La donna sul letto

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due atti

di Franco Brusati

Questa commedia ha bisogno di:

UNA PRIMA ATTRICE

(Maria - La madre di Luca - Il Vescovo)

UN PRIMO ATTORE

(Luca - Il commissario - Il clown - Il padre di Maria)

UN'ATTRICE GIOVANE

(Una ragazza - Isabella - L'infermiera - La signora Gavazzi - Un orso - Un cavallino)

UN ATTORE GIOVANE

(Il dottore - Riccardo - Un uccello azzurro - Un orso - Un cavallino)

UN ALTRO ATTORE GIOVANE

(Un ragazzo - Il fratello di Maria - Wolfgang - Babbo Natale - Un orso - Un cavallino)


Atto primo

La scena è neutra, color crema o grigio chiaro. A destra un divano. Al centro una sedia. Infondo, da metà parete fino alla parere di sinistra, una tenda bianca scende su una pedana. Quando la tenda si apre, vedremo sulla pedana un letto. Sul divano è seduto il dottore, in camice. Sulla sedia è seduto Luca. Un silenzio.

luca    Quello che nei morti dà in genere più fastidio, è l'odore.

dottore     Giusto.

luca Odore mortuario, per l'appunto, e vorrei anche aggiungere francamente inutile. Sappiamo che sono morti. Non li vedremo più. Finiti i baci, le carezze, lo sguardo che consola, il fruscio di una veste, i passi per le scale. Perché dunque insistere, perché un altro segnale, come quei coretti a bocca chiusa che non si decido­no mai a lasciare il palcoscenico?

dottore    (consentendo) L'odore è superfluo.

luca   Bisognerebbe raccomandare ai morti di agitarsi meno,

dottore    (con un sorriso) D'accordo.

luca   Un goccio di vermut?

dottore    (rifiutando con un cenno) Grazie.

luca (alzandosi) L'esperienza di una lunga vita - diceva Giacomo I Stuart - mi ha insegnato che non succede mai niente.

dottore    Questo è un paradosso!

luca    Sì.

dottore Se io avessi fatto lo scrittore, anziché il medico, avrei usa­to moltissimi paradossi.

luca    (aggressivo) Lo dice adesso!

dottore      Glielo giuro.

luca   Non si può essere sicuri di niente!

dottore    Questo è vero.

luca Io sono nato a Milano, entro la cerchia dei Navigli, in una casa abbastanza bella dalia facciata liberty. Più che bella, signori­le. Pioggia e polvere hanno finito per annerire le finestre, i ricci e i rosoni. Ho visto rincasare mia madre il giorno che m'ha comprato una palla. Desideravo moltissimo quella palla. Era una pal­la a spicchi, a colori. Allora non usavano buste di plastica, la por­tava in una reticella. Carissima madre vista dall'alto, chiusa nei tuoi pensieri in una strada così signorile! Camminava lungo il muro dondolando la reticella, e in quel momento io seppi clic esi­steva davvero, snella e fedele, poiché non poteva certo accorgersi che la stavo spiando. (Spiegando) Io faccio spesso così. Fingo di dimenticare una cosa, la borsa, gli occhiali, perché sono convinto che appena noi voltiamo le spalle gli oggetti scompaiono o cam­biano di posto, e io vorrei riuscire a sorprenderli prima che lo ri­trovino.

dottore A me è successo il contrario. Ricordavo benissimo dove avevo lasciato la macchina, e non l'ho trovata più. (Abbassa gli occhi, confuso) Mi scusi.

luca (riprendendo) I miei genitori sono morti, io mi sono sposato, in quella casa è nato mio figlio. Pure, nelle sere d'inverno, sì può ancora udire il fruscio familiare delle persiane che vengono chiuse sulle stanze illuminate. Un bambino può ancora tracciare il profi­lo di un cane sui vetri appannati delle finestre. Disegnare un albe­ro, un cavallo. Poi il vapore si condensa, gocciola giù, e tutto si cancella nella gran felicità del silenzio. (Un silenzio)

dottore   Milano è una città mollo europea.

luca   Lo dicono tutti.

dottore    Oggi un po' meno.

luca    Sì, oggi meno, (Un silenzio)

dottore Bene. Io devo tornare dai miei pazienti. Vorrei uscire dal­la stanza con dignità, se non le dispiace.

luca    Prego. (Si alzano)

dottore    Vogliamo dare un'occhiata alla signora?

luca Con piacere. (Tira la tenda. Appare la pedana e sulla pedana un letto. Sul letto è distesa supina una donna dai capelli rossi, in camicia da notte bianca, gli occhi chiusi)

dottore    (ironico) "Snella e fedele", eh?

luca    Quella è mia moglie, non mia madre!

dottore    Sua madre è morta.

luca   Allora era giovane.

dottore Io vorrei scoprire le gambe, a questa qua. Sfiorarle il sesso.

luca    (guardando la donna con tenerezza) Ha un respiro dolcissimo.

dottore    Chiamarla piccola sgualdrina, fioretto di carne.

luca   (come sopra) Il polso le batte appena.

dottore (alla donna) Hai gli occhi chiusi, ma Io vedi benissimo. Lo vedi, il mio corpo, sotto il camice bianco. Bella signora! Io ho gambe giovani e lisce. Ho due colonne, protese su fino al frut­to proibito. Preferisco le ragazzine, ma la tua rosa frolla mi esal­ta. Hai camminato severa per le vie di Milano, i commessi ti apri­vano le porte, una goccia di Arpège mascherava l'odore afro del busto. Apri la bocca! Apri le cosce bianche! Aprimi il ventre! I seni, i seni!... Tata taratara tatara tata!

luca    Dottore.

dottore    (ancora schiumante, gli occhi appannati) Sì?...

luca    La prego.

dottore    Oh!... Mi scusi, signor Morassi. Mi scusi.

luca   Per carità.

dottore    Forse mi son lasciato un po' andare.

luca   Non è nulla.

dottore    Un francese direbbe "Je m'oubliais".

luca   Esatto.

dottore Ad ogni modo mi sembra che tutto sia in ordine. Se ha bisogno di qualcosa non ha che da chiamare l'infermiera. Io tor­nerò molto presto.

luca    La ringrazio.

dottore   Morassi?...

luca    Luca. Mi chiamo Luca.

dottore    Benissimo. Arrivederla, Luca.

luca Arrivederla. (il dottore esce) Alle volte mi chiedo se è un buon dottore.

(Va a chiudere la tenda, Man mano che chiude, an­dando verso sinistra, s'illumina il fondo a destra: oltre la parete appaiono due ragazzi, seduti l'uno accanto all'altra come due spettatori)

Eh, Maria. Dolce Maria. Ti ho amata abbastanza? Ti ho presa fra le braccia le notti di tempesta? (Va a prendere la se­dia e la sposta contro la parete di sinistra) Ti ho vezzeggiata, sfi­data a duello, giocata a boccette? Ho diviso l'ostia con te? (Va verso il divano, sfilandosi giacca e cravatta) Ho soffiato sul tuo cucchiaino perché il brodo era caldo? Un giorno avrei potuto be­nissimo spararti alla nuca mentre eri china allo scrittoio. Facevi dei conti, ricopiavi dei numeri... (Comincia a rimboccare le mani­che della camicia) Ma non ho sparato. Il tempo passa, Maria. Ora è tardi.

(Si avvia verso destra per uscire. Ma all'ultimo istante ral­lenta e si ferma,, come avesse sentito qualcosa nella schiena. Si volta. All'estremità opposta della scena appare Maria, che si fer­ma a sua volta sulla soglia. Sembra molto giovane. Si guardano sorridendo. I ragazzi stanno nel mezzo, in fondo alla scena)

ragazza   Sono contenta che siamo venuti qua.

ragazzo    Anch'io.

ragazza    Tuo padre, mia madre, mio fratello...

ragazzo    Stanno ancora seduti a tavola.

ragazza    Io non ero mai stata sul lago di Como.

luca   Com'è possibile, Maria?...

maria (allegra) Ero sfollata proprio qui, durante la guerra. Ho vi­sto Milano bruciare sotto i bombardamenti. Bruciare la mia casa. La casa dei nonni. Ero felice.

luca   Allora ci sei già stata, sul lago.

maria   Mai.

luca    (uscendo) Adesso siamo sul lago.

maria    Sì.

voce di luca   E c'eri venuta fin da bambina.

maria   Mille volte. Tutti fuori in giardino, la notte, a contemplare il cielo illuminato a festa.

(Rientra Luca in maniche di camicia e colletto aperto, con un plaid che stenderà per terra, e un cono ge­lato)

Erano bombe, riflettori, esplosioni, incendi. Anche una mia amica rima.se schiacciata sotto le macerie. Laggiù bruciava il mondo e io stavo qua, in un tepore delizioso e oscuro che sarebbe durato per sempre.

(Luca allarga le braccia con allegra desolazione)

luca Adesso è finito. (Le porge il gelato) To'. (Maria lo prende, mettendosi anche lei sul plaid)

ragazza   Io ho molto coraggio.

ragazzo     Lo so.

ragazza   La mia idea del matrimonio è una gran cappa di raso

bianco e un diadema di brillanti. maria    io credo nei viaggi per mare, negli amori senza domani, e

sono convinta che i principi e ricchi sono molto superiori a noi.

luca       Sì.

maria    La ricchezza è l'unica prova seria dell'esistenza di Dio.

luca   D'accordo.

maria Sono anche convinta che le razze nordiche sono superiori al­le altre. Prima il Signore ha creato le bestie, poi gli uomini in bianco e nero, poi quelli a colori. Come puoi dubitarne, Luca? È evidente. La pelle, le proporzioni, il mare negli occhi, i ca­pelli...

luca    Io non sono mica biondo.

maria    Mio fratello sì. (Si sdraia supina, leccando il gelato)

ragazza    Sei mai stato innamorato di mio fratello?

ragazzo   No.

ragazza   Neanche a scuola?

ragazzo     No.

ragazza   In palestra, coi calzoncini corti, i capelli arruffati?...

ragazzo    Mai.

ragazza    Io sì. (Torna a guardare verso la scena, sognante)

maria Mentre venivamo qua in macchina, così pigiati, ho visto che il sesso gli era diventato gonfio e rigido. Se in quel momento aves­se dovuto alzarsi in piedi, povero ragazzo, magro com'è sarebbe cascato in avanti.

luca    Be'... Le cose non stanno proprio così, Maria.

maria    Sì, invece! Lo so benissimo. L'ho disegnato mille volte.

luca    Forse avevi preso un modello troppo grande.

maria Mi ammalavo e disegnavo, mi ammalavo e disegnavo, mi ammalavo e disegnavo.

luca    Sposami, Maria.

maria E malgrado questo, un corpo così fragile! Tutto ve lo può rompere, bucare, schiacciare... Ma come fate a sopravvivere con lo scheletro all'interno, invece che fuori? Non vi protegge.

luca   Anche le femmine sono fatte così.

maria    Non quelle d'aragosta!

luca   No. Le aragoste no. (Le accarezza i capelli)

ragazza    (sottovoce) Adesso devi spogliarti.

ragazzo    Come sarebbe?... Io?!

maria Non vivremo più questo giorno. Non saremo mai più così giovani. Non berremo più del vino rosso con quel tuo padre imbe­cille che legge le etichette e dice "Buona annata".

luca Se è per quello, tua madre ha ripetuto ancora che prima della guerra c'era una differenza netta fra primavera, estate e inverno - e adesso non c'è più.

maria    S'è scordata l'autunno!

luca   Non sta lì il punto, Maria...

maria E anche avesse detto una sciocchezza!... Non possiamo più cancellarla. È già un ricordo.

luca   Hai ragione.

maria   (guardandosi attorno) Fra poco è buio.

luca      Sì.

maria   L'ora legale non serve a niente.

LUCA     No.

maria    Aiutami, Luca.

luca   Ma cosa vuoi che faccia?...

maria   Aiutami! (Luca sillaba con dolcezza, sorridendo)

luca È il 12 giugno, Maria. Il 12 giugno 1960. (Maria lo abbraccia con impeto, turbata. Luca ridacchia. I ragazzi nel fondo scom­paiono) Su, su. Non preoccuparti. Penserò io ad aggiustare le co­se. Scriverò un libro. Forse un romanzo. (Maria sorride appena e si avvia verso il divano, mentre Luca si gira verso la platea e co­mincia a ripiegare il suo plaid)... Così verranno mio padre, tua madre, tuo fratello. Il proprietario del ristorante. Perfino il cane che ha fatto i suoi bisogni sopra un angolo del mio plaid... (Maria incomincia a infilare una vestaglia)... Tutti, tutti. Verranno tutti a chiedere "Metti anche me, nel libro! Cita anche me! Almeno una frase, un rigo, una parola... Fa' salire anche me, sulla zattera dei due ragazzi, ormai fuori dal tempo!"'. Maio sarò inflessibile. Non farò salire nessuno. (Ha raccolto il plaid e torna a sua volta verso il divano) Scriverò solo di noi. Sottili e nudi in riva al lago di Comò.

(Ma le ultime parole gli si strozzano in gola, poiché quella che si ritrova davanti, seduta sul divano, non è già più una ragazza, ma una donna matura. Solida, forte. Indossa una vesta­glia che la ingrossa un po'. Sta raccogliendo i capelli sulla testa e li fissa via via con le forcine. Accende una radiolina dalla quale si sprigiona assordante un'aria d'opera. Se le scarpe le fanno ma­le, se le toglie. Si accorge del silenzio di Luca e alza lo sguardo. Luca è immobile, un po' ridicolo, il plaid penzoloni come la co­perta di Linus. La donna si alza, glielo prende di mano e comincia a ripiegarlo. Luca esclama stancamente)

Lascia perdere, va'. Lo piego io. (La donna non gli bada) Ci penso io, a rimetterlo a po­sto. (La donna non gli bada. Luca scatta) O Cristo! Ti ho detto di lasciar stare!

(Comincia una lotta buffonesca e selvaggia, in cui ciascuno dei due cerca di strappare il plaid di mano all'altro. Alla fine la donna prevale, anche perché Luca si affloscia sulle ginoc­chio, esausto. Gli verrebbe da piangere. La donna torna a sedersi

trionfante sui divano, Spegne la radio. Per un po' continuerà a piegare e a lisciare il plaid. Entra il dottore)

dottore Cip cip cip cip. O Gesù. Ma cosa devo vedere. Cosa mi accade. Il signor Morassi in ginocchio!... Via via via. Io sono sol­tanto un medico, sa? Mica un Dio, Commettiamo anche noi i no­stri piccoli errori, come tutti. Su, signor Morassi, si alzi. Venga qua. Sieda accanto a questa bella signora. (Alla donna, insinuan­te) Ci conosciamo, noi? L'ho già vista? Non dica di sì non dica di no non dica nulla. Lasciamo sospeso questo momento come un fiocco di polline... (Spiegando) Io non ho tempo, per la vita pri­vata! La mia professione mi mette in un certo senso al disopra di me stesso - e molto in alto - come il signor Morassi ha in fondo colto assai bene col suo gesto di poco fa. (In tono "ufficiale") Dunque. (Si avvicina alla tenda) Qua dietro abbiamo la signora Maria. Giace supina, i bei capelli rossi sparsi sul guanciale. Ma ci sarà davvero, Luca? Esisterà ancora, ora che lei s'è per un atti­mo distratto? Non avrà cambiato di posto con l'armadio? O sarà scomparsa per sempre, come la mia automobile, lasciando dietro di sé un vuoto incolmabile?... Siamo vigili, coi nostri cari! Non allentiamo mai la stretta affettuosa della mano che li contende al­la morte! Non è vero che Euridice sia ritornata agli inferi perché Orfeo si era voltato a guardarla. È vero il contrario: non si era voltato... A ogni frazione benché minima di tempo la sentenza capitale viene pronunciata di nuovo, e di nuovo noi dobbiamo opporci, sempre, senza pause, senza dubbi, senza respiro. Rico­nosco che la cosa è a volte un po' stancante e a me francamente annoia. Ma è così. (La sua mano volteggia attorno alla tenda, co­me quella di un prestigiatore) Allora. C'è? Non c'è? C'è? (Apre la tenda, teatrale) Non c'è! (Guarda meglio) Ah sì sì... Sì sì. C'è, c'è... C'è. (Si tratta naturalmente di una controfigura o di un ma­nichino dai capelli rossi, identico alla donna seduta sui divano) Mi ero sbagliato. Poco male. (Rivolto verso il letto, libidinoso) Maria, i tuoi seni bianchissimi...

luca    Dottore...

dottore Va bene, va bene... Lasciamo perdere. (Riprende il tono ufficiale) Che cos'è il coma? lì coma è uno stadio intermedio del­la vita. Le funzioni vegetative proseguono, la coscienza sonnec­chia. Ma se per noi è la coscienza, vita, che cos'è che sonnecchia? La vita? E che senso ha, parlare di una vita che dorme? Come Io distingueremo, questo sonno, da quell'altro sonno della vita che non dorme? A chi la domanda? A me?

luca    To non ho aperto bocca.

dottore Causa del coma può essere un embolo, viaggiatore sper­duto nel bel fiume dei sangue. Un trauma. Un gesto. Un respiro. Accade qualche volta agii sportivi. Anzi spesso. Sempre. Accade sempre. Non ce ne sono più, di sportivi. Finiti. Il mondo è vec­chio. Gli amici portano ancora fiori e torte di compleanno, ma non trovano più nessuno. Allora parlano fra loro. Accendono la Tv. Si attaccano al telefono. Rimpiangono, rimproverano, ricordano. I vivi, I moribondi. I degni. Gli indegni. I muli. Gli storpi. Quelli che vegliano. Quelli che dormono. (Indica il letto) Perfino sua moglie, signor Morassi! E Dio sa che non è una chiacchierona... Tutti. Parlano tutti. Ed è proprio questo ronzio assordante della vita che mi da ai nervi. Poiché malgrado la mia professione, malgrado la patetica bellezza che volentieri riconosco a così osti­nato pigolio - per educazione, per gusto, per stile, io preferisco il silenzio. (Fa un bell'inchino e se ne va)

la donna sul divano    La tenda.

luca    Come?

la donna sul divano   Tira la tenda.

luca Subito. (Contempla la donna sul letto) Com'è bella, mamma. E come sono contento di saperla in perfetta salute. Non sop­porterei l'idea che Maria fosse in coma.

madre di luca   L'hai odiata per anni,

luca    Ti assomiglia anche un pochino.

madre   Niente affatto.

luca    I capelli...

madre Oh Dio! Che noia! (Si infila in lesta una parrucca grigia) To'!... Guarda. Guarda qua. (Si mostra, polemica) E allora?

luca   (Chiudendo la tenda) Sei invecchiata.

madre    Certo.

luca   E ingrassata.

madre  Sfatta, non ingrassata. Sfatta.

luca   È lo stesso.

madre    No. Io posso ingrassare. È Dio che mi disfa.

luca   Hai la vestaglia sporca.

madre Disturbi intestinali. Mi alzo la notte. Mi storco le caviglie. Prima o poi mi romperò il femore.

luca   Perché?

madre   Perché sì. I vecchi cascano e si rompono il femore.

luca Non è vero. Cascano perché si sono rotti il femore. Non il contrario.

madre    Come lo sai?

luca So tutto, mamma. Son pronto a tutto. L'unica cosa che non posso sopportare sono le parolacce.

madre    Stronzo.

luca    Mamma, per favore...

madre   Sei uno stronzo.

luca Ma com'è possibile, dico?... Una donna così fine, così ele­gante. Camminavi discreta, quasi in penombra, fiera ed onesta...

madre Perché ero stronza!

(Scoppia a ridere, tutta contenta dì "avergliela fatta". Luca vorrebbe protestare, ma poi scoppia a ri­dere a sua volta. Ridono tutti e due. Luca siede ansante per terra e rovescia la testa in grembo alla donna che è sempre seduta sul divano)

luca    Raccontami di San Siro.

madre   Ancora!

luca    "È molto raro"...

madre (come se riprendesse un racconto che ha già fatto) È molto raro che una donna della mia età vada a un incontro sportivo. Al massimo può accompagnarci i nipotini. Io invece ero sola. Per­ché? Dov'eri quel giorno? E tuo padre? Tua moglie? Tuo figlio? Perché escono tutti in punta di piedi dalla stanza, appena una donna ha compiuto i sessant’anni? Cos'hanno da fare, di così ur­gente?

luca    "Lei allora si riassetta"...

madre Lei allora si riassetta, un po' stordita da quell'improvviso silenzio. Spazza via una briciola dal vestito, distende una piega. Altre invece vagano per strada. Perdono un tacco nelle rotaie del tram. Guardano l'ora. Consumano i semafori. Si nascondono nel­le pasticcerie. Oppure sostano immobili sulle gambette magre -il sedere vuoto, gli occhi attoniti - davanti alle statue di coloro che hanno onorato la città.

luca    "Più vecchie, meno vecchie"...

madre    ... Tutte indossano una pelliccia. Milioni di animali sono morti per scaldare i nostri cadaveri bianchi. Non dare via il mio leopardo, tesoro. Tienilo da conto.

luca    Lo darò a mia moglie.

madre    Ti prego.

luca   Appena sarai morta.

madre    Luca...

luca    Va bene, va bene!... Non agitarli. Ci penserà.

madre (riprende, rassicurata)... Così io ho preso il tram e mi sono ritrovata a San Sire. Non avevo mai visto una partita di calcio. Non sapevo ch'erano dei pervertiti. Via mi trovavo bene lì in mez­zo, perché ero l'unica donna, e tutti ricordavano benissimo che li avevo fatti giocare da bambini.

luca   (sognante) Con una palla a spicchi. A colori.

madre Correvano a cosce nude. Si baciavano in campo. Sì spoglia­vano a vicenda. Ogni tanto, uno di loro ficcava il pallone in fon­do alla rete. Ma subito scappava via, inseguito dai compagni che volevano baciarlo ancora mentre lui, non so perché, non voleva più. Alla fine cascava in ginocchio, alzava i pugni al cielo, e la folla gridava "A me, a me. Voglio mordere le tue natiche. Voglio bere alla fontana della giovinezza". Così è arrivata la polizia, ha circondato lo stadio, e li ha arrestati tutti.

luca   Mi sembra anche giusto.

madre    Dice che li portano in Siberia,

luca    Hanno le loro sciarpette. Coi colori dei club.

madre    Non basterà mica, con quel freddo.

luca No. Forse no. (Si alza) Anch'io giocavo a football... Ho gio­cato a tennis. Avrei voluto scrivere. Almeno una cosa. Ci sono tanti scrittori, famosi per un libro solo... La Principessa di Clè-ves. I legami pericolosi. Peter Schlemil. L'Adolphe, Pinocchio. Il Gattopardo... Perfino la Recherche, in fondo, è un libro solo. Poi ho diretto un film che secondo me potevano vendere benissimo a scatola chiusa. Ma si vede che qualcuno deve averla aperta, perché il film non è mai uscito.

madre    Verrà il tuo momento.

luca   Non siamo né ricchi né poveri, mamma. Solo privilegiati.

madre   Dici niente.

luca Non ho fatto la guerra. Non ho fatto la pace. Non sono stato partigiano. Non son stato fascista. Non son stato terrorista. Non son stato poliziotto... Dov'ero, mamma? Dov'ero?

madre    A Cortina, tesoro.

luca   Come?

madre   A Cortina. Con la famiglia.

luca A Cortina!... Ci andavamo anche noi, quand'ero bambino. Io avevo paura degli orsi. (La donna ride e si toglie la parrucca, scuotendo i bei capelli rossi)

madre Non sono proprio orsi, tesoro. Sono uomini vestiti da orso. Rallegrano i turisti. Scattano fotografie.

luca   lo ho paura.

madre Vieni qua. Vieni, amore. La mamma ti protegge, finche è giovane. Ti proteggono i laghi, le montagne. Sotto la neve non cambierà mai nulla. Ma tu devi avere coraggio, quando inizia la musica.

luca   No.

madre Ascolta.

(Comincia una musica leggera, festosa, una specie di carillon molto allegro. Entrano ballando ire orsi bianchi. Luca rimane immobile, di spalle)

Voltati.

(Luca si volta adagio. Un or­so allunga una zampa e lo trascina a ballare. La donna guarda, divertita. Poi, quando la musica riprende il refrain, scatta in piedi a sua volta e si unisce allegramente al gruppo. Ballano tutti in tondo. Improvvisamente la donna si porta una mano al petto e casca in ginocchio. Luca si ferma, gelalo, mentre gli orsi conti­nuano a ballare. La donna chiama sommessa, disperata)

Luca per favore.

(Luca va a sedersi sul divano, mettendosi la giacca)

luca    Luca per favore.

madre     Luca.

luca   Luca.

madre   Aiutami.

luca To'.

(Le getta la parrucca grigia. Gli orsi escono ballando. A fatica, a quattro zampe, la donna afferra la parrucca e se la infila di traverso. La musica continua sommessa)

madre   Vorrei finire con dignità.

luca È difficile, mamma. Hai mai visto le. fotografie dei Re o dei Presidenti, poco prima dì un attentato? Sembrano sempre spor­che. La morte si annuncia così. Sporcando.

madre Se la gente sapesse com'è orribile sentirsi soffocare dal nul­la... (quasi ridendo)... Non morirebbe nessuno.

luca   Parla meno, parla meno.

madre   Non riesco a alzarmi.

luca   Lo so. Mi dispiace.

madre   Dammi una mano.

luca    Ti voglio bene, mamma. Ti ricorderò.

madre    Almeno fino all'uscita.

luca   Farò di te una presenza serena: due chiacchiere con gli amici, una giornata di sole...

madre    Sei uno stronzo. (SI avvia a quattro zampe verso il fondo)

luca   Attenta alla vestaglia, mamma. La strappi.

madre   E quando dico stronzo, intendo proprio stronzo.

luca    Forse un giorno ci rivedremo. Ma non potremo riconoscerci perché saremo una cosa sola.

madre    Non ci tengo. (Scompare a quattro zampe sottoterra)

luca    Addio, mamma! (La musica si spegne. Entra il giovane Riccardo con dei pacchi natalizi)

riccardo   Papà!...

luca    Riccardo!... (Gli va incontro) Hai fatto bene a ricordarti di tuo padre la notte di Natale.

riccardo   Dov'è?

luca   Chi?

riccardo   Mio padre.

luca    Sono io.

riccardo   (rassicurato) Appunto, dicevo!... (Lo abbraccia) E la mamma?

luca   La mamma è morta.

riccardo   Anche lei?!

luca    Mia madre, non tua madre. È mia madre ch'è morta. Mia madre è tua nonna.

riccardo    (accarezzandolo) Non c'è né "mio" né "tuo" quando ci si vuol bene. (Entra la giovane isabella con dei pacchi natalizi)

isabella     Papà!

luca    isabella!

isabella   Buon Natale.

luca Buon Natale, figliola. Guarda però che io non sono tuo pa­dre. Sono il padre suo. Ch'è tuo marito.

isabella   Lo so benissimo. Si chiama Riccardo.

riccardo Isabella! (Si abbracciano. Luca mette le mani sulle loro spalle, patriarcale)

luca   Che il Signore vi benedica. La mamma è morta.

isabella    (sciogliendosi dall'abbraccio) Quando?

riccardo   Sua madre, non tua madre. È sua madre ch'è morta.

isabella    Lo spero bene. E la mamma?

riccardo   Questo lo saprai tu.

isabella   Tua madre, voglio dire. Non mia madre. Sua moglie.

luca (allarmato) Oh Dio... Fino a poco fa era un fiore. (Chiama) Maria!

voce di maria     Sì, Luca.

luca    Come va?

voce di maria   Mi sto cambiando.

luca    (voltandosi) È viva.

isabella    Meno male. Buon Natale!

riccardo e luca   Buon Natale! Buon Natale! (Si scambiano baci e pacchi natalizi. Entra Maria, i capelli rossi raccolti sulla nuca. Indossa un bell'abito da mezza sera. Porta dei pacchi natalizi)

maria    Buon Natale.

riccardo e isabella    Buon Natale, mamma.

maria Mia madre è morta molto tempo fa. Non credo che sia il ca­so dì parlarne adesso.

luca    (con impeto) No!... Meglio di no. Farebbe confusione.

maria Era convinta che non ci fossero più stagioni. Né estate né inverno, né autunno né primavera.

riccardo   Ora ne avrà una sola.

luca    Beata lei.

maria    Beata un corno! Era proprio quello che non voleva.

isabella Vi prego, vi prego!... Non litighiamo il giorno dì Natale. È così dolce sentirsi al sicuro, protetti dai nostri cari. Anche se tutto dovesse finire, questo non finirà, E neppure i cardigan coi bottoni di legno, le scarpe dal tacco basso e le cravatte di lana. Oggi Milano è piena di gente che va in giro a piedi, adagio, il naso all'aria, ciondolando fra ì negozi. Respirano a pieni polmoni, quasi ubriachi di ossigeno. Tutti in macchina. Tutti di corsa.

luca   Io sono entrato in un cinema.

isabella Mi hanno obbligata a scendere dall'auto e a comprare il biglietto. Davano un film assurdo dove si parlava di "dimenticare Parigi", anche se Parigi non si vedeva mai. Come si può dimenti­care una cosa che non si è mai vista? Io sono piena di cose che non ho visto. Sono le uniche che reggono il ricordo. La platea era vuota, c'era soltanto un signore coi guanti grigi che mi ha fatto molto ridere. Chi porta ancora dei guanti, al giorno d'oggi? E co­lo r perla, per di più, in "suède", che poi vuoi dire "Svezia" ma anche "camoscio".,. Forse ai tempi dei nostri bisnonni, quando usava scambiarsi visita a giorni fissi, e nelle notti come questa c'e­ra sempre qualcuno che sì travestiva con il cappuccio rosso e la barba bianca, distribuiva i regali e faceva saltare i bambini sulle ginocchia... Io dunque ero sola nel cinema, tranne che per quel signore un po' ridicolo dai guanti grigio perla. "Ecco - mi dice­vo - fra un'ora uscirò per strada e farà buio. Saranno accese le luci dei lampioni, appena velate di nebbia, e molti negozi reste­ranno illuminati fino a tardi. Anche tutta la notte, se è necessario. Anche per sempre. Non spegneranno mai. Arriverò a casa dei suoceri (io li chiamo papà e mamma) e troverò mio marito Riccardo. Ci siederemo a tavola. Staremo bene assieme". Così è ve­nuto l'intervallo, e quel signore dai guanti color perla mi ha vio­lentata, approfittando anche del fatto che il cinema era pieno e una lunga fila dì spettatori ci nascondeva agli occhi degli altri. Sì chiamava Luca.

(Un silenzio. Tutti riflettono, sgomenti, poi guardano Luca. La faccia di Luca è serafica, impenetrabile. Maria si riprende per prima, battendo le mani festosa)

maria Su, su! Vita! Vita!... Il tavolo da pranzo, le sedie, i bicchie­ri... Vai tu, Luca. Sii gentile.

luca    Subito.

maria    Aiutalo, Isabella.

isabella    Sì, mamma. (Luca e Isabella escono verso la cucina. Riccardo va a sedersi sul divano)

maria    Voglio approfittare della serata per parlare un po' col mio

figliolone.

riccardo    Sei In gran forma, mamma. Bellissima.

maria    (allegra, un po' equivoca) Non è mica vero, sai, che prima di sposarmi io andavo a letto con mio fratello.

riccardo   Per carità.

maria    Eh, no no!... No. Se lo dico è perché devo dirlo.

riccardo   Era biondo.

maria    (sognante) Sì... Fra il bermuda di velluto e il calzettone di

lana bianca spuntava un ginocchio fragile fragile.

riccardo    Io avevo un amico, così. Si chiamava Wolfgang.

maria    (sensuale, in crescendo) Davvero?...

riccardo    Sì.

maria    Ci hai fatto l'amore?

riccardo    Con chi?

maria    Con Wolfgang!

riccardo     No.

maria    (delusa) Perché, Riccardo?... Perché?

riccardo   (scusandosi) Non è successo.

maria    Come, non è successo?

rtccardo Non lo so!... Era magrissimo, ma aveva il petto largo e piatto.

maria   Ecco! Lo vedi?

riccardo    Profumava d'azzurro.

maria    Pure!...

riccardo    La pelle d'oro.

maria    Io non vi capisco mica più a voialtri.

riccardo Ma mamma, bisogna esserci portati, per 'ste cose!... Forse col tempo, chi sa...

maria    Eh!... Campa cavallo.

riccardo ... Quando uno invecchia e comincia a ripiegarsi su se stesso. Papà ad esempio mi ha violentato che lo ero ancora bam­bino.

maria    Papà?!

riccardo    Sì.

maria   Ti ha violentato?

riccardo    Sì. (Un silenzio)

maria    Non si può più lasciarlo in giro, quell'uomo. È diventalo un disastro.

riccardo    (ridendo) Non è vero!... Stavo scherzando.

maria   D'altra parte devi capire che la vita non gli ha dato molte soddisfazioni, fino a oggi.

riccardo   T'ho detto che non è vero!... Non è successo niente.

maria    Non è vero?

riccardo     No.

maria   Neanche con lui?...

riccardo    Niente.

maria   Mah. (Siede. Un silenzio)

riccardo   Buon Natale, mamma.

maria    Buon Natale, figliolo. (Un silenzio. Si alza)

riccardo   Dove vai?

maria   A dare una mano. In cucina.

riccardo   Resta qua.

maria   Poi canteremo tutti assieme. Come l'altr'anno.

riccardo   Senti...

maria Io devo aiutarlo!... L'ho amato. Lo amo. La vita ha i suoi alti e bassi.

riccardo Vieni. (Maria gli si avvicina, ma un pensiero le accende dentro un improvviso, crescente fou-rire)

maria (ridendo) Io gli dicevo... Ma ci sei stato. Luca, sul lago di Corno!... Per forza che ci sci stato... Eri sfollato qui!... E lui ri­spondeva no no... A Corno mai... Io non l'ho vista mai... Oh! Povero amore!... (Riccardo le prende la mano)

riccardo Vieni qua. (Maria è scossa da un nuovo fou-rire) Co­s'hai da ridere?

maria Così... (Riccardo l'accarezza e la donna non si sottrae, spos­sata dai ridere) Oh Dio Dio... (Riccardo la stringe a sé, strappan­dole il vestito) Riccardo...

riccardo    Che c'è?

marla   Niente... (Riccardo la bacia) Stai buono...

riccardo   Perché?

maria Strappi tutto. (Gli mostra un brandello di stoffa) Guarda qua...

(Si gira e Riccardo le strappa un altro pezzo da dietro. Ma­ria lancia uno strillo e scappa ridendo. Il figlio l'abbraccia di nuo­vo e di nuovo lei scappa. Entrano Luca e Isabella, portando il ta­volo da pranzo già pronto con tovaglia, piatti e bicchieri. Madre e figlio quasi li urtano inseguendosi in tondo)

luca Attenti!... Attento, Riccardo. Rovesci tutto.

(Maria si butta ridendo sul divano, supina. Riccardo le è sopra, stringendola scherzosamente fra le ginocchio) Isabella.

isabella     Sì,  papà.

luca   Abbiamo dimenticato il pane.

isabella   Ci penso io. (Esce)

luca    E il sale!

voce di isabella D'accordo.

(Riccardo sta sussurrando all'orec­chio della madre qualcosa che la fa scoppiare di nuovo a ridere, scandalizzata. Luca si volta e li guarda sorridendo. Poi si avvicina dietro il divano, li guarda, cava di tasca dei guanti grìgio perla e incomincia a infilarseli) Papà!

luca    Sì, cara.

voce di isabella    Devo mettere in tavola anche il formaggio?

luca    Per me no. Ma piace a tuo marito.

voce di isabella Benissimo, allora. (Entra Isabella) Ecco qua. Pa­ne, formaggio e sale.

luca    Sei un tesoro. (Isabella alza gli occhi dal tavolo. Riccardo e Maria stanno sempre sul divano. Luca sta finendo di calzare i guanti. Isabella viene avanti e li osserva)

isabella   Scusa, papà.

luca     Sì?

isabella    Dovresti sciogliermi il nodo. Da sola ci arrivo male.

luca Figurati.

(Isabella si volta, in modo che il suocero possa scio­gliere il nodo che, sul retro del collo, le tiene fermo l'abito. Ma subito si porta le mani al petto, riprendendo la stoffa ch'è scivola­ta giù)

isabella  Oh Dio.

luca   Che c'è?

isabella Ascolta.

(Si ode in lontananza una musica, e una voce dolce che canta "Stille Nacht, heilige Nacht")

luca Hai ragione. (Batte le mani, rivolto ai due sul divano) Su, su. Alzatevi. Presto. (Va verso il centro della stanza, e intona con slancio) "Alles schlàft einsam wacht"...

isabella (gli si mette vicino, sempre trattenendo l'abito sul petto) "Nur das traiate hocheiligc Haar"...

riccardo (si alza, arrangiando la camicia nei pantaloni) "Holder Knabe mìt lockigen Haar"...

maria (si alza dal divano, l'abito a brandelli) "Schlafe in himmli-cher Ruh... Schlafe in himmlicher Ruh".

(Ora sono tutti allineati in mezzo alla stanza, volti verso il pubblico, e cantano In coro la seconda strofa, mentre dal cielo comincia a cadere la neve che di­verrà sempre più fitta, come nel più kitsch dei musical. In fondo, oltre la tenda, scoppiano girandole luminose e volano palloncini. Entra un vecchio Babbo Natale con il cappuccio rosso e la barba bianca. Ma non porta regali. Anzi, si mette a frugare fra i pacchi-dono portati dai nostri personaggi, come se cercasse qualcosa per sé. Più che aprirli li sfonda, li spacca, li sventra, li prende a calci, gettando attorno con furia pezzi di cartone, carte lucenti e nastri multicolori. E in un certo senso ha anche ragione, poiché i pacchi sono completamente vuoti. Puro involucro. A poco a poco tutti smettono di cantare, sgomenti, mentre il vecchio se ne va furibon­do dopo aver tirato l'ultimo calcio. Un silenzio. Riccardo si scuo­te, seguito da Isabella)

riccardo Ma guarda qua. Roba da pazzi. Era venuto a cercarli per sé, i regali!

luca   Questo poi l'ha addirittura sfondato.

riccardo    Io li avevo preparati con tanta cura...

isabella     To'.

riccardo   Quasi quasi li butto via.

isabella Certo! Che vuoi farne?... Vieni, tesoro.

(Escono tutti e due verso la cucina. Luca e Maria si scambiano un debole, imba­razzato sorriso. Raccolgono dei pacchi. Poi Luca dice amabile, sfilandosi i guanti)

luca Prima ancora della nostra gita sul lago, io avevo intuito che tuo fratello poteva essere utile, per avvicinarmi a te. Lui era d'a­nimo gentile, e così non disse di no quando Io invitai a giocare, Il tennis stava in un circolo sportivo, molto modesto, appena fuo­ri da Corso Sempione. (Sorridendo) Eravamo così giovani. Così pudichi. Nessuno dei due aveva il coraggio di spogliarsi davanti all'altro. Il momento della doccia divenne perciò un grottesco balletto, fra occhiate vergognose e svolazzare di asciugamani. Ma all'improvviso lo vidi - un lampo fra due camicie! (Guarda la moglie con tenerezza) E allora capii che voi eravate solo le due facce dello stesso, misterioso, incantevole disegno. Non l'avrebbe mai visto per intero, chi avesse amato uno solo di voi. (Maria lo guarda. Luca si allontana di qualche passo, buttando i guanti "disinvolto") E capii inoltre, osservandolo nudo, che in certi mo­menti tuo fratello avrebbe rischiato davvero di cascare in avanti. Spero che non sia morto per questo, povero Wolfgang.

maria Mio fratello non si chiamava affatto Wolfgang. Wolfgang è un amico di scuola di tuo figlio.

(Luca resta un attimo imbarazzato, ma poi dice amabile)

luca Auguriamo allora a Wolfgang e a nostro figlio di essere felici assieme come lo siamo noi.

maria    Impossibile. Riccardo è già sposato,

luca   Per me, va benissimo anche Isabella.

maria   Per te, sì. È per lui che ho qualche dubbio.

luca Saranno felici. Vedrai. Io ad esempio rimpiango solo di aver­ti dato troppo poco. Mi sarebbe piaciuto scrivere qualcosa di noi. Te l'avevo promesso. Ma io ho troppo bisogno di carezze per es­sere un autore. Posso solo ripetere quello che mi hanno insegna­to. E vorrei farlo così bene che la gente mi dicesse bravo.

maria    Io ti ho già detto "bravo".

luca   Lo so. Ti ringrazio.

maria    Buonanotte, Luca.

luca Buonanotte, Maria.

(Maria si avvia lentamente, ed esce dalla parte opposta a quella da cui sono usciti ì due giovani. Luca la segue un momento con io sguardo. Poi raccoglie un ultimo pac­co, un foglio stracciato, un nastro, e si avvia a sua volta. Ha quasi raggiunto il fondo della scena, quando si ode uno sparo. Luca s'immobilizza e gira di scatto la testa verso la parte da cui e uscita Maria. Un silenzio. Poi Luca si gira di nuovo ed esce. Ora la scena è vuota. Si ode la voce del dottore)

voce del dottore    Infermiera!

voce dell'infermiera    Sì, dottore.

voce del dottore    Dov'è? Cosa combina?

voce dell'infermiera    Un attimo, dottore.

voce del dottore E non mi lasci solo, santo Dio!... (Entra il dot­tore stropicciandosi le mani) Fa già abbastanza freddo questa notte. (Osserva il pavimento) Ecco, guarda... Guarda qua. Non bastava che ci piovesse dentro, nei nostri ospedali. Pure la neve. (Alza la voce) Vorrei dormire fra le sue cosce, se non le dispiace.

voce dell'infermiera    Va bene.

dottore    Niente in contrario?

voce dall'infermiera    Niente, dottore.

dottore Meno male. (Si avvicina al tavolo da pranzo) Qua invece mangiano, bevono... Il solito porcaio, (Si avvicina alla renda) E qua...

(Apre con uno strattone. Maria è sempre stesa supina sul letto, gli occhi chiusi. Solo che questa volta un braccio penzola giù dalle coperte)

... bisognerà ricominciare tutto da capo. Altra diagnosi. Ce li portassero vivi, almeno!... Al resto pensiamo noi. (Rimette con malagrazia il braccio sulle coperte) Là!... Io non so più, ecco. Non so più. (Siede sul divano) Le facce ti cambiano sotto il naso nel tempo che ci impieghi a riconoscerle. (Grida) In­fermiera!

voce dell'infermiera    Sì, dottore.

dottore    Allora?

voce dell'infermiera    Sono qua.

dottore    Cosa vuol dire?

voce dell'infermiera    L'aspetto.

dottore (con voce cavernosa da lupo marinaro) Eccomi, bambina mia... Eccomi... Arrivo!

(Corre fuori scena. Si ode uno strillo acuto dell'infermiera, seguito dallo scoppio di una risaia. La don­na sul letto si drizza a sedere, trasalendo, come se l'avessero sve­gliata di soprassalto)

maria Ah!... (Si rilascia a fatica) Vanno, vengono... Aprono por­te, chiudono porte... Nelle sere d'estate preparano bibite al ghiac­cio e bevono schioccando la lingua, come fanno i cattivi attori. Avessero un corpo, almeno! Avessero peso!... (Con tenerezza) Io gli avrei dato calore. Li avrei condotti fuori porta la domenica, appena s'annunzia la primavera, in quelle gite tremende dove nes­suno parla con nessuno perché c'è sempre chi guida troppo in fretta, non si riesce mai a decidere se bisogna far entrare più aria o meno aria, e al ritorno le radioline trasmettono il secondo tem­po delle partite di calcio... Io non ho altri occhi che i miei occhi, altre orecchie che le mie orecchie! E anche se le voci sono ridotte a un ronzio e i colori a una poltiglia, bisogna resistere alle tenta­zioni del riposo. (Si ode lo scoppio di una risata) Infermiera, san­to Dio!... Non dico di smetterla, ma almeno una pausa, non so... Un intervallo, ecco! (Comincia a chiudere la tenda, e ripete con un sorriso e un inchino, volta verso il pubblico)... Un intervallo.


Atto secondo

Maria è seduta sul divano e guarda verso il pubblico. Indossa un tailleur molto elegante. Alle sue spalle la tenda è chiusa. Sulla se­dia sta appoggiato un guanciale. In un angolo del proscenio, per terra, sta una cappelliera. Entra dal fondo l'infermiera - una bella ragazza sana e allegra in uniforme - sventolando una fede­ra bianca.

infermiera "Felice te che il regno ampio de' venti...". Felice o beato? Felice. Beato... È un pezzetto così, nell'aria. (Si avvicina alla sedia e incomincia a Infilare il cuscino nella federa) "Felice te che il regno ampio de1 venti... Ippolito...". Io amavo la scuola. Amo il mio lavoro. E amo anche te, mezza signora, e il tuo forellino rosso a lato del cuore. Per questo sarò spietata. Ho ricevuto ordini severissimi. Non dico lo scendere dal letto o il fumare una sigaretta - che non è nemmeno pensabile - ma neanche il mini­mo gesto, il più piccolo movimento. Tieni gli occhi chiusi, Maria. Raccogli i tuoi fili. Riposa.

(Maria accavalla le gambe e accende una sigaretta)

 

Brava. Così va bene. (Ritorna verso il letto) Adesso infiliamo il cuscino sotto la nuca e allarghiamo i bei capelli sul co­tone fresco. (Sale sulla pedana e fa l'atto di aprire la tenda. Ma si volta ancora, sorridente). Io ho fiducia negli uomini. Ho fidu­cia nel dottore, anche se è un po' maialino. Vorrei accontentarlo almeno una volta... E invece gli dico di no. Sempre. Come non sapessi, che in mezzo alle gambe lui profuma come un dattero. (Stringe il cuscino al petto, con slancio) Alleluja! Alleluja!

voce dei. dottore    Alleluja!

infermiera    Felice te che il regno ampio de' venti...

voce del dottore   Felice te!

infermiera    A cavallo! (Entra il dottore)

dottore A cavallo! A cavallo! (Si mette carponi. L'infermiera fa volare il cuscino fuori scena e gli monta sulle spalle)

infermiera    Mi raccomando, Maria!

dottore    Non muoverti!

infermiera   Neanche un gesto!

dottore   Chiudi gli occhi!

infermiera     Riposa!

dottore Al galoppo! (Si rialza, e galoppa verso l'uscita con l'in­fermiera sulle spalle).

(Entra un uomo vestito di scuro con una gran pancia, una lunga sciarpa, e si ferma guardando Maria. Maria gi­ra la testa e lo guarda)

infermiera Felice te che il regno ampio de' venti / Ippolito, ai tuoi verdi anni correvi... (La sua voce si perde. Infermiera e dottore sono usciti. Un silenzio)

l'uomo    Signora.

maria Commissario. (Il commissario paria lentamente. Ha la voce afona, roca e greve di un ex pugile suonato)

commissario   Mi spiace insistere.

maria   Non si preoccupi.

commissario Lei non deve vedere in me il poliziotto, o il calabrese o qualsiasi altra cosa che forse non le piace. Io faccio il mio do­vere.

maria   Certo. (Il commissario le dà due schiaffi)

commissario   Chiedo scusa.

maria    Per carità.

commissario Devo indurla a parlare prima che lei sprofondi nel sonno o nel coma. Ma noi facciamo sempre così, negli ospedali, quando capita un suicida ancora in bilico tra la vita e la morte. Dobbiamo sapere se ci sono altre responsabilità.

maria    Capisco benissimo.

commissario Perché l'ha fatto, signora? L'ha spinta qualcosa? O qualcuno? E in questo caso, chi?

(Maria lo guarda negli occhi, poi dice con slancio, sillabando con chiarezza e perfetto accento)

maria    Whoare the angels who shot down God and left

commissario (prontissimo) Chi sono gli angeli che han sparato a Dio lasciando

maria   Un nitido buco senza sangue

commissario    A clean bloodless hole

maria   In our and thè world's imagination?

commissario Nella nostra fantasia e in quella del mondo?

(Maria applaude. È amabile e misurata come nella più tradizionale delle commedie inglesi)

maria   Bravo, bravo!... Non sapevo che lei amasse Dave Cunniff.

commissario Come uomo, signora, ma soprattutto come poliziot­to, io amo tutti i poeti.

maria E così c'era anche lei nel cortile di quel piccolo Caffè dietro il New College, che a dispetto del nome è invece il collegio più vecchio di Oxford. Le panche erano di quercia umida e l'edera... Ma era poi edera? O ibisco? E la stessa Oxford, commissario... la stessa Oxford: esisterà ancora?

commissario    Non si preoccupi, signora. Basta informarsi.

maria C'erano Vivien, con noi, e Margaret e Perceval e la povera Virginia - ricorda - che poi finì così male. Poche donne, in verità, poiché allora i collegi di Oxford erano esclusivamente riser­vati ai maschi.

commissario    Tranne Io Hugh's.

maria Tranne Io Hugh's. Così eravamo perlopiù amiche di studen­ti, o sorelle di studenti o fidanzate di studenti. Io ero solo una pic­cola milanese, capitata lì per caso da amici di amici.

commissario    Io stavo al Christ Church. Da Gerald Percy.

maria    (stupefatta) Lei conosceva Gerald?!

commissario    Benissimo.

maria    Il figlio dì Archibald?

commissario   Certo.

maria    (precisando) Settimo duca del Northumberland.

commissario    Ottavo.

maria Devo dire, commissario, che lei ha delle ben strane amicizie, per un piccolo commissario calabrese.

commissario    Non sono piccolo.

maria Questo è vero. Le riusciva perfino di sporgersi attraverso il tavolo e di sussurrarmi all'orecchio "Perché l'hai fatto Maria? Perché? Ti ha spinto qualcosa? O qualcuno?". Ma io stavo zitta, ben imbacuccata nella mia sciarpa nera con una striscia bianca in mezzo (nota la sciarpa del commissario) e un'altra striscia più sot­tile rosa (Gli fa cenno di avvicinarsi. Prende in mano la sciarpa, guarda il commissario... Che a dire la verità mi sembra faccia un po' frocio, portata da un uomo.

commissario (si riprende la sciarpa, indispettito) Sono i colori del Queen College, signora!

maria Appunto. E non potevo neanche riderle in faccia, commis­sario... (a poco a poco si fa sempre più accorata e sincera, per­dendo del tutto il tono "inglese") ... perché era la nostra giovinez­za, quella - vera o sognata che fosse - era la nostra giovinezza che se ne andava, mentre gli amici recitavano versi, altri bevevano birra, e due si tenevano furtivamente per mano sotto il tavolo di quercia. La birra si chiamava "Courage". Era scurissima, molto fredda, e per niente adatta ai primi brividi della sera che ci obbli­gava a stringerci tutte nei nostri maglioni bucati. E finalmente io le dissi - lo ricordo benissimo, commissario, glielo dissi chiaro e tondo. Le dissi che nessuno aveva mai "voluto" uccidermi, né tanto meno l'avevo voluto io stessa, tranne una volta, quand'ero bambina e un clown m'invitò a salire sul palcoscenico - io sola e nessun altro - e mi fece saltare sulle ginocchia. Ero così felice che mi sarebbe piaciuto morire. Ma quella fu l'unica volta. Non mi accadde più. È la durata inedia della vita, commissario, che s'è ormai allungata troppo. Non possiamo farcela tutta in una corsa soia. Bisogna fermarsi a metà, prender fiato, e ricomincia­re. E così accade - di rado, immagino, ma accade - che una donna sola possa - alle volte - trattenere il fiato... troppo a lungo.

(Il commissario la guarda. Scoppia una musica allegra e fracassona da circo equestre ed entrano l'un dopo l'altro tre ca­vallini, tutti, nastri, pennacchi e campanelli, con delle lunghe, bellissime code. Maria li guarda sorpresa)

maria  Oh Dio.

(I cavalli eseguono un numero buffo. Maria ride e si volta sempre più sorpresa verso il commissario)

maria  Guardi!... Non sono straordinari?

(Per tutta risposta il commissario cava di tasca un naso rosso a palla, un'ispida parrucca color carota e se li infila)

 

maria Ma che cosa fa. adesso?... Ci sì mette anche lei?

clown Per forza, bambina mia!... Per forza. Io devo prenderli a calci, questi cialtroni! E che diavolo. Si entra così, negli ospedali? Balli, fanfare, pennacchi, campanelli... Ma dove siamo? Al casi­no? Al casotto? Al casinò? (Un cavallo gli spazzola dolcemente la faccia con la coda) E sta' fermo, cretino!... Come ti permetti? Vai via. Via. Pussa via!...

(Gli assesta un gran calciane. Il cavallo lo evita, e il clown scivola a terra, sbattendo clamorosamente il sedere. Maria lo indica a se stessa, ridendo. Il clown cerca di rial­zarsi aggrappandosi alla sedia. Vi scivola sotto. Vi picchia contro la testa. Se la rovescia addosso. Vi si ritrova impalato sopra quando la sedia sta a gambe all'aria, eccetera eccetera. Insomma un vero e proprio "numero ", mentre i cavalli escono e Maria si piega in due dal ridere. Finalmente il clown riesce a sedersi, esausto. Si appoggia alla spalliera. Si sfila sciarpa e pancia e le butta via. Guarda Maria sorridendo)

clown  Come va?

maria   (felice) Bene. (Si ode un valzer leggero)

clown    Ti diverti?

maria Io sì. Molto.

(Il clown la indica compiaciuto al pubblico, co­me dicesse "Sentito?" e vi aggiunge di suo un ben noto gesto osceno. Poi torna a voltarsi verso Maria)

clown    Vuoi ballare?

maria Sì. (Scatta in piedi, protendendo le braccia).

(Il valzer si attenua fino a diventare una musica dolcissima, quasi in sordina. Ma il clown non si muove. Resta lì a fissarla, e allora Maria si stringe le mani dietro la schiena e comincia a ballare da sola tutt'intorno. Entra Riccardo con una valigia, e si ferma a una estremità del proscenio)

riccardo La mamma balla. Le costa certo un po' di fatica perché non ha più vent'anni.

(Entra Isabella con una valigia, e si ferma all'altra estremità de! proscenio)

isabella Ma lo fa bene, con grazia. È lieta di ritrovare la sua casa, i volti familiari...

riccardo ...E anche quel negozietto dietro la Galleria, verso San Fedele, dove vendono ancora dei pani rotondi...

isabella    ...Appena spruzzati dì farina...

riccardo ...Con dentro l'uva passa. A me non interessano, natu­ralmente, perché io sono di un'altra generazione, non ne ho mai assaggiato (si scalda man mano che parla fin quasi a gridare) e giuro sulla tua testa, Isabella, giuro che non ne mangerò mai. Mai! Mai! Dovessero passare sul mio corpo!

isabella Riccardo. amore mio. Noi siamo in partenza. Andremo in America, dove tu hai vinto una borsa di studio, e ci stabiliremo a Princeton, che sta nel New Jersey. Perché dunque temere? Chi vuoi che t'insegua fin là per farti mangiare a tutti i costi del pane con dentro l'uva passa? È ridicolo.

riccardo    (indicando Maria) Lei ci tiene.

isabella    Fa parte dei suoi ricordi.

riccardo   Anche il babbo ne ha.

isabella Tuo padre rammenta solo d'aver amato la moglie. Con tutto il cuore. E una volta per tutte. (Si rivolgono entrambi al­l'uomo, col sorrisetto saggio e scherzoso di due bravi maestri che parlano a un bambino)

riccardo Ora invece che la mamma è di ritorno dovrai ricomincia­re da capo,..

isabella ...Trovarti magari sbarrata la porta del bagno, confusi tra loro gli spazzolini da denti...

riccardo ...E anche aperta di notte - chissà - la finestra in ca­mera da letto...

isabella (a Riccardo, indicando sorridendo Luca) ...Lui che ha sempre freddo...

riccardo    ...E non l'apre mai quando dorme da solo.

isabella Non è così?... (l'uomo la guarda) Dammi, papà. Dammi quel brutto naso. (Luca si toglie naso e parrucca. Maria intervie­ne con slancio, smettendo di ballare)

maria No, no!... Aspetta, Isabella. Tocca a me. (Viene avanti mentre la musica si spegne) Eccomi, Luca. Sono tornata. Al mio posto.

(Luca esita un attimo. Poi consegna a lei naso e parrucca, che Maria fa immediatamente volare fuori scena)

Bravo. (Gli assesta i capelli, accarezzandolo) Sei tutto spettinato. Anche l'abito è un disastro. Dovremo spazzolarlo, un po'. E poi stirarlo. Per quanto io so che tu ne hai moltissimi, di abiti. Hai delle giacche sportive che ti ringiovaniscono un sacco. Puoi mettere quella che vuoi. Cominciare un'altra carriera. Un'altra vita. (Gli s'inginoc­chia davanti, tutta miele) Allora?... Sei contento?

 

(Luca, ch'è ri­masto finora seduto, le si avventa addosso con un urlo cercando di strozzarla. Maria lancia un grido. Rotolano per terra. Maria cerca invano di liberarsi. Riccardo e Isabella li seguono con lo sguardo, immobili)

isabella    Lo dicevo io.

riccardo   Non si amano più come prima.

isabella     No.

riccardo    Sono cambiati.

isabella    Sì. Per quanto...

riccardo    ...Bisogna andarci piano, a giudicare.

isabella    II bene è bene sempre.

riccardo    Ed è solo quello, che conta.

maria    (invocando aiuto) Riccardo!... Isabella!...

isabella   Senti?

riccardo    Sì. Voce limpida. Forte.

isabella    Una voce che io non dimenticherò mai.

riccardo    Io sì.

isabella    Come puoi dir questo, Riccardo? È tua madre.

riccardo   Anche tu la chiami mamma.

isabella    Ma è una convenzione! In realtà lei non è mia madre...

riccardo    Isabella.

isabella Va bene, va bene!... Non ricominciamo.

(Maria è riuscita a liberarsi e Luca fugge fuori scena, ruggendo come una specie di Mr. Hyde. Maria cerca a fatica di alzarsi appoggiandosi a! di­vano)

maria     Oh Dio Dio.

riccardo    Aspetta, mamma.

isabella    Dammi il braeeio.

maria    Grazie, figlioli. (La conducono verso la sedia)

riccardo    Ti manca un po' il fiato.

maria Eh!... Credo bene. (Siede ansante, cercando di ricomporre abito e pettinatura. I due giovani l'aiutano) Quando parte il vo­stro aereo?

isabella   È già partito.

maria    (mortificata) Oh! Mi dispiace...

riccardo   Non lo vedremo più.

maria    Forse il prossimo...

isabella Anche il prossimo è già partito. E anche quello dopo. E quello dopo ancora. Ormai partono tutti assieme. Una grande ala nera che copre l'Atlantico da una sponda all'altra.

riccardo   Per questo si dice che viviamo tutti sotto lo stesso cielo.

maria    (impressionata) Hai capito!...

isabella    Però non devi preoccuparli.

maria Ma certo, tesoro!... Io non mi preoccupo affatto. Sono anzi fiera, dei miei ragazzi. Sono orgogliosa, che voi portiate nel Nuo­vo Mondo il dolce sangue d'Europa. È una parola così bella. "Eu" in greco significa "buono", ''giusto", "armonioso": eu-ritmia, eugenetica, euforia... Per questo voi mi troverete sempre qui, al tramonto, quando condurrete i vostri bambini in riva al mare e li rivolterete dalla parte giusta. Io sarò affacciata a una finestra d'Europa. Vi farò cenno con la mano. I figli si educano con l'esempio, non con le parole.

isabella     Giusto.

maria E adesso addio. Trovo ignobile che abbiate scelto per andarvene proprio il giorno del mio compleanno. (I due giovani si guar­dano sgomenti)

rìccardo   O Gesù!...

maria    Non importa, tesoro. L'ha dimenticato anche tuo padre.

isabella    Mi dispiace...

maria    Per carità.

isabella (gridando) Papà!...

(Entra di corsa Luca, con una tale quantità di fiorì che deve reggerli a due mani)

luca Eccomi, eccomi!... Vi avverto che i negozi stanno già chiu­dendo.

isabella    Fa' presto, Riccardo!

riccardo Anche tu!...

(Isabella e Riccardo escono correndo cia­scuno dalia sua parte, dopo aver aperto la tenda. Maria è sempre stesa sul letto, supina. Luca le rovescia addosso la sua massa enorme di fiori e corre via a prenderne altri, mentre rientrano di corsa Riccardo e Isabella reggendo ciascuno altrettanti fiorì che rovesciano a loro volta sul corpo di Maria, eccetera eccetera. Dev'essere una scena frenetica, un andirivieni turbinoso. In pochi secondi Maria scompare sotto una montagna di fiori, come l'a­vessero sepolta viva)

riccardo    (affannato) Che dici, papà? Può bastare?

luca   (idem) Io credo di sì.

isabella    (idem) Lei ama moltissimo i fiori.

riccardo    Però detesta gli sprechi.

luca (ridacchiando) Ad ogni modo non potrà più dire che ci siamo dimenticati il suo compleanno.

riccardo (idem) Speriamo. (Dà un'occhiata all'orologio) Scusa sai, ma se non facciamo presto rischiamo di non partire neanche questa volta.

luca    Sì sì, certo!... Andate.

riccardo    Papa.

luca   Riccardo. (Si abbracciano, mentre Isabella richiude la tenda)

isabella     Papà.

luca    Isabella. (Si abbracciano)

riccardo    (alla donna seduta) Ciao, mamma! Noi ci rivediamo!

isabella    Al tramonto! Ricordati! (Escono)

luca Buon viaggio!...

(Esce dalla parte opposta. Ora il silenzio è profondissimo. Maria è rimasta immobile per tutta la scena, fac­cia al pubblico, senza voltarsi mai. Si rilassa con un sospiro, chiu­dendo gli occhi)

maria Che profumo. (Riapre gli occhi) Sono passati quindici anni da quando mio padre uscì di casa per compilare una schedina. Io non credo che abbia fatto tredici. E neppure dodici. In fondo non lo credeva neanche mia madre, sebbene il dubbio la tormentasse fino all'ultimo istante e la inducesse a rifiutare l'Estrema Unzione per non essere distratta da futili pensieri. Ma ovunque tu sia -picco nevoso o isola felice - vorrei che tu godessi di un silenzio come questo, papà. Se il danaro non te l'ha comprato, non t'ha comprato niente. (Si alza di scatto, va a aprire la cappelliera) La verità è che mio marito è un coglione. (Estrae un cappello di tela o di paglia, si toglie la giacca del tailleur, si arrotola le maniche della camicia, eccetera eccetera) Cosa ci voleva a fermare i ricor­di? Bastavano due righe. Un aneddoto. Una confidenza. Un ri­trattino. Una battuta. Poteva racchiuderli in una bolla di sapone oppure distenderli - se preferiva - su di un bel velo funereo, tutto trapunto di colori... Ma Luca ha paura dei critici e così non scriverà mai una parola.

(I suoi gesti rallentano. Maria alza la te­sta e si guarda attorno. Un intenso cinguettio da foresta tropicale sta infatti salendo a poco a poco nell'aria, sino a divenire un fra­gore assordante. Ombre colorate di palme e altre foglie si proiet­tano su tutta la scena in una luce magica, da acquario. La parete dì fondo sì tinge di verde e di viola. E oltre la parete, in trasparenza, appaiono di profilo due sedie a dondolo bianche e, di fianco, un piccolo armonium anch'esso tinto di bianco. Sembrano ogget­ti misteriosi in un quadro di De Chirico. Entra di corsa un grande uccello blu col becco giallo e il culo di fuori. Sta cercando scam­po, correndo affannoso qua e là, da un signore sui sessant’anni che lo in segue armato di arco e di frecce. Scompaiono in fondo alia scena. Maria fa qualche passo dietro di loro, stupefatta. Ma subitosi ferma e si volta, poiché alle sue spalle c'è un altro ingres­so. È una signora di mezza età che va a sedersi tranquillamente sul divano dove si mette a lavorare a maglia. Maria le si avvicina adagio. La signora alza gli occhi e ricambia lo sguardo di Maria con un'espressione sarcastica, ostile. Ma non dice nulla. Rientrano l'uccello e il suo inseguitore che attraversano dì corsa il proscenio in direzione ovviamente opposta a quella di prima).

maria (si gira di scatto chiamando) Papà!

(L'uomo riappare, sor­preso a sua volta. Il cinguettio si attenua)

Come stai, papà? (L'uomo getta arco e frecce, festoso)

padre di maria Maria!... Questa sì ch'è una sorpresa. Che cosa fai qua?

maria   Mi son messa a viaggiare.

padre di maria     Da sola?

maria No, no. Quei gruppi organizzati, sai. Seychelles, Bahamas, Barbados... Sempre pieni di vedove e divorziate. Ma debbono stare da qualche altra parte, perché non li trovo più.

padre di maria   Come sono felice di rivederti!

maria   Anch'io.

padre di maria (indicando la donna sul divano) Tu conosci la si­gnora Gavazzi?

maria    (cominciando a ricordare) La signora Gavazzi...

signora gavazzi Mi conosce benissimo.

(Ma non le sorride e non le dà la mano. Si alza e va a sedere sulla sedia dove continua tran­quilla a sferruzzare)

padre di maria Lascia perdere, non preoccuparti. Vieni, tesoro. Vieni. Siediti qua. (La fa sedere sul divano, le prende affettuosa­mente la mano) Allora. Tuo figlio?

maria    Riccardo sta in America. Con Isabella.

padre di maria   Quel cretino di tuo marito?

maria    Sta a Milano. È diventato assessore al Comune.

padre di maria    Oh perbacco.

maria Ci siamo separati.

(Senza voltarsi, la signora Gavazzi lancia un grido di trionfo)

signora gavazzi   Ah!... L'avrei giurato. Sapevo che finiva così.

padre di maria Signora Gavazzi,.. Per favore. (Indica il paesaggio attorno) Ti piace il posto?

maria     Sì.  Molto.

padre di maria L'aria è satura di fiori. L'acqua è limpida. Lonta­no, sui prati d'asfodelo, galoppano gli unicorni. (Un silenzio)

maria    Prego?

padre di maria  Sì?

maria    L'ultima frase, papà.

padre di maria (ripete adagio) Lontano, sui prati d'asfodelo, ga­loppano gli unicorni. (Maria lo guarda)

maria   Oh Dio... (Un silenzio)

signora gavazzi Sua figlia è molto brava a non capire, quando le fa comodo.

maria Si sbaglia, signora Gavazzi. Sto cominciando a capire benis­simo. E proprio per questo la prego. Non mi serbi rancore. Sareb­be assurdo, qua. (La signora Gavazzi continua a sferruzzare) Mi­ca l'avevo rotto io, il tubo dell'acqua.

signora gavazzi    Però mi ha allagato il bagno.

maria    Tanto tempo fa. Ero ancora sposina.

signora gavazzi    E non ha mai pagato il danno.

maria   Spettava alla padrona di casa.

signora gavazzi   Non è vero, il tubo era suo.

maria  Il tubo slava nel muro.

signora gavazzi    Anche il muro era suo.

maria    Io ero solfano un'inquilina,

signora gavazzi    Ah!... Lo dice adesso.

maria    Gliel'ho detto sempre.

padre di maria (cercando d'intervenire) Signora Gavazzi...

(Ma la signora si alza di scatto, butta via il lavoro a maglia e si volta, ter­ribile come il personaggio d'una tragedia greca)

signora gavazzi    Pagami il bagno, Maria.

maria    Adesso?

signora gavazzi   Pagami il bagno.

maria   Ma dove lo riscuoterebbe, un assegno?

signora gavazzi (in un crescendo isterico) Pagami il bagno! Paga­mi il bagno! Pagami il bagno!

padre di maria Teresa...

(La signora Gavazzi scoppia in un pianto furioso e disperato, L'uomo la prende fra le braccia, coccolando­la) Mio povero amore.

(Maria li guarda. La signora piange)

maria   (avvicinandosi) Dove l'hai conosciuta, papà?

padre di maria    A casa vostra. Discutevate del tubo.

maria   Adesso capisco dove sono finiti i soldi della schedina.

signora gavazzi (scattando tra le lacrime) Non è vero! Io non c'en­tro per niente! Diglielo, vigliacco! Diglielo, che io non c'entro!

maria    La mamma è diventata pazza, a causa di questa donna.

padre di maria Non per offendere, tesoro. Ma la mamma stava lì lì già da un pezzo.

maria   Non era colpa sua se confondeva le stagioni!

signora gavazzi (maligna) Colpa no. Però io me la ricordo, a Fer­ragosto, con la pelliccia di lontra.

padre di maria (schiaffeggiandola) E sta' zitta, cretina!

(La signora Gavazzi arretra, senza fiato. Poi scappa verso il fondo ed esce, inseguita dall'uomo che è già pentito del suo gesto) Teresa!... Teresa!...

maria    Papà.

padre di maria (voltandosi mentre corre via) Un momento, teso­ro... Parla con tuo fratello.

maria    (sgomenta) Con chi?

voce del padre di maria   (da fuori scena) Con tuo fratello!...

maria Oh Dio.

(Si volta. Un giovane biondo appare al proscenio. Porta una camicia color kaki, dei bermuda di tela e dei calzettoni dello stesso colore. Sorride a Maria, protendendo le braccia verso di lei) Ragazzo mio.

(Il giovane corre ridendo fra le braccia della sorella che lo stringe con impeto, commossa)

fratello   Come stai, Maria?

maria    (accarezzandolo) Bene. E tu?

fratello     Hai visto?

maria   Che cosa? (Il giovane le mostra un ginocchio) Non capisco.

fratello   Un ginocchio fragile fragile.

maria   (sorridendo) Ah, sì!... Certo.

fratello    Sono parole tue.

maria    Le ricordo benissimo.

fratello Però non è mica vero che io casco in avanti, quando mi eccito.

maria    Dicevamo per scherzo.

fratello    Lo so, lo so. Aspetta.

maria   Dove vai?

fratello Aspetta.

(Corre via e riappare all'armonium che sta in fondo alla scena. Siede e comincia a suonare. Un 'aria allegra, un po' infantile. Maria è immobile, di spalle. Laggiù in fondo entra­no la signora Gavazzi e il padre di Maria [mezzo nascosto dalla donna e impersonato da una controfigura]. Siedono sulle sedie a dondolo ascoltando con delizia. Il giovane suona e forse canta. La luce rende le loro immagini astratte come un sogno. A poco a poco si attenua. Ora si vedono solo delle ombre in trasparenza. Lentamente scompaiono anche quelle, come scompaiono i cin­guettii degli uccelli e i riflessi colorati delle foglie sulle pareti e sul divano. La musica si spegne. Maria esce. Luce piena. Entra Luca che sta finendo di vestirsi in un sontuoso costume Luigi XIV, i tacchi rossi)

luca lo sono assolutamente contrario all'abitudine - così diffusa tra coloro che governano - dì apparire dimessi, grigi, spenti, co­me se reggessero a fatica e quasi controvoglia il peso del potere. Non l'hanno forse cercato? Chi mai li avrebbe eletti, se non l'a­vessero chiesto? E perché qualcuno dovrebbe dar credito a me, Luca Morassi, se il mio aspetto fosse già di per sé una menzogna? lo sono felicissimo del mio tardivo successo. Ne vado pazzo. ''Verrà il tuo momento - diceva mia madre - Verrà il tuo mo­mento"... Che questi ricami, la gorgiera, le piume, i pizzi, i na­stri, le nappine e i tacchi, siano dunque il segno della mia lealtà - o cittadini - e in fondo anche la prova della mia più autentica modestia.

(Si illumina, guardando fuori scena)

Monsignore!... Finalmente. La stavo aspettando.

(Butta con un calcio la cappel­liera fuori scena. Si volta. Entra un vescovo adorno di tutti i suoi paramenti. Scopriremo che è impersonato dalla prima attrice)

vescovo    Signor Morassi.

luca   Com'è gentile questa visita da parte sua.

vescovo    Volevo congratularmi col nostro nuovo Assessore.

luca (modesto) Sì vede che il Comune di Milano non ha trovato di meglio.

vescovo (alzando un dito) Però ha scelto un frutto della mia par­rocchia.

luca (Si inchina sorridendo) Merito del giardiniere. (Indica il diva­no) Vuole accomodarsi?

vescovo   Preferirei una sedia, se non le dispiace.

luca    Gliela prendo subito.

vescovo Molto gentile. (Luca va a prendere una sedia fuori scena) Luigi XIV?

(Luca rientra con la sedia)

luca    Prego?

vescovo    Il suo costume.

luca Sì. Luigi XIV. Mi sembra perfetto, come simbolo dell'autori­tà civile.

vescovo Senza dubbio. Non vorrei però, signor Morassi, che po­tesse sembrare un niente vistoso.

luca (sorridendo) Non per ribattere, monsignore. Ma credo che neanche lei passi tanto inosservato, sa, quando attraversa la strada.

vescovo    (ridendo) Ma io l'ho messo apposta! In suo onore!

luca   (ridendo) Anch'io!

vescovo    Due beghine che si parano a festa per l'ora del té!

luca   In un certo senso...

vescovo Inoltre, a differenza del potere civile, la Chiesa non ha mai preteso di essere né umile né povera!

luca   Lei è una delizia. (Gli avvicina la sedia) Prego.

vescovo Grazie. (Siede. Luca siede di fronte a lui. Poi si china in avanti per scrutarlo bene, e il vescovo fa altrettanto, interrogati­vo) Sì?...

luca Niente... Pensavo a mia moglie. (Torna ad appoggiarsi allo schienale) Non mi aspettavo un vescovo così giovane.

vescovo Non sono giovane. Ho già l'età in cui la morte comincia a pasticciare le facce. Confonde gli anni. Il sesso. Ha un profumo di mele. A volte ti liscia come un bambino. O una bambina.

luca   (indicando la faccia del vescovo) Una bambina.

vescovo   Nessuno, che non sia nato al Nord... Lei è milanese?

luca   Certo.

vescovo ...Potrebbe mai gustare, e neanche capire, il fascino di quest'ora. Cosa diavolo faremmo in un'altra città, seduti come due allocchi uno di fronte all'altro? Il traffico comincia ad atte­nuarsi. Se lei tace un momento - e sarebbe anche ora - potrà distinguere i clacson dalla strada. Un motorino che passa. Una voce. Una deliziosa, pacificata stanchezza, mi punge le ossa. (Un silenzio. Si odono dei clacson. Un motorino che passa. Delle voci)

luca    lo sono solo in casa.

vescovo    Sua moglie?

luca Ci siamo lasciati. Proprio adesso che potevo brillare ai suoi occhi.

(Il vescovo fa l'atto di alzarsi allarmato)

vescovo Non mi dica che son venuto fin qua per far visita a un di­vorziato.

luca No, no... Altre cose. Stanchezza. Menzogne. (Confidenziale, abbassando la voce) Un odore d'incesto...

vescovo    (risiede, rassicurato) Meno male.

luca ...La corda di un violino che si spezza senza motivo. Più delle voci, dei clacson, dei motorini - che sente lei - è quella invece che io ascolto vibrare, a metà della vita.

vescovo   Non dica sciocchezze.

luca    Mi sento solo.

vescovo    Capita a tutti.

luca Le confiderò una cosa... (Ma s'interrompe, sorpreso) Monsi­gnore. Monsignore. (Il vescovo s'è messo a piangere in silenzio. Luca si alza e lo stringe a sé, come si fa coi bambini) Andiamo. Su. Da bravo. Non faccia cosi. Guardi. Le sta cascando tutto. (Il vescovo si aggiusta la mitria, ridacchiando un po' vergognoso fra le lacrime)

vescovo   Mi scusi.

luca    Per carità.

vescovo    Un momento di debolezza.

luca   Capisco benissimo.

vescovo    Dev'essere molto ridicolo, un vescovo che piange.

luca   Ma nient'affatto!

vescovo    Le ho portato un regalo.

luca   Un regalo? A me?

vescovo (accennando verso qualcuno fuori scena) Vieni, Vieni avanti.

(Entra un giovane dall'aria un po' sempliciotta, vestito di scuro, portando un pacco. È biondo, identico al fratello di Maria)

Più che un regalo, dovrei chiamarlo un oggetto di meditazio­ne. Lei ha un tavolino?

luca    (indicando) Sta lì.

vescovo (al giovane) Da bravo. (A Luca) In un certo senso, rap­presenta tutto ciò di cui noi due dovremmo occuparci.

(Il giovane ha messo il pacco sui tavolino, che ora colloca fra le due sedie, per poi tornare nel fondo ad aspettare)

luca    Lei mi incuriosisce moltissimo.

vescovo    Vedrà...

luca   Però non doveva disturbarsi.

vescovo    La prego. (Luca apre il pacco. Appare un neonato)

luca    Oh Dio. Un bambino.

vescovo     Sì.

luca    Ma è una meraviglia!

vescovo    Roseo. Tenero. Immagine della speranza.

luca   Non poteva farmi cosa più gradita.

vescovo    Vorrei che tutti i piccoli così crescessero felici.

luca    Dipenderà anche da noi. Ed è di questo che parleremo. Per­metta però una domanda, prima di entrare nel vivo.

vescovo    Dica.

luca   Frivolezze.

vescovo    Contano anche quelle.

luca (indicando le calze del vescovo, sottovoce, per non farsi sen­tire dal giovane servo che aspetta nel fondo) Ho notato un colore straordinario, quando lei si è seduto... Non si trovano più così.

vescovo Ah!... (sorridendo) No, no. Il colore si trova. È il tipo di stoffa, se mai...

luca    Lo immaginavo. Posso?

vescovo Certo. (Luca stacca una mano al bambino di marzapane e comincia a mangiucchiarla)... Ma vedrò di fargliela cercare, se lei ci tiene.

luca    Non è così importante... Mmm. Delizioso. Un pezzettino?

vescovo Piccolo piccolo. (Luca stacca un braccino al bambino) Però ho notato anch'io qualcosa d'insolito. (Luca gli porge un pezzo) Grazie. (Accenna al vestito di Luca) Quel nastro lì sotto, così vivo...

luca Lei ha occhi di linee. (Il vescovo mangiucchia, Luca gli sus­surra confidenziale) Li vendono in un posto solo. Bisogna fare il giro attorno al palazzo del Credito, lei ha presente. Poi prende la prima a destra. La prima o la seconda. Non ricordo. Ad ogni mo­do lo vede subito, perché c'è scritto sopra ''Merceria". Ma è un negozio nuovo. Appena arredato. (Un silenzio)

vescovo    Mi sento a disagio.

luca    Come?

vescovo    Vorrei tornare a casa, se non le dispiace.

luca    Così? Tutt'a un tratto?

vescovo   Non si offenda.

luca    Per carità... Ho detto qualcosa di sbagliato?

vkscovo    No no... Niente,

luca    Sta male?

vescovo    Sto benissimo. Ma vorrei tornare a casa. (Si alza)

luca L'accompagno.

(Anche il giovane fa un passo avanti, ma il vescovo li ferma con un gesto)

vescovo    Grazie. Preferisco andare solo. Davvero.

luca    Sono desolato, monsignore.

vescovo    Non si preoccupi.

luca    Se posso fare qualcosa...

vescovo    Venga a trovarmi, appena ha tempo.

luca    Senz'altro!... Lei mi ha solo preceduto.

vescovo    Parleremo di tante cose.

luca    Certo!

vescovo    E andremo d'accordo. Vedrà.

luca    Non ne ho il minimo dubbio!

vescovo    L'aspetto. (Esce. Luca lo segue con lo sguardo)

luca (disinvolto, a voce alta) Mi spiace moltissimo. Davvero. Se­condo me, deve aver preso qualcosa che gli ha fatto male.

giovane    Rimetto a posto il tavolo?

luca   Grazie, sì. Molto gentile.

giovane    Si ricorda di me? (Esce col tavolo)

luca    Di lei?... No. Non mi ricordo affatto. Spero che non sia grave.

(Esce portando la seconda sedia. Il giovane rientra)

giovane Io mi chiamo Wolfgang.

(Luca rientra e lo guarda. Ma solo un attimo, riprendendo subito il tono allegro e "disinvolto" di prima)

luca    Mio figlio aveva un amico, che si chiamava così.

wolfgang    (fissandolo) Studiavamo assieme.

luca Impossibile, io non ho studiato mai. Mi han dato la laurea perché ero in divisa. E non ho mai sentito parlare di nessuno che si chiamasse Wolfgang. Senza contare che se noi due avessimo studiato assieme, dovremmo avere la stessa età. Mentre invece lei è giovane. E io invecchio. (Butta la giacca del costume sul divano)

wolfgang (violento) E non butti la roba dappertutto! Non sono mica il suo servo.

luca    (sorpreso, un po' ironico) Oh. Mi scusi.

wolfgang È già abbastanza dover leccare il calo a un prete. Due sarebbero troppi.

luca (con tenerezza) È questo che la rode, eh? E dire che aveva un carattere così dolce.

wolfgang   Nient'affatto!

luca    Luminoso. Come i suoi capelli.

wolfgang   Non dimentichi che io ho tentato di ucciderlo, una volta.

luca (per niente impressionato, ridendo) Sì sì, ricordo. Ce l'ha an­cora il coltello?

wolfgang    (mostrandolo) Eccolo!

luca Metta via. Da bravo. (Va a togliersi lo jabot davanti a uno specchio immaginario) Diventare assessore al Comune non è mica poi 'sto gran successo, sa. Non val la pena di assassinarmi per l'invidia.

(Il giovane lo guarda sconcertato, incerto tra la voglia di mostrarsi aggressivo e il rimpianto di passate tenerezze)

wolfgang    Si ricorda dì quando mi invitava al tennis?

luca   Al tennis, dice.

wolfgang    Voleva vedermi nudo.

luca    Se è per quello, io ho invitato anche il fratello di mia moglie.

wolfgang    Pure!

luca   E un compagno di scuola di mio figlio.

wolfgang (senza la minima ironia) È una fortuna che a lei piaccio­no le donne. Altrimenti Dio sa, quanti ragazzi avrebbe invitato!

luca Trovo però disgustoso che lei abbia il coraggio di ricomparir­mi davanti adesso. Così, come gli anni l'hanno sconciato. Con quei quattro peli che si lascia crescere fin sulle spalle per sembrare più giovane. Gli occhi acquosi. I denti marci.

wolfgang (come non avesse sentito, ricordando con tenerezza) In cambio - non avevamo ancora vent'anni - io la invitavo nella ca­setta di un mio vecchio zio, vicino a Stresa. Una notte lui ci sorprese mentre facevamo l'amore - ricorda? - e ci rimase molto male.

luca    Lo zio aveva combattuto al Volturno, se non sbaglio.

wolfgang    Sì. Con Nino Bixio.

luca   Non c'è da stupirsi che rimanesse un po' male.

wolfgang   Ai suoi tempi certe cose non succedevano.

luca    Forse sì. Ma non durante le battaglie.

wolfgang   Avrebbero interrotto il ritmo.

luca Non si potrebbe dir meglio. (Con slancio, affettuoso) OWolfgang! Wolfgang!... Eri così allegro. Così ubbidiente. Non è vero, sai, che io cercavo di assomigliarti. Non dicevo sul serio. Ma in un certo senso, ero anche sincero. Quel che provavo guar­dandoti non era amore né ammirazione. Era nostalgia. (Un silen­zio. Con altro tono, eccitato) Ad ogni modo, questa è una matti­na troppo bella per restarcene a casa. Vuoi scendere al paese? Vuoi che affittiamo una barca?

wolfgang    Per andar dove?

luca   Alle isole. Ci sei mai stato?

wolfgang     No.

luca Devi sbrigarti. O non ci vai più. Come coi classici. "Quando sarò malato - si dice - e non potrò far altro che leggere". Così non si leggono mai. Moriremo ignoranti, Wolfgang.

wolfgang    Sì. Ma in buona salute.

luca   Se invece preferisci, possiamo prendere le biciclette.

wolfgang    In casa ce n'è una sola.

luca   Ti porterò io. In canna.

(Wolfgang riflette, un po' perplesso)

wolfgang    Questo vorrei che lo zio non Io vedesse, Luca.

luca (ridendo) Stai tranquillo. Scenderemo fino al bar. Siederemo all'aperto. Guarderemo i turisti. Stresa è piena di turisti. Io ho sempre avuto un debole per gli stranieri. Ho l'impressione che mi capiscano meno.

wolfgang    Certo!

luca Così non potrebbero mai accorgersi, se io non avessi niente da dire... Ma sarebbe terribile.

wolfgang    Non preoccuparti, Luca. Siamo ancora giovani.

luca Hai ragione. Usciamo. Corriamo. Remiamo. Mangiamo, Facciamo all'amore. I veri peccati verranno più tardi. Indifferen­za. Invidia. Accidia. Se uno di noi andrà all'inferno, Wolfgang, sarà per noia.

wolfgang     Io no.

luca (gli sorride con tenerezza) No. Tu no. (Riprende con slancio) Poi incontrerò mia moglie, e a partire da quel momento i suoi ca­pelli rossi occuperanno tutto lo schermo. In fondo io sono un tipo fedele. Non foss'altro che per pigrizia. Ma lei l'ho amata vera­mente. La amo. Dove sarà adesso? Cos'è questa stupida storia dei viaggi? E soprattutto, come farà a distinguere i paradisi veri da quelli finti? (Wolfgang lo guarda. Un silenzio) Bene, ragazzo mio. I baci fra uomini non impressionano più nessuno. Servono solo per tener sveglio il pubblico degli abbonati. Ma io vorrei dav­vero darti un bacio. (Protende le braccia. Wolfgang fa qualche passo avanti) Per dirti addio. (Wolfgang si ferma) Vieni.

(Wolf­gang gli si avvicina. Luca gli prende con delicatezza il volto fra le mani. Wolfgang gli affonda il coltello nel ventre. Luca si afflo­scia per terra senza un grido. Gli vien quasi da ridere, per lo stu­pore. Wolfgang esce.

Luca si gira a fatica verso la pedana. La tenda viene aperta con decisione. Maria è seduta sul bordo del letto, nella sua camicia bianca, i bei capelli rossi sulle spalle, la mano stretta alla tenda. Sembra giovanissima. Luca la guarda con timidezza dal sotto in su. Un silenzio)

maria    Ho sentito un grido. Altissimo.

luca No no, le assicuro... Mi sono anzi sforzato, di non distur­bare.

maria (con ammirata tenerezza) E adesso la vedo ai miei piedi, tut­to coperto di sangue come un cavaliere antico. Chi le ha detto il mio nome?

luca    Quale nome?

maria    Maria.

luca    Nessuno. (Sorridendo) Ma è un bel nome. Lo ricorderò.

maria    Quello che non capisco, è cosa c'entrano i tacchi rossi.

luca (confuso) Oh... Mi scusi. Ha ragione. È un errore. (Cerca a fatica di sfilarsi le scarpe)

maria Aspetti. (Va a inginocchiarsi accanto a lui e comincia a sfi­largli le scarpe. Luca la osserva da vicino)

luca   Lei è molto gentile. Io mi chiamo Luca.

maria    Stia fermo,

luca Anche troppo gentile, per un primo incontro. (Maria si rad­drizza sulle ginocchio, le scarpe in mano)

maria Non ce ne saranno altri. Io la terrò stretto fra le mie braccia sino alla fine. (Luca sorride con dolcezza)

luca    D'accordo.

maria    Non avrò dubbi. Né pause.

luca    Neanch'io.

maria Per amor suo giurerò il falso. Negherò l'evidenza. Tradirò gli amici.

luca    Io li ho già traditi.

maria E resterò al suo fianco anche se lei dovesse rivelarsi piccolo. Anche se non ci fosse.

luca    Questo però non dovrebbe dirlo, in giro.

maria    (sorridendo) No.

luca    In fondo è meglio, se mi rispettano.

maria Stia tranquillo. (Si china verso dì lui. Si baciano. Improvvi­samente la donna trasale, ritraendosi) Oh Dio.

luca   Che c'è?

maria Arriva qualcuno. (Si ode in lontananza una musichetta alle­gra. Due voci. Maria si alza e torna verso il letto. Parlano sotto­voce) Presto. Venga qua.

luca    Non riesco a alzarmi.

maria Faccia uno sforzo. Da bravo. (Luca si trascina a Quattro zampe) Ecco. Così.

(Luca si mette a ridere sommesso, quasi con­trovoglia perché il ventre gli fa male) Che c'è adesso?

luca    (ridacchiando) Pensavo a mia madre.

maria   E allora?

luca    Mica è tanto facile, sa, camminare a quattro zampe.

maria    (aiutandolo) Doveva pensarci prima.

luca Sì. Ma adesso... (riesce a issarsi sul letto, si stende supino)... ne avrò tutto il tempo. (Chiude gli occhi)

maria Mi aspetti!

 

(Chiude la tenda. La musichetta allegra si avvici­na. Entrano Riccardo e Isabella. Isabella ha in mano una gran ra­dio portatile dalla quale sì sprigiona la musica. Riccardo le mo­stra l'appartamento con un gesto)

riccardo Ecco. Isabella.

(Isabella mette la radio per terra e fa un giro d'ispezione, allegra, fino a ritrovarsi davanti alla tenda)

isabella H un appartamento bellissimo. Riccardo. Come hai fatto a trovarlo?

riccardo    Ho cercato.

isabella    Costerà un occhio.

riccardo    (allegro) Sì. Più le spese di condominio.

isabella    Ce la faremo. Vedrai. (Tasta la tenda) Qua dietro che c'è?

riccardo Il letto, mi pare.

(Isabella solleva la tenda. 1 corpi di Lu­ca e di Maria giacciono sulle coperte, supini, gli occhi chiusi, l'u­no accanto all'altra come, nelle tombe medioevali. Sono comple­tamente vestiti. Un silenzio. Isabella si volta)

isabella    Io, come letto, preferisco il nostro.

riccardo    Anch'io.

isabella    Senza pedana, senza tenda e senza fronzoli.

riccardo    Hai ragione.

(Isabella lascia ricadere la tenda)

isabella    I bambini dove li mettiamo?

riccardo Nella stanza accanto.

(Isabella va a dare un bacetto al marito. Poi si spaparanza sul divano con pigra felicità)

isabella Vorrei star qui per sempre. Non muovermi più.

(Riccardo va a sedersi sulla sedia all'altra estremità della scena)

riccardo    Allora sei contenta, che siamo tornati in Italia.

isabella    Adesso sì. Non bisogna tagliare le proprie radici.

riccardo Secondo me, non bisogna tagliarsi proprio niente. Vie­ni. Ti mostro gli armadi. (Esce)

isabella    Che cosa?

voce di riccardo    Gli armadi. (Isabella prova le molle del divano)

isabella   Il divano è rotto. (Riccardo torna a prenderla per mano)

riccardo Non preoccuparti, tesoro. Lo butteremo via.

(Escono correndo. La musichetta della radio continua per qualche secon­do, poi tace all'improvviso. Scompare la luce che entrava dalle fi­nestre, e al posto suo scende dall'alto un fiotto molto intenso a illuminare la sedia. Poi un altro scende sul divano. Poi un altro sulla tenda. Poi tutta la stanza s'illumina di una luce accecante, bianchissima. Nel silenzio assoluto, la tenda si apre per la prima volta da sola: sul letto non c'è più nessuno. Allora scende a picco dall'alto anche un oggetto, del quale finora abbiamo solo udito parlare. È una palla a spicchi, a colori, avvol­ta in una reticella.

La musica riprende fragorosa e allegrissima, mentre la palla rim­balza sul pavimento, rotola giù dalla scena e finisce in braccio al pubblico)


di Samuel Beckett

Personaggi

La signora Rooney (Maddy), signora sulla settantina

Christy, carrettiere

Il signor Tyler, agente di borsa a riposo

Il signor Slocum, amministratore dell'ippodromo

Tommy, facchino

Il signor Barrell, capostazione

La signorina Fitt, donna sulla trentina

Una voce di donna

Dolly, bambina

Il signor Rooney (Dan), marito della signora Rooney

Jerry, bambino


Rumori della campagna. Pecora, uccello, mucca, gal­lo, separatamente, poi insieme. Silenzio.

La signora Rooney cammina su una strada di cam­pagna diretta alla stazione ferroviaria. Rumore stra­scicato dei suoi passi.

Da una casa lungo la strada viene una fioca musica La morte e la fanciulla. I passi rallentano, si fermano.

signora rooney Povera donna. Tutta sola in quella catapecchia in rovina. (Musica più forte, nel silenzio. Ricominciano i passi. La musica sfuma. La signora Rooney mormora la melodia. Il suo mormorio sfuma. Rumore di un carro che si avvicina. Il carro si ferma. I passi rallentano, si fermano). Sei tu, Christy?

christy In persona, signora.

signora rooney Mi pareva di conoscere il mulo. Co­me sta quella poverina di tua moglie?

christy Meglio no, signora.

signora rooney Tua figlia, allora.

christy Peggio no, signora.

Silenzio.

signora rooney Perché ti fermi? (Pausa). Ma io, per­ché mi fermo?

   

Silenzio.

christy Bella giornata per le corse, signora.

signora rooney Non dico dì no, non dico di no. (Pau­sa). Ma sì manterrà? (Pausa. Con emozione) Si man­terrà?

Silenzio.

christy Non avrebbe per caso bisogno...

signora rooney Sssst! (Pausa). Mi sbaglio o è il rapido quello che sento?

Silenzio. Il bardotto nitrisce. Silenzio.

christy Rapido un corno.

signora rooney Oh, sia ringraziato Iddio! Avrei giu­rato che era proprio il rapido, quel rombo lontano. (Pausa). Cosi i muli nitriscono, o questo è un bar­dotto? Be', in fondo non c'è niente di strano, è fi­glio di un cavallo e un'asina.

christy Non avrebbe per caso bisogno di una carret­tata di letame?

signora rooney Letame? Che tipo di letame?

christy Letame di maiale.

signora rooney Di maiale... Almeno tu parli chiaro, Christy. (Pausa). Chiederò a mìo marito. (Pausa). Christy.

christy Sì, signora.

signora rooney Non ti pare che ci sia qualcosa di... bizzarro nel mio modo dì parlare? (Pausa). Non di­co la voce. (Pausa). No, dico le parole. (Pausa. Qua­si tra sé) Uso le parole più semplici, o almeno mi pa­re, eppure qualche volta trovo il mio modo di parla­re molto... bizzarro. (Pausa). Santo cielo! Cos'è stato?

christy Non ci faccia caso, signora, oggi è piena d'aria.

   

Silenzio.

signora rooney Letame? Che cosa ce ne faremmo, al­la nostra età? (Pausa). Perché te ne vai a piedi? Per­ché non sali in cima al tuo carico di letame e non ti fai portare in carrozza? Soffri per caso le vertigini?

Silenzio.

christy (al Bardotto) Aaah! (Pausa. Più forte) Aaaah! E muoviti, carogna, aaah!

Silenzio.

signora rookey Non muove neanche un muscolo. (Pausa). Anch'io mi devo muovere, se non voglio far tardi alla stazione. (Pausa). Ma un momento fa ni­triva e scalpitava. E adesso non c'è verso di smuo­verlo. Dagli una buona frustata sulla groppa. (Ru­more di frustata. Pausa). Più forte! (Come sopra). Be', se me lo facessero a me, ti garantisco che partirei di corsa. (Pausa). Guarda come mi fissa, con quei gran­di occhi che piangono per i morsi dei tafani! Forse, se me ne vado giù per la strada, fuori dal suo campo visivo... (Rumore di frustata). No, no, basta! Pren­dilo per la briglia e voltagli la testa, che non mi ve­da. Oh, ma è terribile! (Si allontana. Passi strascica­ti) Che cosa ho fatto per meritare tutto questo, che cosa ho mai fatto? (Passi strascicati) Tanto tempo fa... No! No! (Passi strascicati. Citando) «Storia di cose che non hanno storia...», eccetera. (Si ferma) Non posso andare avanti, non ce la faccio più. Po­tessi spiaccicarmi sulla strada come un grumo di mar­mellata, un grosso grumo colato dal suo vaso, e non muovermi più. Molle di dentro e di fuori tutta co­perta da una crosta di polvere e mosche, per tirarmi su dovrebbero prendere la pala. (Pausa). Santo cielo, ecco di nuovo quel rapido, che sarà di me? (I pas­si strascicati riprendono) Lo so, lo so, sono solo una vecchia carcassa isterica, distrutta dal dolore e dai rimorsi e dalle buone maniere e dall'andare in chie­sa e dal grasso e dai reumatismi e dal non aver figli. (Pausa. Con voce rotta) Minnie! Piccola Minnie! (Pausa). Un po' d'amore, non chiedevo altro, solo un po' d'amore, una volta al giorno, due volte al gior­no, cinquant’anni d'amore due volte al giorno, co­me quelli che fanno la cura di carne di cavallo, una donna normale non ha bisogno d'affetto. Un bacet-to sulla mascella al mattino, vicino all'orecchio, e un altro alla sera, due bacetti, finché ti crescono i fa­voriti. Ecco là di nuovo quel bel liburno.

Passi strascicati. Scampanellio di una bicicletta. E il vecchio signor Tyler che arriva dietro di lei in bicicletta, diretto alla stazione. Cigolio di freni. Ral­lenta e procede affiancato alla signora Rooney.

tyler Signora Rooney! Mi scusi se non mi tolgo il berretto, finirei per terra. Splendida giornata per le corse.

signora rooney Oh, signor Tyler, lei m'ha fatto mo-rire di paura a venirmi dietro così all'improvviso, co­me un indiano! Oh!

tyler (allegramente) Ma ho suonato il campanello, si­gnora Rooney, appena l'ho vista mi son messo a suo­nare il campanello, non vorrà negarlo, adesso.

signora rooney Il campanello è una cosa, signor Ty­ler, e lei un'altra. Che notizie di quella poverina di sua figlia?

tyler Buonine, buonine. Le hanno tolto tutto, sa, tut­te... ehm... le cose che avete dentro. Adesso sono orfano di nipoti.

Passi strascicati.

signora rooney Santo cielo, ma come si fa a zigzaga­re cosi! Scenda, per l'amor di Dio, o altrimenti con­tinui pure la sua corsa.

tyler Forse se potessi appoggiare leggermente la ma-no alla sua spalla, signora Rooney, non crede che an­drebbe meglio? (Pausa), Mi posso permettere?

signora rooney No, signor Rooney, voglio dire, si­gnor Tyler, sono stufa di vecchie mani appoggiate alla mia spalla e ad altri posti insensati, sono stufa fin sopra i capelli. Cielo, ecco il furgoncino di Connolly!

(Si ferma. Rumore di motore. Si avvicina, passa con fragore, sfuma). Tutto bene, signor Tyler? (Pau­sa).Dove s'è cacciato? (Pausa). Ali, eccolo là! (I pas­si strascicati riprendono) L'ha scampata per un pelo.

tyler Sono saltato giù appena in tempo.

signora rooney Al giorno d'oggi andare in giro è un suicidio. Ma stare a casa, signor Tyler, che cos'è sta­re a casa? Una dissoluzione a fuoco lento. Adesso siamo bianchi di polvere dalla testa ai piedi. Di­ceva?

tyler Niente, signora Rooney, niente, stavo solo im­precando, sottovoce, contro Dio e l'uomo, ma sot­tovoce, e contro quel sabato pomeriggio in cui, men­tre fuori pioveva, il sottoscritto venne concepito. La mia gomma posteriore è di nuovo a terra. L'ho gon­fiata dura come il ferro, prima di partire. E adesso vado sul cerchione.

signora rooney E una vergogna!

tyler Ora, se si trattasse di quella anteriore non sa­rebbe poi così grave. Ma quella posteriore. Quella posteriore! La catena! L'olio! Il grasso! Il mozzo! I freni! Il cambio! No! Quel che è troppo è troppo!

Passi strascicati.

signora rooney Siamo molto in ritardo, signor Tyler? Non ho il coraggio di guardare l'orologio.

tyler (con amarezza) Tardi! Filavo come il vento sul­la mia bicicletta ed ero già in ritardo. Adesso, logi­camente, siamo doppiamente in ritardo, triplamen­te, quadruplamente In ritardo. Avrei dovuto tirar via senza neanche salutarla.

Passi strascicati.

signora rooney Va incontro a qualcuno, signor Tyler?

tyler A Hardy. (Pausa). Facevamo dell'alpinismo in­sieme. (Pausa). Una volta gli salvai la vita. (Pausa). Non l'ho dimenticato.

Passi strascicati. SÌ fermano.

signora rooney Fermiamoci un momento e lasciamo che questa ignobile polvere ricada sui vermi più igno­bili.

Silenzio. Rumori di campagna.

tyler Che cielo! Che luce! Ah, nonostante tutto è una gran cosa essere vivi con un tempo come que­sto, e fuori dall'ospedale.

signora rooney   Vivi?

tyler Be', diciamo semivivi.

signora rooney Parli per sé, signor Tyler. Io non ar­rivo neanche a questo, e di un bel tratto. (Pausa). Che stiamo a fare qui? Tanto, non vivremo cosi a lungo da veder questa polvere ricadere. E quando fi­nalmente ricadrà, qualche gran macchina rombante tornerà a scagliarla verso il cielo.

tyler Bene, in questo caso possiamo avviarci.

signora rooney   No.

tyler Via, signora Rooney...

signora rooney Vada, signor Tyler, vada avanti e mi lasci qui, ad ascoltare le colombe che tubano. (Co­lombe). Se vede quel povero cieco del mio Dan gli dica che gli stavo andando incontro alla stazione quando tutto mi è venuto addosso, come una valan­ga. Gli dica solo questo. La sua povera moglie mi ha detto di dirle che tutto le è venuto addosso come una valanga e... (con voce rotta)... che allora se n'è tor­nata a casa... se ne è tornata dritta a casa...

tyler Via. signora Rooney, si faccia animo, il rapido non è ancora passato, prenda il mio braccio, su, e ve­drà che arriveremo in tempo.

signora rooney (singhiozzando) Cosa? Che sta dicen­do? (Più calma) Non vede che sto soffrendo? (Con ira) Non ha un po' di rispetto per il dolore? (Sin­ghiozzando) Minnie! Piccola Minnie!

tyler Via, signora Rooney, si faccia animo, il rapido non è ancora passato, prenda il mio braccio, su, e ve­drà che arriveremo in tempo.

signora rooney (con voce rotta) Avrebbe quarant'anni, adesso, o cinquanta, non so, col suo bel corpicino tut­to tremante in attesa della seconda giovinezza...

tylerVia, signora Rooney, si faccia animo, il rapido...

signora rooney (esplode) Se ne vuole andare si o no, signor Rooney, voglio dire signor Tyler, se ne vuo­le andare una buona volta e smettere di molestarmi? Che razza di paese è questo, che una povera donna non può neanche piangere in pace le sue lacrime sul­le strade provinciali e comunali senza venir mole­stata da agenti di borsa a riposo! (Il signor Tyler si appresta a risalire in bicicletta). Santo cielo, non vorrà andare con la gomma a terra! (Il signor Tyler sale). Ma il copertone si ridurrà a brandelli! (Il signor Ty­ler parte. Scossoni della bicicletta che si allontana. Si­lenzio. Colombe). Uccelli di Venere! A becchettarsi nei boschi per tutta la lunga estate. (Pausa). Danna­to corpetto! Se almeno me lo potessi slacciare, sen­za offendere il pudore. Signor Tyler! Signor Tyler! Torni indietro e venga a slacciarmi dietro la siepe! (Ride sgangheratamente, smette) Ma che mi prende, che mi prende, mai un momento tranquilla, sempre a bollire dentro la mia vecchia pellaccia, dentro al mio cranio, ah, potermi ridurre in atomi, in atomi! (Frenetica) Atomi! (Silenzio. Colombe. Debolmente) Gesù! (Pausa). Gesù.

Rumore di un'automobile che si avvicina alle sue spalle. Rallenta e viene a fermarsi accanto a lei, col motore acceso. È il signor Slocum, amministratore dell'ippodromo.

slocum Qualcosa che non va, signora Rooney? Cosa fa lì, piegata in due? Mal di stomaco?

Silenzio.

La signora Rooney ride sgangheratamente.

Finalmente:

signora rooney Guarda che bella sorpresa, il mio vec­chio ammiratore, l'amministratore dell'ippodromo, sulla sua limousine

slocum Posso darle un passaggio, signora Rooney? Va nella mia direzione?

signora rooney Certo, signor Slocum, tutti andiamo nella stessa direzione. (Pausa). E come sta quella poverina di sua madre?

slocum Grazie, non c'è male. Se non altro riusciamo a non farla soffrire. E la prima cosa, non è vero, signora Rooney?

signora rooney Giusto, signor Slocum, è proprio la prima cosa, non so come ci riuscite. (Pausa. Si schiaf­feggia con violenza la guancia) Ah, queste vespe!

slocum (con freddezza) Allora, posso darle un passag­gio, signora Rooney?

signora rooney (con esagerato entusiasmo) Oh, ma sa­rebbe divino, signor Slocum, assolutamente divino. (Dubbiosa) Ma come riuscirò a entrare, mi sembra pili alta del solito la sua macchina, oggi, immagino che siano queste nuove gomme.

(Rumore dello spor­tello che si apre e della signora Rooney che cerca di en­trare). Non c'è modo di togliere il tetto, vero? Già! (Sforzi della signora Rooney) No... è inutile, non ce la faccio... bisognerà che lei scenda, signor Slocum, e mi spinga da dietro. (Pausa). Diceva? (Pausa. Of­fesa) E stato lei a offrirsi, signor Slocum, io non le ho chiesto niente. Vada, vada pure per la sua stra­da, caro signore.

slocum (spegne il motore) Vengo, signora Rooney, ven­go, abbia pazienza un momento, sono anch'io ar­rugginito.

Rumore del signor Slocum che scende a fatica dal posto di guida.

signora rooney Arrugginita! E il colmo! Se tremo co­me gelatina davanti e di dietro. (Tra sé) Vecchio sfac­ciato!

slocum (prendendo posizione dietro dì lei) Allora, si­gnora Rooney, come vogliamo fare?

signora rooney Come se fossi una balia, signor Slo­cum, non abbia paura. (Pausa. Rumori di sforzi) Co­sì va bene! (Sforzi) Più in basso! (Sforzi) Aspetti! (Pausa). No, nonmolli! (Pausa). Ammesso che riesca a salire, come farò poi a scendere?

slocum (ansante) Per scendere scenderà, signora Roo­ney, stia tranquilla. Può darsi che non riesca a farla salire, ma per scendere, le garantisco che la farò scen­dere. (Riprende gli sforzi).

Rumori.

signora rooney Oh!... Più in basso!... Non abbia paura!... Abbiamo passato l'età in cui... Cosi,, Avanti!... Ci metta la spalla sotto... Oh!... (Con un risolino) Ohcielo!... Su! Su!... Ah!... Dentro! (An­sare del signor Slocum, che chiude lo sportello. La si­gnora Rooney, urlando) Il mio vestito! Ha pizzicato il mio vestito!

(Il signor Slocum riapre lo sportello. La signora Rooney libera il vestito. Il signor Slocum sbat­te lo sportello, e fa il giro fino all'altro sportello bor­bottando irosamente. La signora Rooney, col pianto nella voce) II mio bel vestito! Guardi come m'ha ri­dotto il mio bel vestito! (Il signor Slocum risale al po­sto di guida, chiude  il suo sportello, tira il pomello d'ac­censione. Il motore non parte. Lascia andare il pomel­lo) Che cosa dirà Dan quando mi vede?

slocum Ha ricuperato la vista?

signora rooney No, voglio dire, quando verrà a sa­perlo, che cosa dirà quando palperà lo strappo? (Il signor Slocum tira il pomello. Come sopra. Silenzio). Ma che sta facendo, signor Slocum?

slocum Sto guardando dritto davanti a me, signora Rooney, attraverso il parabrezza, nel vuoto.

signora rooney La metta in moto, per ì'amor del cielo, e andiamocene di qui. È terribile!

slocum (trasognato) Tutta la mattina è andata che era un sogno e adesso è bloccata. Ecco che cosa ci si gua­dagna a fare una buona azione. (Pausa. Pieno di spe­ranza) Forse chiudendo l'aria. (Esegue, tira il pomel­lo. Il motore romba. Urlando per farsi sentire) Prende­va troppa aria! (Lascia scendere il motore al minimo, ingrana la prima e parte, cambiando marcia con vio­lente grattate).

signora rooney (con angoscia) Attento alla gallina! (Stridore di freni. La gallina starnazza). Oh poveri noi, l'ha schiacciata, andiamo via, presto, presto! (L'au­to accelera. Pausa). Che modo di morire! Uno è lì tranquillo e felice a becchettare il letame sulla stra­da, al sole, con ogni tanto un bel bagno di polvere, e poi, da un momento all'altro, bang!, tutti i suoi guai sono finiti. (Pausa). Addio covate, addio pulci­ni. (Pausa). Il tempo di aprire il becco e poi... amen. (Pausa). Le avrebbero tirato il collo in ogni caso. (Pausa). Eccoci arrivati, mi faccia scendere. (L'auto rallenta, si ferma col motore acceso. Il signor Slocum suona il clacson. Pausa. Più forte. Pausa). Si può sapere che cosa ha in mente, signor Slocum? Siamo fermi, ogni pericolo è passato, e lei suona il clacson. Se in­vece di suonarlo adesso l'avesse suonato per quella sfortunata...

Clacson insistente.

Tommy, il facchino, compare sui gradini della sta­zione.

slocum (gridando) Vuoi venir giù un momento, Tommy. e aiutare questa signora a scendere? Non si può muovere. (Tommy scende i gradini). Apri lo sportello, Tommy, e aiutala a saltar giù.

tommy (apre lo sportello) Subito, signore. Bella giorna­ta per le corse, signore. Su chi punterebbe lei per la...

signora rooney Non badate a me. Fate come se non ci fossi. Io non esisto. Lo sanno tutti.

slocum Fa1 come ti ho detto, Tommy, per l'amor di Dio.

tommy Sissignore. Coraggio, signora Rooney. (Co­mincia a tirarla giù).

signora rooney Piano, Tommy, piano adesso, non ti­rare, lascia che mi giri e metta il piede per terra. (Sforzi) Cosi.

tommy (aiutandola) Attenta alla piuma, signora. (Sfor­zi) Forza che ci siamo, forza!

signora rooney Piano, per amor di Dio, mi vuoi de­capitare tu!

tommy Pieghi la schiena, signora Rooney, pieghi la schiena e metta fuori la testa.

signora rooney Piegare la schiena! Alla mia età! Ma è pazzesco!

tommy La spinga giù, signore.

Rumore di sforzi congiunti.

signora rooney Merde!

tommy Cosi! Sta venendo! Adesso si raddrizzi, si­gnora! Cosi!

Il signor Slocum chiude lo sportello.

signora rooney Sono uscita?

Voce irosa del signor Barrell, il capostazione.

barrell Tommy! Tommy! Dove diavolo s'è caccia­to?

   

Il signor Slocum ingrana la marcia.

tommy (precipitosamente) Non mi può dare un buon consiglio per la Coppa delle Dame, signore? M'ave­vano detto Flash Harry.

slocum (co» sprezzo) Flash Harry! Quel cavallo eia tiro!

barrell (in cima ai gradini, urlando) Tommy! Razza di fannullone... (Vede la signora Rooney) Oh, signora Rooney... (Il signor Slocum se ne va sferragliando). Chi è che maltratta il cambio a quel modo, Tommy?

tommy Quel finocchio di Slocum.

signora rooney Quel finocchio di Slocum! Bel modo di parlare dei tuoi superiori! Quel finocchio di Slo­cum! Tu, che sei figlio di nessuno!

barrell (con ira, a Tommy) Cosa fai li in mezzo alla strada? Questo non è il tuo posto, capito? Fila in stazione e tirami fuori il carrello, svelto! Lo sai che il dodici e trenta ci può arrivare addosso da un mo­mento all'altro!

tommy (con amarezza) Ecco cosa ci guadagni a com­portarti da buon cristiano.

barrell (fuori di sé) Muoviti, prima che faccia rap­porto! (Lenti passi di Tommy che sale i gradini) .Vuoi che ti venga a prendere per le orecchie? (I passi si af­frettano, sì allontanano, cessano). Ah, Dio mi perdo­ni, la vita è dura. (.Pausa). Allora, signora Rooney, mi fa piacere di rivederla in gamba. E rimasta chiu­sa lassù per un bel pezzo.

signora rooney Non abbastanza, signor Barrell. (Pau­sa). Vorrei essere ancora nel mio letto, signor Bar­rell. (Pausa). Vorrei essere ancora sdraiata comoda comoda nel mio letto, signor Barrell, a putrefarmi piano piano, senza dolore, tenendomi su con brodo e petto di pollo, fino ad appiattirmi come un asse da stiro sotto le coperte. (Pausa). Oh, niente tossire o sputare o sanguinare o vomitare, solo scivolare dol­cemente alla deriva verso quell'altra vita, e ricorda­re, ricordare... (con voce rotta) tutti gli stupidi dolori... come se... non ci fossero mai stati... Dove ho messo quel fazzoletto? (Sì soffia il naso fragorosa­mente) Da quanto tempo è capostazione qui, signor Barrell?

barrell Non me lo chieda, signora Rooney, non me lo chieda.

signora rooney Ha preso il posto di suo padre, se non sbaglio, quando suo padre s'è ritirato.

baerell Povero papa! (Reverente silenzio). Non ha neanche avuto il tempo di godersi la pensione.

signora rooney Me lo ricordo bene. Un piccolo ve­dovo con la faccia da faina, sempre rossa, sordo co­me una campana e irritabilissimo. (Pausa). Immagi­no che presto andrà in pensione anche lei, signor Barrell, a coltivare le sue rose. (Pausa). Mi sbaglio. o poco fa le ho sentito dire che il dodici e trenta può arrivare da un momento all'altro?

barrell Infatti.

signora rooney Ma secondo il mio orologio, che è più o meno giusto - o perlomeno lo era, al segnale ora­rio delle otto - siamo ormai arrivati a mezzogior­no... (pausa, mentre consulta l'orologio)... e trenta­sei. (Pausa). E d'altra parte il rapido non è ancora passato. (Pausa). O forse è passato cosi in fretta che non me ne sono accorta? (Pausa). Perché c'è stato un momento, adesso ricordo bene, in cui ero cosi as­sorta nel mio dolore che non avrei sentito una mac­china schiacciasassi se mi fosse passata sopra. (Pau­sa. Il signor Barrell fa per andarsene). Non se ne vada, signor Barrell! (Il signor Barrell si allontana. Più for­te) Signor Barrell! (Pausa. Più forte) Signor Barrell!

barrell (Torna indietro. Seccato) Che c'è, signora Roo­ney, io ho il mio lavoro da fare.

Silenzio. Rumore del vento.

signora rooney Si sta alzando il vento. (Pausa. Vento). La parte più bella della giornata è finita. (Pausa. Vento. Trasognata) Fra poco la pioggia comincerà a cadere e continuerà a cadere tutto il pomeriggio. (Il signor Barrell si allontana). Poi, la sera, le nubi si squarceranno, l'ultimo sole splenderà un istante e poi cadrà oltre le colline. (Si accorge che il signor Bar­rell se ne è andato) Signor Barrell! Signor Barrell! (Si­lenzio). Li allontano tutti. Vengono a me, senza che li abbia chiamati, senza rancori, pieni dì gentilezza, pronti a offrirmi il loro aiuto... (con voce rotta) ... sinceramente lieti... di rivedermi... in cosi buona sa­lute... (Fazzoletto) Due parole, dette col cuore... e mi ritrovo sola... come prima... (Fazzoletto. Con vee­menza) Non dovrei uscire più! Non dovrei allonta­narmi di un metro! (Pausa). Oh, ecco la Fitt che ar­riva, chissà se mi saluterà.

(Passi della signorina Fitt che si avvicina, canticchiando sottovoce un inno reli­gioso. Comincia a salire i gradini). Signorina Fitt! (La signorina Fitt si ferma, smette di canticchiare). Sono di­ventata invisibile, signorina Fitt? Questo cretonne che ho addosso mi va cosi bene che mi confondo col muro? (La signorina Fitt scende un gradino). Brava, si­gnorina Fitt, guardi con attenzione e alla fine di­stinguerà una forma anticamente di sesso femmi­nile.

fitt Signora Rooney! L'ho vista, ma non la riconoscevo.

signora rooney Domenica scorsa ci siamo viste in chiesa. Ci siamo inginocchiate fianco a fianco, da­vanti allo stesso altare. Abbiamo bevuto dallo stes­so calice. Sono così cambiata, da allora?

fitt (scandalizzata) Oh, ma in chiesa, signora Rooney, in chiesa io sono sola col mio Creatore. Non è così anche per lei? (Pausa). Le dico, perfino il sacresta-no, quando passa per la questua, sa che è inutile fer­marsi davanti a me. Neanche lo vedo, quel suo piat­tino o sacchetto, o cosa diavolo hanno in mano, ho altro per la testa. (Pausa). Le dico, perfino a funzio­ne finita, quando esco all'aria fresca, perfino allora, per almeno duecento metri, cammino come se fossi in sogno, barcollando, senza neppur vedere i miei correligionari. E loro sono tutti molto gentili, devo ammetterlo - la grande maggioranza - molto genti­li e comprensivi. Ormai lo sanno e non se la pren­dono. Eccola che passa, dicono, eccola che passa la bruna signorina Fitt, sola col suo Creatore, non fa­teci caso. E si mettono sul ciglio del sentiero per evi­tare che io vada a sbattergli contro. (Pausa). Ah sì, sono distratta, molto distratta, anche nei giorni fe­riali. Chieda alla Mamma, se non mi crede. Hetty, mi dice quando mi metto in bocca il tovagliolo in­vece della tartina di pane e burro, Hetty, come si può essere cosi distratti? (Sospira) La verità dev'es­sere, signora Rooney, che io non ci sono, in quei mo­menti, non sono presente. Vedo, sento, tocco e co­si via, faccio i soliti gesti, ma non col cuore, signora Rooney, il cuore non c'è. Lasciata a me stessa, sen­za nessuno che mi trattenesse, farei presto a volar­mene vìa... verso la mia vera patria. (Pausa). E per­ciò non creda che abbia fatto finta di non vederla, signora Rooney, sarebbe farmi torto. Io ho visto so­lo una gran macchia pallida, una delle tante macchie pallide. (Pausa). C'è qualcosa che non va, signora Rooney, lei ha un'aria, come dire, cosi strana. Tut­ta curva.

signora rooney (con amarezza) Maddy Rooney, nata Dunne, la grossa macchia pallida. (Pausa). Lei ha una vista molto acuta, signorina Fitt, lei non lo sa, ma ha una vista terribilmente acuta.

Pausa.

fitt Comunque... posso fare qualcosa per lei, visto che sono qui?

signora rooney Se mi desse una mano a scalare que­sta montagna, signorina Fitt. sono sicura che il suo Creatore, se non altri, gliene renderebbe merito.

fitt Via, via, signora Rooney, non sia cosi maligna. Merito! Io i sacrifici li faccio senza secondi fini... oppure non lì faccio. (Pausa. Comincia a scendere i gradini) Immagino che vorrà appoggiarsi a me, si­gnora Rooney.

signora rooney Ho chiesto al signor Barrell di darmi il suo braccio, solo il braccio. (Pausa). Lui ha girato i tacchi e se ne è andato.

fitt Allora è il mio braccio che vuole? (Pausa. Con im­pazienza) È il mio braccio che vuole, signora Roo­ney, o che altro?

signora rooney (fuori di sé) Il suo braccio! Qualsiasi braccio! Una mano! Per tre secondi! Dio, che pia­neta!

fitt Non vedo... Sa cosa le dico, signora Rooney, cre­do che lei faccia male ad andarsene in giro cosi.

signora rooney (con violenza) Venga giù subito, si­gnorina Fitt, e mi dia il suo braccio, altrimenti fac­cio correre qui tutta la parrocchia a forza di urlare!

Pausa. Vento.

Passi della signorina Fitt che scende i gradini.

fitt (con rassegnazione) E va bene, facciamo il nostro dovere di protestante.

signora rooney Le formiche lo fanno l'uria per l'altra. (Pausa). Ho visto perfino dei lumaconi aiutarsi così. (La signorina Fitt porge il braccio). No, dall'altra par­te, cara, se per lei fa lo stesso. Sono mancina, come se non bastasse tutto il resto. (Prende il braccio destro della signorina Fitt) Santo cielo, bambina mia, ma non hai altro che ossa tu, bisogna che metti su un po' di peso. (Sale faticosamente i gradini al braccio della si­gnorina Fitt) È peggio del Cervino, c'è mai stata sul Cervino, lei? Pieno di coppie in luna di miele. (Sali­ta faticosa) Perché non mettono un mancorrente? (Ansando) Mi lasci tirare il fiato un momento. (Pau­sa) . Non lasci la presa! (La signorina Fitt canticchia il suo inno. Dopo qualche istante la signora Rooney si uni­sce a lei)... nessun astro in cielo addiiita... (La signo­rina Fitt smette di canticchiare)... il cammino al viag-giatooor... (Forte) Da chi mai verrà l'aiiita...

fitt (istericamente) La smetta, signora Rooney, la smetta subito o lo la lascio cadere!

signora rooney Non era l'inno che cantavano sul Lusitania? O forse cantavano La roccia dei secoli? Dev'esser stata una scena commoventissima. O era il Titanic?

Richiamato dal rumore, un gruppetto di persone tra cui il signor Tyler, il signor Barrell e Tommy, s'è rac­colto in cima alla scalinata.

barrell Cosa diavolo...

Silenzio.

tyler Bella giornata per le corse.

Gran risata di Tommy interrotta dal signor Barrell che gli dà una botta in pieno stomaco. Rumore ap­propriato di Tommy.

voce femminile (acutissima) Vieni a vedere. Dolly, vieni a vedere!

dolly Che cosa, mamma?

VOCE femminile Sono bloccate! (Risata chioccia) So­no bloccate!

signora rooney Siamo a posto: eccoci diventate lo zimbello delle ventisei contee. O non erano poi tren­tasei?

tyler Bel modo di trattare i suoi dipendenti indifesi, signor Barrell. Colpi bassi e senza preavviso.

fitt Qualcuno ha visto mia madre?

barrell E quella chi è?

tommy La signorina Fitt, la bruna.

barrell Non la vedo in faccia!

signora rooney Coraggio, cara, se lei è pronta sono pronta anch'io. (Salgono faticosamente gli ultimi gra­dini). State indietro, voi, zoticoni!

Rumore confuso di passi.

voce femminile Attenta, Dolly!

signora rooney Grazie, signorina Fitt, grazie, adesso sono a posto, mi appoggi solo contro il muro come un tappeto arrotolato; per il momento non mi serve altro. (Pausa). Mi scusi per tutto questo trambusto, signorina Fitt, se avessi saputo che cercava sua ma­dre non l'avrei importunata, so cosa vuoi dire.

voce femminile Vieni Dolly, tesoro, andiamoci a met­tere dove si ferma la prima classe per non fumatori. Dammi la mano e stringi forte, ci vuo niente per farsi risucchiare sotto le ruote.

tyler Ha perduto sua madre, signorina Fitt?

fitt Buongiorno, signor Tyler.

tyler Buongiorno, signorina Fitt.

barrell Buongiorno, signorina Fitt.

fitt Buongiorno, signor Barrell.

tyler Ha perduto sua madre, signorina Fitt?

fitt Ha detto che avrebbe preso l'ultimo treno.

tyler (alla signorina Fitt) Dicendo l'ultimo treno...

signora rooney Non sognatevi neppure per un mo­mento, solo perché mi tengo in disparte, che Io ab­bia smesso di soffrire. No. Vedo tutta la scena, le colline, la pianura, il campo di corse coi suoi chilo­metri di staccionate bianche e le sue tre tribune ros­se, e questa graziosissima stazioncina di campagna, e perfino voi, sì, dico sul serio, e il cielo sempre più nuvoloso che sovrasta tutto, vedo queste cose, sto qui dritta e vedo tutte queste cose con occhi... (con voce rotta) attraverso occhi... oh, se aveste i miei oc­chi... capireste... le cose che hanno visto... senza distogliere lo sguardo... questo è niente... niente... ma dove ho messo quel fazzoletto?

Pausa.

tyler (alla signorina Fitt) Dicendo l'ultimo treno... (la signora Rooney si soffia fragorosamente il naso)... dicendo l'ultimo treno, signorina Fitt, lei intende, im­magino, l'accelerato delle dodici e trenta.

fitt E che altro potrei intendere, signor Tyler, che al­tro potrei ragionevolmente intendere?

tyler Allora non ha motivo di stare in pena, signori­na Fitt, perché l'accelerato delle dodici e trenta non è ancora arrivato. Guardi. (La signorina Fitt guarda. In tono paziente) No, signorina, segua la direzione del mio indice. (La signorina Fitt guarda). Laggiù. Ve­de. Il braccio del segnale. Alzato all'ora indecente-delle nove. (Ci ripensa. Malinconico) O delle tre, pur­troppo! (Il signor Barrell soffoca una risata). Grazie, signor Barrell.

fitt Ma tra poco saranno...

tyler (pazientemente) Tutti sappiamo, signorina, tut­ti sappiamo che ore saranno tra poco, e tuttavia la dura realtà è che l'accelerato delle dodici e trenta non è ancora arrivato.

fitt Non ci sarà stato un incidente, spero! (Pausa). Non ditemi che è deragliato! (Pausa). Oh, mia po­vera mammina! Con la sogliola fresca per colazio­ne!

Gran risata di Tommy. interrotta come in prece­denza dal signor Barrell.

barrell Hai fatto abbastanza lo scemo, tu! Fila in ca­bina e vedi se il signor Case ha qualche novità.

Tommy se ne va.

signora rooney Povero Dan!

fitt (angosciata)  Che cos'è successo? Una disgrazia?

tyler Via, signorina Fitt, adesso non...

signora rooney (con veemente tristezza) Povero Dan!

tyler Via, signorina Fitt, adesso non si abbandoni... allo sconforto, tutto si aggiusterà... alla fine. (Sot­tovoce, al signor Barrell) Come stanno esattamente le cose, signor Barrell? Non uno scontro, spero!

signora rooney (con entusiasmo) Uno scontro! Oh. ma sarebbe magnifico!

fttt Uno scontro! Me lo sentivo!

tyler Venga, signorina Fitt, mettiamoci un po' più in là.

signora rooney Buona idea, spostiamoci tutti. (Pau­sa), No? (Pausa). Avete cambiato idea? (Pausa). In fondo avete ragione, si sta molto meglio qui, all'om­bra della sala d'aspetto.

barrell Scusatemi un momento.

signora rooney Prima di svignarsela, signor Barrell, abbia la bontà di darci una piccola spiegazione, ne abbiamo bene il diritto. Anche il treno più lento di questa linea secondaria non può avere un ritardo di dieci minuti e più senza una buona ragione, direi. (Pausa). Tutti sappiamo che questa è la stazione me­glio tenuta di tutta la rete ferroviaria, ma ci sono momenti in cui questo non è sufficiente, non è asso­lutamente sufficiente, (Pausa). Avanti, signor Barrell, la smetta dì succhiarsi i baffi e rassicuri i parenti più prossimi, se non i più cari, dei poveri abbonati.

Pausa.

tyler (in tono ragionevole) Penso anch'io che una qual­che spiegazione ci sia dovuta, signor Barrell. non fos­se che per tranquillizzarci.

barrell Non so niente. So soltanto che c'è stato un contrattempo. Il traffico è ritardato su tutta la linea,

signora rooney (sarcastica) Ritardato! Contrattem­po! Ah, questi scapoli! Noi siamo qui, a roderci l'anima pensando ai nostri cari e lui lo chiama un contrattempo! Quelli di noi che hanno dei disturbi al cuore o ai reni, come me, possono cadere svenuti da un momento all'altro, e lui lo chiama un contrat­tempo! Nei nostri forni l'arrosto del sabato si sta carbonizzando e lui lo chiama...

tyler Ecco Tommy che arriva di corsa! Sono contento di aver visto Questo prima di morire.

tommy (eccitato, di lontano) Sta arrivando. (Pausa. Più vicino) È al passaggio a livello.

Immediati ed esagerati rumori di stazione. Campa­nelli. Fischietti. Fischio in crescendo dì un treno che si avvicina. Rombo di un treno che passa senza fer­marsi.

signora kooney (gridando per farsi sentire) Il rapido! Il rapido!

(Il rapido sì allontana, l'accelerato si avvicina dalla parte opposta, entra in stazione, si ferma confor­ti sibili di vapore e sferragliamenti. Rumore dei passeg­geri che scendono, porte sbattute, il signor Barrell che grida «Boghilll Bogbill», ecc. Con voce acutissima) Dan!... Tutto bene?... Dov'è?,.. Dan!... Ha visto mio marito?.,. Dan!...

(Rumori della stazione che si vuota. fischio del capotreno. Il treno parte, si allonta­na. Silenzio), Non c'è! Tutto quello che ho patito per arrivare fin qui e lui non c'è!... Signor Barrell!... Ha visto se c'era? (Pausa). Perché fa quella faccia, ha visto un fantasma? (Pausa). Tommy!... Hai visto mio marito?

tommy Sta arrivando, signora, c'è Jerry con lui.

Il signor Rooney appare improvvisamente sulla ban­china appoggiandosi al braccio di un ragazzino, Jerry. È cieco, picchia per terra con il bastone e an­sima incessantemente.

signora rooney Oh Dan! Finalmente! (Si affretta ver­so di lui a passi strascicati. Lo raggiunge. Si ferma) Do­ve diavolo ti eri cacciato?

rooney (freddamente) Maddy.

signora rooney Dov'eri sparito?

rooney Al gabinetto.

signora rooney Dammi un bacio!

rooney Un bacio? In pubblico? Nella stazione? Da­vanti al bambino? Ma sei diventata matta?

signora rooney Jerry non ci fa caso, è vero, Jerry?

jerry No, signora.

signora rooney Come sta il tuo povero papà?

jerry L'hanno portato via, signora.

signora rooney E sei rimasto tutto solo?

jerry Si, signora.

rooney Perché sei venuta? Non mi avevi preavvisato.

signora rooney Volevo farti una sorpresa. Per il tuo compleanno.

rooney Il mio compleanno?

signora rooney Non ti ricordi? Ti ho fatto gli augu­ri nel bagno.

rooney Non ti ho sentita.

signora rooney Ma ti ho regalato una cravatta! Ce l'hai addosso!

Pausa.

rooney Quanti anni ho, adesso?

signora rooney Non ci pensare. Vieni.

rooney Perché non hai disdetto il bambino? Adesso dovremo dargli un penny.

signora rooney (in tono accorato) Me ne sono dimen­ticata. È stato così tremendo arrivare fin qui! Gen­te così odiosa, così villana! (Pausa. Implorante) Sii gentile con me, Dan, sii gentile con me, oggi!

rooney Da' un penny al ragazzino.

signora rooney Eccoti un penny, Jerry, corri a com­prarti le caramelle.

jerry Sì signora.

rooney Vieni a prendermi lunedì, se sono ancora vivo.

jerry Sissignore. (Si allontana di corsa).

rooney Avremmo potuto risparmiare sei penny. Ne abbiamo risparmiati cinque. (Pausa). Ma a che prezzo?

Si allontanano lungo la banchina a braccetto. Passi strascicati, ansito, ticchettio del bastone.

signora rooney Ti senti poco bene?

Si fermano, per iniziativa del signor Rooney.

rooney Una volta per tutte non farmi parlare mentre cammino. È l'ultima volta che te lo dico in vita mia.

Si allontanano. Passi strascicati, ecc. Si fermano in cima alla gradinata.

signora rooney Ti senti poco...

rooney Liquidiamo questo precipizio.

signora rooney Mettimi il braccio intorno alla vita,

rooney Hai di nuovo bevuto? (Pausa). Stai tremando come gelatina. (Pausa). Sei in condizioni di farmi strada? (Pausa). Non voglio finire nel fosso.

signora rooney Oh, Dan! Sarà come ai vecchi tempi!

rooney Sta' attenta a dove metti i piedi, o altrimenti dovrò mandare Tommy a chiamare la carrozza. E al­lora invece di aver risparmiato sei penny, anzi, cin­que penny, avremo perduto... (calcola borbottan­do) ... due e tre meno sei uno e no più uno e no più tre uno e nove e uno dieci e tre due e uno... (voce normale) due e uno, avremo dilapidato la somma di due scellini e un penny. (Pausa). Maledetto sole, s'è ritirato. Come si mette la giornata?

Vento.

signora kooney Si copre, si copre, la parte più bella è passata. (Pausa). Tra poco le prime larghe gocce verranno a spiaccicarsi nella polvere.

rooney Eppure il barometro era sullo stabile. (Pausa) Torniamo presto a casa a sederci davanti al fuoco. Tireremo le tende. Tu mi leggerai un capitolo. Se­condo me, Effi finirà per commettere adulterio col maggiore. (Passi strascicati). Aspetta! (I passi si fer­mano. Bastone sui gradini). Sono andato su e giù per questi gradini almeno cinquemila volte e ancora non so quanti sono. Quando credo che ce ne siano sei ce ne sono quattro o cinque o sette o otto e quando mi ricordo che ce ne sono cinque ce ne sono tre o quat­tro o sei o sette e quando finalmente mi rendo con­to che ce ne sono sette ce ne sono cinque o sei o otto o nove. A volte mi domando se non vengono a cambiarli di notte. (Pausa. Con irritazione) Allora? Quanti sono oggi, secondo te?

signora, rooney Non chiedermi di contare, Dan, non adesso.

rooney Non contare! Uno dei pochi piaceri della vita!

signora rooney Non gli scalini, Dan, per favore, mi sbaglio sempre. Andrei a rischio di farti cade­re sulla ferita e ho già abbastanza letame sulla co­scienza. No, tu resta attaccato a me e tutto andrà bene.

Confusi rumori della discesa. Ansiti, scalpiccii, escla­mazioni, bestemmie. Silenzio.

rooney Bene! E questo tu lo chiami bene!

signora rooney Siamo arrivati in fondo e siamo an­cora interi. (Silenzio. Un asino raglia. Silenzio), Quel­lo era un vero asino. Suo padre e sua madre erano asini.

Silenzio.

rooney Sai una cosa, ho una mezza idea di ritirarmi.

signora rooney (costernata) Ritirarti! E vivere a ca­sa? Con la tua pensione?

rooney Farla finita per sempre con questi maledetti gradini. Trascinarmi su questa strada d'inferno per l'ultima volta. Restarmene a casa, seduto sui resti del mio sedere a contare le ore... fino al prossimo pasto. (Pausa). La sola idea mi fa rivivere! Avanti, prima che la perda!

Proseguono. Passi strascicati, ansito, bastone.

signora rooney Attento adesso, c'è ancora un salto... Hop!... Bravo! Ora siamo al sicuro, di qui si fila di­ritto fino a casa.

rooney (senza fermarsi; ansimando) Filare... diritto!... E lei lo chiama... filare... diritto!

signora rooney Sssst! Non parlare mentre cammini, lo sai che non ti fa bene alle coronarie. (Passi strasci­cati, ecc). Devi solo pensare a mettere un piede die­tro l'altro, è così che si dice, no? (Come sopra). Bra­vo, così andiamo bene. (Come sopra. Si fermano di colpo per iniziativa della signora Rooney). Santo cie-lo! Lo sapevo che c'era qualcosa! Con tutta quella confusione me n'ero dimenticata!

rooney (calmo) Dio buono!

signora rooney Ma tu devi saperlo, Dan, per forza, visto che c'eri sopra. Che cosa è successo? Raccon­tami.

rooney Non succede mai niente, per quanto mi risulta.

signora rooney Eppure devi...

rooney (con violenza) Tutte queste fermate e parten­ze sono infernali, infernali! Ho appena il tempo di prendere un po' di slancio e proprio quando comin­cio a ingranare tu ti fermi di colpo! Cento chili di ciccia malata! Cosa t'è saltato in mente di venirmi a prendere? Lasciami andare!

signora rooney (agitatissimi) No, voglio sapere, non ci muoveremo di qui finché non me l'avrai detto. Quindici minuti di ritardo! Su una corsa di trenta! Inaudito!

rooney Io non so niente. Lasciami andare prima che ti scrolli via.

signora rooney Ma tu devi per forza sapere! Eri sul treno! E stato alla stazione? Siete partiti in ritardo? O è successo durante il viaggio? (Pausa). È successo qualcosa sulla linea? (Pausa). Dan! (Con voce rotta) Perché non me lo vuoi dire?

Silenzio. Riprendono la marcia. Passi strascicati, ecc. Si fermano. Pausa.

rooney Povera Maddy! (Pausa. Grida di bambini). Co­sa è stato?

Pausa.

signora rooney I gemelli Lynch che ci danno la baia. Grida di bambini.

rooney Cosa dici, che ci bombarderanno col fango, oggi?

Grida.

signora rooney Facciamo dietrofront e teniamogli te­sta. (Grida di bambini. Si voltano. Silenzio). Minac­ciali col tuo bastone, (Silenzio). Sono scappati.

Pausa.

rooney Hai mai avuto voglia di uccidere un bambi­no? (Pausa), Stroncare un disastro sul nascere. (Pau­sa) . Più d'una volta, nelle notti d'inverno, tornando a casa lungo la strada buia, c'è mancato poco che mi gettassi sul ragazzino.(Pausa). Povero Jerry! (Pau­sa). Che cosa mi trattenne? (Pausa). Non certo la paura degli uomini. (Pausa). Ti dispiace se adesso an­diamo un po' avanti all'indietro?

signora rooney All'indietro?

rooney Sì. O se preferisci, tu camminando in avanti e io all'indietro. La coppia perfetta. Come i danna­ti di Dante, con la testa voltata dall'altra parte. Le nostre lacrime ci bagneranno il sedere.

signora rooney Che ti prende, Dan? Ti senti poco bene?

rooney Bene! Quando mai mi sono sentito bene? Il giorno che mi hai conosciuto avrei dovuto essere a letto. Il giorno che mi hai chiesto di sposarti i me­dici mi davano per spacciato. Questo lo sapevi, no?

La notte che mi hai sposato, sono venuti a prender­mi con l'ambulanza. Non te lo sarai dimenticato, spero. (Pausa). No, non si può dire che io mi senta bene. Ma nemmeno peggio. Anzi, mi sento meglio dì una volta. La perdita della vista è stata come una frustata. Se potessi diventare sordo e muto credo che riuscirei a tirare avanti fino ai cent'anni. O ci sono già arrivato? (Pausa). Ho compiuto cent'anni, oggi? (Pausa). Ho cento anni, Maddy?

Silenzio.

signora rooney Tutto tace. Non si vede anima viva. Nessuno a cui chiedere. Il mondo mangia. Il ven­to... (breve raffica)... muove appena le foglie e gli uc­celli... (breve cinguettio)... sono stanchi di cantare. Le mucche... (breve muggito)... e le pecore... (breve belato)... ruminano in silenzio. I cani... (breve latra­to)... sonnecchiano e le galline... (breve chioccio­lio)... si crogiolano nella polvere. Siamo soli. Non c'è nessuno a cui chiedere.

Silenzio.

rooney (schiarendosi la voce, in tono di narratore) Sia­mo partiti in perfetto orario, questo lo posso garan­tire. Ero...

signora rooney E come lo puoi garantire?

rooney (voce normale, irosa) Posso garantirlo, ti dico! Volevi o non volevi la mia relazione? (Pausa. Tono di narratore) In perfetto orario. Avevo uno scom­partimento tutto per me, come al solito. Almeno, lo spero, perché mi sono preso molte libertà. La mia mente... (Tono normale) Ma perché non ci mettia­mo a sedere da qualche parte? Paura di non rialzar­ci più, forse?

signora rooney Sedere su che cosa?

rooney Su una panchina, per esempio.

signora rooney Non ci sono panchine.

rooney E allora su una banchina, lasciamoci cadere su una banchina.

signora rooney Non ci sono banchine.

rooney Allora niente. (Pausa). Sogno altre strade, in altri paesi. Un'altra casa, un'altra... (esita)... un'al­tra casa. (Pausa). Che stavo cercando di dire?

signora rooney Stavi parlando della tua mente.

rooney (stupito) La mia mente? Sei sicura? (Pausa. In­credulo) La mia mente?... (Pausa). Ah, sì. (Tono di narratore) Ero solo nel mio scompartimento e la mia mente cominciò a lavorare, come spesso mi accade dopo le ore d'ufficio, mentre torno a casa in treno, al dondolio della carrozza. Il tuo abbonamento fer­roviario, mi dissi, ti costa dodici sterline l'anno, e tu guadagni, in media, sette scellini al giorno, vale a dire appena quanto basta per tenerti in vita, te e i tuoi riflessi, con l'aiuto di cibo, bevande, tabacco e periodici fino al momento in cui arrivi a casa e ti get­ti sul letto. Al che devi ancora aggiungere - o sot­trarre - spese d'affitto e di cancelleria, sottoscrizio­ni varie, tram, luce e riscaldamento, permessi e li­cenze, barba e capelli, mance agli accompagnatori, manutenzione dei locali e obblighi di decoro, oltre a mille altre voci non specificabili. A questo punto. è chiaro che standotene a casa, a letto, giorno e not­te, inverno ed estate, cambiando il pigiama ogni quindici giorni, verresti ad accrescere considerevol­mente il tuo reddito. Gli affari, mi dissi... (Un gri­do . Pausa. Altro grido. Tono normale) Mi sbaglio o c'è stato un grido?

signora rooney La signora Tully, immagino. Il suo povero marito ha dei dolori che non gli danno re­quie, e la picchia senza pietà.

Silenzio.

rooney (deluso) Tutto qui? (Pausa). Dove volevo arri­vare?

signora rooney Agli affari.

rooney Ah, sì, gli affari. (Tono di narratore) Gli affa­ri, vecchio mio, mi dissi, ritirati dagli affari, ormai loro si sono ritirati da te. (Tono normale) Capitano, questi momenti di lucidità.

signora rooney Sono molto stanca, e tutta gelata.

rooney (tono dì narratore) D'altra parte, mi dissi, ci sono gli orridi verbi della vita domestica, spolvera­re, scopare, aerare, strofinare, incerare, raschiare, lavare, stendere, asciugare, innaffiare, potare, ra­strellare, interrare, spalare, macinare, tagliare, pe­stare, rompere e sbattere le porte. E i marmocchi, i vivacissimi, sanissimi, urlantissimi marmocchi dei vicini. Di queste e di molte altre cose ancora, il week-end, ossia il sabato pomeriggio e il successivo giorno di festa, ti hanno dato un'idea abbastanza esatta. Ma che cosa sarà mai nei giorni feriali? Un mercoledì? Un venerdì! Che cosa dev'essere di ve­nerdì! E mi diedi allora a rievocare il silenzio del mio ufficio, la quiete di quel seminterrato lontano dal traffico, con la sua targa ormai cancellata, il di­vano e le tende dì velluto, e la delizia di starsene se­polti vivi là dentro, sia pure soltanto dalle dieci alle cinque, con a portata della mano destra una botti­glia di birra chiara e della mano sinistra un filetto d'aringa ben ghiacciato. Nulla, mi dissi, neppure una morte ufficialmente constatata, potrà mai sostituire quel paradiso. Fu allora che notai che il treno s'era fermato. (Fama. Tono normale. Con irritazione) Per­ché stai appesa ai miei stracci in questo modo? Sei svenuta?

signora rooney Sono molto debole, e tutta gelata. Il vento... (raffica di vento)... fischia tra le pieghe del mio vestito leggero come se non avessi niente sopra le mutande. E' dalle undici che non metto niente sot­to i denti.

rooney Non mi dai più retta. Io parlo... e tu stai a sen­tire il vento.

signora rooney No, no, pendo dalle tue labbra, rac­contami tutto, poi ci rimetteremo in cammino e non ci fermeremo, non ci fermeremo più finché non sa­remo al sicuro, in porto.

Pausa.

rooney Non ci fermeremo... al sicuro in porto... Lo sai, Maddy, alle volte sembra che tu stia farfuglian­do una lingua morta.

signora rooney Hai ragione, Dan, so bene cosa vuoi dire, spesso ho anch'io la stessa sensazione e mi rie­sce indicibilmente penosa.

rooney Ti confesso che la provo anch'io, certe volte, quando mi capita di sentire quello che dico.

signora rooney Pazienza, finirà per morire anche lei, come il nostro povero gaelico. È l'unica consola­zione.

Belato straziante.

rooney (spaventato) Dio buono!

signora rooney Oh, il bell'agnellino ricciuto che pian­ge perché vuole il latte della mamma! La loro lingua non è cambiata, dai tempi dell'Arcadia.

Pausa.

rookey Dov'ero arrivato, nella mia composizione?

signora rooney Eri fermo.

rooney Ah, sì. (Si schiarisce la voce. Tono di narratore) Ne trassi, logicamente, la conclusione che eravamo arrivati a qualche stazione e che ben presto sarem­mo ripartiti. Mi misi dunque a sedere senza alcun sospetto. Non un rumore. E' una giornata molto cal­ma, mi dissi, nessuno che scende, nessuno che sale. Poi, vedendo che il tempo passava e non succedeva niente, mi resi conto del mio errore. Non eravamo affatto in una stazione.

signora rooney Non sei saltato su di scatto per met­tere la testa fuori dal finestrino?

rooney E a che cosa mi sarebbe servito?

signora rooney Ma a chiamare qualcuno, no, a infor­marti del disguido.

rookey Non me ne importava niente, del disguido. No, sono rimasto tranquillamente a sedere, dicen­domi: se questo treno non si muovesse mai più di qui, non sarebbe poi un gran male. Poi, a poco a po­co, un... come dire... un crescente bisogno di... ehm... capisci cosa voglio dire... cominciò ad agi­tarmi. Un fatto nervoso, probabilmente. Anzi, è cer­tamente così. Capisci, quel senso di essere prigio­nieri.

signora rooney Sì, sì. ci sono passata anch'io.

rooney Se restiamo qui ancora per un pezzo, mi dis­si, non so proprio che cosa farò. Mi alzai e presi a camminare avanti e indietro tra ì sedili, come un ani­male in gabbia,

signora rooney Certe volte aiuta.

rooney Finalmente, dopo quello che mi parve un se­colo, ripartimmo. E di lì a poco sento Barrell che grida il nome aborrito. Scesi e Jerry mi guidò al ga­binetto. (Pausa), Il resto lo sai. (Pausa). Non dici niente? (Pausa). Di' qualcosa, Maddy. Di' che mi credi.

signora rooney Ricordo che una volta sono stata a una conferenza di uno di questi nuovi specialisti del­le malattie mentali, adesso non so più come si chia­mano. Ma insomma, diceva...

rooney Un alienista?

signora rooney No, no, solo cose mentali. Speravo che mi aiutasse a veder chiaro in quella mia vecchia ossessione per le natiche dei cavalli.

rooney Un neurologo.

signora rooney No, no, solo disturbi mentali, il no­me esatto mi tornerà in mente questa notte. Ricor­do che ci raccontò la storia di una bambina, molto strana e infelice, che lui aveva curato per molti an­ni senza riuscire a guarirla finché dovette rinuncia­re al caso. Non le aveva trovato niente di anormale, disse. La sola cosa anormale che gli risultasse, era che stava morendo. E difatti mori, poco dopo che luì se n'era lavato le mani.

rooney Be'?Che c'è di tanto straordinario?

signora rooney No, è stata una cosa che ha detto, e il modo come l'ha detto, che da quel giorno non so­no più riuscita a togliermi di mente.

rooney E stai sveglia di notte a rigirarti nel letto pen­sando a questa cosa?

signora rooney A questa e ad altre... atrocità. (Pau­sa) . Aveva finito di parlare della bambina e rimase immobile per un po', due minuti buoni almeno, con gli occhi fissi sul tavolo. Poi a un tratto rialzò la te­sta ed esclamò, come se dovesse farci chissà che ri­velazione: il guaio di quella bambina era che non era mai veramente nata! (Pausa). Fece tutta la confe­renza senza guardare una soia volta gli appunti. (Pau­sa). Me ne andai prima della fine.

rooney E sulle natiche niente? (La signora Rooney co­mincia a piangere. Con affettuoso rimprovero) Maddy!

signora rooney Non c'è niente da fare per quelli che sono così?

rooney Per quali ce n'è? (Pausa). La frase non mi suo­na giusta. (Pausa). Da che parte sono voltato?

signora rooney Come?

rooney Non so più da che parte sono voltato.

signora rooney Sei voltato di fianco e stai chino sull'orlo del fosso.

rooney C'è un cane morto, là in fondo.

signora rooney No, no, sono solo foglie che marciscono.

rooney In giugno? Foglie che marciscono in giugno?

signora rooney Sì, caro, dell'anno scorso, e dell'an­no prima dell'anno scorso, e dell'anno prima anco­ra.

(Silenzio. Vento e pioggia. Riprendono la marcia. Passi strascicati, ecc).

Ecco di nuovo quel magnifico liburno. Poveretto. Sta perdendo tutti i suoi fiori. (Passi strascicati, ecc). Le prime gocce. (Pioggia. Pas­si strascicati,ecc). Velo d'oro. (Passi strascicati,ecc.).

Non fare attenzione a me, caro, sto solo parlando da sola.

(Pioggia più forte. Passi strascicati, ecc). Posso­no procreare i bardotti, chissà?

Si fermano.

rooney Come hai detto?

signora rooney Su, caro, non badare a quel che dico, qui ci stiamo inzuppando.

rooney (con forza) Chissà se i cosi possono cosa?

signora rooney Procreare i bardotti. (Silenzio). L'in­crocio tra uno stallone e un'asina, e mi par bene che siano sterili, o impotenti, no? (Pausa). Non era af­fatto il piccolo di due asini, sai? L'ho chiesto al pro­fessore di teologia.

Pausa.

rooney Se non lo sa lui.

signora rooney Sì, era un bardotto, entrò a Gerusa­lemme o dove diavolo era, sul dorso di un bardotto. (Pausa). Questo deve avere un significato. (Pausa). E come i passeri, di molti di cui non valiamo di più: be', non erano affatto passeri.

rooney Di molti di cui!... Adesso esageri, Maddy!

signora rooney (con emozione) Non erano passeri affatto!

rooney E questo fa forse salire il nostro prezzo?

Silenzio. Riprendono la marcia. Passi strascicati ecc. Pioggia, vento, ecc. Si fermano.

signora rooney Vuoi del letame? (Silenzio. Riprendo­no la marcia. Vento, pioggia, ecc. Si fermano). Perché ti fermi? Vuoi dire qualcosa?

rooney No.

signora rooney Allora perché ti fermi?

rooney È più facile.

signora rooney Sei bagnato?

rooney Fino all'osso.

signora rooney Metteremo ad asciugare le nostre co­se e c'infileremo le nostre vestaglie. (Pausa). Metti­mi il braccio intorno alla vita. (Pausa). Sii gentile con me! (Pausa. Con gratitudine) Ah, Dan!

(Riprendono la marcia. Vento e pioggia. Passi strascicati, ecc. Fioca musica, come in precedenza. Si fermano, Musica più al­ta. Silenzio rotto solo dalla musica. Musica sfuma). Tutto il giorno lo stesso vecchio disco.

rooney (con voce soffocata) «La morte e la fanciul­la».

Silenzio.

signora rooney Tu stai piangendo. (Pausa). Stai piangendo?

rooney (con violenza) Sì!

(Riprendono la marcia. Ven­to e pioggia, Passi strascicati ecc. Si fermano. Ripren­dono la marcia. Vento e pioggia. Passi strascicati, ecc. Si fermano). Chi predica domani? Il vecchio?

signora rooney   No.

rooney Dio sia lodato. Chi?

signora rooney  Hardy.

rooney «Come essere felici benché sposati»?

signora rooney No, no, quello è morto, non ti ricordi? Niente a che fare,

rooney Ha annunciato il testo?

signora rooney «Il Signore sorregge tutti quelli che cadono e rialza tutti quelli che sono piegati».

(Si­lenzio. Scoppiano a ridere fragorosamente. Riprendono la marcia. Vento e pioggia. Passi strascicati, ecc). Strin­gimi più forte Dan! (Pausa). Così!

Si fermano.

rooney Sento un rumore dietro di noi.

Pausa.

signora rooney Sembrerebbe Jerry. (Pausa). E proprio Jerry.

Passi di Jerry che si avvicina correndo. Si ferma vi­cino a loro, ansimando.

jerry (ansante) Le è caduto...

signora rooney Prendila con calma, omettino mio, non vorrai farti scoppiare una vena.

jerry (ansante) Le è caduto qualcosa, signore. Il signor Barrell mi ha detto di correrle dietro.

signora rooney Fa' vedere. (Prende l'oggetto) Che cos'è? (Lo esamina) Cos'è questa roba, Dan?

rooney Forse non è neanche mia.

jekry Il signor Barrell ha detto che era sua, signore.

signora rooney Sembra una specie di palla. Eppure non è una palla.

rooney Da' qua,

signora rooney (dandogliela) Ma che cos'è, Dan?

rooney E una cosa che porto sempre addosso.

signora rooney Sì, ma che cos...

ROONEY (con violenza) E' una cosa che porto sempre ad­dosso!

Silenzio. La signora Rooney cerca degli spiccioli.

signora rooney Non ho spiccioli. Tu hai qualcosa?

rooney Non ho niente di niente.

signora rooney  Siamo rimasti senza spiccioli, Jerry. Ricordalo al signor Rooney, lunedì mattina. Ti darà un penny per la commissione.

jerry Sì, signora.

rooney Se sarò ancora vivo.

jerry Sissignore. (Riparte di corsa verso la stazione).

signora rooney Jerry! (Jerry si ferma). S'è poi saputo cosa è successo su quel treno? (Pausa). Hai saputo il perché del ritardo?

rooney Cosa vuoi che ne sappia, lui? Vieni, andiamo.

signora rooney Che cosa è successo, Jerry?

jerry E' stato...

rooney Ma lascialo in pace, lui non sa niente! Vieni ti dico!

signora rooney Che cosa è stato, Jerry?

jerry E stato un bambino, signora.

signora rooney (ha un gemito) Che vuol dire, è stato un bambino?

jerry E stato un bambino che è caduto dal vagone, si­gnora. (Pausa). Sulle rotaie, signora. (Pausa). Sotto le ruote, signora.

Silenzio. Jerry corre via, i suoi passi sfumano. Tur­bine di vento e pioggia. Si placa.

Riprendono la mar­cia. Passi strascicati, ecc. Si fermano. Turbine di vento e pioggia.