dalla stravaganza di

Arnolfo e dall'innocenza della ragazza a cui sta parlando. E quanto allo smarrimento amoroso del quinto atto, accusato

di essere eccessivo e troppo comico, ditemi voi se non è la satira di un uomo innamorato e se anche la gente per bene e

la più seria, in simili occasioni, non può comportarsi...

MARCHESE

Davvero, Cavaliere, faresti meglio a tacere.

DORANTE

Benissimo. Ma insomma, se guardiamo noi stessi, quando siamo innamorati...

MARCHESE

Non voglio nemmeno ascoltarti.

DORANTE

Non ascoltarmi, se non vuoi. Forse che nella violenza della passione...?

MARCHESE

La, la, la, la, lara, la, la, la, la, la, la. (Canta)

DORANTE

Come...?

MARCHESE

La, la, la, la, lara, la, la, la, la, la, la.

DORANTE

Non so se...

MARCHESE

La, la, la, la, lara, la, la, la, la, la, la, la.

URANIA

Mi sembra che...

MARCHESE

La, la, la, lara, la, la, la, la, la, la, la, la, la, la.

URANIA

Sono accadute cose abbastanza divertenti nella nostra disputa. Se ne potrebbe fare, credo, una commediola, che non

starebbe neanche male in coda alla Scuola delle mogli.

DORANTE

Avete ragione.

MARCHESE

Perbacco! Cavaliere, ti toccherebbe una parte poco vantaggiosa.

DORANTE

È vero, Marchese.

CLIMENE

A me farebbe piacere che si facesse, purché i fatti venissero riferiti come sono davvero accaduti.

ELISA

Io presterei volentieri il mio personaggio.

LISIDA

Ed io non rifiuterei il mio, ve lo posso assicurare.

URANIA

Visto che sono tutti contenti, Cavaliere, prendete appunti su quel che s'è detto e dateli a Molière, che voi conoscete,

affinché ne faccia una commedia.

CLIMENE

Se ne guarderà bene, non avrebbe niente da guadagnare.

URANIA

No, no, so bene come la pensa: non si preoccupa che le sue commedie vengano stroncate, purché la gente vada a

vederle.

DORANTE

Sì, ma quale scioglimento si potrebbe trovare a questa? non ci possono essere né matrimoni né agnizioni; non so proprio

in che maniera potrebbe finire il nostro dibattito.

URANIA

Dovremmo a questo fine inventare un incidente.

Scena VII e ultima

Galoppino, Lisida, Dorante, Il marchese, Climene, Elisa, Urania

GALOPPINO

Signora, la cena è in tavola.

DORANTE

Ah! è proprio quel che ci vuole per per lo scioglimento che cerchiamo; non potremmo trovare niente di più naturale. Si

discuterà con forza e fermezza da una parte e dall'altra, come abbiamo fatto noi, senza che qualcuno cambi parere. Un

servitorello entrerà per dire che la cena è servita; ciascuno si alzerà e prenderà posto a tavola.

URANIA

La commedia non potrebbe finire meglio, e sarà opportuno fermarci qui.

I TESTI DELLA «QUERELLE»

JEAN DONNEAU DE VISÉ, ZELINDA

ovvero la vera critica della Scuola delle mogli,

e la critica della Critica

Commedia

PERSONAGGI

ORIANA, innamorata di Melante

MELANTE

CLEARCO, padre di Oriana

ARGIMONT, mercante di pizzi della rue Saint-Denis

ZELINDA, intellettuale

ARISTIDE, poeta

CLERONTE, borghese di Parigi

DAMIDE, garzone di Argimont

EGISTO, garzone di un mercante della rue Saint-Denis

LUCIA, cameriera di Oriana

CLEONE, domestico di Melante

La scena si svolge nella rue Saint-Denis, nella stanza di un mercante di trine.

[...]

Scena III

Oriana, Lucia, Argimont

[...]

ORIANA (al mercante)

Poiché avete visto numerose volte la Critica, perché non ci dite il vostro parere?

ARGIMONT

Ah! Signora, non spetta a me giudicare una commedia di quella specie; la gente di rango potrà parlarne meglio di

quanto non possa fare io, e dire se si riconosce dipinta bene oppure male.

ORIANA

Ah! mi fa piacere sentirvi parlare in questo modo; è una cosa tremenda, non vi pare? che le persone di rango tollerino di

essere prese apertamente in giro sul palcoscenico, e che assistendo alla rappresentazione delle loro azioni più ridicole

accrescano la reputazione del famoso Élomire, obbligandolo in tal modo a dipingerli ulteriormente con tratti ancora più

forti, e con colori ancora più vivaci.

ARGIMONT

Io non esito, Signora, a biasimare le persone d'alto rango, e credo che agendo in tal modo esse fanno soltanto ciò che la

prudenza consiglia. Sanno benissimo di essere prese in giro; ma a giusta ragione si comportano come se la cosa non le

riguardasse, e non danno a vedere di avere capito: si accontentano di sentirsi toccate in segreto; e chi per primo dovesse

mostrare il proprio dispetto si esporrebbe al pubblico ludibrio, e farebbe credere che proprio lui è l'oggetto della

canzonatura; per questa ragione coloro che si vedono rappresentati sono i primi a riderne, e coi loro applausi tentano di

far credere (se non altro) che non si stava parlando di loro. Così io penso.

ORIANA

C'è qualcosa di vero in quel che dite; ma, ripeto, che cosa pensate della commedia?

ARGIMONT

In questa contrada ci sono quindici o sedici mercanti che potrebbero parlarvene a lungo; vanno a teatro da trent'anni e

hanno assistito a tutti gli spettacoli, tanto che i borghesi più illustri di Parigi chiedono il loro giudizio. Devo confessarvi

una cosa che mi sorprende molto: non li ho mai sentiti condannare una commedia alla prima rappresentazione senza che

essa sia poi caduta, né dire di un'altra che sarebbe riuscita senza che essa abbia poi avuto successo; e quel che mi

stupisce è che la gente di rango si è sempre trovata d'accordo con loro, e che ogni spettacolo di cui essi han decretato il

successo in platea ha riscosso l'approvazione anche degli spettatori dei palchi o del palcoscenico. [...]

ORIANA

Avevo già sentito dire che queste persone vanno sovente alla Commedia e che una rappresentazione che non piace ad

esse corre un grave pericolo; ma lasciamo stare la loro opinione e diteci la vostra.

ARGIMONT

Ah! Signora, la mia...

ORIANA

Sì, la vostra.

ARGIMONT

Se proprio lo desiderate...

ORIANA

Sediamoci.

ARGIMONT (dopo che si sono seduti entrambi)

Poiché volete sapere la mia opinione intorno alla Critica della scuola delle mogli, del famoso Élomire, vi dirò subito

che la commedia ha un titolo sbagliato, e che si doveva chiamare La difesa e non La critica della scuola delle mogli;

nemmeno un sesto di tutti i difetti che si potrebbero condannare viene preso in esame, e Lisida attacca la commedia così

timidamente che si sente subito che con la bocca di lui sta parlando l'autore. Ah! ben altre cose meritavano riprensione.

ORIANA

Se l'autore non lo ha fatto non lo dovete biasimare; probabilmente non sapeva in che modo replicare; ma vi prego,

ditemi che cosa ha dimenticato; parleremo poi della Critica.

ARGIMONT

Benché non abbia nulla da dirvi che voi già non sappiate meglio di me, voglio soddisfare la vostra curiosità, e

cominciare col titolo: La scuola delle mogli. L'autore stesso ha confessato che il titolo non è pertinente, e che lo ha

scelto unicamente per attirare la gente, abbagliandola con una trovata capziosa. Dal momento che lui è d'accordo, non

insisto su questo punto, e passo alla prima scena. All'aprirsi del sipario Crisaldo dice ad Arnolfo che sono soli e che

possono discorrere insieme, senza timore di essere uditi. Se, come si può pensare, e come Élomire stesso ha fatto

stampare, tutta la commedia si svolge in una piazza della città, come possono essere soli Crisaldo e Arnolfo? Io lo

ritengo assolutamente impossibile.

ORIANA

Forse l'autore ha dimenticato di dire che la peste aveva reso pressoché deserta la città e comunque impediva agli abitanti

di uscire di casa; ma andate avanti.

ARGIMONT

Crisaldo è un personaggio del tutto inutile: viene, senza alcuna necessità, a declamare un centinaio di versi in lode dei

cornuti; poi se ne va fino all'ora di cena, allorché torna a declamarne altrettanti, per andarsene di nuovo e senza che i

suoi discorsi mandino la vicenda avanti o indietro. Si potrebbe anche aggiungere che è estremamente incivile trattenere

così a lungo Arnolfo all'inizio della commedia; secondo tutte le apparenze, egli sta arrivando a piedi dalla campagna, e

sarebbe doveroso lasciarlo andare a casa a riposarsi. In questa prima scena, dopo averci mostrato, e fino agli estremi che

sappiamo, quanto egli sia diffidente e geloso, il personaggio smentisce subito se stesso invitando Crisaldo a cena da

Agnese. Non è verosimile che una persona che ha tanta paura delle corna inviti a cena, nella casa della sua bella e senza

alcuna necessità, colui che motteggiando gli ha appena fatto capire che, se avesse preso moglie, si sarebbe trovato sulla

fronte proprio ciò che temeva.

ORIANA

È chiaro l'artificio dell'autore: Arnolfo prega Crisaldo di partecipare alla cena esclusivamente per informare gli

spettatori sulla durata della commedia e perché Crisaldo possa tornare al quarto atto a dire in favore dei mariti ingannati

quel che gli restava da dire; per questo l'autore obbliga il suo eroe a smentire il proprio carattere fin dal primo atto.

ARGIMONT

Quel che voi dite è molto ragionevole.

ORIANA

Questa fu l'intenzione dell'autore, immagino.

ARGIMONT

Una volta lasciato Crisaldo, Arnolfo bussa alla porta di casa; e poiché deve aspettare a lungo prima che gli venga aperta,

dà prova di tutta la sua impazienza, e dice che si sta cercando la maniera di lasciarlo fuori. Tuttavia, invece di entrare

appena la porta si apre, fa scendere Agnese e la intrattiene sulla pubblica piazza, mentre lei attende al proprio lavoro.

Dopo un po' la lascia andare, e benché sia tornato da un viaggio, non entra in casa e non dice quali sono i motivi che gli

impediscono di entrare.

ORIANA

Questo è un difetto che all'autore non posso davvero perdonare. È chiaro che Arnolfo non ha niente da fare in città, e

che rimane in scena soltanto perché la parte che deve recitare non è più quella di Arnolfo, che dovrebbe rientrare subito

in casa, ma quella di un personaggio che ha necessità di attendere Orazio.

ARGIMONT

Eccoci arrivati al momento delle cento pistole, che è stato criticato da tutti. In effetti, come può essere che Arnolfo

abbia con sé cento pistole pronte, e che le dia a un giovanotto soltanto perché questi gli mostra la lettera di un amico,

che peraltro egli non vede da quattro anni e col quale, come dicono gli stessi versi, da allora non è più in rapporto? Non

è ragionevole che una persona chieda dei soldi a un amico dopo essere rimasto tanto tempo senza scrivergli. Arnolfo

doveva perlomeno tergiversare un po' prima di accondiscendere, doveva diffidare di un giovane come Orazio che

poteva anche avere falsificato la scrittura di suo padre. E appena ha ricevuto il denaro da Arnolfo, Orazio gli spiattella

tutto il suo amore per Agnese, e gli dice che il denaro ricevuto gli servirà per ottenere le grazie di lei; Arnolfo dovrebbe

accorgersi immediatamente che ha mal collocato i suoi soldi, e che l'amico non può averglieli chiesti perché servano

alle sfrenatezze del figlio. Si può anche ammettere che un giovane sconsiderato, sia pure per imprudenza e per la smania

di partecipare ad altri la sua buona fortuna, riferisca ad Arnolfo dei suoi primi successi amorosi; ma la freddezza con la

quale il geloso lo ascolta dovrebbe impedirgli di tornare a parlarne: e invece ritorna cinque o sei volte, benché Arnolfo

gli faccia ad ogni occasione un'accoglienza molto gelida, al punto che, quando lo incontra un'altra volta nella sesta

scena del quarto atto, gli snocciola una quarantina di versi e se ne va senza avergli cavato di bocca una sola parola, la

qual cosa lo rende ridicolo almeno quanto lo è Arnolfo. Questi dovrebbe fargli buon viso, e fingendo di volerlo aiutare,

dargli dei consigli che lo danneggino, oppure insinuargli nell'animo qualche sospetto: dirgli per esempio che qualcuno

lo sta spiando e offrirgli buoni motivi perché rinunci ad Agnese. Questo bisognava fare per giustificare confidenze di

quel genere; questo richiedeva il teatro e questo avrebbe fatto chiunque si fosse trovato nei panni di Arnolfo, che invece

si accontenta di voltarsi dall'altra parte e di mordere il freno. So benissimo che Élomire dirà che le confidenze di Orazio

sono necessarie perché Arnolfo prenda provvedimenti in casa propria; ma a teatro ciò che non si vede non è ciò che è

più necessario, ed è per questo che la commedia è stata giustamente deplorata, per essere cioè composta interamente di

vicende raccontate. Non vedo come sia possibile che Arnolfo giri a vuoto per tutta la giornata, così come lo fa girare

Élomire, e che uno spasimante vada a trovare la sua bella cinque o sei volte al giorno; che ogni volta intervengano

nuovi incidenti e che altrettante volte lui vada a raccontare l'accaduto al suo rivale. Potrei dire ancora che suona

abbastanza curioso che un giovanotto, mentre parla del suo amore a un uomo d'età che si atteggia a Catone, gli vada a

dire che si comporterà in quel modo. Arnolfo dovrebbe minacciarlo di prenderlo a frustate e di raccontare ogni cosa a

suo padre.

ORIANA

Élomire si è ben guardato dal far parlare Arnolfo come avrebbe dovuto; se Orazio avesse cessato di vedere Agnese, la

commedia sarebbe finita dopo il primo atto.

ARGIMONT

Si può veder nulla di più forzato dell'episodio del quadrello? basterebbe questo per capire che l'autore si trova nei

pasticci quando deve portare avanti una vicenda. Tutti gli incidenti vengono preparati in maniera forzata, l'autore non ci

mostra nulla che abbia un minimo di senso comune senza commettere in partenza, per farlo accadere, errori grossolani.

L'avventura del quadrello ci fa sapere che Agnese è intelligente, e nello stesso tempo ci mostra quanti sforzi ha dovuto

fare l'intelligenza dell'autore perché Orazio possa ricevere una lettera da questa ragazza ritenuta tanto sciocca.

ORIANA

L'episodio del quadrello non mi è piaciuto per niente, non già per la lettera che con molta astuzia Agnese manda in

questo modo al giovane ma perché l'ordine che le dà Arnolfo, di gettare il quadrello addosso a Orazio, è assolutamente

ridicolo. Vi chiedo scusa ma non posso permettere che siate il solo a parlare di questo episodio. Arnolfo ordina ad

Agnese di scagliare il quadrello non tanto perché esso colpisca Orazio quanto per dar modo alla ragazza di unire ad esso

la lettera. E vorrei chiedere a questo signor Arnolfo, o meglio a Élomire, se sa bene quel che noi intendiamo per

quadrello, ossia una lastra del pavimento, che una donna riesce appena a sollevare e che, per conseguenza, essendo la

lastra in grado di uccidere un uomo sul colpo, non può essere gettata in pieno giorno dalla finestra, tanto meno in una

città che si dice essere molto popolata. Io non capisco come un uomo a cui è stata gettata una lastra di granito e che

dovrebbe, dopo un'accoglienza di quel genere, scappare immediatamente, e che per di più ignora che la sua felicità è

legata allo strumento con cui lo si vuole eliminare, possa ritornare sotto la stessa finestra ed esporsi a nuovi pericoli, per

cercare attorno al quadrello una lettera di cui ignora assolutamente l'esistenza e che dall'estro di Agnese, che gli è

ancora sconosciuto, non può attendersi.

ARGIMONT

Aggiungete nuovi argomenti a ciò che volevo dire del quadrello: probabilmente Élomire sosterrà che nelle sue

intenzioni Agnese dovesse tirare una pietruzza; ma è ridicolo gettare una pietruzza per spaventare un uomo, e Arnolfo

parla del quadrello in maniera da farci credere che non sia affatto piccolo. Anche Orazio, quando viene poi a raccontare

ad Arnolfo la sua avventura, dice che la lastra non era di piccole dimensioni.

ORIANA

Élomire deve ammettere di avere commesso uno sbaglio, che a sua volta ne comporta molti altri; è evidente che non

può farla franca, da qualunque parte si consideri la cosa.

ARGIMONT

Non gli farebbe piacere, credo, che il pubblico sapesse che ha commesso errori di questa fatta; ma passiamo oltre. La

scena in cui Arnolfo compare con Alain e Giorgetta, quando chiede loro come ha fatto Orazio a entrare in casa, è un

pezzo di teatro che butta fumo negli occhi: non è verosimile che due persone cadano cinque o sei volte in ginocchio,

con perfetta simmetria, accanto al loro padrone. Posso ammettere che la paura li faccia cadere, ma è impossibile che

accada così tante volte, non è cosa naturale. Non dico nulla del paragone con la minestra, se non che alle persone

intelligenti è sembrato troppo ardito; ed è stato detto che mette in evidenza più lo spirito dell'autore che la rozzezza del

contadino. Quando Arnolfo induce Agnese a confessare che in sua assenza uno sconosciuto è entrato in casa, lo fa in

modo tale da indurre la ragazza, semmai, a nascondere la verità; infatti, prima ancora che lei si metta a parlare, le

comunica che ha commesso una cattiva azione. Al contrario, per farla cadere nel tranello con maggiore verosimiglianza,

avrebbe dovuto dirle che sa tutto, e che lei ha fatto bene ad accettare le visite del giovane; questo era il metodo giusto

per farla confessare, mentre quello da lui usato sarebbe andato bene, piuttosto, per impedirle di dire la verità.

ORIANA

Sono giuste osservazioni, le ho sentite fare da altri.

ARGIMONT

Ed eccoci giunti a quella parolina di due lettere che ha fatto tanto rumore, al famoso la...

ORIANA

Potete anche farne a meno.

ARGIMONT

Il famoso la...

ORIANA

Lasciamo perdere questo la.

ARGIMONT

Ho la presunzione di dimostrare, attraverso la mimica di Arnolfo, i versi che precedono e seguono questo la, e altre

mille circostanze, che...

ORIANA

Basta così, non voglio saperne di più, e se...

ARGIMONT

Ah! Signora, perdonatemi, questo la mi faceva dimenticare che sto parlando con voi. (A parte) Il rossore che le è salito

al viso dimostra a sufficienza che la scena del la è del tutto fallita. (A voce alta) Non dirò che il sermone che Arnolfo fa

ad Agnese e le dieci massime sul matrimonio offendano i nostri principi religiosi, poiché se ne mormora dappertutto

senza reticenze; accennerò invece agli altri difetti che si incontrano, dei quali l'autore non ha fatto dire nulla a Lisida.

Non è ridicolo che Arnolfo parli alla persona che egli crede la più innocente del mondo come farebbe un teologo? e che

le parli delle due metà della società, la suprema e la subalterna? e non ha forse buone ragioni per pensare che lei non è

in grado di capire ciò che le sta dicendo? Lo stesso Arnolfo è in contraddizione con se stesso quando legge ad Agnese le

massime sul matrimonio, tanto più che aggiunge che gliele spiegherà. Questo significa, mi pare, far conoscere alla

ragazza, in un quarto d'ora, quanto si è avuto cura di tenerle nascosto per tanti anni; e facendole vedere come si

comporta una donna leggera, insegnarle il modo di mettergli le corna.

ORIANA

Quando Élomire ha commesso questo errore, lo ha nascosto sotto i lustrini delle sue massime: ha pensato che ci

avrebbero abbagliato, e che la loro acutezza ci avrebbe impedito di capire che Arnolfo smentisce il proprio carattere.

ARGIMONT

Io non so se le lodi che gli tributate gli fanno piacere; ma per non annoiarvi passerò al notaio, che è tanto inutile quanto

Crisaldo, e quando non ci fosse, la commedia andrebbe avanti benissimo, senza che vi sia alcuna necessità di

aggiungere o togliere qualcosa. La sua scena con Arnolfo sarebbe appena sopportabile nella farsa più triviale; e benché

consenta un gioco teatrale, non smette per questo di offendere la verosimiglianza. È impossibile che un uomo parli così

a lungo alle spalle di un altro, senza essere inteso, e che colui che non lo intende risponda per otto volte a ciò che gli

viene chiesto. Potrei anche aggiungere che lo stesso Arnolfo non dovrebbe essere udito e che quel che dice dovrebbe

essere inteso come se lo dicesse a se stesso. Non vi dirò nulla del fatto che Orazio incontra sempre Arnolfo sulla strada,

che quest'ultimo ci passa quasi tutta la giornata e che sulla strada fa persino mettere una sedia per fare la predica ad

Agnese.

ORIANA

Quantunque la città in cui si svolge l'azione venga descritta press'a poco come Parigi, bisogna davvero che in essa non

vi siano carrozze, vista la facilità con cui si possono collocare sedie in mezzo alla strada.

ARGIMONT

Tralascio la catastrofe, che è parsa a tutti detestabile, e passo sopra a molte altre cose, di cui non ci si può ricordare,

senza leggere il testo o averlo sottomano. Ma so benissimo che ce ne sono ancora perlomeno altrettante. Non vi parlerò

delle parole improprie, né dei cattivi versi, né degli errori di costruzione con i quali si potrebbe mettere insieme una

vera Critica, che il cavalier Dorista non riuscirebbe a combattere tanto facilmente.

ORIANA

Avete detto molto più di quel che m'aspettavo.

ARGIMONT

Se una commedia la si prende come un puro divertimento, anziché secondo le regole, si finisce per giudicarla meglio.

Non bisogna quindi stupirsi se...

Scena IV

Oriana, Lucia, Argimont, Egisto

EGISTO

Signore, la Signora vuol sapere dove sono i merletti di Venezia che hanno portato questa mattina. C'è molta gente

laggiù, e credo che il signor Élomire sia con loro; sta parlando con un altro signore che pure fa professione di poeta e ho

sentito che lo ha nominato più volte.

ORIANA

Élomire!

ARGIMONT

Élomire! Ah! Signora, permettete che scenda, muoio dalla voglia di intrattenerlo, e di sapere se i suoi discorsi

corrispondono al suo spirito.

ORIANA

Anch'io ho lo stesso desiderio, scendete subito e fate in modo di condurlo qui. [...]

[...]

Scena VI

Oriana, Lucia, Argimont

ARGIMONT

Signora, sono desolato di non avervi potuto soddisfare; da quando sono sceso, Élomire non ha detto una sola parola.

L'ho trovato nel negozio, immobile, nell'atto di chi sta sognando. Non distaccava gli occhi da tre o quattro persone di

rango che stavano esaminando dei pizzi; sembrava attento ai loro discorsi e li penetrava con lo sguardo fino in fondo

all'anima, per indovinare quello che essi non dicevano; credo persino che avesse con sé un quadernetto e che, protetto

dal mantello, scrivesse senza essere visto quello che essi dicevano di più interessante.

ORIANA

Forse con la matita prendeva nota dei loro atteggiamenti, per poterli poi riprodurre al naturale sul palcoscenico.

ARGIMONT

Se non li ha segnati con la matita, se li è senza dubbio impressi nella mente. È un uomo pericoloso; ce ne sono che non

lasciano mai a casa le loro mani; di lui si può dire che non lascia mai a casa né gli occhi né le orecchie.

ORIANA

Si comincia dovunque a diffidare di lui, e so di gente che non lo vuole più a casa propria. Ma insomma, che cosa è

accaduto?

ARGIMONT

Appena le persone di cui vi ho detto se ne sono andate, ho sentito la voce di un uomo che gridava al suo cocchiere di

fermarsi. La carrozza si è subito fermata e l'uomo, che sembrava un magistrato, ha gridato a Élomire: «Oggi dovete

venire a pranzo da me; non ve ne pentirete; ci saranno tre o quattro Turlupins, e sono sicuro che non ve ne andrete senza

avere trovato l'argomento per due o tre commedie». Élomire è salito in carrozza senza farsi pregare e il cocchiere, dando

una frustata ai cavalli, si è portato via con lui la speranza che avevo di intrattenerlo. Aristide, che non è meno

conosciuto di Élomire, si era messo nel frattempo ad osservare dei pizzi. Gli ho detto che ne avevo di bellissimi quassù

e che glieli volevo mostrare, credo che non tarderà molto a salire.

ORIANA

È una persona per bene e credo che sia un piacevole conversatore.

ARGIMONT

Dimenticavo di dirvi che Élomire, salendo in carrozza, ha lasciato cadere un foglio, che ho subito raccolto. Non so

ancora che cosa ci sia scritto.

ORIANA

Le carte dei poeti si possono leggere senza scrupoli; scommetterei che sono versi, o lo schema di qualche commedia.

Leggetela subito, prima che Aristide salga; e poiché abbiamo già parlato della Scuola delle mogli, appena lo avrete letto

parleremo della Critica.

ARGIMONT

Lo faccio subito. (Legge)

Ieri non ho voluto, davanti a coloro che ci ascoltavano, manifestarvi le mia vera opinione intorno alla vostra Critica, e

ho pensato di scrivervi. Non vi suoni strano se vi dico che il vostro merito, in questo caso, aveva bisogno di essere

aiutato dalla fortuna, poiché questa è proprio la verità della quale voglio convincervi. Io non credo che la vostra

commedia, che in molti punti non è altro che un'imitazione di quelle che ci avete già fatto conoscere, avrebbe avuto

successo se fosse apparsa con il nome di un altro. Il vostro Marchese ha uno stretto legame con il marchese di

Mascarille, e con il Lisandro, l'Alcippo e il Dorante dei Seccatori. Si può dire che questi personaggi si comportino tutti

nella stessa curiosa maniera e che attraverso le azioni, sempre le stesse, di queste sei persone voi vogliate canzonare la

classe dei nobili. Climene non è che un marchese di Mascarille travestito da donna, e se ciò vi è stato perdonato non

significa che se ne siano accorti in pochi. Circa le parole preziose, di cui la composizione è infarcita, avete corso

ancora una volta un grosso rischio nel portarle sul palcoscenico, e credo che senza la fortuna che vi accompagna,

sarebbero dispiaciute ai Francesi, i quali amano i nuovi divertimenti alla stregua delle nuove mode. Si vede da questo

che voi siete un buon amministratore e che non avete voluto rinunciare a nulla di ciò che era rimasto nei vostri elenchi,

quelli che vi furono dati quando stavate attendendo alle Preziose. Non avrei mai pensato che coloro che sono

comunque da ritenersi gli uomini più orgogliosi della Corte fossero tanto pazienti da sopportare d'essere chiamati

apertamente Turlupin in teatro, senza manifestare il minimo risentimento; e si deve, credo, alla vostra fortuna se non si

sono lamentati. Circa il vostro la, voi sapete benissimo, detto fra di noi, che non potete giustificarlo. Voi sostenete che

non avete detto nulla che offenda le buone maniere, e sono d'accordo; ma è una scappatoia che non può servirvi da

scusa, e non potete negare di averlo messo per suggerire un'immagine. Ci si meraviglia che abbiate fatto condannare

questa parolina da una donna la quale, per la sua mentalità, avrebbe dovuto approvarla, e l'abbiate invece fatta

difendere da colei che dovrebbe condannarla. Non vedo altra ragione se non che volevate trattare da pazzi tutti coloro

che hanno detto male della vostra Scuola delle mogli. È un'accortezza maliziosa, che dimostra come la vanità sia

inseparabile dagli uomini d'ingegno.

ORIANA

Voi dovevate farmi la critica della Critica, ma dopo di ciò credo che non vi prenderete questa briga.

ARGIMONT

Non è tutto.

ORIANA

Allora leggete il resto.

ARGIMONT (proseguendo)

Avendo voi dubitato della bontà della vostra causa, avete preso in esame soltanto alcune minuzie, e non avete parlato

affatto dei difetti grossi; e quel che mi sorprende è che non avete difeso tutto ciò che avevate messo sotto accusa, e che

ammettiate che Arnolfo ha sbagliato a prestare le cento pistole a Orazio. Dovevate invece offrirci qualche spiegazione

illusoria, o trascurare questo punto e non parlarne, come avete fatto di tanti altri. I tre personaggi che voi fate parlare

contro la vostra Scuola delle mogli sono: un marchese che voi descrivete come ridicolo e che confessa di non aver

voluto ascoltare la commedia; un autore che, nella sua qualità di autore, vale a dire di persona interessata, non può

essere creduto; e una donna che voi fate parlare da matta. Voi temete dunque, lo si capisce da questo, che la vostra

commedia sia cattiva; poiché se pensaste che sia buona, non vi fareste attaccare da persone a cui la gente assennata

non può dare credito; ed è per questo che il vostro cavaliere non può farsi vanto della vittoria che riporta contro

nemici tanto deboli. Nel condurre la vicenda, credo che non abbiate fatto alcuna fatica; non si erano ancora viste

commedie di quel tipo, e lo scioglimento è altrettanto spiritoso di quello della Scuola delle mogli. Ci sono persone

raffinate a cui sembra noiosa, e se volete che vi parli con franchezza non le condanno per questa loro opinione. Ciò

non toglie che voi dobbiate essere molto obbligato al cavalier Dorista, di cui avete così bene tradotto in prosa i versi, e

se questo valentuomo si mettesse in mente di scrivere credo che trovereste in lui un temibile rivale. Non potevate avere

idea migliore che di far sapere, prima di mettere in scena la vostra Critica, che avevate ricevuto un biglietto nel quale

vi si minacciava di bastonate qualora l'avreste rappresentata. Molti hanno pensato che la notizia fosse vera e sono

andati a vedere la commedia, credendo che ci fossero riferimenti a persone alle quali voi non avete mai pensato.

Dimenticavo di dirvi che tutto l'inizio della parte di Lisida è tratto da Nuove notizie, e che il vostro Cavaliere si diverte

alle spese di monsignore l'abate D'Aubignac, che se n'è accorto da sé: ma poiché ciascuno vi loda perché vi scagliate

contro coloro che scrivono contro i grandi uomini, non ho il coraggio di biasimarvi. Se volete venire da me a pranzo in

questi giorni, vi darò degli appunti, dei quali potrete facilmente servirvi, a proposito dell'argomento che mi avete detto

è vostra intenzione trattare.

Licaste

ORIANA

Non conosco nessuno a corte che si chiami così. Ma ecco il signor Aristide.

LUCIA (a Oriana)

Ah! Signora, è un poeta pieno di merletti e di capelli!

ORIANA (al mercante)

È in fase sognante; sta componendo di sicuro, e non riusciremo a farlo parlare finché non avrà girato e rigirato nella

fantasia il pensiero che ora lo sta occupando.

Scena VII

Oriana, Lucia, Argimont, Aristide

[...]

ORIANA

[...] Ma ditemi, Signore, poiché stiamo parlando di commedie, sapete chi si nasconde sotto il personaggio di Lisida nella

Critica della Scuola delle mogli?

ARISTIDE

Sinceramente, quel che so è che se fossi io, quello, rappresenterei il mio personaggio in tutt'altro modo, e metterei in

imbarazzo il cavaliere della Critica. Questo Lisida non è di certo un buon avvocato, dovrebbe invocare il diritto di

replica.

ORIANA

Élomire mette ogni cosa a posto, fa dire che il pranzo è servito, affinché non si abbia il tempo di replicare.

ARISTIDE

Si può dire che Élomire è un uomo di mondo e sa bene come ingannarci a suo vantaggio, poiché invece della critica ci

presenta l'apologia della Scuola delle mogli.

ORIANA

C'era da immaginarsi che attaccandosi da sé non si sarebbe fatto troppo male. È naturale che uno non infierisca su se

stesso; ma ripeto, chi è questo Lisida?

ARISTIDE

È un grand'uomo, non c'è dubbio, dal momento che rappresenta, come vien detto, tutti gli autori che scrivono per il

teatro.

ORIANA

Gli autori han fatto torto a se stessi quando hanno avuto questo pensiero. Dietro ai personaggi, dobbiamo vedere

esclusivamente l'autore che ha scritto la commedia; la parte che Lisida recita è una parte che lo stesso Élomire ha più

volte recitato come tale. Ma che sento?

Scena VIII

Oriana, Lucia, Aristide, Argimont, Zelinda, Egisto

ZELINDA (al garzone di Argimont)

Non muovetevi, ragazzo, troverò bene la stanza; ma penso che sia questa.

EGISTO (andandosene)

Sì, Signora.

ZELINDA

Ma chi vedo? dev'essere proprio lui, il signor Aristide! Ah! come mi fa piacere incontrarvi qui; non mi era stato detto

che quassù si stava in così buona compagnia, e pensavo di trovare soltanto il padrone di casa. (Ad Argimont) Signore,

mi consentite di discorrere un poco con lui, prima che io faccia i miei acquisti?

ARGIMONT

Ma certamente, Signora. (A Oriana, a parte) Conoscete questa signora?

ORIANA (mentre Zelinda si siede)

È uno dei fini spiriti del secolo: è la famosa Zelinda che scrive magnificamente in verso e in prosa; dobbiamo soltanto

ascoltare, lei intratterrà tutti i presenti.

ZELINDA

In verità, Signore, sono costretta a farvi un rimprovero, e a protestare perché non venite più a trovarmi.

ARISTIDE

È un rimprovero, il vostro, molto gentile.

ZELINDA

Dovete venirmi a trovare uno di questi giorni; ho un'infinità di cose divertenti da confidarvi, che in teatro faranno un

effetto meraviglioso: sono cose oggi di moda e per di più verissime.

ARISTIDE

Vi sarò molto obbligato.

ZELINDA

Aspettate, se potessi ricordarmi...

ARISTIDE

Basterebbe una parola per farvi rammentare ogni cosa.

ZELINDA

Sì, ma bisogna trovarla. (Con aria sognante e portandosi una mano sulla fronte) Ah! ho avuto poco fa un'intuizione...

ARISTIDE

Se...

ZELINDA

Me n'è rimasta una traccia. Bisognerebbe mettere in scena le donne maldicenti ma discrete; le donne del se e del ma,

che dicono sempre bene facendo della maldicenza; o meglio, che fanno della maldicenza dicendo sempre bene.

Qualunque cosa diciate in favore di una persona, non hanno difficoltà ad ammetterlo; ma non mancano mai, subito

dopo, di aggiungere dei se e dei ma. Se voi dite che una donna è bella: Sì, è bella, è uno splendore, vi rispondono, e

pensare che ha gli occhi bovini, la bocca piatta e brutti fianchi. Se dite di un'altra che è onesta, esse di nuovo lo

ammettono, ma subito aggiungono: Tuttavia si dice di lei questo e quest'altro; so benissimo che sono falsità, ma

insomma la maldicenza continua a metterle in giro e questo nuoce moltissimo alla sua reputazione. Avete ben colto il

senso di quanto vi sto dicendo? non vi pare che ci sia la possibilità di farne qualcosa di bello, e di molto attuale?

ARISTIDE

Ah! posso trattare a meraviglia l'argomento, e non dubito del successo, poiché la satire sono di moda.

ZELINDA

Se volete riuscire, dovete seguire il metodo di Élomire e tentare di superarlo; per questo, per aggiungere qualcosa di

bello a quanto vi sto dicendo, dovete leggere come fa lui tutti i libri satirici, prendere dallo Spagnolo, prendere

dall'Italiano, e leggere ogni vecchia opera. È un uomo di mondo, bisogna ammetterlo, ed è lodevole che sappia servirsi

così bene di tutto ciò che di buono riesce a leggere. Prendete esempio da lui senza paura, è una buona cosa seguire le

orme di un uomo che ha successo; tutto quel che è scritto sulla carta è morto, ma può essere animato dal gioco teatrale e

non è più riconoscibile. Avreste mai pensato che la scena del Cornuto immaginario, quando Sganarello dice che

avrebbe dovuto gettar via il cappello e infangare la mantellina di colui che crede essere il corteggiatore di sua moglie,

esiste tale e quale in Francion?

ARISTIDE

Quel che dite mi sorprende.

ZELINDA

Se potessi ricordarmi, vi direi ben altro. Avete letto le Satire di Régnier?

ARISTIDE

Sì.

ZELINDA

E non avete notato che il racconto che c'è nei Seccatori, di quel tale che invita a cena se stesso, è una satira di Régnier

tale e quale?

ARISTIDE

Quel che dite è vero, e più ci penso più mi meraviglio della fortuna che ha Élomire.

ORIANA

Ci sono tutte le ragioni in effetti per essere furiosamente stupiti.

ARGIMONT

Se i morti potessero parlare, non verrebbero derubati tanto spesso.

ZELINDA

Per quel che riguarda La scuola delle mogli, tutti sanno che nell'argomento non c'è nulla che sia di Élomire; La

precauzione inutile gli ha fornito la prima idea: in essa c'è un geloso che fa educare una ragazza in convento,

esattamente come fa Arnolfo; vi si parla anche della vecchia, e dalla stessa novella è tratto l'incidente dell'armadio. Si sa

pure che la confidenza amorosa che Orazio fa ad Arnolfo, e che è la trovata più felice di tutta la commedia, fa parte di

una novella dello Straparola: lo ammette lo stesso Élomire nella Critica.

ARISTIDE

Benché quel che dite sia tutto vero, la reputazione di Élomire è così solida che, se qualcuno scrivesse commedie

migliori delle sue, sugli stessi argomenti di attualità, si direbbe che sono delle imitazioni.

ZELINDA

Sono convinta che se voi scriveste una commedia infinitamente più bella di quelle di Élomire, si comincerebbe a temere

per lui e si direbbe subito che il vostro lavoro è passabile, e che anche voi potete fare cose buone. So inoltre che

dovreste scrivere due o tre lavori di seguito, per mostrare che sapete affrontare la satira non meno di questo autore tanto

incensato; dopo di che si comincerà a capire che lo spirito può allignare anche in altre teste e che fare delle satire sul

nostro tempo, senza usare gli stessi soggetti, non significa imitare Élomire ma fare semplicemente quel che fa lui.

ARISTIDE

Convengo che dovrebbe essere come dite; ma temo che...

ZELINDA

Mi è venuta un'altra idea e vi faccio dono di un soggetto molto più satirico di quello di prima; se lo svilupperete

adeguatamente, assicurerete di colpo la vostra reputazione. Voi sapete che Élomire ha fatto l'apologia della sua Scuola

delle mogli, chiamandola Critica.

ARISTIDE

Sì.

ZELINDA

Voi dovreste fare la vera critica, chiamandola Apologia! Ah! che magnifica commedia sarebbe! Un'occasione come

questa non vi capiterà mai più, non lasciatevela scappare. Si potrebbe fare sull'argomento una satira inimitabile,

semplicemente trasformando in avversari coloro che difendono La scuola delle mogli e in difensori coloro che la

avversano. Non sarebbe divertente sentire il marchese far le lodi della torta alla crema? e che invece di dire

«detestabile», gridasse che torta alla crema è incomparabile, perdincibacco! incomparabile! quel che si dice

incomparabile! incomparabile all'estremo? Non sarebbe un effetto divertente?

ARISTIDE

Quel che dite mi sorprende e il marchese della Critica, che avevo fin qui considerato ridicolo, mi sembra ragionevole; e

non c'è dubbio che manifesta più intelligenza biasimando torta alla crema che non lodandola.

ORIANA

La canzonatura sarebbe sottile, e farebbe cambiar parere a molta gente.

ARGIMONT

Ci manca poco che quel che sta dicendo la Signora non mi faccia assumere la parte del marchese, e che non mi metta a

gridare anch'io che la cosa è incomparabile all'estremo.

ORIANA

Sarebbe un risultato meraviglioso, dopo l'avventura della torta alla crema che è capitata recentemente a Élomire. D'ora

in poi, il ricordo gli riuscirà penoso, non potrà più sentirne parlare né potrà mettersi la parrucca senza rammentarsi che

non è bello prendere in giro i marchesi e che essi non sono affatto insensibili come i suoi marchesi Turlupins.

ZELINDA

Avete ragione, e questa avventura ci fa vedere che quel principe che biasimò La scuola delle mogli aveva più acume

degli altri. (Ad Aristide) Ma, Signore, ho un altro soggetto ancora. Seriamente, se voi voleste rappresentare Élomire,

dovreste descrivere un uomo che ha nell'abito qualcosa di Arlecchino, di Scaramuccia, del Dottore, e di Trivelino;

Scaramuccia dovrebbe venire a farsi restituire le sue pose, la sua barba, i suoi lazzi, e nello stesso tempo gli altri

dovrebbero venire a reclamare quel ch'egli ruba dei loro atteggiamenti e dei loro costumi. Dopo di che, essi dovrebbero

ritornare tutti assieme a richiedergli quelle parti delle loro commedie di cui è solito impadronirsi. In un'altra scena,

potrebbero entrare tutti gli autori, e tutti i vecchi libri, dai quali egli ha tratto quel che di meglio si trova nelle sue

composizioni. In seguito si potrebbe far comparire tutte le persone di alto rango che gli hanno fornito suggerimenti, e

tutti coloro che egli ha copiato.

ARISTIDE

Ho la convinzione che se fosse costretto a restituire tutto, rimarrebbe nudo; non solo ma le sue opere resterebbero prive

delle loro parti migliori.

ZELINDA

È proprio questo che vorrei vedere rappresentato.

ARISTIDE

Non ho cuore di scrivere una satira così feroce, ma se la dovessi fare, pensate che gli attori si sentirebbero di recitarla?

ZELINDA

Non credo che gli attori avrebbero tanti scrupoli; li ha offesi più di una volta, e non c'è bisogno di interpreti per capire

che nella Critica li chiama ignoranti e vuole convincerci che non sono in grado di giudicare un'opera di teatro.

ORIANA

Non mi sono mai tanto meravigliata come quando ho sentito dire questa cosa in teatro; se recitando, i teatranti non

imparano a giudicare una commedia, dove ha imparato a farlo Élomire?

ARGIMONT

Possiamo vedere in lui esattamente il contrario di quel che egli afferma dei teatranti.

ARISTIDE

Da quando ha assunto la veste di autore, pensa che i teatranti non siano più suoi colleghi.

ZELINDA

Quel che dite è vero; ma torniamo un momento al soggetto di cui vi parlavo. Se pensate che la satira sia troppo forte,

bisognerebbe che Élomire non venisse nominato; e se egli dovesse nominarsi da sé, ciò proverebbe che il suo ritratto è

riuscito altrettanto bene di quelli che egli ha fatto a tanti altri.

ORIANA

E quand'anche si sentisse toccato, non credo che parlerebbe.

ZELINDA

Si guarderebbe bene dal lamentarsi, e sono certa che sopporterebbe tutto, con la stessa pazienza che dimostrano tutti

coloro che egli mette alla berlina quotidianamente.

ORIANA

Non fa che cambiare i conti in marchesi, quando vuole rifare il verso a qualcuno.

ZELINDA

Mi è appena venuta un'altra idea divertente. Vorrei che fosse sbertucciato, sotto mentite spoglie, da quattro marchesi.

ARISTIDE

I marchesi gli vogliono troppo bene, e si metterebbero forse al posto suo, per farsi da lui canzonare in tutti i modi

possibili. Io non oso prendere in giro il loro caro amico; se lo facessi sarei perduto, rischierei molto meno se prendessi

in giro proprio loro. Quelle persone che egli sa descrivere meglio di tutte le altre, fanno tutto quel che possono per

sostenerlo, nel timore che un altro autore non riesca a mostrare altrettanto bene tutto il ridicolo che c'è in essi.

Preferiscono guardarsi nei viventi specchi di Élomire che nei propri, e pensano che l'amarezza della satira abbia

qualcosa di utile per essi.

ORIANA

È utile a coloro che sanno correggersi; ma mi pare che il numero di questi sia piuttosto esiguo.

ZELINDA

Non hanno alcuna intenzione di correggersi. Élomire vuole prendersi gioco di certi loro atteggiamenti raffinati che li

distinguono dai borghesi; per questo non hanno nessuna voglia che qualcuno li costringa ad abbandonare tali

atteggiamenti.

ORIANA

Se è così, perché fanno tanto buon viso a Élomire? e perché proprio coloro che egli descrive meglio lo abbracciano

quando lo incontrano?

ZELINDA

Perché egli offre loro il destro di darsi la baia a vicenda, e di chiamarsi fra di loro Turlupins, come fanno a corte, da

quando Élomire ha rappresentato la Critica.

ORIANA

Questo dovrebbe convincere il signor Aristide a mettersi all'opera.

ARISTIDE

La reputazione di Élomire è ormai troppo salda; non ho nessuna voglia di darmi da fare per aumentarla, e sono convinto

che più lo si critica più gli si dà modo di imporsi.

ZELINDA

Dite piuttosto che più sarà lasciato senza concorrenti e più avrà successo.

ARGIMONT

In effetti, trionferà sempre finché non avrà rivali con cui misurarsi e finché coloro che potrebbero operare tanto bene

quanto lui non oseranno mostrare di che cosa sono capaci.

ARISTIDE

Non bisogna mai prendersi gioco né di chi è baciato dalla fortuna né degli sventurati, poiché mettere un freno alla

fortuna dei primi è impossibile, e degli altri una persona onesta non può certo prendersi gioco. Perché volete che io

rovini la mia reputazione attaccando un uomo che tutti i Turlupins di Francia assicurano che non potrà mai avere rivali?

è chiaro che lo dicono senza sapere quel che potrebbero fare tanti altri, ma bisogna nondimeno prestar loro fede, visto

che sono loro gli interessati.

ZELINDA

Ma come, siete ancora fermo al pensiero di prima? Fate ridere come fa ridere lui e avrete successo. Quella gente si

schiera dalla sua parte unicamente perché lui li fa divertire: accentuate la satira, andate incontro al gusto del secolo, e

vedrete se non si dirà che avete tanto merito quanto Élomire.

ARISTIDE

Ma...

ZELINDA

Perché ma?

ARISTIDE

Perché ha il vento in poppa.

ZELINDA

Proprio per questo bisogna affrontarlo, affinché il vento cambi direzione. Ma come! se un principe ha un nemico

potente, che gli sottrae metà dei territori, forse che aspetta, prima di affrontarlo, che gli venga portato via il resto dello

Stato?

ARISTIDE

Per quanto possiate dire, avrei comunque timore di non riuscirci, e di dare quindi, con la mia disfatta, nuovo smalto alla

gloria di Élomire.

ZELINDA

Come! avete paura ad attaccare una persona come lui che non risparmia le donne? Gli autori che Élomire prende in giro

sotto il nome di Lisida sono dunque vili come i cortigiani che egli prende in giro sotto il nome di marchesi Turlupins?

Ah! io non ho tanta pazienza. Lui mi ha sbertucciata con questi versi:

Donna che sappia scrivere ne sa più che non debba.

Ma in fondo ha detto la verità, ed io ne so più di quanto è necessario per vendicarmi di lui. Non vi assomiglio, io,

pacifici cortigiani incipriati, che armati di pettini e di nastri fate la corte a colui che vi prende pubblicamente in giro!

Una donna vi insegnerà il dover vostro! Ma come! prendersela col nostro sesso!

Donna che sappia scrivere ne sa più che non debba.

Come! deplorare le donne e l'intelligenza nello stesso tempo! Lui vorrebbe, lo so, che noi fossimo tutte stupide e

ignoranti come la sua Agnese; ma non si accorge che l'ignoranza e la stupidità fanno commettere a queste sciocchine

azioni che soltanto le persone intelligenti riescono ad evitare.

ORIANA (a parte)

Se il ritardo di Melanto non mi inquietasse, ci sarebbe da divertirsi.

ZELINDA

Potrei dimostrare che la sua Scuola delle mogli è la più brutta commedia che sia mai stata scritta, e che senza quel la,

quell'insolente la, che lui ha preso da una vecchia canzone, di questo lavoro non si sarebbe mai parlato. Sarebbe rimasto

molto male, Élomire, se la gente avesse interpretato il particolare in maniera diversa da come ha fatto; ma se questo la è

la ragione per cui si è tanto parlato della commedia, in realtà per introdurlo egli è stato costretto a commettere un errore

grossolano, poiché in grazia di questo la Orazio smentisce il proprio carattere. Questo giovanotto, che viene descritto

come molto passionale, incontra un'ingenua che si lascia baciare le mani e le braccia, e che confessa che avrebbe

concesso ben altro, se le fosse stato chiesto; e lui, invece di approfittare dell'occasione, si accontenta di portarle via una

sciarpa. Si capisce benissimo da questo che l'autore si è preoccupato più del gioco teatrale, che questo la gli consentiva,

che della verosimiglianza.

ORIANA

Mi pare che gli errori di Élomire siano più perdonabili di quelli di tanti altri; egli non manca mai, per impedirci di

scoprirli, di occultarli sotto brillanti trovate.

ZELINDA

Ma io li scopro lo stesso, nonostante le brillanti trovate. So che cos'è una commedia, e non sono di quelle che si lasciano

ingannare dal gioco: non mi si abbaglia in questo modo; e i momenti piacevoli che il teatro sa suscitare quando gli attori

recitano bene, non mi impediscono di esaminare a fondo la commedia. È mai possibile che qualcuno non si accorga che

non c'è nulla di più incoerente del personaggio di Agnese, che diventa intelligente in ventiquattro ore?

ORIANA

Si potrebbe dire che lo diventa in dodici, visto che di queste ventiquattro ore, che comprendono un giorno e una notte, la

ragazza deve concederne la metà al sonno; si potrebbe dire per conseguenza che l'intelligenza le viene dormendo.

ZELINDA

Non ho mai visto niente di più ridicolo, e bisogna avere poca dimestichezza con la ragione per pretendere che si

approvino cose in cui non c'è nulla di verosimile. Appena Agnese compare in scena, dimostra di essere insulsa come

Arnolfo la descrive; dice che il suo gattino è morto; confessa che un uomo è andato a trovarla, che le ha preso un

braccio, che le ha preso una sciarpa e che lei non ha voluto che morisse per mancata assistenza. Dice ancora cento altre

cose che ci mostrano come lei sia la persona più stupida che esista sulla faccia della terra; però due ore dopo, scrive una

lettera che non può verosimilmente provenire da chi ha impersonato un simile personaggio; e quel che è più ridicolo,

alla fine della commedia, allorché dice ad Arnolfo che non è stata allevata come si deve e che Arnolfo ha fatto bene a

darle un'istruzione, essa dimostra di essere del tutto intelligente. Questa donna ignorante e intelligente, che non saprei

come definire, non dovrebbe essere capace di scrivere; e Arnolfo non dovrebbe essere esonerato dal dirci come mai,

contro le sue intenzioni, essa abbia imparato a farlo. Lui avrebbe dovuto proibire che le si insegnasse a scrivere, era nel

carattere del personaggio, in modo che essa non potesse scrivere a uno spasimante, né ricevere lettere, né leggere libri

che la potessero istruire su quel che egli desiderava ignorasse, e che avrebbero potuto ricordarle l'esistenza dell'amore.

Non è verosimile che le sia stato insegnato a scrivere senza che lui lo sapesse; e poiché la faceva educare a sue spese,

Arnolfo avrebbe dovuto ricevere il conto da parte del maestro o della maestra che insegnava l'alfabeto alla ragazza,

poiché queste persone non lasciano passare diversi anni senza chiedere i propri compensi. Élomire ha commesso tutti

questi errori perché doveva realizzare l'incidente del quadrello, e perché aveva bisogno che Agnese scrivesse quella

lettera, una lettera che una ragazza quale ci è stata dipinta e quale essa appare quando parla, non avrebbe mai potuto

scrivere; e in questa lettera, poi, non vediamo nulla che abbia rapporto con le ingenuità che lei dice in scena, o con la

domanda che lei aveva fatto pochi giorni prima, per sapere se si possono fare i bambini con le orecchie. Potrei

aggiungere che per tutto il tempo in cui sembra ingenua, essa si esprime in diverse occasioni con termini che è

impossibile che conosca: ma non voglio attaccarmi a queste piccolezze.

ARISTIDE

Smetto di ammirare Élomire; siete voi, ora, che meritate tutte le lodi che pensavo fossero dovute a questo autore

comico.

ZELINDA

Non è ridicolo che Orazio affidi la sua innamorata alle cure di Arnolfo, che è un uomo già avanti con gli anni e per di

più amico di suo padre? Élomire può dire, lo so, che Orazio è uno sventato; ma questa non è una ragione: perché allora,

per giustificare i propri errori, non dice che tutti i personaggi sono pazzi? Ma se è così, doveva intitolare la sua

commedia Il manicomio, e mostrarne sul palcoscenico i padiglioni, come fece a suo tempo Beys. Orazio non dovrebbe

essere tanto impacciato con Agnese; ci sono tanti modi per tenere con sé una ragazza, son cose che capitano tutti i

giorni; e poiché aveva soldi, non aveva bisogno d'altro; a ragazzi più giovani di lui non sarebbero mancate le idee.

ARGIMONT

Questo rilievo è del tutto esatto.

ZELINDA

È credibile che Arnolfo trascorra l'intera giornata sulla strada? che Crisaldo vi si trovi due volte? che Orazio vi si trovi

cinque o sei? e che persino il notaio venga a trovarsi lì, e che entrambi si mettano a fare i loro giochi di scena e che

debbano disputare tanto a lungo? È credibile che Alain e Giorgetta cadano tante volte in ginocchio nel fango, mentre

Arnolfo è in collera?

ORIANA

L'autore avrebbe dovuto inventare, prima di questa, un'altra scena, in cui essi pulivano la strada con una scopa. Se la

strada poteva essere abbastanza pulita per le loro ginocchia, non lo era però per il mantello e il cappello di Arnolfo, che

lui stesso si prende la briga di lasciar cadere, spinto dal caldo che l'eccesso di collera gli ha procurato.

ARISTIDE

Disgraziato Élomire, che ha voi due per nemiche; se l'una mette in evidenza con molto acume i difetti della commedia,

l'altra mette in evidenza il proprio acume attraverso il gusto della canzonatura.

ZELINDA

Non ci vuole molto acume per mettere Élomire sotto accusa, poiché i suoi difetti sono così grossolani che saltano agli

occhi. Ma vado avanti per interrompere le vostre lodi. Non è cosa ridicola vedere Arnolfo che insegna sulla strada ad

Alain e a Giorgetta come devono fare per impedire ad Orazio di entrare in casa? E gli atteggiamenti che assumono tutti

e tre non dovrebbero costringere i passanti a fermarsi incuriositi? Lo stesso Arnolfo non smarrisce il ben dell'intelletto e

non si contraddice quando, dovendo parlare ad Agnese, la fa scendere quattro o cinque volte sulla strada? Non vuole,

come dice lui stesso a Crisaldo, che qualcuno la veda; e per farla custodire, e per impedire che la vedano coloro che

frequentano la sua casa, prende un altro appartamento; però nelle strade non si vede nessuno, tranne lui e lei, e lui le

parla soltanto lì, senza pensare che i suoi vicini, e i passanti, e gli amici che vengono a trovarlo, la possono vedere

continuamente in sua compagnia. Se avesse voluto farla vedere a tutti, avrebbe dovuto fare proprio come ha fatto, cioè

disporre di due case. Poiché la commedia incomincia in istrada, dove poi si svolge tutta la vicenda, è più che giusto che

vi accada anche lo scioglimento, al fine di mantenere l'unità di luogo. Se la vicenda si concludesse con qualche azione

precipitata, come un duello, non deplorerei che si svolgesse sulla strada; ma è del tutto straordinario vedere otto persone

che vi si intrattengono come se niente fosse, dando schiarimenti su ogni cosa. Non sto deplorando che una commedia si

svolga all'aperto, so che è possibile e che di ciò ci sono diversi esempi nel teatro antico; ma ci deve essere più azione e

bisogna dare una certa vivezza ai fatti che vi si svolgono; questo non accade nella Scuola delle mogli, in cui Arnolfo

non dice affatto perché mai parla con Agnese in istrada, nonostante che lo stesso errore si ripeta diverse volte.

ARISTIDE

Mi sembra tuttavia che quando Arnolfo parla di Agnese la seconda volta, dica che vuole farla scendere per avere il

tempo di imprecare un po', in modo che gli sbollisca la bile.

ZELINDA

È un ben forzato pretesto; ma quand'anche fosse valido, vale una sola volta.

ARGIMONT (a parte)

Non capisco più niente! credevo di avere rilevato tutti gli errori della Scuola delle mogli, ma comincio a capire che ce

ne sono molti altri!

[...]

EDME BOURSAULT, IL RITRATTO DEL PITTORE

ovvero la contro-critica

della Scuola delle mogli

Commedia

AL LETTORE

Non avrei mai pensato, caro lettore, di annoiarti con una sorta di prefazione, se non fossi stato costretto a

dedicarla alla gloria oltraggiata degli uomini più rispettabili del nostro secolo. Se ci si fosse accontentati di sottrarmi il

merito di avere attaccato Molière e di averlo ridotto alla vergognosa necessità di ricorrere alle invettive per respingere la

spiritosa satira che ha messo in piena luce i difetti della sua opera più importante, avrei lasciato la libertà del dubbio a

tutti coloro che si è tentato di convincere che io non sono l'autore della più piccola cosa che mi riesca di fare; ma non è

giusto ch'io mi lasci spogliare di un bene che non può arricchire nessuno, e sono costretto a difendere il Parnaso

dall'ingiuriosa carità che si è voluto attribuirgli. I grandi uomini non si dedicano a così basse occupazioni e operano

soltanto quando si tratta di conquistare la gloria; vale a dire che Molière non ha niente da temere da essi. Quanto a me

sono debitore dell'oltraggio che ha voluto farmi: credere infatti che la mia composizione sia degna di coloro che sono

accusati di averci messo mano vuol dire riconoscere il mio merito, e tutte le ingiurie che mi vengono rivolte nello

sproloquio che Molière chiama Impromptu non possono distruggere la buona opinione ch'egli ha fatto concepire della

mia opera. Potrei respingere queste ingiurie con altre ingiurie più piccanti, se la mia volontà fosse pari al mio diritto; ma

io non ho le sue abitudini. E poi una vendetta di questo genere è tanto indegna di un uomo onesto quanto la sua è stata

invece tale da non meravigliarmi affatto.

PERSONAGGI

DAMIDE, barone, innamorato di Amarante

AMARANTE, innamorata di Damide

CLIZIA, cugina di Amarante

IL CONTE, cortigiano ridicolo

IL CAVALIER DORANTE, cortigiano ridicolo

LA MARCHESA ORIANA, che fa la preziosa

LISIDORO, poeta

GIANNINO, paggio di Amarante

LA RAMÉE, lacché del conte

La scena rappresenta un salotto in casa di Amarante.

[...]

Scena IV

Oriana, Amarante, Clizia, Il conte

[...]

ORIANA

In recita privata, ieri Alcidone offerse

Ad alcune signore La scuola delle mogli,

Che in accordo perfetto al destin di mia vita

Non vollero ascoltarla fino alla conclusione:

Quasi che a rovinarmi si fossero accordate,

La fecero interrompere dopo il secondo atto,

E in essa non trovai risibili momenti

Se non quel della zuppa in cui si intinge il dito.

In mortal sofferenza mi getta quel farnetico.

CLIZIA

Le malattie ci prendono senza che ci pensiamo.

IL CONTE

Dentro di me prorompo.

AMARANTE

Perché?

IL CONTE

Ne ho ben ragione.

La Marchesa ci andava per ascoltare il la.

ORIANA

L'ho sentito, e mi piace, e ne son soddisfatta!

Quel la mi pare cosa d'un fascino tremendo:

Mi ha preso la... quel la mi ha fatto aprire gli occhi.

IL CONTE

Quel la, ch'io sia dannato, è un la meraviglioso:

Quando vidi l'attrice assumer quella posa

Credetti che altra cosa stesse per dir la candida,

E la sciarpa, vi giuro, proprio non l'aspettavo.

ORIANA

Quel la per la Signora ebbe molte attrattive?

AMARANTE

Dirò quello che penso, non potendo astenermi,

Ma chi se ne ricorda l'ascoltò con piacere;

Quanto a me, la mia mente non badò molto al fatto:

Appena pronunciato, subito lo scordai.

ORIANA

A risentirlo ancora sarei più che disposta:

Quel la tutta la notte mi ronzò per la mente,

Mia cara. Quell'articolo seduce ogni galante.

IL CONTE

Non son molti coloro che non ne sian colpiti.

È di tale bellezza quel la quant'altri mai.

CLIZIA

È vero che quel la contenta molta gente;

È fatto espressamente per persone di gusto.

AMARANTE

È astuta la ragazza, non dovete fidarvi,

So bene che quel la le sembra detestabile.

CLIZIA

È vero, cuginetta: mi appare spaventoso;

Ma trova un paladino tale nella Signora,

Che non so darmi pace del disgusto provato.

Faccio del tutto mio il giudizio che ha dato.

Tutto quello che dice è di tale finezza

Che la prego non voglia crucciarsi oltre misura

Se m'adopro e mi sforzo per imitarla affatto.

Hanno i suoi dolci modi l'anima mia pervasa.

ORIANA

O Signora!

CLIZIA

O Signora!

ORIANA

O Signora!

CLIZIA

O Signora!

[...]

Scena VII

La Ramée, Il Conte, Damide, Amarante, Dorante, Clizia, Oriana

[...]

AMARANTE

Dite della commedia; vi prego, siate giusto.

Che cosa ne pensate?

DORANTE

A me sembra mirabile.

Il tuo giudizio, Conte?

IL CONTE

Mirabile.

DORANTE

Ed il vostro?

ORIANA

Stramirabile.

AMARANTE

Dite in segreto?

DORANTE

In segreto.

AMARANTE

Senza ambagi, vi prego, la trovate passabile?

DORANTE

Mirabile, perbacco! mirabile all'estremo!

DAMIDE

Io non l'ho vista e posso parlarne tuttavia.

Se si loda una cosa, bisogna dir perché;

Devi dunque fornirci una ragione valida.

DORANTE

Per venti e più ragioni, la giudico mirabile.

CLIZIA

Per più di trenta.

DAMIDE

Ascolta, se tu vuoi, ci crediamo;

Ma di queste ragioni dimmene almeno un paio.

DORANTE

Devo dirti perché la giudico mirabile?...

Perché questa commedia è mirabile.

IL CONTE

Evviva!

Questo sì che è un motivo.

CLIZIA

Ah!

ORIANA

Lo stavo dicendo.

DORANTE

Dobbiamo consultare il Signor qui presente,

È un autore.

Scena VIII

Lisidoro, Amarante, Dorante, Damide, Oriana, Il conte, Clizia

DORANTE (a Lisidoro)

Mio caro, per contentar le dame,

Dite: come vi sembra La scuola delle mogli?

Vediamo quali grazie ha per lui la commedia.

AMARANTE

Giudicate.

LISIDORO

Signora, non mi si crederebbe;

E poi non son capace di dare un buon giudizio.

DAMIDE

Ah! Signor Lisidoro, voi siete un diavoletto;

Condividete troppo dell'autore il successo.

AMARANTE

Oh, il Signor Lisidoro d'infingimenti è privo,

Io crederò senz'altro a quel che vorrà dire.

Si aborre quel lavoro e ciascuno lo stronca;

Per me, non vi ravviso nulla che non sia buono,

E contro quei Signori io prendo le sue parti:

Se loro lo detestano, a me pare eccellente.

LISIDORO

Il giudizio che date, Signora, è il più sensato:

Quel che affermate voi tutta Parigi afferma.

DORANTE

Bene! l'intenditrice avuto ha il fatto suo.

IL CONTE

Dici bene!

CLIZIA

Davvero!

AMARANTE

Non son sì contristata.

DORANTE

Ha voluto punirvi del vostro canzonare:

Lisidoro è persona di molta intelligenza.

DAMIDE

Ma deve tuttavia dimostrar quel che dice.

AMARANTE

È un genio se c'induce a cambiare parere.

LISIDORO

In verità, Signora, questa è facile cosa:

Giammai comica scena ebbe tale potenza

Come quella di Arnolfo impedito di entrare;

Non s'ha forse del servo segreta simpatia

Quando chiama Giorgetta per aprire la porta?

DORANTE

Ah, ah, ah!

IL CONTE

Che collega!

DORANTE

Capisce il suo mestiere.

ORIANA

Miracol!

CLIZIA

Meraviglia!

AMARANTE

Bisogna...

DORANTE

Non s'indugi.

Andiamo! Andiam!

LISIDORO

C'è forse qualcosa di sgradevole

In quel che dice Arnolfo alla scipita donna?

Niente di più innocente si può mostrare mai?

Giunge dalla campagna e vuol che gli si dica

Se fu in buona salute, lui lontano, la donna:

«Le pulci solamente m'han di notte crucciato»,

Risponde Agnese. Ed ecco vedete con che arte

Sa risvegliar l'autore i propri spettatori!

Nel timore che il sonno li avesse inceneriti

Fu mai sì tempestiva pulce nel farsi avanti?

Ricordate voi forse tratto più delizioso?

Non avremmo russato se non fosse comparsa?

DORANTE

Poffar!

IL CONTE

Questo è un parlare!

ORIANA

Divinamente!

CLIZIA

Forza!

DORANTE

Come sa dar valore a un'opera un amico!

IL CONTE

In fede mia!

LISIDORO

Il quadrello non è meraviglioso?

Vedeste mai più svelta cosa e più sorprendente?

E quale spettatore oserebbe affermare

Che non avesse Agnese contezza di missive;

Che per scriverne una, tanto d'amore piena,

L'autore non ci debba pensare un giorno intero?

Eppure basta un'ora alla candida figlia:

La compone, la scrive, la consegna lei stessa,

Benché Arnolfo la guati con occhio penetrante.

Un tal modo di fare non è forse innocente?

Forse che lei smentisce il suo temperamento?

DORANTE

Oh, oh! Conte!

IL CONTE

Accidenti!

ORIANA

Non si può fare meglio.

CLIZIA

Lo credo.

DAMIDE

Ma, Dorante, poteva fare a meno...

DORANTE

Barone!

DAMIDE Sì.

DORANTE

Ti giuro, tu non l'azzecchi mai:

Di fronte a tal sapienza molto meglio è tacere.

LISIDORO

C'è una scena migliore di quella del notaro?

Questo punto incantevole, che tanto fu ammirato,

Non è con tutta l'arte premeditato e svolto?

Il dialoghetto appare d'una estrema sagacia,

Arnolfo quando parla non parla che a se stesso,

E i meno raffinati son d'accordo nel dire

Che non si dà risposta a quel che non s'intende;

Ma per un gioco strano che vuol destar sorpresa

L'uno non dà risposta proprio a quello che intende,

E per trarre profitto da questo lato e quello,

L'altro pronto risponde a quel che non intende.

DORANTE

È tutto dire!

IL CONTE

Evviva!

CLIZIA

Bene!

ORIANA

Ci manda in estasi.

DORANTE

E come li mortifica il signor Lisidoro!

AMARANTE

Avrei qualche obiezione, e credo in confidenza...

DORANTE

Possa morir dannato, lui ne sa più di voi!

Non si può contestare nulla alle sue ragioni.

LISIDORO

Lo scioglimento, infine, non è meraviglioso?

Ed il viaggio di Oronte non è fuor d'ogni dubbio?

Il ritorno di Enrico vi sembra impreparato?

Voi mi potrete dire che il nostro buon Enrico

Ha lasciato le Americhe tirato pei capelli,

E che nella commedia non si trova un momento

In cui si riferisca ch'egli è padre di Agnese;

Ma non ci sono autori la cui penna non dica

Che nell'evento atteso nulla c'è che sorprenda;

Al contrario si crede bello ciò che stupisce

E l'evento inatteso è sempre sorprendente.

DORANTE

Sia maledetto il diavolo, non si può dire meglio.

IL CONTE

Rispondete, Signora.

DORANTE

Lei? Non può stargli a paro.

ORIANA

Egli scorda un dettaglio terribilmente splendido

Che parla di una Agnese a far le rime intenta;

Quando lo udii, confesso, fu grande il mio piacere.

DORANTE

Vedrete che si tratta della torta alla crema.

ORIANA

Certo, è torta alla crema e d'amore io l'amo.

IL CONTE

Torta alla crema, è vero, ha fatto chiasso a corte.

DORANTE

Per me non vedo nulla che mi affascini tanto.

AMARANTE

Cos'ha di tanto bello?

DORANTE

Niente. Torta alla crema,

Signora.

AMARANTE

Ma dovete rispondere, e vorrei

Dissipaste i miei dubbi con valide ragioni;

Voi state difendendo ad oltranza l'autore.

DORANTE

Torta alla crema.

DAMIDE

Amico, devi...

DORANTE

Torta alla crema.

Amico.

AMARANTE

Quel che pensa non ci deve importare:

Ama troppo l'autore per poterne dir male.

DORANTE

Sostengo, senza amarlo, dell'invidia a dispetto,

Che l'opera sua tragica è una cosa eccellente.

AMARANTE

Una tragedia?

DORANTE

Certo.

IL CONTE

Una tragedia?

DORANTE

Certo.

AMARANTE

Non ho mai visto nulla di suo che fosse tragico.

IL CONTE

Ed io nemmeno.

LISIDORO

Anch'io.

ORIANA

Anch'io.

DORANTE

Che rappresenta?

AMARANTE

Voi chiamate tragedia un'opera giocosa?

DAMIDE

Cavalier, ci canzoni.

DORANTE

Perché mai?

DAMIDE

Certamente.

Tu chiameresti tragico un poema burlesco?

DORANTE

Voi biasimate appunto ciò che ammirar bisogna:

Perbacco! una tragedia che fa morir dal ridere

Unisce due diverse bellezze in una sola!

AMARANTE

Ma la tragedia è nobile, non ha nulla di basso.

DORANTE

Io conosco il teatro e la Pratica ho letto:

È tragica quell'opera in cui scorre del sangue.

IL CONTE

Sì.

LISIDORO

Senza dubbio.

ORIANA

È vero.

DAMIDE

Niente da dire.

AMARANTE

Certo.

DORANTE

E in quella si proclama il mio gattino è morto.

IL CONTE

Ben detto!

LISIDORO

Oh, oh! ma certo.

ORIANA

Giusta l'osservazione.

DAMIDE

Ma il decesso di un gatto può insanguinar la scena?

AMARANTE

Nella tragedia è un principe, che muore, od un sovrano.

DORANTE

Siamo tutti mortali, e ciascun si dà pace;

Son convinto che un'opera è buona in ugual modo

Quando muore un micino come un'altra persona.

IL CONTE

Tu conosci il teatro!

LISIDORO

Oh!

ORIANA

Un linguaggio profondo.

DAMIDE

Ma...

IL CONTE

Rispondi, rispondi, su, rispondi, rispondi.

DAMIDE

Che?

IL CONTE

Rispondi, barone.

DAMIDE

Tu pensi di confondermi,

E credi...

IL CONTE

In fede mia, tu risponder non sai.

DAMIDE

Invero non lo posso finché tu parlerai;

Ma infine...

IL CONTE

In fede mia, parla fin che ti pare:

La sua ragione...

AMARANTE

È tale che si può confutare.

DORANTE

Vi pare che l'autore non capisca il teatro?

AMARANTE

Questo non è capirlo, dopotutto.

DORANTE

Che dite?

Quando un uomo sa fare un sermone burlesco

Non potete, mi sembra, stimarlo un incapace.

Prende l'autor la grazia e all'utile la sposa;

Dimostra compiacenza per quel che vuol la gente

E la costringe a ridere mentre la catechizza.

IL CONTE

Poffar, capisci!

LISIDORO

Ahimè!

DAMIDE (a Dorante)

Niente hai detto che valga.

DORANTE

Perché, Barone?

AMARANTE

Dico: giriamo la medaglia,

Chi scrive quelle satire è persona sospetta.

È degna di rispetto la parola sermone,

Una tal verità non si può contraddire.

Essa ci tocca l'anima, non fa ridere mai,

Bisogna diffidare di chi crede il contrario.

Chi vuole che si rida, ride lui per il primo.

IL CONTE

Brutta risposta!

LISIDORO

Oddio!

DORANTE

Critica miserevole!

DAMIDE

Dite dunque in che modo si possa fare satira.

DORANTE

Far satira?

DAMIDE

Sì, questo.

DORANTE

Vuol dir satireggiare.

AMARANTE

Però satireggiare vuol dir scherno e disprezzo.

Per quanto voi possiate dire per iscusarlo,

Del sermone egli ha fatto una satira atroce.

Prendete pur la cosa nel modo che vi piace:

Ciò che esige rispetto non si può disprezzare.

IL CONTE

Sciocchezze!

DAMIDE

Eppure voglio, signor Conte, impegnarmi...

IL CONTE

Mi darebbe fastidio lo stare ad ascoltarti:

M'hanno stancato molto i tuoi stolti argomenti.

AMARANTE

Egli non può rispondere a quel che noi diciamo;

Ma Dorante sa bene che non c'è dubbio alcuno...

DORANTE

Se non ascolta il Conte anch'io non vo' ascoltare.

DAMIDE (al Conte)

Tu sai...

IL CONTE

Io non capisco.

AMARANTE (a Dorante)

Io credo...

DORANTE

Ed io nemmeno.

DAMIDE (al Conte)

Ma...

IL CONTE (cantando)

La, la, la, la, la, lare, la, la, la, la, la, la.

AMARANTE (a Dorante)

Come?

DORANTE (cantando del pari)

La, la, la, la, la, lare, la, la, la, la, la, la.

DAMIDE(al Conte)

Se...

IL CONTE

La, la, la, la, la, lare, la, la, la, la, la, la.

AMARANTE (a Dorante)

Ma voi...

DORANTE

La, la, la, la, la, lare, la, la, la, la, la, la.

DAMIDE

Mi state frastornando.

AMARANTE

Quanto a me, questi tipi li ascolto e li considero,

Poiché si può in proposito scrivere una commedia.

Credo che nel suo genere potrà piacere molto.

DORANTE

Se questa è l'intenzione, non mi oppongo di certo,

Io so già che la mia sarà una parte onesta.

ORIANA

Sarà breve la mia, ma piacevole assai.

LISIDORO

Sarà abbastanza buona anche la mia, si pensa.

IL CONTE

Damide potrà fare benissimo il buffone:

Trova nella sua bocca la sciocchezza il suo centro.

(Ad Amarante) Voi sapete comporre, fatela.

AMARANTE

Siete matto.

Ben me ne guardo.

DORANTE

E dunque, chi la farà con arte?

AMARANTE

Un amico che apprezzo e che Boursault si chiama.

IL CONTE

Lo conosco, una bestia.

DAMIDE

Abita con le muse.

Egli usa con la musa ma di lei non abusa.

AMARANTE

I versi di Boursault sono di prima scelta.

IL CONTE

Di prima forza un tanghero, così lo chiamerei,

Un bestione, un ronzino, un somaro perfetto.

DAMIDE

Ma dove la vedremo, quando sarà finita?

AMARANTE

All'Hôtel de Bourgogne, dove i più raffinati...

DORANTE

Vi posso assicurare, non sarà recitata:

Si teme il suo giudizio, già una volta tuonò,

E l'Hôtel de Bourgogne tremò sotto la sferza.

Qualora decidessero di volerlo stroncare,

Ai miserelli comici qual toccherà riparo?

L'intera Normandia ha mele a sufficienza

Da scagliar sulle teste dei poveri infelici?

Non lo faranno, no, lo dico un'altra volta,

Mi danni Iddio!

DAMIDE

Sentite, conosco Floridoro:

Lui stesso mi dirà se la cosa è possibile,

E vi riferirò, se lo desiderate.

Ma bisogna trovare l'adatto scioglimento.

Che fare?

Scena IX e ultima

Giannino, Amarante, Il Conte, Damide, Dorante, Lisidoro, Oriana, Clizia

GIANNINO

Il pranzo è pronto, Signora.

AMARANTE

Eccolo qua.

Con quel del grande satiro possiamo confrontarlo:

Termina in questo modo la Critica famosa.

I più esigenti avranno ragion di rallegrarsi

Se dopo la commedia avranno il desinare.

ROBINET, PANEGIRICO DELLA SCUOLA DELLE MOGLI

ovvero conversazione sulle opere del signor di Molière

AL LETTORE

Tu dirai che questa è aria fritta, ed effettivamente, in apparenza, è voler parlare di una cosa quando nessuno ne

dice più parola, e come dice il proverbio, risvegliare il can che dorme; in verità son tre mesi e oltre che coloro che ti

spacciano questo Panegirico se lo stanno rigirando fra le mani. E tuttavia non sarà questa l'ultima opera sul medesimo

soggetto, visto che da qualche giorno ne è apparsa una proprio al teatro della real Compagnia, che ha fatto gran rumore

e dalla quale si è preso qualche spunto anche per questa. I librai, che sono i gran padrini di questa sorta di composizioni,

le hanno dato il titolo che a loro è piaciuto. Poiché non vi è stata opposizione, ti si permette anche di sbattezzarla, e di

appiopparle quel nome che ti parrà più conveniente: il piccino non starà per questo né meglio né peggio. Ti avverto

tuttavia che non si tratta di una conversazione immaginaria, ma del discorso vero che due innamorati hanno intrattenuto

con le loro belle: desiderando le quali sapere se i loro futuri sposi non fossero appestati dalle massime della Scuola dei

mariti, e da quella delle mogli, così calunniose per il sesso femminile, li condussero abilmente a questo bell'argomento.

Sarebbe altrimenti poco credibile che ci si fosse di proposito dedicati all'esame di cose farsesche come si farebbe con

poemi compiuti e privi di imperfezioni, i cui piccoli difetti ci danno il rammarico di riscontrare che essi esistono anche

nei capolavori della poesia; allo stesso modo, guardando una donna bella ma dai tratti irregolari, si dice che è un

peccato, poiché senza di questi sarebbe una bellezza compiuta, laddove non si fa alcuna considerazione su colei che la

Natura sembra aver fabbricata per prendersi da se stessa gioco della propria opera. A questo rilievo conviene

aggiungere che l'autore di questo dialogo, che è un dialogo vero a cui egli ha assistito, ha pensato che esso sarebbe

piaciuto di più nella forma da lui scelta che in forma di semplice narrazione, poiché questa sarebbe riuscita assai meno

gradevole. Del resto, di qualunque opinione e gusto tu sia, troverai agevolmente qualcuno che sia d'accordo con te:

poiché se Lidamone e Lisandro si dichiarano, insieme a Belisa e a Celante, contrari alle opere del signor di Molière,

Palamede e Crisolito, che sono i loro innamorati, vi sono favorevoli: ed è fin troppo chiaro che quand'essi cantano la

Palinodia, come vedrai, lo fanno soltanto per compiacenza, e perché si avvedono che le loro belle, da femmine astute, li

menano per il naso allo scopo di trarne delle conseguenze che potrebbero riuscire loro rovinose. Non ci si può esimere

dal ricorrere a queste piccole galanterie: l'opera non è così importante che si possa considerare un enigma. Del resto, o

tu sei un conoscitore o non lo sei. Se lo sei, non ti rimetti a quel che ti vien detto: e se non lo sei, non servirebbe a nulla

svelarti ciò che è buono e ciò che è cattivo. La luce non è utile ai ciechi. Pertanto bisogna ridere di coloro che nel

proporre qualcosa al pubblico, che è composto di persone istruite e di ignoranti, si compiacciono di scrivere lunghe

prefazioni: le quali riescono, secondo il principio infallibile che si è detto, del tutto inutili, a meno che, per evitarne le

censure, essi non vogliano ingenuamente confessare agli intelligenti le proprie mancanze, facendo loro sapere che non

le ignorano, ma che non hanno potuto fare di meglio.

[...]

Quarta entrata

di Lidamone, Palamede, Belisa e Celante

[...]

CELANTE

[...] Ma visto che siamo stati condotti a parlare di Zoilo, questo può diventare il tema della nostra conversazione.

Vorremmo tanto sapere, Belisa ed io, quel che Lidamone, Palamede e Crisolito, che sarà qui fra poco, pensano delle sue

opere.

PALAMEDE

Voi volete, immagino, che noi ci scagliamo contro la sua Scuola delle mogli. Qualche punto deve esservi dispiaciuto, a

voi come a tanti altri. È pur vero che egli tratta malissimo il vostro sesso, e che ne parla nel modo meno cortese

possibile.

BELISA

Non risparmia nemmeno il vostro, e gli uomini risultano brillantemente sistemati quanto le donne.

LIDAMONE

Ne escono conciati per le feste tanto gli uni quanto le altre; ma che cosa gli si può rimproverare, visto che la gente ha

tanto piacere di essere oggetto delle sue satire, visto che le acquista, che si diverte ad ascoltarle in teatro, e che ha

consentito a questo autore, con tanto solenne riconoscimento, di mettere in piazza i più segreti misteri delle famiglie, e

di divertire il pubblico a dispetto del privato?

CELANTE

Non è soltanto la Scuola che voglio criticare: ma tutte le opere di teatro che egli scrisse dopo Le preziose ridicole. Non

voglio nascondere i miei sentimenti: amo la buona commedia, e non posso sopportare che, non avendo una compagnia

in grado di recitarla ed essendo lui stesso il più detestabile attore che si sia mai visto, Zoilo la distrugga con

raffazzonamenti che impediscono alla gente di continuare a frequentarla, e obbligano persino l'unica e incomparabile

compagnia reale a bandirla vergognosamente dalla sua fastosa scena, per rappresentare bagatelle e farse che in altri

tempi non sarebbero state buone che a divertire la feccia della plebe nei quadrivi e negli altri luoghi pubblici: si tenta

così di evitare la definizione di antica, che al Louvre le impartiscono perché le sue grandi produzioni non son più di

moda, vale a dire che non sono della stessa qualità di quelle di Zoilo.

BELISA

Effettivamente egli ha rovinato il più bello e onesto divertimento che avevamo, e mi fanno orrore le mostruosità che il

suo esempio ha fatto nascere nei nostri teatri. Vi paion belle cose Gli scrivani di Sant'Innocenzo, I miracoli del

disprezzo, L'intrigo delle carrozze, Moscacieca, e non so quanti altri guazzabugli, di cui alcuni han fatto seguito alla

Preziose e al Cornuto immaginario e gli altri preceduto o accompagnato La scuola dei mariti e quella delle mogli, per

disputar loro l'onore di divertire la brava gente?

PALAMEDE

Mi viene a questo proposito un'idea divertente: mi sembra di vedere il grande Arista, circondato da tutti i piccoli aborti

del Parnaso che ci ammanniscono queste puerilità, come un gigante investito da pigmei e da nani che vogliono fargli la

guerra.

LIDAMONE

Questo grand'uomo, a dire il vero, è abbastanza stupito di vedersi alle calcagna un formicaio di traffichini che sembrano

cacciarlo dai teatri, sui quali fino ad oggi la sua musa aveva avuto un sì glorioso ascendente; e non è piccola

mortificazione per lui vedere il suo grande coturno cancellato dalla ridicola ciabatta di questi mezzi autori o quarti

d'autore generati dalla corruzione del secolo.

PALAMEDE

Se non ci fosse che questo verminaio da combattere, non ci sarebbe nemmeno tanto da lamentarsi: il grande Arista

resterebbe sempre il grande Arista. Ma egli si trova ora di fronte un temibile avversario che pretende di render più sottili

l'intelligenza e il gusto dei suoi ammiratori, affinché non possan più gridare al miracolo come una volta alla

rappresentazione delle sue opere. Costui vuol mostrare soprattutto agli spettatori della platea che essi si sono sovente

lasciati abbagliare da falsi splendori, vuole obbligarli a riprendersi tutte le lodi che hanno prodigato ad Arista; e quando

venisse creduto, essi accuserebbero di falso tutte le opere sulle quali, come su ingiuste credenziali, Arista ha stabilito la

sua fama.

LIDAMONE

Date troppa gloria a Filarco quando lo definite un temibile avversario. In che cosa è egli dunque tanto temibile? Forse

per avere gettato un po' di cattivo inchiostro sulle bellezze di Sofonisba e di Sertorius, e distribuito piattonate da ogni

parte, senza alcun effetto, come Enea nel regno delle ombre? Si atteggiava a Golia, entrando in lizza; ma si è trovato di

fronte un piccolo Davide che ha fatto così vigorosamente schioccare la sua fionda contro di lui da obbligarlo ben presto

a rinfoderare la baldanza pedantesca, senza che il grande Arista avesse bisogno di mettersi in alcun modo sulla

difensiva.

BELISA

Chi è dunque questo piccolo Davide che voi avete fatto passare per un assalitore tanto vigoroso?

LIDAMONE

Come! Non conoscete quel giovane autore che ha scritto, fra le altre cose, la Nuove notizie, in cui s'è preso gioco di

tutti, non escluso il grande Arista?

BELISA

Ah! so chi è, e mi ricordo che ha assunto il nome di piccolo Davide nella sua Difesa di Sofonisba. È senz'altro

intelligente, ma è un censore un po' troppo raffinato: infatti nella sua risposta alle osservazioni di Filarco su Sertorius,

non ha esitato a ignorare i monosillabi di un sonetto: non tenendo conto che essi possono entrare nella composizione dei

versi più belli, e che la grande opera del mondo, pur essendo soltanto un'unione di atomi, produce nondimeno una

meravigliosa armonia.

PALAMEDE

In effetti questa critica è delle più trascendenti. Tuttavia, Lidamone, voi siete male informato quando dite che Filarco ha

smesso di scrivere. Ho saputo che ha nuovamente temperato la penna, facendo a pezzi Edipo, e che avrebbe

l'intendimento di trattare alla stessa stregua tutte le altre opere drammatiche del grande Arista, fingendo di non sentir

schioccare la fionda del piccolo Davide, di colui che nelle Note egli ha per metamorfosi trasformato in rana della palude

di Parnaso, assieme a tutti coloro che si sono impegnati nella difesa del grande Arista.

CELANTE

È una metamorfosi, questa, più facile che dannosa. Tutti abbiamo il potere di trasformare in questo modo le persone, e

potremmo facilmente trasformare lui in rospo; ha abbastanza veleno per avere un posto fra questi brutti rettili. Lasciate

perdere, noi amiamo il grande Arista, ci ricordiamo del Cid, che ci ha incantato tutti, e delle altre miracolose opere che

fanno la delizia delle nostre sale di lettura non meno che dei nostri teatri. Noi amiamo allo stesso modo il suo difensore,

dal quale aspettiamo risposte che conducano Filarco alla disperazione; e se Filarco ci accusasse dei nostri

compiacimenti, vedrà di che cosa sono capaci certe donne. Si ricordi piuttosto della catastrofe di Orfeo!

LIDAMONE

Quale minaccia, Dio mio!

PALAMEDE

Non vorrei venisse fatta a me: una donna in collera è qualcosa di tremendo.

BELISA

Coraggio! voglio essere in prima fila in questa bella tenzone. Ma volete dimenticare Zoilo con questa lunga

digressione? Non era vostro intendimento, mi pare, che se la cavasse a così buon mercato.

PALAMEDE

Come siete cattiva, Belisa! Avevo fatto partecipe la compagnia di questa digressione pensando di allontanare la

tempesta che vedevo addensarsi sempre più sul capo del povero Zoilo, e voi non avete potuto sopportare che io gli abbia

resto questo favore. Ma vi dichiaro che non consentirò ch'egli sia qui perseguito senza che qualcuno lo difenda, e che io

voglio essere il suo difensore.

CELANTE

Se Lidamone sta dalla nostra parte, non vi rimane che combattere lealmente.

LIDAMONE

Come potete dubitare, Celante, che io mi schieri dalla parte della ragione? e Palamede potrebbe mai pensare che io

voglia, con lui, proteggere un nemico pubblico contro le più amabili creature che esistano al mondo?

PALAMEDE

Avrei buone ragioni per temere un insuccesso, se rimanessi solo contro tre avversari così validi, ma la mia buona sorte

mi manda a proposito il bravo Crisolito a farmi da aiutante. Sono certo che egli è favorevole a Zoilo e che non manca di

ciò che si chiama intelligenza per difenderlo validamente.

BELISA

Bene! Questo aiutante, per quanto così intelligente e devoto a Zoilo, non vi impedirà di perdere la causa che voi

difendete, e ve lo garantisco di fronte a Crisolito. (Parlando a parte a Celante). Vedremo se i nostri innamorati sono

stati contagiati dall'eresia della Scuola dei mariti e da quella delle mogli, e che cosa dobbiamo aspettarci dal loro

comportamento in famiglia.

Scena quinta

Lidamone, Palamede, Crisolito, Celante, Belisa

CRISOLITO

Che cosa dunque l'amabile Belisa desidera garantirvi di fronte a me?

PALAMEDE

La vostra sconfitta e la mia.

CRISOLITO

In quale congiuntura dovremmo sopportare una tale disgrazia? e per quale sventura a darcene garanzia dev'essere

proprio la bocca di...

BELISA

Niente galanterie! I vostri bei discorsi non potranno ammansirci di un briciolo: abbiamo preso la risoluzione di demolire

Zoilo. Palamede intende difenderlo assieme a voi, e io ho previsto la vostra sconfitta e la nostra vittoria.

LIDAMONE

Crisolito, la guerra è dichiarata; e mi schiero dalla parte di queste bellezze contro di voi.

CRISOLITO

Le parti sono di molto ineguali; ma noi siamo pronti a sostenere l'assalto e a difenderci come meglio potremo. Di che

cosa, Signore, accusate l'infelice Élimore, che vi piace di battezzare col nome di Zoilo?

BELISA

Celante lo accusa di distruggere la buona commedia.

CELANTE

Sì, di questo lo accuso, e non gli perdonerò mai tale oltraggio.

CRISOLITO

Ditemi, Celante, che cosa intendete per buona commedia.

CELANTE Non pretenderete, spero, che vi parli di opere teatrali da intenditrice consumata. Non sono di quelle persone

colte che svolgono il loro tema, potrei aggiungere, aggrappandosi ad argomenti che talvolta invece di essere d'aiuto

sono di danno. Vi dirò dunque che per me la buona commedia è quella che traccia un quadro delle passioni,

descrivendole delicatamente, che esibisce buoni sentimenti, che sa giudiziosamente distribuire le massime morali, che

combina battute di spirito capaci di incantare, che infine è in grado di istruire e di divertire gradevolmente. Metto in

questa categoria i capolavori del grande Arista, di cui non cito che Il bugiardo per opporlo a tutta la miserabile comicità

di Zoilo; e apprezzabili sono I visionari di Polydamas, Don Bertrando, Il finto astrologo, e qualche altra commedia

dello spiritoso Isole; e per servirmi di un esempio più recente, Gli amori di Ovidio, del dolce Bergile, in cui si nota tanto

brillio e tanta delicatezza.

CRISOLITO

Celante, convenite almeno che state parlando di un'opera che non è propriamente né una commedia né una tragedia né

una tragicommedia, e che d'altra parte richiede l'impiego di macchine e meccanismi.

CELANTE

Non avevamo bisogno della vostra precisazione, Crisolito; so bene che voi intendete dire che questa è un'opera di

genere ambiguo; ma se io la chiamo commedia eroica credo di averle trovato il nome che le si addice e di poterla così

collocare nella categoria delle commedie. Inoltre non ignoro che coloro che giudicano soltanto con gli occhi si

imbattono nelle macchine come in una pania; ma io pretendo che ci teniate ben distinte da coloro che hanno soltanto

occhi. Lascio da parte le macchine, ed anche le scene e i costumi, che io considero quisquilie, e mi rivolgo al soggetto

elaborato compiutamente; ed è questo che io chiamo buona commedia.

LIDAMONE

L'inizio è eccellente.

BELISA

Io vedo già qualcuno per le terre.

PALAMEDE

Ah, Belisa, non cantate ancora vittoria. Crisolito risponderà come si deve, ed io confido in lui.

CRISOLITO

Non ho alcuna ragione da invocare in difesa, se si vuole negare il fatto di cui si sta parlando. Io dico che La scuola dei

mariti, La scuola delle mogli e le altre opere di Élimore sono proprio intessute di principi morali, di battute di spirito, e

di ciò che istruisce e diverte nello stesso tempo; e rimando a codeste Scuole coloro che vogliono sostenere che Élimore

rovina la buona commedia.

PALAMEDE

Questo non basta, Crisolito; dovreste dimostrare quel che dite; altrimenti dispero che le signore possano mai trovarsi

d'accordo con voi, e temo che ci mettano nella categoria di coloro che, quando vogliono sostituire alle ragioni il loro

capriccio, dicono: «La ragione è che ho ragione».

CRISOLITO

Ci sono cose talmente chiare che si fan conoscere per se stesse, e non hanno bisogno che le ragioni vengano in loro

soccorso; quando il sole appare all'orizzonte tutti lo vedono, tranne i ciechi.

CELANTE

La comparazione è brillante, ma noi non siamo ciechi, Crisolito, e se riuscite a fornirci qualche esempio di quel che

avete affermato, e mi riferisco in particolare alla Scuola delle mogli, noi non vi chiederemo nessuna prova; ma voi non

potete mostrarci quel che non c'è, e avete necessità che vi si creda per fede.

LIDAMONE

Celante ha ragione, e se volete sapere la mia opinione intorno a questa Scuola, vi dirò francamente che della buona

commedia non ha assolutamente nulla, e ve ne do le prove. L'amore, che fa tutto il fascino delle opere comiche, non è

trattato molto bene in questo lavoro; c'è un uomo che, brutalmente, proponendosi soltanto di avere per moglie un corpo

senz'anima, fa allevare la sua Agnese come un'oca, da due contadini; non discorre con lei che di filare o di cucire; la

tiene chiusa come una schiava e ha come scopo supremo di farne una stupida. Vi pare un bella prova d'amore il trattarla

sempre da geloso e da tiranno, e addirittura, nella catastrofe, il minacciarla di pugni peggio d'un facchino? E non

partecipa di una strana moralità il parlare soltanto della disgrazia dei mariti, in termini che suscitano il pudore sulle

fronti più incrollabili? Esprimono buoni sentimenti i discorsi che egli fa con Agnese e coi due contadini, a cui è

costretto a parlare con semplicità per farsi capire? e li esprimono forse le risposte di questi tre personaggi, ai quali la

grossolana ignoranza non consente di dire niente di ragionevole? Non è piuttosto sorprendente la scena che questo

brutale spasimante ha con Alain e Giorgetta, allorché ritorna dalla campagna? e il propinarci tante scempiaggini non

significa pensare che ci siano gradite? E sono spiritose quelle battutine di scarto distribuite qua e là, fra le quali va

collocato l'equivoco del la, che costringe le signore a perdere la loro dignità, e le riduce a non sapere se sia più

opportuno ridere o arrossire? Tutte queste cose che paion miracolose sul palcoscenico sono altrettanto buone sulla carta

stampata? Infine, vi pare un nobile insegnamento quello di insozzare con l'ignoranza e la stupidità l'immagine di Dio?

Dovrei far notare ancora che questa Scuola è carica di empietà, tanto nelle massime destinate all'istruzione di Agnese

quanto nel sermone che le vien fatto, dove peraltro, con un errore dei più grossolani, lo stile e i concetti si fanno

talmente elevati che vengono a perdere ogni rapporto con la semplicità della scolara, alla quale si parla da teologi.

Potrei aggiungere che questa Scuola non va soltanto contro ogni regola drammatica ma anche contro le norme del

comico: l'eroe esprime quasi sempre un amore che sconfina col furore e che lo conduce a chiedere ad Agnese se vuole

che si uccida, e questo è proprio della tragedia, alla quale sono riservate le lamentazioni, i pianti e i gemiti. Pertanto,

invece di terminare in allegria, la commedia termina con la disperazione di un uomo innamorato che si ritira con un

Uffa! mediante il quale egli tenta di soffiar via il dolore che lo soffoca: di maniera che non si sa se bisogna ridere o

piangere, e sembra che quest'opera voglia eccitare piuttosto la pietà che il piacere. E vorrei osservare con molta equità

che manca quasi del tutto l'azione, ossia ciò che conferisce alla commedia il suo carattere e che la distingue dai poemi

narrativi; e che Zoilo rinnova il costume degli antichi attori, le cui rappresentazioni consistevano in pure imitazioni,

smorfie del volto e gesti. Stendo un velo di silenzio sui furtarelli che l'autore ha perpetrato un po' dappertutto, fino al

suo Pregate, perorate fino alla Pentecoste, che egli ha preso in Rabelais, così come in Don Chisciotte ha preso il

modello dei precetti di Agnese, che sono soltanto l'imitazione di quelli che il cavaliere errante dà al suo scudiero quando

questi va a governare l'isola: cosicché non si può dire che Zoilo sia una fonte viva ma soltanto un bacino che riceve le

sue acque da altre parti, per non dir peggio, e basterebbe formulare per lui il paragone, come qualcuno ha fatto, tra

l'autore plagiario e l'asino, che è capace soltanto di portare pesanti fardelli. E taccio anche dei suoi portamenti di attore e

dei suoi costumi di scena, che si rifanno a quelli di altri attori comici, i quali lo lascerebbero nudo come le cornacchie di

Orazio se gli chiedessero indietro ciò che egli ha preso loro. Non voglio dire nulla dei versi, la maggioranza dei quali

non ha più ritmo e armonia di quelli delle ariette del Pont Neuf, non essendo che prosa strisciante, con rime in parecchi

punti cattive. Ma mi stanno troppo a cuore gli interessi delle signore per non sostenere che questa Scuola è una satira

tremendamente affilata contro tutte le donne; che meriterebbe un tantino il battipanni, se in Francia si fosse un po' meno

indulgenti, e che le massime fatte ripetere ad Agnese sono lezioni orribili che l'autore fa a tutti i mariti, per ridurre il bel

sesso a una totale schiavitù.

CELANTE

Oh! come Lidamone sa giudicare bene!

BELISA

Oh! quanto mi piacciono i suoi giudizi!

CRISOLITO

Voi fate alla Scuola delle mogli una critica spietata e crudele, escludendo assolutamente che in essa ci sia qualcosa di

buono; voi siete di quei Francesi che trovan da dire su tutto, e mi viene il dubbio che siate affetti dalla stessa malattia di

un mio conoscente che censura persino le opere della natura e sostiene che essa avrebbe dovuto metterci i polpacci

davanti e non dietro. Ma per quanto da lince siano gli sguardi con cui scrutate le sue opere, io sono certo che se voi

voleste collocarle in una più esatta prospettiva e osservarle da un altro punto di vista, non ci trovereste tanti difetti. È

forse obbligatorio scegliere nobili passioni per una commedia? e poiché essa è soltanto la rappresentazione di un'azione,

non può bastare che questa azione, quale che sia, sia ben rappresentata? Avendo Élimore deciso di esprimere un tipo

particolare di amore, come quello che troviamo nella Scuola delle mogli, chi può dire che non ci sia riuscito? Chi può

sostenere che non abbia fatto il necessario per tratteggiare la figura di un uomo che prende ogni accurata precauzione

contro l'inconveniente di Atteone? Altrettanto posso dire del personaggio di Agnese e dei due contadini: chi si azzarderà

a sostenere che egli non ha perfettamente rappresentato una ragazza cresciuta nell'ignoranza e degli zotici privi di buon

senso? Vi urta quel che vien detto in numerosi punti sulle disgrazie dei mariti; tale giudizio morale, voi dite, suscita il

pudore sulle fronti più incrollabili. Ma si tratta della descrizione assolutamente naturale di ciò che accade, a cui si

potrebbe aggiungere la più incredibile compiacenza che si possa immaginare di quei mariti che vengon definiti di buon

carattere. Vi sorprende che un uomo possa arrivare al punto di leggere, su richiesta della moglie, un biglietto galante

indirizzato a lei, e davanti a un altro spasimante? Questo fatto è accaduto una volta a una signora di mia conoscenza, e

non ci crederei se non ne fossi stato testimone. Ma andiamo avanti. Voi disprezzate la scena fra Alain e Giorgetta,

l'equivoco del la e le altre piacevolezze che voi chiamate battutine di scarto, e affermate che il successo che queste

bagatelle hanno in teatro non è così evidente sulla carta stampata. Vi prego, dimostratemi che i versi più belli hanno

sulla carta stampata lo stesso effetto che sulla scena. Questo, per esempio:

Ho visto Tolomeo, ma non ho visto un re...

Questo verso che è dei più belli del Grande Pompeo ha forse lo stesso risalto quando lo leggiamo e quando esce dalla

bocca dell'incomparabile Montfleury? Questo emistichio: Da me dunque dipende? che un così bell'effetto ha ottenuto in

teatro nel Falso Tiberinus, uscendo dalla bocca della meravigliosa Des Oeillets, ha forse lo stesso fascino se lo

leggiamo in un libro? Non si sa forse che tutte queste bellezze svaniscono, una volta venuta meno quella animazione

che la vita conferisce loro? Se così non fosse, non sarebbe necessario andare a teatro per godere di una commedia;

basterebbe leggerla, e gli attori potrebbero cambiare mestiere. Mi meraviglia che si possano fare osservazioni così poco

consistenti e che certuni si siano presi la briga di ripeterle addirittura sulla scena; e mi piacerebbe chieder loro se ciò che

hanno detto sul palcoscenico avrà grande rilievo anche sulla carta stampata. E chiederei loro allo stesso modo se quel

che essi chiamano Il ritratto del pittore sia un quadro davvero rassomigliante, e se un mucchio di «perdincibacco» e

qualche altra paroletta bastino a stabilire la rassomiglianza. Ma lasciate fare a Élimore, che dirà il fatto loro a questi

raffazzonatori del Ritratto del pittore; non gli mancheranno certo i colori per rappresentarli in maniera più adeguata e

farne una delle più belle pitture che si siano mai viste. Egli ha a questo proposito certe fantasie che mi hanno fatto morir

dal ridere appena le ho sentite; e quando voi foste un Catone, non potreste impedirvi di fare altrettanto. Ma ci sono altre

obiezioni, di cui una riguarda l'equivoco del la...

CELANTE

Evitatela, quella, vi dispensiamo dalla replica.

CRISOLITO

Vengo dunque all'altra, sull'aspetto educativo di questa Scuola, che non ha altro scopo, si dice, che di abbrutire una

donna e di insozzare attraverso l'ignoranza l'immagine di Dio. L'osservazione che avete fatto su questo punto è

altrettanto poco valida di tutte le altre; avreste ben dovuto capire che l'intenzione è soltanto che la ragazza non venga a

conoscenza delle perniciose consuetudini mondane, capaci di corrompere i migliori costumi, e nello stesso tempo che

apprenda quelle massime che una donna saggia e virtuosa deve osservare. Sono empie queste massime? e lo è il

sermone che vien fatto ad Agnese? Chi ha mai pensato di dire che gli insegnamenti che si danno e le esortazioni che si

fanno a qualcuno, riguardanti il male che bisogna evitare e il bene che bisogna inseguire, siano empie? Io non avrei

nessuna difficoltà a consentire a mia moglie di ascoltare un sermone di questo genere e vorrei anzi che le venisse fra le

mani, a sua edificazione; e non vedo che cosa potrei trovare di meglio che le faccia da guida, e sono certo che, qualora

si imprimesse bene nella mente queste massime, potrebbe vivere da donna onesta e non da donna leggera.

CELANTE e BELISA (guardandosi, dicono a parte)

O Dei, che cosa dobbiamo sentire!

CRISOLITO (continua)

Si dice pure che in queste massime, e nel sermone, il tono del discorso è così elevato che Agnese non sarebbe in grado

di comprender nulla; ma questa è un'accusa che dovrebbe essere rivolta ai predicatori di provincia, che trattano i più

elevati argomenti di teologia davanti ai contadini. Passiamo oltre. Questa Scuola andrebbe contro le regole del teatro e

ignorerebbe completamente quelle del comico. Mi fate ridere con le vostre regole, e se volessi esaminare una per una le

nostre opere drammatiche ve ne potrei mostrare di ben più difettose, e che non per questo io stimo di meno. Vorrei

proprio sapere a che cosa servono queste regole, che soltanto chi ha letto Aristotele conosce e che non contribuiscono

affatto al piacere che la gente si ripromette dalla commedia, visto che molto spesso sono proprio le composizioni più

«regolate» che piacciono di meno. Pertanto vi devo dire che il nostro Aristotele ha potuto benissimo ingannarsi nelle

sue osservazioni e che si può essere tanto audaci quanto gli autori spagnoli, che delle regole se ne infischiano. Certo, vi

sono errori grossolani che bisogna evitare, come quelli che il filosofo ha rilevato negli autori greci e che si sono

ripresentati nei primi autori che ha avuto il teatro francese; ma tranne questo, ci sono infinite cose che si possono evitare

o aggiungere a seconda che siano più o meno in grado di ottenere successo: questo si chiama raffinare le arti, nelle quali

non è davvero obbligatorio essere sempre schiavi di coloro che hanno inventato le regole. Io non ricorro dunque agli

argomenti di Élimore per giustificare tali contravvenzioni alle regole, e mi limito a ciò che riguarda il genere comico.

L'autore non esaspera l'amore fino al furore e non fa affatto terminare la sua composizione come una tragedia. Il

personaggio innamorato testimonia soltanto una grande passione per Agnese e quando le chiede se vuole che si uccida,

si capisce perfettamente che egli non ha intenzione di uccidersi ma solo di mostrarle quanto bene le vuole; e l'autore

traccia in questa scena un mirabile ritratto di ciò che accade tutti i giorni. Quanto all'Uffa che fa la catastrofe, si può dire

che sia in contrasto col carattere della commedia, e che le regole siano tanto severe da escludere un sospiro? Che cosa

direste dell'Anfitrione di Plauto, in cui Menecmo appare decisamente furioso? e di un'altra sua commedia in cui

Alessimaco si mette seriamente nella situazione di doversi uccidere? Avete anche affermato, non lo devo dimenticare,

che La scuola delle mogli è del tutto priva di azione, e vi devo rispondere che non so proprio dove potreste trovarne di

più. Tutto l'agitarsi di Arnolfo e tutte le precauzioni che egli prende per sottrarsi ai colpi del destino non sono altro che

azioni e movimenti. Veniamo a quel che chiamate i furtarelli della Scuola delle mogli e ai versi che voi apprezzate tanto

poco. Questo significa criticare per criticare, indipendentemente dal fatto che vi siano o no ragioni per farlo. In quali

poemi, anche i più belli, non è possibile trovare a iosa pessimi versi e un numero infinito di furtarelli, dal momento che

nella maggior parte non sono che imitazioni e traduzioni? quanto al verso

Pregate, perorate fino alla Pentecoste

sapete benissimo che è una risposta di Panurgo a Pantagruel, e che Élimore lo ha messo espressamente in bocca ad

Arnolfo poiché veniva a proposito. Si tratta, voi dite, di una satira contro le donne; può essere anche una satira, ma non

riguarda il singolo individuo, voglio dire che non indica nessuno in particolare, ed è come uno specchio aperto a tutti, in

cui ciascuno può riconoscersi per conto proprio, senza che gli altri lo sappiano. Avreste semmai avuto buone ragioni per

lamentarvi dell'antica commedia, in cui non ci si accontentava di designare le persone attraverso le loro azioni, e gli

attori si vestivano con abiti uguali a quelli del modello per meglio farlo riconoscere. Infine, vi ribellate contro le

massime prescritte ad Agnese, per il fatto che sono, voi dite, lezioni che Élimore fa a tutti i mariti, affinché riducano le

loro mogli a una totale schiavitù. Ma vi pare che i mariti debbano andare a teatro per imparare a trattare le proprie mogli

e che queste accettino tranquillamente di essere considerate alla stregua di Agnese? Critica, dunque, irragionevole;

critica, dunque, ingiusta; critica, dunque, risibile, che ho avuto torto di prendere in considerazione. Bastava che vi

rimandassi alla critica che l'autore stesso ha fatto della propria opera, che poteva servire da decisiva risposta, oppure

all'approvazione che da sei mesi tutta Parigi decreta al lavoro, uomini e donne che non si stancano di assistere a questa

spiritosa Scuola; queste ultime in particolare, che voi credete tanto oltraggiate, benché io non ne abbia appreso le

lamentele che dalla vostra bocca, leggono persino le battute, mentre le ascoltano, tenendo in mano l'edizione a stampa,

senza dubbio nell'intendimento di render più sensibile il proprio piacere, e forse per meglio imprimersi nella mente utili

insegnamenti.

PALAMEDE

Questa sì che è una risposta, credete a me! Questo si chiama rispondere, e respingere il nemico oltre le mura; dopo di

che, penso che non abbiate più alcuna possibilità di motteggiar tanto e di contenderci quella vittoria che era nei vostri

voti.

CELANTE

Sarebbe una vittoria ottenuta a troppo buon mercato, Palamede; non vi costerebbe che la fatica di avere ascoltato

attentamente Crisolito, che di tale vittoria sarebbe senz'altro più degno se essa dipendesse da un bel discorso anziché da

buone ragioni. Ma io penso che egli non aspiri affatto alla vittoria; e la divertente conclusione della sua arringa ci

testimonia che ha intenzione di volgere in ridicolo l'opera che ha finto di difendere.

BELISA

In effetti, è buffo rimandarci alla critica che l'autore ha fatto del suo lavoro, quando tutti dicono che è invece la sua

apologia. In questo egli ha commesso un grosso errore; infatti tutte le persone ragionevoli dicono che nel sottile gioco

della sua Critica egli persegue uno scopo preciso: quello di non risparmiarsi, di mettere con la più grande severità in

evidenza anche i minimi difetti, e di dimostrare così che egli non ha sbagliato per ignoranza, ma deliberatamente e nella

prospettiva che la sua opera piaccia molto di più con le sue imperfezioni che se fosse stata scritta nel rispetto delle

regole. In questo modo, alla fine della Critica, egli avrebbe potuto lodare se stesso per essere riuscito a realizzare ciò

che si era proposto, e chiudere la bocca a tutti coloro che, indotti dalla sua apparente ignoranza, la aprono invece per

mostrargli ciò che egli si è ben guardato dal rilevare.

CELANTE

Vi prego, esaminiamola un po', la sua Critica: si capisce subito che egli si è semplicemente fatto il solletico per poter

ridere. È una cosa divertentissima: lo specchio si è rivelato così nitido che la mosca della critica non è riuscita a trovare

che sette od otto punti ruvidi a cui ha potuto attaccarsi; ossia i bambini attraverso le orecchie, la torta alla crema, la

minestra, il la, l'appellativo di animali dato alle donne, la scena dei due domestici dentro all'appartamento, il denaro

dato da Arnolfo a Orazio, il sermone con le massime, e la maniera tenuta da Arnolfo nel dichiarare il suo amore ad

Agnese nell'ultimo atto.

LIDAMONE

Vi rimane da dire, Celante, che se egli ha avuto la mano molto leggera nel criticare questi punti, l'ha avuta molto

pesante nel difenderli; si può dire dunque che non ha riconosciuto nella propria opera alcun difetto, e pertanto bisogna

affermare, come fanno tutti, che la sua critica è in realtà un'apologia.

BELISA

Un'apologia che riguarda la particolare natura delle Preziose ridicole e delle due Scuole; poiché egli non s'arresta certo

qui con le sue satire ma le rivolge principalmente contro gli uomini della corte e contro coloro che condannano la sua

ultima commedia, La scuola delle mogli. Come abbiamo fatto notare all'inizio della nostra conversazione, egli vi

risuscita il gergo prezioso, che mette in bocca a tutti i personaggi; e in virtù delle sette od otto pessime notazioni che ha

fatto sulla sua Scuola, volgendole a proprio vantaggio, ha potuto con la minima spesa comporre un'altra commedia, o

meglio una farsa, un cumulo di facezie insopportabili, dalle quali ha nondimeno tratto, tanto è fortunato e tanto pazzi

siamo noi, lo stesso profitto che dalla più bella commedia del mondo. Il ritratto del pittore, che Crisolito trova così poco

rassomigliante, ci informa molto meglio di quanto non faccia la Critica sugli spropositi della Scuola delle mogli e la

pittura risulta così precisa che tutti han convenuto come l'autore fosse dotato di un pennello e di colori adatti a ben

riprodurre le cose. Zoilo stesso è stato testimone, non senza qualche tormento, degli universali applausi che sono stati

tributati a questo spiritoso quadro; e credo che ora abbia rinunciato al proponimento di rispondere e che si accontenti

della canzonatura ricevuta per evitarne un'altra più sgradevole. Torniamo a Crisolito, che ancora una volta ci rimanda

all'approvazione tributata a Élimore da tutta Parigi. Non sappiamo forse che il numero degli ignoranti è infinito e che il

volgo accoglie non già le cose buone ma tutte le sciocchezze che gli vengono propinate? e che la colpa non è sua ma di

coloro che a ciò lo avvezzano? Possiamo a questo proposito, per nostro divertimento, ricordare a Zoilo il colloquio che

il saggio don Chisciotte della Mancia intrattiene con un canonico; questi osservava come fosse certamente vero che la

maggior parte delle commedie di allora, benché fatte di scempiaggini, piacessero al popolo; ma che gli autori non

potevano giustificarsi di averle scritte adducendo il motivo che le opere più fedeli alle regole accontentavano soltanto

quei tre o quattro che capivan d'arte e che era meglio guadagnarsi il pane con la moltitudine che conquistarsi il plauso

dei pochi, tanto più ch'egli poteva per contro ricordare come in Spagna fossero state rappresentate opere scritte secondo

le regole che avevano soddisfatto in ugual modo i colti e gli idioti e fatto guadagnare ai teatranti più soldi che trenta

delle migliori commedie che fossero in seguito apparse: da ciò egli traeva la conclusione che ho detto, ossia che se al

volgo piacciono le sciocchezze, bisogna biasimare gli autori che gliele forniscono. E il saggio don Chisciotte, o l'autore

che lo fa parlare, aggiungeva giudiziosamente che era una cattiva scappatoia affermare, a giustificazione delle opere

irregolari, che se l'intenzione dei governanti è di divertire il popolo con la commedia e di allontanarlo dai vizi a cui

l'ozio lo può condurre, allora non importa che questa segua le regole delle persone colte; poiché, sosteneva questo

saggio folle, si può raggiungere lo scopo dei governanti tanto con le buone commedie quanto con le cattive. Pertanto,

egli biasimava molto gli autori di queste ultime, ed anche gli attori che li incoraggiavano a scriverne con la minaccia

che in caso contrario non le avrebbero accettate: e questa fu la ragione per cui un uomo d'ingegno di quel tempo diede

alla luce diverse opere imperfette. Egli concludeva altresì auspicando che a corte fossero chiamati uomini

chiaroveggenti, con il compito di esaminare le opere drammatiche prima che comparissero in pubblico; ed è forse sul

parere di questo oracolo che il nostro abate D... si era offerto di assumere la sovraintendenza dei nostri teatri; non

l'avrebbe assolutamente meritata, comunque, e lo dimostra la poco giudiziosa critica che ha rivolto alle belle opere del

nostro Arista. Crisolito aggiunge maliziosamente che le donne dimostrano di essere molto soddisfatte delle lezioni che

vengono loro impartite, e questo perché, egli dice, ma è una sua supposizione, esse non si sono ancora lamentate e anzi

leggono questa maledetta Scuola mentre la si recita, per ottenerne un doppio piacere. Ignora egli forse che fra queste

donne ce ne sono sicuramente molte che, essendo innocenti, non hanno ragione di scandalizzarsi per una cosa che non

le riguarda? e che alcune, per una piccola malizia della natura, hanno al contrario piacere di veder canzonare le altre

donne, mentre alcune altre, nutrendo in cuore propositi di vendetta, fanno per discrezione tanto buon viso quanto le

ingenue, per il vantaggio che vien loro dal confondersi con queste? Per la stessa ragione, gli uomini di corte che si

vedono dipinti in queste satire non dicono parola, oppure ridono, non volendo far vedere che attribuiscono quel quadro

a se stessi; e quelli che non sono coinvolti godono di veder canzonare i loro compagni e ridono anch'essi a più non

posso: ed ecco perché La scuola delle mogli sembra universalmente approvata, benché in effetti non lo sia forse da

nessuno.

LIDAMONE

No, no, Belisa, ci inganniamo tutti, la Critica che Zoilo ha fatto della sua opera e l'approvazione di tutta Parigi ci

devono convincere: aggiungerò che in grazia della Scuola delle mogli tutto il sesso femminile subirà una riforma. Sì,

condivido il parere di Crisolito, egli ha colto tutta la verità. Le donne leggono e ascoltano con tanta attenzione questa

Scuola unicamente per approfittare dell'istruzione che ne ricevono. Oh! quanto gli uomini dovrebbero essere grati a

Zoilo per questo insegnamento, che determinerà la riforma delle loro mogli! Oh! quanto ha meritato Zoilo le lodi della

sua patria! E più di quanto non si pensi: egli ha infatti aumentato i divertimenti di Parigi con la compagnia teatrale che

dirige, che è la migliore del mondo; e nello stesso tempo ha dato al pubblico, assieme a quella meravigliosa opera che è

La scuola delle mogli, anche l'altra metà di se stesso, benefici questi che non saranno mai riconosciuti abbastanza.

CRISOLITO

Potete schernire fin che vi pare ma in definitiva Élimore rimane un uomo d'ingegno.

PALAMEDE

Un uomo d'ingegno, sì, sì, senza dubbio, e avete dimenticato tante altre belle cose che potrebbero aumentarne il

prestigio. Dovevate far notare che lo chiamano dappertutto un guastamestieri, poiché tutti quelli della sua professione

non sono più nulla da quando egli ha avuto la pensata di rappresentare in teatro le azioni umane.

LIDAMONE

Non si può negare ch'egli sia un uomo geniale, e che sia più fortunato che saggio. Fino ad oggi la satira non aveva

ottenuto che un sacco di legnate ed egli ha trovato il segreto per trasformarla in pietra filosofale e cavarne dei quattrini.

Ha trovato il segreto per rendere gradito in pubblico ciò che non si poteva sopportare in privato; e tutti ridono o fingono

di ridere nel vedersi prendere in giro da lui sul palcoscenico.

CELANTE

Non c'è dubbio che tutto questo sia degno di ammirazione, e bisogna ammettere che egli ha intelligenza e fortuna.

CRISOLITO

Avete visto il Ringraziamento ch'egli ha scritto per il vitalizio che gli è stato assegnato come scrittore? Non c'è cosa che

sia ritenuta più spiritosa e raffinata. È un ritratto della corte in tutto e per tutto: si vede la corte come se si fosse presenti,

gli abiti, il modo di agire dei cortigiani; insomma, ogni cosa è descritta nitidamente, persino il tono delle voci.

BELISA

Ah, ah, ah, l'eccellente pittore! non c'è nessuno migliore di lui.

CELANTE

Indubbiamente bisogna essere pittori provetti per dipingere anche la voce.

PALAMEDE

Ho visto questo Ringraziamento; in verità sprizza intelligenza ed è il più bello di tutti, anche se la maggior parte degli

altri non vale molto. Certuni di questi renditor di grazie si sono ammantati di sentimenti tanto sublimi che si son trovati

non saprei quanti cubiti più in alto della montagna dalle due vette, tanto da sfuggire alla vista. Altri si sono invece

talmente abbassati che bisogna credere, per non trattarli peggio, che abbiano pensato di ringraziare il re umiliandosi

oltre misura. Altri infine si sono talmente invischiati nelle loro vaste fantasie che ne hanno fatto un labirinto dal quale

non sono più riusciti ad uscire.

BELISA

Pare a me che siano riusciti nell'impresa soltanto coloro che avevano qualcosa da chiedere; e niente è così grazioso, per

il mio gusto, quanto Il capriccio di Somposie.

LIDAMONE

Non siamo qui per biasimare o lodare quel che han fatto gli altri poeti ma soltanto per render giustizia a Zoilo. Per

tornare al suo Ringraziamento, è vero che a corte è stato molto apprezzato; questo per la ragione, credo, che è molto

simile al quadro ch'egli ha fatto della moda e del comportamento dei cortigiani nelle Preziose, nella Scuola dei mariti e

nella Critica di quella delle mogli; esso è una specie di insalata di tutte queste composizioni. Con mia grande sorpresa

ho scoperto che al Louvre, dove mi sono recato qualche giorno dopo, non si parlava che di questo, e si diceva che era un

miracolo di poesia, la meraviglia dei grandi uomini del secolo, che era talmente al disopra delle forze e del talento di

tutti che ci vorranno perlomeno trecento anni, alla natura, che è la madre dei poeti, per produrne un altro che sia capace

di simile capolavoro. Uno veniva a tirarmi per il mantello, un altro per il braccio destro, un altro ancora per il sinistro; e

poi uno da dietro, un altro davanti, per chiedermi se avevo letto il più bel poemetto che si sia mai visto, il

Ringraziamento di Élimore; non mi ero mai trovato in un simile impiccio e avrei voluto che nessuno mi conoscesse, per

quel poco che mi sono occupato di letteratura, trovandomi là nel rischio di non tornarmene a casa col vestito intero.

PALAMEDE

Quel che non mi piace delle sue opere è che ci fanno sciupare e deteriorare gli abiti; non si può infatti assistere alla sua

Scuola o alla sua Critica senza che al ritorno ci siano molte riserve da fare sulla irreprensibilità del nostro aspetto o sul

conto dei nastri, o addirittura che l'abito presenti qualche pezzetto di stoffa in meno.

CELANTE

Oh! state ripetendo quel ch'egli dice nella Critica, in cui fa notare in maniera insopportabile con quale entusiasmo si

corra alle sue rappresentazioni, per canzonare così i pazzi che fanno a gomitate per entrare.

BELISA

Eh! lasciate che Lidamone vada avanti.

LIDAMONE

Ho dovuto conoscere questo straordinario componimento, ammirarne ogni verso, ogni parola, ogni virgola, ogni punto,

tanto ogni cosa sembrava sublime, per sentirmi infine frastornare da una sequela di Oh! questo sì che è bello! che è

ammirevole! che è incomparabile! che usciva dalla bocca di gente esperta che mi si affollava attorno. Ma voi sapete già

che gli spiriti più illuminati, gli astri del mondo letterario, hanno deciso che questo Ringraziamento è una cosa

magnifica, e questo dice tutto.

CELANTE

Sì, questo dice tutto, e noi pure abbiamo parlato abbastanza dello stesso argomento; ora dobbiamo vedere quel che

possiamo fare per terminare la giornata. (A parte, a Belisa) Ma io so che desiderate dire la vostra sul conto del nostro

nemico.

BELISA

Un momento! mi sono riservata un attacco.

PALAMEDE

Oh! che crudeltà! È lei che ha ricondotto la vostra attenzione sui cascami del povero Élimore, quando ormai non ci

pensavate più. Bisogna ammettere che lei nutre nei suoi confronti un rancore tremendo: ebbene, tiri fuori tutto quello

che ha nel cuore!

CELANTE

Presto, Belisa, non vedo l'ora di sapere quel che vi tormenta.

BELISA

È l'interesse comune del nostro sesso. Possiamo sopportare che egli insulti la moda e il lusso come ha fatto nella Scuola

dei mariti? Se dessero retta a lui, gli uomini dovrebbero rinfoderare ogni ambizione e tornare al buon tempo antico;

dovrebbero riprendere i grandi giustacuori e le brache strette che si legavano al ginocchio; dovrebbero adottare

nuovamente il mantello a ruota e i colletti bassi, a immagine dei secoli passati: essi apparirebbero, nel modo di vestire,

di un'aridità totale e perderebbero così quell'aria galante che ce li rende sopportabili.

CELANTE

Siete un bel tipo! Non mi aspettavo questa tirata, e anche voi, Signori, non ve l'aspettavate, immagino.

PALAMEDE

Incidentalmente, ci dice il fatto nostro.

LIDAMONE

Ci avverte che noi non piaceremmo molto alle donne, se la moda non ci aiutasse, e che dobbiamo quindi esser loro

obbligati per la pazienza che dimostrano nel sopportarci.

CELANTE

Voi potreste rispondere che la cosa è reciproca.

BELISA

Io non ho la pretesa di escludere che anche noi potremmo cadere nel ridicolo per il tramontar della moda, e non credo

che la natura sia tanto potente da consentirci di essere valorizzate per noi stesse quanto lo siamo grazie alla moda. Non

dobbiamo fare le schizzinose: la moda ci comunica un fascino che non avremmo per conto nostro; numerose nostre

simili fanno battere i cuori vestendosi in un certo modo e resterebbero ignorate in perpetuo se dovessero contare

soltanto sugli allettamenti della natura. Ma è anche necessario che la moda sia sostenuta dal lusso: questo non è meno

vantaggioso per la moda di quanto essa non sia vantaggiosa per noi, e a dire il vero essa trae dal lusso la maggior parte

del risalto che presta a noi; insomma tutto contribuisce a render più belli i due sessi. È proprio questo magnifico e

amabile lusso che Élimore attacca nella Scuola dei mariti; e se dipendesse da lui, ci spoglierebbe di tutto il nostro

fascino, proibendoci i punti di Venezia, le ricche stoffe e questa prodigiosa ma gradevole quantità di nastri, che fanno

un così bell'effetto: che cosa ne dite?

CELANTE

Io dico, per ridere a mia volta, che sono con voi...

BELISA

Io ho parlato seriamente.

CELANTE

E allora, per parlare altrettanto seriamente, vi dico che l'umiliare a questa maniera la moda e il lusso potrebbe avere

brutte conseguenze. Gli uomini e le donne diventerebbero creature spaventose: dovremmo prendere congedo gli uni

dagli altri e riunirci a schiere separate; dovremmo dire addio ai balli e alle riunioni, che non avrebbero più niente di

splendido se non i lampadari e le fiaccole; dovremmo far bancarotta al Corso, lungo il quale si vedrebbero soltanto

grotteschi fantasmi e spaventapasseri, e dovremmo infine nasconderci a noi stesse, e rompere tutti i nostri specchi di

Venezia, che ci mostrerebbero soltanto uomini e donne umiliati nell'austerità, ossia oggetti molto imbronciati e molto

ridicoli.

LIDAMONE

Questa è la più bella di tutte, ve lo dico io. Belisa e Celante sono ammirevoli.

PALAMEDE

Le loro riflessioni sono le più divertenti e le più spiritose che si possano immaginare.

CRISOLITO

Esse consentono di sostenere splendidamente la conversazione ma sempre alle spese di Élimore; io voglio invece che

egli si riconcili col sesso femminile e che scriva una commedia di cui posso dargli la traccia. Immagino già cose

bellissime su questo argomento, e il titolo sarà: Il trionfo del bel sesso. Che cosa ve ne sembra?

BELISA

Il titolo è lusinghiero, tutto il bel sesso vi dovrà essere grato.

[...]

CHEVALIER, GLI AMORI DI CALOTIN

Commedia

ATTO I

[...]

Scena II

Il Marchese, Il Cavaliere

[...]

MARCHESE (al Cavaliere)

Che facesti tu ieri?

CAVALIERE

Malinconico e cupo,

Andai per mio conforto a vedere La critica,

E lì mi fu concesso di scacciare la noia.

Diavolo d'un Molière, che tutti ci cattura;

La sala traboccava, ma pochi, ti assicuro,

Si trovarono esenti dai suoi pungenti strali:

Criticò tutti quelli che criticato l'hanno,

E berteggiò coloro da cui fu berteggiato!

Chi aveva canzonato La scuola delle mogli

Si sentì gentilmente strimpellare la sua:

Qualcuno dei presenti ne pareva contento,

Altri invece, e non pochi, ridevano di rabbia;

C'era chi ad alta voce diceva mirabilie

Nel sentirsi investito d'inauditi motteggi,

Ed io che non avevo parlato in alcun modo,

Assistevo alla scena con piacere infinito,

Vedendo che gli oggetti della canzonatura

Stavan nell'incertezza se ridere o infuriarsi.

Ma lo spasso maggiore fu che nei suoi discorsi

Egli diede la baia ai comici e agli autori,

E li costrinse a fare buon viso a mala sorte,

Quantunque in fondo al cuore fossero inviperiti.

Ammirate in che modo quell'uomo intelligente

Può ammansire la gente mentre la sta pungendo:

Per dimostrarci quanto la sua destrezza è grande,

Nel proprio personaggio ei canzonò se stesso,

Si capisse, se alcuno si fosse ribellato,

Che pure il beffatore rimaneva beffato,

Di modo che ciascuno, di fronte al suo talento,

Volse, benché irritato, la cosa in allegria,

E fu dell'opinione che per piacere oggi

Esser Molière bisogna o fare come lui.

Scena III

Il Marchese, Il Barone, Il Cavaliere, Il Conte

MARCHESE

Ah! Conte, alfin ti vedo!

CONTE

Fin qui sono venuto

Per vederti, ho notato la tua carrozza fuori,

E posso soddisfare la voglia che mi ha preso

Di divertirmi ancora con questi passatempi;

Ma prima che incominci l'annunciata commedia

Ti devo raccontare una storiella amena,

Sulla quale Molière ha eccitato i discorsi

E che mi par senz'altro degna del tuo interesse.

Avendo ultimamente assistito al Ritratto,

Mi son preso, Marchese, un angelico gaudio:

Del pittor che sappiamo si tracciava il sembiante,

Si credeva evocarlo così punto per punto,

Mentre devi sapere che nella congiuntura

Lui stesso era presente mentre lo si imitava;

Puoi dunque immaginare l'incredibile spasso

Di vedere ad un tempo copia ed originale.

Fu presa da ogni lato La scuola delle mogli,

E per farne la critica una di quelle dame

In un primo momento si concentrò soltanto

Sul punto della zuppa in cui si intinge il dito;

Poi di lì quei signori, con satira violenta,

Finiron per cadere sulla torta alla crema,

Ed il tratto più ameno che presero di mira

Fu poi quel «la» di Agnese, che tanto ha divertito.

Come, non è malizia a null'altra seconda

Biasimare quel «la» che è il diletto di tutti?

Ma ancor non è finita: biasimaron l'autore

Per le pulci che han fatto risvegliare i presenti,

E per il modo in cui Alain e la Giorgetta

Si chiamano a vicenda, che il poeta riprova.

Ancor più divertente fu quando un personaggio

Disse che la commedia era del tutto seria,

E benché conservasse una comica impronta

Mai nulla di più tragico si potesse vedere.

Poiché gli altri sul punto non sembravan d'accordo

Egli citò la frase: «Il mio gattino è morto!»

E disse fieramente che quella era tragedia,

Dal momento che il gatto la vita aveva perso.

Essendo del pittore la virtù messa in dubbio,

Gli domandò qualcuno: «Molière tu che ne dici?»

E lui pronto rispose col suo tono più dolce:

«Mirabile, perbacco! mirabile all'estremo!

Mi son visto qui dentro così ben sistemato

Che prima di otto giorni darò la mia risposta».

IL BARONE

Però mi è stato detto che ad alcune signore

Rispose come Arnolfo si esprime nella Scuola;

Poiché secondo loro non rideva abbastanza:

«Perdonatemi» disse, «io rido come posso».

CONTE

In seguito, saprai che l'illustre Molière

Li ha messi tutti in riga con le buone maniere,

E questo spiritaccio tutt'altro che altezzoso

Ha saputo destare in Boursault gravi ambasce.

CAVALIERE

Io so bene a che cosa questa satira tende;

Vogliono quei signori farci ridere e basta,

E quando li vedete fare di male in peggio

Lo scopo è di spillarci la metà di un luigi.

PHILIPPE DE LA CROIX, LA GUERRA COMICA

ovvero la difesa della Scuola delle mogli

[...]

Disputa prima

Melasia, Cleona, Filinte

MELASIA

Come debutta felicemente Molière in questa Scuola delle mogli: con un personaggio inutile! Questo Crisaldo che

compare con Arnolfo serve soltanto a dire versi che con l'argomento non hanno niente a che fare.

FILINTE

Chiamate un personaggio inutile, voi, una persona che dice tante belle cose in favore della confraternita dei cornuti?

Veramente, Signora, questi infelici che tutti perseguitano vi serberebbero rancore se toglieste loro un protettore tanto

benigno. Ma Crisaldo serve anche ad altro; l'antipatia che esiste fra lui e Arnolfo fa nascere felici considerazioni e dà un

fondamento al carattere geloso di costui.

CLEONA

Quale antipatia vi pare che esista fra i due? Arnolfo è felicissimo di sentire i discorsi di quell'amico beffardo, tanto che

lo invita persino a cena, e preferendolo a tutti gli altri gli presenta Agnese, che pure tiene sotto chiave con tanta cura.

FILINTE

Lo fa per convincerlo della buona scelta che ha fatto e dimostrargli che la semplicità della ragazza ch'egli vuole sposare

lo preserverà dalle corna che Crisaldo gli ha preannunciato.

CLEONA

Potrei perdonare Molière, se voi riusciste a giustificare le cento pistole. Arnolfo è tanto prodigo del suo denaro quanto è

avaro del suo onore. Come è possibile che presti dei soldi sulla sola garanzia della lettera di un amico, col quale non è

più in rapporto da quattro anni? non doveva avere qualche sospetto e temere una sorpresa da parte di Orazio?

FILINTE

Indubbiamente Molière ha sbagliato a non fare di Arnolfo un villan rifatto. Un uomo tanto geloso sarebbe accettato dai

critici di questa commedia, se dimostrasse della diffidenza e se avesse una cattiva opinione del figlio dell'amico suo. Eh,

se condanniamo la sua gelosia, lasciamogli almeno la libertà di disporre del suo denaro. Non conosce forse la calligrafia

del padre di quel giovanotto? Non sa forse che il suo debitore è solvibile? E Orazio non ha un aspetto tale da meritare le

cento pistole per la sua bella faccia, dal momento che dispone della raccomandazione di suo padre?

MELASIA

Come, anche voi sopportereste che un rivale vi portasse via del denaro per usarlo a vostro danno?

CLEONA

Oh, la pillola amara!

FILINTE

No, Signora, non lo permetterei. Dopo avergli dato il denaro con tanta buona grazia, lo prenderei per il collo e lo

obbligherei a restituirlo; perderei così l'occasione di approfittare della confidenza che mi sta facendo, sulla sua passione

e sul modo che segue per raggiungere Agnese; e sarei fiero di potermi considerare un galantuomo in grado di tenere

così bene rinchiusa una ragazza, e di essere quel signor de la Souche di cui ho appena fatto il panegirico.

CLEONA

Se Arnolfo confessasse generosamente di essere il signor de la Souche, apparirebbe giudizioso come Orazio, che gli

rivela tanto liberamente tutto l'intrigo. Dovete ammettere che questo giovanotto è sventato come pochi.

FILINTE

Faccio fatica a prender le sue parti in questa circostanza, non penserei mai che la gente possa essere tanto buona con me

quanto generoso sono io con lei dei miei segreti. Ma come poteva Orazio non aprire il suo cuore a un amico che gli

aveva aperto la borsa con assoluta onestà? Lui stesso dice che

L'allegrezza del cuore cresce se la diffondi;

Possiamo cento volte esser felici appieno,

Ma non siamo contenti se non lo sa nessuno.

Vorreste voi che questo giovane innamorato fosse più circospetto? E non merita Arnolfo, tanto impaziente di

apprendere la disgrazia di qualche sfortunato marito, che gli venga spiattellata proprio la sua? Davvero, non poteva

desiderarne una più recente e che meglio destasse la sua curiosità. C'è qualcosa di più naturale del momento in cui il

rivale, riferendosi a sua signoria, gli dà del matto e dell'uomo ridicolo?

MELASIA

Il racconto dell'avventura del quadrello e del biglietto m'interessa ancor di più. Il geloso esulta perché Agnese ha

eseguito il suo ordine; si immagina che il granito sia tutta la risposta che il rivale ha ricevuto, e per divertirsi gli chiede

molto comicamente:

E allora, i vostri amori?

Posso, signor Orazio, sapere come vanno?

Quest'uomo così rozzo merita senz'altro quel che gli accade; quanto ci fa piacere il suo stupore, quand'egli apprende il

contrario di ciò che si aspettava; quant'è divertente il suo riso forzato, e come rimprovererei Orazio se non gli

raccontasse l'accaduto.

FILINTE

Arnolfo lo pregava con troppa buona grazia perché Orazio potesse farne a meno. Ma se il colpo che Arnolfo riceve

garba molto a voi, la freddezza con cui ascolta il racconto è piaciuta molto a me, e benché sia stata condannata, mi pare

che Arnolfo le impartisca un colore gradevole quando a Orazio, che gli chiede quale ne è la causa, risponde:

Mi viene in mente

Proprio in questo momento che ho un affare in sospeso.

CLEONA

Arriviamo al difetto più evidente che si trova nella Scuola delle mogli. Si può ammettere che questa Agnese, che nelle

prime scene sembra l'innocenza in persona, perda con tanta prontezza la sua ingenuità? Si sveglia furiosamente in fretta!

Scrive la letteruzza e la fa pervenire a Orazio servendosi dello stesso stratagemma del suo protettore. Mi pare un po'

troppo disinvolta per essere una ragazza cresciuta in solitudine; al mondo ce ne sono tante che si comporterebbero più

scioccamente di lei.

FILINTE

Quando Agnese manifesta il suo candore, possiamo scoprire in lei anche una certa intelligenza, nascosta tuttavia sotto

una coltre che deve essere dissipata dall'amore. Lei proviene da un buon collegio e ha buone capacità di raziocinio; ma

l'educazione le ha in gran parte assopite, sicché non potrebbero avere quegli effetti che tanto ora vi stupiscono, se le

stesse non venissero risvegliate dall'amore. La ragazza appare sciocca finché Arnolfo non si oppone alle sue

inclinazioni; ma quando questi parla male di Orazio, lei prende le difese del giovane e dichiara ad Arnolfo che non può

amare un altro uomo. Quando lui dice di volerla sposare, risponde gelidamente e resiste tre volte all'ordine che riceve di

trattar male l'uomo che ama. Una tale resistenza non lascia intendere che la ragazza farà di tutto per avvertire Orazio

della violenza che gli vien fatta? Per quanto educata nella semplicità, avrà pure appreso che la scrittura è stata inventata

per manifestare il nostro pensiero quando non possiamo parlare. E non la biasimereste forse se si astenesse dal ricorrere

a un linguaggio muto, quando Arnolfo con la sua presenza le chiude la bocca?

MELASIA

Quella ragazza, tuttavia, impara troppo presto le astuzie d'amore.

FILINTE

Vi meravigliate che l'amore tolga ad Agnese l'ingenuità? L'amore è uno straordinario maestro. Non si accontenta di

liberare l'intelligenza, talvolta la fornisce. [...] Se l'amore supera le barriere che gli oppone la natura, come possono

contrastarlo quelle dell'educazione? La lettera di Agnese non è esattamente quella che scriverebbe una ragazza vissuta

come lei senza conoscere il mondo? Non è la descrizione di un'anima bella e candida? E si può desiderare qualcosa che

esprima più perfettamente il suo pensiero? [...]

MELASIA

Non avrei mai pensato che si potesse difendere Molière su questo argomento.

CLEONA

Forse Filinte non riuscirebbe a giustificarlo in maniera tanto convincente, se gli ricordassi che questa commedia si

svolge tutta attraverso eventi raccontati.

FILINTE

Un autore che scrive per il teatro deve esaminare se la narrazione di un evento può avere un effetto migliore della sua

rappresentazione; e quando non può rendere un evento più piacevole agli occhi degli spettatori di quanto non risulti

semplicemente immaginandolo, lo deve raccontare. Gli incidenti che avvengono in questa commedia sarebbero ridicoli,

visti sul palcoscenico; ma reca molto piacere l'apprenderli dalla bocca di Orazio e vedere quanta inquietudine

provocano nel signor de la Souche. Potreste sopportare di veder comparire l'armadio? Certo, questa novità farebbe una

piacevole impressione! Arnolfo andrebbe avanti e indietro a grandi passi, picchierebbe i pugni sul tavolo, si sentirebbe

gridare il cagnolino, e i cocci del vaso di Agnese desterebbero senza dubbio la nostra ammirazione. Anche la scalata

notturna sarebbe una buona cosa. Si riderebbe senz'altro se Alain e Giorgetta prendessero a bastonate una scala di corda.

Forse Molière, per migliorare lo spettacolo, potrebbe abilmente mettere una corda al collo di Orazio, come si faceva

all'Hôtel nel Don Pèdre de Carcassonne, dove l'attore che impersonava il padre della ragazza che doveva essere rapita

parlava in falsetto per contraffare la donzella e strangolava uno dei rapitori che questo bell'espediente aveva attirato

sulla scala.

[...]

Disputa seconda

Melasia, Cleona, Filinte, Alcippo

ALCIPPO

Si sta parlando di Molière? C'è forse qualcuno che ne dice male? Perbacco, Molière è l'incomparabile. Gli devo, Dio mi

salvi, metà della mia buona salute, da quando ho visto cinque o sei amici miei rappresentati sulla scena.

Ma vi dirò punto per punto.

Dorante, che ho appena lasciato alle Tuileries, è felicissimo che Molière lo passi al setaccio; dopo di lui, si ricomincia

da capo; è l'originale migliore che Molière abbia mai trovato; sono fatti, poffarbacco, l'uno per l'altro, e il poveretto

prova tanto gusto nel farsi canzonare che appena è stato berteggiato sotto un costume ne assume subito un altro ancora

più ridicolo. Sei tu, Filinte, che ti metti contro Molière, sei tu?

FILINTE

Al contrario, io lo difendo.

ALCIPPO

Perbaccone! Filinte, quanto mi piaci; è da galantuomini schierarsi in suo favore. Chi sa ridere sta dalla sua parte, solo i

poeti e i commedianti lo attaccano. Da quando è a Parigi, ci siamo mai divertiti maggiormente alla commedia? Mi ha

insegnato a riconoscere le macchiette; vedo in giro solo Mascarilli, Sganarelli e Arnolfi.

CLEONA

Vi piacerà dunque La scuola delle mogli, dal momento che avete tanta stima dell'autore.

ALCIPPO

La scuola delle mogli? Mah, così così, non è la migliore delle sue commedie; ha qualche difetto, ma il resto è buono.

Perbacco, quel suo quadrello fa proprio un bell'effetto! una lastra di granito in una commedia, gran Dio! tutt'altro che

male, ve lo dico io. Come diavolo si può immaginare che una ragazza lanci una lastra di granito? quel che si dice una

lastra di granito è un pezzo di pavimento che una ragazza riesce appena a sollevare. Arnolfo doveva essere amico del

commissario di quartiere per far piovere impunemente dei quadrelli dalla finestra in pieno giorno.

FILINTE

Ci sono quadrelli di ogni misura, e Orazio dice che Agnese aveva gettato il suo quadrello con la mano.

ALCIPPO

Perbacco, ha detto pure che il quadrello non era piccolo e che poteva accoppare la gente.

FILINTE

Grosso al punto che un pugno di quella roba sarebbe in grado di accoppare un gigante.

CLEONA

Il Signor Marchese, che fa tanto il difficile in materia di granito, si accontenterebbe della metà. Ma non vi pare, Filinte,

che Orazio perda il giudizio quando viene a cercare una lettera nei dintorni del granito, o meglio va a prendersi un

quadrello in testa? L'amore lo rende dunque tanto temerario?

FILINTE

Orazio non ha nulla da temere, sa che Agnese lo ama, e la lettera che vede cadere assieme al quadrello lo garantisce a

sufficienza delle buone intenzioni della ragazza. Quando vorrete, Signora, fare altrettanto nei miei riguardi, e parlando

lo stesso buon francese, vi renderete conto che un amante appassionato non si spaventa per così poco.

ALCIPPO

Perbacco, tu non saresti tanto goffo, tanto sprovveduto.

FILINTE

Sarei goffo come Orazio e raccoglierei il biglietto.

ALCIPPO

Bella commedia questa Scuola delle mogli, che si svolge in una strada!

FILINTE

Non è quella la scena?

ALCIPPO

Stupidaggini. Hai mai visto otto persone riunirsi in mezzo alla strada come accade nel finale di questa commedia?

FILINTE

Perché no? dove vuoi che si trovino, se non nel luogo in cui si svolge l'azione? Tutte le commedie di Plauto e di

Terenzio si svolgono e hanno il loro scioglimento in una pubblica piazza.

ALCIPPO

Perbacco! scommetterei che non è proprio vero per tutte.

FILINTE

Come lo sai? chi te l'ha detto? tu le hai lette?

ALCIPPO

Io? Mai. Me l'ha detto un poeta che è un uomo d'onore e che non oserebbe mentire. Una commedia in mezzo alla strada,

in un crocicchio!

CLEONA

Voi come avreste fatto?

ALCIPPO

Come? Come si fa nel Bugiardo, in cui il primo atto si svolge alle Tuileries, il secondo in una casa e gli altri in diversi

quartieri della città.

MELASIA

Tutto qui? non avete altro da dire contro la commedia?

ALCIPPO

Questa è soltanto la quarta parte dei difetti. Io vi riscontro tutti quelli che Boursault ha messo in evidenza nel Ritratto

del pittore.

CLEONA

Grazioso questo Ritratto del pittore.

FILINTE

La mano che lo ha fatto è molto abile, sarebbe difficile trovare un'opera più fine se ci fossero meno invettive contro

Molière. Niente è più stimabile di una critica che attacca soltanto l'opera e che rispetta l'autore. Quando si crea qualcosa,

tutti hanno il diritto di censurarla; la si può anche impunemente prendere in giro, se c'è l'occasione. Ma la libertà con cui

possiamo esprimere la nostra opinione sull'opera non deve diventare il pretesto per ingiuriare l'autore; possiamo rilevare

le sue mancanze senza prendercela con la sua persona.

ALCIPPO

Ragioni bene tu! Molière prende in giro tutti e nessuno può prendere in giro lui?

FILINTE

Il suo teatro è istruttivo e divertente, e lui non ha ancora spinto l'agro della sua satira fino a consentire, come è stato

detto, di riconoscere le persone che rappresenta e di dar loro un nome.

ALCIPPO

Ah! Filinte carissimo, mi fai davvero pena. Ho visto amici miei bersagliati da Molière come di più non si potrebbe. Li

ho riconosciuti, perbacco, alla prima mossa, e ce ne sono molti che egli faceva così somiglianti da trarre in inganno

anche lo spettatore più smaliziato. Tu questo lo chiami non far riconoscere la gente con sufficiente chiarezza?

MELASIA

Ho riconosciuto, imitate da lui, almeno venti persone e il loro ritratto mi

è sembrato inimitabile.

CLEONA

C'è una persona che non posso vedere senza ricordarmi del marchese di Mascarille.

MELASIA

Ho la fortuna di conoscerlo?

CLEONA

Lo vedi spesso; (sottovoce) è Alcippo.

ALCIPPO

Scommetto che state parlando del mio uomo delle Tuileries, di Dorante.

MELASIA

Non esattamente, ma gli assomiglia molto.

ALCIPPO

È Dorante, Dio mi salvi. Voi ridete! Ah perbacco! Ho indovinato. Filinte, queste signore ti hanno convinto; e adesso

dimmi ancora che Molière non dipinge la gente al naturale.

FILINTE

Ma non lo sai che fa soltanto ritratti in generale, che non feriscono nessuno in particolare e che nessuno può dire che si

riferiscono alla propria persona?

MELASIA

È vero, ma tutti li applicano ai loro conoscenti.

FILINTE

Io non credo, Signora, che i riferimenti che si possono fare nuocciano alla causa di Molière. Il ritratto che voi mettete in

relazione a un uomo di vostra conoscenza assomiglia a mille altri, e non vale per costui più che per il resto del mondo;

un pittore che mostrasse in un quadro soltanto una mano non farebbe il ritratto della mia mano; si potrebbe dire che la

mano riprodotta assomiglia alla mia, ma si potrebbe anche presumere che sia stata eseguita a imitazione della mano dei

miei conoscenti, ed anche della mano di gente che non conosco. Si è fatto anche qualcosa che è molto più riprovevole di

ciò che viene imputato a Molière: si sono usati tutti gli artifici immaginabili per convincere le persone dell'alta società a

considerarlo come un tipo che diverte i borghesi a spese loro, e si sono condannati i suoi ritratti universali soltanto per

avere l'occasione di farlo a pezzi per mezzo di un ritratto particolare che assomiglia solo a se stesso.

CLEONA

Ma, Filinte, questi ritratti universali hanno pure avuto un originale, e ogni persona a cui essi assomigliano può pensare

di aver fatto da modello.

FILINTE

È possibile che Molière abbia lavorato su qualche originale; ma poiché questi ritratti assomigliano a mille persone,

appare evidente che essi sono fondati su principi generali. Come che sia, noi non possiamo riferirli a una sola persona, e

se qualcuno si offende è facile dimostrargli che il suo ritratto assomiglia a mille altri. Molière è stato berteggiato

apertamente sul palcoscenico, mentre lui ha messo in scena solo persone mascherate e sotto mentite spoglie.

ALCIPPO

Vallo a raccontare ad altri.

MELASIA

Il ragionamento di Filinte è del tutto sensato.

ALCIPPO

Sciocchezze, Signora.

MELASIA

Sciocchezze non è una ragione.

ALCIPPO

Alcippo ci convincerebbe se non avessimo visto L'improvvisazione di Versailles. Molière, dice Filinte, attende soltanto

a quadri universali, e tuttavia ce ne sono cinque o sei nell'Improvvisazione che sono fra i più belli che si possono fare

dal vero, e che gli autentici originali si sono elegantemente attribuiti.

FILINTE

Non nego che coloro a cui questi ritratti assomigliano siano gli autentici originali; sarebbero ciechi se non ravvisassero

se stessi in una pittura così parlante e ingenua. Molière li ha tuttavia dipinti dopo che essi lo hanno preso in giro sul loro

teatro; Molière ha reso loro la pariglia, e quando non avesse altra ragione per difendersi, non lo potremmo biasimare.

Ma tu lo sai che egli ha fatto tutto questo per ordine di Sua Maestà?

MELASIA

Molière li può canzonare fin che vuole, loro fanno parte della migliore compagnia che esista in Francia.

CLEONA

Egli non ignora che essa appartiene a un grande sovrano, che non se n'è mai vista una migliore per rappresentare

un'opera seria; sa tuttavia che nel genere comico si può far di meglio.

FILINTE

Anche nel tragico. Molière recita nel tragico come nessun altro attore al mondo.

ALCIPPO

Non è propriamente la sua vocazione.

FILINTE

Io invece sostengo che egli non ha uguali nel tragico proprio perché recita splendidamente nel comico.

CLEONA

La conseguenza è nefasta.

MELASIA

Chi riesce nel genere buffo non eccelle in quello serio. Ma che cosa stavate dicendo?

FILINTE

Che il gattino è morto, Signora, e che poiché Molière recita la tragedia della Scuola delle mogli in maniera inimitabile,

non c'è nessuno che lo uguagli nel tragico.

MELASIA

Molto originale, come mi giunge nuovo che il decesso di un gattino possa giustificare il nome di tragedia, quasi si

trattasse della morte di un grande monarca.

CLEONA

Non sai dunque, cugina, che in materia di tragedia esiste una massima di cui nessuno più dubita?

Un'opera è buona in ugual modo

Quando muore un micino come un'altra persona.

[...]

Disputa quarta

Melasia, Cleona, Filinte, Alcippo, Alcidoro

[...]

ALCIPPO

Avete pronto qualcosa di nuovo, signor Alcidoro?

ALCIDORO

Sì, Signore.

CLEONA

Un'opera seria?

ALCIDORO

Sì, Signora.

ALCIPPO

In cinque atti?

ALCIDORO

Sì, Signore.

MELASIA

L'avete terminata?

ALCIDORO

Sì, Signora.

ALCIPPO

Qual è il soggetto, Signor Alcidoro?

ALCIDORO

È il caso di chiederlo? è una storia romana.

ALCIPPO

Perbacco, bisogna sceglierla bella e scriverla bene, trattare adeguatamente ciò che è storico, preparare bene gli incidenti,

e soprattutto fare una bella catastrofe, che è la pietra di paragone in cui possono trovarsi nell'imbarazzo anche gli autori

più agguerriti. Se avete qualche attore che lo spettatore desidera rivedere alla fine dello spettacolo, non fategli fare

sforzi che gli impediscano poi di ritornare.

FILINTE (sottovoce)

Ah! il gran dottore. Non capisce le mie lezioni.

ALCIDORO (ad Alcippo)

Dite cose molto sensate, voi sapete cos'è il teatro.

ALCIPPO

Credo che una persona che va a teatro come me da quindici anni debba pur saperne qualcosa. Il lavoro che state

preparando avrà un grande successo.

ALCIDORO

La gente è così bizzarra oggi che non so davvero che cosa posso sperare.

ALCIPPO

Siete nei guai. Mettete insieme cinque o sei belle teste, di quelle dal gusto fine, e sentite cosa ne dicono. I versi sono

belli? sono delicati? sono forti?

ALCIDORO

Vengono considerati piuttosto buoni.

ALCIPPO

Bene, in fede mia. Vi saranno qua e là intercalati dei momenti comici.

ALCIDORO

È un'opera seria da cima a fondo.

ALCIPPO

Beh, il genere serio può piacere ancora, se è ben condotto; ma, credetemi, per la gente va meglio il comico. Non esitate

a farvi ricorso.

ALCIDORO

Il comico, buon Dio, in una composizione seria! Se fossi tanto imprudente da commettere questo errore, Molière non

me lo perdonerebbe. Tanto varrebbe per me avere scritto la scena del notaio della Scuola delle mogli, in cui Arnolfo non

sente ciò che gli viene detto e il notaio risponde a ciò che non gli viene detto affatto.

FILINTE

Questa scena va contro la verosimiglianza?

ALCIDORO

Vi pare logico che Arnolfo risponda tanto a proposito a una persona, il notaio, che non sente le sue parole e che gli offre

l'occasione di parlare di tutte le clausole di un contratto di matrimonio? E il soliloquio che lo stesso Arnolfo fa dentro di

sé come può essere inteso dal notaio?

FILINTE

Quel che dice Arnolfo riguarda più lo stato dei suoi affari che le clausole di un contratto di matrimonio, e quel che voi

chiamate il soliloquio che fa Arnolfo dentro di sé, non deve essere considerato come il ritratto dei suoi pensieri ma

come autentiche parole che l'ira e il turbamento gli fanno profferire. Ci sono dei precedenti, a questo proposito, negli

scrittori antichi, e voi sapete meglio di me che nella Donna di Andro di Terenzio, Panfilo, che dovrebbe sposarsi contro

la propria volontà per compiacere il padre, dice a se stesso più di trenta versi di seguito, intorno alle noie che gli procura

tale imposizione, mentre una ragazza ascolta parola per parola tutto il discorso che il dolore detta al giovane.

ALCIDORO

Potete dire quel che volete, Molière non è quel che si pensa che sia. Voglio scrivere contro di lui, io. Ci sono tanti di

quegli errori...

FILINTE

Avete materia per scrivere due volumi.

ALCIPPO

Con una dozzina e mezza di quartine a cinque versi, può accomodarlo a dovere.

ALCIDORO

Non sono il solo a pensarla così; tutti coloro che sanno di teatro sono di questo parere.

FILINTE

Potete aggiungervi gran parte degli attori che lo fanno. Grande è il loro dispetto contro Molière; ma il vantaggio che ne

trae Molière è che nessuno li ascolta.

ALCIDORO

Gli autori hanno tutto l'interesse a metterlo in cattiva luce. Se non hanno il talento per riuscire altrettanto bene nel

comico e se per colpa di lui il teatro serio non interessa più, che ne sarà di loro?

ALCIPPO

Lo guarderanno fare. In fede mia, i grandi uomini oggidì lavorano tutti per la gloria. Soldi per loro non ce n'è più.

ALCIDORO

Una cosa è chiara come il sole: si abbandonano le grandi opere in favore delle farse!

CLEONA

Ma se la comicità del suo teatro attrae più della nobiltà del teatro serio, e se la gente si diverte, che male c'è?

ALCIDORO

Questo non accadrà mai, Signora, le persone di giudizio preferiranno sempre il teatro serio.

CLEONA

Bisogna davvero che non ci sia più giudizio in Francia, dal momento che quel che dico io lo dicono tutti.

ALCIDORO

Sono gli autori che devono pronunciarsi; soltanto loro hanno la

competenza necessaria.

MELASIA

Se si consultassero solo gli autori, intorno alle opere che vengono rappresentate, non se ne salverebbe una. Si sa che

hanno tutti la vocazione di dire peste dei loro colleghi.

FILINTE

Mi meraviglia che le opere di questi spiriti così illuminati abbiano talvolta un esito tanto cattivo. Perché essi non

contestano il giudizio del pubblico, visto che non ha competenza? Il nostro denaro fa loro piacere, ma non possono

apprezzare le nostre ragioni. Voi stesso, Signor Alcidoro, non avete risposto a proposito di Terenzio.

ALCIDORO

Eh, Signore, è dunque tanto difficile disilludervi?

FILINTE

Perché non rispondete alla mia domanda su Terenzio?

ALCIDORO

Ha commesso un errore anche lui.

FILINTE

Preferite condannare un autore che vale più di voi piuttosto che perdere un'occasione per dir male di Molière.

ALCIDORO

Perdonerei un tale accecamento a un borghese, ma...

FILINTE

Siete troppo buono, Alcidoro, io mi trovo bene così. Sono in grado di giustificare quel che dico. Viviamo in tempi in cui

sono un po' rari i bei soggetti per una commedia; e non vengono più elaborati alla maniera degli antichi; l'amore è

diventato saggio da noi; i nostri servitori non hanno più l'audacia di quelli d'un tempo; non si uccella più il vecchiardo

per favorire il capriccetto di suo figlio, ed è straordinario che un autore come Molière abbia rappresentato con successo

ben nove commedie. Mai si fu tanto esigenti e tanto contenti nello stesso tempo, e se egli ha saputo raffinare il nostro

gusto, ha pure trovato il modo di appagarci.

ALCIDORO

Per la verità, se Molière vi piace tanto, il merito è degli altri. Molière legge tutti i libri satirici, rubacchia dall'italiano,

rubacchia dallo spagnolo, e non c'è libriccino che sfugga alle sue grinfie. Prende in Boccaccio, prende in Douville, e la

sua Scuola delle mogli è soltanto una miscellanea della Precauzione inutile e di una novella di Straparola.

FILINTE

Credo che La precauzione inutile e le novelle di Straparola gli abbiano in parte fornito il soggetto, credo pure che egli

abbia letto gli Italiani e gli Spagnoli e che ne tragga occasionalmente qualche spunto; ma il buon uso che ne fa lo rende

ancora più degno di lode. Vorrei proprio sapere per quale ragione un autore comico non possa avere la libertà di servirsi

delle letture che fa, mentre i poeti tragici prendono dagli autori antichi interi argomenti, ne traducono centinaia di versi

e si fanno belli dei loro brani migliori. Bisogna davvero essere irragionevoli per ammettere una tale disparità.

ALCIDORO

Lui traduce commedie intere; le sue Preziose sono prese dagli Italiani.

FILINTE

Gli Italiani le hanno ricevute da un abate che ha la stima di tutti. Plauto e Terenzio adattavano le opere dei Greci e molti

vostri colleghi hanno fatto parecchi viaggi in Spagna.

ALCIDORO

Apriamo gli occhi, Signore, riconosciamo che ci prende in giro e che siamo abbagliati da illusori splendori.

CLEONA

Quanto sono ostinati questi autori!

ALCIPPO

Come vi riscaldate, Signor Alcidoro.

ALCIDORO

Mi lascio trasportare, talvolta, quando considero l'avanzata di un Molière, di un uomo che, ricco soltanto delle spoglie

degli altri, detta legge al mondo intero. Le sue commedie sono condotte in modo irregolare, gli incidenti sono forzati, i

versi abietti e fiacchi, le catastrofi detestabili; egli non osserva le regole di Aristotele e di Orazio e si oppone a tutto ciò

che è stato scritto intorno alla poesia drammatica...

[...]