La fontana

Stampa questo copione

LA FONTANA

di

Stefano Iatosti


Personaggi

Fulvio
Donatella


Una piazzetta nel Centro storico di Roma. Al centro una fontana, molto semplice nel disegno, con una vasca di pietra. Di scorcio un vicolo, stretto, in penombra. La luce è quella del primo mattino di una giornata di settembre, in cui una leggera foschia non si è ancora diradata per scoprire il cielo azzurro. Fulvio, un ragazzo alto e dinoccolato, vestito con jeans e polo nera, cammina avanti e indietro davanti alla fontana e sta visibilmente aspettando l’arrivo di qualcuno, che tarderà ancora un paio di minuti. Si sente lo scrosciare dell’acqua e il rumore soffocato di qualche auto che passa in lontananza. Il pianto di un neonato, non si sa dove, un abbaiare confuso. Fulvio, infine siede sul bordo della vasca. Pur sforzandosi di evitarlo, non può fare a meno di lanciare sguardi rapidi attorno a sé. Ecco che, dalla sinistra, arriva Donatella, che si avvicina accennando un sorriso. E’ senza dubbio una ragazza attraente, ma veste in modo semplice e ha solo un filo di trucco. Fulvio si alza, ma non le va incontro o meglio accenna soltanto il gesto.

FULVIO Sei in ritardo.
DONATELLA Scusami. La macchina. Non partiva.
FULVIO Come sarebbe, non partiva? Lo sai che le auto devono essere sempre a posto.
DONATELLA Non so cosa dirti. L’avevo portata dal meccanico lunedì... no, martedì scorso.
FULVIO Allora non va più bene. Devi cambiarla. 
(Breve pausa)
FULVIO Vieni. Sediamoci qui. (Indica il bordo della vasca)
DONATELLA Com’è freddo...
FULVIO (ignorandola) Non dobbiamo dare nell’occhio. Comportiamoci come una coppietta qualsiasi.
DONATELLA Sì, ma a che ora...
FULVIO C’è tempo. 
DONATELLA sbadiglia.
FULVIO Hai sonno?
DONATELLA Un po’.
FULVIO Appoggiati alla mia spalla.
DONATELLA Devo proprio?
FULVIO Non stiamo qui a giocare.
DONATELLA Va bene, va bene. (Si appoggia alla spalla destra di Fulvio) 
FULVIO Brava. Adesso puoi anche chiudere gli occhi. 
DONATELLA (lievemente maliziosa) E tu, che fai?
FULVIO Io resto sveglio. Guardo nel vuoto.
DONATELLA Ci prenderanno per due strafatti.
FULVIO Non scherzare. Non è il momento.
DONATELLA Ma io non scherzo.
FULVIO Il nostro amico uscirà alle sette in punto. (Controlla l’orologio) Mancano ventotto minuti. 
DONATELLA Conosco la parte.
(Pausa)
DONATELLA Fulvio...
FULVIO Cosa c’è?
DONATELLA Sto scomoda.
FULVIO Va be’, tirati su.
DONATELLA (alzandosi e stirando le gambe) Che sonno...
FULVIO (osservandola) Stanca? 
DONATELLA Non troppo.
FULVIO Te la senti di...
DONATELLA Ma sì.
FULVIO Sicura?
DONATELLA Non preoccuparti. Sono sveglia. Non mi hai detto da quale parte...
FULVIO Abbassa la voce. Dalla tua sinistra. C’è l’uscita del vicolo. Se qualcosa va storto ci separiamo e tu imbocchi il vicolo. 
DONATELLA Lo conosco, quel vicolo.
FULVIO Sei pratica, della zona?
DONATELLA Ci abita una mia amica... insomma una che una volta era mia amica.
FULVIO E adesso?
DONATELLA L’avevo conosciuta all’università, a scienze politiche. Pensa che sognavamo tutt’e due la carriera diplomatica.
FULVIO Tu... la carriera diplomatica? Non mi dire. E come sei finita...
DONATELLA Tu, piuttosto?
FULVIO Io, cosa?
DONATELLA Com’è che è andata? Cosa facevi, prima?
FULVIO Anch’io studiavo all’università. Sociologia. Ma ho dato pochi esami.
DONATELLA E cosa avresti voluto diventare?
FULVIO (per la prima volta accennando un sorriso) Mi ci vedi a fare interviste?
DONATELLA Perché no?
FULVIO ( alzando le spalle) Stronzate.
DONATELLA Può darsi. Però hanno la loro utilità. Anche per noi, intendo. Non si può rimanere fermi allo slogan, a tutto quello che già si diceva trent’anni fa. Ci vogliono i dati, per capire dove va il mondo. E cosa pensa la gente, di noi.
FULVIO La gente? Di quale gente parli?
DONATELLA Quella che adesso dorme o si sta svegliando, quella che si prepara per andare al lavoro. Gli operai, gli artigiani, gli impiegati... la gente.
FULVIO La gente non pensa. Voglio dire, le singole persone hanno pure le loro idee, ma come massa...
DONATELLA (più forte) Lo vedi? E’ nel tuo modo di esprimerti, il difetto. Il nostro limite è proprio questo: non abbiamo un lessico appropriato, non siamo più in grado di definire e quindi di capire la gente, le singole persone, come dici tu e i gruppi, piccoli e grandi.
FULVIO Guarda che sbagli. Noi ci teniamo aggiornati. 
DONATELLA Ma hai letto l’ultimo documento? 
FULVIO Cos’ha che non va?
DONATELLA Tutto. Prendi la flessibilità, per esempio. Dove sono i dati, voglio dire i fatti concreti, che cosa significa, come incide sul tessuto economico e sulla vita del singolo lavoratore, della sua famiglia... Il mondo cambia e noi siamo rimasti indietro. Non riusciamo a tenere il passo. Ci ripetiamo le stesse formule, ci parliamo addosso. Il mondo del lavoro cambia perché tutto cambia. Dimmi dove sono gli operai di una volta. E il lavoro nero, che ne sappiamo del lavoro nero? Cosa facciamo per combattere lo sfruttamento, quello reale? Gli operai non sono diversi dai borghesi. E’ per la borghesia, che lottiamo?
FULVIO Calma, calma. Tu parti troppo per la tangente. E’ vero che la situazione è cambiata, negli ultimi anni, ma questo non significa...
DONATELLA Cambiata? Viviamo in un altro mondo, ecco la verità. Siamo dei sopravvissuti. E’ tutta l’analisi, che va ripensata. L’analisi e la strategia. Quali sono i nostri obiettivi? 
FULVIO Per adesso, l’obiettivo è uno solo. Al resto penseremo dopo.
DONATELLA Dopo, dopo... piuttosto, quanto manca?
FULVIO (dopo aver guardato l’orologio) Venti minuti, diciannove, anzi.
DONATELLA Non so se ce la faccio. Non sono più sicura. E’ da ieri, che ci penso.
FULVIO Vuoi mandare a monte tutto?
DONATELLA (assumendo via via un tono più “femminile”, quasi vezzoso, al quale Fulvio si mostra sensibile, ma quasi senza volerlo, a malincuore) Cosa ne sappiamo di Moreschi? Certo, è uno che lavora mentre gli altri fanno solo fumo. Uno che cerca di stabilire nuove regole. Uno che combatte il lavoro nero, la vera forma di sfruttamento. Uno che non sbatte la porta in faccia ai polacchi e ai rumeni e nemmeno ai senegalesi. Uno che conosce i privilegi e i privilegiati.
FULVIO A sentire te, è un benefattore.
DONATELLA Non dico questo. Dico solo che la verità è più complessa. 
FULVIO Moreschi è un servo dei padroni.
DONATELLA Ma perché mirare ai servi, allora? 
FULVIO Non capisci che sono i più pericolosi, quelli come lui? Lo vedi che anche tu hai dei dubbi?
DONATELLA Ma va’. Se colpiamo un servo, ne spunterà un altro, più zelante. E del resto, anche se colpissimo più in alto... La verità è che non abbiamo obiettivi. La nostra è una guerra già persa e il bello, è che lo sappiamo. Credevamo di poter ammaestrare, di essere l’avanguardia della rivoluzione e invece siamo sempre a rincorrere. Siamo più monolitici noi, di qualsiasi partito. Guarda il mondo imprenditoriale, come detta le leggi, come cavalca il progresso. E noi in affanno, a interrogarci adesso su quello che i padroni hanno capito da anni e già hanno superato. Bada, non difendo Moreschi e tantomeno chi lo paga, per non parlare dei sindacati. Non difendo nessuno.
FULVIO E l’impegno?
DONATELLA Non mi sento, una missionaria. Non le sopporto, le missioni. Non cerco parrocchie. 
FULVIO Cos’è, ti sei fatta anarchica?
DONATELLA Mi piace l’anarchia, ma non sopporto gli anarchici. E’ una parrocchia, anche quella. Tutte le ideologie hanno un fondo di ottusità. Come le fedi.
FULVIO E cosa dovremmo fare, secondo te, lasciar perdere tutto? Dire agli altri che non ne vale la pena, che ci siamo sbagliati? Ormai siamo in ballo...
DONATELLA E tu vuoi impedirti di scegliere, solo perché ti senti in ballo? Chi è che ha scelto per te, finora? Io sto solo dicendo che la libertà viene prima di tutto. Io voglio essere libera.
FULVIO E per essere libera, come sostieni, devi mandare alla malora tutto il resto?
DONATELLA Se io non sono libera, non posso lottare per la libertà di nessun altro. Ammesso che sia possibile farlo. Sai che cosa penso? Che qualunque cosa facciamo è irrilevante, non solo per i padroni, ma anche per noi stessi. Non ci cambierà, Fulvio, se non in peggio. Sarà solo un modo per limitare la nostra libertà. Pensaci, prima di agire.
FULVIO Anch’io vorrei sentirmi libero, Donatella. Credi che non piaccia a tutti, la libertà? Ma devo pensare anche al resto del mondo e a quello che posso dare, al mio contributo per la causa. Non si tratta di una fede, non è una guerra di religione, la nostra. Lo so, può sembrarlo e può sembrare che qualunque cosa si faccia non serva a granché. I padroni, quelli non si fanno problemi. Ne colpisci uno e ne educhi cento a fare peggio. Ma questo non significa che si debba gettare le armi, partire per un’isola deserta, sempre che ce ne siano ancora. Noi siamo nati in città e questo è il nostro campo di battaglia.
DONATELLA Non puoi sacrificare la tua vita una causa, soprattutto se è una causa persa. Ci vantiamo di saper guardare oltre le apparenze, come si dice... demistificare, ma non facciamo altro che appiccicare etichette su fatti che non capiamo per il semplice motivo che ne siamo estranei. A cosa ci hanno portato, quei discorsi? Abbiamo perso la guerra, solo che qualcuno è come quei soldati giapponesi sulle isole del Pacifico, quelli nascosti nella giungla. Non saprebbero vivere in un altro modo. Per loro, la vita è in carcere. E’ quella, la loro giungla. E noi, che c’entriamo, con loro? Ti sei mai chiesto a cosa serve? O hai continuato solo perché ormai c’eri dentro ed era molto più facile continuare che staccarti, metterti in discussione? 
FULVIO Certo che ci ho pensato, a quello che ho fatto.
DONATELLA E allora?
FULVIO Stiamo facendo tardi.
DONATELLA Rispondi.
FULVIO (a malincuore) Devo portare a termine la missione.
DONATELLA Parli di missione come un prete. Siete tutti uguali, voi e il vostro Vangelo proletario, anche se i veri proletari nemmeno vi capiscono. Quelli che dormono nelle gallerie della metropolitana, quelli in dieci in una camera, non vi stanno nemmeno a sentire. 
FULVIO Ma noi dobbiamo rivolgerci alla classe operaia, agli studenti, a chi legge, insomma a chi è in grado di...
DONATELLA Di decifrare i vostri comunicati.
FULVIO Ma le parole d’ordine, quelle le capiscono tutti. I movimenti...
DONATELLA Cosa sono i movimenti? Cos’è la classe operaia? Voi parlate da borghesi ad altri borghesi, né più né meno che ai tempi della Rivoluzione francese; solo che adesso i borghesi sono dappertutto.
FULVIO Fai troppa confusione. Che c’entra la Rivoluzione francese? Guarda che Marx...
DONATELLA L’ho letto anch’io, Marx. Borghese pure lui, come i suoi lettori di oggi. Questa è la società della classe media e i poveri, gli oppressi, gli sfruttati non hanno alternative. Anche loro saranno borgesi, un giorno e se non loro, i loro figli e tutti con le stesse idee o con le opportune varianti, di destra e di sinistra. Sputeranno in faccia a chi è diverso da loro o lo accoglieranno in casa, ma resteranno borghesi, nel fondo.
FULVIO Tu non leggi i giornali. Non vedi come i giovani, le lotte contro la globalizzazione...
DONATELLA Nobili e tardive, come al solito. Cosa vuol dire, globalizzazione? Portare gli stessi jeans, bere la stessa Coca, cantare le stesse canzoni? O magari la maglietta col Che? Se i poveri diventassero ricchi, come è nelle loro aspirazioni, il mondo andrebbe a puttane. Ci pensi a due miliardi di automobili, in Cina?
FULVIO Vedi che vieni al punto? Noi ci battiamo perché questo non succeda.
DONATELLA E fate bene, Meglio che continuino ad andare in bicicletta.
FULVIO E magari che in Africa si continui a morire di fame.
DONATELLA La fame, quella sì, è strutturale. Ma non la fermi sparando ai professori di economia aziendale e nemmeno con la bomba all’ufficio del ministro. Come possiamo pretendere di salvare l’Africa quando c’è gente che muore di fame anche da noi?
FULVIO Noi abbiamo il dovere morale di provare, d’intervenire nel modo politicamente più appropriato. 
DONATELLA E inutile o magari funzionale al potere. Ci pensi, a quello che diranno i telegiornali? Ne faranno un martire. Noi lo sappiamo, che è una persona qualunque, uno senza infamia e senza lode, non più pericoloso di te o di me, ma la gente che dirà? Poveraccio, ecco quello che dirà. Penseranno alla moglie e ai figli. Cosa c’entrano loro, in tutto questo? Eppure la gente penserà ai figli e avrà ragione, a pensarci, anche se gli durerà un minuto. E’ quello il nodo da sciogliere. Quello che penserà la gente. Consulente o non consulente, amico o meno del ministro, la gente vedrà un cadavere con la coperta sopra, vedrà la macchia di sangue sul marciapiede, la giornalista stronza che intervista la moglie in lacrime, il bambino che ancora non sa che suo padre è stato ammazzato e non capirà mai, il perché, tanto meno da grande e non perdonerà, come non perdoneresti tu, nei suoi panni. Pensaci a queste cose: sono le sole che rimangono.
FULVIO Io... non credo che sia necessario ammazzarlo...
DONATELLA Non era questo, l’ordine?
FULVIO Potrei sempre dire che ho sbagliato... un imprevisto, qualcuno che si mette in mezzo, la pistola che s’inceppa... basterebbe ferirlo, mandagli un avvertimento.
DONATELLA Certo, sarebbe meglio che uccidere.
FULVIO In fondo, il senso non cambierebbe.
DONATELLA Però non me la sento lo stesso.
FULVIO L’ho capito.
DONATELLA Io... io non so che fare.
FULVIO Lo sai, cosa significa, rinunciare?
DONATELLA Non lo so, non so più niente...
FULVIO E se pensassero che vogliamo fregarli? Che li abbiamo traditi?
DONATELLA Puoi sempre dire che c’è stato un imprevisto. Che ne so, lui stava male, è uscito più tardi, quando c’era gente. O magari che c’era la polizia. Guarda quel tipo, per esempio. (Fa un cenno col capo).
FULVIO (che non capisce) Chi?
DONATELLA Andiamo, non farmi indicare. Quello con l’aria da fricchettone, davanti alla gioielleria.
FULVIO ( cercando con lo sguardo e poi individuando l’uomo in questione) Magari è un ladro.
DONATELLA Magari è un poliziotto.
FULVIO Potrebbe essere.
DONATELLA Ce ne dobbiamo andare.
FULVIO Sì, ma dove?
DONATELLA Partiamo. Andiamo a Parigi. Ho un paio di amiche.
FULVIO Ci verranno a cercare. Lo sai che dovremo scappare, che dovremo nasconderci da tutti.
DONATELLA Saremo liberi.
FULVIO No. Ci prenderanno, prima o poi. A Parigi è pieno, dei nostri.
DONATELLA Ma nessuno si muoverà. Lo sanno, che devono rigare dritto.
FULVIO (esitante) Ma noi due... che cosa...
DONATELLA E’ così importante?
FULVIO Io... non lo so più.
DONATELLA (prendendolo per mano) Vieni.
Fulvio la segue, stordito e incapace di opporre resistenza. Mentre i due escono di scena si sentono due colpi di pistola e subito dopo urla e voci che salgono fino a farsi assordanti, poi s’interrompono di colpo e nella scena vuota resta solo il gorgoglio dell’acqua della fontana.

SIPARIO