La fine della signora Cheyney

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LA FINE DELLA SIGNORA CHEYNEY

Commedia in tre atti

di F. LONSDALE

Riduzione di G. Pautassi

PERSONAGGI

CARLO, maggiordomo

GUGLIELMO, lacchè,

JIM, chauffeur

GIORGIO, domestico

LORD ELTON

LORD ARTURO DILLING

WILLIE WINTON

GIOVANNA

MARY

LA SIGNORA EBLEY

MARIA

LA SIGNORA WINTON

LA SIGNORA CHEYNEY

LA CAMERIERA DELLA SIGNORA EBLEY

ROBERTO, domestico


ATTO PRIMO

Una camera in casa della signora Cheyney. Po­meriggio. Carlo è in piedi, presso la porta che si apre sul giardino. Sta a sentire una signora che sta terminando una romanza. Applausi. Carlo sorride, si avanza verso il proscenio, dinanzi al canapè che nasconde solo in parte il caminetto. Un campanello suona. Carlo ritorna vicino alla porta del giardino. Giorgio entra da sinistra, re­cando un vassoio con bibite.

Giorgio                          - Dove si deve mettere questa roba?

Carlo                             - Io direi là!

(Guglielmo entra da sinistra. Porta un vas­soio ricolmo di tazzine. Lo posa sul tavolo).

Giorgio                          - Parola mia, non l'avrei mai cre­duto. Che fra i cantanti ci fosse gente così sto­nata.

Carlo                             - E' un concerto di beneficenza. Le belle voci sarebbero fuor di luogo.

(Guglielmo che ha collocato il vassoio, guar­da se Carlo approva. Carlo gli fa un cenno di sod­disfazione. Esce).

Giorgio                          - Hai visto quanti personaggi impor­tanti? Il giardino ne è pieno. Ho dato a tutti dell'« eccellenza ». Credi che qualcuno mi ab­bia detto di non esserlo? Nemmeno per sogno!

Carlo                             - La borghesia elegante dell'Inghilter­ra è troppo educata per discutere piccolezze si­mili.

Giorgio                          - Chi era quel ganimede decrepito che ha preso per primo la parola?

Carlo                             - Oh! quello è un aristocratico auten­tico. Sua Altezza serenissima il Duca di Bristol!

Giorgio                          - Eh? Scherzi? Ha una figura da bol­scevico che consola. Ecco un'altra delusione. Co­ri, alla prima, si penserebbe che un lord è un essere assolutamente diverso da tutti gli altri. Invece... A me non è mai riuscito di individuar­ne alla prima occhiata...

Carlo                             - Ai nostri giorni è venuto di moda parlarne male. Guarda, per esempio, la contessa Mary Sindlay. Ricca, affascinante e tuttavia mo­destissima. E la contessa Giovanna Houghton? Ventitré anni, coraggiosa, semplice, senza alcuna superbia...

Giorgio                          - Oh! Sì! piace anche a me. Poco fa, in giardino, mi ha fermato e mi ha detto: gio­vanotto, per piacere, datemi un fiammifero...

Carlo                             - E' nata coli'istinto di piacere a tutti.

Giorgio                          - E quell'altra col viso tutto dipinto e con una magnifica collana di perle? Mi fa l'effetto che non sia nulla di speciale, ne?

Carlo                             - Quella? E' la signora Ebley. Dico­no che un giorno, mentre si trovava davanti lo specchio a rimirarsi il doppio mento, abbia ri­sposto ad un amante che già era entrato in ca­mera sua: « Mi dispiace, amico mio, ma non sono in casa ».

Giorgio                          - Bella intelligenza!

Carlo                             - E comprendendo da quel giorno che il suo sistema di vita non era dei più il reprensi­bili ha avuto la furberia di dare un formidabile colpo di timone. La sua casa è in Inghilterra un modello di severa morale...

Giorgio                          - A me vanno a genio di più se non ostentano troppa boria. Hai fatto caso? Quando è entrato quel borioso di lord Elton, nessuno si è degnato di dargli retta...

Carlo                             - Però, è un signore ricchissimo, pari del regno. E come tale frequenta la corte.

Giorgio                          - E' evidente che forse ho interpre­tato male. Quella che ho creduto indifferenza era rispetto.

Carlo                             - Accetta inviti assai raramente.

Giorgio                          - Ti fai un'idea, perché sia venuto?

Carlo                             - Escludo che sia per il concerto. Può aver di meglio altrove. Probabilmente chi lo ha attirato è la padrona. Mi sembra che la trovi di suo gusto.

Giorgio                          - Che donna! Un portento, insupera­bile. Ti mette tutti knok-out in un baleno. E quell'altro bel ragazzo che si è provato a fare i giuochi di prestigio? Simpaticone, vero? Solo a guardarlo mette allegria. Chi è?

Carlo                             - Il rovescio della medaglia. E' lord Dilling.

Giorgio                          - A te, piace?

Carlo                             - Personalmente, non lo posso soffrire. Ha troppe qualità per piacere agli uomini e troppo pochi scrupoli per piacere alle donne.

Giorgio                          - Credi che faccia la corte alla pa­drona?

Carlo                             - Non son mica cieco. Quel che è peg­gio si è che la corte è tanto assidua quanto in­telligente...

Giorgio                          - Ed ha fortuna?

Carlo                             - Non come vorrebbe. Del resto tocca a lei pensarci ed è donna che sa il fatto suo…

(Carlo è vicino la tavola, a destra; vede Gio­vanna che si avvicina dal giardino e fa segno a Giorgio. Ambedue assumono un aspetto serissimo. Carlo fa qualche passo verso sinistra e poi al centro, come se passeggiasse. Giorgio resta fermo vicina alla porta. Giovanna entra dalla ve­trata con la sigaretta in un lungo bocchino).

Giovanna                      - Carlo, per favore. Buttatela via, ne ho abbastanza.

(Carlo toglie la sigaretta dal bocchino con la massima buona grazia e la porge a Giorgio)

Carlo                             - Ecco fatto, signora. Giorgio... (Fa cenno a Giorgio di andarsene. Questi, tenendo la sigaretta fra la punta delle dita, esce. Carlo si accinge a seguire Giorgio verso sinistra. Giovan­na si avvicina al tavolo di destra e prende da una scatola una nuova sigaretta).

Giovanna                      - Carlo... (Carlo torna da sinistra ai centro) Chi mai ha avuto l'idea infernale di dire a quelle donne che avrebbero potuto can­tare impunemente?

Carlo                             - Con tutta probabilità, il primo sarà stato il loro maestro di canto quando si accorse che avevano molto denaro...

Giovanna                      - Mica male!... Mi permettete di metterla in circolazione come se fosse mia?

Carlo                             - Anzi, ve ne sarò obbligato, signora,

Giovanna                      - A proposito... vi siete sentito fi­schiare le orecchie, poco fa?

Carlo -                           - A dire il vero... no...

Giovanna                      - Strano. L'ultimo quarto d'ora non abbiamo fatto altro che parlare di voi. C'era sorto un dubbio atroce. Confessate, Carlo, fran­camente. Nella vostra vita, avete fatto sempre il maggiordomo?

Carlo                             - Sempre, signora. E non mi sono mai permesso di dimenticarlo, o di far credere il contrario a chicchessia...

Giovanna                      - Oh! Proprio così?

Carlo                             - Non potrei immaginarmi come avrei potuto fare altrimenti. (Va verso sinistra. Entra Mary che viene dal giardino).

Mary                             - Carlo, mi date una tazza di tè, per favore?

Carlo                             - (già alla porta di sinistra) Un attimo e avrò l'onore di servirla. (Carlo esce da sini­stra e chiude la porta).

Giovanna                      - Non è un essere delizioso?

Marx                             - (si accosta alla tavola da tè, a sinistra e prende un panino imbottito) Chi? Carlo? Oh! non esagerate, Giovanna.

Giovanna                      - Tutte le volte che lo vedo, istintivamente mi vien fatto di pensare quanto biso­gno avrebbe la nostra famiglia di un po' di san­gue nuovo...

Marx                             - (ride) Sei sciocca parecchio, sai! Pe­rò, che ne dici? E' ben messa la casa della signo­ra Cheyney!

Giovanna                      - Sì. E lei? Che creatura seducente!

Marx                             - Ne sono innamorata anch'io. A pro­posito. Non vi pare curioso che quel superbione di Elton venga qui così di sovente, lui che non si fa mai vedere in nessun luogo?

Giovanna                      - Infatti. L'ho notato anch'io. Che si direbbe che un giorno la leggiadrissima signo­ra Cheyney sposasse quel fantoccio aristocratico?

Marx                             - D'altra parte... Diventare la moglie di Elton le porterebbe senza dubbio considere­voli vantaggi...

(Entra Willie Winton che viene dal giardino. Mentre parla, si avvicina al canapè che si trova accanto al tavolo di sinistra. Ha messo il suo cappello sul pianoforte a destra).

Willie                            - Brave. Siete qui? La prima parte del concerto, grazie a Dio è finita. Se la seconda non è un po' migliore temo che nessuno degli spettatori rimarrà in piedi...

Mary                             - Non siate così sconoscente, Willie. La signora Cheyney è stata tanto cortese di met­tere a disposizione il suo giardino. Noi, anzi, do­vremmo sollevarla da tante noie ed essere di aiuto a far gli onori di casa, anche se essa se la sbriga con tanta grazia e con tanta bontà.

Willie                            - Non sono sconoscente, io. Sono sol­tanto un povero disgraziato che non ne imbroc­ca mai una. (Prende in mano uno specchio che trova sul tavolo) Come sono brutto! Io odio la mia faccia, vedete.

Giovanna                      - Eppure... pensate che sventura sarebbe per voi averla sempre avanti agli occhi, come succede a vostra moglie!

Willie                            - Giusto. E' per questo che le faccio tanti regali!

(Entra il servo e depone il tè sul tavolo).

Marx                             - Oh! Benissimo. Ecco il tè!

Willie                            - (va alla tavola a destra e si versa un wisky e soda) Questa signora Cheyney sem­bra una donna molto ricca...

Marx                             - Evidentemente...

Willie                            - Non mi dispiacerebbe di sapere qualche cosa di più preciso sul conto suo...

Marx                             - E' vedova di un ricco australiano e si è decisa a passare qualche tempo in Inghilterra. Poiché le siamo riuscite simpatiche ha deciso di esserci amica... Ecco tutto.

Willie                            - Amica vostra? Mi pare più esatto dire: Amica di lord Elton...

Marx                             - (porgendo una tazza di tè a Willie) Vi prego, passatela a Giovanna.

Willie                            - Con piacere, subito... (Si avvicina a Giovanna).

Giovanna                      - Credete che Elton ne sia inna­morato?

Willie                            - Salta agli occhi di chiunque. (Por­ge la tazza a Giovanna) E ce n'è un altro che sta ruzzolando per la stessa china...

Giovanna                      - Lord Arturo Dilling, no?

Willie                            - Positivo. Ma si capisce che lei è informatissima del passato di lui e non abbocca. Magari ce l'avessi io un quarto di cervello di quel ragazzo!

 Mary                            - A che vi servirebbe, Willie?

Willie                            - Non lo sprecherei certo come fa lui. E' un vero peccato vedere come si rovina! Trentamila sterline di rendita ed il dolce far niente lo hanno ridotto in uno stato compassio­nevole...

Giovanna                      - Oh! Andate là! Si gode la vita!

Willie                            - Errore. Nulla ormai riesce ad in­teressarlo!

Mary                             - Qualcuno mi ha detto che si è dato all'alcool. E' vero?

Willie                            - Purtroppo, temo di sì. Mi fa pena, perché, non ostante tutti i suoi difetti, in fondo è un gran caro figliuolo.

Giovanna                      - Io l'adoro!

(Maria entra da sinistra e la signora Winton da destra).

Maria                             - Del tè! Ottimamente. Vi siete diver­tito al concerto, Willie?

Willie                            - Presso a poco come in un gabinetto dentistico...

Maria                             - Ma come! E l'abbiamo organizzato per voi. Bella riconoscenza! C'era del buono. Per esempio, non vi è piaciuta quella donnina rotonda e morbida come un pan di burro che ha suonato il violino?

Willie                            - Ai tempi dei miei antenati l'avreb­bero sepolta viva.

Maria                             - Ah! Ah! Sarebbe stata giustizia. Ho avuto un momento di disperazione. Credevo non la smettesse più!

Willie                            - Una tazza di tè?

Signora Winton             - L'unico momento vera­mente divertente è stato quando quel bel tipo di lord Arturo ha consigliato lord Elton di dire qualche parola...

Giovanna                      - Si è tutto ringalluzzito, lord Elton...

Willie                            - E' appunto per. questo che Arturo mi piace tanto. Gli altri vanno tutti in estasi da­vanti ad Elton, come se fosse qualche cosa di soprannaturale. Lui lo tratta per quello che ef­fettivamente vale, gli dice in faccia e con tutta tranquillità che lo considera meno di un me­diocre.

Signora Winton             - Che hai oggi, Willie? Non dire certe cose...

Willie                            - Eh! Cara. Non formalizzartene. Ma j sono stato seduto tutto il pomeriggio accanto a Giovanna...

Maria                             - Sarei curiosa di sapere se è più forte l'odio di Elton per Arturo oppure il disprezzo di Arturo per Elton... (Entra lord Arturo Dilling).

Maria                             - Un po' di tè, Arturo?

 Arturo                          - Grazie. Preferirei un wisky. Vo­lete essere così cortese, Willie?

Willie                            - Figuratevi! Con piacere!

Arturo                           - (rivolgendosi alla signora Winton ed accarezzando le sue perle) Imitate anche voi l'opulenta sibilla della mondanità londinese?

Signora Winton             - Sarebbe a dire?

Arturo                           - Vi è venuta la mania, a tutte, di portare vezzi di perle...

Signora Winton             - E' naturale che io porti le perle regalatemi da mio marito...

Maria                             - Del resto anche Willie è del mede­simo parere. Non è vero, Willie? Vi fanno fare una figurona...

Willie                            - Perché?

Maria                             - Lo specchietto per le allodole! Cioè, per altre donne. Se un uomo è capace di regalare gioielli simili alla legittima consorte, chissà che cosa è in grado di riservare all'amante!

Willie                            - Nemmeno per sbaglio! Sono troppo stupido, io, per diventare un infedele!

Arturo                           - (ride) Bravo, Willie, siete sincero e mi piacete.

Maria                             - Si può sapere come mai vi siete de­ciso di intervenire ad un concerto di benefi­cenza?

Arturo ......................... - Sono stato spinto da un irresisti­bile senso di filantropia

Mary                             - Un po' su, un po' giù, come lord El­ton, no?

Arturo                           - Elton? Oh, no. E' diverso. Credo che egli trovi la signora Cheyney urgentemente interessante...

Maria                             - Secondo voi, avrebbe l'intenzione di sposarla?

Arturo                           - Ohi può saperlo? Forse, col tempo, ottenuto il consenso dell'austerissima genitrice e del tutore, farà la sua brava domanda...

Giovanna                      - Perché non la sposate addirit­tura voi, Arturo?

Arturo                           - C'è un piccolo inconveniente. E' lei che non mi vorrebbe!...

Maria                             - Possibile? Provate... parlategliene...

Arturo                           - Sarebbe un'imprudenza colpevole da parte mia. Tutti sanno che posso far felice una donna, al massimo, per un anno. E poi, addio!

Signora Winton             - Sì, sì! dovreste tentare... Chissà che non sarebbe la volta buona...

Arturo                           - Ebbene, lo volete proprio sapere? Già fatto. Un fiasco piramidale, obbrobrioso. Il record di fedeltà che mi fu dato di battere fu precisamente di otto mesi. Ma vi giuro che non dimenticherò mai e poi mai i due ultimi. Com­piango fin d'ora qualsiasi povera creatura che si arrischiasse a ripetere il catastrofico esperimen­to di quell'altra disgraziata!

Giovanna                      - (ridendo) Qualche sera fa vi ho udito descrivere come uno degli esseri più spre­gevoli che posseggono mezzo milione di rendita l'anno...

Maria                             - Chi possiede mezzo milione di ren­dita e sa fare a dovere la propria firma non può essere spregevole.

Arturo                           - Ottimamente. Vi sono obbligato, Maria!

Willie                            - (ride rumorosamente).

Signora Winton             - (a Willie) Che ti salta, Willie? Non far tanto baccano...

Willie                            - Quella della firma è buona. Va' là, lasciami ridere. Tu non sai cosa pagherei per essere capace anch'io di far qualche volta dello spirito. Ma è inutile, non mi riesce. Per questo son felice quando ne sento a fare dagli altri!

Carlo                             - (entra).

Arturo                           - (gli porge il suo bicchiere) Per fa­vore... (Carlo, inchinandosi, prende il bicchiere di Arturo).

Carlo                             - Subito, eccellenza!

Arturo                           - (continua a fissare Carlo) Dite su, Carlo. Noi ci siamo già incontrati un'altra volta! Come, dove, non so. Non potreste ricordarmelo voi?

Carlo                             - Sfortunatamente, eccellenza, non posso servirvi.

Arturo                           - (sorridendo, insiste) Sforzatevi... affilate la memoria...

Carlo                             - L'ho fatto, inutilmente. (S'inchina ed esce).

Maria                             - Che significa simile conversazione enigmatica?

Arturo                           - Eppure, ci giurerei. Per quanto faccia, non mi riesce di ricordarmi dove l'ho co­nosciuto. Perché è positivo. Conosciuto, l'ho. Ma come? Pagherei un occhio, per venirne a capo!

Giovanna                      - Ma è una curiosità morbosa, la vostra.

Arturo                           - Soprattutto sarebbe interessante sa­pere se e perché un gentiluomo può trasformarsi in un servo...

Maria                             - A proposito, dove si saranno caccia­ti la signora Cheyney e lord Elton?

Arturo                           - Ho lasciato un momento fa Elton a far da gran patrono al tè che la signora Chey­ney offriva ai buoni villici.

Giovanna                      - Ci godrei se sposasse la signora Cheyney. Come sarebbe buffo!

(Elton entra dal giardino).

Maria                             - Oh, caro Elton! Una tazza di tè?

Elton                             - Grazie, ma l'ho già preso.

Arturo                           - Un bicchiere di wisky.

Elton                             - Grazie, no.

Arturo                           - Indovinate, Elton, di che stavamo parlando? No? Di matrimonio.

Elton                             - Ed avete concluso?

Arturo                           - Perdinci! Ad unanimità abbiamo votato di consigliarvi al gran passo.

Elton                             - Oh! cosa da nulla! Però, sono lusingatissimo. Dimostrate per me un interesse addirittura fraterno.

Arturo                           - No, no. Non per questo. Il nostro mondo ha urgente necessità di una lady Elton, perché non può fare a meno di uomini come voi.

Elton                             - Poiché possedete dei principi così perfetti e rigidi in fatto di matrimonio, mi me­raviglio che persistiate a rimanere scapolo.

Maria                             - Ma già, Arturo. Come mai?

Arturo                           - Sposandomi, forse, renderei felice una donna. Rimanendo come sono ne faccio fe­lici un discreto numero, quindi... (Una breve pausa) Avete osservato la signora Cheyney, El­ton? Non vi sembra che sia deliziosa? Amma­liante?

Elton                             - Scusate se non sono moderno al par di voi. Certi aggettivi non li adopero. Sì, con tutto il rispetto dovutole, la signora Cheyney è amabilissima.

Arturo                           - Sarà, ma io- preferisco definire me­glio. Dire di una donna che è amabile, non so perché, ma mi dà l'idea che la sua biancheria sia di linoleum! (Tutti ridono fuorché Elton) Se la definisco alla mia maniera, invece, gli è come se dicessi che in essa tutto un mondo seducente e misterioso rimane da scopi ire...

Maria                             - Bravo, siete un angelo, voi!

Elton                             - Pare che questo concerto sia un gran successo...

Maria                             - Uno spaventevole successo, non c'è che dire...

(La signora Cheyney e la signora Ebley, a braccetto, entrano venendo dal giardino).

Signora Cheyney          - Oh! signori miei! Bra­vissimi! Avete avuto tutti il tè?

Maria                             - (alzandosi) Ma certo, signora. Ades­so però insistiamo, affinché vi concediate un mo­mento di riposo. Dovete essere affaticatissima.

Signora Cheyney          - Ma niente affatto! Non. c'è proprio di che! (Con un gesto gentile, costringe Maria a riprendere il suo posto). La si­gnora Ebley è stata veramente angelica. Mi ha voluto aiutare a far in modo che tutta quella folla in giardino se ne andasse soddisfatta.

Signora Ebley               - Per carità; non esagerate. Siete stata voi, voi sola... (Additando agli altri la signora Cheyney) Io non so come faccia. Vi assicuro. Una meraviglia! Si ha ben ragione di .andarne pazzi...

Maria                             - Infatti, senza eccezioni, tutti la amiamo...

Arturo                           - Sottoscrivo di cuore...

Signora Cheyney          - Grazie a voi, signor mio. Ho una buona notizia, signori miei. Lord Elton ha promesso di tenere un breve discorso di chiusura. Dopo' di che sarete dispensati dal rima­nere qui e ve ne potrete andar tranquillamente a casa. Siete contenti?

Maria                             - Quante noie vi siete presa, oggi, per noi. Che dirvi?

Elton                             - Sì, che dirvi?

Signora Cheyney          - Che siete stati voi i co­raggiosi e i buoni. Debbo felicitarmi meco stessa se non vi siete troppo annoiati.

Maria                             - A noi tutti è bastato essere vicino a voi.

Signora Ebley               - Guardate che mi ha pro­messo di venire da me venerdì, otto. Ci sarete tutti, non è vero?

Maria                             - E ce lo domandate? Che bellezza!

Arturo                           - Se permettete, vi accompagnerò io!

Signora Cheyney          - Grazie, ma lord Elton si è già offerto di farmi lui da cavaliere. Sarà lui a portarmi via da Londra...

Arturo                           - Non mi resta che pregare Elton di cedermi un posticino...

Maria                             - Vi prego però di non dimenticare, cara signora, che martedì offro un pranzo in onor vostro...

Signora Cheyney          - Oh, no. Non lo dimenti­cherò. Ma davvero non capisco la ragione di tutte queste vostre gentilezze. Sono, in verità, una donna ben poco divertente. Poco moderna, poi. Figuratevi! Bevo poco, fumo poco, non dico parole grosse. Talvolta mi sento tremendamente noiosa.

Giovanna                      - Voi siete una creatura eccezio­nale. In quanto a quelle parole lì, non datevene pensiero. Ne dico io, per due.

Signora Cheyney          - Ne tengo nota, cara si­gnora. Ma ora, su, su tutti. Bisogna che vi spin­ga nuovamente fuori di qui. Al concerto. Che si dirà di noi? Sarebbe inoltre uno sgarbo per quei bravi artisti. (Conduce la signora Ebley verso la porta del giardino).

Maria                             - Son stati tanto sgarbati loro con noi! (Willie e la signora Winton ridono. Ambe­due si avviano verso la porta del giardino. Ed escono colla signora Ebley).

Giovanna                      - (alzandosi ed avviandosi a sua volta) Se quella infelice mi fa sentire ancora il suo violino, parola mia, la scaravento al di là del cancello...

Maria                             - Eppure è piacevolissima, in con­fronto di quell'altra che gorgheggia come l'acqua di scarico di una vasca da bagno!

Signora Cheyney          - (tornando al proscenio) Andate anche voi, carissime...

Maria                             - (si alza e va colla signora Cheyney ver­so la porta del giardino) Appena Elton avrà finito la sua orazione, me ne scapperò subito. Perciò, se non vi vedo più, arrivederci. E mar­tedì, ricordatevelo, siete a pranzo da me. Mi raccomando.

Mary                             - (si alza ed esce con Maria) Se mi date un posto, vengo via con voi...

Maria                             - Ma volentieri, figuratevi! Elton, se volete, c'è un posto anche per voi...

Elton                             - Obbligatissimo... Ma ho fuori la mia macchina...

Maria                             - (a Mary) Meno male. Speriamo che ce l'abbia sempre... (Esce con Mary).

Giovanna                      - Fate la mia strada, Arturo?

Arturo                           - Si tratta di sapere qual'è la vostra strada...

Giovanna                      - Grossvenor Square...

Arturo                           - Dolentissimo. Vado proprio alla parte opposta. E poi... perdinci,... anch'io ho la mia automobile...

Giovanna                      - A ben rivederci, signora Cheyney. Sarò felice se passerete anche da me, qualche volta... Be', andiamo a sorbirci qualche urlo stonato... (Esce).

Arturo                           - Finalmente! A compir l'opera non ci manca più che il vostro discorso, Elton. (Af­fronta la signora Cheyney che è sulla porta del giardino) Ed a voi, signora, non manca che il mio discorso... (Arturo esce).

Elton                             - Posso offrirvi un po' di tè?

Signora Cheyney          - (una breve pausa. Lascia la porta e viene a sedersi sul canapè a sinistra) Lord Dilling, vi è antipatico. Non è vero?

Elton                             - Come ve ne siete accorta? (Le ver­sa e le serve una tazza di tè).

Signora Cheyney          - Son cose che si sentono.

Elton                             - Se non ne aveste parlato voi, avrei taciuto. Ma ora, tanto fa. Sì, lo confesso, non lo posso soffrire...

Signora Cheyney          - E' molto giovane...

Elton                             - Tutte le donne trovano modo di scu­sarlo dicendo così... (Le porge il vassoio dei dolci).

Signora Cheyney          - Già! Forse, perché le molte donne che l'hanno conosciuto ci tengono a scusare anche se stesse per la medesima simpa­tica ragione...

Elton                             - Oh, questo è positivo.

Signora Cheyney          - Strane, k donne. Non è vero?

Elton                             - Ve lo confesso, non me ne intendo gran che!

Signora Cheyney          - Infatti, mi è stato rife­rito...

Elton                             - Potrei ardire di domandarvi che cosa vi è stato precisamente riferito?

Signora Cheyney          - Che siete una specie di nemico delle donne. Io, tuttavia, voglio sperare di essere un'eccezione...

Beton                            - E' così.

Signora Cheyney          - Ne sono molto lieta...

Elton                             - (nervosamente) Vorrei che la cosa fosse reciproca...

Signora Cheyney          - Lo è, non temete. Mi pia­cete assai...

Elton                             - Oh! Grazie. Ne sono felice. A pro­posito! Mia madre vi scriverà oggi, invitandovi a passare un po' di tempo da noi. So che non sarà eccessivamente divertente per voi. Ma, ac­cettando, mi fareste un enorme piacere!

Signora Cheyney          - Vostra madre è amabilis­sima e senz'altro vi prometto che le risponderò accettando con entusiasmo!

Elton                             - Oh! Signora! Non potete immaginar­vi la mia gioia!

Signora Cheyney          - Prima di incontrarvi in casa Ebley vi rivedrò ancora?

Elton                             - Lo spero bene!

Signora Cheyney          - E' una casa molto ospita­le, non è vero?

Elton                             - A dirvi la verità, non ci sono mai stato...

Signora Cheyney          - Ma ci verrete la prossima settimana?

Elton                             - Certamente. Se ci andrete voi...

Signora Cheyney          - Strano, quando parlate di loro;., degli altri... qui... avete una certa fac­cia! Cos'è... non vi sono simpatici?

Elton                             - Oh, sì, sì! Ma noi... loro... insomma appartengono ad un ambiente alquanto diverso. In certo senso, non mi riesce di assuefarmi al genere di vita di codesta gente senza sentirmi un tantino ridicolo. Alla mia età, col mio grado e con le mie tradizioni familiari è un po' difficile essere elastico a tal punto...

Signora Cheyney          - Al contrario! Un giovane della vostra età dovrebbe vedere e provare tutte.

Elton                             - Molto gentile da parte vostra. Ma io la penso un po' diversamente! Perdonatemi.

(Entra Carlo).

Signora Cheyney          - Sciocchezze! Io sono sem­pre ottimista. E mi ci trovo ottimamente!

Carlo                             - Eccellenza, Lord Dilling e con lui tutti gli altri invitati mi incaricano di farvi sa­pere che attendono colla più viva ansia il vostro discorso...

Elton                             - Grazie. Sono subito da loro.

Signora Cheyney          - Vogliamo andare?  (Si al­za e porge la sua tazza a Carlo).

Elton                             - Prego!

(Carlo sorride, Giorgio entra e si avvia in giardino. Carlo lo ferma).

Carlo                             - Metti quella roba a posto.

Giorgio                          - Va là! Vorrei andare a sentire ciò che dice quel bietolone!

Carlo                             - Ci son già tante tristezze inevitabili nella nostra vita! Perché vuoi aggiungerne delle altre volontariamente? Metti a posto quella ro­ba e non pensare ad altro.

(Da sinistra entra Guglielmo, per mettere in ordine il servizio da tè).

Giorgio                          - Però, a parte lord Elton, ti con­fesso la mia sorpresa. Fra quei bellimbusti ce ne sono di piacentissimi.

Carlo                             - Senza dubbio. Ce ne sono che hanno fior di qualità!

Giorgio                          - Me li avevano sempre descritti co­me un'accolta di deficienti.

Carlo                             - Tutti gli ambiziosi che non sono riu­sciti a diventare dei loro si scusano, inventando la storiella della loro decadenza fisica e morale e della loro imbecillità...

Giorgio                          - Cosa ne ho sentito a raccontare di orribili sul conto loro negli ambienti borghesi!

Carlo                             - Oh, Dio! Magari anche con ragione. Ma sta di fatto che il giorno in cui qualcuno è invitato a pranzo da un aristocratico, se non altro si trova costretto a fare un bagno. E non è male. Lo snobismo fra i nobili è superato da quello dei borghesi e della povera gente...

Giorgio                          - Mi piacerebbe assai sentirmi chia­mare una volta: lord Giorgio. Suona bene. Non ti pare?

(Entra Arturo dal giardino) .

Arturo                           - Carlo, per favore! Un wisky.

Carlo                             - Subito, eccellenza!

Arturo                           - (a Giorgio) A voi... (Gli dà una mancia).

Giorgio                          - (sorpreso) Ma perché, eccellenza?

Arturo                           - Tenetela voi. Vedete. Non ho avu­to il coraggio di darla a lui. (Indica Carlo).

Giorgio                          - Grazie, eccellenza. (Esce. Carlo porge rispettosamente il. wisky and soda. I due si guardano a lungo, curiosamente).

Arturo                           - Non ce la faccio. Non posso ricor­darmi. E voi? (Sorride).

Carlo                             - Che volete dire, eccellenza?

Arturo                           - Dove mai noi due ci siamo incon­trati.

Carlo                             - Non ci siamo mai incontrati, eccel­lenza.

Arturo                           - Eppure. Ci giurerei. (Lo guarda ancora) Io ho studiato a Oxford.

Carlo                             - Ci sono passato una volta in treno, eccellenza.

Arturo                           - Però il vostro modo di parlare e di agire mi farebbe supporre che voi ci siate in­vece rimasto qualche anno...

Carlo                             - A quanto mi consta, eccellenza, ad Oxford non esiste un'università per camerieri...

Arturo                           - Veramente da Oxford ci esce gente di ogni genere...

Carlo                             - E' davvero assai interessante ciò che dite, eccellenza!

Arturo                           - Vi pare? E... da quanto tempo sie­te al servizio della signora Cheyney?

Carlo                             - Martedì prossimo compiranno i sei mesi. La signora Cheyney mi ha assunto pel tra­mite di un'agenzia di collocamento vicino a Brook Street.

Arturo                           - Grazie pei particolari. Così... Voi non eravate in Australia colla signora Cheyney...

Carlo                             - E' stata in Australia la signora?

Arturo -                         - Ma come! Non sapevate che viene di laggiù?

Carlo                             - E come l'avrei potuto sapere, eccel­lenza! La mia signora non ha l'abitudine di par. lare della sua vita privata col suo personale di servizio...

Arturo                           - (un po' sorpreso e stizzito) Sta be­ne. Accetto la lezione.

Carlo                             - Oh! Eccellenza. Non avevo intenzio­ne di...

(Entra dal giardino la signora Cheyney).

Signora Cheyney          - Credevo che ve ne foste andato alla chetichella! Tutti gli altri se ne sono andati dal giardino e...

Arturo                           - Aspetto il mio chauffeur colla mac­china...

Carlo                             - E' già parecchio tempo che il vostro chauffeur vi sta aspettando, eccellenza!

Arturo                           - Davvero? E' una così bella gior­nata che gli farà bene ad aspettare ancora un po' all'aria libera. Per favore, diteglielo...

Carlo                             - Ai vostri ordini, eccellenza. (Si in­china e pian piano esce in giardino).

Arturo                           - Che simpatico giovane!

Signora Cheyney          - Chi? Il mio maggior­domo?

Arturo                           - Sì.

Signora Cheyney          - Perché?

Arturo                           - Ammiro la sua faccia tosta...

Signora Cheyney          - Vi ha usato qualche sgarbo?

Arturo                           - Per carità! Come potrei affermar­lo? Accade che molta gente nii mandi all'inferno. Ma nessuno è riuscito finora a farlo meglio di lui, un momento fa. Con una disinvoltura, con una signorilità di prim'ordine.

Signora Cheyney          - C'è da licenziarlo, per una cosa simile.

Arturo                           - Ma nemmeno per sogno, ve ne pre­go, signora!

Signora Cheyney          - Voi, del resto, all'inferno ci dovete già essere stato parecchie volte...

Arturo                           - Non è vero! Chi ve lo ha detto?

Signora Cheyney          - Qualcuna delle innume­revoli donne che vi hanno accompagnato di vol­ta in volta. Almeno per buon tratto di strada!

Arturo                           - Farei anche tutta quanta la stra­da, ma in compagnia di una donna che sapesse dire cose graziose come quelle che dite voi...

Signora Cheyney          - E' un vero peccato quin­di che io abbia già scelta un'altra direzione di­versa dalla vostra...

Arturo                           - Ed un altro accompagnatore, se non erro. Lord Elton...

Signora Cheyney          - Che forse conosce la strada che fa per me...

Arturo                           - Già... Vorrei domandarvi una cosa: Quando eravate a Londra, al Ritz, ho fatto chie­dere di voi ben cinque volte... Mi hanno rispo­sto, sempre, che non eravate in casa...

Signora Cheyney          - Che peccato!

Arturo                           - Era vero?

Signora Cheyney          - No. Ero sempre in ca­mera mia.

Arturo                           - Me l'ero immaginato.

Signora Cheyney          - Anzi, due volte, sono sta­ta io in persona a dirvi che ero uscita...

Arturo                           - Potrei sapere la ragione?...

Signora Cheyney          - Certo. Desideravo di non rimanere sola con voi. Nemmeno al telefono.

Arturo                           - Temevo mi voleste mettere in im­barazzo dicendomi che non mi potete soffrire...

Signora Cheyney          - Affatto. Voi avete il gran pregio, caro lord Dilling, anzi, mi permettete di chiamarvi Arturo, come fanno tutti di essere uno dei pochissimi uomini che non mi riescono insopportabili. Eppure dovrebbe proprio essere il contrario.

Arturo                           - E, sinceramente, si può sapere il motivo?...

Signora Cheyney          - Oh, Dio, sì. Siete tutto altro che insignificante, siete distinto, potete essere elegantemente rude e squisitamente indif­ferente, scettico e cinico e ad un tempo carino e affettuoso. Poi avete il senso dell'umorismo, uno spirito scintillante e copioso e...

Arturo                           - Continuate... E... che cosa?

Signora Cheyney          - Qui sta appunto il gu­scio... E basta... Nient'altro... non avete niente altro...

Arturo                           - Per concludere: io sono un essere che non vi interessa...

Signora Cheyney          - Strano, non è vero?

Arturo                           - E' per una tremenda delusione...

Signora Cheyney          - Me ne accorgo...

Arturo                           - Sarei veramente curioso di conosce­re più chiaramente il vostro pensiero...

Signora Cheyney          - Semplicissimo. Voglio di­re che, dal giorno in cui imi avete conosciuta mi avete fatte, con eccezionale rapidità, tutte le pro­poste che un uomo coinè voi' può fare ad una donna, ad eccezione di: una: la proposta di ma­trimonio.

Arturo                           - Non mi sembra di avervi mai detto cose più che rispettose.

Signora Cheyney          - Non nego. Però, mi date un senso di pena!

Arturo                           - Perché mai?

Signora Cheyney          - Dico che imi dispiace ve­dervi cadere nei soliti e rifritti luoghi comuni di tutti gli uomini che non sono riusciti con una donna!

Arturo                           - Ora siete in errore. E madornale, ve lo assicuro. Ma capisco piuttosto che quando urna donna si muove dall'Australia e viene in Inghilterra col preventivo, deliberato proposito di sposare un...

Signora Cheyney          - Volete suonare il campa­nello, di grazia?

Arturo                           - Perché?

Signora Cheyney          - Carlo deve sapere dove avete lasciato bastone e cappello...

Arturo                           - Oh! Non avevo la menoma inten­zione di offendervi... Volevo soltanto...

Signora Cheyney          - No! No! Non avete man­cato di cortesia... Siete stato un tantino femmi­na... ecco tutto...

Arturo                           - (imbarazzato) Io? Femmina? dav­vero? Allora... io... (Prende il bicchiere e beve).

Signora Cheyney          - Voi non dovete bere al­cool durante i pasti, vero?

Arturo                           - E perché mai?

Signora Cheyney          - Perché vedo che ne be­vete abbondantemente fra un pasto e l'altro!

Arturo                           - (stizzito) Ah! Vi pare? (Depone il bicchiere. La signora Cheyney ride).

Arturo                           - Si può sapere, perché ridete così?

Signora Cheyney          - Probabilmente perché me la godo un mondo! E' così divertente aver messo in imbarazzo voi! Proprio voi che avete tanto successo colle donne!

Arturo                           - Da tutto questo deduco una cosa soia: voi non. mi stimate!

Signora Cheyney          - Per essere educata vi dirò che ho stima di voi, ma non una grande stima...

Arturo                           - Dite sul serio?

Signora Cheyney          - E voi, di voi stesso?

Arturo                           - In questo momento mi disprezzo!

Signora Cheyney          - Allora c'è qualche spe­ranza!

Arturo                           - (riprende il bicchiere) Grazie. Sup­pongo che se non vuoto di un fiato questo bic­chiere mi riterrete un vile... Quindi...

Signora Cheyney          - Oh, no! Anzi vi preghe­rei di desistere...

Arturo                           - Accordato. Posso fare qualcosa d'altro per voi?

Signora Cheyney          - E come!

Arturo                           - Per esempio?

Signora Cheyney          - Primo: rinunciare alla fama di uomo di spirito...

Arturo                           - Nient'altro?

Signora Cheyney          - Secondo: smetterla di vegetare sulla gloria dei vostri venerabili antenati, che non ce n'hanno alcuna colpa...

Arturo                           - Sarebbe a dire?

Signora Cheyney          - Né più né meno di quello che dico... Caro Arturo!

Arturo                           - Eppure non mi sembra che io...

Signora Cheyney          - Credete che io mi sbagli? Sta in voi darmi qualche prova che ho torto... Non c'è fretta. Io vado a pranzo soltanto alle otto e mezzo...

Arturo                           - Ma cosa dovrei fare?

Signora Cheyney          - Smentire, con sufficiente pratica dimostrazione, tutto ciò che la gente dice di voi...

Arturo                           - E... con che diritto voi mi mettete a simile prova?

Signora Cheyney          - Collo stesso diritto che avete creduto di esercitare voi, allorché mi avete fatto le vostre proposte... Tacete? Replicherò io per voi. Il vostro migliore epitaffio fino a questo momento potrebbe essere: Fu un buon diavo­laccio, incapace di far qualcosa di veramente assennato. Metaforicamente visse di elemosine. Ebbe un solo successo, ma superficiale: le donne!

Arturo                           - Sono addolorato ed offeso che vi esprimiate in tal moda sul conto mio.

Signora Cheyney          - Perché non ci siete abi­tuato, voi, alla sincerità. Siate leale e parlate seriamente. Tutti gli altri se ne sono andati e voi vi siete dato premura, di restare per ultimo. A che scopo? Che volete dirmi? Si può sapere?

Arturo                           - Mi proverò a spiegarvi...

Signora Cheyney          - Su, coraggio...

Arturo                           - Ebbene: sentivo il bisogno di ripe­tervi che veni siete la donna più interessante e più seducente che io abbia mai conosciuto...

Signora Cheyney          - Ho il sospetto che stiamo per ricominciare una gara di scherma. Conti­nuale pure, avanti. Biadate, son pronta a parare e ribattere...

Arturo                           - Se mi fosse andata bene, credo che avrei finito col proporvi un pranzetto intimo in casa mia.

Signora Cheyney          - E se avessi acconsentito?

Arturo                           - Oh! Si sarebbe mangiato molto be­ne! Ed io fino alle frutta non avrei detto una parola!

Signora Cheyney          - Questa sarebbe l'opera di muta seduzione che le vostre amiche trovane: de­liziosa? perché languida, enigmatica, vero? Ma, che farci! Io sono insensibile! E poi?

Arturo                           - Non: e poi. Prima. Ho .riconosciu­to un momento fa, tacitamente, che mi ero sba­gliata. Vi chiedo umilmente scusa. Vi farò un invito a pranzo, in una sola eventualità. Che contemporaneamente almeno due vescovi accon­sentano a venir a fare da testimoni.

Signora Cheyney          - (gioviale) Bene! Ve la siete cavata! Vi assolvo. Mi piacete! (Arturo si avvicina a lei).

Arturo                           - Voi non penserete di me, spero, tutto il male che avete detto.

Signora Cheyney          - Anzi, di più. Ma con que­sto non è detto che non vi trovi piacente...

Arturo                           - Sono veramente tanto cattivo?

Signora Cheyney          - Lo siete!

Arturo                           - E' possibile che domani diventi astemio. Ma stasera mi dovrò necessariamente ubriacare...

Signora Cheyney          - Ohilà! Perché?

Arturo                           - Mi avete avvilito! Mi accorgo che non. sano nemmeno l'ombra di quel mascalzone che mi vantavo di' essere. E me ne dolgo.

Signora Cheyney          - No, no. State tranquillo. Se ci tenete, ve lo confermo: Siete una canaglia.

Arturo                           - Purtroppo, davanti a voi, non mi riesce più di dimostrarlo.

Signora Cheyney          - Volete ancora un wisky?

Arturo                           - Grazie, no!

Signora Cheyney          - Siete in collera?

Arturo                           - Sì... No... Cioè... Sento di aver qualcosa contro di voi... Ma non so precisamente che cosa. Il mio stato d'animo è un pochino simile a quello di un membro del parlamento che .abbia da perorare una causa che non ha ancora decifrato...

Signora Cheyney          - Mi piacerebbe sentirvi in un discorso serio, per esempio, alla Camera dei Lord!

Arturo                           - Se ci temete proprio, mi ci posso provare... Se verrete ad assistere, nell'orazione farò cenno, a voi e dirò a tutti gli ascoltatori, ad­ditandovi fra il pubblico delle tribune; Quella è la donna che mi ha indicato la via!

Signora Cheyney          - Ed allora anch'io mi con­vincerei della necessità di essere una donna per bene!

Arturo                           - Vi convincereste? Non le siete?

Signora Cheyney          - Oh, Dio! Così così!

Arturo                           - Che diavolo andate dicendo?

Signora Cheyney          - Ci son tanti medi di es­sere una donna per bene, caro mio!

Arturo                           - Eh? Spiegatevi...

Signora Cheyney          - Spiegare? Ci vorrebbe troppo tempo. Che ora è?

Arturo                           - Ma...

Signora Cheyney          - Vado a tavola alle otto e mezzo...

Arturo                           - Desidero mi diciate se siete, o no, una donna per bene...

Signora Cheyney          - E che ve ne importa?

Arturo                           - Moltissimo. Se non lo foste ne sof­frirei assai!

Signora Cheyney          - Allora, sì! Sono una si­gnora per bene! Siete soddisfatte1?

Arturo                           - Grazie!

Signora Cheyney          - (ridendo) E... buona sera!

Arturo                           - (le prende l'orlo dell'abito e. lo bacia con ostentato rispetto) Si potrebbe essere più rispettosi di così?

Signora Cheyney          - No, lo ammetto anch'io!

Artltro                           - Vi prego di prender nota che è la prima volta in vita mia!

Signora Cheyney          - Ah! Bene... La signora Winton vi ha invitato a pranzo, domani?

Arturo                           - Me, no. Non mi ha invitato. Ma ci verrò ugualmente. Ci tengo che ripensiate alla fantastica purezza del mio bacio. (Sì inchina ed esce. La signora Cheyney attende che sia uscito. Scrolla le spalle. Va verso il tavolo, prende una sigaretta e l'accende. Si brucia le dita).

Signora Cheyney          - Oh! maledetti cerini! (Si alza, va al pianoforte e suona cantarellando una arietta).

(Guglielmo entra fumando una sigaretta. Va verso la porta che dà sul giardino e la chiude. Viene alla ribalta e, tenendo in mano un gior­nale sportivo, si mette a sedere sul canapè di sinistra. Giorgio entra con un lapis ed un foglio di carta. Sta esercitandosi a risolvere un indo­vinello da un giornale illustrato. Si siede pure lui a sinistra. Jim, entra da sinistra. Aspetto vol­gare. Si siede vicino a Guglielmo. Entra Carlo. Indossa un abito di velluto. In bocca tiene un sigaro. Si sofferma ad ascoltare la musica. La si­gnora Cheyney smette di suonare).

Carlo                             - (entrando) Brava! Deliziosa!

Signora Cheyney          - (s'alza e se ne va).

Carlo                             - (stupito la guarda uscire).

Jim                                - Eri tu che suonavi?

Carlo                             - Ma no, era lei e carne sono entrato se n'è andata!

Jim                                - Peccato; le volevo chiedere di suonare quella sua aria che canta sempre: «Vorrei es­sere felice »

Carlo                             - Non mi pare che sia la sera buona.

Giorgio                          - (che ha seguito Jim) Ma perché?

Carlo                             - Ma! Stranezze di donna.

Guglielmo                     - (entrato con Giorgio) Carlo non lo vuol dire, ma si è innamorata dell'aristocrazia.

Giorgio                          - O dell'aristocratico?

Guglielmo                     - Dell'uno e dell'altra.

Carlo                             - Ma che cosa volete sapere voi?

Guglielmo                     - Lo so, perché ho sentito quando quella tacchina della Ebley l'ha invitata a casa sua per qualche giorno e lei, mentre si vedeva che né era felicissima, prima di decidere, con­sultò con lo sguardo lord Arturo.

Jim                                - Magnifiche, le perle che quella tacchi­na portava, oggi; varranno a dir poco 20.000 sterline.

Giorgio                          - Quello sarebbe un affare!!!

Guglielmo                     - Voi adesso avete messo il dito sulla piaga.

Carlo                             - Che vuoi dire, spiegati!

Guglielmo                     - Che lei è ora di cattivo umore e ci sfugge, perché teme che noi la si voglia costringere a fare il colpo.

Carlo                             - Tu sei pazzo, prima di tutto sei si­curo che abbia detto di sì?

Guglielmo                     - No, non lo so, ma intanto lei non solo non ce l'ha detto, ma ha tutta l'aria di volercelo nascondere!

Jim                                - Ha ragione, e perdere un affare simile sarebbe un'infamia.

Giorgio                          - Ma non si deve perdere, e tu, Car­lo, la devi costringere.

Carlo                             - Adagio, cari, adagio. Io posso anche capire il suo stato d'animo!

Guglielmo                     - Storie!

Carlo                             - Mi ricordo, per farvi un esempio, che una volta mi era riuscito di tagliar fuori dal. la giacca di un signore un portafoglio gonfio come un otre; dopo un poco sentii il derubato conversare con un amico, un uomo delizioso, pieno di spirito e di distinzione. Era umano, inevitabile che simpatizzassi con lui. Pur sapendo di commettere un delitto di lesa professione, mi sentii inesorabilmente spinto a rimettere il por­tafoglio al suo posto.

Giorgio                          - Poesie! Tu la vuoi difendere!

Guglielmo                     - Vuol diventare Lady Dilling.

Carlo                             - Niente affatto, sa benissimo che Lord Arturo non è tipo da matrimonio.

Jim                                - O Lady Elton.

Carlo                             - Forse!

Guglielmo                     - Comunque, noi abbiamo con­sumato mesi e mesi a imbeccarle la scienza ac­quistata da noi a caro prezzo. Ci siamo travesti ti da camerieri, abbiamo inventato un marito australiano cortesemente defunto, ed ora, alla vigilia del colpo più redditizio diventa sentimeli. tale e minaccia lo sciopero.

Carlo                             - Aspettate, interroghiamola prima

Giorgio                          - Ma se tu stesso senti che è vero!

Jim                                - Noi poi che cosa vegliamo? Le perle della signora Ebley. E' semplice. L'attuale proprietaria come le ha avute? Sottraendole, con male arti, alle mogli dei suoi amanti che gliele regalavano. Non è il caso d'aver rimorsi.

Giorgio                          - Ma se si avessero dei rimorsi per queste inezie il mondo non camminerebbe più.

Guglielmo                     - Se una signora andasse dal chirurgo senza l'appendicite, ma fornita di molte belle sterline sonanti e il chirurgo, per pura sen­timentalità, avvertisse la signora che sta benis­simo, chi si metterebbe ai nostri giorni a studia­re chirurgia?

Giorgio                          - Sarebbe lo stesso voler trovare un avvocato che avvertisse un cliente danaroso che la causa che deve difendere è perduta prima di discuterla.

Carlo                             - Ma volete convincere me? Sapete le mie teorie. Tutti rubano, dunque noi non siamo ladri.

Jim                                - E allora falla venire qui e cerchiamo di persuaderla.

Guglielmo                     - Siamo pratici dunque.

Giorgio                          - Ebbene?

Carlo                             - Ebbene, sì, mi proverò (Di dentro la  signora Cheyney canta).

(Silenzio e poi coro - in minore - Perché non m'ami più).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Dieci giorni dopo. Nella villa della signora Ebley. Un ampio locale elegantemente arredato che accomuna le qualità di salotto e di camera da letto. Luogo favorito della padrona di casa che vi riceve gli intimi. Il letto è in fondo, in un'alcova, celata da pesanti cortine di damasco. In fondo una veranda che dà sul giardino. A si­nistra la porta che conduce alla stanza da bagno. A destra, in fondo la comune. A destra, al pro­scenio, fa porta che conduce alla stanza del bi­liardo. Mobili finissimi. Servizio di liquori, pasticccini e fondants a volontà, sigarette, perfino champagne.

(All'alzarsi del sipario, Willie, Maria e la Si­gnora Winton stanno giocando al bridge. Willie è seduto a destra del tavolino, la signora Winton a sinistra, e Maria in mezzo, di fronte al pubblico. Arturo che attende il turno, sta in piedi tra Willie e Maria, seguendo attentamente la par­tita. La signora Ebley, seduta su una poltrona a destra sta sfogliando un libro. Mary, al piano­forte, strimpella un motivo popolare. Giovanna, seduta alla sua destra canterella la parole del motivo accennato da Mary).

 Maku                            - (o Giovanna e Mary) Voi due, per favore, potreste smetterla? (Mary e Giovanna smettono. Prendendo una carta) Magnifica!

(Allorquando il gioco tocca a lei, Maria esita alquanto prima di deporre la sua carta, poi la­scia cadere apposta il suo fazzoletto a destra. Si china per raccoglierlo ed intanto cerca di guar­dare le carte di Willie).

Willie                            - (è pronto a raccogliere il fazzoletto, coprendo prudentemente le sue carte) Prego, ecco...

Maria                             - Siete molto gentile, Willie...

Willie                            - Non lo dite. E' stato soltanto per non lasciarvi dare la desiderata sbirciatina alle mie carte!

Arturo                           - Ottimamente, Willie.

Maria                             - Oh! Sta a vedere che ora mi suppor­reste anche capace di barare al giuoco! Inaudito!

Arturo                           - Macché inaudito! E' proprio la ve­rità! E' una vostra leggiadra abitudine. Per esempio: Io mi sono accorto, stamattina, che vo­levate barale alla più corta, giuocando a golf. Quando sono arrivato alla nona buca, vi siete rivolta al ragazzo di servizio e gli avete mormorato: Lord Dilling sta guai dando da questa par­te? Lui deve avervi risposto di no. Ed allora gli avete ordinato di spostare la palla di ben due metri...

Maria                             - Quel ragazzo è un bugiardo. Non bisogna proprio far del bene a questo mondo. Gli avevo detto, al contrario, di segnarvi il pun­to... Qua una regina... (Prende la carta).

(Tutti guardano il proprio gioco).

Willie                            - Caspita!

Maria                             - Quattro onori in mano, settantadue!

Willie                            - (correggendola) Macché! Quattro onori in mano, sessantaquattro.

Arturo -                         - Oggi è l'otto settembre. Ma non c'è nessuna ragione di sommare anche la data nei punti...

Maria                             - Spiritoso! Tacete, che è meglio! (Ar­turo vuol aiutarla a contare. Essa gli allontana, imbronciata, la mano). In tutto ho 472. A cin­que scellini il cento fa venticinque scellini...

Willie                            - (correggendo di nuovo) Caso mai, ventitré. Andiamo avanti.

(Willie e Maria finiscono i loro conti. La si­gnora Winton prende il mazzo di carte per ini­ziare una nuova partita e le porge a Maria. Ar­turo prende la lavagnetta per segnare i punti, Giovanna guarda fuori, in giardino).

Giovanna                      - (alzandosi) Che notte divina! Pa­gherei non so che cosa per trovarmi là fuori, in un angolo profumato dei giardino a sentirmi dire da qualcuno che sono la più desiderabile crea­tura di questa terra!

 Mary                            - Avreste per caso qualche preferenza?

Giovanna                      - Nessuna. Non mi importa di sa­pere da chi... L'importante è che un uomo... Ar­turo, sareste libero per qualche momento?

Arturo                           - Io no. Ma se volete, Willie è a vo­stra disposizione!

Giovanna                      - Allora, da bravo, Willie, venite con me in giardino a dirmi delle parole gentili!

Willie                            - No, grazie. Preferisco staimene qui a fumare!

Giovanna                      - Siete ignobile!

Maria                             - Ma... a proposito... dove sono i due innamorati?

Giovanna                      - Non si vedono... non si sentono!

Signora Winton             - E' quasi mezz'ora che se ne stanno fuori a filare!

Maria                             - Francamente... ne sono emozionata. Pensate! Fra un istante, forse rientrerà in que­sta stanza non più la signora Cheyney, ma la futura Lady Elton. (Dà un colpo sulla tavola) Su, parlate? Che ne dite?

Arturo                           - Se credete che due persone, pel solo fatto di essere rimaste una mezz'ora in giar­dino, debbono fidanzarsi...

Maria                             - Oh, Dio! Teoricamente no. Ma quan­do due esseri di sesso diverso, in una notte co­me questa, in un giardino come quello, passano mezz'ora senza che si verifichi nulla di specia­le... ed Elton lo conosciamo tutti!... c'è da presumere che almeno un fidanzamento ci possa entrare...

Arturo                           - Non credo. Elton dovrebbe avere perso la testa. Piuttosto c'è da temere che in questo momento egli le stia recitando a memoria, con la dovuta ricchezza di particolari, la storia d'Inghilterra. (Willie ride rumorosamente).

Maria                             - Se così fosse, c'è da sperare che lei lo mandi garbatamente a farsi benedire...

Signora Ebley               - Peccato! In fatto di topogra­fia di giardini, voi, Arturo, siete un maestro! Se foste voi al posto di Elton!

Arturo                           - E' appunto ciò che avevo fatto presente alla signora Cheyney!

Signora Winton             - E lei, che vi ha risposto?

Arturo                           - Che diffida degli specialisti.

Maria                             - Mio caro Arturo, vorrei chiedervi...

Arturo                           - Indovino. Se sono innamorato del. la signora Cheyney?

Maria                             - Toh! Guarda, Proprio. Ma, come avete fatto...?

Arturo                           - Perché sono ormai due giorni che avete una voglia matta di saperlo, di... interro­garmi...

Mary                             - Dunque? Innamorato? Sul serio?

Arturo                           - Siccome ognuno deve portare un contributo alle belle feste che la signora Ebley ci offre... io ci porto quello esilarantissimo del mio amore infelice! Si, credo di essere innamo­rato!

Giovanna                      - Stupendo!

Maria                             - Ma... Fino a che punto?

Arturo                           - Questo lo ignoro anch'io...

Maria                             - Non è possibile... Quali sono i sin­tomi del male?

Arturo                           - Una passione improvvisa pei bam­bini piccoli... (Willie ride).

Signora Winton             - Willie, smettila di ridete così. Altrimenti ti mando a letto. Allora è grave. Continuate, Arturo.

Arturo                           - Da quando l'ho conosciuta ho fallo anche la constatazione che fino ad oggi mi sono ipernutrito. Un cibo moderato è più che suffi­ciente...

Giovanna                      - Siete delizioso! Avanti...

Arturo                           - Tante ore di sonno assolutamente superflue...

Maria                             - Decisamente ci siete, Arturo! Vi compiango!

Arturo                           - Infatti! E' la prima volta in vita amia che una domina imi preoccupa... Dovete ri­conoscere che sono molto sincero, confessan­dovi tutto questo, mentre ho la poco piacevole prospettiva di vederla rientrare qui, fra qualche minuto, fidanzata di un altro!

Maria                             - Siete evangelico, sublime. Grazie a voi è il primo brivido che piovo, dal giorno in cui uni esaltato cercò di prendersi confidenza con me in uno scompartimento ferroviario!

(Risata generale).

Signora Ebley               - Però è strano che non vi riesca mai di dimenticarlo!

Maria                             - Cara, è stato due anni fa. Da allora, gli unici libri che mi interessano sono gli orari delle ferrovie!

Signora Winton             - Se tutto ciò che ci avete detto è vero, caro Arturo, come potete ignorare fino a quale punto l'amate?

Arturo                           - A dir la verità è lei che non ne vuol sapere di me. Oggi poi dimostra di preferirmi a colui che ho sempre stimato come il ca­polavoro dell'idiozia umana. Ciò mi fa rabbia. Il mio sentimento è automaticamente inquinato. Quindi...

Mary                             - Forse, da parte della signora Chey­ney, non è che un'astuzia...

Arturo                           - Sarebbe a dire?

Maria                             - Semplice: incoraggiare Elton per spingere voi ad una decisione....

Arturo                           - Se fosse vero, la signora Cheynev sarebbe ben diversa dia quel che io suppongo!

Maria                             - Dio mio! Che cotta! Sta a vedere che la stimate diversa da tutte le altre donne!

Arturo                           - Appunto!

Maria                             - Com'è che dice il proverbio? Quan­do un rammollito ed una canaglia si innamora­no, c'è sempre qualche santo che lì protegge.

(Venendo dal giardino, rientrano Lord Elton e la signora Cheyney).

Cheyney                        - Vergogna! Starsene lì a giuocare con una serata così bella!

Arturo                           - Ma se uscissimo forse compirem­mo un sacrilegio.

Cheyney                        - Perché, poi?

Arturo                           - Deturperemmo lo splendore della natura coi nostri cicalecci miserevoli.

Cheyney                        - (sorride) Credete?

Elton                             - La signora Cheyney, poverina, ha una terribile emicrania.

Arturo                           - Non ci aspettavamo di meno da te!...

Elton                             - Ho cercato di convincerla di pren­dere qualche calmante.

Signora Ebley               - Ma certo. Qui c'è dell'aspi­rina. Posso offrirvene?

Cheyney                        - Non vi incomodate, ve ne prego! Passerà...

Signora Ebley               - Ma, cara, io...

Cheyney                        - Purtroppo ne vado soggetta. E il appunto per questo preferisco che passi da sé... Se mi sentirò peggio, ne approfitterò, non du­bitate. Grazie.

Signora Ebley               - Siamo intesi. Guardate, è là, nel cassetto a sinistra.

Cheyney                        - Bene, grazie ancora.

Signora Ebley               - Ragazzi, fa mezz'ora si va alla cuccia. Ho un sonno che non ce la faccio... (Arturo scrolla il capo. A Maria) Non sentite che caldo fa qui dentro?

Arturo                           - (che ha sentito) Caldo?

Maria                             - Caldo?

Signora Ebley               - Ma sì, in questa stanza...

Maria                             - Ma non è vero!

(La signora Ebley le fa un cenno significa­tivo).

Maria                             - Ma sì... già... fa caldo! Non sarebbe il caso di passare nella stanza del biliardo? E' più fresca. Andiamo. Qualcuno, qui, suoni.

Signora Ebley               - (alla Cheyney) Bene. Voi non vi sentireste di suonare qualcosa?

Cheyney                        - Perdonate. Ma proprio mi sento stanchissima...

Maria                             - No, no! Suonate voi, Arturo!

Arturo                           - Io? Ho anch'io un'emicrania spa­ventosa!

Signora Ebley ............. - Allora, suvvia, tutti di là.  Coraggio, Mary, e voi, Maria, venite con noi...

Maria                             - (ad Arturo) Fate i capricci? Non volete suonare? Fatevi animo, passerà...

Arturo                           - Ora mi fan male anche gli orec­chi....

Maria                             - Lord Elton, venite con noi?

Elton                             - (compassato) Se lo desiderate, prego.

Cheyney                        - Lasciate la porta aperta. Se pro­prio ci tenete, suonerò io qualcosa.

(Escono tutti, da destra, ed entrano nella sala del biliardo. Di tanto in tanto si sentono le loro voci. Rimangono soltanto la Cheyney, Ar­turo e Giovanna).

Arturo                           - (a Giovanna) Giurerei che in que­sto momento vi chiamano al telefono.

Giovanna                      - Mi chiamano? Mi vogliono? Oh, Dio! Perché non siete voi, che mi volete? Che peccato! Vado.... vado,.... (Esce da destra in fondo).

(La Cheyney si mette a suonare, ma pianis­simo).

Arturo                           - (le si accosta, adagio. Ha scritto sul viso un senso di sofferenza, ma anche di triste ironia) Fidanzata?

Cheyney                        - (con molta dolcezza) Dite a me?

Arturo                           - Non ci siete che voi, infatti!

Cheyney                        - Mi dispiace ma non vi capisco... (Smette di suonare).

Arturo                           - Vi ho domandato se siete fidan­zata.

Cheyney                        - Vi sentite bene?

Arturo                           - Non molto. Ve ne importa?

Cheyney                        - Ma certamente! Che avete?

Arturo                           - Un peso enorme, qui. Non so più dormire!

Cheyney                        - Poveretto. Dovete curarvi, e su­bito.

Arturo                           - D'accorda. Ma voi me lo impedite.

Cheyney                        - Io! Assurdo! Volete che vi suoni ancora qualche cosa?

Arturo                           - No.

Cheyney                        - Non vi potete nemmeno immagi­nare che magnifica serata, là fuori!

Arturo                           - Andiamo insieme a vedere se non esagerate...

Cheyney                        - Ho un'emicrania spaventevole...

Arturo                           - Forse che a suonare non vi fa peg­gio?

Cheyney                        - Al contrario, mi calma...

Arturo                           - E... Elton?

Cheyney                        - Che cosa?

Arturo                           - Penso che se rimanete qui a suo­nare, non lo fate in omaggio a lui...

Cheyney                        - Siete di un acume sensazionale!

Arturo                           - Troppo buona.

Cheyney                        - Raccontatemi qualcosa di voi. Del vostro passato. So che ci, sono aneddoti di­vertentissimi

Arturo                           - Oh! Dal mio passato, io ho l'im­pressione che debba nascere un avvenire mera­viglioso!

Cheyney                        - Siete enigmatico!

Arturo                           - Capisco soltanto adesso come sa­rebbe stato più bello se avessi amato tutte le donne che ho conosciute...

Cheyney                        - Eppure, a loro, l'avete sempre affermato di amarle...

Arturo                           - So rispettare sempre le forme, io!

Cheyney                        - Bravo!

Arturo                           - Direte di sì ad Elton?

Cheyney                        - Vi sembra che lo dovrei fare?

Arturo                           - Rifiutate?

Cheyney                        - Che cosa ve lo fa supporre?

Arturo                           - Avete chiesto del tempo per ri­flettere!

Cheyney                        - Ma ne sapete più voi di me, a quanto sembra. Su, Arturo, cambiate discorse...

Arturo                           - Vedrete, che finirà che gli direte di no!

Cheyney                        - Perché, poi?

Arturo                           - E' troppo idiota, troppo noioso... Non è possibile!

Cheyney                        - Potete anche sbagliarvi in questi vostri apprezzamenti!

Arturo                           - E' ricco, ha una bellissima posi­zione sociale, non lo nego. Ma non è sufficiente.

Cheyney                        - Ammesso anche che tatto ciò che dite sia vero, voi dimenticate il lato del senti­mento. Potrebbe anche amarmi. E trovate che l'amore di un brav'uomo, anche se non è una aquila, sia da buttar via?

Arturo                           - L’esperienza insegna che sono sem­pre i più meriti farabutti quelli che sono cor­risposti.

Cheyney                        - (ride) Ma perché vi interessa tanto il mio matrimonio con Lord Elton?

Arturo                           - Lo sapete a memoria! Perché anch'io sono innamorato di voi!

Cheyney                        - Simili parole dette da un altro, sarebbero da interpretarsi come una vera e pro­pria offerta di matrimonio...

Arturo                           - Se volete!

Cheyney                        - Per carità, non tate quella fac­cia. Altrimenti finirò di credervi sul serie!

Arturo                           - Dipende da voi. Vi assicuro che lo potete fare...

Cheyney                        - Voi? Voi mi sposereste? Avete quest'intenzione?

Arturo ......................... - Non ho detto proprio questo...

Cheyney                        - Ah!

Arturo                           - Non confondiamo le idee. Per me, il matrimonio è sempre stato la tomba dell'amore. La distruzione volontaria di ogni poesia della vita. Dio mi è testimonio se ho cercato di convincere anche voi dell'importanza di questa sacrosanta verità. Ma voi vi imputate ad essere sorda da quest'orecchio. Di conseguenza, visto che mi piacete tanto...

Cheyney                        - Rettificate: visto che per i vostri occhi io ho tante attrattive, ma purtroppo solo pei vostri occhi...

Arturo                           - Parlate pure, non importa. Piut­tosto che perdervi, sono rassegnata a trovarmi domattina alle undici in quella qualsiasi chiesa che mi direte di preferire...

Cheyney                        - Ma, caro Arturo, siete dunque cotto a tal segno?

Arturo                           - Confesso. Non me lo sarei mai e poi mai immaginato. E' la prima volta che non mi capisco. Quando non sono con voi, sono in­felice. Ma quando sono accanto a voi, forse lo sono ancora di più. Non so vedere che voi, al­lorché mi siete dinanzi. Ma vedo anche e soltanto voi quando siete assente. La vostra voce è la sola che odo. Insomma, è un'ossessione, è una persecuzione, un tormento. E doveva pro­prio capitare a me!

Cheyney                        - (deliziosamente premurosa) Mi piacerebbe assai sposarvi, Arturo! E per tre ragioni.

Arturo                           - Sarebbero?

Cheyney                        - Primo: mi piacete straordinariamente.

Arturo                           - Le altre sono dei pari interessanti?

Cheyney                        - Secondo; perché penso che sarebbe divertentissimo invitare a casa nostra tutte le donne che non avete sposato.

Arturo                           - Terzo?

Cheyney                        - Perché di qui ad un anno mi sentirei come se fossi nuovamente vedova...

Arturo                           - Anche questo è possibile. Ma noni lo sì può accertare se non facendo l'esperienza… (La Cheyney scuote la testa negativamente),

Cheyney                        - Io so troppe cose di voi... E voi sapete troppo poco di me...

Arturo                           - C'è qualche mistero nella vostra vita che io non conosco?

Cheyney                        - Materia per tre volumi stampati fitti fitti...

Arturo                           - C'è qualche ragione speciale che vi impedisce di diventare mia moglie?

Cheyney                        - No.

Cheyney                        - Vi ho già detto che mi piacete immensamente. Ma preferisco a tutto la mia li­bertà.

Arturo                           - Mi consentite un'altra domanda?

Ciieyney                        - Prego...

Arturo                           - (le porge la mano che la Cheyney prende) Siete o non siete la donna che io penso?

Cheyney                        - Si tratta di vedere come è la dolina che voi pensate...

Arturo                           - Cioè... Avete tutte le qualità che un uomo può esigere dalla donna che vuol fare sua moglie?

Cheyney                        - Sì... Ho tutte le qualità che im­maginate...

Arturo                           - Ne ero certo... Siete squisita! (La­scia andare la mano).

Cheyney ___________ - Ora ho davvero mal di testa

Arturo                           - Vedete dell'aspirina?

Cheyney                        - Grazie, no! Fra due minuti vado a letto. Ne ho bisogno.

Arturo                           - Un'altra cosa. Forse una banalità. Non ve ne offendete?

Cheyney                        - Ve la concedo...

Arturo                           - Ora no. Ma... Forse... col tempo?

Cheyney                        - No!

Arturo                           - Amici solamente?

Cheyney                        - Appunto.

Arturo                           - Ho capito. Martedì prossimo, alle corse, farò una formidabile puntata su Centauro della Scuderia Collin.

Cheyney                        - Errore. Puntate invece su Alcione.

Arturo                           - Come fate a sapere?

Cheyney                        - Così; per istinto.

Arturo                           - Punterò su Alcione. Vincente e piazzato. Mi fido di voi (Le prende la mano e la bacia). Siete la prima donna nella quale ho fi­ducia... (Della sala del biliardo entra Giovan­na, ridendo, sguaiatamente) Poverina, le piace tanto bere! (Entra Maria).

Maria                             - Per conto mio, compiango sincera­mente quel giocatore di biliardo, uomo o don­na che abbia ad essere, che sia compagno di Elton!

Cheyney                        - Che è successo?

Maria                             - Infila una bestialità dietro l'altra. E' vero che io sono stata poco cortese con lui. Ho continuato a rifilargli pedate negli stinchi...

Giovanna                      - E lui, impassibile. Pieno di bo­rila anclie quando sbaglia. I suoi sono errori da ammirarsi! Che pezzo d'asino!

Cheyney                        - Tuttavia! A me è simpatico!

Giovanna                      - Non mi congratulo...

Arturo                           - Per punizione vi è venuta l’emicrania, non lo capite?

 Cheyney                       - Oh! Basta che me ne vada a letto e mi passerà. Anzi, voglio andarci subito, che non ne posso più

Maria                             - Anch'io. E' l'unico posto dove nes­suno mi dà ai nervi...

Arturo                           - Avete detto? Niente! Niente!

Maria                             - (alla signora Cheyney, continuando) Vi accompagno, permettete?

Cheyney                        - Figuratevi, grazie! Buona notte... (Esce con Maria).

Giovanna                      - Mi dispiace che non stia bene...

Arturo                           - Sì. Ma lasciate andare! Giovanna, prima di rispondere, pensateci bene... Se io vi chiedessi inmoglie, che cosa direste?

Giovanna                      - In cinque minuti sarei pronta!

Arturo                           - Eh?

Giovanna                      - Anche in quattro.

Arturo                           - Benissimo. E perché?

Giovanna                      - Per un mucchio di motivi

Arturo                           - Perdinci... interessante... Vedo, vedo... (Cammina su e giù, nervosamente).

Giovanna                      - Non mi lasciate. Siete così ca­rino! Dove volete andare?

Arturo                           - A riprendere la mia solita stupi­dissima vita. Di là c'è del wisky, no? Suggeri­temi: che cosa posso dire a Elton per farlo ar­rabbiare?

Giovanna                      - Domandategli in quale camera dorme la signora Cheyney.

Arturo                           - Bene.

Giovanna                      - Ma poi, tornate qui, con me.

Arturo                           - Preparo un cocktail (le baciai le mani) e vengo. Voi siete certo più divertente di

Elton                             - (Esce).

(Entra Roberto da sinistra).

Giovanna                      - Che c'è, Roberto?

Roberto                         - Saprebbe dirmi dov'è andata la si­gnora Cheyney?

Giovanna                      - A letto. Perché? Chi la desidera?

Roberto                         - C'è un telegramma per lei. Carlo, il maggiordomo, ha pensato di consegnarlo, ca­so mai fosse cosa urgente.

Giovanna                      - E' lì di fuori, Carlo?

Roberto                         - Sissignora...

Giovanna                      - Fatelo passare...

Roberto                         - Sissignora...

(Pausa. Roberto è uscito. Giovanna si incipria e si mette in ordine la capigliatura. Rientra Ro­berto seguito da Carlo. Roberto esce. Carlo è senza livrea).

Carlo                             - Buonasera, signora!

Giovanna                      - (fissandolo) Sapete, Carlo, che voi mi togliete ora una terribile curiosità?

Carlo                             - Io, signora? E perché?

Giovanna                      - Da quando vi ho conosciuto non faccio che domandarmi: chissà come sarà, quan­do è vestito in borghese! Ora vi vedo e mi con­gratulo con voi!

Carlo                             - Sarebbe a dire?

Giovanna                      - Siete perfetto. Non. ne dubitavo.

Carlo                             - Il mio padrone che ho lasciato sei mesi fa sarebbe lusingatissimo di sentire elo­giare così gli abiti che mi aveva regalati.

Giovanna                      - Carlo, io sono del parere che l'abito faccia il monaco!

Carlo                             - Però... più di una sposa è rimasta delusa allorché lo sposo si è svestito, e viceversa, mia bella signora! (Giovanna ride).

Giovanna                      - Ogni volta che vi vedo, mi for­nite di qualche motto di spirito da mettere in circolazione il giorno dopo. Grazie.

Carlo                             - Prego. Non c'è di che. La mia pa­drona è già andata a letto?

Giovanna                      - Sì. (Arturo compare dal fondo. Fa per venire avanti quando vede Carlo. Si fer­ma ed ascolta il dialogo che segue) Volevate parlarle?

Carlo                             - Nossignora. Ho un telegramma per lei. So che lo aspettava. Ho creduto opportuno portarglielo subito. Ho pure delle lettere...

Giovanna                      - La mia camera è vicina alla sua. Glie le porto io. (Carlo le dà la posta).

Carlo                             - Tanto meglio, signora, grazie. Buo­na notte

Giovanna                      - Buona notte, Carlo!

Carlo                             - Buona notte, signora! (Si volta e, prima ancora di uscire, sorride ancora a Gio­vanna, Pausa. Arturo, scattando, dà a vedere che finalmente ha riconosciuto Carlo. Giovanna segue Carlo con lo sguardo, sorridendo e salu­tandolo colla mano. Arturo si fa avanti).

Arturo                           - Ve lo avevo promesso? Son ritor­nato per quattro! chiacchiere.

Giovanna                      - Indovinate chi è stato qui, pro­prio adesso!

Arturo                           - Mah!

Giovanna                      - Quel simpaticone di Carlo!

Arturo                           - Carlo? Sarebbe a dire?

Giovanna                      - Sì! Il maggiordomo della signora Cheyney.

Arturo                           - To', To'! E che voleva?

Giovanna                      - Ha portato, che so io, un tele­gramma urgente e dell'altra posta...

Arturo                           - Oh! Guarda!

Giovanna                      - Arturo, permettete una doman­da. E' vero, sì o no, che l'abito fa il monaco? Perché mi hanno dato una risposta spiritosissima...

Arturo                           - Oh, Dio! L'abito può modificare un uomo?..

Giovanna                      - Come?

Arturo                           - Un esempio. Parecchi anni fa, a Montecarlo, nel mia albergo, alloggiava anche un truffatore internazionale. Un bel giorno fu colto ih flagrante. Tutti si misero a dargli la caccia. Non so perché, a me saltò il ticchio di mettermi a correre dalla parte opposta a quella presa dagli inseguitori. Tutti allora si misero alle mie calcagne. In questa maniera il ladro autentica se la potè svignare.

Giovanna                      - Che c'entra tutto questo con la mia domanda?

Arturo                           - Qualche anno dopo ho di nuovo incontrato il mio uomo. Ma era vestito tanto di­versamente che non mi riusciva di riconoscerlo.

Giovanna                      - E' una storia che non ha né ca­po né coda. Avete sonno Arturo. Andate a dor­mire... Me ne vado a letto anch'io. Passando la­scio il telegramma alla signora Cheyney.

Arturo                           - No, usatemi una cortesia. Andate, chiacchierate con lei due minuti. Peli verrò io colla posta ed approfitterò dell'occasione per riaugurarle la buona notte.

Giovanna                      - Ma questa è passione bella e buona, eh? (Fa un bacio ad Arturo) Non ostante lutto sono un'aulica leale. Per quanto sta in me, vi aiuterò. Ma sbrigatevi.

Arturo                           - Non temete...

(Giovanna esce. Arturo guarda il pacco delle lettere ed il telegramma. Si fa serio. Esita. Poi apre il telegramma. Legge. Non ci sono che le parole scritte a mano: « Coraggio cara. Agisci subito. Attendo per le ore 24 ». Evidentemente il telegramma è falso. Si odono voci. Arturo richiude accuratamente il telegramma e rifà il pacco delle lettere. Rientrano la signora Ebley, Mary ed Elton, dalla sala del biliardo. Entra subito dopo anche Willie.

Elton                             - Ancora grazie per la piacevole se­rata. Buona notte!

Signora Ebley               - Avete bisogno di nulla pri­ma di andare a letto?

Elton                             - No, grazie. Buona notte. (Bacia la mano alla padrona di casa, saluta compassata­mente tutti gli altri ed esce).

Mary                             - (tira un respiro) Auff! Che mignat­ta! (Entra la signora Winton).

Signora Winton             - Willie, ritorna di là, a prendermi la mia aranciata. Dunque Arturo, poc'anzi dicevate di essere innamorato. Persi­stete?

Arturo                           - Cara! Per me è un modo come un altro di fare dello spirito.

Signora Ebley               - Ascoltate il consiglio di una buona amica. Sposatevi!

Arturo                           - Volentieri! Seno del vostro pa­rere!

Mary                             - Perché non vi decidete, allora?

Arturo                           - Primo, perché ho ricevuto un ri­fiuto in piena regola; secondo perché me l'ero immaginata un po' diversa...

Signora Winton             - La volpe e l'uva! E' tra­gico! (Entra Willie coll'aranciata).

Willie                            - (porge l'aranciata alla moglie. Que­sta la beve, poi rivolgendosi alla Ebley) Infiniti ringraziamenti, amica mia. Domattina vado in città. Vi incontrerò prima di partire?

Signora Ebley               - Mah! Non so! La prima co­lazione è alle nove.

Willie                            - Potrei averla in camera un po' più presto? Sì? Grazie per la squisita ospitalità.

Signora Winton             - Grazie anche da me, cara, e buona notte. (Willie e sua moglie escono).

Arturo                           - (a Mary che è vicina al camino) Da brava! Salutate la signora Ebley ed andate­vene!

Mary                             - Dite a me?

Arturo                           - Precisamente, carissima.

Mary                             - (alla signora Ebley) Ah! volete re­star sola con lui? Anche voi!

Signora Ebley               - Ma nemmeno per sogno!

Mary                             - Benissimo, ho capito. (La bacia) Buona notte, cara. A proposito. Rimarrò do­mani fin dopo mezzogiorno...

Signora Ebley               - Mi farai un piacerone!

Mary                             - Buona notte, Arturo! Mi raccomando! (Esce. Pausa).

Signora Ebley               - Che c'è di nuovo, Arturo?

Arturo                           - Niente! Forse sono stanco.

Signora Ebley               - E lo dite a me! Anch'io sono affranta...

Arturo                           - Ci avete fatto divertire assai...

Signora Ebley               - Sono contenta che ci foste proprio tutti.

Arturo                           - La nostra buona amica, la signora Cheyney, si è di nuovo prodigata...

Signora Ebley               - Che creatura privilegiata! Dove c'è lei tutto sembra più bello! Le voglio proprio bene.

Arturo                           - E avete ragione. A proposito. Sa­preste dirmi dov'è che Maria l'ha conosciuta la prima volta?

Signora Ebley               - Se non mi sbaglio dev'es­sere stato sulla riviera francese.

Arturo                           - Ah!

Signora Ebley               - Poi, sulla strada del ritorno si son riviste a Parigi, scendendo nello stesso al­bergo, e Maria, appena giunta a Londra, l'ha subito introdotta nella nostra società. Voi già conoscete la smania di Maria.

 Arturo                          - Del resto, ha fatto bene. E Carlo, il maggiordomo, a quel tempo, era già con lei?

Signora Ebley               - Sì, fortunatamente.

Arturo                           - Perché... fortunatamente?

Signora Ebley               - Oh! E' assai curioso. Du­rante il viaggio, a Maria rubarono una quantità di gioielli e si deve a Carlo se ha potuto ricu­perare quelli ai quali teneva di più!

Arturo                           - Guarda! Mi fa piacere saperlo! A proposito di gioielli... (Accennando alle perle della signora Ebley) che magnifico vezzo di perle portate!

Signora Ebley               - Vi pare?

Arturo                           - Straordinario! Passo?

Ebley                             - (si stacca il vezzo e glielo porge) Figuratevi!

Arturo                           - Le avete assicurate?

Signora Ebley               - Per 50.000 sterline.

Arturo                           - Perbacco! E, durante la notte, che ne fate?

Signora Ebley               - Niente! Le depongo sul ta­volino da notte...

Arturo                           - Piacerebbe anche a me dormire con 50.000 sterline accanito.

Signora Ebley               - Non dite sciocchezze, Ar­turo.

Arturo                           - Se ve ne pregassi? Di lasciarmi far l'esperienza?

Signora Ebley               - Siete un po' matte, amico mio. Ma soprattutto siete stanco.

Arturo                           - E se vi domandassi ancora di più? Senza potervi dire, almeno per ora, le ragioni. Acconsentireste?

Signora Ebley               - Vi ho sempre viziato, Ar­turo. Farei tutto il possibile anche questa volta per accontentarvi...

Arturo                           - Mi lascereste passar la notte in camera vostra? Vale a dire, cambiereste, per questa sola notte, la mia colla vostra camera?

Signora Ebley               - Nella camera che vi ho dato rio già dormito anch'io parecchie volte. Cos'è, non vi piace?

Arturo                           - Per questa notte mi piacerebbe più questa... Mi rendereste un grandissimo favole... Mi riservo di spiegarvi poi...

Signora Ebley               - Nota capisco. Mi incuriosite. C'è del mistero in ciò che dite, oppure soltanto un attacco di spregiudicata originalità?

Arturo                           - Amica mia. Sono un egoista senza decoro. Lo so. Ma vi prego di credermi. La mia richiesta è ardita ma è fondata. Altrimenti non ve la farei. Soltanto vi prego di non turbare la vostra fantasia, cercando spiegazioni. Verranno, non temete.

Signora Ebley               - Dunque dite proprio sul se­rio? Vi voglio molto bene, Arturo. Sia pure. Fate ciò che desideriate. Vado io a dormire in camera vostra. Dò subito ordine alla cameriera di provvedere. In cinque minuti tutto sarà in ordine!

Arturo                           - Ma, silenzio con tutti. Gaso mai incontraste ancora qualcuno degli amici, non parlate di questo scambio. Va bene?

Signora Ebley               - Dio! Mi mettete sulle spine. Proprio non volete spiegai imi?

Arturo                           - State tranquilla. Non è uno scher­zo:. Soltanto mi auguro che finisca come uno scherzo! Vi dirò tutto, domani. Mi date la più grande prova di fiducia: lasciatemi le vostre perle...

Signora Ebley               - Cosa dite? Io ho un ladro in casa? Non è possibile!

Arturo                           - Non so nulla. Lasciatemele.

Signora Ebley               - Tenete, a voi, custoditele pure...

Arturo                           - Grazie. Siete un'amica impareg­giabile. Buona notte.

Signora Ebley               - Buona notte. Ma, sono in orgasmo! Se sapeste!

Arturo                           - No, non c'è di che. Dormite senza timore.

Signora Ebley               - Attendete la cameriera colla roba, allora. A demani! (Esce).

Arturo                           - (va all'alcova, cerca gli interruttori della luce elettrica da notte. Va al mobile di si­nistra e ne toglie, per esporli sul tavolino, pa­sticcini, fondants, liquori, ecc. Entra la came­riera con sul braccio sinistro, la vestaglia da notte di Arturo e tenendo colla mano destra la valigia di lui).

Cameriera                      - Mi manda la signora, colla roba.

Arturo                           - (indicando l'alcova) Volete deporre, là? Grazie. (La cameriera eseguisce).

Cameriera                      - Occorre altro, eccellenza?

Arturo                           - No, grazie.

Cameriera                      - Buon riposo, eccellenza.

Arturo                           - Buona notte, cartina! (La camerie­ra esce).

Arturo                           - (va nell'alcova, dopo aver spento le luci. Resta, la sola luce azzurra della veilleuse sul tavolino da notte. Arturo si sveste rapida­mente ed indossa la vestaglia. Viene avanti nella penombra e si mette a sedere sul canapè. Sba­diglia. Accende una sigaretta. All'improvviso sente che la porta scricchiola. D'un balzo si va ad appostare dietro la parta. Tutta questa azio­ne, dall'uscita della cameriera fino all'ingresso della signora Cheyney deve durare quanto basta per rendere verosimile l'avvenimento ultimo, senza annoiare l'uditorio. Non veduta dal pubblico, nella quasi totale oscurità, la signara Cheyney si introduce nella stanza. La porta si richiude dietro di lei. Una pausa. Arturo gira l'interruttore della luce elettrica. La, luce sfol­gora. Arturo chiude la porta a chiave e métte la chiave nella lasca della vestaglia. La signora Cheyney, sorpresa, ha un istante di grave preoc­cupazione).

Arturo                           - (sorride e s'inchina) Avevo il pre­sentimento che sareste venuta!

Cheyney                        - Che intendete dire?

Arturo                           - Vedete? Sigarette. Champagne. Pasticcini... Avrei potuto essere più previdente?

Cheyney                        - Io... Ma io credevo di' entrare nella camera della signora Ebley... Venivo a chiederle un po' di aspirina...

Arturo                           - Invece l'ospite sono io. E mi sento lusingatissimo di tale onore. Ho pensato anche a questo. L'aspirina di cui avete bisogno? Ec­cola... (Si toglie le perle di tasca e glie le porge).

Cheyney                        - Io... io... non capisco. Perché siete in questa camera?

Arturo                           - Ve l'ho già detto. Avevo il presen­timento che voi ci sareste venuta. Siccome mi siete molto cara... ho preferito ricevervi io... Ho persuaso la signora Ebley a far cambio con me, almeno per questa notte...

Cheyney                        - Lasciatemi uscire...

Arturo                           - Prima mi spetta il pagamento della tassa d'ingresso...

Cheyney                        - Vale a dire?

Arturo                           - Lo sapete perfettamente...

Cheyney                        - Aprite omelia porta... (Arturo sorride) Avete capito? Aprite quella porta, ep­pure la butto giù io...

Arturo                           - Accomodatevi... (La donna lo guarda, sorpresa) Del resto, guardate. C'è un campanello, là. Suonate e chiamiate il camerie­re. Vi avverto, però. Quando gli altri sapranno  chi voi siete veramente, avranno e vi dimostre­ranno molto meno simpatia di me... (Pausa. Si guardano fissi in volto) Adesso, spero che sarete convinta se vi ripeto che ho molta simpatia per voi...

Cheyney                        - Forse perché imi avete chiusa in una stanza, sola, con voi? Bella prodezza!

Aktuko                          - In fondo, debbo farvi i miei com­plimenti. Ci avete ingannati tutti alla perfezio­ne. Non vi meritavate che vi guastassi il colpo. (Le mostra le perle).

Cheyney                        - (guarda le perle) Sono belle... (Guarda Arturo) Però...

Arturo                           - Volete dire?

Cheyney                        - La vostra perla è meno bella! Stona!

Arturo                           - Peccato! Guarda un po', che delu­sione! (Pausa).

Cheyney                        - (accende una sigaretta e, tranquil­lissima manda in una boccata di fumo dopo l'altra) Cernie avete fatto" a scoprir tutto, Arturo?

Arturo                           - Semplice! Ho riconosciuto final­mente il vostro... A proposito, che cosa è Carlo per voi? s

Cheyney                        - Il mito maggiordomo...

Arturo                           - Intendo dire... Fuori servizio...

Cheyney                        - Sempre il mio maggiordomo... (Pausa) Come l'avete riconosciuto?

Arturo                           - Ho avuto già un'altra volta la sod­disfazione di salvarlo dalla galera...

Cheyney                        - Perché noni ripetete il bel gesto?

Arturo                           - Perché una persona di spirito non fa due volte la .stessa cosa.

Cheyney                        - Nulla da obiettare!

Arturo                           - E, tanto per saperlo, dov'è Carlo in questo momento?

Cheyney                        - Sotto quella finestra. Ha un'emi­crania terribile. Aspetta che gli butti giù l'aspi­rina...

Arturo                           - (ride) Vedo... Scusate se sono in­discreto. Siete sua moglie?

Cheyney                        - Nemmeno per sogno. Siamo esclu­sivamente soci in affari. Deliziosa questa siga­retta! (fuma).

Arturo                           - Ve ne farò omaggio di una sca­tola...

Cheyney                        - Siete molto cortese. Vi darò il mio indirizzo... quando lo saprò...

Arturo                           - Perché? Avete l'intenzione di cambiar casa?

Cheyney                        - Ho il leggero sospetto che voi mi renderete difficile la permanenza nell'at­tuale...

Arturo                           - Io? No!

Cheyney                        - Però pensate, senza dirlo, che debba aumentare considerevolmente il canone dovuto...

Arturo                           - Evidente! Quando si tiene molto ad una cosa, si è sempre disposti a pagarla come si conviene...

Cheyney                        - Come si conviene, d'accordo. Ma non suppongo che varrebbe il prezzo che voi chiedereste...

Aturo                            - Chiedereste... Finora non ho chie­sto niente. Infatti...

Cheyney                        - Proprio?

Arturo                           - Vi confesso che ho sempre deside­rato di passare una serata con voi soda, così... Vi ho anche offerto di sposarvi.

Cheyney                        - Non dimenticate, prego). Ho ri­fiutato...

Arturo                           - Lo so. Ma probabilmente avrete cambiato, almeno sotto certi aspetti, la vostra maniera di pensare...

Cheyney                        - Sarebbe a dire? Se io accettassi di rimaner qui con voi, questa notte, chiudere­ste la bocca?

Arturo                           - Non fiaterei... Parola...

Cheyney                        - E se non accetto? Direte?

Arturo                           - Niente lo stessei. Ma vi troveranno qui domattina...

Cheyney                        - E' un modo originale di punire i furfanti. Non lo poteva escogitare altri che una canaglia... (Ride).

Arturo                           - D'accordo. Vi diverte?

Cheyney                        - Immensamente. Vi è qualcosa di piacevole nell'essere chiusa a chiave in una stan­za, con un bell'uomo, amiche contro nostra Volontà...

Arturo                           - Non dite così. Ho chiuso solo per impedire a qualche indiscreto di entrare...

Cheyney                        - (ironica) Ben trovata. Sapete che differenza c'è fra Carlo e voi?

Arturo                           - Davvero, no.

Cheyney                        - Carlo ruba con delicatezza, voi, con prepotenza...

Arturo                           - Avete torto. Io mi comporto nel modo più squisito...

Cheyney                        - Permettete che mandi un messag­gio a Carlo?

Arturo                           - Come?

Cheyney                        - Avrà visto la luce. Crederà che la signora Ebley si sia nuovamente alzata. Sarà in pena e desidererà di sapere se è andate tutto bene, oppure se sono stata scoperta... Dal modo come disporrò le tende, capirà. E' il segnale convenuto...

Arturo                           - E che gli farete sapere?

Cheyney                        - Che... Che tutto è andato bene... Anche senza aspirina. (Va verso la tenda e la tira completamente') Ecco fatto. Adesso se ne andrà a dormire tranquillo. E noi, avanti, siamo pure allegri...

Arturo                           - Ottima idea... (Va verso 'la tavola e fa per stufare una bottiglia).

Cheyney                        - Non fate saltare il tappo. Mi rac­comando. Lo si potrebbe credere un colpo di rivoltella. Elton pel primo si precipiterebbe in camelia per difenderei1...

Arturo                           - Ora potete dirmelo: vedete bene ad Elton?

Cheyney                        - Se cosi fosse avrei già sonato il campanello... avrei confessato l'esser mio... vi avrei impigliato in uno scandalo poco simpatico per voi... La gente è così credula e la vostra ri­putazione è tanto compromessa!

Arturo                           - Siete maestra di trucchi. Volete trovare la maniera di farmi aprire quella porta. E dopo? Dopo sarete la prima a ridere alle mie spalle. Sono dolentissimo... ma capite anche voi che è impossibile...

Cheyney                        - Però, dimenticate. Quando ho ri­fiutato di sposarvi non fu un trucco. Ho com­piuto soltanto una buona azione.

Arturo                           - Vi è mancato semplicemente il co­raggio di accettare, ecco tutto.

Cheyney                        - Ed ho avuto troppo coraggio nel rifiutare. Ma, a parte tutto questo. Che cosa vi autorizza a credere che io abbia fatto le cose... che voi supponete...

Arturo                           - Al vostro posto non direi tante sciocchezze.

Cheyney                        - Pagherei non so che cosa se po­tessi darvene la prova...

Arturo                           - Troppo difficile.

Cheyney                        - (prende il bicchiere e vi guarda den­tro) E' ancora pieno, per fortuna...

Arturo                           - Perché, per fortuna…..

 Cheyney                       - Ecco perché... (Gli getta in viso lo champagne).

Arturo                           - (ha un moto di furore, ma si dominasubito) E questo, che cosa significa?

Cheyney                        - Significa che se anche non credete che io non l'ho mai fatto prima, dovete convincervi almeno che non lo farò oggi... A nessun costo...

Arturo                           - (rabbioso) Sta bene. Come vi aggrada.

Cheyney                        - Suonate il campanello e dite alla signora Ebley chi sono. Oppure, apritemi la porta e lasciatemi andare...

Arturo                           - No. Né l'una cosa, né l'altra.

Cheyney                        - Volete trattenermi a forza?

Arturo                           - Sì.

Cheyney                        - Sì? Allora preferisco le mille vol­te che tutti sappiano chi sono, piuttosto che voi possiate credermi...

Arturo                           - No! Nemmeno per tutto l'oro del mondo... (La signora Cheyney si avvicina al campanello) Che commedia mi combinate? Vo­lete darmi ad intendere che suonerete il cam­panello?

Cheyney                        - Sta in voi decidere...

Arturo                           - Calmatevi, cara. Vedete me, come sono tranquillo!

Cheyney                        - Per l'ultima volta, aprite! (Ar­turo ride).

Arturo                           - Per l'ultima volta, siamo ragione­voli. Sul serio preferite di passare cinque anni in galera, piuttosto che  una notte con me?

Cheyney                        - Sì. Piuttosto cinque anni di galera che una notte con voi! (Arturo ride) Ah! così? Benissimo! Sentite! (Suona violentemente il campanello).

Arturo                           - (che si era recato sul letto, tenendo aperte le cortine dell'alcova, dà un balzo) Dio Santo! Capite la gravità di ciò che avete fatto?

Cheyney                        - Perfettamente...

Arturo                           - Ma perché, perché?

Cheyney                        - In questo modo direte la verità, mia soltanto la verità sul conto mio!

Arturo                           - Ma voi siete pazza! (Bussano alla porta in fondo).

Roberto                         - Sono io, Roberto, signora. Ha co­mandi?

Arturo                           - (alla signora Cheyney) Sssst!

Cheyney                        - Perché?

Arturo                           - (fa l'atto di spingerla nell'alcova) Entrate là, finché mi libero di lui...

Cheyney                        - (divincolandosi) Grazie tante. Ma non ci tengo affatto ad essere scoperta in fondo a un'alcova...

Roberto                         - (dal di fuori) Signora! Signora!

Arturo                           - Non fate pazzie, siate cagionevole. Nascondetevi là, ve ne scongiuro...

Cheyney                        - Se volete andateci voi. Io resto ed apro... Datemi la chiave.

Signora Ebley               - (dal di fuori) Che è suc­cedo? Arturo?! Arturo! Aprite!

Arturo                           - Non è niente, cara amica. Andate, andate in camera vostra. Vi raggiungo subito e vi spiegherò...

Ebley                             - Insomma! Aprite una buona volta, che diamine!

Cheyney                        - E' una donna che possiede trop­pa esperienza, per netti avere dei sospetti.

Ebley                             - Oh! Lord Elton, anche voi qui (Sempre dal di fuori),

Arturo                           - Pazza, pazza che non siete altro! Ma non capite che succederà se vi trovano qui?

Cheyney                        - Lo capisco perfettamente. Lo ca­pivo anche prima di entrare. Per altre ragioni... forse... ma lo capivo. Perché indugiate ad apri­re? Non avete nulla da perdere, voli. Tutt'al più ne guadagnerà la vostra reputazione. L'uo­mo, l'eroe che mi ha sorpresa sul fatto! Se tre­mate, date la chiave a me... (Arturo la guarda stupefatto).

Elton                             - (dal di fuori) Ma insomma, Dilling! Aprite la porta! (Arturo si avvicina alla porta e l'apre. Entrano Elton e la signora Ebley).

Ebley                             - Adesso mi spiegherete...

Elton                             - Dio mio... Voi... qui...

Cheyney                        - Signora Ebley, lord Elton, lord Dilling ha qualcosa da raccontarvi...

Ebley                             - Dunque, Arturo, che c'è?... (Arturo tace).

Elton                             - Siete diventato sondo.

Cheyney                        - Se preferite, posso raccontare io.

Ebley                             - Ma, Arturo;! Capirete... la situazio­ne è strana assai... Io ho il diritto... (La Chey­ney sta per parlare, quando Arturo la previene).

Arturo                           - Ecco... Vi dirò... Io... io... ho at­tirato con un pretesto la signora Cheyney in questa stanza ed ora, alla vostra presenza, chie­do scusa di essermi comportato come uno sciocco...

Elton                             - Uno sciocco? Vi sbagliate! Voi siete la creatura più abietta che io mi conosca!

Ebley                             - Io sono sbalordita, Arturo! Non vi avrei mai creduto capace di una simile azione... Ora capisco la vostra insistenza per la stanza, capisco tutto! Vergogna!

Elton                             - Io, al contrario, non mi stupisco. Lo credo capace di peggio. (Alla Cheyney) Se vi ricordate, cara, nella mia lettera, vi ho. già detto che razza di uomo è costui...

Ebley                             - (abbraccia la signora Cheyney) Siete stata vittima di un trucco. Ed io, senza volerlo ho contribuito a prepararlo. Non saprò mai dar­mene pace.

Elton                             - Dilling. Fra noi due è finita per sempre. Non vi considero più un gentiluomo. Spero e credo che ogni persona per bene mi vorrà imitare...

Cheyney                        - Tutti... Fuorché la compagnia di assicurazione contro i furti. Questa gli erigerà un monumento.

Ebley                             - Che intendete dire? (La signora Cheyney si avvicina ad Arturo e prima che egli possa impedirglielo gli toglie dalla tasca della vestaglia il vezzo di perle. Ritorna presso la si­gnora Ebley).

Elton                             - Non capisco...

Cheyney                        - (mostrando le perle) Mi piace­vano tanto! (Una pausa imbarazzante. Tutti si guardano, interrogandosi),

Elton                             - Gran Dio! Signora! Volete farci cre­dere che eravate venuta qui per... (La signora Cheyney fa un cenno affermativo) Ma qui c'è un equivoco... Uno stupido equivoco!

Cheyney                        - No. Assolutamente no.

Ebley                             - Voi! Possibile? Basta, basta... Non palliamo... A domani... Spiegheremo tutto... Ma via... via di qui... Uscite, per favore.,. (La Cheyney esita. Vorrebbe dire qualche cosa, ma poi si allontana lentamente).

Elton                             - Ma è una cosa orribile!

Ebley                             - Non ci posso credere, no, no!

Elton                             - Lei... Proprio lei... Una ladra? Non ci sbagliamo di grosso? (Arturo, desolato, scuo­te il capo).

Arturo                           - (prendendo sotto braccio la signora Ebley) Avete capito, adesso? Date retta a me. Ritornate in camera vostra. State calma e cer­cate di dormire. Domani poi si deciderà a mente fredda sul da farsi...

Ebley                             - Povero caro. Perdonatemi! Credo che abbiate ragione. Già, voi avete sempre ra­gione. Buona notte... e buon giorno... sì... quel­lo che è... (La signora Ebley esce).

Arturo                           - (ad Elton) L'amavate, Elton?

Elton                             - Se l'amavo! L'ho chiesta in moglie!

Arturo                           - Anch'io, del resto. Mi dispiace di non potervi offrire da bere! To'! sbaglio. Ce n'è ancora. (Versa due bicchieri di champagne) Su! Allegri! Alla salute della nostra fidanzata!

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Una stanza con loggiato in casa della signora Ebley. La mattina dopo.

Signora Ebley               - (è seduta su una poltrona).

Maria                             - (è seduta su una sedia).

Ebley                             - Non imi raccapezzo pia! sono semplicemente sbalordita. E voi, Elton,  che ne pen­sate?

Elton                             - Che è enorme, mostruoso. C'è da uscirne imbecilliti!

Maria                             - Siamo tutti nelle medesime condi­zioni. Ma finite di ciondolare. Sedete anche voi. Così facendo vi stancate e ci fate venire il capo­giro.

Elton                             - Cose dell'altro mondo. Non me la posso immaginare! Guai! Guai! No, no, non c'è da crederci, nonostante tutto!

Maria                             - Ci sono dei milioni di belle donne a questo mondo. Nossignore, voi e lord Dilling ne avete scelta una. Doveva esserle una ladra! Bell'affare! (Una breve pausa).

Ebley                             - Ertoli, l'amavate proprio inclito?

Elton                             - Sì, sì... cioè... no, no! Come si fa ad amare una donna di quel genere?

Maria                             - Certo. D'accordo. Però, come ha saputo fare, come ha saputo insinuarsi! Ora chi ci fa una bella figura sono io! Come sono stata stupida, santo Dio! Ma chi poteva prevedere una cosa simile? Non soltanto l'ho portata alle stel­le, ma per giunta l'ho introdotta presso tutte le mie conoscenze!

Elton                             - Abbiamo di che vergognarci. Siamo stati presi nella più ignobile delle trappole. (Da un pugno sulla tavola) Ma, ora mi domando. Co­sa faremo di lei? Che decidiamo?

Maria                             - Una parola! Anzitutto fatemi la gentilezza di non lasciarvi vedere così alterato. An­che i miei nervi non ne possono più.

Elton _                          - Oh! Mi dispiace! Vi domando per­dono.

Signora Ebley               - Stanotte non mi è riuscito di chiudere occhio. Per ore ed ore ho riflettuto. Che ci resta a fare? Per quanto riguarda il suo compare, Carlo, il maggiordomo, non ci deve preoccupare affatto. Non c'è ragione al mondo di aver riguardi con lui. E' venuto stamane all'alba e si è lasciato prendere senza opporre re­sistenza. Ma lei, la donna, la nostra... amica!

Elton                             - No! No! Come sarebbe possibile? (Si alza e si accosta alla tavola del tè).

Maria                             - Secondo me, si dovrebbe procedere a questo modo. L'uomo... farlo arrestare, su­bito. In quanto a lei... facoltà di scegliere: o andare a fargli compagnia od imbarcarsi sul pri­mo vapore in partenza per l'Australia. Son con­vinta che preferirà le mille volte partire: così almeno ce ne saremo liberati per sempre....

Signora Ebley               - Son così rabbiosa che, per conto mio, la farei portare in prigione senza al­cuno scrupolo.

Elton                             - Adagio. Ragioniamo. (Si siede) Vi piego di considerare la mia posizione tutt'altro che piacevole in tutta questa faccenda. Sono pre­sidente di un ospedale, consigliere della Società di salvataggio dei naufraghi, segretario della Unione per la protezione delle donne traviate... sindaco di una Banca... Aggiungete un'altra de­cina di cariche pubbliche che rivesto. E fate le vostre deduzioni!

Signora Ebley               - Lo sappiamo... lo sappiamo e comprendiamo bene

Elton                             - Un uomo che collabora attivamente alle polemiche giornalistiche riguardanti la ri­forma morale e religiosa! Se si sparge la voce che ho chiesto in moglie una donna come quella, dite voi che razza di credito mi si potrà ancora conseguire! Sarebbe la rovina della mia vita pub­blica!

Maria                             - Voi direte che l'avete fatto come con­sigliere della Società pel salvataggio dei naufraghi...

Elton                             - E' così, non lo nego...

Signora Ebley               - Dopo tutto, Elton, verba vo­lant! Parole, parole soltanto! Voi potrete smen­tire di aver chiesto la sua mano!

Elton                             - Ecco il guaio! Il guaio tenibile è appunto qui. Non lo potrò mai fare! (Pausa).

Maria                             - Perché mai?

Elton                             - Ero senza esperienza... ho agito in buona fede. A parlargliene, non osavo. Le ho fatto la mia proposta idi matrimonio per iscritto!

Signora Ebley               - Dio, che impiccio! State fresco, ora!

Maria                             - Amico mio, è grossa davvero! Che Imprudenza, che sbadataggine. Speriamo non vi abbia a costar cara!

Elton                             - Una lettera piena di sentimento, di promesse affettuose... ci avevo messo dei giorni a pensarla ed a scriverla... (Si siede di nuovo). Quel canzonatore di Dilling sostiene che per la sola riduzione cinematografica della mia epistola ci sarebbero da cavare mille sterline di diritti d'autore... (La signora Ebley ride).

Maria                             - Non c'è troppo da ridere... E' spa­ventoso! Povero il mio Elton. Me ne duole per voi....

Signora Ebley               - (trattenendo una risata) Cer­io, certo. Una bella'noia, santo Dio!

Elton                             - E non basta... non basta. Devo dirvi un'altra cosa... Devo essere sincero. Seccherà an­cora più a voi che a me... Forse, dopo, riterrete necessario rompere i nostri buoni rapporti... Pa­zienza... Ma ritengo opportuno non tacervi nul­la... (Pausa). In quella lettera io scrissi anche... la mia opinione personale su tutti voi... (Le due signore lo guardano incuriosite e timorose).

Maria                             - Che cos'è che avete scritto? La vo­stra?...

Signora Ebley               - Sta a vedere che vi sarete permesso di scrivere qualche apprezzamento of­fensivo sul conto mio!

Elton                             - Ero seriamente deciso a sposarla. Ciò premesso, poiché lei non è inglese, ma austra­liana, mi ero creduto in dovere di indicarle le persone che desideravo frequentassero la nostra casa e quelle che invece ritenevo sia scaricare in avvenire...

Maria                             - E noi... noi facevamo parte dell’ultima categoria....

Elton                             - (confuso) Purtroppo, sì!

Signora Ebley               - To'! Guarda, guarda! Che gentiluomo! Congratulazioni!

Maria                             - (seccamente) Mi domando che cosa state a fare qui, adesso... Non è più il vostro posto...

Elton                             - (porgendo la sua tazza per avere ancora del tè) Disgraziatamente, lo capisco. Sono le stesse parole che ho scritto nella lettera. (La si­gnora Ebley, indulgente, gli versa il tè, met­tendo nella tazza parecchie zollette di zucchero). No, no, senza zucchero. Spiegavo alla Cheyney, appunto, che prima di allora mi evo guardato bene dal frequentarvi e che se venivo in casa vo­stra, gli era perché avevo lo scopo di incontrarmi con lei....

Signora Ebley               - Ed avete anche il coraggio di dirlo così sfacciatamente. Ed io quello di star­vi a sentire! E' fantastico ciò che succede.

Elton                             - Credo mio dovere di parlare senza omettere nulla. E, ve lo giuro, sono dolentissi­mo. Potete essere convinta che se avessi mai po­tuto immaginare le conseguenze del mio atto; non avrei scritto quella lettera -

Signora Ebley               - Tacete. Ormai vi si può cre­dere capace di tutto...

Maria                             - Invece di fare il presidente di un ospedale, vi dovreste semplicemente far ricove­rale nel reparto incurabili...

Signora Ebley               - Oh! E lord Arturo Dilling ha visto la lettera? Ne sa qualche cosa?

Elton ______________ - (sempre come un cane bastonato) Questa notte siamo stati ambedue alzati. Abbia­ mo fatto un gran discorrere. Per fortuna, come è costume degli uomini d'affari, ne avevo tenuto copia. (Tira fuori di tasca la lettera) Glie l'ho fatta leggere. Potete farlo anche voi. So benissi­mo che vi darà un grande pena. Oramai son pre­parato a tutto. E' la mia espiazione

Signora Ebley               - Io? Io? Non voglio leggere niente!

Elton                             - E' necessario, signora. Per farvi un concetto... Leggete. Comprenderete come sia im­barazzante la posizione di noi tutti di fronte a quest’ avventuriera!

Signora Ebley               - (legge e poi si alza scandolezzata) E' inaudito. Come vi siete permesso! E’ una cosa che decisamente vi disonora! Non siete degno del nome che portate. Vergogna! Vergo­gna! Una lettera di questo genere! E' obbro­briosa!

Elton                             - Ah, lo so, lo so. E chi andava ad im­maginare che lei... fosse una donna di quel ge­nere!

Signora Ebley               - (sedendosi) E voi vi potete figurare in che posizione mi vengo a trovare io, di fronte al nostro mondo, di fronte all'opinione pubblica, se quella sciagurata mostra il vostro scritto? E' il ridicolo, è la liquidazione di ogni dignità, son le porte di ogni casa chiuse davanti al mio viso! E' la fine! Voi, voi, miserabile!

Elton                             - E' poco, è poco. Mi merito tutto. Dilling stesso mi diceva che se lui avesse in mano quella lettera.. Cioè che se lui... si trovasse nei panni di lei... se lui fosse lui... quella donna... sì, mi capite?... non la darebbe, non se ne pri­verebbe nemmeno per 25.000 sterline. Ecco, perché dicevo: la situazione non potrebbe essere più infame...

Signora Ebley               - Ah, solo per le 25.000 ster­line! (Prende la lettera).

Maria                             - E di me che cosa ci sta scritto in quel libello?

Elton                             - Nulla di buono, lo confesso. (Indica il punto, sulla pagina aperta) Eccovi le frasi in­consulte che ho scritto sul vostro conto.

Maria                             - (legge, scatta, inviperita) A me! A me! E' una bassezza senza nome! Mio Dio! So­no una donna perduta!

Elton                             - No, no. Adesso esagerate un po'. Ho scritto soltanto che...

Maria                             - Che in ogni caso è consigliabile evi­tare la mia compagnia... che io... Oh!... Se qual­cuno vede questa lettera, io sono rovinata!

Elton                             - Appunto per questo ho creduto bene di mostrarvela!

Signora Ebley               - Non c'è che una cosa da fare: riavere l'originale... a qualunque costo... e senza indugio...

Elton                             - Ma la Cheyney si rifiuta a restituir­mela!

Maria                             - To'! Bella novità! E' naturale. Mica stupida! Chiunque, al suo posto. E' una cam­biale firmata in bianco. Impone lei la somma che le garba!

Elton                             - Sono andato di persona da lei. Le ho detto che ero disposto a perdonarle tutto, tut­to. Purché mi restituisse la lettera...

Maria                             - E lei?

Elton                             - Ha detto che la porterà con se in Tribunale.

Maria                             - In Tribunale? Elton, tenetevelo per detto! In questo momento posso anche rivolger­vi la parola... Ma dopo... se dovesse accadere una cosa simile... non mi guarderete più in viso e mi farete un favore...

Signora Ebley               - Tale e quale anche per me!

Elton                             - Nulla di più giusto. Mi inchino...

Maria                             - Per l'amor di Dio, ora smettetela di darvi l'aria di vittima!

Elton                             - Vi capisco e non mi formalizzo, perché avete i nervi scossi!

Maria                             - Io, i nervi scossi? Dite addirittura che mi sento- mille furie in corpo. Se potessi far­vi a pezzi!

Elton                             - Tutto si svolge esattamente secondo le previsioni di Dilling.

Maria                             - Io ho sempre pensato che voi non sareste mai capace di fare qualcosa di buono, a E se fossi stata vostra madre l'avrei capito fin dal giorno della vostra nascita!

Signora Ebley               - E' il colmo! C'è una donna che si merita né più né meno della galera. Nossignore! Non solo dovremo non farla andare in prigione, ma inginocchiarci davanti a lei, implorando che accetti qualche migliaio di sterline.

(Entra Willie dal centro e si dirige verso Elton).

Willie                            - (evidentemente fa fatica per dominar­si) Appunto, Lord Elton! E' vero ciò che dice il mio amico Lord Dilling? Che vi siete permesso di scrivere sul conto di mia moglie che...

Elton                             - Vi chiedo scusa, Winton, vi chiedo scusa, umilmente. Ma vi devo dire, anche a voi, la verità, intera. Sì, ho scritto che vostra moglie preferisce andare con chiunque piuttosto che con suo marito. E, sebbene io capisca questo conte­gno di vostra moglie, non lo posso approvare... Nient'altro che questo...

Willie                            - (scattando, incapace di controllare il suo temperamento) Nient'altro che questo? Willie? E non vi basta? Siete un mentitore! Ket­ty preferisce me a chiunque altro!

Elton                             - Sarà benissimo, ma vostra moglie non lo dimostra.

Willie                            - Willy. Mi limito a dirvi che siete fortunato. Poiché, in fondo, non si tratta che di un pettegolezzo da femminucce. Altrimenti la cosa sarebbe finita a legnate...

Maria                             - Come sarebbe giusto che finisse...

(Entra Giovanna dal centro).

Giovanna                      - (ad Elton, con fare sardonico) Ca­rino davvero, il nostro Lord! Ah! Già! Sapete chi sono io? Una specie di facchino di porto! La ragazza più volgare di tutte le contee inglesi. Non posso aprire la bocca senza dire oscenità. La signora Cheyney, fiore delicato dei giardini d'amore, farebbe bene a tenersi al largo da me. Faccio parte di quel gruppetto di deficienti chi suscita l'ilarità di tutta Londra! ! E via di questo passo! Carino, carino assai! Buffone! Rimbecil­lito! Datemi un wisky!

Maria                             - State tranquilla, se sapeste! Tutto ciò è rose e fiori, in confronto a ciò che ha detto di noi!

(Mary entra dalla porta laterale).

Mary                             - Buon giorno a tutti. Vi saluto, caro Elton!

Elton                             - Buon giorno, Mary.

Maria                             - Ci state pure voi nella lettera?

Mary                             - Sì. Sì. Lo so! me l'ha detto!

Maria                             - E cosa sareste voi, si può sapere?

Mary                             - Una donna come si deve. Non è vero, Elton?

(La signora Ebley si alza, versa il tè per Mary e glielo porge).

Elton                             - Infatti, è appunto quel che ho scrit­to e quel che ho sempre pensato.

Mary                             - Grazie, Elton! (Siede sulla sedia di Elton).

Elton                             - Non mi perdonerò mai e poi mai!

Willie                            - Andate a farvi benedire!

Giovanna                      - Altro che benedire! So io dove vorrei mandarlo!

(Entra Arturo da destra).

Arturo                           - Buon giorno, signori!

Maria                             - Voi, che cosa siete?

Arturo                           - Ah! Io? Ho l'onore di essere una delle più ignoranti canaglie dell'orbe terracqueo.

Signora Ebley               - Arturo, Arturo, che pastic­cio! In che stato siamo ridotti, per colpa di co­stui!

Arturo                           - Infatti. Da quell'ottimista che so­no, mi sembra che peggio di così non la potreb­be andare!

Maria                             - Cosa faremo di quella donna?

Arturo                           - Siate più precisa, se possibile. Cosa di noi quella donna?

Maria                             - Maledetto! (Prende la lettera e la getta ad Elton) To', prendete il vostro capola­voro!

Arturo                           - Calma, calma. Non si uccide un uomo semimorto!

(Entra Roberto da sinistra).

Roberto                         - (a Willie) Permettete una parola, signor Winton.

Willie                            - Dite, che c'è?

Roberto                         - Mi manda la cameriera di vostra moglie per dirvi che la sua padrona è stata presa la un convulso di risa e non la smette più.

Arturo                           - Beata lei!

Willie                            - No, Arturo, non fatevi giuoco di mia moglie. Probabilmente sarà presa da un at­tacco isterico. Poverina! (A Roberto) Dite alla cameriera di provare con impacchi di ghiaccio.

Arturo                           - E vada pel ghiaccio.

Signora Ebley               - Torniamo a noi. Non avete una via d'uscita da indicarci, caro Dilling?

Arturo                           - Certamente. Delle due una: O si agisce da perfetti inglesi e ci rivolgiamo alla po­lizia per fare ammanettare lei e il suo Carlo... Signora Ebley, Maria,

Elton                             - (insieme) Per carità, no!

Signora Ebley               - Anzi bisogna evitare che va­da in prigione, se no consegna la lettera.

Arturo                           - Sia pure. Allora ci si affida alla sua misericordia e si compera la lettera...

 Willie                           - Naturalmente chi paga è Elton...

Arturo                           - Tutti d'accordo?

Tutti                              - Sì.

Arturo                           - Approvato all'unanimità. Devo fis­sare io il prezzo, oppure volete fare voi, Elton?

Elton                             - Badate che non sono ricco, Dilling.

Arturo                           - Non esageriamo Non mi verrete mica a raccontare che siete uno spiantato!

Maria                             - Comunque non le si deve mettere nelle mani manco un soldo, se non nel momento in cui sia già imbarcata per l'Australia.

Arturo                           - E perché?

Maria                             - Fintantoché rimane in Inghilterra è per noi un pericolo non indifferente.

Arturo                           - Anche questo è vero.

Elton                             - Posso esprimere un mio parere?

Arturo                           - Chi paga ha sempre diritto di par­lare.

Elton                             - Secondo me dovremmo fingere in modo da farle credere che della lettera non ce ne importa affatto. Noi le offriremo il viaggio per l'Australia ed in quanto alla restituzione del­la lettera parleremo soltanto in ultimo.

Maria                             - Non potreste fare a meno di dimo­strarvi sempre così idiota? E voi credete che ac­cetterebbe?

Elton                             - Mi pare... Se la minacceremo di consegnarla alla polizia!

Arturo                           - In altre parole la si vuol bluffare, farla cadere in un tranello. Per conto mio, la let­tera può tenersela. Non mi fa né caldo né freddo.

Signora Ebley               - Ma a noi, no!

Elton                             - Se sarà il caso, io dichiarerò che non mi sono mai sognato di pensare una parola di quanto ho scritto...

Maria                             - Questo è il meno che potete fare.

Signora Ebley               - Si salverebbe un tantino la nostra dignità...

Arturo                           - Dunque, in quanto alla Cheyney, bisogna farle tirar fuori la lettera in qualunque modo, magari con la minaccia della prigione!

Maria                             - Sicuro. Mi sembra che così... andreb­be bene...

Signora Ebley               - Mostriamoci risoluti. Le fa­remo impressione...

Willie                            - Un'idèa! Se mandassimo a chiama­re un poliziotto in divisa ed in qualche modo glie Io facessimo vedere? Non ci sarebbe bisogno di avvertire il poliziotto del perché l'abbiamo fatto venire...

Ebley                             - Eccellente! Che ne pensate, Arturo?

Arturo                           - Sì, facciamolo pure.

Elton                             - L'essenziale si è che capisca che sia­mo gente colla quale non si scherza.

Arturo                           - Allora, si chiama il poliziotto?

Tutti                              - Sì, bene! (Alzano tutti la mano) Willie, telefonate alla sezione di polizia.

Willie                            - Vado. Ma che scusa devo inventare?

Elton                             - La verità, sempre.

Willie                            - Sì, va bene! Ma se voi siete ram­mollito, noi abbiamo la testa sul collo.

Giovanna                      - Bravo, Willie, non ti avrei cre­duto mai capace di tanto!

Maria                             - (irritata) Ditegli che abbiamo dei sospetti sull'onestà di uno dei domestici. Tanto, Roberto non lo verrà mai a sapere...

Willie                            - Ottimamente! (esce correndo).

Arturo                           -  Ritorniamo dunque alla proposta da farsi direttamente alla Cheyney. Devo parlare io, oppure Elton?...

Giovanna                      - Non ne abbiamo ancora abbastan­za delle cantonate di Elton?

Maria                             - Pare anche a me!

Arturo                           - Ben, siete d'accordo che parli io, Elton?

Elton                             - Sì! Sì!

Arturo                           - Oh! Bene. Vi esorto dunque a star tranquilli. Per favore, suonate il campanello.

                                      - (Rientra Willie).

Willie                            - Tutto per il meglio. Viene l'ispetto­re in persona.

Arturo                           - Magnifico! (Entra Roberto) Avver­tite la signora Cheyney che l'attendiamo qui. Se vuol avere la compiacenza di scendere...

Roberto                         - Subito, eccellenza,(Fa per uscire).

Maria                             - (sottovoce ad Arturo) E pel compare, per Carlo, che si fa?

Arturo                           - Ah, già, è vero. (A Roberto) Ro­berto!?

Roberto                         - Eccellenza?

Arturo                           - Dite anche a Carlo che dovrei par. largii un momento. Credo che sia giù, alla porta.

Willie                            - Tanto la signora Cheyney che Carlo sono in biblioteca. Vado io. (Esce).

Mary                             - Permettete che me ne vada anch'io? Non posso assistere!

Elton                             - Siate risoluto, Dilling. Nessuna pietà.

Signora Ebley               - E' terribile. Non posso pen­sarci senza un brivido. Dovremmo essere noi ad accusarla e siamo noi, in fondo, che ci rimettia­mo alla sua indulgenza! Inaudito!

Arturo                           - State quieta. Ssst!

                                      - (Entrano dalla porta della biblioteca la si­gnora Cheyney e Carlo. La signora Cheyney si avanza e guarda fisso Arturo).

Signora Cheyney          - Sono colpevole!

Maria                             - Meno male che lo riconoscete!

Arturo                           - Silenzio! (Alla Cheyney) Prego, prendete una sedia, acconnodatevi.

                                      - (Elton si alza ed offre la sua sedia alla Signo­ra Cheyney).

Signora Cheyney          - Oh! Grazie! (Si siede).

Arturo                           - Accomodatevi anche voi, Carlo.

Carlo                             - No, grazie, Dilling!

Elton                             - Dilling! Lo chiama per nome! Glie sfacciato!

Carlo                             - Vi sembra proprio, Elton?

Elton                             - (sbuffante) Questo oltrepassa ogni...

Arturo                           - Ma no, ma no! Va benissimo!

Signora Cheyney          - Ci avete mandati a chia­mare? Naturalmente me lo aspettavo.

Arturo                           - Sicuro, signora Cheyney. Mi per­mettete di tralasciare ogni preambolo inutile? Così, senza complimenti? Ecco la situazione. Voi riconoscete francamente di aver accettato l’invito della signora Ebley all'unico scopo di venire qui e di impossessarvi delle perle di cui essa è proprietaria?

Signora Cheyney          - Non è detto che dovessero essere proprio le perle. Qualunque altro oggetto di valore mi fosse venuto a portata di mano.

Arturo                           - Più sinceri di così!... Sapete che la pena per questi reati è grave assai?

Maria                             - Gravissima.

Cheyney                        - Carlo ed io abbiamo già fatto i nostri calcoli. Con un po' di fortuna crediamo di cavarcela con un tre anni di reclusione.

Arturo                           - Precisamente. Ora, noi tutti vor­remo evitare una cosa simile. Soprattutto lord Elton è afflitto dall'idea di dover trattare con tanto rigore colei che ha creduto di chiedere in moglie...

Signora Cheyney          - Sempre compito, lord El­ton, grazie.

Elton                             - Ma che dice... No... Non è vero al­latto... Io...

Arturo                           - Pertanto... saremmo venuti tutti di accordo in una determinazione conciliativa... Se voi accettate un biglietto di imbarco per l'Au­stralia ed una piccola sovvenzione... Quanto, all'incirca, Elton?...

Elton                             - Un centinaio di sterline... non di più...

Arturo                           - Che vi sarà consegnata sulla nave in partenza, magari in cambio della lettera che Elton vi ha scritto per chiedervi in moglie, siamo disposti a soffocare la cosa e a non parlarne più.

Signora Cheyney          - Posso parlare io, adesso?

                                      - (interruzione della signora Ebley).

Arturo                           - Prego, vostro diritto!

Signora Cheyney          - Sono mortificata, ma non posso accettare la gentile offerta di Lord Elton. Carlo ed io ormai siamo ben decisi. Dobbiamo andare in prigione. Non c'è altra soluzione.

Carlo                             - Precisamente, dobbiamo.

Arturo                           - Via, che dite? Dopo tutto, il colpo non vi è riuscito. Le perle non le avete prese, quindi...

Carlo                             - Ecco la ragione vera. Gli è perché abbiamo fatto fiasco dimostrandoci inetti al dif­ficile compito che ci eravamo assunti che dobbia­mo espiare! Se tutto fosse andato bene, molto difficilmente avreste potuto sorprenderci così. E l'avremmo fatta franca.

Arturo                           - Non mi avete capito. Noi non ab­biamo alcuna intenzione di farvi arrestare.

Signora Cheyney          - Allora nemmeno voi ci avete capito. Visto che ce lo meritiamo per la nostra incapacità, noi abbiamo il fermo proposi­to di andare in prigione.

Arturo                           - Bene. Cioè male!

(Una lunga pausa. Tutti si guardano fra loro, come istupiditi dalla singolarità della situazione)

Maria                             - Ma non parlerete sul serio! Andare in prigione, volontariamente! Non s'è mai visto!

Signora Cheyney          - (a Carlo) Però, non fanno pena anche a te? Pensa, non son capaci di ca­pirci! Poverini!

Carlo                             - Incredibile. Ho vergogna per loro!

Signora Cheyney          - Il mio amico Carlo ed io abbiamo tentato, modestamente, di scalare le più alte vette della nostra difficile professione. Una professione che, in un modo, o nell'altro, signo­ri e signore, esercitiamo un po' tutti. Nella quale tutta l'abilità consiste in un solo risultato: quel­lo di non essere colti sul fatto. (Fissa la signora Ebley) Ma se ci si lascia stupidamente acchiappa­re, allora ci si inchina e si paga. Ecco tutto.

Arturo                           - Che vi avevo detto io?

(Entra Roberto).

Roberto                         - E' qui l'ispettore di polizia Wilchinson. Dice che è stato chiamato telefonica­mente.

Signora Ebley               - Pregatelo di attendere un momento.

Roberto                         - Sissignora   - (Esce).

Signora Ebley               - Come vedete, signora Chey­ney, facciamo proprio sul serio. Pensateci.

Signora Cheyney          - Non ne ho mai dubitato, signora. Prima di andare in prigione tanto io quanto Carlo riteniamo nostro dovere domandare perdono per tutte le noie che vi abbiamo recato, causa la nostra inconcepibile mancanza di de­strezza. Il riconoscerlo ci addolora di più che la perdita delle vostre perle, signora Ebley!

Carlo                             - Mi congratulo, signora. Possedete an­cora una collana veramente pregevole. Ve lo dico io che me ne intendo.

Signora Cheyney          - E, visto che per qualche  anno non avremo più occasione di incontrarci, tengo a confermare a tutti la mia soddisfazione di avervi conosciuti. Siete, ih verità, simpaticissi­me persone! E grazie a voi, Lord Elton, per la proposta lusinghiera, che conserverò come caro ricordo. (Alla signora Ebley che si è mossa) Pre­go, non vi disturbate. Troveremo da noi il po­liziotto al quale costituirci. Arrivederci!

Arturo                           - Ed ora, basta! Lo scherzo è finito!

Signora Cheyney          - (con voce dolcissima) Lo scherzo? Stavate scherzando, Lord Dilling?

Dilling                           - Ma certamente! Ve ne sarete ben accorta!

Signora Cheyney          - Ma perché?

Maria                             - Non fatemi l'ingenua, andate là!

Signora Cheyney          - (a Carlo) Ma tu, Carlo, capisci qualcosa?

Carlo                             - Scusami, cara. Ma in fatto di monda­nità sono troppo inesperto per capire certi giuochi... e...

Arturo                           - In un momento di esaltazione, spin­to dalla passione per voi, Lord Elton vi ha scritto una lettera per chiedere la vostra emano...

Signora Cheyney          - Che conserverò sempre, ve l'ho detto, gelosamente, come uno dei miei ricordi migliori!

Arturo                           - Lord Elton mi autorizza a chiedervi quanto pretendete per la restituzione del suo scritto...

Signora Cheyney          - Quanto pretendo? Un'al­tra volta mi scuserete, ma non vi capisco! Spiega­tevi, per favore!

Arturo                           - Noi, cioè lui, vi offre cinquecento sterline, dico cinquecento sterline, più il viaggio per l'Australia.

Maria                             - Mi sembra una generosità considere­vole...

Signora Cheyney          - Cinquecento sterline? L'Australia? Mi sembra di dover sciogliere una sciarada! Perché poi l'Australia?!

Elton                             - Ma voi, non venivate dall'Australia?

Signora Cheyney          - Sì, appunto, ma...

Carlo                             - Dite, Elton non ci siete mai stato voi, laggiù? E' un paese insopportabile, sapete!

(Giovanna entra e resta accanto a Mary).

Signora Cheyney          - (fa l'atto di stringere la let­tera al petto) Dò tanto valore a questa lettera che non mi sentirei di separarmene. Mai, a nes­sun prezzo. Capite?

Maria                             - Nemmeno per mille sterline?

Signora Cheyney          - A nessun prezzo, ho det­to. E' inutile!

Maria                             - Avrete pure una tariffa, magari alta, per questo genere d'affari!

Signora Cheyney          - (la fissa) Parlando alla buona, così, fra noi donne perdute, vi assicuro che finora non ho mai fatto commercio di let­tere. Se avessi una tariffa potete essere certa di una cosa: che sarebbe variabilissima, a seconda della posizione e del modo di comportarsi delle persone... (Si alza) Del resto... Non ho alcuna intenzione di rimaner qui a sentirmi insultare. Quindi... Compermesso. A ben rivederci...

Carlo                             - Bene, bene! Purtroppo mi avvedo che tutta...

Arturo                           - Prego, prego. Maria è stata un po' aspra e sventata. Ve ne domando perdono per lei. Ma accomodatevi, per favore...

Signora Cheyney          - Di solito accetto solamen­te le scuse se me le fa chi mi ha offeso...

Carlo                             - Benissimo, brava...

Maria                             - Eh? Nemmeno per sogno!

Signora Cheyney          - Allora... Nulla da fare. Tutto per il meglio... (Fa per andarsene).

Signora Ebley               - Fermatevi, ve ne prego. (A Maria) Volete decidervi, sì o no? Ha ragione lei. Dovete domandarle scusa.

Maria                             - No. Ebbene... Sì... (Rivolta alla signora Cheyney) Vi domando scusa...

Signora Cheyney          - (sedendosi) Sta bene.

Carlo                             - Dunque? Quanto per la lettera? L'ul­tima parola è stata mille sterline...

Arturo                           - Ed è stata rifiutata...

Elton                             - Signora Cheyney, tocca a voi par­lare. Quanto?

Carlo                             - Io offro cinquemila sterline...

Elton                             - Tacete, voi! Non potete entrarci...

Carlo                             - Oh bella! E perché? I miei soldi, non valgono tanto quanto i vostri?

Elton                             - (alla signora Cheyney) Per favore... Sto attendendo la vostra risposta...

Signora Cheyney          - Se vi vendo la lettera è sottinteso che non lo faccio- per concludere un affare. (Lo guarda fisso) E' piuttosto una forma particolare per richiedervi una indennità in se­guito a rottura di fidanzamento. Domando quin­di diecimila sterline!

Carlo                             - Si chiama fare dei favori a chi non se li merita!

Elton                             - Diecimila sterline? Acc... No, no!

Signora Cheyney          - Meglio così. Preferisco così, davvero, lo preferisco. (Si alza).

Signora Ebley               - Elton, fatevi coraggio. Non c'è via di scampo. Bisogna pagare...

Maria                             - Non mi fate un briciolo di compas­sione. Tengo a confermarvelo.

Elton                             - Ma, signora Cheyney! Non vi pare... Veramente!

Signora Cheyney -        - Diecimila, lord Elton. Non una di più, non una di meno!

Elton                             - (guarda in giro come un cane bastonato) Ma è terribile... Terribile!

Carlo                             - Terribile un corno. Io ne offrirei su­bito undici...

(Elton, tirando un sospiro di rassegnazione trae dalla tasca un libretto di chèques e si avvi­cina alla tavola. Tutti guardano attentamente la signora Cheyney. Questa sfugge agli sguardi e tiene gli occhi davanti a sé, nel vuoto).

Giovanna                      - Tante storie per diecimila ster­line... Che schifo!

Elton                             - (lentamente porge lo chèque alla Chey­ney) La lettera, per favore...

Signora Cheyney          - Malgrado tutto resta sem­pre qualcosa che abbiamo in comune...

Maria                             - Poco, per fortuna, molto poco...

Signora Cheyney          - Ed allora, perché pagate tanto questa lettera per tenerla segreta?

Signora Ebley               - Non è il momento di discu­tere. Date la lettera ad Elton.

Signora Cheyney          - Ah! sì? Ecco,.. (Riduce lo chèque in minutissimi pezzi).

Carlo                             - (scattando) Oh! Figliuola, che fai?

(Elton, allibita, non ha la forza di pronuncia­re una parola).

Signora Ebley               - Che succede?

Signora Cheyney          - Ho fatto dello chèque precisamente ciò che da molto tempo avevo fat­to della lettera. Soltanto stamane, quando voi vi siete presi la briga di farmelo capire, ho sa­puto che quella lettera, secondo voi almeno, aveva un glande valore. (Porge la busta ad El­ton) Ho fatto fatica a rintracciarli. Ma spero che troverete tutti i pezzi qua dentro, Elton! State di buon animo.

Elton                             - Ma... voi... voi...

Carlo                             - (costernato, asciugandosi il sudore fred­do col fazzoletto) Cose dell'altro mondo! Die­cimila sterline buttate al vento, così!

Elton                             - Avevate stracciato la lettera?

Signora Cheyney          - Vi pare che il mio con­tegno sia stupido? Non importa.

Arturo                           - Ma perché avete fatto questo gesto?

Signora Cheyney          - Spiegarlo non è facile. (Si guarda intorno) Il mio guaio si è che, nonostan­te la professione che ho esercitata, mi è rimasto troppo pudore...

Signora Ebley               - Pudore, lo chiamate? Stra­ordinarie! Ma se Lord Dilling stanotte non suonava il campanello, non sarebbe stato certo il vo­stro pudore ad impedirvi di portarmi via le perle...

Arturo                           - Non è stato lord Dilling a suonare il campanello... E' stata la signora Cheyney.

Elton                             - Eh? eh? che dite?

Arturo                           - Avanti, signora. Vi prego di rac­contare...

Signora Cheyney          - Lord Dilling, tutto? Non ci farete troppo bella figura!

Arturo                           - E che importa? Una canaglia eme­rita par mio! E' vero, Elton?

Signora Cheyney          - E' semplice assai. Se di mezzo non ci fosse stato il pudore, a quest'ora io porterei il vostro vezzo di perle... oppure un altro offertomi da Lord Dilling.

Elton                             - Vorrei farvi una sola domanda, si­gnora Cheyney! Perché siete... (Esita un mo­mento) perché siete... una ladra?

Signora Cheyney          - Non scandalizzatevi! Per farmi una posizione sociale.

Signora Ebley               - In un modo un po' strano, non c'è dubbio!

Signora Cheyney          - Ho preferito questo, all'altro più usato. Certo se fossi restata semplice commessa di magazzino...

Carlo                             - Sono stato io a trovarla, a scoprirla. Che giorno!

Giovanna                      - Francamente, non si direbbe... Avete ben altro aspetto!

Signora Cheyney          - Mi piacevano le cose bel­le, le persone eleganti, i modi distinti. E per questo ho accettato il rischio. Per questo son di­ventata l'allieva di Carlo. Ma dopo quanto è av­venuto qui, sarebbe stato meglio che fossi rima­sta al mio banco di vendita.

Elton                             - Debbo riconoscere che siete stata molto... generosa... molto... signora. Così... co­sì... considerando tutto il vostro merito, sarei molto lieto di potervi in qualche modo aiutare. Se permettete, magari a metter su un negozio per vostro conto...

Signora Cheyney          - Parlate sul serio, Lord Elton?

Elton                             - Certo.

Giovanna                      - Idea stupenda! (alla Cheyney) Sarò una delle vostre clienti.

Elton                             - (sorridendo) Dunque, signora. Sape­te il mio indirizzo. Non appena vi sarete decisa, non avrete che da avvisarmi. Sarò felice di dimo­strarmi utile...

Signora Cheyney          - (si alza) Grazie, Lord Elton. (Si stringono la mano).

Elton                             - Prego. Se non fosse troppo spregiu­dicato da parte mia mi permetterei di dirvi: arri­vederci.

Maria                             - Ve ne andate, Elton? Avreste un po­sticino per me? (Si avvicina alla signora Chey­ney) Malgrado tutto... tanti auguri in vostro ono­re, signora Cheyney, il giorno dell'apertura del negozio.

 Giovanna                     - (stringe la mano alla signora Chey­ney) Come se nulla fosse successo, eh? Ba­date! Se aprite il negozio, vado pazza per il crè­pe de Chine. Mi raccomando, tenetene un buon assortimento. Ci sono tanti amici che mi debbo­no dei regali!

Signora Cheyney          - Siete incantevole!

Giovanna                      - Quanto a voi, Carlo, caso mai aveste bisogno di un'allieva, badate. Potete tro­vare il mio numero nella guida telefonica! Ac­cendetemi la sigaretta!

Willy                             - Ah! Quell'Ispettore!

Signora Ebley               - Che Ispettore?

Willy                             - L'Ispettore di polizia.

Tutti                              - Già! Vero! Sicuro!

Signora Ebley               - Lo avevamo dimenticato!... Ebbene? Giovanna, vi accompagno e vado a con­gedare l'Ispettore. Permettete?

Signora Cheyney          - In fondo è gran brava gente, vero Carlo?

Carlo                             - Pressapoco come noi, carissima. Vo­glio andare a vedere se hanno mandato via il poliziotto. (Via).

Arturo                           - Vi piace?

Signora Cheyney          - Chi? Carlo? Tanto.

Arturo                           - Quanto?

Cheyney                        - Tanto quanto può piacere un uo­mo del quale non si è innamorata.

Arturo                           - Andreste via, per sempre, con lui?

Signora Cheyney          - No.

Arturo                           - Vorrei farvi una domanda. Se lo credete, potete fare a meno di rispondere.

Signora Cheyney          - Vi prevengo, dandovi vo­lentieri la risposta: Se ieri sera, nella camera, invece che voi ci fosse stata la signora Ebley, le perle le avrei prese senz'altro e senza scrupoli.

Arturo                           - Dite sul serio?

Signora Cheyney          - Tuttavia debbo aggiunge­re: di tutte le donne che avete conosciute finora, nessuna è stata più felice di me nel trovarsi sola con voi in una camera da letto!

Arturo                           - Grazie, cara!

Signora Cheyney          - Perché, al contrario di quello che solitamente vi è successo colle altre, avete fatto di me una donna onesta.

Arturo                           - L'ho sempre detto. Tre quarti delle nostre buone azioni le facciamo per caso e quasi contro volontà.

Signora Cheyney          - Eh? Mi meraviglio.

Arturo                           - Amica mia?

Signora Cheyney          - Amico mio?

Arturo                           - E' una cosa dell'altro mondo. Pare impossibile. Ma la domanda più difficile da fare ad una donna è quella che, in fondo, è la più semplice e la più bella.

Signora Cheyney          - Cioè?

Arturo                           - Volevo descrivervi come, ad un dipresso, intendersi di contribuire pel vostro fu­turo benessere...

Signora Cheyney          - Oh! Avanti. Interessantis­simo!

Arturo                           - Bene. Sentite. Stanotte, dopo avervi lasciata, non mi è più riuscito di prender sonno. All'alba mi sono vestito. Sono andato a far vi­sita ad un amico. Un sacerdote. Abbiamo fatto insieme la prima colazione, chiacchierando.

Signora Cheyney          - A quell'ora! Sarà stato sorpreso, no?

Arturo                           - Non importa, però. Gli ho parlato di un dubbio che mi torturava. Lui, paziente, mi è stato a sentire. Quando ebbi finito, mi guar­dò in faccia e mi disse: ce Datemi uno chèque dì cinquanta sterline ed invitatela qui per le undici di oggi. Se venite, mi impegno io...

Signora Cheyney          - A che cosa s'impegnava?

Arturo                           - Di farmi fare la seconda colazione con voi.

Signora Cheyney          - Ma io, a quell'ora non ho mai fame...

Arturo                           - Io gli risposi che c'erano invece molte probabilità...

Signora Cheyney          - Soltanto?

Arturo                           - Vi faccio notare che gli avevo già detto una cosa molto più seria: Che vi volevo bene...

Signora Cheyney          - E lui? Vi aveva creduto?

Arturo                           - Si era commosso. Se ne deve dedur­re che la mia confessione era stata impressio­nante...

Signora Cheyney          - Ma che altro gli avevate detto?

Arturo                           - Che quando pensavo al mio passato speso così male mi assaliva il dubbio che nes­suna donna avrebbe potuto amarmi davvero...

Signora Cheyney          - E lui?

Arturo                           - Alla fine mi strinse la mano, ap­provando.

Signora Cheyney          - Gli avete parlato anche di me?

Arturo                           - Perdiana! Sì, gli ho raccontato tut­to, per filo e per segno!

Signora Cheyney          - Oh! E...

Arturo                           - Lui? Mi ha detto semplicemente: Amico mio, se ti riesce, pigliala al volo. E' la tua anima gemella. Non ne troverai un'altra uguale...

Signora Cheyney          - Un sacerdote? Non posso crederlo,..

Arturo                           - Ve ne do la mia parola...

Signora Cheyney          - Non credo lo stesso... Avrei mezza voglia di venire con voi a doman­dargli la verità, in persona.

Arturo                           - Gli ho già preannunciato che sa­remmo stati da lui alle undici meno cinque...

Signora Cheyney          - E ci aspetta?

Arturo                           - Naturale! E' sicurissimo del fatto suo... Secondo lui anche voi mi volete bene...

Signora Cheyney          - Toh, toh! Guarda. E su che cosa fonda il suo giudizio?

Arturo                           - Non ne ho la più vaga idea. In quanto a lui afferma che se non mi voleste mol­to, molto bene, stanotte non avreste suonato il campanello...

Cheyney                        - Dev'essere un gran bel tipo. Mi piacerebbe conoscerlo.

Arturo                           - (guarda l'orologio) Mi ha racco­mandato di essere puntuale...

Signora Cheyney          - Credete che gli sarò sim­patica?

Arturo                           - E' un pastore! Non credo che sarà tentato di ripudiare sua moglie per voi. Tuttavia, vi vorrà bene certamente...

Signora Cheyney          - E voi? Siate chiaro una buona volta. Mi amate?

Arturo                           - Immensamente! Ma quel che più importa: Tu mi ami?

Signora Cheyney          - Molto di più che immen­samente... Vorrei che...

Arturo                           - (la fa tacere) Silenzio. (La bacia su­gli occhi).

Signora Cheyney          - Che succede?

Arturo                           - La fine della signora Cheyney! Non la vedi più!

Signora Cheyney          - E' la felicità?

Arturo                           - (baciandola lungamente sulla bocca) Ecco. Ora è lady Dilling che sta nascendo!

Signora Cheyney          - Caro mio! Dimmi perché ho tanta voglia di piangere!

                                                 

FINE