La fortuna del calzolaio

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 La fortuna del calzolaio

 (La furtùna de lu scarpàre)

commedia brillante

 in due tempi

di

Carmelo Zurlo

 tradotta dal

dialetto ostunese

Questo testo non è registrato alla SIAE, è stato portato in scena, ad Ostuni e in provincia, dall’Associazione  Amici del Teatro di Ostuni che lo ha replicato in 22 serate nella stagione teatrale 2007/2008. Chi  fosse interessato a portarlo in scena può contattare l’autore al  cell. 3293838261 o all’indirizzo di posta elettronica zurlocarmelo@hotmail.it  che ne autorizza l’utilizzo liberamente.


la fortuna del calzolaio

(la furtùna de lu scarpàre)

Commedia in due atti

Personaggi

Mèste Gìne: Fa il ciabattino, svolge la sua attività sulla porta della casa che da su una piazzetta, mentre lavora fischia e canta scatenando per questo l'invidia del nobile Don Giuànne che abita nel palazzo che da sulla stessa piazza, è il destinatario della fortuna di cui non saprà godere.

Méména: Moglie del ciabattino, donna linguacciuta e scaltra, scontenta della vita di miseria in cui la costringe il marito.

Marghérìta: Figlia de Mèste Gìne, nubile, trentenne in cerca di un marito di cui alla fine della storia dovrà accontentarsi.

Peppìne:  Figlio de Mèste Gìne,  ragazzo studioso tutto impegnato a costruirsi  un  avvenire   degno

nonostante le sue origini, nel tempo libero lavora al Bar che da sulla piazzetta è innamorato di Delia.

Rocchètte: Proprietario del Bar che sta di fronte all'abitazione/negozio de Mèste Gìne, è parlando con lui che questi commenta i propri problemi quotidiani,è scapolone ma guarda con interesse Margherita.

Don Giuànne: Nobile decaduto, ha sposato la moglie per la sua ricchezza, senza arte ne parte, ha vissuto la sua vita dilapidando il patrimonio di famiglia al gioco delle carte, ed altro, vive per questo in mille preoccupazioni,  invidia il ciabattino che vive con poco ma fischia e canta.

Donna Chiara: Moglie di Don Giuànne,  è goffa veste con abiti eleganti un poco fuori moda, zoppica leggermente,  prima succube dei comportamenti del marito, si riscatterà alla fine della storia.

Dèlia: Figlia de Dòn Giuànne, ha la stessa età de Peppìne è di questi innamorata,con lui fa progetti per il futuro.

Mèste Nùcce: Ex Fattore de Don Giuànne, senza figli, deve la sua posizione economica alle ruberie perpetrate ai danni del suo ex datore di lavoro e degli operai da lui diretti, si riscatta già nel corso del primo atto, donando i propri beni in opere di carità.

Cècca: Moglie de Mèste Nùcce, donna devota che cerca di convincere il marito  a donare i propri beni per opere di carità, incontra però la contrarietà del marito.

Carmèla: Una cliente de Mèste Gìne,

L'Esattore,

Vari avventori del Bar.


La storia

   Meste Gìne calzolaio, per  l'avvento dell'industrializzazione che ha ridotto la sua  attività alla riparazione delle scarpe, vive con la sua famiglia una vita di miserie, la qual cosa lo porta con una certa frequenza a litigare con la moglie Méména che vorrebbe cambiare la sua condizione e per questo lo invita a prendere provvedimenti anche cambiando lavoro, ma egli, anche perchè innamorato del suo mestiere, non se la sente di cambiare, si accontenta di quel che guadagna e vive la sua condizione con allegria, infatti mentre lavora non fa altro che cantare e fischiare, se ne infischia del mondo in trasformazione, anzi lo vede come un peggioramento dello stato delle cose.

   La spensieratezza del ciabattino provoca l'invidia de Don Giuànne, nobile decaduto senza arte ne parte che ha dilapidato la propria ricchezza ma che, grazie ai possedimenti lungo la costa della moglie Donna Chiara ritorna ad avere disponibilità finanziarie inaspettate, siccome per un gioco pensa che, se il ciabattino  vive la sua condizione in allegria ed egli con tanto denaro nelle preoccupazioni, una buona idea sarebbe quella di arricchire il povero per vedere se  smette di essere allegro; decide perciò di mettere a disposizione de Mèste Gìne una grossa somma di denaro, che possa cambiargli la vita, sottraendola al ricavato della vendita dei beni della moglie, gli impone però di non rivelare a nessuno la vera origine della sua fortuna anche per nasconderlo a Donna Chiara, la moglie che ha sposato Don Giuànne per volontà dei propri genitori, non ha vissuto  un matrimonio felice e nel momento in cui si accorge che il marito ha cominciato a dilapidare anche il suo patrimonio giocando a carte ed altro, si ribella, comincia a rimproverarlo e quando scoprirà che il marito ha compiuto quest'azione per gioco destinerà la somma, che alla fine ritornerà nelle sue mani, in favore della figlia e del fidanzato di lei.  

    La storia ha come testimone, non sempre involontario, Rocchètte il  proprietario del Bar che insiste sulla stessa piazzetta dove si affacciano le abitazioni delle due famiglie egli a volte mette il naso nei litigi fra mogli e mariti, scapolone guarda con interesse Margherita, ormai in età da marito che non trova pretendenti a causa della sua non grande bellezza.

   Peppìne figlio de Mèste Gìne e Delia figlia de Don Giuànne sono studenti e fra loro innamorati, nel corso della storia termineranno i loro studi e saranno i veri beneficiari di ogni fortuna.

   L'inaspettata ricchezza arrivata a Mèste Gìne provoca ulteriori divergenze nel rapporto con la moglie che, pretende di convincerlo che sarebbe giusto spenderli per l'acquisto di una abitazione degna, per la dote della figlia Margherita, oppure per permettere al figlio di continuare gli studi, al contrario il marito vorrebbe investire la propria fortuna aprendo un negozio per la vendita di calzature.

    Nella storia si inseriscono Mèste Nùcce e la moglie Cècca, ex Fattori del nobile Don Giuànne che si sono fatti una buona posizione anche lucrando ai danni del datore di lavoro e dei lavoratori da loro diretti, ormai in pensione e senza eredi devolveranno i loro beni in favore dell'erigendo Villaggio SOS, su consiglio de Mèste Gìne che nell'occasione dimostra la sua innata saggezza.

     Alla fine  Mèste Gìne, deciderà  di restituire al nobile Don Giuànne il denaro avuto in regalo, per poter continuare la propria vita di ciabattino  felice, Donna Chiara rinsavita, dopo aver scoperto il giochino del  marito, destinerà la somma ai due ragazzi che potranno iniziare la loro vita insieme senza preoccupazioni per il futuro, Margherita la figlia del ciabattino si accontenterà di sposare il barista anche se più anziano di lei.

    In conclusione si affermerà che si può essere felici anche con poco, la ricchezza non da la vera felicità, solo se si è ricchi nel cuore si può essere felici, la felicità  ognuno può trovarla se sta bene con se stesso vivendo la propria vita nel segno dell'onestà, dell'altruismo, della solidarietà, insomma dell'amore per gli altri-.


La storia è ambientata alla fine degli anni sessanta, si svolge in una piazzetta dove confluiscono due stradine nascoste dalle quinte, a destra vi è l'ingresso dell'abitazione\negozio de Mèste Gìne, a sinistra è posto il Bar di Rocchètte (BARocco) davanti alla cui porta è posizionato un tavolino e due  o tre sedie, di fronte l'ingresso imponente del palazzo nobiliare de Don Giuànne.

      Il sipario si apre con la presenza sulla scena  di due avventori che stanno consumando al tavolo del Bar di Rocchètte  che parla con loro.

Primo Atto

Scena prima

Rocchètte, due avventori e Mèste Gìne

Avventore 1: Moh…! Rocchè!... Fammi pagare!...Quando devo?(cerca nelle tasche il portafogli per pagare)

Rocchètte: Cento quaranta lire!

Avventore 2:  (rivolto all’avventore1)  Lascia stare!  (a Rocchètte)  Pagati da questa! (mette sul tavolo una banconota)

Rocchètte:  (infastidito a voce alta) Di primo mattino vieni con banconote di questo taglio?…non ho monete per darti il resto… gli spiccioli sono spariti… hanno messo in circolazione anche le cento lire di carta… i miniassegni li chiamano…ma non ne ho neppure di quelli! Io non capisco  dove sono andati a finire le monetine… tutte nel salvadanaio le hanno messe?

 

Avventore 1:  Anche io soldi interi ho… non ho moneta spicciola…!

Rocchètte: Va bene… vuol dire che pagherete quando cambiate…intanto registro sul libretto…ma tenete a mente anche voi… perché io non vendo a credito!

Avventore 2: Rocchè!  Ma chi è che vuole comprare a credito?... I soldi? Eccoli! Sei tu che non hai il resto da darci…!

Avventore 1: Rocchè! Ma tu ti sei alzato male stamattina? E vuoi prendertela con noi?

Rocchètte: Io me la prendo con chi ne ha colpa… con il governo che non prende provvedimenti… è diventata una vera croce questa mancanza di spiccioli.

 

Avventore 2: (rivolto all’avventore 1) Va bene andiamo che è tardi… andiamo a guadagnarci la giornata!

Avventori 1 e 2: (escono)   Arrivederci Rocchè! 

(sulla scena compare Mèste Gìne)


Rocchètte:Buongiorno Maestro! Ma stamattina ti sei ritrovato con la testa sotto al cuscino? Sono quasi le otto!

Mèste Gìne: (mente porta fuori il deschetto ed allinea lungo la parete alcune paia di scarpe)  Zitto Rocchè!  Non farmi parlare! Questa notte ho fatto la notte di Natale! Forse i peperoni che ho mangiato ieri sera sono stati indigesti. Tutta la notte mi sono rigirato nel letto senza riuscire a prendere sonno. Saranno  state le cinque quando sono riuscito ad addormentarmi…e poi vedi questa mattina non ho sentito la sveglia e ho fatto tardi..

Rocchètte: Tu non lo sai che i peperoni sono difficili da digerire se li mangi a cena? Io invece alla sera ceno con una fetta di pane e pomodoro… e dormo come un angioletto fino al mattino.

 

Mèste Gìne: Rocchè! Posso darti torto? Lo dissi a mia moglie... i peperoni  alla sèra sono pesanti... Ma caro mio! Queste sono le pietanze che ci possiamo permettere… la carne e le mozzarelle sono fatte per i signori.   (dalla strada laterale arriva Mèste Nùcce che va a sedersi al tavolino)

Scena seconda

Rocchètte, Mèste Gìne e Mèste Nùcce

Mèste Nùcce: Buongiorno!

Rocchètte e Mèste Gìne in coro:Buongiorno Maestro! (Rocchètte rientra nel Bar)

Mèste Gìne: (si siede al deschetto per lavorare) Uèh! Nuccio?Ma dimmi una cosa…a te questo titolo di maestro da dove viene ? Chi te lo ha dato ? Chi va a lavorare in campagna maestro è? Da dove deriva questa maestrìa?

Mèste Nùcce: Come ? Non ci vuole maestrìa per potare un albero d’ulivo?....Io per quarantanni ho lavorato per Don Giuànne...mi sono spezzato la schiena per lui! Dall’alba al tramonto… poi per ringraziamento mi sono sentito dire che ho rubato a lui ed anche agli operai che lavoravano con me. Così dice Don Giuànne agli amici suoi del Circolo, tutto il paese ormai conosce questa nomea.

Mèste Gìne:  Quando una cosa si dice... se non è vera tutta ... è vera per metà... perchè tu la posizione che ti sei fatta… come l’hai fatta ? Io per certo sò che dal lavoro mai nessuno è diventato ricco! Si dice Mèste Nù! Che " le ricchezze vengono o da un buon furto a da un buon corno "... a te un buon corno non è stato… perché io Cècca, tua moglie, la conosco… quella è tutta casa e chiesa

Mèste Nùcce: Uèh! Mèste Gì! Io e mia moglie non abbiamo avuto figli… (alza gli occhi al cielo) così ha voluto Lui. Cecca anche lei come me ha lavorato per Don Giuànne, faceva la Fattora, non ha mai perso un giorno di lavoro,  abbiamo fatto tanti e tanti sacrifici per accumulare e non fare una una triste vecchiaia, ecco da dove viene la nostra ricchezza! Moh! Posso pagarti un caffè? (con ironia) Così ti rifai la bocca?

Mèste Gìne: (capita l'ironia)  Chissà com’è… il giusto non vuol sentirlo nessuno! Si dice: “Non dire mai la verità perché acquisti l’odio”! Comunque grazie...un caffè lo prendo... perché forse per i peperoni che mangiai ieri sera… ho ancora la bocca amara.


Scena terza

Rocchètte, Mèste Gìne, Mèste Nùcce e Méména

Mèste Nùcce: (rivolto verso l'interno del Bar) Rocchè! Ci porti due caffè?

Rocchètte: (dall'interno del Bar) Subito!

Mèste Gìne: (rivolto verso la porta di casa)  Mémé!  Portami fuori quel paio di scarpe... quello nuovo che sta dietro la porta… devo dargli un’altra passata di crema… quando scende  Don Giuànne devo consegnarle... se me le paga oggi possiamo fare forse la spesa!

Méména: (apre la porta e con sgarbo lancia verso il deschetto un paio di scarpe) Nah!... Con tutto quello che ho da fare… vuoi una serva dietro. Ma non è che per caso ti sei inchiodato alla sedia? (rientra)

Mèste Gìne:(rivolto a Mèste Nùcce)Quanta pazienza ci vuole con le donne!Non capisco cos’ha da fare… la casa è un locale solo… se ti stendi per terra i piedi escono dalla porta. Ha sempre da fare... Mah!

Rocchètte:(esce con sul vassoio le due tazze del caffè, lo poggia sul tavolo) Caffè pronti! (rientra)

Mèste Gìne: (si alza dal suo posto di lavoro, raccoglie con rassegnazione le scarpe che la moglie gli ha lanciato, le poggia sul deschetto e va a sedersi al tavolo per gustare il caffè e mentre sorseggia)  Grazie Mèste Nù! Ci voleva proprio questo caffè stamatina… i peperoni di ieri sera vanno ancora su e giù.

 

Mèste Nùcce: (finito di bere il caffè, lascia alcune monetine nel vassoio, si alza e rivolto a Mèste Gìne) Sto andando a comprare un po di pesce, mia moglie vuole farlo fritto. E tu Mèste Gì! Cosa mangi oggi??

Mèste Gìne: Mèste Nù! Chi lo sa! Dipende... se incasso… la spesa la posso fare... e sennò ci arrangeremo… che possiamo fare!

Mèste Nùcce:   Allora ci vediamo più tardi… arrivederci Mèste Gì!

Mèste Gìne: Io da qua non mi muovo! (si avvia verso il suo posto di lavoro si siede prende uno scatolino, vi sputa dentro per recuperare un po di crema per scarpe rimasta e comincia a lucidare le scarpe che stavano sul deschetto, fischietta e intona un motivetto)  Gesù mio fai uscire il sole...che ci possa bruciare…(dopo un pò)

Rocchètte: (esce dal Bar guarda il vassoio e rivolto a Mèste Gìne) E’ andato via… Mèste Nùcce?

Mèste Gìne: Rocchè! E’ andato a comprare il pesce per Cècca, che oggi  vuole  friggere! (ricomincia a fischiettare)


Scena quarta

Delia, Peppìne, Rocchètte e Mèste Gìne

(si apre il portone del palazzo esce Delia con i libri sotto il braccio e si ferma in attesa, dall'abitazione de Mèste Gìne esce Peppìne anche lui con i libri sotto il braccio)

Dèlia: Buongiorno!

Mèste Gìne: Buongiorno Signorì!

Peppìne:  Papà! Sto andando a scuola ...oggi ho l’esame...(rivolto a Rocchètte) Rocchè! Quando  ritorno posso sostituirti  per un paio d’ore... perché dopo ho da studiare... ciao! (esce con Delia)

Mèste Gìne: Vai figlio, vai e fatti onore!

Rocchètte: Quel figlio tuo...Mèste Gì! E’ proprio un bravo ragazzo… studia e lavora…non è come tutti gli altri giovani di oggi.

 

Mèste Gìne: Lo sò… lo so… Rocchè! Io non li vedo gli altri... i figli di papà... vanno a scuola solo per scaldare il banco… tu pensi che vanno per studiare, ma neanche per sogno. Mi ha detto Peppino  che adesso a scuola anche se non studi ti promuovono lo stesso… si sono inventati il sei politico. Pure la politica è entrata nella scuola e la politica non ne ha mai fatte cose buone!

Rocchètte: Mèste Gì! Adesso tutti a scuola... al lavoro nessuno... nessuno più impara un mestiere… tutti i professori faranno? Io vorrei sapere… se nessuno più impara un mestiere… se nessuno più si dedica ai lavori di campagna… cosa mangeremo? Quando saranno morti, questi quattro vecchi contadini rimasti, le campagne produrranno solo erbacce. Di questo passo chissà dove andremo a finire… poveri noi… Mèste Gì! (rientra)

(Mèste Gìne terminata la lucidatura delle scarpe le avvolge in un foglio di giornale e le posa sul deschetto, prende il piede di ferro, lo poggia sulle gambe vi infila una scarpa e comincia a battere sul tacco fischiettando un motivetto, dopo un pò si apre il portone del palazzo escono Don Giuànne con la moglie, lui si avvicina a Mèste Gìne lei rimane ferma ad aspettare)

Scena quinta

Mèste Gìne, Don Giuànne, Donna Chiara, Méména

Mèste Gìne: Buongiorno Don Giuà!  Le vostre scarpe nuove son pronte!

Don Giuànne: Buongiorno Mèste Gì! Va bene... ma adesso ho fretta… ho un appuntamento con il Notaio… quando ritorno le prendo! Tu intanto fischia, continua a fischiare ma stai in campana che un giorno di questi ti farò una sorpresa.

Donna Chiara:  Dai Giovanni sbrigati... è tardi... il Notaio ci aspetta... vuoi essere  sempre il solito ritardatario... buongiorno! (escono)


Mèste Gìne: (deluso) Arrivederci Donna Chià! Buona passeggiata! (chiama la moglie) Mémé! Ce n'è ancora di pane duro? Oggi ci tocca una bella acquasala frèsca frèsca... Don Giuànne le scarpe non le ha ritirate e la spesa la faremo un altro giorno... (riprende a fischiettare)

Méména: (esce per sentire cosa sta dicendo e sentendolo fischiare)  Fischia lui… “cuore contento e pane a quartini” cosa hai detto! Non ho capito.

Mèste Gìne:  Eh! Cara Méména... l'uccello in gabbia canta per amore o canta per rabbia.

Méména: E tu… per cosa canti?

Mèste Gìne:  Canto per rabbia… non si vede?

Méména:  I soldi per la spesa li hai fatti?

Mèste Gìne: Non me ne parlare… Don Giuànne le scarpe non le ha ritirate... per questo chiedevo.. se  c’era ancora del pane duro? Oggi una bella acquasala fresca fresca mi ci vuole… dopo la nottata  passata è proprio quella la pietanza più azzeccata!

 

Méména: Acquasala! Ancora? Non ti è ancora venuta la nausea… a mangiar sempre la stessa pietanza? Io mi domando e dico: come si fa, al tempo d’oggi, a pensare di mantenere la famiglia da quelle quattro paia di scarpe vecchie che aggiusti?

Mèste Gìne(risentito) Finora... con queste scarpe vecchie ...che dici tu... il pane non ti è mancato!

Méména: E giusto il pane... sènza companatico... ma tu pensi davvero che si può vivere a pane e acqua? Sono trentanni che mi tieni in questo buco di casa… quella figlia non ha ancora un lenzuolo per la dote. Io voglio sapere: se si presenta qualcuno per sposarla, che figura faremo! Al tempo d’oggi lo sai quanti soldi ci vogliono per un matrimonio

( a sentir parlare di matrimonio si affaccia sull'uscio di casa la figlia)

Scena sesta

Margherita, Méména e Mèste Gìne

Marghèrita:   Uèh Mà! Chi è che si sposa?

Méména: (stizzita) Nessuno ancora! Stavo dicendo a tuo padre che bisogna stare preparati… tu sei  vicina ai trentanni e da un momento all’altro può presentarsi l’occasione

Marghèrita: Uèh Mà! Finora non si è fatto avanti nessuno…nessuno si è ancora dichiarato. Nessuno  che mi abbia portato un’ambasciata.

Méména:  E tu l’ambasciata stai aspettando? E aspetta aspetta! Uèh fìglia! Sono finiti i tempi che il matrimonio era combinato da qualcuno… anche tu fai come le altre… esci… vai in giro… fatti vedere. Sappi che “la donna onesta a casa resta” datti da fare!

Mèste Gìne: Fatti vedere… Esci…. Datti da fare…Che bei consigli sai dare a tua figlia!

Marghèrita: Seh! Esci... fatti vedere... datti da fare... non ho un vestito... non ho niente da mettere… con queste pezze dove vuoi che vada? (comincia a singhiozzare e rientra)

Méména: Lo vedi?... lo vedi che ho ragione? Per colpa tua quella figlia rimarra per l’uso di casa. Maledetto il giorno che ti ho incontrato… che mi sei passato davanti agli occhi.

Mèste Gìne: (alzando la voce) Ma voi che volete da me… lo strutto? Quando mi hai sposato pensavi di fare la signora? Te ne vieni con le tue chiacchiere ad avvelenarmi la vita. E’ vero non navighiamo nell’oro… ma il necessario non ci manca. Io voglio essere lasciato tranquillo… voglio cantare e fischiare.

Méména: Sempre questa è la conclusione tua… e allora canta… canta e  fischia e non ascoltare nessuno. (rientra)

Mèste Gìne: Mi raccomando... dalla bocca tua mai una parola dolce… sempre saette e fulmini escono.  (esce dal Bar Rocchètte e rivolto a Mèste Gìne)

Scena settima

Rocchètte, Mèste Gìne e Cècca

Rocchètte: Mèste Gì! Cos’è successo? Ho sentito grida e bestemmie!

Mèste Gìne: Rocchè! Le mogli non sanno quello che vogliono… non sono mai contente… quanta pazienza ci vuole… è vero i soldi sono pochi, ma io mi accontento. Lo vedi anche tu… io canto fischio e non ci penso. Rocchè! Le mogli sono un guaio! Beato te che non ti sei sposato!

Rocchètte: Seh! Beato me! Io anche se non sono ancora sposato, a casa ho mia sorella che è peggio di una moglie. Io per colpa sua non mi sono ancora sposato. Fin da quando ero ragazzo, appena sentiva che avevo conosciuto una ragazza, alzava le antenne, domandava a questo e a quello: chi era? A chi era figlia? Cosa sapeva fare. E poi tante me ne diceva che mi faceva litigare. Adesso sai che dice? Che lei non si è sposata per colpa mia.Che ti devo dire è peggio di una moglie, ma ora siamo entrambi anziani e ci dobbiamo sopportare. Io però non ho ancora perso la speranza… chi lo sa? (rientra nel Bar )

Mèste Gìne: Rocchè! “Chi di speranza vive muore disperato”.  

(compare in scena Cècca, moglie de Mèste Nùcce)

Scena ottava

Cècca e Mèste Gìne

Cècca:  Buongiorno Mèste Gì! Hai visto passare mio marito?

Mèste Gìne: Buongiono Cècca!  Si è passato… abbiamo preso il caffè. Mi ha detto che volevi il pesce  ed è andato a comprarlo. Perché oggigiorno così è: “a chi lavora una sarda a chi non lavora due”. La statistica dice che in Italia mangiamo un pollo a testa al giorno, si vede che quello mio se lo mangia Don Giuànne… ai ricchi il pane fresco ai poveri pane duro e veleno.

Cècca: Come è vero Mèste Gì! Vengo or ora dalla chiesa, e Don Ciccio nell’omelia non ha detto altro” bisogna pensare ai poveri”. Io lo dico sempre a mio marito: noi figli non ne abbiamo avuto… con la pensione nostra possiamo vivere bene… i nostri beni diamoli a chi ne ha bisogno. Ma lui è testa dura dice: “la gallina si spenna quando è morta”.Ma io non voglio morire senza aver fatto prima quest’opera di bene. Se capita il discorso diglielo anche tu… chissà che non si decida. Mèmèna come sta?

Mèste Gìne: Sta bene...(chiama) Mèmé!  E’ in casa... (chiama) Mémé!

Méména: (esce)  Cosa vuoi?

Mèste Gìne:  Cècca... ti voleva salutare!

Méména:  Ueh! Comare! Da dove vieni di buon mattino?

Cècca:  Non lo sai? Io la prima messa del mattino non me  la perdo…  tu come stai ?

Méména: Non ci possiamo lagnare… potremmo stare meglio… ma ci accontentiamo… e tu come te la passi ?

Cècca:  La salute non c’è male… ma i pensieri non mancano… lo stavo dicendo a Mèste Gìne... mio marito è incaponito... con tanti poveri che ne hanno di bisogno… i nostri beni potevamo darli a loro… figli non ne abbiamo… parenti neppure… a chi le lasciamo le nostre proprietà ?!

Méména:  E lui che dice?

Cècca : Lui non ne vuol sentir parlare... questo discorso non lo vuol sentire…lo manda su tutte le furie. Sai cosa dice di Don Ciccio ?  I preti « sanno predicare la bontà… ma quella degli altri » Io però prima di morire la voglio fare quest’opera di bene.

 

Méména: E tu insisti... non può essere che non riesci a cambiare il suo pensiero. A te non mancano le parole… conosci a memoria il vangelo. Intanto nel frattempo puoi decidere di dare la tua parte in beneficenza… noh ?

 

Cècca: Il fatto è cara Mèmèna.. che i soldi e le proprietà  sono tutte a suo nome... vuoi sapere? Anche la pensione mia si paga… come una stupida gli ho fatto la delega.

Méména: Veramente come una stupida… hai lavorato una vita intera intera e adesso non puoi disporre di un bel niente?

Cècca :  Era lui che faceva e disfaceva… io che potevo dire?

(entra in scena Mèste Nùcce, ha in mano il cartoccio del pesce)

Scena nona

Cècca, Mèste Nùcce, Méména e Mèste Gìne

Mèste Nùcce: (rivolto a Cècca) E tu qua stai?

Cècca:  Vengo dalla messa… mi sono fermata a dire due chiacchiere con Mèmèna… sto tornando a casa…il pesce lo hai comprato?

Mèste Nùcce:  Merluzzo non ne ho trovato… ho comprato mezzo chilo di vope.

 

Cècca:  Chissà com’è quando arrivi tu il merluzzo è sempre finito. Moh! Dammelo che lo porto a casa, lo pulisco! Tu che fai...rimani?

Mèste Nùcce: E’ ancora troppo presto. Rimango ancora un po qua con Mèste Gìne passo il tempo… vengo più tardi.

Cècca: Come vuoi  tu... non tardare… lo sai che il pesce fritto è buono da mangiare caldo. (rivolta a Mèmèna) Mémè!  Arrivederci… ciao!

Méména:  Arrivederci ! Sappiti tenere! Curati la salute ! ( si appresta a rientrare)

Cècca: Mèste Gì! Mi raccomando dillo anche tu quel fatto… Arrivederci! (esce di scena)

Mèste Gìne:  Stai tranquilla glielo dico…  arrivederci!

Mèste Nùcce: Mèste Gì! Com’è diventato il mondo… per mezzo chilo di pesce devi attraversare mezzo paese ! Sono andato a finire all’altra parte del paese. Com’era comodo prima…con due passi andavi al mercato in piazza. Da quando l’hanno chiuso per farci i bagni pubblici… è una vera fregatura. All’anima di chi ne ha colpa… in piazza andavi… guardavi… sceglievi… se ti conveniva compravi. Adesso invece ti tocca andare al negozio e lì una volta entrato non puoi uscire senza aver comprato… e lo paghi anche più caro !

Mèste Gìne: Hai ragione Mèste Nù! In piazza se andavi a comprare sul tardi, il pesce lo poggiavano per terra per lavare i banchi e per sgombrare te lo vendevano per quattro soldi… pesce buono… pescato fresco. Adesso invece al negozio lo mettono in frigo e lo vendono per fresco il giorno dopo.

Mèste Nùcce: Mia moglie voleva il merluzzo…ho detto che non ce n’era perché a me piacciono di più  le vope… sono più saporite!

Mèste Gìne:  E’ proprio vero che “non tutti i porci conoscono le ghiande”!

 

Mèste Nùcce: Moh! Mèste Gì! Cambiamo discorso…cosa voleva dire Cècca con quelle allusioni che ha lanciato ? Qual’è questo fatto che mi devi dire 

Mèste Gìne: Cècca mi stava raccontando dei beni vostri… dice che lei vorrebbe dare tutto in opere di bene… ma tu sei contrario.

Mèste Nùcce:  Quelli sono i sacrifici di tutta una vitra… non posso regalarli come dice Don Ciccio… e poi… sai come si dice ? « la gallina quando è morta si spenna »

Mèste Gìne: Mèste Nù!  Non lo sai che siccome voi… eredi non ne avete… se non lo decidete prima… dopo la vostra morte i vostri beni andranno tutti allo Stato ? Se invece fate un’opera buona quando siete ancora in vita, quando muori ti eviti l’inferno…  passi un po di tempo in purgatorio e poi vai in paradiso forse anche con tutte le scarpe.

 

Mèste Nùcce: Uèh! Mèste Gì! Quelle che mi stai raccontando sono tutte chiacchiere che dicono i preti, per mettere le mani sui beni degli scemi che ci credono. L’inferno e il paradiso lo viviamo sulla terra… quando sei morto è tutto finito… diventi polvere. Io prima di morire tutto quello che ho lo devo bruciare e la cenere la disperderò al vento.

 

Mèste Gìne: Senti me ! Forse nella tua vita non hai mai fatto del bene a nessuno. Ma questa è l’occasione per riscattarti, perchè  « il bene che fai agli altri lo fai prima a te stesso «  Se tu fai quest’opera buona ti lavi anche la coscienza e puoi morire contento.

Mèste Nùcce: Mèste Gì! Mèste Gì! Dicevano gli antichi: “coscienza ne seminarono dieci ettari ma non ne è spuntato neppure un acino”. Comumque  ci penserò… ci penso e ti faccio sapere. Mbèh! Si è fatto tardi… vado.  Arrivederci!

Mèste Gìne: Arrivederci Mèste Nù! Pensaci bene a quello che ti ho detto… il paradiso ti aspetta.

Scena decima

Rocchètte e due avventori

(arrivano sulla scena due avventori che si siedono al tavolo)

Rocchètte: (esce dal bar) Cosa vi posso servire?

Avventore 3:   Per me una birra... Rocchè!

Avventore  4 :  A me portami un chinotto… grazie!

Rocchètte:  Subito! (rientra nel bar e ne riesce subito dopo con il vassoio e le bibite in bottiglie chiuse e con l’apribottiglia in mano)  Mbèh!  Oggi niente lavoro… sciopero?

Avventore 3 :  Rocchè!  Quale sciopero! Che ne sai… il mio cantiere è stato sequestrato…il titolare è sparito… non si sa dove sia finito… ci stava pagando con gli acconti. Pare che sia fallito. Adesso sono a spasso.  

Rocchètte:  Eh!  Quello non mi sembrava una persona molto corretta. Il fatto è che quelli come lui… imprenditori si dicono… erano tutti dei morti di fame… poi quando hanno cominciato a ritrovarsi in tasca i primi soldi facili, sono diventati viziati… le carte… le donne...  (rivolto all'altro avventore)  e anche il tuo cantiere hanno sequestrato?

Avventore 4 :  Macchè! Io non faccio il muratore. Faccio il  potatore… ma sabato abbiamo finito l’ultima piantata e adesso sono a spasso anch’io.

Rocchètte:  E voi datevi da fare… cercatevi un altro lavoro…non è che potete rimanere a spasso… tenete famiglia!

Avventore 3 :  Seh! Mica è facile…forse se scrivo a mio cognato Onofrio… me lo trova lui un posto a Torino  alla Fiat.

Avventore 4 :  Intanto adesso sai che vuoi fare… Rocchè! Queste consumazioni segnale che te le pago quando mi liquida la ditta.

Rocchètte: (rinuncia a stappare le bibite)  E’ bello così… segna! Ma voi pensate veramente che pure al bar si può comprare a credito? Qua si paga prima di consumare… sennò non si beve… d’accordo? Già questa mattina, altri due spostati come voi, mi hanno imbrogliato presentandosi con moneta di carta.

 

Avventore 3 :  Abbiamo capito! Andiamocene via!

 

Avventore 4 : Si andiamo! Perché  si è capito Rocchètte non ne vende acqua a credito.

Avventori 3 e 4 : Arrivederci Rocchè! (escono di scena)

Rocchètte:  Arrivederci! Addio! (rivolto a Mèste Gìne) ma tu guarda un po’…questi fetenti vogliono bere e non hanno i soldi per pagare… se avete sete andate alla fontana! (rientra con il vassoio dopo aver messo a posto le sedie)

Scena undicesima

Donna Chiara, Don Giuànne e Mèste Gìne.

(sulla scena arrivano Dòn Giuànne e la moglie di ritorno dal Notaio, Donna Chiara va ad aprire il portone, Dòn Giuànne si avvicina a Mèste Gìne che preso l'involucro in cui ha riposto le scarpe lo svolge e...)

Don Giuànne: Buongiorno Mèste Gì!

Mèste Gìne:  Buongiorno Don Giuà!  Le  scarpe sono pronte... guardate che capolavoro!

Don Giuànne: Moh! (le guarda) quelle mani tue… sarà un peccato sotterarle alla tua morte! Dammele ca le porto a casa. (prende l'involucro) Il conto lo facciamo dopo… in questo momento non mi ritrovo contante. Stai sempre in campana… perché ti ho riservato un sorpresa.

Mèste Gìne:  Moh! E di che si tratta ?

Don Giuànne: E bravo Mèste Gìne! Se te lo dico prima che sorpresa è? (entra in casa)

Mèste Gìne: (riprende il suo posto di lavoro e ad alta voce commenta) A me sembra che la sorpresa me l’ha già fatta… quando non mi ha pagato le scarpe. (scuote la testa) Anche i ricchi piangono miseria… ma può essere mai… con tutti i soldi che hanno… che se li avessi io!

Scena dodicesima

Méména, Donna Chiara e Mèste Gìne

(si apre il balcone e si affaccia Donna Chiara per sbattere il tappeto, esce Méména con alcuni panni da stendere )

Méména:  Buongiorno Donna Chià!

Donna Chiara:  Buongiorno Mémé!  Hai visto che bella giornata oggi? Dopo tutta quella pioggia di ieri!

Méména:   E’ vero Donna Chià! Ieri ha piovuto tutto il giorno…io avevo lavato queste quattro pezze e non ho potuto stenderle… le stendo adesso….

Mèste Gìne:   Donna Chià! Ieri il deschetto non ho potuto portarlo fuori neanche per un minuto… sono stato costretto a lavorare in casa.

Méména:  E la puzza della pece si sente ancora… potevi scioglierla oggi in strada…? Noh!

Mèste Gìne:  Tu stai sempre a brontolare… la pece sciolta mi serviva ieri per impeciare lo spago… come potevo scioglierla oggi. Che pazienza ci vuole con te!

Donna Chiara:  Eh! Mèste Gìne che lavoratore… neppure il diluvio lo ferma.

Mèste Gìne:  Donna Chià!  E meno male che non mi fermo mai e le cose vanno così. Al tempo d’oggi i soldi non bastano mai… Donna Chià!  Tutte le cose aumentano e i soldi valgono sempre meno.

 

Donna Chiara:  Ci vuole pazienza Mèste Gì!  Ho sentito ieri in televisione che è caduto il governo.

Mèste Gìne:  L’ho sentito anch’io al giornale radio… perché noi la televisione non ce l’abbiamo Donna Chia!  Ma se è caduto speriamo si sia fatto poco male.

Donna Chiara:  Mémé! Stasera in televisione danno il Festival di Napoli… lo volete vedere con noi? Venite con Margherita.

Méména:  Glielo dico… se vuole venire… stasera vediamo.

Donna Chiara: Vieni anche  tu Mèste Gì!

Mèste Gìne:  Grazie Donna Chià!  Ma io lo ascolto alla radio… se vogliono venire loro…

Donna Chiara:  Come volete voi… se venite lo vediamo insieme e ci facciamo compagnia… arrivederci! (rientra)

Méména:  Arrivederci donna Chià!  (fa per rientrare in casa)

Scena tredicesima

Méména e Mèste Gìne

Mèste Gìne: (chiama la moglie)  Mémé!  Moh!  Senti un po’ !

Méména: ( ritorna indietro e con fare stizzito)  Che vuoi!  Sempre a chiamare! Entra ed esci mi fai fare la spoletta… cos’è successo adesso?

Meste Gìne: So che le donne sapete sempre tutto… tu ne sai niente di questa sorpresa che mi vuole fare Don Giuànne?

Méména: Sai !Sai ! Ma che sai tu !Che capisci tu delle donne ! Se veramente capivi avresti provveduto a farmi uscire dallo stato di miseria che mi fai vivere. Non li vedi gli altri ? si sono dati da fare e un posto fisso lo hanno trovato… tu cosa aspetti ? Stai attaccato a quel deschetto puzzolente che chissà quale sarà il giorno che gli darò fuoco con te vicino !

 

Mèste Gìne: Ma di quale posto fisso parli ? Alla mia età devo cambiare mestiere ? Dove mi vuoi mandare ? A fare il postino o a fare il bidello ? Io ti avevo chiamato per sentire se sapevi niente di questa sorpresa che vuole farmi Don Giuànne... e tu vieni a farmi la predica… una volta si vive e tu la vita me la avveleni con tutte queste chiacchiere tue!

Méména: E già! Per te queste chiacchiere sono… tu sai soltanto fischiare e cantare… di tutto il resto non ti importa. Per esempio ti sei accorto che Peppino è innamorato della figlia di Don Giuànne.

Mèste Gìne: Di chi ? Di Teglia?

Méména:  Seh ! Di Padella !  Di Dèlia! Dèlia si chiama non Teglia!

Mèste Gìne: E Don Giuànne lo sa?

Méména:  Che deve sapere quello ! Don Giuànne è più mammalucco di te ! ma senza occhi in faccia siete ? La testa ce l’avete ? Ho l’impressione che se ce l’avete serve solo a separare le orecchie.

Mèste Gìne: Ora capisco perché quando vanno a scuola… uno aspetta l’altro… è perché sono innamorati. Io  pensavo che la loro fosse solo amicizia… si conoscono da sempre…(rimane immobile a pensare) Non è forse questa la sorpresa che vuole farmi Don Giuànne?

Méména: Vedo che finalmente la cosa l’hai capita! (rientra in casa)

Scena quattordicesima

Delia, Peppìne e Mèste Gìne

(sulla scena arrivano Delia e Peppìne di ritorno da scuola)

Dèlia: Buongiorno! (apre il portone ed entra)

Peppìne: Ciao papà

Mèste Gìne: (con fare seccato) Buongiorno!

Peppìne: Sto entrando per cambiarmi… Rocchètte mi aspetta… ha da fare… lo sostituisco per un paio d’ore.. fin quando torna perché poi  ho da studiare per l’esame di maturità. (entra in casa)

Mèste Gìne: (ironico) E bravo Peppino!Con te dopo facciamo i conti! Hai capito?

Peppìne: Papà non ho tempo adesso… i conti li facciamo domani.

Scena quindicesima

Rocchètte e Mèste Gìne

Rocchètte: (esce) Mèste Gì! Ho sentito Peppìne … è tornato da scuola?

Mèste Gìne: Sì Rocchè! Si sta cambiando… arriva subito!   

Rocchètte: Ho da sbrigare un mondo di carte… al comune… al sindacato… alla posta… all’esattoria… al diavolo che non  impicca chi ne ha colpa. Ma può essere mai che uno per lavorare si deve strafogare di carte?

Mèste Gìne:  Rocchè non me ne parlare! Io il negozio lo chiusi proprio per questo. Quando lavoravo vicino alla chiesa dell’Annunziata… ti ricordi? Le tasse che arrivavano da pagare non ti dico e non ti conto. Ma allora ancora si arrangiava… le scarpe nuove si facevano… poi piano piano mi ero ridotto alla sola riparazione… le tasse mi mangiavano lo scarso guadagno e chiusi il negozio per venire a lavorare in casa. E qua adesso mi tocca di sentire i continui sproloqui di mia moglie.

Rocchètte: Anch’io Mèste Gì! Te ne sei scordato? Con la buonanima di mio padre facevamo i carradori vicino al Calvario… poi carretti non se ne fecero più perché sostituiti dai motocarri. Ed io pensai bene di cambiare mestiere e aprire questo bar… mica potevo rimanere a spasso.

Mèste Gìne: Eh! Cara Rocchètte! I  tempi cambiano… i vecchi mestieri sono sostituiti da nuove professioni. I colleghi miei chi si è fatto ferroviere… chi postino… chi bidello e ancora chi lo sa dove andremo a finire. Senti qua… l’altro giorno alla radio ho sentito che i Russi e gli Americani stanno per andare sulla luna. Vogliono andare a fare danni anche lassù… non bastano quelli che fanno sulla terra… guerre e bombe atomiche.

Rocchètte: Poveri noi Mèste Gì! Mbè! Vado a prepararmi che appena viene Peppìne vado subito a sbrigare questi impicci… poi vado a pranzo e torno (rientra nel Bar)

(Mèste Gìne riprende a fischiettare, si apre la porta di casa esce la moglie che con fare stizzito)

Scena sedicesima

Méména e Mèste Gìne

Mèména: Che vuoi fare? Vuoi entrare per pranzare? Peppìne ha quasi finito perché deve andare a lavorare… tu hai cambiato pensiero? Non la vuoi più (ironica) l’acquasala fresca fresca? (rientra)

Mèste Gìne: Stò entrando! Stò entrando! Quanta pazienza ci vuole con te… certe volte mi pento e maledico il giorno che ti ho incontrata. (entra)

Scena diciassettesima

Rocchètte e Peppìne

(dal Bar esce Rocchètte con un fascio di carte in mano esce anche Peppìne )

Peppìne:  Ciao…Rocchè!

Rocchètte: Ciao Peppì! Io stò andando ci vediamo più tardi… ciao! (fa per andare e ritorna indietro)  Peppì!  Per piacere prendi quella cassa di birra dal ripostiglio e sistemala in frigo… a me fa male la schiena… maledetta vecchiaia. Non te ne scordare!

Peppìne:Va bene...  la metto subito... ciao!  (si volta per entrare)

Rocchètte: (fa per andare e ritorna indietro)  Peppì!  Senti! Vedi che ci sono due filibustieri che vengono per bere e dicono di segnare. Se tornano digli di tornare quando ci sono io.

Peppìne:  Va bene! Rocchè!

Rocchètte: Ciao!  (va via ma dopo un pò ritorna) Peppì!  Un’altra cosa… sotto il bancone c’e il pacco del caffè… non ti dispiacere riempi il macinacaffè… che io non mi posso piegare per il mal di schiena… maledetta vecchiaia. Non ti scordare!

Peppìne:  Signorsi Rocchè!  Stai tranquillo… metto tutto a posto io… ciao!  (entra nel Bar)

Rocchètte:  (che era uscito di scena ritorna)  Peppì!  Te l'ho detto di mettere la birra la fresco ? un’altra cosa… vedi che nella cassa ho lasciato qualche monetina… se viene qualcuno per  cambiare mandalo a quel paese.

 

Peppìne:(dall'interno del Bar)  Sì...sì... Rocche!  Vattene tranquillo ci penso io non ti preoccupare!

Rocchètte: (finalmente va via)

Peppìne: (esce dal Bar)  Ah!  Se n'è andato finalmente?  

(si  apre il portone del palazzo esce Delia che si avvia verso il Bar)

Scena diciottesima

Delia e Peppìne

Dèlia: Ciào!

Peppìne: Ciào! Ma non mi avevi detto che dovevi studiare? Hai cambiato idea?  Gli esami sono prossimi anche per te sai?

Dèlia: Lo sò! Non occorre che me lo ricordi anche tu! Ho finito adesso di litigare con i miei per lo stesso motivo... ma sono troppo tesa...nervosa... non riesco a concentrarmi.

Peppìne: Ma tu di cosa ti preoccupi? Non li vedi gli altri... sono così tranquilli... la promozione con il trentasei non gliela nega nessuno.

Dèlia: Io non mi accontento del trentasei come loro... voglio il sessanta come quello che sicuramente daranno a te... io non voglio essere da meno.

Peppìne: Ecco che pure lei comincia a fare discorsi femministi... volete per forza sentirvi uguali a noi uomini... perciò ormai indossate solo pantaloni?

Dèlia: Ma cosa dici? Non è per quello... io non sono come quelle stupide delle mie amiche e lo sai... è perchè non voglio sfigurare nei tuoi confronti.

Peppìne: Stai tranquilla... tu sei figlia di papà... ti daranno sicuramente un voto più alto del mio.

Dèlia: Cosa vuoi dire... che sono raccomandata?

Peppìne: Dai! Non te la prendere stò scherzando... lo so benissimo che sei brava anche più di me... però riconosci che i raccomandati non mancano e che la scuola non è ancora per tutti, un giorno forse... senti!  A  proposito sai se tuo padre si è accorto di noi?

Dèlia: La mamma lo sa... e di sicuro glielo avrà riferito.

Peppìne: Come pensi che la prenderà? Quando saprà di noi due?

Dèlia: Non ti preoccupare... ti conosce... lo sa che sei un bravo ragazzo... non ne farà storie.

Peppìne: Volevo dire... non sarà un problema la differente condizione economica delle nostre famiglie?

Dèlia: Mia madre quando l'ha saputo non ha avuto niente da ridire e lo stesso sarà per mio padre... non  ti preoccupare...

Peppìne: Appena avrò in mano il diploma mi cercherò un lavoro e poi...

Dèlia: E poi ci sposiamo!

Peppìne: Piano... piano... come corri! Devo prima mettere insieme un gruzzoletto... poi se loro sono d'accordo vedremo!

Dèlia: Quando parli così... ho l'impressione che dopo tutto quello che è successo fra noi... tu voglia tirarti indietro.

Peppìne: Non hai capito... per te non sarebbe facile adattarti ad una vita di stenti come quella che vivo adesso io... tu sei abituata alle comodità... non ti voglio offrire una vita diversa! E' per questo che non voglio avere fretta.

Dèlia: Come sarebbe bello che i nostri figli vivessero in una società dove non ci fossero più tante disparità, con ricchi troppo ricchi e poveri troppo poveri, dove tutti potessero avere di che vivere e si volessero bene... si amasssero come ci amiamo noi.

Peppìne: E' la società della fantasia, quella di cui tu parli, però noi con la forza delle nostre idee possiamo contribuire a costruire una società migliore, dove non vi siano servi e padroni ma donne e uomini liberi che si rispettano e si vogliono bene... questi però sono discorsi che riempiono il cuore e lasciano vuota la pancia.

(entra in scena Mèste Nùcce, Dèlia saluta e va via)

Dèlia: Ciào! Vado che ho da studiare!

Peppìne: Ciào!

Scena diciannovesima

Mèste Nùcce e Peppìne

Mèste Nùcce: Ueh! Peppì! Tu stai oggi ?   Rocchètte dov’è andato?

Peppìne: Rocchètte aveva da fare commissioni… ma sta per tornare! Tu piuttosto a quest’ora non la fai la pennichella… non ti viene sonno dopo aver mangiato?  

Mèste Nùcce: Peppì! Che ti devo dire non sono abituato a dormire di pomeriggio. E da quando non lavoro più se riposo dopo mangiato poi la notte non mi viene sonno. Quando  non dormi pensi e la mia testa non è fatta per pensare. Tuo padre non ha ancora ripreso il lavoro?

 

Peppìne: Mèste Nù! E' entrato per il pranzo e forse a quest’ora lo sta facendo lui un pisolino.

Mèste Nùcce: Gli devo parlare… lo voglio ringraziare… stamattina mi ha messo un pensiero in testa… anzi me l’ha aperta la testa con un consiglio che mi ha dato.

Peppìne: Certo che gli artigiani quando si tratta di dare consigli sono più bravi del migliore avvocato.

Mèste Nùcce: Hai ragione! E'  proprio vero… oggi quando sono tornato a casa e mia moglie ha ripreso il discorso dei nostri beni…

(si interrompe perchè si apre la porta di casa de Mèste Gìne che esce indossando il grembiule da lavoro, Peppìne rientra nel Bar.)

Scena ventesima

Mèste Gìne e Mèste Nùcce

Mèste Gìne: Mèste Nù! Già qua stai tu? Com’era il pesce fritto? Era saporito ?

Mèste Nùcce: Il pesce era buono… ma sei tu che stamattina mi hai confuso la testa con quel discorso.

Mèste Gìne: La testa tu ce l’avevi già confusa… altrimenti quelle brutte cose non le dicevi.

Mèste Nùcce: Vuoi sapere il vero? Ciò che più mi ha dato da pensare è stata quella frase che mi hai detto… “che il bene che fai agli altri lo fai prima a te stesso”. A casa poi Cècca mi ha raccontato che alla periferia della città stano costruendo un Villaggio per ospitare i bambini senza famiglia o con famiglie con problemi. Mbeh! Mi sono sentito toccare il cuore e ho deciso che i miei beni  e tutti i soldi che ho li devo destinare per quest’opera

Mèste Gìne: E fai bene Mèste Nù! Che tu veramente volevi regalare tutto allo Stato… ma dove mai si è visto! Mbèh!  Sono proprio contento che le mie parole ti hanno convinto.

Mèste Nùcce: Con Cècca...stasera andiamo a parlare con Don Ciccio… lui sicuramente ci consiglierà sul da farsi. Mèste Gì! Grazie tante… hai saputo darmi il consiglio giusto… grazie ancora Mèste Gì! Arrivederci! (esce fischiettando)

Scena ventunesima

Rocchètte e Mèste Gìne

(entra in scena Rocchètte che saluta e...)

Rocchètte: Mèste Gì! Che gli ha preso a Mèste Nùcce? L’ho incontrato per strada e fischiettava contento.

Mèste Gìne: Caro Rocchètte! Quando alla vita fai un’opera buona… il cuore è contento e puoi anche fischiare.

Rocchètte: E che opera buona può fare uno come lui?

Mèste Gìne:  Ha deciso, con la moglie, di destinare i suoi soldi e le sue proprietà in opere di bene.

Rocchètte: Mbah! Com’èra quello chi poteva credere che potesse fare una buona azione come questa… e bravo Mèste Nùcce! (entra nel Bar e si sente)  Peppì tutto a  posto? 

Peppìne:  Tutto a posto Rocchè!  E’ tardi sto andando via… ciao! (dopo poco esce)

Scena ventiduesima

Mèste Gìne e Peppìne

Peppìne: Ciao papà! Sto entrando ho da studiare!

Mèste Gìne: Moh! Peppì! Com’è questo fatto di te e della signorina Teglia ?

Peppìne: Delia si chiama papà ! Chi te lo ha detto mamma?

Mèste Gìne: Chi me lo doveva dire la cornacchia ? Tua madre…tua madre… mi ha detto che tu e la signorina Teglia.(unisce le due dita indice con gesto significativo)

Peppìne:  Delia papà! Tu non dici sempre che “di quella creta si fanno le pignatte”?

 

Mèste Gìne: E' vero lo dico… ma tu le pignatte le stai facendo o le stai rompendo?

Peppìne:  Quante ne vuoi sapere… vuoi farmi il terzo grado ? Fammi andare… ciao ! (entra)

Mèste Gìne: (lo guarda un po di traverso mentre va via) Eh! I figli ieri erano piccoli… il tempo di voltarti indietro e sono diventati uomini… ti lasciano e se ne vanno. Eh! "Aveva la saggezza del giusto chi disse che i figli sono in prestito” (comincia a fischiettare, in scena da sinistra entra una  cliente, da destra   entra nel Bar l'Esattore)

Scena ventitreesima

Mèste Gìne, Cliente e Esattore

Esattòre: Buongiorno Maestro!

Cliènte:  Buongiorno Mèste Gì!

Mèste Gìne:  Buongiorno!...  Oh!  Buongiorno Carmè!

Cliente: (dalla borsa che ha con se tira fuori un paio di scarpe)  Mèste Gì! Senti ho bisogno di un piacere. Queste sono le scarpe di mio marito… le uniche che ha. Hanno bisogno dei sopratacchi che si sono consumati… se potessi sistemarle entro stasera mi faresti un grande favore.

Mèste Gìne:Sissignore Carmè! Le sistemo subito e prima di sera saranno pronte!(consegna le scarpe)

Cliente:  Mando poi la bambina a riprenderle… dimmi quant’è la spesa.

 

Mèste Gìne:(valuta il lavoro da fare) Ma queste si sono anche scollate tutt’intorno… va bene va… mandami tre cento lire.

Cliente:   Tre cento lire ? Mèste Gì!  Sei diventato un po caro! Per un paio di sopratacchi tre cento lire? Ma vuoi metterli d’oro? Che tempo ti ci vuole?

Mèste Gìne: Ci vuole il tempo che ci vuole… Ti stavo dicendo che si sono scollate tutt’intorno… una fila di puntine non le devo mettere?

Cliente: Non bastano due cento lire? Il lavoro è poco… mio marito non arrangia neppure due tre giorni di lavoro a settimana.

Mèste Gìne: Carmè!  Che ti devo dire… mandami quando vuoi… va bene?

Cliente: Allora mando due cento lire con la bambina per  ritirarle… grazie… arrivederci!

Mèste Gìne: Arrivederci Carmè! (fra se ad alta voce)  Due cento lire vueh! Tu non vuoi vedere che con le scarpe devo mandargli pure un’offerta in denaro? Quella mica lo sa che quei soldi  servono per comprare almeno il pane! Ma se Don Giuànne...mi avesse pagato le scarpe nuove la spesa potevo anche farla… sta pensando alla sorpresa… mah! (riprende a fischiettare, mentre comincia a riparare le scarpe, dopo un pò esce dal Bar l'Esattore che si avvicina al deschetto de Mèste Gìne)

Esattore: Maestro! La bolletta della luce! 

Mèste Gìne:  Ah!  (fa finta di non capire)

Esattore:  La bolletta della luce… Mèste Gì!

Mèste Gìne: Ancora? Di quant’è… perché al momento mi trovo sprovvisto di contante.

Esattore: Due cento cinquanta lire.

Mèste Gìne:  Se aspetti un po’... Nah! Appena consegno questo paio di scarpe te la pago ! Sempre se non hai fretta… sennò ripassa un altro giorno.

Esattore: Mèste Gì!  Ma a te la testa questo ti dice? Ti pare che posso rimanere ad aspettare che tu faccia i soldi per pagarmi la bolletta? Adesso vado via… ritorno domani e se non hai i soldi per pagare sarò costretto a interrompere il servizio. Così per vedere utilizzi il lume a petrolio come gli antichi… arrivederci! (esce)

Mèste Gìne:  (non risponde al saluto)  Che sorta di malverme… perciò ti chiamano “Il giudeo”...  (imitando l'esattore)  se non hai i soldi per pagare interrompo il servizio… lo so io che servizio ti volevo fare…

(riprende a fischiettare, dopo un pò entrano in scena Rocchètte ed anche Margherita con in mano la scopa comincia a spazzare)

Scena ventiquattresima

Mèste Gìne, Rocchètte e Margherita

Mèste Gìne:  Rocchè!  Pure da te è venuto « il giudeo"? Hai visto come si veste… sono sicuro che quello porta jella !

Rocchètte:  Non aspetta neppure che sia scaduto il mese… passa sempre qualche giorno prima. (guarda a Marghèrita con interesse)

Mèste Gìne:  E’ vero! Neppure venti giorni fa passò per leggere il contatore e mi ricordo di avergli pagato un’altra bolletta!

Rocchètte:  (rivolto a Margherita)  Marghèrì!  Ti dispiace se con la scopa dai una passata anche qua davanti… gli spazzini passano ma tanto per dire… raccolgono solo le carte… la polvere la lasciano.

Marghèrita:  Subito Rocchè!  Una passata vengo a darla pure la davanti.

 

Rocchètte:  Grazie Marghèrì!  Tu si che sei una brava ragazza! Io non capisco perché, i ragazzi di oggi, non  tengono in considerazione le ragazze serie come te. Guardano solo a quelle con la minigonna se le mangiano con gli occhi.

Marghèrita:  Rocchè! Forse sono pure io che non guardo a loro… li vedo con la testa fra le nuvole. Non li vedi anche tu… se ne stanno seduti in villa… non lavorono e sfottono anche quelli che passano.

Mèste Gìne:  Non li guardare quelli la… quelli chissà che fine faranno… non hanno voglia di lavorare. Sono senza mestiere e senza titolo di studio… stanno aspettando il posto sicuro. Voglio vivere a lungo  per vedere cosa faranno nella vita.

Rocchètte:  Adesso tutti aspettano il posto sicuro… al lavoro solo gli scemi.  Sono finiti i tempi in cui appena nato ti mandavano a lavorare… adesso i vecchi tirano la carretta e i giovani seduti comodamente sopra.  

Marghèrita:  (si avvicina e guarda Rocchètte con interesse mentre spazza)  Ma non tutti i giovani sono seduti al comodo… caro Rocchètte! Ce ne sono anche di quelli che la carretta saprebbero tirarla… il difficile è trovarla una carretta da tirare… io per esempio non l’ho ancora trovata.

Mèste Gìne: Rocchè! Margherita parla come se fosse già  diventatata vecchia… non ha neppure trentanni… per sposarsi c’è ancora tempo. Che poi diciamo la verità… i giovani sembra facciano i moderni… ma quando si tratta di sposarsi non guardano a quelle con la minigonna… vogliono le ragazze serie e senza grilli per la  testa.

Rocchètte:  Mèste Gì! Io proprio una ragazza così sto cercando… ma non pensare che sia facile trovarla.(rivolto a Margherita)  Bisogna sempre sperare… cara Marghèrita...perchè quanto meno te lo aspetti… una luce si accende. Anch’io la speranza non l’ho ancora perduta… chi lo sa?

Mèste Gìne: Rocchè! Te lo ripeto ancora una volta”chi vive di speranza muore disperato”!

Rocchètte: Mèste Gì! Te lo devo dire sei monotono… va bene!

 (lancia uno sguardo a Marghèrita che abbassa il suo e rientra in casa anche Rocchètte rientra mentre Mèste Gìne dopo un po riprende a fischiettare quando si apre il portone del palazzo, esce Don Giuànne , ha con se un pacco, si avvicina a Mèste Gìne e poggia il pacco sul deschetto)

Scena venticinquesima

Mèste Gìne e Don Giuànne

Don Giuànne: Mèste Gì! Non ti avevo detto che avevo una sorpresa per te? Eccola! (indica il pacco) Questa è la sorpresa!

Mèste Gìne: Don Giuà! Per dire il vero a me le sorprese non piacciono. A volte le sorprese sorprendono chi le fa. Per me oggi la sorpresa migliore è stata una bolletta della luce che non ho potuto pagare!

Don Giuànne: Mèste Gì! E se ti dico che questa sorpresa risolverà tutti i tuoi problemi… tu che dici?

 

Mèste Gìne:  Che devo dire  Don Giuà! Dico che mi stai prendendo in giro… oppure è una sorpresa col trucco.

Don Giuànne: Senza trucco e senza inganno… Mèste Gì!  Qua ci sono un sacco di soldi tutti per te… ne puoi fare ciò che vuoi… sono tuoi.  Ti voglio fare ricco… bastano tutti i sacrifici che hai fatto finora. C’è un solo vincolo da parte tua da rispettare. A nessuno… dico a nessuno neppure a tua moglie devi dire che te li ho dati io. Trova tu una scusa digli che ti son caduti dal cielo.

Mèste Gìne:  Dicevo io che il trucco c’èra! Comunque grazie Don Giuà! Ma mi puoi dire almeno perché mi stai facendo questo regalo? Cosa ho fatto per meritarlo?

Don Giuànne: Voglio che tu cambi posizione.. cambi vita… viva senza preoccupazioni.

 

Mèste Gìne: Don Giuà! E’ appena andato via Mèste Nùcce che per lavarsi la coscienza sta facendo un’opera di bene… voi cosa vi spinge a farlo?

 

Don Giuànne: Mèste Gì! La coscienza di Mèste Nùcce vuol essere lavata  e risciacquata con la candeggina.  La mia è pulita… lo faccio solo per la tua simpatia. Ti voglio cambiare la fortuna.

Mèste Gìne: Io più che cambiare la fortuna dovevo cambiare la moglie. E’ lei che mi intossica la giornata con le sue  assurde richieste. Ma non è che per caso mi stai prendendo in giro?

 

Dòn Giuànne: Signornò non è una presa in giro! Questa mattina con Donna Chiara, siamo stati dal Notaio per concludere un affare. Ho venduto quelle terre sue vicino al mare che non rendevano niente. Me le hanno pagate ad un prezzo eccezionale. Dicono vogliano fare case di villeggiatura… ma chi se le compra?

Mèste Gìne: E Donna Chiara lo sa che mi stai facendo questo regalo?

Don Giuànne:  Allora perchè ti ho detto che di questo fatto nessuno deve sapere. Questo è un pensiero mio. Mi sono detto: a cosa mi servono tanti soldi?  Forse se aiuto chi ne ha bisogno posso farlo contento ed ho pensato a te che per guadagnarti da vivere lavori da notte a notte. Tu fai conto che con questi soldi ti ho pagato quel paio di scarpe. Adesso vedi tu quello che vuoi farne. Auguri Mèste Gì!

( rientra in casa)

Mèste Gìne:   (meravigliato non risponde al saluto, rimane a pensare, poi apre il pacco ed alla vista di tanto denaro rimane esterrefatto, lo prende lo guarda in controluce lo conta mentre il sipario si chiude.

Fine primo Atto


(A sipario chiuso un lettore dirà...) Come fare per non rivelare a nessuno l'origine vero della sua fortuna, Mèste Gìne ci pensa e decide che può risultare credibile raccontare, alla moglie e poi anche al paese, di una vincita alla lotteria, in modo da tenere fede all'impegno preso con Don Giuànne, cosicche alcuni giorni dopo...

Secondo Atto

Scena prima

Don Giuànne e Donna Chiara

(all'apertura del  sipario dalla scena è scomparso il deschetto de Mèste Gìne, si apre il portone esce Dòn Giuànne  la moglie Donna Chiara si affaccia dal balcone)

Donna Chiara:  Giovannì! Dove stai andando?  Ho contato i soldi della vendita...  e mancano più di venti milioni... che fine hanno  fàtto? Non è che te li sei giocati? O lì hai dati a qualche amante delle tue?  Sei un incapace! Un parassita! Un inetto!

Don Giuànne: Io di questo fatto non ne so proprio niente! La borsa con i soldi a te l'ho data! Li hai contati bene?   Non  può essere che sono entrati i ladri?

Donna Chiara:  Se li ho contati bene? I ladri?  In questa casa se c'è un ladro quello sei tu!  Perciò adesso aspetta che  vieni con me....andiamo dalle guardie a fare la denuncia!  (ironica)Vediamo se lo trovano loro questo ladro.

Don Giuànne: Ma da quali guardie dobbiamo andare! Tu chissà dove li hai messi e non te lo ricordi.... hai cercato bene?

Donna Chiara: Dove devo cercarli? Dimmelo tu... perchè tu lo sai dove sono andati a finire.... e anchio lo so! Hai capito?

Don Giuànne:  Stai gridando....stai gridando? Insiste lei! Se ti ho detto che non lo so....non lo so!

Donna Chiara: Non basta che ti sei bruciato tutte le tue proprietà? Adesso pensi di attaccare i miei di beni? Ma questa non la vinci! se fin'ora te le ho perdonate tutte... adesso basta!

Don Giuànne: Va  bene... ho capito... ma tu smettila di gridare.... vado a portare la denuncia...  stai facendo una piazzata... la gente può pensare che hai sposato l'uomo più stupido della tèrra!

Donna Chiara: E allora vai... vai tu... a  portare la dènuncia così vediamo dove sono andati a finire questi soldi! 

(rientra in casa mentre Don Giuànne esce dalla scena dall'interno del Bar Rocchètte che ha ascoltato il diverbio esce per vedere mentre  sulla scena arriva Margherita tutta elegante con in mano la spesa)


Scena seconda

Rocchètte e Marghèrita

Rocchètte:  Buongiorno Marghèrì! Da dove vieni così elegante?

Marghèrita: Buongiorno Rocchè! Sono andata a fare un po di spesa!

Rocchètte: La spesa? E già da quel colpo di fortuna che ha avuto Mèste Gìne... ora per fare la spesa non bisogna più aspettare di consegnare le scarpe…ora prendi e spandi…Mèste Gine da allora ha smesso di lavorare non mette più fuori neppure il deschetto!

Marghèrita: Il deschetto, la mamma lo ha messo da parte e papà sta andando in depressione proprio per questo. Pensa  sono un po di giorni che dice di non sentirsi bene e passa dalla sedia al letto

Rocchètte:  Quando vai a casa… digli di uscire… così diciamo due chiacchiere. Digli che alla strada manca il battere del suo martello!

 

Marghèrita: Certo glielo dico… ma lui dice che non ha voglia di vedere nessuno… che sta meglio in casa. (entra in casa Rocchètte la guarda mentre va via e rimane sulla scena mentre ritorna Don Giuànne che va a sedersi al tavolo)

Scena terza

Rocchètte e Don Giuànne

Don Giuànne: Buongiorno Rocchè!

Rocchètte: Oh! Esimio Don Giuànne! In cosa vi posso servire?

Don Giuànne:  Servire? Che brutta paròla! Semmai favorire!  Senti... allòra fàmmi un favore... portami una birra con una gassosa! ( nell'attesa si accende una sigaretta)

Rocchètte:  Subito prontaa per Don Giuànne! (entra nel Bar)

Rocchètte:  (esce con in mano il vassoio con sopra un bicchiere, la birra e la gassosa le apre per servirle quindi rivolto a Don Giuànne)  Don Giuà! Questa mattina vi ho sentito discutere  con la signora… ma che cosa è successo?

Don Giuànne: Rocchè! Tu sempre con l’orecchio teso ad ascoltare i fatti che non ti riguardano stai?

Rocchètte:  Per carità! Io non mi interesso dei fatti degli altri…sono gli altri che i fatti loro li mettono in piazza. Ma è successo qualcosa… ho sentito la signora arrabbiata e  preoccupata.

Don Giuànne: Rocchè!  Le donne hanno sempre qualcosa da ridire… smarriscono le cose e se la prendono con noi… se gli stai dietro ti fanno perdere la carta del navigare. (comincia a sorseggiare dal bicchiere)  Moh! Rendi un altro bicchiere e siediti qua… bevi con me… fammi quest’onore.

Rocchètte: L’onore è tutto mio Don Giuà! (entra nel Bar prende un bicchiere lo riempie e si siede) Don Giuà! Dopo quel colpo di fortuna ti sei accorto che Mèste Gìne ha smesso di lavorare ? (confidenziale) Ma sembra che adesso non stia tanto bene… non esce di casa… non vuol vedere nessuno… pare che sia andato in depressione.

Don Giuànne: Eh! Caro Rocchètte! Tu cosa pensavi che i soldi danno la felicità? I soldi sono solo preoccupazioni! No ricordi  come Mèste Gìne cantava e fischiava quando era povero? Adesso che ha i soldi non fischia e non canta più. 

Rocchètte: (beve) Dice bene il proverbio…”Chi ha mangia… chi non ha mangia e beve” ed pure contento. Eh!  La saggezza degli antichi!   !

Don Giuànne:  Vuoi sapere la verità…Rocchè? Quando lo sentivo fischiare e cantare… un poco mi dava fastidio. Pensare che lui senza un soldo era così allegro ed io con tanti soldi e proprietà non so dove sbattere la testa… ti sembra giusto?

Rocchètte:(beve) Don Giuà! Ma forse a voi non sono i soldi a darvi preoccupazioni… può essere che sono gli stravizi.

Don Giuànne: Di quali stravizi stai parlando? Quello di passare qualche ora al Circolo con gli amici? Questi sono gli stravizi? Però pure tu… hai una lingua! Rocchè!  La tua lingua non ha spine ma punge!

Rocchètte: (beve)  Scusa Don Giuà! Ma come si fa a credere… come dite voi… che i soldi sono una preoccupazione? Forse non danno la felicità, però io sono sicuro che con quelli si vive meglio! 

Don Giuànne:  Il fatto è caro Rocchètte! Che” i guai della pignatta li conosce il cucchiaio”! Moh! Quanto ti devo per la consumazione?

Rocchètte: Offre la ditta Don Giuà! Non mancherà occasione! E scusa ce t'àgghje cundradìte vedemmàne!

Don Giuànne:  E ci voleva pure! Te la  sei bevuta tutta tu!

Rocchètte:   Scusatemi! E scusatemi se oggi vi ho contraddetto.

(Don Giuànne rientra in casa mentre Rocchètte dopo aver sparecchiato il tavolo rientra nel Bar, dopo poco escono dalle rispettive abitazioni Delia e Peppìne che si salutano e vanno via, esce Mèste Gìne con una sedia che mette davanti alla porta di casa, vi si siede e poggiato il gomito sulla spalliera rimane pensieroso, esce anche la moglie)

Scena quarta

Mèste Gìne e Méména

Méména: (rivolta a Mèste Gìne)  Qua ti sei seduto? Pensavo volessi scendere in piazza!

Mèste Gìne: Per fare cosa?  Devo andare a trovarmi un lavoro ?

Méména:  Non è che  puoi stare qua tutto ingrugnito a brontolare!

Mèste Gìne:  Eh! Già! Adesso sono diventato brontolone! Quando cantavo e fischiavo ero cuore contento. Con le donne come fai sbagli! Se non ti avessi sposato adesso potevo decidere con la mia testa. 

Méména: E bene avresti fatto a non sposarmi… non avresti messo in croce me! Tu adesso mi devi dire:  da dove viene, questa tua idea di aprire un negozio di scarpe? 

Mèste Gìne: Quella è un’idea che mi è sempre frullata in testa.  Non vedi che scarpe nuove non se ne fanno più! Cosa credi che la gente va in giro scalza? Noh! Le scarpe le comprano al negozio… anche se sono fatte di colla e cartone le comprano lo stesso.  Adesso le scarpe le vende  chi non sa neppure se la tomaia è il sotto o il sopra delle scarpe. 

Méména:  Ma  per aprire un negozio tu lo sai quanti soldi ci vogliono?  Se li spendi per aprire il negozio non possiamo fare altro. Per ilcorredo a quella figlia come facciamo? E poi… veramente mi vuoi costringere in questo buco di casa tutta la vita?

Mèste Gìne:  Non lo vedi che dai negozi si sono arricchiti tutti? Compri a dieci e vendi a cento! Nella zona nuova del paese ci sono tanti locali vuoti… quel posto diventerà il centro del paese…quello è il posto migliore per aprire un negozio di scarpe.

Méména: Ma prima bisogna preoccuparsi del corredo di Margherita e di una casa decente. In quella zona stanno costruendo case bellissime con il bagno e tutti gli accessori

Mèste Gìne:  Seh! E  dopo ci mangiamo la casa e quando abbiamo finito ci mangiamo il corredo di tua figlia. Dice il proverbio che “ la donna bella e pulita senza dote si marita”. E poi considera che dal negozio te la puoi fare una casa… da una casa non ti puoi fare un negozio… se la casa la abiti cosa  rende?

Méména:  E se le cose vanno male? Non perderemo tutto! Chi ti dice che proprio da te devono venire per comprare le scarpe.  Se facciamo come dici tu… ci giochiamo questa fortuna e rimaniamo con un pugno di mosche in mano. 

Mèste Gìne:  Mémé!  Se  la fortuna mi ha trovato vuol dire ca lo sapeva dove andare a bussare… se ha bussato a casa mia sapeva che non perdeva i passi.

Méména:    Così vuoi dire che la fortuna  è la tua… e ne puoi fare quello che vuoi… non devi dar conto a nessuno. Cosicchè... “la miseria era di tutti… la fortuna invece è la tua”

Mèste Gìne:  Piano piano… quella che tu chiami fortuna sta diventando per me una sfortuna. Perché prima… è vero… litigavamo ma l’arrabbiatura durava dal tavolo al letto. Adesso è già una settimana che non c’è pace… il discorso è sempre lo stesso.

Méména:  Il discorso è sempre lo stesso… ma tu non lo cambi il tuo pensiero… non mi vieni incontro.

Mèste Gìne:   Ma di cosa parli? Io devo venirti incontro… o tu? 

Méména:  Va bene  finiamola! Perchè mi sta salendo già il sangue alla testa. Tu o fai lo scemo o sei scemo. Ma per me… te lo dico… sei scemo. (rientra) 

Scena quinta

Rocchètte e Mèste Gìne

(dal Bar esce Rocchètte che invita Mèste Gìne a sedersi al tavolo)

Rocchètte: Mèste Gì! Buongiorno! Come stai? E’ più di una settimana che non ti facevi vedere! Sei stato ammalato? Moh! Vieni a sederti qua… ti offro un caffè e diciamo due chiacchiere.

Mèste Gìne: (si alza per andare a sedersi al tavolo del Bar)  Come devo stare Rocchè!  Se vuoi sapere la verità…. Stavo meglio prima… con mia moglie litigavamo ma per cose di poco conto… adesso è lite continua.

Rocchètte: Con Don Giuànne questa mattina proprio di te parlavamo… hai smesso di lavorare… non ti fai più vedere. Io ho pensato che forse Mèste Gìne da quando ha avuto la fortuna ed  è diventato ricco è diventato superbo. Lo prendi un caffè? 

Mèste Gìne: Lascia stare Rocchè! E’ meglio di no… meglio se rimango calmo… se prendo il caffè quando torno a casa riprendo a litigare con mia moglie. Il fatto è che quella fortuna sta diventando per me una disgrazia.

Rocchètte:  Mi vuoi dire che aveva ragione Don Giuànne... che i soldi non danno la felicità.

 

Mèste Gìne:  Quale felicità Rocchè! Non ho più pace…la notte non dormo… di giorno con mia moglie siamo gatto e cane. Lei non mi capisce… lei pensa alla dote della figlia… ad una casa nuova.  Il mio pensiero invece è un altro… ma con quella non la vinco. 

Rocchètte:  Con le donne perde pure il diavolo… Mèste Gì!

Mèste Gìne:  Forse proprio il diavolo è stato… è lui  che mi ha messo in mano questa fortuna.  Forse per misurarmi l’anima. 

Rocchètte:  Mèste Gì! Però… un uomo di mondo come te… si perde in un frangente simile !  Mi stai facendo credere che si può vivere meglio senza il superfluo !

Mèste Gìne:  Rocchè! Io prima cantavo, fischiavo e vivevo tranquillo.  Da quando è successo il fatto… ho perso la mia allegria. A volte voglio sbattermi la testa contro il muro.  Ma è possibile che mia moglie non capisce… che i soldi bisogna farli fruttare… che quando li hai spesi siamo punto e a capo… torniamo alle miserie di prima.

Scena sesta

Mèste Gìne, Méména, Marghèrita e Rocchètte

(escono  di casa la figlia con la moglie che rivolta a Mèste Gìne)

Mèmèna:  (altera)Senti! Noi stiamo uscendo… voglio andare a vedere per una coperta e due lenzuola. Non le devo comprare voglio chiedere il prezzo per potermi regolare.

Mèste Gìne:  (arrabbiato) E vai..vai... cominciate a dargli fuoco alla fortuna… cosi ci leviamo il pensiero e non ne parliamo più. 

Marghèrita: Papà ma cosa dici? Mamma ha ragione… per il momento è più importante la mia dote… per le altre cose c’è tempo…(confidenziale) è da un po’ di giorni che una persona che conosco mi guarda con insistenza e mi fa i complimenti.

Mèste Gìne:  Tu signorì! Apri gli occhi! Perché il fatto lo sa tutto il paese…e sai quanti spostati ci sono che si vogliono sistemare? Io sono sicuro che hanno messo gli occhi sui miei soldi prima di guardare le tue bellezze. Hai capito!

Méména:  Ma tu vuoi per forza  fare discussioni in strada. Ne parliamo quando ritorno… intanto sfogati con Rocchètte... solo lui può darti ragione… perché gli uomini siete tutti uguali… siete tutti incaponiti.

Rocchètte:  Uèh! Mémé!  Ma... tu quando non sai con chi prendertela te la prendi con il mondo? Perche  stai mettendo in mezzo me che non c’entro niente con i vostri litigi. Io sto bene a casa mia con mia sorella… non ho figli a cui dare la dote e nessuna fortuna da spendere.  

Méména:  E allora dillo tu a questa testa dura… che le sue idee non ce la cambiano la vita. Io sono stufa di vivere nella miseria… è da una vita che non fa altro che farmi ingoiare veleno. I soldi sono fatti per essere spesi!

Mèste Gìne:  E già! E quando li hai spesi hai finito di tessere e di filare… dicevano gli antichi.

Méména:  Quando una sa filare non ha bisogno neppure del fuso… diceva un altro detto antico.

Marghèrita: Ma la volete finire… lo volete capire tutti e due che il futuro dei figli è più importante delle vostre discussioni. Perché non pensate anche a Peppìne che con quei soldi può continuare a studiare per un avvenire diverso dal vostro… pensate a noi e finitela di litigare..

Rocchètte: Ha ragione Marghèrita... voi due state pensando a voi e vi siete scordati che prima di voi vengono i figli… a loro dovete pensare… perché loro è l’avvenire.  Ed anche la dote di Margherita è importante.

Mèste Gìne:  Ecco qua! Con la paternale  di Rocchètte abbiamo chiuso il discorso. Stai parlando proprio tu che figli non ne hai… hai fatto un pontificale che neppure Monsignore farebbe. 

Méména:  Ho capito!  Oggi non è la giornata giusta… torniamo a casa… questo discorso lo riprendiamo un'altra volta a quattr’occhi… può essere mai che non si deve convincere!  (rientra in casa seguita da Margherita)

Mèste Gìne:  Sempre questa è la conclusione… (imitando la moglie) può essere mai che non si deve convincere. Dopo tanti anni non mi conosce ancora…io piuttosto che dargli retta… sono capace di dargli fuoco a quei soldi… come voleva fare Mèste Nùcce... altro che storie!

 

Rocchètte:  Ma cosa stai dicendo?  Mèste Gì!  Ma può essere mai che non dovete trovare un punto di accordo? Se tu facessi un’azione di queste… rischi di separarti da tua moglie… sono figure da fare alla vostra età? Per cosa poi… per i soldi. Ma forse è proprio vero che i soldi sono opera del demonio… per mettere in disaccordo le famiglie.

Scena settima

Mèste Nùcce, Cècca, Rocchètte e Mèste Gìne

(entrano in scena Mèste Nùcce sottobraccio alla moglie di ritorno dal Notaio )

Mèste Nùcce e Cècca: (in coro) Buongiorno!

Mèste Gìne e Rocchètte: (in coro) Buongiorno!

Rocchètte:  Uèh! Mèste Nù! Come due sposini stamattina… da dove venite?

Mèste Nùcce:  Rocchè! Non te lo dissi che con Cècca abbiamo deciso di donare i nostri beni per i bambbini del  Villaggio SOS... e questa mattina siamo stati dal Notaio per fare testamento… così dopo la nostra morte i nostri beni passeranno direttamente a loro.  Non ti dico come sono soddisfatto… ed il merito di questa decisione è tutto di Mèste Gìne...lui mi diede il consiglio giusto. Ora prendi una bottiglia di quelle buone che dobbiamno festeggiare… alla faccia di chi ci vuole male.  

Cècca:  Mèste Gì! Ora posso morire contenta…ilmio augurio è che Signore ti protegga e ti dia  centanni di buona salute.

Mèste Gìne: Sono contento anch’io perché avete sistemato le vostre cose. Però adesso sono io che ho bisogno del consiglio giusto e non so a chi chiederlo.

Rocchètte:  Certo dare consigli agli altri è facile. Quando invece devi prendere la giusta decisione  tutto diventa più difficile.  (entra nel Bar per prendere la bottiglia per Mèste Nùcce)

Cècca:   Cos’è successo  Meste Gì?  Vedo che non hai messo fuori neppure il deschetto… hai smesso di lavorare? Ti vedo mortificato… mi dispiace… hai qualche problema di salute

Mèste Gìne:  Non è un problema di salute… ma la salute me la sta levando.  Lo soi o e nessun altro quello che stò passando.  Ma non ne parliamo adesso pensiamo a fare festa per voi. 

Cècca: Mèste Gì! Lo sai che puoi fare affidamento sulla nostra amicizia… se hai bisogno puoi disporre. E  Méména come sta?  Sta bene?

Mèste Gìne: Sta bene… sta bene…

Cècca:  Moh! Chiamala la voglio salutare e voglio che beva e festeggi con noi.

Mèste Gìne:(si alza e dall'uscio di casa chiama la moglie)  Mémè! Esci che Cècca ti vuole salutare!

Méména: (esce) Uèh! Commare ! Come mai da queste parti?

Cècca: Non ti dissi che i nostri beni volevo donarli ai poveri ? Stamattina Don Ciccio ci ha accompagnati dal Notaio per la donazione. Poi  Nenùcce è voluto venire a ringraziare tuo marito... Moh! Avvicinati così bevi con noi ! (esce Rocchètte che versa il contenuto della bottiglia in cinque bicchieri)

Mèste Nùcce: (alza il bicchiere) Rocchè! Mèste Gì! Brindiamo alla salute nostra e pure a quella di chi ci vuole male “ oggi alziamo il bicchiere perché ci siamo tolti un pensiero… il Signore ci aiuti e ci salvi la salute” (bevono tutti, poi Rocchètte porta via bottiglia e bicchieri e seguito da Mèste Nùcce entrano nel Bar per regolare il conto)

Mèste Gìne:  Speriamo veramente che il Signore mi aiuti… che mi illumini. La notte non dormo più… tanti sono i pensieri.

Méména: Se tu i pensieri li cambi… finiscono le discussioni e la notte puoi dormire tranquillo.

Mèste Gìne: Ancora insiste! Finiscila adesso!

Cècca: Mémè! L'ho detto a tuo marito… se avete bisogno potete disporre del nostro aiuto. 

Méména:  Grazie cummà! Ma non è questione di bisogno… anzi…  

Cècca: E allora quali sono i motivi di queste discussioni? 

Méména: Come non sai niente della vincita che ha fatto mio marito alla lotteria?

Cècca: Ha vinto la lotteria? Come sono contenta… e  quanto ha vinto?

Méména: Preciso non lo so perchè mica te lo dice… ma sono più di venti milioni… e li vorrebbe investire per aprire un negozio di scarpe. E non pensa che ci sono cose più urgenti… la dote della figlia… una casa decente.

Cècca: Madonna Mémè! E voi veramente volete litigare per il di più… fate come noi che l’accordo lo abbiamo trovato proprio grazie a tuo marito…grazie a lui a casa nostra sono finite tutte le discussioni

 

Mèste Nùcce: (esce dal Bar e rivolto a Cècca) Ce ne andiamo? Voglio andare in campagna per raccogliere la verdura. Mèste Gì! Il medico mi ha detto che solo quella possiamo mangiare alla nostra età.  La carne… la mortadella fanno male… portano acciacchi e malattie. Tu guarda com’è il mondo… quando eravamo giovani e potevamo mangiarle non potevamo comprarle oggi che abbiamo la possibilità di comprarle non possiamo mangiarle… il mondo è a testa in giù caro Mèste Gìne!

Mèste Gìne: A me il medico non mi  fa raccomandazioni come questa. Mi ha detto invece : la mortadella mangiala senza pane, alle uova butta via il guscio e con il veleno fai intossicare gli altri. Ma è da più di una settimana che sto ingoiando solo veleno.

Mèste Nùcce: Ti capisco Mèste Gì! A casa per mesi è stato lo stesso. Meno male che tu mi hai dato quella dritta che ha portato la pace in famiglia. Oggi posso dire di vivere contento e tranquillo. (rivolto alla moglie)Cè!  Andiamo che si è fatto tardi! 

Cècca:  Si andiamo... arrivederci Mèmè! (si abbraccia e si bacia con Méména che rientra in casa) Mèste Gì! Grazie… grazie… mille volte grazie…il Signore sarà buono con te. Arrivederci!

Mèste Gìne:  Speriamo in Dio! Arrivederci!

Rocchètte: (esce dal Bar ) Sono andati via Mèste Nùcce con la moglie?

Mèste Gìne:  Si sono andati via Rocchè! E sto andando anch’io… vado  a fare due passi in piazza… sperando di far svaporare il pensiero… ci vediamo dopo… arrivederci!  (esce)

Rocchètte:  Come vuoi  tu Mèste Gì! Arrivederci! (rientra nel Bar)

Scena ottava

Méména e Donna Chiara

(Mèména esce per  riportare dentro la sedia che il marito aveva portato fuori quando dal palazzo esce Donna Chiara con la borsa della spesa )

Méména:  Buongiorno Donna Chià! Dove andate di bello ?  

Donna Chiara:  Buongiorno Mémé!  Sto andando a fare la spesa… Don Giovanni si è messo comodamente in poltrona a leggere il giornale. Gli ho chiesto di scendere per fare la spesa ma si è stizzato. Mi ha detto che non aveva voglia di uscire… gli uomini…  Mémé!  Beato chi li perde e povero chi li trova.  

Méména:  Non me ne parlate Donna Chià! Io con mio marito non so più come fare… è da un po di giorni che non facciamo altro che litigare. Gli uomini credono di capire tutto ma hanno il cervello di una gallina.

Donna Chiara:  Io pure in questi giorni mi infastidisce la sua sola presenza. Perché quello ogni tanto ne fa una delle sue… che ti devo dire forse alle carte si è giocato una fortuna… il bello è che lo nega.

Méména: A casa invece la fortuna che è arrivata non la sappiamo godere… per cosa poi… per la sua testardaggine.

Donna Chiara:  Moh! Mémè! Di  quale fortuna stai parlando ? Io non ne so niente !

Méména:  Come non ne sapete niente? Lo sa tutto il paese… la settimana passata con un biglietto della lotteria ha vinto più di venti milioni. 

Donna Chiara: Non ne sapevo niente… ma sono proprio contenta per voi!

Méména:  Come vi stavo dicendo. Da quando ci è arrivata questa fortuna sono cominciati i litigi e le discussioni.

 

Donna Chiara:  Come! Invece di essere felici per la fortuna capitata… state a discutere e a litigare?

Méména:  Vi stavo dicendo che mio marito è testardo e incaponito. Vuole mettersi nel commercio… vuole aprire un negozio di scarpe nella zona nuova del paese. Ma io dico se le cose poi vanno male la fortuna non ce la siamo giocata? Io invece penso sia più importante una casa decente… la dote per quella figlia e se Peppino volesse continuare negli studi… possiamo impedirlo?

Donna Chiara: Mbèh! Delia mia gli studi li deve continuare… su questo argomento c’è l’accordo con mio marito. Bisogna vedere se è d’accordo anche lei… perché con i figli non si sa mai… i tempi sono cambiati… noi non possiamo decidere del loro futuro. 

Méména: Avete ragione Donna Chià! Adesso i figli decidono loro… i consigli nostri non valgono più… ma forse è amche meglio così. Noi che ne capiamo... loro hanno studiato e sanno.

Donna Chiara: E’ vero Mémé!  Se mi ricordo ai nostri tempi… noi non potevamo decidere su niente… erano i genitori che sceglievano per noi… anche il marito. Per esempio per me scelsero questo signorino e io non potetti non essere d’accordo.

Méména:  Che devo dire… il nostro invece fu un matrimonio d’amore. Lui lavorava in un negozio in piazza… con mia madre andavamo a raccogliere le olive… e mattina e sera passavamo davanti al negozio dove lui lavorava. Mi mise gli occhi addosso e passava ore ed ore all’angolo della strada di casa mia… fino a quando non si dichiarò e venne in casa. Siamo stati fidanzati per sei anni poi si aprì un negozio suo e ci sposammo. Abbiamo vissuto la nostra vita felicemente fino all’altra settimana. Da quando è arrivata la fortuna è finita la felicità.  

Donna Chiara: Mémé! A proposito di matrimonio… lo sai che Delia mia si frequenta con tuo figlio?

Méména:  Lo so Donna Chià! E noi che possiamo dire… se si piacciono e sono contenti” loro con una mano e noi con tutte due… piuttosto Don Giuànne cosa ne pensa di questo fatto… lui è contento ?

Donna Chiara:  Lui non si è accorto di niente. Ma uno di questi giorni affronterò l’argomento e può pensarla come vuole… impedimenti non ne può mettere. Basta ! Da ora in poi le decisioni le deve subire… se veramente si vogliono bene e decideranno di sposarsi, saranno loro a gestire i miei beni… visto che i suoi li ha alienati tutti. 

Méména: Sono contenta che pure voi la pensate come me. Io a dire la verità ero preoccupata. Dicevo fra me : se Donna Chiara viene a saperlo chissà come la prenderà.  Ma adesso che mi avete detto cosi sono tranquilla e contenta.

Donna Chiara: Mbè! Mémé! Me ne vado… vado a fare la spesa altrimenti oggi non si mangia. Questo discorso lo riprendiamo un altro giorno. Arrivederci! (esce)

Méména: Arrivederci Donna Chià! (riporta con se in casa la sedia)

Scena nona

Rocchètte e Mèste Gìne

(ritorna in scena Rocchètte per  rimettere le sedie a  posto  e parla fra sè)

Rocchètte:  Le donne quando si incontrano… ne hanno cose da dire… cicici.... cicici... cicici... non la finiscono di parlare… di cosa parlano? O sparlano dei mariti o criticano tutto il paese… cicici...cicici... cicici... è proprio vero che due donne e una papera fanno un mercato. (rientra in scena Mèste Gìne)

Mèste Gine:  Rocchè! Ma sei scimunito… parli da solo?

Rocchètte:  Uèh! Mèste Gì! Sei tornato? Ti vedo più tranquillo adesso… sono svaporati i pensieri?

Mèste Gìne:  (si siede) Non me ne parlare Rocchè! In piazza se ne parli con qualcuno… ti danno del fesso.  Sai come dicono? Che sorta di scemo ha avuto la fortuna e non la sa godere. “il Signore da il pane a chi non lo mastica”. Che ne sanno loro com’è difficile gestire una somma di denaro per uno che non lo sa neppure contare.

Rocchètte:  Io non sono bravo a dare consigli. Però una cosa te la voglio dire. Al posto tuo tutti quei soldi li depositerei in banca e vivevo con gli interessi. Mi hanno detto che danno più del dieci per cento all’anno una banca nuova che hanno aperto da poco.

Mèste Gìne:  Ecco qua! Ci  avevo pensato anch’io ma è la scelta sbagliata. I soldi non sono fatti per stare in banca… è vero gli interessi sono alti… ma devi vedere come si svalutano da un giorno all’altro.  Non vedi tutto aumenta di valore e il valore dei soldi diminuisce. I soldi in banca sono un capitale morto.

 

Rocchètte:  A me pare... che tu con tutti questi scrupoli che ti fai ti stai avvelenando la vita. Perché non ti fai consigliare da chi ne capisce?

Mèste Gìne:  Rocchè! A chi ne capisce… fa l’interesse suo prima di fare il tuo….poi se ne rimane… i soldi sono come l’olio… si attacca alle mani. 

Rocchètte:  Mèste Gì! Ma può essere mai che proprio tu che hai saputo dare consigli a tutti… ora per te stesso non sai come regolarti?

 

Mèste Gìne:  Non è che non so come regolarmi… il mio pensiero è quello giusto. E’ mia moglie che non capisce e mi confonde le idee. E pensare che senza soldi vivevamo contenti… adesso con i soldi non ridiamo più…

Scena decima

Donna Chiara, Don Giuànne, Rocchètte e Mèste Gìne

(entra sulla scena Donna Chiara di ritorno dalla spesa va verso il portone per aprirlo, ma questo si apre e compare Don Giuànne)

Donna Chiara:  E tu! Stai uscendo?  Dove stai andando?  Potevi dirlo che dovevi uscire... potevi farla tu la spesa.

Don Giuànne:  Prima non mi andava di uscire... ora sono sceso perchè voglio scambiare   due chiacchiere con Mèste Gìne... tu và... và  vai a cucinare! 

Donna Chiara:  Tu puoi fare così perchè in Italia non c'è ancora il divorzio... ti facevo  vedere io  come ti facevo abbassare la cresta.  (rientra)

Don Giuànne:( si siede)  Buongiorno Mèste Gì! Come va?

Mèste Gìne:  Come va? Male Don Giuà!  Non ne parliamo ho la testa che mi scoppia di pensieri. 

Rocchètte:  Don Giuà!  A Mèste Gìne... quella vincita gli ha cambiato la vita… ma lui dice che stava meglio prima… si può credere?  

Don Giuànne:  Può essere che un uomo dritto come te si perde… quando ha una fortuna da spendere ?

Mèste Gìne:  Quella che voi chiamate fortuna  a me sta rendendo la vita amara e mia moglie ci mette il carico da undici.  

Rocchètte:  Mèste Gì! Senti quello che ti dico… a tutti i problemi si trova la soluzione… e pure tu la troverai. 

Mèste Gìne:  Fosse per me la soluzione ce l’ho a portata di mano… è lei che mi contrasta con le sue fisime. E  mi guasta il pensiero.

Don Giuànne:  E tu non fartelo guastare… le donne che capiscono… quelle si sanno solo lagnare.  Adesso indossano i pantaloni perché vogliono il comando per loro. Ma l’uomo è uomo…spettano a noi le decisioni.  

Mèste Gìne:  Don Giuà! Ci fanno credere che le decisioni le prendiamo noi… ma sono sempre loro che decidono… senza il loro consenso non si fa niente… mettetevelo in testa.

 

Rocchètte:  Per come mi state raccontando… ho fatto bene a non sposarmi… chi l’avrebbe sopporta tata una moglie che vuole comandare! 

Don Giuànne:  Non l’avete sentita prima mia moglie? Tu puoi fare così perché in Italia non c’è il divorzio! Perché se ci fosse che potrebbe fare? 

Mèste Gìne:  Don Giuà! Le donne ne sanno una più del diavolo… non le vedi quando perdono il marito come ritornano giovani! Questo significa che non hanno bisogno di noi… anzi per loro noi siamo un fastidio in più.  

Don Giuànne:  Allora se siamo un fastidio in più… come dici tu… cominciamo col decidere di testat nostra e poi vediamo loro come reagiscono.  Per esempio cominciamo da te… tu come hai deciso di spendere i soldi che hai vinto? 

Mèste Gìne:  Volevo aprire un negozio in Viale Pola… lei è assolutamente contraria… io non voglio dargliela per vinta… ma se poi le cose vanno male.. chi la sente

Rocchètte:  E Mèména si fa sentire e come… io ne so qualcosa… stamattina se l’è presa anche con me… proprio per questo fatto.  

Don Giuànne: Lo vedete? Siamo noi uomini che non abbiamo il coraggio… abbiamo paura di loro e loro se ne approfittano. Comunque  Mèste Gì...  se ti posso dare un consiglio… io farei di testa mia e lei si doveva rassegnare alla mia decisione

Mèste Gìne: A dare consigli è facile… non è il primo che mi danno… ma poi devi fare i conti con la pace della famiglia… puoi stare a litigare ogni momento?  Ecco perché la mia testa fuma.  (entrano in scena Dèlia e Peppìne di ritorno dalla scuola, sono euforici per aver superato gli esami con il massimo dei voti, si abbracciano fra loro poi si avvicinano ai presenti e li salutano con affetto)

Scena undicesima

Delia, Peppìne, Rocchètte, Don Giuànne e Mèste Gìne

Dèlia e Peppìne:  Sessanta! Sessanta!

Don Giuànne: Mbeh! Che sono  queste confidenze! Voi due perchè vi state abbracciando?

Dèlia:  Papà come non lo sai... non te l'ha detto la mamma... con Peppino siamo fidanzati e appena lui trova lavoro vogliamo sposarci.

Peppìne:  E' vero!  E' quello che vogliamo fare appena possibile!

Mèste Gìne:  Come! Don Giua!  Non lo sapevate questo fatto?  A me mia moglie me l’aveva detto… perché pure io non ne sapevo niente. (rivolto ai ragazzi) io però mi domando e dico: siete ancora così giovani e vi volete legare questa palla al piede?

Rocchètte:  Mbèh! Come sono contento… allora si deve bere? (entra nel Bar per prendere da bere)

Don Giuànne: Subito lui! Ma cosa c’è da festeggiare?E comunque di questo fatto dobbiamo parlarne prima in famiglia...non correte e poi queste non sono cose che si  decideno in mezzo alla strada. 

Mèste Gìne:  Moh! Com’e !  voi non siete d’accordo ?

Don Giuànne:  Sono d’accordo e non sono d’accordo ! Con mia moglie si era deciso che Delia doveva continuare gli studi… ma per i giovani  le decisioni dei genitori non contano niente.(rivolto ai ragazzi) per il momento non ne parliamo!

Dèlia:  Io non so perchè tu devi rovinare sempre tutto... da voi non vogliamo niente... noi possiamo essere felici anche senza il vostro aiuto e Pèppino è d'accordo con me... voi non potete decidere della nostra vita.

Peppìne:  Vogliamo costruire insieme il nostro futuro... ci vogliamo bene e tanto basta.

Mèste Gìne:  Scusate ! Ma che fretta c’è ?  E pure voi dateci il tempo di digerire quest’altra novità !(si ferma un attimo a pensare) ma… non è che non è solo questa la novità noh !(i due ragazzi abbassano gli occhi)

Don Giuànne:  E abbiamo capito anche quest’altro fatto! Andiamo che si è fatto tardi... portiamo questa bella notizia a tua madre. (si alza e va via seguito da Dèlia)

Mèste Gìne:  Uèh! Peppì!  Ti domandai se le pignatte le stavi facendo… potevi dirmelo che invece le stavi rompendo ! Andiamocene via anche noi ! (entra in casa seguito da Peppìne)

Scena dodicesima

Rocchètte e Marghèrita

(rientra in scena Rocchètte con in una mano una bottiglia e sull'altra il vassoio con i bicchieri, rimane perplesso nel vedere che sono andati tutti via e rivolto al pubblico)

Rocchètte: Cos’è successo? Sono  spariti tutti? Ma cosa gli è preso? Sembravano tanto contenti! Io pensavo di festeggiare il fidanzamento… invece pare che il matrimonio è già scombinato.. (entra in scena Marghèrita che va verso Rocchètte)

Marghèrita:(con espressione mortificata)  Rocchè!  Lo hai saputo? Peppìne si è fidanzato con Delia! 

Rocchètte:  (poggiate sul tavolo vassoio e bottiglia)  Come non l’ho saputo! Mi ero preparato per un brindisi e sono scappati tutti.  Ma cos’è successo? 

Marghèrita: (quasi piangendo)  Cos’è successo? E’ successo che Peppìne si deve sposare… e subito! Deve sposarsi prima di me che sono la più grande. Non si fa così! 

Rocchètte:  Come subito? Perché tutta questa fretta? Ma ci sono novità in arrivo?

Marghèrita:  Si ! Rocchè!  Che ti devo dire ? Noi non ne sapevamo niente… perciò adesso si devono sposare ed anche in fretta… perchè fra sei mesi nasce… hai capito ? E io devo passare dietro.  

Rocchètte:  Non dire così… può essre pure che tu ti sposi prima di loro. Se sei d’accordo con il mio pensiero.

Marghèrita: (imbarazzata)  Di quale pensiero parli… non ti capisco. Come posso sposarmi prima di loro se non ho ancora un fidanzato ?

Rocchètte:  E’ vero ! Il  fidanzato non ce l’hai…lo so ! Però se tu mi dici di si…il fidanzato lo hai già trovato. Perchè io è già da un po di tempo che  ti avevo messo gli occhi addosso… ma tu non te ne accorgevi.

Marghèrita: (ancora più imbarazzata)  Madonna mia ! Rocchè!  Cosa mi stai dicendo ? mi hai preso alla sprovvista… non so neppure come risponderti. 

Rocchètte:  Non devi rispondermi subito… pensaci e poi mi dai una risposta. E’ vero per te sono forse un po anziano… ma tu stai tranquilla che con me puoi fare la signora.  Se tu sei d’accordo prepariamo in fretta i documenti e ci sposiamo prima di loro

Marghèrita: (che si è ripresa dalla dichiarazione de Rocchètte)  Se vuoi sapere la verità… a me la cosa non dispiace… ma non so come la prenderanno i miei quando glielo dico! 

Rocchètte:  Se tu sei contenta loro non dicono di no. Io sto guadagno bene… la casa ce l’ho… è vuota… mancano solo i mobili… e di quella casa tu puoi essere la regina.  

Marghèrita:  (prende coraggio e lo abbraccia)  Rocchè!  E’ proprio vero che quando pensi che si sia chiusa una porta si sta aprendo un portone.  Adesso vado e glielo dico!  (rientra in casa)

Scena tredicesima

(Rocchètte rimane in scena ad ascoltare)

Marghèrita: Papà! Mà!  Volete sapere? Rocchètte mi ha detto che è pronto a sposarmi!

Méména:  Rocchètte? Il Barista ?

Mèste Gìne:  Marghèri! E tu cosa gli hai detto? Che sei d’accordo? Quello ti può essere padre… forse ha ventanni più di te!  Ma ti vuole bene?

Marghèrita: Non m’importa che ha ventanni più di me… mi ha detto che mi vuole bene. E a me non dispiace…  posso dirgli di si? 

Rocchètte :  (si frega le mani)

Mèste Gìne: Figlia mia! Tutte queste novità in una volta sola!

Méména:  Tu  forse le novità le volevi poco per volta… quando te lo dicevo io non ci credevi. Adesso vedi? È arrivato il momento per l’uno e per l’altra. Sei incaponito! Te lo dico e te lo ripeto!

Mèste Gìne: Hai ricominciato con le tue prediche? Non ne puoi proprio fare a meno? Non ce la faccio più… basta!  Mi devo rimettere a lavorare e i soldi li devo rimandare da dove sono venuti!

Rocchètte :  (rientra nel bar)

Scena quattordicesima

Tutti in scena

(Mèste Gìne esce con il deschetto che posiziona nel solito posto e rivolto alla moglie ferma sulla porta di casa)

Mèste Gìne:  Adesso basta… mi sono stancato… non voglio più saperne. Voi fate come volete io da parte mia ho deciso… quei soldi non li voglio. Hanno portato in casa mia solo tribolazioni… sono opera del diavolo… non li voglio!  (prende il pacco dal cassetto del deschetto e si avvia verso il portone di casa de Don Giuànne bussa e ad aprire si presenta Donna Chiara  alla quale mette in mano il pacco) Donna Chià! Questi sono i soldi… non li ho vinti alla lotteria… sono vostri… me li aveva dati Don Giuànne per farmi stare meglio… ma mi hanno fatto la vita più amara di prima.  Non li voglio… sono dannazione. Da quando meli ha dati ho perso la pace. Io prima cantavo, fischiavo ed ero contento… e voglio continuare a cantare a fischiare ad aggiustare scarpe vecchie. E domani come viene viene!   

Méména:(meravigliata dalla dichiarazione del marito)  Che sorta di imbroglione… non li aveva vinti alla lotteria… ueh! Erano di  Don Giuànne... mi ha fatto credere quello che non era! Ma se le cose stanno così neppure io li voglio… ridaglieli indietro. Le ricchezze non sono fatte per i poveri. Hai ragione tu si vive meglio con il poco! 

Donna Chiara:  Ecco dov’erano andati a finire i soldi… ed io che ero convinta se li fosse giocati.  Allora mio marito non è come pensavo uno spostato donnaiolo. Li aveva dati per fare un’opera buona.  (esce dal portone di casa Don Giuànne)

Don Giuànne:  Ti sei sbagliato anche questa volta. Non era per fare un’opera buona. È stato perché era stanco di sentirlo fischiare e cantare anche se non possedeva nulla. Ho provato ad arricchirlo per vedere se anche con i soldi fosse uguale. Adesso lo so che non sono i soldi a dare la felicità.

Donna Chiara:  questi soldi per me erano andati perduti… non li rivoglio neanch’io… Delia!… Peppino! (entrano in scena  uscendo ciascuno dalla propria casa e si abbracciano al centro della scena)  questi soldi sono per  voi... serviranno per il matrimonio e per mettere su casa.

Peppìne:  Allòra possiamo sposarci? Non ci sono problemi?

Dèlia: (torna ad abbracciare Peppino) Che bello...

Donna Chiara:  Certo siamo d'accordo? Potete sposarvi ed essere felici... Mèste Gì! Voi non siete d’accordo ?

Mèste Gìne:  Io per me certo che sono d’accordo ! Mémé!  Tu cosa ne pensi ? 

Méména:  E io posso dire di no ? se loro si vogliono… pure noi vogliamo !

Don Giuànne:  Allora se siamo tutti d’accordo possiamo aprirla una bottiglia ! Rocchè! 

Rocchètte: (esce dal bar) Cosa sta succedendo ? 

Don Giuànne:  Prendi una bottiglia… dobbiamo festeggiare…  il matrimonio si fa !

Rocchètte:  Si fa? E Marghèrita cosa ne pensa?  Lo permette?

Mèména:   Ne abbiamo parlato… è d’accordo!  Quando esce ti darà la risposta…(chiama) Marghèrì!                             

Marghèrita:  (entra in scena)

Mèména:   Cosa devi dirgli a Rocchètte?

Marghèrita:  Rocchè!  In verità loro non erano molto d’accordo… però quando gli  ho detto che di me sei innamorato… anche loro si sono convinti. Ed ora posso dirti di si… ti sposo! (gli va incontro e lo abbraccia)

Don Giuànne:  Rocchè! Allora prendila questa benedetta bottiglia… brindiamo anche alla riuscita di quest’altro matrimonio.  

Rocchètte:   Subito! (esce subito dopo con la bottiglia dello spumante ed il vassoio con 8 bicchieri li posa sul tavolo apre la bottiglia aiutato da Margherita, mentre gli altri si abbracciano fra loro, lui riempie i bicchieri e tutti brindano. )

Mèste Gìne:  (rivolto al pubblico con in mano il bicchiere del brindisi dirà....)

 

Questa storia di stasera,

è inventata, non è vera,

 è per dire, cari amici,

che si può esser felici,

la ricchezza di un tesoro,

puoi trovarla nel lavoro,

per star bene con se stessi,

abbandona gli interessi,

la famiglia è un gran valore,

per tenere in pace il cuore,

la morale della storia?

Tutti i salmi finiscono in gloria.-

( il sipario si chiude)

FINE DELLA STORIA