La faccia del mostro

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LA FACCIA DEL MOSTRO

Commedia in un atto

di EDOARDO ANTON

PERSONAGGI

LINA

LIVIO

FRANCO

ANNA

IL VICINO

LA VICINA

Questo radiodramma è raccontato dai suoi stessi protagonisti che ora narrano ed ora vivono la loro vicenda. Occorrerà distinguerli nel loro doppio ruolo: quando narrano, le loro voci avranno una risonanza come se parlassero in una chiesa; quando invece vivono, le voci saranno nell'ambiente realistico in cui si svolgono le scene ossia nella loro camera d'affitto.

 

Narrazione

 (Per qualche istante, un assolo d'ocarina. Poi)

Livio                             -  Ci eravamo sposati da poco, Lina ed io, quando venimmo in città per farci una vita mi­gliore. Forse da sei mesi.

Lina                               -  Esattamente da quattro. E avevamo lasciato su al paese parenti ed amici. E' tanto bello il nostro paese. A primavera la valle è piena di mandorli in fiore.

Livio                             -  E sulle montagne intorno da ragazzi s'andava a scovare i nidi del gallo cedrone.

Lina                               -  Ma c'era poco da fare, lassù. E così venimmo in città. Qui - allora - non conosce­vamo nessuno. (In tono più sommesso) Tran­ne mio cugino, Franco.

Livio                             - (secco) Non voglio sentir parlare di quel mascalzone.

Lina                               -  (quieta) Ormai... si può anche parlarne. E poi, se dobbiamo raccontare la storia... come si fa a non parlarne?

Livio                             -  Sono passati dieci anni, ormai. Adesso ne ho trentacinque.

Lina                               -  E io ventinove. Sei meno di Livio.

Livio                             -  Arrivammo in città con una valigia di fibra, una scatola di cartone, la macchina foto­grafica...

Lina                               -  ... e l'ocarina. Perché Livio suona l'oca­rina.

Livio                             -  Così, per divertimento. Ma sono foto­grafo. E appunto per fare questo mestiere ero venuto in città. Avevamo pochi soldi in tasca.

Lina                               -  Pochissimi. Ma lui diceva dato che dob­biamo cominciare a nuotare è meglio farlo in mare alto. Vedrai che in città ci sistemiamo presto. Basta aver voglia di lavorare .

Livio                             -  Eravamo molto ingenui, allora.

Lina                               -  (fonda) Sì. E forse per questo ci suc­cesse... (Sofferto, con un filo di voce) Dio mio! quello che abbiamo passato...

Livio                             -  E' che - allora - non sapevamo.

Lina                               -  Nemmeno che esistessero certe cose sapevamo... (Quasi con un grido) Ah! quella camera!

Livio                             -  La trovammo per caso. Un facchino della stazione ci aveva dato l'indirizzo di una affittacamere.

Lina                               -  Buona quella!

Livio                             -  La signorina Trezza.

Lina                               -  Meglio chiamarla Anna fin dal principio. E quanto poi a «signorina»...

Livio                             -  La camera aveva un solo vantaggio: costava poco.

Lina                               -  Una finestra sul cortile. Un fornello a spirito. Un lavandino per noi, per i piatti, per tutto.

Livio                             -  E il letto contro una parete divisoria di legno.

Lina                               -  (angosciata) Eccoci arrivati alla parete! Oh! l'orrore che ce né venne...

Livio                             - (secco) Dopo. Cominciò dopo qualche giorno. Al principio era soltanto una parete di legno coperta dì carta a fiori gialli come gli altri muri della stanza. Quel giorno avevamo invitato a colazione suo cugino.

Lina                               -  Speravamo tanto in lui. Sapevamo che lavorava bene e che guadagnava un sacco di soldi. Io non lo vedevo da molti anni. Era andato via dal paese che ero ancora una bambina. Ma era sempre un parente. Avrebbe certo aiutato Livio a trovare lavoro.

Livio                             - (ironico) E come, no? (Altro tono) Entrò che pareva la Provvidenza.

Scena

(Due formali colpi di nocca alla porta. E subito)

Franco                           - (giovialità da commesso viaggiatore) E' permesso? Sì può?

Lina                               -  Franco!

Livio                             -  Avanti. Avanti.

Franco                           -  Sei proprio tu! Fatti vedere... (Ammi­razione) Accidenti che cugina che ho!

Lina                               -  Be'... sono cresciuta.

Franco                           - Eh, lo vedo! Cresciuta... tutta. Cre­sciuta bene...

Lina                               -  (in fretta per togliersi dall'imbarazzo) E questo è Livio.

Franco                           - Ma certo. L'avrei riconosciuto subito. Sempre con quell'aria imbambolata...

Livio                             - (ride) Be'...

Franco                           - Ma in città ti passa presto. La città è per i dritti. (Con rapido passaggio) Ti ricordi di quando ti fregavo le noci?

Livio                             -  E come, no?

Franco                           - E così eccovi qua anche voi... Bravi Bravi.

Lina                               -  Devi scusarci se... Abbiamo organizzato una colazione alla buona...

Livio                             -  Ma sì! Lui capisce.

Franco                           - Niente complimenti con me, vero?

Lina                               -  E' che qui non abbiamo le comodità

Franco                           - Ma perché avete scelto questo buco!

Livio                             -  Non l'abbiamo scelto noi. L'ha scelte la tasca. (Ridono).

Franco                           - Vi ci tira fuori Franco, di qua.

Lina                               -  Magari!

Franco                           - Dopo. Dopo parliamo delle cose serie, Oh, a proposito! Mi dovete scusare se quando vi siete sposati... Quando è stato?

Livio                             -  A ottobre.

Lina                               -  L'ultima domenica d'ottobre.

Franco                           - Sicuro. Ottobre. Ho avuto la partecipazione. Ottobre. E volevo venire e portarvi un bel regalo, parola d'onore.

Lina                               -  Ma no...

Livio                             -  Non ci pensavamo neanche...

Franco                           - Avevo già il biglietto in tasca... poi

Livio                             -  Hai le tue occupazioni, sì capisce. Il lavoro.

Franco                           - Fin sopra i capelli.

Livio                             -  Bene. Sono contento per te.

Lina                               -  E tu? Niente all'orizzonte? Dico... non ti sposi?

Franco                           - Uh! Io sono per il matrimonio... degli altri. (Ridono).

Livio                             -  Questa è buona!

Franco                           - Avete da bere qualche cosa?

Lina                               -  Solo vino, Franco... Forse tu sei abituato...

Franco                           - Ma no! Il vino va benissimo.

Livio                             - (rumore di bicchieri e gorgoglio del mescere) Non è quello nostro del paese.. ma insomma...

Franco                           - Lascia stare il paese. Dimenticalo! Qui è tutta un'altra vita. Non ci sarà il vino di casa, ma... ci sono tante altre cose... (Ride) Alla salute della bella cugina, allora!

Livio                             -  Salute. E... al lavoro. Che è la cosa principale. Perché qui... Non possiamo aspettare tanto…tanto.

Franco                           - Ti sei già mosso?

Livio                             -  Sono andato a un giornale settimanale..! Ma...

Franco                           - Eh, lo so! Ci vogliono maniglie forti.  Raccomandazioni, sennò... Tu cosa vuoi fare?

Livio                             -  Il fotografo, no? Ho qui un album... Vedi?... Ho raccolto un po' delle migliori da mostrare...

Franco                           - (disinteressato) Sì. Sì.

Livio                             -  Il mio genere sono le foto artistiche.

Franco                           - (c.s.) Belle.

Lina                               -  Ecco. E' pronto. Signori uomini, a ta­vola.

Livio                             -  Così, alla buona. Siediti lì che questa è mezza rotta. (Rumori).

Franco                           - Tu sei fortunato, Livio.

Livio                             -  Dici per Lina? Sì. E' una moglie d'oro. (Da qui rumori del pasto).

Franco                           - Prima di tutto per la moglie, certo, ch'è proprio un gran bel pezzo di ragazza. Ma anche per il resto: io... ti posso far lavorare subito.

Lina                               -  Oh, Franco! Davvero?

Franco                           - E ti faccio guadagnare un bel po' di soldi.

Livio                             -  E allora è vero che sono proprio for­tunato.

Franco                           - (confidenziale) Io... con un socio... ho una tipografia. Stampiamo figurine per i ragaz­zi... Ma questo è il meno... Da un paio d'anni però... pensiamo anche agli adulti... proprio con... fotografie. Foto artistiche, in un certo senso...

Livio                             -  Il pane mio.

Lina                               -  Oh, lui per questo!... Hai visto come sceglie il soggetto? Hai visto quella del tempo­rale? E quella della vecchia? Sono dei quadri.

Franco                           - Sì. Ma... Il soggetto, appunto, è tutto... Però... parlo a cuore aperto con voi... Siete pa­renti... La gente, dei temporali e delle vecchie se ne stropiccia. Vuole soggetti più... come dire? eccitanti. Ecco. Eccitanti. Noi abbiamo delle se­rie che... Da far rabbrividire. Livio forse mi ha capito.

Livio                             -  Veramente... non...

Franco                           - Scusa, tu cosa cerchi di fare? Dei quadri ha detto lei.

Livio                             -  Sì. Riprodurre aspetti della vita...

Franco                           - (interrompe) Bravo. E qual è l'aspetto della vita più piacevole a vedersi? Eh? Cos'han­no fatto i grandi maestri pittori del passato? Sceglievano una bella modella... la spogliavano e la ritraevano. Be', oggi al posto del pennello abbiamo la macchina fotografica.

Livio                             - (sbalordito) Ma... (Pausa) Franco... Sei matto?

Franco                           - Matto? Devi vedere come si vendono. Certo, con discrezione. Sottobanco come si di­ce... Ma... c'è tutta una categoria di clienti Gente perbene, di una certa età, si capisce... Col­lezionisti.

Livio                             -  Ho capito. Sì. Adesso ho capito. Ma... credo che... Non è un lavoro per me.

Lina                               -  Livio! Cosa dici? Anche la faccia di una bella ragazza-

Livio                             - (taglia) Sta' zitta. Che non hai capito niente. (Brevissima pausa).

Franco                           - (scoppia a ridere) Sei sempre lo stesso frescone!

Livio                             -  Può essere.

Franco                           - Butti via un'occasione.

Livio                             -  Non ti offendere, Franco. Ne aspetterò un'altra.

Franco                           - Campa cavallo! (A Lina) Cara cugi-netta, hai un marito che ti ci terrà a lungo in questa tana!

Lina                               -  Per me... quello che decide lui...

Franco                           - Eh, già! Quando c'è l'amore! Mi fate pena, ragazzi.

Livio                             - (risentito) Perché? So fare il mio me­stiere. Ho voglia di lavorare. Non basta per riuscire?

Franco                           - No. Non basta. Qui di giovanotti come te, bravi e con voglia di lavorare ne sbarcano dieci tonnellate al giorno. Per batterli ci vuole anche una cosa di più: essere dritti. Te l'ho già detto.

Livio                             -  Alla maniera tua? Non posso crederlo. Non ti offendere...

Franco                           - Aspetta un po' di mesi. E mi darai ragione, sempliciotto mio.

Livio                             -  Se non ci fosse posto per uno che ha la buona volontà... Sarebbe una società fatta male.

Franco                           - E invece, eh? Siccome questo è esclu­so... Ah! Ah! Ah! No. Non mi offendo. Quando vorrai... io sarò sempre lì.

Livio                             -  Grazie. Ma...

Franco                           - Lo faccio per lei. Non per te. Lei qui dentro... diventerebbe vecchia e brutta in poco tempo. Di fame, di stenti, di malinconia. (Ga­lante) Un vero peccato. Uno spreco.

Lina                               -  Se mi vorrà bene...

Franco                           - Nemmeno questo resisterebbe, Lina, quando fossi diventata brutta. Eh, voi non cono­scete la vita! Non ne sapete niente perché... ne vedete una faccia sola.

Livio                             -  L'altra... sarebbe quella della tua clien­tela?

Franco                           - In un certo senso. Ma è assai più vasta. Democraticamente rispettando la mag­gioranza... è la sola che conti.

Lina                               -  (dopo una pausa, con voce smorta) Vi si fredda.

Narrazione

Livio                             -  Se ne andò subito dopo colazione e ci lasciò un senso di vuoto, di sconforto. Faticai a spiegare a Lina i termini reali della bella pro­posta...

Lina                               -  E come potevo capire?

Livio                             -  Ma quando finalmente capì... la sua reazione fu strana...

Scena

(Lina ride incontenibilmente).

Livio                             -  C'è poco da ridere.

Lina                               - (smozzicando le parole dal gran ridere) Oh, be'... E c'è gente che le compra... per... per sapere come siamo fatti... Ah! Ah! Ah! Loro sì che sono un po' sempliciotti, no? E il cugino ci campa! Ci si fa l'automobile!... Proprio da ridere, invece...

Livio                             -  Non lo voglio più vedere.

Lina                               - (il suo riso si smorza piano piano. Poi) Io lo so perché.

Livio                             -  Perché è un maiale.

Lina                               -  Sì. Ma anche perché mi guardava.

Livio                             -  Da maiale.

Lina                               - (seria) Sì. Mi faceva un po' schifo. E' molto cambiato.

Livio                             - (pausa) E io invece sono sicuro che ce la faremo.

Lina                               -  Sicuro che ce la faremo. Diventerai il più famoso fotografo della città.

Livio                             - (tenero) Se mi guardi così... finirò col crederci davvero.

Lina                               - (dandogli piccoli baci sulla faccia) E sono fortunata che in Italia c'è la repubblica.

Livio                             -  Perché?

Lina                               -  Sennò poi vorresti sposarti la sorella della regina. Hai visto quel fotografo in Inghil­terra?

Livio                             -  Vieni qua, pupina...

Lina                               - (con finto dramma) No! Lasciami! Sta' buono che devo lavare i piatti!

Livio                             -  Ma sei mia moglie o no?

Lina                               -  Sì. E' perciò che li devo lavare... (Ridono già presi dal gioco dei sensi, ma ammutoliscono ai primi rumori che giungono dall'altra parte della parete divisoria. Nota: le voci del Vicino e della Vicina devono costituire un terzo piano acustico riconoscibilissimo. Siano roche e ca­ratteristiche; e giungano filtrate, neutre, come un po' morte. La loro cadenza sia dialettale).

Il Vicino                        -  Stai ancora a letto, eh!

La Vicina                      - (pigramente) Lo vedi.

Il Vicino                        -  Un bello schifo.

La Vicina                      -  C'è l'orario, adesso?

Il Vicino                        - (brontola) Il notturno, sì! (Passi).

Lina                               - (piano) Mamma mia, si sente tutto…

Livio                             - (piano) Zitta. (Pausa) Eh, già! Questa è solo una parete di legno...

Lina                               -  Allora...

Livio                             -  Zitta!

Il Vicino                        -  C'è qualche cosa da mangiare?

La Vicina                      -  Tutto quello che vuoi. Le vetrini dei ristoranti sono piene.

Il Vicino                        -  Non fare la cretina che ti gonfia la faccia.

La Vicina                      - (con odio) E sì capisce! Che altro sai fare? I pochi che hai... te li bevi al bar

Il Vicino                        -  Non è vero.

La Vicina                      -  Ma se si sente lontano tre metri che hai già bevuto. (Pausa) Non hai lasciata niente. Cosa cucinavo? queste sporche lenzuola?

Il Vicino                        -  Tu non hai soldi?

La Vicina                      -  E caso mai li dò a te!

Lina                               - (piano) Ma... non li abbiamo mai sentiti in questi giorni che siamo qui.

Livio                             - (piano) Saranno arrivati ieri sera. Chi sa chi sono.

Lina                               - (piano) Poveracci. Quasi quasi... eh?

Livio                             - (piano) Non t'immischiare. (Ticchettare di scarpe femminili).

La Vicina                      -  Hai visto Gastone?

Il Vicino                        -  Non è venuto.

La Vicina                      -  Ah! Ah! Ci giuravo. Perché dovrebbe rispettarti?

Il Vicino                        -  Finiscila.

La Vicina                      -  Non sei buono a niente.

Il Vicino                        -  Finiscila! (Pausa) Ho un buoni affare per le mani.

La Vicina                      -  Li conosco i tuoi buoni affari!

Il Vicino                        - (maligno) Se mi va bene, i soldi me li voglio godere da solo. Ti lascio crepare,! ti lascio.

La Vicina                      -  Saresti ben capace di farlo, vi­gliacco

Lina                               - (piano) Dio mio... Si odiano!

Livio                             -  Sstt!

La Vicina                      -  Eccolo. Ci stai seduto sopra.

Il Vicino                        -  Di giorno questa camera è ancorai più lurida che di notte.

La Vicina                      -  Sta' tranquillo: la cambieremo presto. Ci cacceranno anche di qui.

Il Vicino                        -  Sfido. Capiscono subito cosa sei.

La Vicina                      -  E chi mi ci ha ridotta così?

Il Vicino                        -  Ci avevi la vocazione, va'!

La Vicina                      -  Ero un fiore quando t'ho sposato!!

Il Vicino                        -  Euh!

La Vicina                      -  Adesso... Quando mi guardo nello specchio ti odio.

Il Vicino                        -  Sì! Sono stato troppo generoso con te quando ne ho avuti...

La Vicina                      - (ride amara) Ah! Ah!

Il Vicino                        -  L'anno scorso i soldi di quell'af­fare di Napoli dove li ho messi? Eh? Te li ho messi in bocca. T'ho fatto rifare i denti nuovi, t'ho fatto. Che te ne mancavano mezza dozzina!

La Vicina                      -  Colpa della bella vita che m'hai fatto fare! Sfido! Quando aspettavo il bambino non mangiavo!

Il Vicino                        -  Pare vero! Svergognata! Nemme­no tenere in vita il mio bambino hai saputo tenere.

La Vicina                      -  Vigliacco.

Il Vicino                        -  « Se » era mio.

La Vicina                      -  Proprio un vigliacco. Se non era tuo campava. Si vede che anche così piccolo quell'angiolino capiva la disgrazia d'avere un padre come te. (Rumore di schiaffo).

Il Vicino                        -  To'!

La Vicina                      - (trattenendo le lacrime, e ancor osa) Dai. Su! Dammene un altro dall'altra parte che non ci ho i soldi per comprarmi il rossetto. Su! Dai, bestia!

Il Vicino                        - (borbotta) lo un giorno o l'altro... (Pausa. Ticchettio di tacchi femminili) Dove vai?

La Vicina                      -  A mangiare. Troverò ben qual­cuno che mi offre la colazione.

Il Vicino                        -  No, tu trovi uno che ti offre la cena. Sei meglio di sera, sei.

La Vicina                      -  Volgare.

Il Vicino                        -  Ma adesso vai a mangiare perché ci hai i soldi.

La Vicina                      -  Non è vero.

Il Vicino                        -  Dammi la borsetta.

La Vicina                      -  No. Lasciami. (Rumori. Passi di corsa).

Il Vicino                        -  E tanto vengo anch'io. Che ti cre­di? Dì liberarti di me? (Tonfo della porta. Porta riaperta. Lui grida) Finché mangi tu, mangio anch'io! (Secondo tonfo di porta),

Livio                             -  Che gente! E qui la signorina Trezza li deve mandare vìa...

Lina                               -  (quasi in un grido) No! (Più ragione­vole) Non mi lasciare la mano. Sta' qui vicino. Mi sento mancare il fiato.

Livio                             -  Non fare così, pupina. (Breve pausa) Cos'hai?

Lina                               -  (come trasognata) Non so... Forse a sentire quelli...

Livio                             -  Be'... due che si odiano. Tutto qui.

Lina                               -  Ma... sono proprio marito e moglie?

Livio                             -  Credo di sì... L'hanno detto.

Lina                               -  Peggio. Come hanno fatto a... volersi bene due così?

Livio                             -  Forse non se ne sono mai voluto.

Lina                               -  Ma... non hanno schifo a... guardarsi in faccia?

Livio                             -  Mah... Dio li fa e poi li accompagna.

Lina                               -  (poco convinta) Sì... sì... Però dillo al­la padrona. Mi fa paura gente simile quasi den­tro la nostra camera. (Improvvisa) Andiamo fuori a prendere un po' di sole, amore.

Livio                             -  Sì, cara. Andiamo.

Lina                               -  (felice come una bambina) Oh, caro! Grazie! In quel posto che abbiamo visto ieri dove ci sono gli alberi...

Narrazione

Livio                             -  Non osammo protestare subito con la padrona di casa.

Lina                               -  Eravamo timidi. E quei due ci facevano anche pena.

Livio                             -  Ma un giorno gliene parlai. Però la signorina Trezza...

Lina                               -  Anna…

Livio                             -  ... ci disse che quella stanza non faceva parte della sua casa. Ma di un'altra cui persino si accedeva da un diverso portone su di una diversa strada. Non poteva quindi mandare via i nostri... vicini. Non li conosceva nemmeno.

Lina                               -  E anche noi non li vedemmo mai in faccia.

Livio                             -  Peggio. Era come se li vedessimo nudi con la faccia coperta. Un incubo. Alle volte mi facevano pensare alle foto di Franco.

Lina                               -  Non sempre litigavano. Ma... allora era anche più orribile.

Livio                             -  Intanto erano passati alcuni mesi. Il denaro era finito. Anche se avessimo voluto... non avremmo potuto cambiar casa perché era­vamo in arretrato con l'affitto.

Lina                               -  E poi... lui in quel momento... non so se avrebbe veramente voluto cambiare casa..

Livio                             -  Anna s'era mostrata molto gentile con noi.

Lina                               -  Meglio dire con lui! Con lui, sì. Anche troppo gentile...

Livio                             -  Vedevo soltanto il lato buono. Se tor­navo a casa avvilito da uno dei tanti rifiuti di lavoro... Dopo un poco eccola venire in camera con una scusa a dirmi una parola d'incoraggia­mento.

Lina                               -  Ah, quanto a incoraggiare... lo incorag­giava. Sempre quando non c'ero io, natural­mente.

Scena

 (Assolo triste d'ocarina per qualche istante. Poi un bussare discreto alla porta. Il suono d'ocarina s'interrompe).

Livio                             -  Avanti. (Pausa) Oh, è lei signorina Anna.

Anna                             - (disinvolta, cittadina, civetta) Ho fatto adesso il caffè. Gliene porto una tazzina?

Livio                             -  No, grazie.

Anna                             - (piano) Come vanno i vicini? Sempre terribili?

Livio                             - (normale) Spaventosi. Per fortuna ora sono fuori.

Anna                             - (di nuovo a voce normale) Che faccia scura che ha.

Livio                             -  Be'... non ho molte ragioni per..,

Anna                             -  Non va ancora, eh?

Livio                             -  No. Anche stamattina... Sabato in uno studio fotografico al Corso m'avevano dato qualche speranza... Invece stamattina... Niente da fare.

Anna                             -  Non si deve avvilire. Bisogna prender­la come viene. La vita è bella ma... bisogna sa­perla prendere.

Livio                             -  Sono molto preoccupato. Molto più di quanto lascio capire a mia moglie.

Anna                             -  Fa bene. Le mogli... La sua poi è così giovane, inesperta... Invece con me... si può sfo­gare. No? Conosco la vita. (Insinuante) E gli uomini.

Livio                             -  Ho tanta vergogna.

Anna                             -  E di che?

Livio                             -  Le devo già due mesi d'affitto.

Anna                             -  Che ragazzo! Non gliel'ho detto io di lasciar stare? Così può resistere più a lungo... Perché al principio questo è l'importante: po­ter aspettare senza farsi il sangue cattivo

Livio                             -  Me lo faccio lo stesso. Anche se lei è stata molto buona.

Anna                             - (ride di un suo riso breve, acuto, parti­colare) Mica l'ho fatto per bontà,

Livio                             -  E per cosa allora?

Anna                             -  Per... (abbassa il tono) per simpatia. (Riprende il tono di prima) Io sono così: se uno mi è simpatico... mi leverei la camicia! (Ride come prima poi di colpo mormora) Alla lettera, se... mi capisce.

Livio                             - (imbarazzato) Io non... non voglio ap­profittare troppo. Appena potrò...

Anna                             - (ride c.s.) Proprio un ragazzo! , Vede­telo lì come mi guarda!... Scandalizzato?

Livio                             -  Ma no!

Anna                             -  Sì, sì, invece! Scommetto che una donna come me non l’ha mai conosciuta. Vero? Mai. E invece le avrebbe fatto bene. Le avreb­be dato una sveglia. E... una sveglia nel senso che dico io... aiuta.

Livio                             - (amaro) A trovar lavoro da fotografo?

Anna                             -  Anche. Sì.

Livio                             - (ride) E' straordinaria lei!

Anna                             -  Non ci crede? Be'... è una scommessa che si può sempre fare.

Livio                             - (meno sicuro di sé) Dice?

Anna                             -  Mh! Mh!

Livio                             -  Anche se uno non è... giocatore?

Anna                             - (ride) Credo che... è un gioco in cui si perde solo a non farlo!

Livio                             - (ride anche lui) Dice le cose in un modo!

Anna                             -  Sa perché mi piace lei? Perché è com'ero io prima. Un po' d'anni fa. Anch'io venivo! dalla provincia... e dormivo. Mi scusi, neh! Ma; ero proprio in letargo. E tutto mi andava male. Poi ho incontrato uno che... mi ha svegliata.

Livio                             - (un po' ironico) E tutto le va bene.

Anna                             - (più profonda per un momento) Nora. lo so. Ma non me ne importa più niente se mi va male. (Breve pausa) Com'è piccola.

Livio                             -  Cosa?

Anna                             -  Un'ocarina. Non si crederebbe: così piccola... eppure ha tante note dentro... Cosa suonava prima che entrassi?

Livio                             -  Niente. Mi suonavo il cattivo umore, (Anna ride) Povera ocarina. Al paese era abituata a suonare arie allegre: valzer... tarantelle.!

Anna                             -  Oh, me ne suoni una!

Livio                             -  Ma no... Non ne ho voglia...

Anna                             -  Sì, sì! Per piacere! Eh? Per piacere.! (Breve pausa. Poi una tarantella suonata dall'ocarina) Mi fa formicolare le gambe! Come sii balla? Così? (Rumore dei piedi di Anna che dan­zano la tarantella)

Livio                             - (cessa per un attimo la musica) Bravissima! (Riprende la tarantella. Poi... rumore di porta chiusa. Cessano la musica e lo scalpiccio. Breve pausa).

Lina                               -  (voce incolore) Buongiorno.

Anna                             -  Fatta una bella spesa?

Lina                               -  Mi sono arrangiata.

Anna                             -   E' meglio come fa lei, di pomeriggio.C'è meno gente nei negozi.

Lina                               -  (altro tono) Qualche buona notizia?

Livio                             -  No. Anzi.

Lina                               -  Ah! (Pausa) Da fuori ti ho sentito suo­nare così allegro... e credevo...

Anna                             -   (rapida) Ero venuta a vedere se ave­vate bisogno dì qualche cosa...

Livio                             -  E... le ho fatto sentire...

Anna                             -   Con permesso. E buona cena.

Lina                               -  Grazie altrettanto. (Passi. Porta aperta e chiusa. Pausa. I passi di Lina. I due ora parle­ranno in tono grigio come sforzandosi di nascondere una segreta stanchezza).

Livio                             -  Cos'hai comprato?

Lina                               -  Patate.

Livio                             -  E questo? Cos'è?

Lina                               -  Uova e salame.

Livio                             -  Ma... come hai fatto?

Lina                               -  La spesa la faccio io. Non t'impicciare degli affari delle donne.

Livio                             -  Ma i soldi te li dò io! Anzi... « non » te li dò io... Come hai fatto?

Lina                               -  Ho... ho venduto la spilletta.

Livio                             -  Quella... della zia?

Lina                               -  Be'? Sì, quella.

Livio                             -  Sei matta?

Lina                               -  La pietra, sì, era matta. Ma l'oro era buono. Poi era bruttina. L'hai sempre detto.

Livio                             -  Che c'entra?

Lina                               -  Non la mettevo mai. Me ne hanno dato novemila lire.

Livio                             -  Ecco dove ti ho portata!

Lina                               -  Ma sta' zitto. Quando sarai il più famo­so fotografo della città... (ormai dice la frase senza la bella convinzione iniziale) ...me ne comprerai un'altra bellissima.

Livio                             -  Lina.

Lina                               -  Eh?

Livio                             -  E... se non ce la faccio? Se non riesco? Se è troppo difficile?

Lina                               -  Torneremo indietro.

Livio                             -  Eh!... anche questo, adesso, è difficile. (Rumore della porta dall'altra stanza. Passi dei vicini che entrano. Poi porta richiusa).

Lina                               -  (piano) Parla piano che sono rientrati quelli. (Durante il seguente dialogo a voce bassa tra Lina e Livio si udranno, di là, passi, rumori d'acqua versata, di scarpe buttate, di cassetti aperti e chiusi. Poi una bottiglia stappata, bic­chieri, ecc.).

Livio                             -  Ho sentito.

Lina                               -  Be'? Cattive notizie, allora.

Livio                             -  Né buone, né cattive.

Lina                               -  T'hanno dato la risposta?

Livio                             - (vago) Rimandato a sabato.

Lina                               -  Che caldo. Da noi, di questa stagione... Ti ricordi quando s'andava nel bosco di ca­stagni?

Livio                             -  Come no?

Lina                               -  Quella volta che trovammo il formicaio. Siamo stati due ore a guardare il lavoro delle formiche. Ti ricordi?

Livio                             -  Già, quelle trovano sempre da lavorare. Beate loro!

Lina                               -  Anche qui... (E' interrotta dalla voce della vicina).

La Vicina                      -  Ehi! Giù le mani!

Il Vicino                        -  Da' qua. Li tengo io.

La Vicina                      -  Bada che ti rompo le dita nel cassetto.

Il Vicino                        -  Te li tengo io, no?

La Vicina                      -  Sì! E in due giorni te li giochi. (Rumore di cassetto sbattuto e chiuso a chiave).

Lina                               -  (sospira. Si sforza a riprendere) Di­cevo... che anche qui ho trovato le formiche. E sai dove? Nel letto!

Il Vicino                        -  Anche questa te l'ha regalata quello?

La Vicina                      -  Mh! Mh! Sei transistors.

Il Vicino                        -  Ma è così ricco?

La Vicina                      -  Non lo so. Ma è generoso.

Il Vicino                        -  E' lo stesso.

La Vicina                      -  Serve più uno generoso che uno ricco.

Il Vicino                        -  Be'... alla salute del generoso, al­lora! (Tintinnare di bicchieri).

Lina                               -  (con sforzo crescente) Sai... ho pen­sato... per aiutarti... di cercare lavoro anche per me.

Livio                             -  Che genere di lavoro?

Lina                               -  Non so... qualsiasi. Provvisoriamente. Anche la cameriera in un ristorante.

Livio                             -  Siamo venuti fin qua per questo?

Lina                               -  Provvisoriamente, dico.

Livio                             -  Ma va! (Pausa) Ecco a cosa ti ho ri­dotto!

Lina                               -  Per cosa? Sono felicissima qui. Non ti preoccupare.

Il Vicino                        -  Un altro goccetto?

La Vicina                      -  No, no. E tu non te la finire. (La musichetta di un ballabile) Senti come va bene?

Il Vicino                        -  Vieni qua. (Come nello sforzo di tirarla) E vieni!

La Vicina                      -  Su lasciami stare.

Il Vicino                        -  Non fare la stupida.

La Vicina                      -  Non voglio. Su.

Il Vicino                        -  Piaci mica solo a quello...

La Vicina                      - Uffa!

Il Vicino                        -  ... Piaci anche a me. (Sale il volume della radiola a coprire le voci della stanza ac­canto. Lina scoppia in un pianto disperato e pur sempre trattenuto).

Livio                             -  Amore... che c'è... Amore...

Lina                               -  Oh... Dio... Dio... Dio...

Livio                             -  Che ti succede?

Lina                               - (seguita nel suo pianto dirotto) Non... Non lo so.

Livio                             -  Per quelli?

Lina                               -  Non so...

Livio                             -  Per la nostra situazione? eh?

Lina                               -  Ma tu... mi vuoi sempre bene?

Livio                             -  E certo!

Lina                               -  Come... come prima?

Livio                             -  Ma sicuro.

Lina                               -  Sei... sei sempre... lo stesso?

Livio                             -  Non è cambiato niente. Se trovassi da lavorare domani...

Lina                               -  (interrompe) Non m'importa niente del lavoro o della miseria... M'importa di noi due. (Piange più forte) Noi due, Livio... Noi due...

Livio                             -  Oh, cara... non fare così... Vedrai... Noi due ci vogliamo sempre bene, no?

Lina                               -  (quasi un lamento fra i singhiozzi) Amo­re, ho paura! Non... non diventeremo come loro?

Livio                             -  Quelli sono sempre stati così. Ci sono nati. E' come un'altra razza.

Lina                               -  Oh, Livio... portami via... portami via... portami via... portami a casa... qui non è casa... qui ci sono mostri orribili... altro che le formi­che nel letto...

Narrazione

Lina                               -  (la sua voce che narra si sovrapporrà qui in primo piano alla sua voce che vive nel ri­cordo; più precisamente da dopo le parole « mostri orribili ». Questo non per mero effetto radiofonico ma per suggerire il fatto sostanziale del come sia vivo e presente ancora, nell'anima di lei, quel dolore) Non mi portò via. E io sapevo che non l'avrebbe fatto. E' difficile im­boccare una strada e poi tornare indietro. Ri­manemmo in quell'inferno, scendendo sempre più giù, gradino per gradino... Ora con dolcezza devo dire. Sì, proprio con grande dolcezza.

Livio                             -  Quasi non ce ne accorgevamo più. Tro­vai del lavoro saltuario. Non potevo scegliere. Per tre settimane ho sostituito un lavorante: foto per tessere e passaporti. E anche i matri­moni facevo. Ora mi parevano tristi le foto degli sposi. Facce sbalordite da un presenti­mento. Facce che si sarebbero presto cancellate dietro un muro.

Lina                               -  Mi alzavo la mattina e non guardavo nemmeno più il cielo dalla finestra. Una sera però m'affacciai. E fu l'ultima volta: vidi, sotto, nella strada, Livio e Anna che parlavano e ride­vano.

Livio                             -  Mi raccontava di una sua zia; non so... una storia sciocca...

 Scena

(Sonorizzazione di strada cittadina).

Anna                             -   (ride) Sì. Ci ho pensato spesso alla nostra scommessa.

Livio                             -  Comincio a credere che la vincerà lei.

Anna                             -   Bisognerà prima farla.

Livio                             -  Be'... ci vorrebbe molta discrezione, però.

Anna                             -   Nella mia camera non ci sono divisori di legno. (Ride) Allora? Non le piaccio abba­stanza?

Livio                             -  Lei mi è sempre piaciuta, Anna.

Anna                             -   (piano) Anche tu.

Narratone

Lina                               -  (senza ironia) Ma sì. Gli credo. Parla­vano certo della zia. Però il cuore mi diede un tuffo assurdo al vederli insieme lì sotto. Una donna innamorata è sempre stupida in queste cose.

Livio                             - (pensoso) Innamorata. Certo, Lina era ancora innamorata di me. Ma... non con là stessa...

Lina                               -  (insinua, polemica) ... fiducia?

Livio                             - (calmo) Non volevo dire questo. Volevo dire: non con la stessa interezza.

Lina                               -  (mormora) E' stato gentile a sbagliare! la parola. Doveva dire integrità. (Prendendo ili coraggio a due mani) Suppongo sia giunto ili momento di raccontare la visita del cugino,

Livio                             -  La seconda visita, sì. Lascio dire a lei. I

Lina                               -  (amara) E' pieno di riguardi lui. Dunque... un certo pomeriggio ecco Franco ché viene a vedere come vanno le cose.

Livio                             -  Viene a vedere se la pera è matura. ]

Lina                               -  Ha detto appena adesso che raccontavi» io... Ma Livio è fatto così. E forse è tanto amabile proprio per questo. (Breve pausa) Dicevo..,» Franco. Fa un po' di domande... si rende conto.. Si scandalizza. Sì, sì... era sinceramente scandalizzato.

Scena

Franco                           - ... e tu fai questa vita! Ma tesoro, non è possibile! E poi dice che ti vuol bene!

Lina                               -  Non è mica colpa sua!

Franco                           - E di chi allora? Ma io, se avessi un donnino come te... mi sbatto contro i muri mal risolvo la situazione! Scusa! Uno che ha fa-B miglia!

Lina                               -  (debolmente) Ma lui vuole fare... cose belle... il suo mestiere, insomma!

Franco                           - Vuole fare! vuole fare! E intanto ci t vai di mezzo tu! Bell'amore! Grazie tante! È un testone, ecco cos'è.

Lina                               -  Avrei cercato lavoro anch'io, ma lui...

Franco                           - Eh già! così finisce che lo mantieni tu!

Lina                               -  Be'... tra marito e moglie... (Altro tono) Ce n'è rimasta un'altra tazzina: la vuoi?

Franco                           - No, grazie. Però... sì, mezza per uno, eh? (Rumori di tazza).

Lina                               -  Ecco.

Franco                           - Bevi dalla mia. Mica ti schifi, vero?

Lina                               - (timida) No.

Franco                           - In fondo siamo parenti stretti. (Pau­sa) Hai cambiato pettinatura, no?

Lina                               -  Ti accorgi di tutto.

Franco                           - Sei bella in tutti i modi.

Lina                               -  Ma va!

Franco                           - Lascia dire a uno che se ne intende. Tu... con dei vestitini eleganti come dico io... Un po' di trucco... Ma Lina! Svegliati! Devi es­sere una donna moderna! Io per affari viaggio l'Europa! e le donne le guardo. Sono tutte belle, chic, si fanno la loro vita. (Come per un'idea) Aspetta. Io lì per lì... Mi sembrava uno sbaglio. Ma ripensandoci...

Lina                               -  Cosa?

Franco                           - Hai detto che volevi lavorare.

Lina                               -  Sì, ma lui...

Franco                           - Niente ma. E niente lui. Senti: m'è venuta una grande idea. Lavora per me.

Lina                               -  Io?

Franco                           - Sì, proprio tu.

Lina                               - (spaventata) Cosa... cosa dovrei fare?

Franco                           - Niente di male. La mia segretaria. Quando viaggio vieni con me... Sai un po' di francese o d'inglese?

Lina                               -  No.

Franco                           - Neanch'io. E così saremo in due. Non importa. Noi italiani ci facciamo capire ovun­que. La settimana prossima vado a Parigi e ti porto.

Lina                                          -  Parigi!

Franco                           - Sai quante cose ti faccio vedere?

Lina                               -  Ma io... anche se Livio mi lasciasse partire...

Franco                           - Livio, Livio!

Lina                               -  ... non ti servirei a niente!

Franco                           - Impari presto. Te lo dico io.

Lina                               -  Ma perché tu dovresti... scusa! Ne trovi finché vuoi con stenografia, dattilografia e pure con le lingue.

Franco                           - Ah, ma qui facciamo a non capire! Lina... io... lo faccio « per te ». Insomma!... gira gira.., (retorico) ...hai il mio stesso sangue!

Lina                               -  Be'... cugini.

Franco                           - D'accordo. Non proprio lo stesso sangue... (Altro tono) E per fortuna! perché... mi piaci tanto, Lina...

Lina                               -  Non dire cose così.

Franco                           - (sentimentale, ora) E anche se non le' dico me le vedi negli occhi. Perché una donna capisce al volo certe cose. Ecco qua: io non dico niente e tu guardami. Eh? Capisci tutto. Io... da quando ti ho vista... Ci credi se ti dico che ho pensato sempre a te?

Lina                               -  Non devi. Io... (in un soffio) non dovrei nemmeno starti a sentire.

Franco                           - Sempre, ho pensato a te. Ci ho perso l'appetito. Non mangio quasi più.

Lina                               -  Mi parevi... un po' ingrassato.

Franco                           - Nervi. Ingrasso sempre quando sono nervoso. Lina... io ho lottato per non venire a trovarti. E' stata una battaglia. E ieri notte l'ho perduta. « Domani vado a trovarla » mi sono detto. .

Lina                               -  Io... voglio bene a mio marito.

Franco                           - Che c'entra. Si capisce.

Lina                               -  E non lo lascerò mai.

Franco                           - E chi ti dice di lasciarlo? Forse non sono stato chiaro. Io ti offro un lavoro. Farai qualche viaggetto... vivi un po' di vita vera... Tu non sai nemmeno cos'è, Lina! Vivi qui come una talpa. I ristoranti chic delle metropoli stra­niere... I nights... Gli alberghi di lusso... e noi due... amici. O un po' più che amici. Cugini. O un po' più... Insomma, sei giovane e hai anche diritto a divertirti un poco, no?

Lina                               -  Non dico. Ma Livio...

Franco                           - E dai con Livio! Si dovrà rendere conto... E poi mica deve sapere se tra noi... Tu lavori per me, ecco tutto. E lo aiuti. Lo allegge­risci un poco e... potrà aspettare l'occasione che cerca di lavorare come vuole lui. E' anche per suo bene che io... In fondo mi sta simpatico. Dammi la manina. Ecco... Questa manina bella... da contessa.

Lina                               -  Ma cosa fai? No... Lasciami...

Franco                           - (appassionato) Ma lo sai che per te farei pazzie?

Lina                               -  (debole) Lasciami...

Franco                           - Un bacio...

Lina                               -  (ancora più debole) No….

Franco                           - Solo un bacio...

Lina                               -  (in un soffio) Va' via!

Franco                           - Dammi un bacio e vado via. Uno solo e me ne vado. Lina!... (Breve pausa).

Lina                               -  Adesso vattene.

Franco                           - Oh, cara! Cosa sei! Non lo sai nem­meno tu cosa sei!

Lina                               -  Va' via, Franco, ti prego.

Franco                           - Va bene. Sono un gentiluomo. Ma pensa a quello che ti ho detto. E parlane al testone. Preparalo piano piano. Sei una donna e sai come si fa. Mi telefoni tu quando capisci che... lui si convince! Eh?

Lina                               -  Non lo farò, Franco.

Franco                           - Ma sì che lo farai! Ciao, tesoro.

Narrazione

Lina                               -  Stava già presso la porta quando entrò Livio. E fu in quel momento che io dissi a mio marito la prima bugia. Non gliene avevo mai dette. Ma non fu difficile. Venne da sé.

Scena

Livio                             -  Oh, chi si vede. Ciao. E' molto che sei qui?

Lina                               -  E' entrato adesso.

Franco                           - Un cliente da queste parti... Ho fatto un saltino su per sentire come vi va.

Livio                             -  Va male, va. Te l'avrà detto.

Lina                               -  Non ho fatto a tempo. Ma...

Livio                             -  Oggi, veramente... Ho venduto una serie a una rivista... e spero...

Franco                           - (interrompe) Bravo. Però ora devo scappare. Avevo proprio un minutino. Ciao, ra­gazzi.

Livio                             -  Ciao.

Lina                               -  Ciao. (Porta).

Livio                             -  Mah!... Fa il « saltino » per sentire... e poi ci ha il « minutino » e... non sta a sentire. Strano tipo.

Lina                               -  (con eccitazione esagerata) Ma Livio! Hai venduto una serie a una rivista e non mi racconti niente?

Livio                             -  Be'... quello che ho detto.

Lina                               -  (c. s.) Ma è una notizia importante! Può essere l'inizio buono! Forse ti ordineranno qualche servizio...

Livio                             -  Non credo. Hanno già i loro.

Lina                               -  E allora perché hanno comprato que­ste? Si vede che le hanno trovate migliori, scusa!

Livio                             - (di cattivo umore) Lina! che ti prende? Mi è successo altre volte di vendere una serie e poi... punto e basta, no?

Lina                               -  E perché t'arrabbi?

Livio                             - (arrabbiandosi peggio) Perché dici fes­serie.

Lina                               -  Ma cos'hai? Ti arrabbi se sono con­tenta che tu...

Livio                             - (tagliando) Non rivoltare la frittata. Sai bene cosa voglio dire.

Lina                               -  (polemica) Scusa, scusa! Non vuoi che m'interessi del tuo lavoro? E va bene.

Livio                             - (grida) Non ho detto questo!

Lina                               -  (grida anche lei) Sì... Proprio questo. Prima dici a Franco che speri. Ma se spero anch'io non va bene. Chissà perché.

Livio                             - (grida) Non gli ho detto niente a quel1, lo per la semplice ragione che non mi ha lasciato neanche aprir bocca. Appena mi ha visto se n'è andato.

Lina                               -  Cosa vuoi dire?

Livio                             -  Niente. Solo che, evidentemente, la sul visita non era per me.

Lina                               -  Ah, senti! Sto qui chiusa tutto il giorno. Non vedo mai nessuno... E se una vola torni a casa e trovi un mio parente... fai una storia! Sono stufa, ecco!

Livio                             -  Adesso è diventato un parente?

Lina                               -  Non è « diventato ». Lo è.

Livio                             -  Fino a ieri dicevamo che è un maiale,!

Lina                               -  Senti, Livio! Tu vuoi litigare.

Livio                             -  Io?

Lina                               -  E sì! Prima mi dai della cretina!

Livio                             -  Io?

Lina                               -  Poi m'accusi di... di non so che.

Livio                             -  Meno male che non lo sai!

Lina                               -  Insomma stai diventando... Sei molto] cambiato, Livio.

Livio                             -  Stavo per dirti proprio la stessa cosai Vorrei che ti sentissi! Vorrei avere un registratore per farti sentire quello che dici!

La Vicina                      - (canta con intenzione, volgarmente

                                      -  L'amore non è bello se non è stuzzicarello! Traila là là lallero traila lallà lallà!

Livio                             - (piano) Tanto qualcuno che registri qui lo abbiamo sempre.

Lina                               -  (sempre forte) Non me ne importa niente! (Come rispondendo alla vicina) Abbiami dovuto registrare tanto noi!

La Vicina                      -  Trallalà là lallero / traila lallà lallà!

Lina                               -  (canta a sua volta già un po' volgarmente

                                      -  Uccello in gabbiaa / non canta per amorfi canta per rabbiaa.

Livio                             - (piano ma intenso) Lina! Sei impazzita? Vuoi metterti al suo livello? eh? Cosa tu preso? Diventi matta?

Lina                               -  (sottovoce, umile) Scusami (D'ora in poi parleranno piano).

Livio                             - (c.s.) Cosa t'è successo?

Lina                               -  Non lo so. Perdonami. (Trattenendo t pianto) Hai ragione. Sono cambiata. E anche tu» Non siamo più quelli di prima... Io... sto diventando ogni tanto volgare...

Livio                             -  Vieni qua, pupina. Non piangere. Colpa mia che sono nervoso... Poi questa vita che ti faccio fare...

Lina                               -  Macché. Qualunque vita, con te, mi dovrebbe fare felice. Invece... non lo sono. Si vede che non valgo niente.

Livio                             -  No, pupina. E' che qui... non so... c'è l'aria avvelenata.

Lina                               -  (con stanchezza) Stammi vicino, amore. Non mi lasciare mai sola. Credimi, non valgo niente. Non sono forte. Senza di te... diventerei... non so cosa... Baciami, caro. (Pausa) Sì... così.

Livio                             -  Amore mio...

Lina                               - Quando mi baci... chiudo gli occhi... e sento l'odore del nostro bosco di castagni...

(Rumori di porta; passi del vicino. Nota: la porta di là avrà sempre, nell'aprirsi, un cigolio caratteristico).

La Vicina                      - (fischio di approvazione) E che hai ammazzato la vecchia?

Il Vicino                        - (tonfi sulla tavola) Pollo! Vino di quello buono! E dolce!

Livio                             -  Maledetti...

Lina                               -  Seguita a baciarmi, amore... Per carità seguita a baciarmi...

Il Vicino                        -  Poi dici che non sono buono a niente!

La Vicina                      -  E chi hai imbrogliato?

Lina                               -  Ecco... sì, così... Siamo soli al mondo... Io e te, amore, in un bosco grande e silenzioso...

Narrazione

Lina                               -  Ci amavamo ancora. Ma per dispera­zione.

Livio                             -  Ci eravamo quasi indifferenti per giorni e poi ci attaccavamo l'uno all'altra come due che stanno per annegare.

Lina                               -  Sì. Due che stanno per annegare e che non s'abbracciano per salvarsi l'un l'altro ma ciascuno per tentare di sopravvivere a spese dell'altro.

Livio                             -  Non lo capivamo. Ma anche in questo stavamo assomigliando sempre di più ai nostri vicini.

Lina                               -  Non ne avevamo la più lontana idea. Eppure mancava poco perché diventassimo pro­prio come loro. Tutto era già pronto intorno a noi. (Più, basso) E - quel che è peggio - dentro di noi.

Livio                             -  Naturalmente davamo la colpa di tutto alla mancanza di lavoro, alla miseria.

Lina                               -  E così scaricavamo la nostra coscienza di ogni responsabilità. Era proprio questo il pericolo maggiore.

Livio                             -  Mi sbattevo in giro per la città come prima ma - adesso - con un sordo rancore contro tutti.

Lina                               -  Era diventato irascibile e, a volte, cat­tivo. L'ocarina stava lì dimenticata sul casset­tone. Non la toccava più.

Livio                             -  Ma sì! avevo proprio la voglia di suo­nare l'ocarina! (Pausa) Lina, poi... Non so... O taceva oppure... quando parlava pareva sem­pre che dicesse una cosa diversa da quella che voleva dire.

Lina                               -  La verità è che io seguivo i miei pen­sieri e lui i suoi.

Livio                             -  Già. E basta questo per vivere da estra­nei anche sotto lo stesso tetto.

Lina                               -  Ma un pensiero in comune lo avevamo. Purtroppo. Ed era la cosa della quale non par­lavamo mai.

Livio                             -  Ma una sera ne parlammo.

Lina                               -  Oh, la ricordo quella sera! Ne parlam­mo e... ci sembrò d'essere usciti da un incubo. Poveri noi.

Livio                             -  Avevamo cominciato a litigare. Non mi ricordo per che cosa...

Lina                               -  Per le scarpe gialle.

Livio                             -  Sì. Proprio per le scarpe gialle.

Scena

Livio                             - (rancoroso) ... ma dove sono, accidenti a me, a te e alla miseria! (Rumori di cassetti e armadio aperti e sbattuti) Neanche vivessimo in un palazzo che si perde la roba.

Lina                               -  (secca) Se tenessi in ordine le cose tue...

Livio                             -  Sei « tu » che devi tenerle in ordine.

Lina                               -  Io, la serva.

Livio                             - (grida) No. Tu, la moglie!

Lina                               -  E si capisce! Compiti divisi.

Livio                             -  Proprio così.

Lina                               -  Certo. Credi che non lo sappia come sono divisi? Io la parte mia la conosco. Vuoi che te la reciti a memoria? La moglie deve tenere pulita e in ordine la casa...

Livio                             -  E ti pare sia pulita e in ordine?

Lina                               -  Lo stabiliamo dopo. (Riprende) La mo­glie deve comprare e cucinare i cibi, lavare, stirare, rammendare... Basta?

Livio                             -  Non lo so.

Lina                               -  E adesso vediamo qual è la parte del marito.

Livio                             -  Basta. M'hai seccato.

Lina                               -  Vuoi dirlo tu qual è la parte del marito?

Livio                             - (urla) M'hai seccatooo!

Lina                               -  (sovrastandolo) E allora te lo dico io! Il marito deve guadagnare il denaro occorrente per le spese e per una vita decente della fami­gliola.

Livio                             -  La finisci?

Lina                               -  (abbassando il tono) E adesso stabiliamo pure se la casa è abbastanza in ordine e pulita.

Livio                             -  Sai cosa ti dico? Sono stufo!

Lina                               -  In questo siamo pari. Per il resto tu sei il padrone. Ma quanto a essere stufi... se per­metti siamo pari. Anzi io - non - ne - posso - più. Va bene?

La Vicina                      - (bussare nervoso all'assito) E neanch'io! Vorrei dormire!

Livio                             - (grida) Fino alle dieci si può fare il rumore che si vuole. Si può anche tenere la radio a tutto volume!

La Vicina                      - (ride) E che, sposi, tutti 'sti strilli li faceva la radio? (Ride).

Livio                             - (a voce bassa) Eccole, le mie scarpe gialle.

Lina                               -  Meno male. (Pausa) Che te ne fai, poi, a quest'ora!

Livio                             - (acido) Me le lustro. Perché domattina presto devo vedere una persona civile.

Lina                               -  (sbadigliando) Ne conosci? Beato te. Comunque sarà difficile che te le lustri.

Livio                             -  Perché?

Lina                               -  Non c'è più lucido.

Livio                             - (ironico) Ah! bene!

Lina                               -  Stamattina, facendo la spesa, la vita mi ha costretto a scegliere tra il burro e il lucido da scarpe. Ho preferito il burro. Ho scelto male?

Livio                             - (sospira) Noo... (Poi borbotta) Forse ho scelto male io.

Lina                               -  Comincio a crederlo. Comunque... puoi sempre usare un po' dì burro per lucidare que­ste tue maledette scarpe gialle. (La Vicina ride).

Livio                             - (più piano) Fa la spiritosa! (Continua) Hai un tuo pubblico. Un pubblico degno di te.

Lina                               -  (piano, ragionevole, senza emozione) Ci vogliamo separare, Livio? Pensiamoci seriamen­te. Forse è meglio. (Ad interrompere, di là si apre con violenza la porta).

Il Vicino                        - (ubriaco, sinistro) Brutta cagna schifosa! E' così allora, eh? (Porta sbattuta, passi pesanti).

La Vicina                      -  Cosa c'è adesso?

Il Vicino                        -  C'è che stavolta t'ammazzo.

La Vicina                      - (vagamente spaventata) Cosa ti prende?

Il Vicino                        -  Walter m'ha raccontato tutto.

La Vicina                      - (quasi gridando) "Walter è uno sporco bugiardo!

Il Vicino                        -  Ah, sì? E la catenina? E la Pensione Aurora?

La Vicina                      -  Non... so nemmeno di cosa parli.

Il Vicino                        -  E adesso ti faccio tornare la me­moria.

La Vicina                      -  Sta' fermo, sai!

Il Vicino                        -  Ci penso io a fartela tornare. (Rumore di schiaffi).

La Vicina                      -  No! No!

Il Vicino                        -  Così te lo sei perso, eh! (Altri schiaffo).

La Vicina                      -  Lasciamiii!

Il Vicino                        -  Così per fare la romantica... te sei giocato, vero? (Colpo più sordo).

La Vicina                      - (grido soffocato) Oh! (Scoppia piangere mentre l'altro continua, infuriato).

Il Vicino                        -  Lo studentino, vero? (Altri colpi;  di lei) Cagnaccia. Te lo insegno io, te lo insegno.

La Vicina                      - (tra un colpo e l’altro, tra un gemiti e l'altro, con voce querula, improvvisamente infantile) No... Oh, Dio!... Vigliacco... Basta, Gesù aiutami... No...

Il Vicino                        - (continuando) Ti sei giocata il pane per l'aria fritta, lurida che sei!

Livio                             - (mormora) L'ammazza davvero, stavolta.

Lina                               -  (piano, angosciata) Forse... dovremmo fare qualche cosa...

Livio                             -  E che vuoi fare!...

Il Vicino                        - (scaricato) Oh!... hai avuto il tuo. E... ne hai per un pezzo, adesso. (Passi – porta aperta - se ne va - porta sbattuta mentre sale il pianto dirotto della vicina: è un pianto infantile ora disperato ed ora quieto. Si pensi ad una bambina sperduta in una mostruosa e vasta stazione ferroviaria. Questo pianto rimarrà di sottofondo a gran parte del dialogo seguente tra Lina e Livio, quasi a commentarlo).

Livio                             -  Lina...

Lina                               -  Deve averla ridotta male, quella poveraccia.

Livio                             - (esitando) Lina... è un po' di tempo chi ci penso...

Lina                               -  A cosa?

Livio                             -  Ma non vorrei che tu la prendessi per storto...

Lina                               -  Tanto... va storto tutto! Che differenzi farebbe?

Livio                             -  Dobbiamo guardare in faccia la nostri situazione.

Lina                               -  Che allegria.

Livio                             - (risolvendosi) Insomma, Lina, è inutile che lo nascondiamo... Abbiamo fallito. E' andata male.

Lina                               -  (triste) Sì. Peggio di così non poteva andare.

Livio                             -  Siamo a terra. Siamo arrivati a un punto che... E io... per me non... non ho più speranza di riuscire. (Cauto) Forse tu invece...

Lina                               -  No. Neanch'io.

Livio                             -  Ecco. E tra poco... se andiamo avanti così... Poco fa hai parlato di lasciarci...

Lina                               -  L'ho detto in un momento di...

Livio                             - (taglia) Lo so. Ma se andiamo avanti così... tornerai a dirlo e se non è oggi è domani... Lo faremo... Lo sai.

Lina                               -  (con un filo di voce) Sì.

Livio                             -  Allora... (Sempre con grande imbarazzo) ...Perso per perso... è un po' che mi gira in testa... è una decisione da prendere...

Lina                               -  (timida e tesa) Quale?

Livio                             -  E' molto brutta, Lina... Ma...

Lina                               -  (c.s.) Dilla. Forse è la stessa cosa che pensavo io...

Livio                             -  Eravamo molto inesperti quando sia­mo venuti qui. I sogni... Gli ideali... Al paese... ci parevano realtà.

Lina                               -  (con un filo di voce e rimpianto) Sì.

Livio                             -  Fare bei progetti in un bosco di casta­gni, è una cosa...

Lina                               -  (c.s.) Me li ricordo.

Livio                             -  ... ma qui i sogni e gli ideali... Non par­liamone dove ci hanno portato. (Pausa) Forse… forse tuo cugino non aveva torto.

Lina                               -  (c.s.) Anch'io l'ho pensato.

Livio                             - (sollevato) Davvero?

Lina                               -  Proprio la stessa cosa.

Livio                             - (eccitato) Meglio. Meglio così. Lo capi­sci, vero? Piuttosto che perdere tutto... (tono più basso) ... che perdere il nostro amore... noi due insieme... Allora dico... al diavolo il resto e... salviamo la cosa più importante. Non ti pare?

Lina                               -  (mormora) Hai ragione. Sì. Hai ragione Altrimenti... Guarda questi due disgraziati che ci vivono accanto... Anche se non ci separiamo, finiamo come loro.

Livio                             -  Oh! Proprio così. (Da qui il loro tono si esalta gradatamente verso la gioia).

Lina                               -  E' un pezzo che pensavo la stessa cosa, ma mi vergognavo a dirtela.

Livio                             -  Anch'io. D'altra parte... qui la scelta è... solo tra cose di cui vergognarsi...! Che ci vuoi fare?

Lina                               -  Eh! Che l'abbiamo fatto noi il mondo cosi?

Livio                             -  E poi... vergognarsi! Fino a un certo punto. Nella nostra vita privata... Noi due ci facciamo una vita decente per conto nostro… Finito il... il lavoro... Lina, saremo felici, io e te.

Lina                               -  Sì, Livio. Sì. Felici. (Affettuosa) Caro! In fondo, è un sacrificio che fai per amore! Oh, mi pare di volerti più bene di prima, adesso.

Livio                             -  La sera ti porterò fuori. La domenica faremo le gite in macchina.

Lina                               -  Sì! E qualche domenica andremo al paese nostro, a casa!

Livio                             -  Certo. Ma la tua vera casa l'avrai qui. Voglio che sia bella e comoda, con tutto per non darti fatica. Avrai il frigorifero... la lavatrice elettrica... la lucidatrice... la televisione! Tutto!

Lina                               -  (interromperà l'elenco con piccole grida gioiose) Oh, caro! Figurarsi! Davvero? - Mi vizi! Matto! Matto!

Livio                             -  Starai come una gallinella in mezzo al grano.

Lina                               -  Oh, amore! (Con ansia improvvisa) Livio! Non sarà anche questo un sogno, vero?

Livio                             -  No.

Lina                               -  Un sogno come gli altri... che poi...

Livio                             -  Eh, no! Franco non è un sogno! E' una realtà (Scherza) Pensalo. (Pausa) Eh? Senti quanto pesa? Sì. Franco pesa. Perfino un po' troppo, col lardo che ha addosso! No? (Ride) Franco non è un sogno.

Lina                               -  (ride) Ah! Ah! Ah! Certo, l'idea che Franco possa essere un sogno... è molto buffa! (Seria) Domattina gli telefoni.

Livio                             -  Lina... credo proprio che siamo usciti dal tunnel.

Lina                               -  Sì. In fondo... potevamo farlo anche prima.

Livio                             -  No. Bisognava che ci sbattessimo un po' il muso. Altrimenti poi magari facevamo come la signora Carla col suo pianoforte... (Imitando) « Eh, se non avessi sposato Arturo, oggi sarei una concertista ». (Ridono).

Lina                               -  L'hai rifatta benissimo!

Livio                             -  Certo, adesso ci vorrebbe una buona bottiglia per celebrare la serata.

Lina                               -  Sì. Ma purtroppo... non c'è.

Livio                             - Ci faremo anche una bella cantina. Voglio proprio farmela.

Lina                               -  Sì, caro.

Livio                             - (fingendo una grande serietà) Lina! Un momento.

Lina                               -  (un po' sgomenta) Che c'è?

Livio                             - (c.s.) Nell'elenco che hai fatto prima, dei doveri del marito, ne hai dimenticato uno. Importantissimo.

Lina                               -  (dopo una breve pausa: capisce e ride) M'avevi fatto paura! Che mascalzone.

Livio                             - (buffone) Ma io... non intendo sot­trarmi ad alcuno dei miei doveri, signora!

Lina                               -  (seguendone il tono) E io - dovere per dovere - l'aiuterò a compierlo, con buona vo­lontà. (Ridono. Poi, stacco) Piange ancora, quella là.

Livio                             -  Fatti suoi. Vieni qui vicina, amore. (Rumore di porta aperta di là; passi timidi del vicino) Torna lui.

Lina                               -  (piano) Speriamo non ricominci a bat­terla.

Il Vicino                        - (esitante, ubriaco ma sulla vena senti­mentale, ora) Come stai...?

La Vicina                      - (per tutta la scena con la vocina in­fantile) Come vuoi che stia! Mi vedi. (Tira su col naso).

Il Vicino                        -  Teh, prendi il mio fazzoletto. Io... non volevo... (Lei si soffia il naso) Anche se sei stata una carogna... io non volevo farti male. Mi devi... mi devi perdonare. Guarda... ti ho portato una bottiglia di quello speciale. Quello dolce che piace a te. Guardala. Apri gli occhi.

La Vicina                      - (querula, ancora con qualche sin­ghiozzo) Li ho aperti. E’ che non si vede per via che son gonfi dai lividi.

Il Vicino                        -  Vuoi che ci metta sopra un po' di acqua?

La Vicina                      - (c.s.) Noo... noo...

Il Vicino                        -  Allora bevi. Dove sono i bicchieri?

La Vicina                      - (c.s.) Non importa. Bevo così.

Il Vicino                        -  Sì. Ecco. (Come ai bambini) Braava.

La Vicina                      - (finendo di mandar giù un sorso) Facciamo un po' per uno.

Il Vicino                        -  Bevi, bevi tu. Lasciamene un sorso in fondo.

La Vicina                      -  E' buono.

Il Vicino                        -  Ti ho fatto molto male prima?

La Vicina                      -  Sì.

Il Vicino                        -  Sono un animale.

La Vicina                      -  Sì.

Il Vicino                        -  Non importa, sai, quello che hai fatto. Non importa. Tu... che devi fare con uno come me?

La, Vicina                     -  Sei cattivo.

Il Vicino                        - (veemente) No! Non sono cattivo! Sono diventato così per la sfortuna... (Scoppia a piangere) Non è colpa mia. E' la sfortuna ma­ledetta che mi perseguita.

La Vicina                      -  E' il bicchiere. Altro che sfortuna.

Il Vicino                        - (sempre piangendo) No! No! ho cominciato dopo. Per consolarmi, per non pen­sarci. Lo sai benissimo. Di' che lo sai.

La Vicina                      - (già un po' ubriaca, cantilenando) E’ il bicchiere!

Il Vicino                        -  Non è vero!

La Vicina                      -  Come vuoi allora!

Il Vicino                        -  Lo sai. Anch'io avrei voluto tutto a posto. Un buon lavoro... Una casa... La moglie... Il bambino... (Accesso di pianto più forte) Tutto a posto.

La Vicina                      -  Lascia andare, adesso. E' troppo tardi.

Il Vicino                        -  Ma lo sai, vero?

La Vicina                      -  Sì, sì...

Il Vicino                        -  Ecco. Tutto a posto volevo. Invece destino cane... E' cominciato quell'anno coll'ernia... Te ne ricordi?

La Vicina                      -  Sì, sì...

Il Vicino                        -  Quella maledetta o... o... operazione. Poi... una disgrazia dietro l'altra... (Qui addormentandosi) Ecco qua cosa sono diventato... uno schifoso.

La Vicina                      -  Sì.

Il Vicino                        - (le ultime parole prima di dormire) Hai ragione. Hai ragione. Uno schifoso. (Pausa)

Livio                             - (piano) Dormi?

Lina                               -  (in un soffio) No.

La Vicina                      - (canterella versetti infantili in una sorta di semincoscienza) Dormi dormi..mio piccino... / che ti veglia / la tua mamma. Dormi dormi / fa la nanna... / dondolando sulla scranna / mio piccino... (Ride pian piano a piccoli scatti che paiono quasi singhiozzi)-

Narrazione

Lina                               -  Non dormimmo molto, quella notte.

Livio                             -  Forse l'eccitazione per ciò che avevamo deciso, per i progetti...

Lina                               -  Forse. Ma c'era qualche cosa d'altri Non lo capivamo, allora. Ma c'era. E poi quell'uomo e quella donna, di là... Ormai tacevano. Ma filtrava lo stesso attraverso la parete loro presenza deforme. Non so spiegare.

Livio                             -  Sì: come facce riflesse negli specchi deformanti dei baracconi... Orribile.

Lina                               -  (pensosa) Già. Tanto più orribile in quanto in quegli specchi generalmente si vede deformata la propria faccia. E poi... quella voce! Le era venuta fuori con le botte che aveva preso... Perché pareva quasi che - di vivo, dentro - non le fosse rimasta che l'infanzia. Una bambina, ormai a lei stessa sconosciuta.

Livio                             -  Quanto a questo... Tutti siamo per gran parte sconosciuti a noi stessi. Lo prova quel che accadde il giorno dopo.

Lina                               -  (con una certa malizia) Eh, sì! Fu stupefacente. Da lasciarci a bocca aperta. (Altro tono) Chiamato da Livio, il cugino si precipita subito e...

Livio                             -  ... subito prese fischi per fiaschi.

Lina                               -  (ridendo) Poveraccio! Lui correva su di un'altra pista! Gli luccicavano gli occhi… due volte ammiccò verso di me quando Livio non guardava.

Livio                             -  Mentre parlava, faceva saltare in mano un mazzo di chiavi. Un gesto comune. Eppure mi dava un fastidio...

Scena

(Tintinnio ritmico del mazzo di chiavi durante le prime battute).

Franco                           - (esuberante, sicuro come un prestigia­tore) Ho capito tutto. Al solito, Livio, quando parli fai una gran confusione... Ma ho capito lo stesso: per aiutare la barchetta... Lina ha deciso di lavorare. (Come fermandoli) Non dite niente e lasciatemi pensare... Dunque dunque dunque...

Livio                             -  Ma guarda che non si tratta...

Franco                           - Stt! Vuoi star zitto? E' mica un pro­blema da niente collocare un donnino così sen­za specializzazioni...

Lina                               -  Ti stai sbagliando, Franco...

Franco                           - (grida) Silenzio che ci sono! Sicuro! E' l'uovo di Colombo! La cosa più semplice del mondo! Come mai non ci avevo pensato subito? Proprio ieri ho licenziato la mia segretaria... Sì, insomma, se n'è andata con uno. Be'... Lina prenderà il suo posto! Eh? Che ne dite del cuginetto?

Livio                             -  Non è Lina che vuole lavorare.

Franco                           - Come? Non... non vuole...? Ma allora perché mi avete chiamato?

Livio                             -  Per me. Ho cercato, prima, di dirti che... insomma, accetto la tua proposta di lavoro. Quella che mi hai fatto l'anno scorso appena siamo arrivati qui.

Franco                           - (sgonfiato) Ah! si tratta di te. Già. Sicuro.

Livio                             -  Sempre se... hai ancora bisogno.

Franco                           - (ancora deluso) Sì, sì. Ho detto che t'aspettavo e non mi tiro indietro...

Livio                             -  Sono contento.

Lina                               -  Grazie, Franco. (Esitante nell'intenzione coperta) In fondo... sai essere sportivo.

Franco                           - Mi fa piacere che lo riconosci.

Livio                             -  Sportivo? Non... non capisco.

Lina                               -  (confusa) Be'... Lo abbiamo trattato piuttosto male la prima volta che t'ha offerto il posto. Pure... adesso non si mostra risentito. Questo volevo dire.

Narrazione

Lina                               -  Il cugino se ne andò poco dopo. Ero rimasta turbata dalla sfumatura di complicità delle nostre parole alle spalle di Livio. Non era proprio nelle mie intenzioni.

Livio                             -  La cosa era fatta, adesso. Dovevo co­minciare il lavoro il giorno dopo che era lunedì.  Franco aveva persino offerto un anticipo. Ma avevamo rifiutato.

Lina                               -  Ora eravamo quieti e silenziosi come l'aria, in campagna, dopo la bufera. Senza dir­celo s'era stabilito quasi un accordo tra noi di non parlare della decisione presa.

Livio                             -  Sì. Quieti e stanchissimi, eravamo. La domenica procedeva lenta.

Lina                               -  L'aiutavamo giocando a dama.

Livio                             -  Senza soldi è difficile fare di meglio, la domenica.

Lina                               -  E fu proprio mentre giocavamo a dama che, d'un tratto, di là accadde una cosa impre­vedibile.

Livio                             - (taglia) Una cosa da nulla. Eppure...

Scena

 (Qualche ticchettio dì pedine mosse o che ne « mangiano » altre. Poi, improvviso, un assolo di tromba giunge dall'altra parte del muro).

Livio                             - (vivamente) E chi è?

Lina                               -  Da « loro » no?

Livio                             -  Non... non è possibile... Saranno nuovi inquilini...

Lina                               -  Stamattina c'erano ancora... (Cessa la tromba).

Il Vicino                        -  Eh! Ce la faccio ancora, no? Tu sta' lì quieta con i bagnoli e io ti suono un po'...

La Vicina                      - (amara) Ci voleva che mi massa­crassi per tirar fuori la tromba. (Riprende l'as­solo di tromba: sarà slacciato, disperato, con strane pause di solitudine).

Livio                             - (eccitato) E' incredibile! L'avresti pen­sato, tu, che quello?...

Lina                               -  No. Mai.

Livio                             -  E la sapeva suonare bene, una volta, la sua tromba! (Pausa) Accidenti! Era un arti­sta! Adesso non ha fiato. Ma lo si capisce. (Quasi s'arrabbia) Ma porco mondo! Non si può mai essere sicuri di quello che ha dentro la gente!

Lina                               -  Sta' zitto. Lasciami sentire. (Continua la tromba, sola per una ventina di secondi. Poi rimarrà sotto il dialogo che segue. Lina con improvvisa emozione) Dio... Dio... che pena mi fa! Non ho mai sentito tanta pena per qual­cuno... Come se lo conoscessi da tanto tempo...

Livio                             -  Sì, fa pena per quello che era. Ma... perché non ha suonato mai prima d'ora?

Lina                               -  (velata) E tu? La suoni mai - adesso -la tua ocarina?

Livio                             - (con ingiustificabile scatto) Cosa vuoi dire?

Lina                               -  Niente. E' così, no?

Livio                             -  No. Tu vuoi dire...

Lina                               - (quasi grida) Niente! Non voglio dire niente!

Livio                             - (c.s.) Eh, noi Tu devi dire adesso! Io lo so, sai, cosa pensi.

Lina,                              - (grida) E allora!

Livio                             -  E allora ti pare bello...? Allora mi vuoi ingannare!

Lina                               -  Io!

Livio                             -  E sì! Se pensavi...

Lina                               - (quasi con voce di pianto) L'ho pensato adesso. Te lo giuro! Forse è stata la pena di questa tromba... Digli almeno di smetterla! Non ce la faccio più! Che la smetta!

Livio                             -  Noo! Anzi! Deve continuare! Deve spezzarci i nervi! Il cuore! Tutto. Fino a che non abbiamo capito cos'ha dentro, luì. (Più piano) E cosa abbiamo dentro noi.

Lina                               -  (sospesa e intensa) E' tanto chiaro... Una cosa delicata che può andare a male. Quelli sono marciti. Ma può succedere a chiunque. Anche ai migliori.

Livio                             - (quasi aggressivo) Vuoi dire che finirò come lui vero?

Lina                               -  (triste) No. Ma che lui era... come te.

Livio                             -  E' lo stesso. Non farmi giochi di parole. E' lo stesso. Vuoi dire che anche lui come me aveva qualcosa di buono, di pulito dentro...

Lina                               -  Sì. Sì. Ne sono sicura, adesso.

Livio                             -  E che, perdendo quello, ha perduto tutto il resto...

Lina                               -  (con sforzo) Sì.

Livio                             - (grida) E io allora? (Più piano) Ma lo capisci che adesso io... sto per fare la stessa cosa?

Lina                               -  (smarrita) Oh, Livio! Non... non mi tor­turare... (Piange) Io... io non... Sei tu a dire tutto! (Piange. Cessa la tromba. Per qualche attimo si sente solo il pianto di Lina),

Il Vicino                        -  Eppure... se mi ci rimettessi un po' forse mi prenderebbero ancora in una orchestra.

La Vicina                      - (il suo riso breve) Ti caccerebbero a calci com'è sempre successo. (Ride ancora) Povero cretino! (Di nuovo, solo, continua il pian­to di Lina. Poi continuerà di fondo anche sotto le prime due battute della narrazione).

Narrazione

Lina                               -  Quella tromba! Ci aveva sconvolti. Pare­va impossibile che una tromba potesse condurci a una crisi di nervi. Pareva assurdo.

Livio                             -  Era una crisi di coscienza.

Lina                               -  Si vede che avevamo ancora un fondo onesto

Livio                             -  Capimmo che stavamo per cadere trappola. Come topi. (Ride amaro) Il mito degli elettrodomestici! Ecco l'esca delle trappole moderne!

Lina                               -  Ci sono sempre state le trappole.

Livio                             -  Ma almeno, un tempo ci mettevano dentro qualcosa di meglio. (Pausa) Capimmo che proprio accettando la proposta del cugino saremmo diventati come i nostri vicini. Senza accorgersene. In pochi anni.

Lina                               -  Scrivemmo a Franco una lettera pei rifiutare. Eravamo eccitati, impauriti e... felici.

Livio                             -  Sì, anche se poi... ne passammo di brut­ti momenti!

Lina                               -  Ma non erano più come prima. Adesso sapevamo.

Livio                             -  Avevamo visto la faccia del mostro che sta in agguato intorno a noi.

Lina                               -  E ci tenemmo stretti, noi due, coraggiosamente.

Livio                             -  Poco tempo dopo, improvvisamente riuscimmo.

Lina                               -  Livio trovò lavoro. Proprio il lavoro chegli piace. E tutto divenne facile. Accadde dal momento all'altro, così, come quando a prima vera d'un tratto il cielo s'apre e viene il sole.

Livio                             -  Abbiamo una casa, una bambina... ;

Lina                               -  Si chiama Eva... Ha nove anni.

Livio                             -  E... persino gli elettrodomestici abbiamo! (Per la prima volta s'indirizzano direttamente la parola durante le narrazioni).

Lina                               -  A proposito, amore, c'è una sola cosa che non va. Bisogna far riparare l'aspirapolvere (Di sottofondo, da zero sale la musica dell'ocarina).

Livio                             - (esitante) C'è... un'altra cosa che non va e che devo riparare... (Vergognandosi) Quel» volta, giù in strada, con la signorina Trezza!; Non è vero che parlavamo di sua zia...

Lina                               -  (ride divertita) Una bugia, Livio?

Livio                             -  Sì, ma... nient'altro ho da confessar! La cosa si chiuse lì.

Lina                               -  Ah! Ah! Ah! Avevo scommesso con Eni che me l'avresti confessato prima che lei trasse nelle medie-

Livio                             -  Avevi capito?

Lina                               -  Ma Livio! A quel tempo già eravate stati cacciati dal Paradiso Terrestre! Volevi ci non capissi? (Sale e trionfa ora - sola - musica dell'ocarina).

FINE