La forza del destino

Stampa questo copione


LA FORZA DEL DESTINO

Molti atti familiari in uno solo

di LEO TORRERO

PERSONAGGI

Commendator ALFREDO GIACHINO, Ispettore FF. SS. in pensione

Avvocato FILIPPO DACCHI

NILLA DACCHI, sua moglie

DIEGO e LETITIA, loro figli

Cavalier GINO VALESSI

ELENA VALESSI, sua moglie

RINO, loro figlio

PETER PLOTZNER, rappresentante di Valessi nel Bolzanese

ANGIOLINA, cameriera dei Dacchi.

 A Torino Nel 1934

Commedia formattata da

Il commendatore Alfredo Giochino, ispettore pensionato delle FF. SS., in 71 anni di percorso ha gettato dal fine­strino tutte le passioni divenutegli man mano superflue. Dopo aver rinunciato al caffè per l'insonnia e al «.virginia» pel tabagismo, dopo aver visto i dischi chiusi a Citerà e lasciato il vagone-letto sui binari morti, nel bagagliaio egli non ha più trovato che una sola delle passioni di partenza, quella pel melodramma ottocentesco e le sue maliose melodie. Ed essa ha un nome: Giuseppe Verdi.

Le più celebri opere del Maestro egli le ha gustale le mille volte, e nulla ha trascurato per sentirne anche le meno note, ovunque fossero rappresentate e a qualunque costo. Per l'Attila nel 1889 da Trama, dov'era in ferie, è venuto a piedi a Torino, ritornandovi su un carro, ac­coccolato fra le botti. Nel 1905 - e ire momenti dì gran lavoro - per scappare a Lugo e commuoversi alle vicende dei Due Foscao non ha esitato a sacrificare metà delle sue vacanze. E per non perdere la Messa da Requiem all'« Augusteo » s'è assicurato il tempo necessario per una corsa a Roma sobbarcandosi precedentemente a un lavoro notturno così intenso che quando Bernardino Molinari alzò la bacchetta, egli ebbe l'impressione che Verdi la Messa l’avesse scritta per lui ed essa venisse eseguita presente cadavere.

Ma con tutto ciò Giochino non ha mai potuto azzeccare La Forza del Destino. Sovente ne ha letto l'annuncio su cartelloni e giornali, ma ogni volta che, alle 20,30, s'è accinto a riverire Verdi in casa dei Vargas, un'altra forza ostile gliel’ha sempre impedito: una chiamata del Capo-Compartimento, uno scontro, un treno speciale urgente, l’arrivo d'una personalità, la raucedine d'un tenore, uno sciopero generale con bivacco di truppe nel teatro, un lutto nazionale con relativa chiusura dei locali pubblici, un turno di lavoro, un fulmineo incarico ministeriale dopo anni di sonnolenza ecc.

Ma, perdinci, questa è la volta buona giacche fra qual­che giorno l’Eiar trasmetterà l'opera, e non ci sarà cristi. Fin da quando, la settimana prima, « Il Radiocorriere » ha annunciato la serata, Giochino è entrato in febbrile agitazione come quando s'è trovato dinanzi ai fatti « sto­rici » della sua vita. Però neppur quando ha dovuto pre­parare venti treni al giorno per la mobilitazione, o scor­tare Alfonso XIII a Bologna, o fungere da Provvidenza ferroviaria per nove Cardinali avviati al Conclave del 1922 egli ha avuto tante pulsazioni al minuto. Questa volta nulla s'ha da trascurare per debellare l’avverso Fato. Dunque preparazione oculata e previdenza superlativa.

Prima di tutto dove andare per l'audizione? Al Caffè Robello c'è la radio, ma non è il caso. Corse di came­rieri, acciottolìo di stoviglie, ordini scagliati da un lato all'altro della sala come ceffoni alle onde, cicalio di ta­volate, chiamate dell'ostricaro, picchiottìo di cucchiaini sui vassoi, vocìo e biliardate dall'estaminet, vibrate pro­teste di chi vuol farsi in pace una cultura sui giornali, ecc. Le melodie di Verdi in quel buscherìo? Altrettante damigelle nobilissime in un corpo di guardia.- E la radio del Circolo? Che! Per regolamento essa viene inesora­bilmente chiusa alle 23, e l'opera dura fino a mezzanotte. Neanche per sogno. Per dovere di educazione e di buona convivenza egli ha saputo sopportare seccature sociali inverosimili come il trasloco della biblioteca in un'umida spelonca per aprire tre sale o' balli; come il trasporto degli attaccapanni in un corridoio abbandonato (dove, grazie all'oscurità e al gelo, molti hanno migliorato senza spese la propria guardaroba, e molti si son buscati la polmonite) per poter ospitare in quello centrale la Mostra fotografica dei soci; persino la cessazione dell'abbona­mento alla « Rivista di Coniglicoltura », sagace consigliera per il suo allevamento di Voghera. Ma che la manaccia d'un usciere possa soffocare la preghiera di Leonora e troncare gli Estremi Conforti del Padre Guardiano, no!! E allora non rimane altro da fare che chiedere ospi­talità ai Dacchi, buoni vicini del piano di sotto. Pro­prio persone ammodo costoro! Quando la signora Gio­chino ha avuto l'appendicite, ì Dacchi hanno proibito ai figli di fare il chiasso: e ogni giorno, prima della bat­titura dei tappeti, l'Angiolina ha l'ordine di darne avviso telefonico a quella pazza di sua cognata Edvige a che possa tapparsi in camera e iniziare le instillazioni nasali e le inalazioni contro la polvere, ambasciatrice della « Secca ». Non gli diranno di no per così poco, vero?

Ma poiché è sempre meglio fronteggiare qualunque tiro della natura umana, così da alcuni giorni egli s'in­dustria ad ipotecare la loro riconoscenza. Quei due rom­picolli di Diego e di Laetitia non possono passargli ac­canto senza ricevere caramelle e cioccolatini. L'avvocato è divenuto il suo fido compagno à"aperitivi, digestivi, caffè, ecc. E alla signora Nilla ha regalato gli ultimi numeri del­ibi Élégance Parisienne » prelevati dalla salo di lettura del Circolo mezz'ora prima che lì sottraesse il vicepresi­dente per sua moglie, che ha un bell'arrabattarsi fra modelli e figurini, ma quei 15 centimetri di dislivello fra le due spalle manco il diavolo glieli spiana. Siccome poi per due giorni la signora ha avuto l’emicrania – l’agguato del Fato, forse? in casa Giochino per ordini tas­sativi ognuno ha camminato sulla punta de' piedi, e colle sedie fra le braccia; e di sua mano egli ha preparato una mistura di assenzio e limone che, dopo due ore di boc­cheggiamenti, ha dato al cervello della paziente la lievità e la nitidezza d'una bolla di sapone. Finalmente, esaurita la semente della gratitudine, egli pensa al raccolto e arrischia la proposta che viene accettata con affettuosa cordialità.

La sede dunque è trovata definitivamente e con ogni garanzia, l'incubo dei servizi è sparito, tutte le più alte autorità dello Stato e della Chiesa hanno una salute di ferro... Molto bene. Non occorrono Quindi che le precau­zioni contro i contrattempi locali. Attenzione-Proprio la sera della trasmissione egli dovrebbe parte­cipare al pranzo offerto al presidente del Circolo, inge­gnere Balivotto, per il Cavalierato del Lavoro. Stai fresco! Da tre giorni gli ha scritto che, con suo massimo rin­crescimento, si deve trattenere a Voghera per un'impor­tante vendita di pioppi e la trasformazione in pisellaio d'un largo tratto di terreno. Di conseguenza ha rinun­ciato alla passeggiala al Valentino, al cine e al caffè sfuggendo così, oltre che al pericolo d'una sorpresa in flagrante menzogna, anche a quelli d'uno spiffero di aria sul collo sudato e d'una colica da granita. Il giorno fatale poi s'è fatto il pulito attorno a scanso di guai familiari. Perciò a sua moglie e all'Edvige, entusiaste del brivido, ha offerto i posti per la prima rappresentazione del dramma Tre morti nel vicolo chiuso, cacciandole di casa alle 20 colla scusa che se si perde il primo morto non ci si raccapezza più. Alla serva poi ha regalato due biglietti pel cine, tacitamente ratificando la sua sfacciata relazione col commesso dei «Libri usati», fino a ieri severamente considerata foriera di licenziamento in seguito alla scoperta, da lui fatta sulla bancarella fra le due colonne de' portici, di otto volumi d'ingegneria che, a giudicare da alcune caricature di professori e da vari studi di nudo femminile, dovevano essergli serviti 50 anni fa per farsi una cultura e una posizione nella società. Poi, verso le 18, per vicoli e viuzze s'è recato alla Consolata così, come una volta, per tenersi buoni i Superiori; e infine s'è provvisto d'una cospicua scatola di confetti per Laetitia e Diego. Son bravi figliuoli, d'accordo, però vivacissimi, e, durante una trasmissione, potrebbero involontariamente supplire i ca­merieri e i clienti del Caffè Robello, gli organizzatori e i sottoscrittori del pranzo. Nei limiti del previsto ha così pensato a tutto: e per l'imprevisto s'è attaccato il corno di corallo alla catena dell'orologio.

Le venti e dieci... Ancora venti minuti, buon Dio... Là, una ravvìatina d capelli, una sbirciata al gas caso mai anch'esso, fra la passione della padrona per i de­litti e quella della serva per i delinquenti, volesse cedere alla frégola di asfissie o di esplosioni: poi, badando at­tentamente alla cera dei pavimenti, tenendosi alla rin­ghiera e contando i gradini dov'è più buio, pian pianino scende il primo ramo delle scale. Sul pianerottolo, come nelle buone case della vecchia Torino, dietro un'ingratic­ciata di fìl di ferro veglia una Madonna. Uno sguardo devoto e una preghiera-fervorosa: «Oggi, Mammina, Ti ho già fatto tutte le raccomandazioni. Scusami se insisto, irta l'opera me la devo gustare, assolutamente. Affido alla Tua benevolenza i bravi coniugi Cacchi, e rispettosamente Ti prego d'indurii a spedire in letto i figli che hanno il mercurio addosso; a Tua volta, chiudi i Cherubini in dormitorio e bada che nessuno tagli la corda per /or capriole sulle onde tanto più che, come sai, La Forza del Destino è un'opera per due terzi religiosa con pel­legrini al Giubileo, schiere di frati, preghière e cori per Te, «Vergine degli Angeli». Salvaci dalle interruzioni di corrente, rottura di fili, accidenti di pile e di valvole, interferenze, ecc. Amen ». E, se adesso non mi coglie una sincoperei sono!...

 (La sala da pranzo dell'avvocato Dacchi, che è ancora a tavola colla famiglia. Angiolina va e viene pel servizio),

Filippo                           - Spicciamoci. Mancano soltanto dieci minuti.

NnxA                            - (lievemente tentatrice) Venti...

Filippo                           - (tetragono) Dieci per mangiare, cara, e dieci per sparecchiare. Angiolina... (Più nervoso), Angiolina... Questa torta viene o no?

Angiolina                      - (rientrando à"urgenza) Eccola, signor av­vocato. Agnese era un po' in ritardo. E' l'ora che dà da mangiare anche ai colombi...

Filippo                           - (severo) Cosa «anche»? Questa particela non può essere affermativa che per le bestie o per noi Ma tott'assieme è madornale... Be', adesso non t'incantare. Su. Una fetta per uno, poi sparecchia.

Diego                            - Ma ci lai stare col boccone din gola, papà.

Filippo                           - E tu trangugialo. Non vorrai mica affezio­nartene.

Angiolina                      - E la frutta, signor avvocato?

Filippo                           - Domani. Tanto si mangia sempre troppo in questa casa.

Angiolina                      - (fra sé, sospirando) Bisogna sentirne!

Laetitia                          - (frignando) Io la pera cotta la voglio.

Filippo                           - Accomodati in cucina.

Laetitia                          - (con una smorfia) Ci dici sempre che dob­biamo stare al nostro posto, poi ci mandi a tavola colla cuoca...

Filippo                           - (spazientito) Voi l'educazione la ricordate soltanto quando vi fa comodo. Che ti pare una bella creanza ricevere il commendatore «olla frutta in mano, come le orfanelle il nuovo parroco in visita all'Asilo?

Nilla                              - (sospirando) Avanti, figliuoli. Obbedite a papà.

Diego                            - (col broncio) Una bella barba, però!

Filippo                           - Barba o non barba, s'ha da essere educati. Con tutti noi Giachino è stato sempre d'una gentilezza squisita. Te, Nilla, t'ha proprio guarita.

Nilla                              - (rabbrividendo) Dopo quella mistura non ei muore più di sicuro!

Filippo                           - A voi caramelle, cioccolatini...

Diego                            - Mica sempre freschi.

Laetitia                          - E molte volte al plurale perché siamo in due a riceverne uno a testa...

Filippo                           - (severo) I doni non si guardano con occhi da perito, ma con quelli dell'anima. Non è commercio, un regalo... Insomma poche chiacchiere. Quel bravo amico oggi desidera qualcosa dai noi, e lo si deve accontentare con ogni garbo. Egli adora la musica di Verdi e stasera si vuol godere La Forza del Destino. Benvenuto, e vietato agli estranei l'ingresso al palcoscenico...

Diego                            - Io volevo attaccare i francobolli.

Laetitia                          - E io devo orlare il grembiule.

Nella                             - (conciliante) Tutte cose che potete fare nelle vostre camere.

Diego                            - Io non ci ho tavolo.

Laetitia                          - E io non ci vedo.

Filippo                           - Benone. E allora a letto tutt'e due, cospetto. Son tre sere che late la mezzanotte. Alla vostra età io la mezzanotte la sentivo suonare il 31 dicembre, poi basta fino all'anno dopo.

Nilla                              - Sicuro. Papà ha ragione. Questa sera si va a letto presto tanto più che domattina vi dovete alzare alle sei per la gita coi Grovelli a Giaveno.

Filippo                           - E allora ritirata e silenzio in camerata come vuole il regolamento. Il commendatore mi ha già fatto capire almeno venti volte che nulla lo indispone di più d'una mosca che vola quando si suona o si canta. Finita la torta? Angiolina, sbrigati. E voi due, su, da bravi... (Cordiale) E se stasera tutto andrà bene, dopo domani c'è il cine.

Diego                            - (alzandosi a fatica) E allora scomodiamoci per amor del prossimo.

Laetitia                          - (c. s.) Domando io se son queste le ore d'andare in visita.

Filippo                           - Proprio voi trovate da «dire! Tu, Laetitia, l'altro ieri hai fatto uscire la maona alle 14 per correre ad ammirare quel cretino di Tarzan. E a te, Diego, ri­cordo che domenica ci hai obbligati a mangiare un'ora prima per scappare a una partita di calcio. Per una sera che si può fare un po' d'Arte e rendere omaggio al Genio...

Diego                            - (con sussiego) Papà, sei Ottocento puro. Vuoi mettere un'opera con un incontro Italia-Ungheria?

Laetitia                          - Vorrei vedere!!

Filippo                           - (mani ed occhi al cielo) E li mandiamo a scuola, e ci mangiamo un patrimonio in tasse, libri e ripetizioni... Nilla, portali1 di là se no me ne scappano di tonde, e non, voglio che putacaso Giachino possa accorgersi della bella educazione che siamo stati capaci di ficcare in quei due testoni lì...

Nilla                              - Un po' di buon senso, ragazzi! Vorrei un po' sapere che late coi libri, voi due...

Filippo -,                       - Cosa fanno? Se la dormono tranquillamente sopra... Ricuperano le ore della notte. A letto, perbacco!... (Autoritario) E allora intesi! Quando Giachino sarà qui, un bel saluto rispettoso, poi di là in silenzio.

Laetitia                          - (avviandosi a passettini) Esercizi spirituali come dalle suore.

Nilla                              - Anch'io mi tratterrò poco. Ho da scrivere lettere, far conti...

Filippo                           - Come vuoi, ma non andare e venire... (Squillo di campanello) Angiolina... Presto... E' lui di sicuro. (Angiolina esce).

Voce di Giachino          - (nell’anticamera) Hanno finito di cenare ?

Voce di Angiolina        - (c. s.) Sissignore. Volete favo­rirmi il cappello?

Voce di Giachino          - (c. s.) Faccio da me, faccio da me...

Voce di Angiolina        - (c. s„) Oh grazie tante, signor commendatore...

Giachino                       - (sulla soglia) Disturbo? E' permesso? (En­trando) Io vi sono proprio tanto grato...

Voci confuse della famiglia Dacchi   - Che piacere di vedervi! Avete proprio avuto un'idea di quelle!... Sicuro... A noi la musica? C'incanta alla lettera... Ci riposa... Lo stavamo proprio dicendo... Ma, ancora, com­mendatore!... Volete confonderci, ecco!... Guardate, ra­gazzi, che magnifica scatola di dolci... E' davvero troppo... Lià, non cominciamo... Diego, non mettere la mano su­data sul coperchio... Laetitia, un po' di garbo... Non ti bastano i dolci del primo strato? Se frughi sotto, va tutt'allaria... Ah che vandali i ragazzi!... Cosa si dice al commendatore?... Grazie... Grazie... Grazie...

Laetitia                          - (a Diego, pianissimo) Son freschi anche quelli sotto.

Filippo                           - (a Giachino) Vi siamo proprio riconoscenti...

Giachino                       - Ma di nulla, .di nulla...

Laetitia                          - Mamma, la scatola la voglio io.

Diego                            - (irritato) Naturalmente. L'ultima volta la sca­tola dello zio l'hai presa tu. La confettiera della signora Catmozzi anche. E io i francobolli dove li metto?

Laetitia                          - (schifiltosa) Nella pattumiera.

Diego                            - (brutale) Scema e gazza ladra...

Filippo                           - (seccato) Non cominciamo con stupide ba­ruffe.

Diego                            - (a Laetitia) Lai vedremo, sai!

Laetitia                          - Non mi fai paura, portiere!

Giachino                       - (ridendo e guardando l'orologio) Portiere?

Filippo                           - E' il grado gerarchico raggiunto da mio figlio nella squadra della sua scuola.

Giachino                       - Corbezzoli! Non sapevo...

Filippo                           - Vedete, lo sport è il rovescio perfetto della vita normale. Là il portiere è il padrone...

Giachino                       - (allegro) Oh! per questo anche qui il portinaio è onnipotente. Noi non siamo nelle sue grazie e, per quanto se n'abbia dette al padrone di casa, il mio pianerottolo continuai ad ospitare a lungo i rifiuti di tutta la scala. (Guarda ostentatamente l’orologio).

Nilla                              - (che ha capito) Ragazzi, andiamo. La scatola toccherà a chi avrà i voti più belli nelle ripetizioni.

Laetitia                          - Allora dalla pure a me, mamma.

Diego                            - (ironico) E quel « due » di aritmetica?

Laetitia                          - (aggressiva) E quello «zero » d'italiano?

Nilla                              - (molto nervosa) Basta colle stupidaggin

Filippo                           - (fra i denti) L'esibizionismo è un sintomo del cretinismo. (Piano, a Giochino) Ah! Se si potessero fare ripetizioni anche quando la prima paternità è stata una bocciatura! ...

Giachino                       - (pianissimo) Io credo di sì.

Nilla                              - Date la buona notte al commendatore, a papà, (sorridendo) e a Verdi.

Laetitia                          - Grazie, signore, della scatola che mi avete voluto regalare...

Giachino                       - (con effusione) Ciao, cara. Buon riposo, Diego...

Diego                            - Altrettanto, e tutti i miei ringraziamenti per la scatola che proprio mi occorreva. Io vado a letto coi polli, papà, ma dopo domani non far finta di lavorare per bruciarmi il cine...

Filippo                           - (irritato) Invece di francobolli, colleziona cattive figure. Avrai la raccolta più ricca d'Europa.

Diego                            - (incaponito) Ecco... Sempre così... Anche l'altra volta...

Filippo                           - (occhiate a saetta) Fila!

Giachino                       - (sbirciando l'orologio e sfiorando il corno) Su, da bravo, Diego. Fa quanto dice papà. Poi se lui avrà da lavorare, al cine ci andremo assieme noi due.

Nilla                              - Commendatore, voi...

Giachino                       - Zitta. Alla mia età si è un po' nonno di tutti. Dunque siamo intesi. (Ai ragazzi) Dormite in Do­mino et in Laetitia... (Fra sé) Madonna, manda loro un bel sonno invernale. Talpe lo sono! (Nilla e i ragazzi escono).

Filippo                           - Dunque... Eccovi la poltrona di prima fila.

Giachino                       - (sedendosi beato) Un anticipo di Paradiso.

Filippo                           - Completiamolo col buffet. Qui mettiamo un tavolino... Così... E sopra una: di quelle bottiglie di Bar­baresco, di cui parlammo. Poi: «Sume, Maeeencs - cyatos amici - spspites centum et vigiles lucernas - perfer in lucem... ».

Giachino                       - Cospetto! Io però la bevo in italiano per quanto i medici dicano che per la pressione...

Filippo                           - Lasciateli dire. E poi, con tutto il rispetto, il vino non è il latte dei vecchi?

Giachino                       - E' un'abitudine che riprendo volontieri. Peccato che la fonte sia un'altra...

Filippo                           - In gamba, eh, commendatore? (Ride).

Giachino                       - Ricordi d'infanzia.

Filippo -                        - Già già. Però stasera è meglio che non vi lasci solo con mia moglie.

Giachino                       - (burlescamente indignato) Ma cosa dite! Alla mia età... Povero Alfredo!...

Filippo                           - E con quel nome lì, poi!... « Amami, Al­fredo »... Capirete...

Giachino                       - Una volta non faccio per dire. Ma adesso sono al « Dormirò sol » del Don Carlos.

Filippo                           - (chiamando forte) Nilla un tovagliolo. La Radio « Stagione d'opera deH'Eiar. Stazioni di « Torino 1, Milano 11, Roma IH, Firenze e Genova. Trasmissione de La Forza del Destino, opera in 4 atti di « F. M. Piave, musica di Giuseppe Verdi. Edizioni Ri­di cordi. Cip cip cip... Argomento... ».

Filippo                           - Approfittiamo per sistemarci benino. Qui i biscotti...

Giachino                       - (già un po' agitato) Grazie, più tardi. Qui mettiamo il libretto d'opera. Eccolo qua. E' del '64. Avevo un anno quando fu stampato.

Filippo                           - Proprio un fratello d'inchiostro. Ma ci vedete poco... (Forte) Nilla... Porta una lampadina... (Più forte) Naia...

Angiolina                      - (affacciandosi) La signora è occupata» La Radio « Personaggi ed interpreti »...

Giachino                       - (affannato) Ci siamo. Comincia. Lasciate pure...

Filippo                           - Un momento. Angiolina, quella lampadina... Presto, sbrigati.

Angiolina                      - E' il filo che... La Radio «Atto primo»...

Giachino                       - (supplichevole) Ss... silenzio... per favore... La sinfonia... Eccola... Sempre lui, Verdi! Si sente subito... Ss... ss... (Angiolina se ne va).

Filippo                           - (sottovoce) Il tema del Destino.

Giachino                       - (in un soffio) Grandissimo! (Una scam­panellata squillante).

 Voce di Nilla               - (di là) Angiolina... Angiolina... Suo­nano... Svelta... (Rovinìo di sedie).

Voce di Nilla                - (c. s.) Non ti puoi muovere senza far disastri?

Voce di Angiolina        - (c. s.) Se i ragazzi si fanno il ca­stello contro la porta per l'assalto, non posso mica sa­perlo... (Dite scampanellate prolungate).

Filippo                           - (gridando impazientito) Muoviti, perdio!

Giachino                       - (con cenni disperati) Calmatevi... Cal­matevi... Questa dev'essere una frase d'amore...

Vocìo nell'anticamera   - Ci sono? Credevamo di dover chiamare la polizia e il fabbro.- Angiolina» mi hai l'aria d'aver lasciato il pesce a mezza cottura...

Voce d'Angiolina          - (c. s.) Signor cavaliere, cosa dite!

Vocìo più forte             - (c. s.) Dico che ti abbiamo inter­rotto la corrente... Ma, Gino, non esagerare... Mi lasciate Sedere sul pancone? Sono stanco morto... Ciao, Laetitia... Diegoooo, c'è Rino... Chi si vede!! Cara Nilla... Che bella sorpresa, Elena!... Disturbiamo?... Ma ti pare... En­trate entrate...

Voce di Gino                - (c. s.) Mi lasci telefonare, Nilla?

Voce di Nilla                - (c. s.) Diamine, l'apparecchio è lì... Cara Elena...

Laetitia                          - (irrompendo nella sala) Papalino...

La Radio                       - « Pace al tuo cor donava... »

Giachino                       - (sobbalzando) Cosa c'è?

Laetitia                          - (a Filippo) C'è Rino col babbo e la mamma... (Esce di corsa).

Giachino                       - (stralunato) Vengono qui?

Filippo                           - (allargando le braccia e avviandosi verso la porta) Avanti» dinastia dei Valessi...

Elena                             - (entrando) Caro Filippo..; Ma avete gente». Non vorremmo esser di troppo.

Nella                             - (pronta) Che! Facevamo quattro chiacchiere... (La poltrona di Giachino è spinta verso Elena. Giachino resta in piedi di fianco alla radio, verso cui china la testa sospirando e battendo il tempo col corno).

Voce di Diego              - (di là) Allarme! Allarme! Laetitia, legagli le braccia col cordone della tenda...

Voce di Rino                - (c. s.) Invano ti nascondi, vigliacco.

Voce di Dieco               - (c. s.) Se mi cacci ancora il bastone sotto le lenzuola, te n'accorgi, carogna!

Voce di Rino                - (c. s.) Esci dalla torre.

Voce di Diego              - (c. s.) Salto giù e ti faccio vedere chi è il corsaro...

Voce di Laetitia            - (c. s., strillando) ;   - Io sono Iolanda!

Voce di Diego              - (c. s.) Sei una stupida. E adesso in guardia se hai core, marrano...

Voce di Gino                - (c. s.) Se mi toccate questa borea, io vi stermino. E ricordatevi che siete cugini europei e non cannibali, che considerano le fette d'un parente un anti­pasto di prima... (Entrando) Ciao, Filippo Daochi, gloria del Foro finche dura...

Filippo                           - O macia, qual buon vento?

Gino                              - Vento di montagna. Domani partiamo per Bardonecchia. Ero stanco morto, ma ho detto a Elena: « An­diamo a dire addio al boia e all'impiccato ».

Filippo                           - L'impiccato chi sarebbe?

Gino                              - Quell'infelice che ti ha sposato. A meno non si tratti del signore che difatti ha la testa tutta storta...

Nula                              - (ridendo) Permettete? Il commendatore Gia­como. Sta sopra di noi.

Gino                              - (a Giochino) Beatissimo voi.

Nula                              - (a Giochino) Nostro cugino Valessi, indu­striale, e pel resto, come vedrete, si presenta da se.

Gino                              - (fragoroso) Piacere tanto. Mia moglie... Adesso, commendatore, tocca a voi dire: « Piacere »!

Giachino                       - (nervosissimo ma contegnoso) Il signore è d'umor gaio. Ben lieto... Onore tutto mio... (Cerca di ritornare all'apparecchio ma invano che si trova Gino davanti).

Gino                              - Gesù! Vi siete dati al protocollo? Potevate mettere fuori un cartello colle specialità del giorno, come fanno i sorbettieri: «Stasera educazione»! Lietissimo... Fortunatissimo e scusate se in serata di gala abbiamo le code in incognito... Bè, anche voi negli affari?

Filippo                           - No. Il commendatore è un pezzo grosso delle Ferrovie.

Giachino                       - In Deposito, Inori uso. (Tocca il corno, guardando il cielo).

Gino                              - Bisognerà soltanto scuoterlo prima.

Filippo                           - (a Giachino allibito) Avrete già capito che l'amico è un cervello all'aria...

Giachino                       - (squadrando irosamente l’ntruso) Imme­diatamente. Se permettete, avvocato, mi avvicino un po' alla... (Si sistema su una sedia e tende l’orecchio).

Gino                              - (saccandosi) Che poltrona! Ti abbraccia, ti ristora, ti possiede, ecco, ti possiede... Oggi sono sfinito. Scusate se vi volto le spalle, commendatore... commen­datore...

Filippo                           - Giachino.

Gino                              - (a Giachino) Giachino? Ho conosciuto due fratelli Giachino a Brescia, grossisti di tessuti. Son pa­renti vostri?

Giacchino                      - No... No...

Filippo                           - Il commendatore non ha parenti.

Gino                              - Un bel boffice!

Filippo -                        - Grazie per noi.

Gino                              - E fanne subito una causa, « paglietta » della malora... (A Giachino) Sicché siete ferroviere?

Giachino                       - Ispettore.

Gino                              - Scusate tanto. Ma allora mi potreste fare un piacere grosso così...

La Radio                       - « Ma d amor sì puro e santo Nulla opporsi può all'incanto ».

Gino                              - (accennando la radio) Sarebbe meglio fermare il girarrosto se no non ci s'intende.

Giachino                       - (rabbioso) Vi pare! A fine d'atto, se mai...

Filippo                           - (sorridendo impacciato) Vedi, Gino, il com­mendatore è un verdiano ad oltranza...

Gino                              - Sì? Io invece sono per l'operetta e la rivista. Quando si è stanchi come siamo noi industriali, alla sera tutti quei pasticci dell'opera...

Giachino                       - (scandalizzato) Pasticci, queste melodie immortali?

Gino                              - Cosa volete! A «me danno sonno, ecco. Mai una volta che il soprano sia un po' per la quale colle gambe fuori e la mossa. Mai una volta che ti faccia una proposta un po' vispa. Una; sola volta hanno messo in scena una cocotte. Il vostro Verdi appunto. Ed era sostanzialmente onesta. Il primo atto è l'addio al tiro al piccione, poi virtù a cateratte. Dio santo! Ma la vita è un'altra cosa... E poi avete visto che corpi hanno i soprani? Due po­poni davanti, due cocomeri di dietro...

Elena                             - Ma Gino!

Gino                              - Ditemi la verità, commendatore. Per traspor­tare quei bauli lì, la Ferrovia ha vagoni apposta, no?

Giachino                       - (intenzionato) Colle nostre molle portiamo qualunque peso... Scusate, io vorrei...

Gino                              - (ridendo) Un po' di pace. Giustissimo. Cosa trasmettono?

Filippo                           - «La Forza del Destino ».

Gino                              - Santo cielo! Non finisce mai. Ti ricordi, Elena? L'abbiamo sentita al Carlo- Felice nel nostro viag­gio di nozze...

Filippo                           - (ammiccando) Dolci ricordi, eh? Avere il destino di poter adoperare così bene... la forza!...

Nilla                              - (a Filippo) Non ti pare di andar oltre?

Gino                              - Dove ci sono stato io, l'oltre non esiste più. Dolci memorie, dici tu? Non mi ricordo d'essere stato così stanco come in quei giorni.

Filippo                           - (sorridendo galantemente) Era logico, no, Elena?

Elena                             - (pudica d'ufficio) Che discorsi!

Gino                              - Ma che logica! Io volevo andare a letto presto per alzarmi di buon'ora e pescare in barca. Lei invece faceva la poetica fino a tardi, poi quando era sotto le lenzuola non c'era più verso di muoversi. Capisco che c'era una buona ragione, ma io ero sfessatissimo...

Elena                             - Gino... Gino... Non hai proprio il senso della misura!

Gino                              - L'avevo, ma me l'hai rovinato.

Elena                             - Se riflettessi un momento prima di parlare...

Filippo                           - Potere!

Nilla                              - (a Giochino) Non scandalizzatevi, commen­datore.

Giachino                       - (stridulo) Ormai (Sussurrando) Sarebbe bene, signora, (girare un po' il bottone... (Nilla, ricordando « L'Élégance Parisienne y> più che la mistura, cerca furti­vamente di aumentare il tono, ma Gino rigira il bottone, e la musica va in sordina).

Gino                              - Le cose naturali non sono mai malsane, vero, si­gnor Ispettore? D'altra parte sarete stato sposo anche voi...

Giachino                       - (con furia mal repressa) E chi se ne ri­corda più? A 71 anni...

Gino                              - E i precedenti dei patriarchi? La memoria se la rinfrescavano fino a 300 anni... E voi, come uomo, m'avete un'arietta!

Elena                             - Insomma, Gino!

Gino                              - Chissà come saremo alla vostra età...

Filippo                           - Prima di tutto bisogna vedere se ci arriverai!

Gino                              - Con permesso, ma ci credo. Del tempo nuziale naturalmente ricordo solo il destino: ma come forza ne ho per secoli...

Elena                             - Quando la smetti?

Giachino                       - (fra se) Quando resterai vedova... (Cauta­mente gira un po' il bottone).

 Gino                             - Va là, un po' d'allegria riposa il cervello, di­stende i nervi, tutto quanto... Ma dì, Elena, noi stiamo chiacchierando e intanto la prole è sparita. Dov'è Rino?

Nilla                              - Son tutti di là...

Filippo                           - C'è anche l'Angiolina.

Gino                              - (sospirando) Purtroppo perché quel satanasso di mio figlio adora le serve. L'avrò pescato venti volte con tutti i « salari » dell'isolato. Da chi abbia ereditato quella fregola è...

Filippo                           - E' facile immaginarselo...

Gino                              - Sarà da qualcuno de' tuoi zìi, Elena. Uno è stato interdetto per una cuoca, un altro ha sposato una fantesca. Dev'essere così perché per mio conto più che roba chic!...

Filippo                           - Le ricordo. Regine del Trinciato e Dame della Liscivia.

Gino                              - (ad altissima voce) Rino.... Rinoooo...

La Radio                       - « Sì, Don Alvaro, io t'amo... io t'amo... ».

Gino                              - (urlando) Rinoooo.... Non ci mancherebbe altro che imbastisse anche lui il duetto...

Nilla                              - (affacciandosi al corridoio) Dov'è Rino, Laetitia?

Laetitia                          - (sulla soglia) S'è nascosto. Giochiamo alla guerra. Lui fa il selvaggio, e noi l'esercito coloniale...

Gino                              - Che senso degli affari ha quell'idiota! (Ur­lando) Rinoooo...

Rino                              - (precipitandosi) Papà?

Gino                              - Dov'eri?

Rino                              - Nella giungla. Sotto il letto d'Angiolina.

Gino                              - (a Giochino che gli punta contro il corno) Capito? Poi fanno un assalto e ci vanno sopra...

Elena                             - E’ proprio necessaria una lezione sul patto? Saluta il signore, Rino.... Bene... Adesso giocate nel cor­ridoio e lasciate la porta aperta.

Giachino                       - (esterrefatto) Anche la guerra a porte aperte!

Gino                              - (a suo figlio) E tu fatti colonizzare per benino, asino!... (Rumore di mobili smossi, sedie rovesciate, porte sbattute, qualche tonfo a carattere personale).

La Radio                       - « Sospiro, luce ed anima - Di questo cor che t'ama... ».

Gino                              - (seguendo le fasi del combattimento) H fra­casso in fondo ti tiene compagnia... Dunque si parlava di Ferrovie... Non ci sarebbe modo... Scusate, dico a voi... (Sposta la poltrona vicino a Giachino e lo afferra per la manica) Non ci sarebbe modo di ottenere uno svincolo più rapido delle merci alle frontiere? Tutti i momenti, intoppi... Sfondo in Olanda, mi fermo in Francia... Corro in Belgio e m'inciampo in Svizzera...

Filippo                           - Sfido che sei stanco!

Giachino                       - (fra se) Potessi, t'organizzerei uno scontro... (Forte) Io non so più nulla. Non sono più al corrente delle leggi, delle disposizioni...

Gino                              - Fra dogane, pratiche, scambi, stampati, ministeri, il tempo vola e spesso si barattano le noci in coccole...

Giachino                       - Credetemi! Bisogna ancora essere nel giro per vedere fin dove si può agire d'iniziativa o no...

Gino                              - Un consiglio però me lo potete dare, vero? Noi siamo all'oscuro di tutto. Fra convenzioni, codici, trattati e che so io, ci voglion ben altre barbe che le nostre per sgabellarsela...

 Giachino                      - (tirandosi i baffi fino allo spasimo) Vi posso dare qualche raccomandazione per amici miei. Ma qui, adesso, non è il momento.

Gino                              - Speditemele a Bardonecchia. Albergo Bella­vista. Aspettate, vi scrivo l'indirizzo. (S'appoggia al ta­volino, e col gomito sui bottoni riduce la musica a un sussurro) Intendiamoci, io non voglio buscherare leggi. Però tutto è diventato così complicato che è necessario arrangiarsi. E' la circolazione che bisogna aiutare ad ogni costo...

Giachino                       - (riuscendo a girare i bottoni della radio) E' quel che dico anch'io...

Filippo                           - (molto forense) Viviamo in pieno paradosso. Io, per esempio, lavoro come un matto, ma soldi non ne vedo. Non c'è verso. Volete credere che ho il cassetto pieno di cambiali?

Gino                              - (entusiasta e con una manata sul tavolino che fa sbattere la lampadina sulla pancia di Giachino, da cui rimbalza al suo posto) Scusate... Ma all'idea che una volta tanto anche gli avvocati son fregati... Crisi! Crisi! D'accordo. Però ci sono anche fior di speculazioni su di essa. Figuratevi che l'altro giorno... (Giachino, appro­fittando della distrazione dei presenti, gira i bottoni così generosamente che la frase musicale e lo sparo irrom­pono fragorosamente).

La Radio                       - « Eccomi inerme» (Detonazione) « .Jo « muoio... » (Tutti sobbalzano).

Nilla                              - La battaglia di là.

Filippo                           - (alzandosi inquieto) Non avranno mica preso una delle mie cartucce...

Nella                             - (chiamando) Diego... (Esce).

Elena                             - (c. s.) Rino... Rinoooo...

Gino                              - (schiamazzando) Ah! Ah! Ah! Siete buffi! Ma non avete capito che lo sparatore è Verdi? (S'avvicina alla radio, rigira i bottoni, la musica si rifa ala di mosca) A un certo punto dell'opera il tenore perde un colpo e, zum!, la maledizione entra in casa... (Piano a Giachino) La ricordo bene la scena. Ogni volta che discuto con mia suocera, penso sempre di buttarle una pistola ai piedi. Non si sa mai!

Giachino                       - (con uno sguardo terribile, fra se) Cri­minale!

Elena                             - Mai un po' di pace...

Nilla                              - (rientrando) Son tranquilli di là. Si riposano coi francobolli.

Gino                              - Ci son già tante seccature in giro che a tirarsi in capo anche quelle musicali, ci vuol proprio tutta...

Giachino                       - (solenne) La musica, la divina musica è la grande consolatrice...

Gino                              - (spallucce) Non quella lì, perbacco!

Giachino                       - (rimbeccando) Naturalmente, se non è pos­sibile sentirla...

Filippo                           - (conciliatore) Pace! Pace!

Gino                              - Col commendatore aggiusteremo i conti ad opera finita. Con te, caro azzeccagarbugli, liquidiamoli subito.

Filippo                           - Hai tutto il tempo.

Gino                              - Niente. Son venuto anche per questo. Quando vado in campagna voglio guarire d'ogni stanchezza e sdraiarmi in pace sotto i pini senza vedermi dondolare i debiti sul naso. Per quel piacere li mi bastano i crediti. Fuori la parcella della causa Buttigliengo.

Filippo                           - Ma è tutto spento, di là, nell'ufficio.

Gino                              - Accendi, ma non mettermi la luce sul conto.

Filippo                           - Senti... Con questo caldo...

Gino                              - Pagando mi verranno i brividi™

Filippo                           - Ne parleremo a ottobre.

Gino                              - Vuoi vedere che ti faccio correre? Pago in contanti e non a cambiali. (Filippo ride ma si alza).

La Radio                       - « Al suon del tamburo - Al brio del cor­siero »...

Gino                              - Senti? Brio e corsiero. Galoppa. Intanto la­sciamo le nostre metà in deposito al commendatore. (Fi­lippo esce. A Giochino) Eccovi curatore...

Elena                             - Cosa? Fallimenti noi due?

Gino                              - Commendatore, fate l'inventario.

Giachino                       - (sdegnoso) Io non posso partecipare a uno scherzo che...

Gino                              - Ah già... Il protocollo, l'etichetta... Bisogna essere più corretti. Così... Commendatore, nella vostra qualità professionale, vogliate sorvegliare e, se credete, ispezionare i nostri scompartimenti riservati.

Filippo                           - (rientrando) Ho acceso.

Gino                              - (a Giachino) Eh? Anche al lume abbiamo pensato. Che mariti, però... Buon lavoro. (Gino e Filippo s'avviano sulla soglia) E tenete d'occhio di respingenti, Ispettore! (Via).

Nilla                              - (sorridendo) Sempre un bell'originale tuo marito...

Elena                             - Non ti dico. Gino giura che il buonumore è la sua valvola di sicurezza. Quand'è in un mare di guai, si mette a smattonare e passa tutto.

Nilla                              - Temperamento invidiabile. Filippo invece, quand'è stanco o preoccupato, dà giù...

Elena                             - (con sentimento di parente vicina) Ma guarda!

Nella                             - Diventa nevrastenico e di notte fa giorno. Adesso colla causa Fallerani non si vive più. Abbiamo dovuto rinviare la nostra partenza per Alassio alla fine del mese. Ma i nervi! Pensa che agni tanto mi tocca anche una pedata...

Giachino                       - (che finora colle mani a conchiglia attorno alle orecchie ha cercato d'isolarsi dal cicaleccio, sobbalza) L'avvocato giunge alle vie di fatto?

Nilla                              - Ma no, poveretto. La sua è una pedata istin­tiva, incosciente. Corrisponde a un improvviso orizzonte nuovo della causa. Luce da tutte le parti, appunti, poi riprendi sonno se puoi... Due notti fa mi è arrivato uno scapaccione sul fondo della schiena al grido di « Rin­vio!!! ».

Elena                             - Se ti dico! La vita d'oggi è tutta una con­vulsione. Ma, commendatore, venite qui con noi...

La Radio                       - «, A dormir colle mie mule - che non sanno di latino... »

Giachino                       - (estenuato) Veramente... Io desideravo...

Elena                             - (ridendo) A distanza? Ma è romanticismo puro. Venite qui... Ho sempre sentito dire che voi dell'Ottocento eravate maestri di conversazione e di bel porgere...

 Giachino                      - (sospirando s'allontana dalla radio, stirac­chiando il corno come per svegliarlo) Già... Quando avevamo di che porgere, per dirla con vostro marito... Adesso ci fa invece piacere ascoltare.

Nilla                              - (padrona di casa che sa tenere su la conversa­zione) Sicché tu, girondolona, te ne vai a Bardonecchia...

Elena                             - Ne ho proprio bisogno. L'influenza mi ha stancato assai. Poi mio marito, la casa, Rino... Mi con­suma quel ragazzo...

Giachino                       - (fra se) Un po' troppo adagio.

Elena                             - Ha 16 anni, ni è un arnese!... Figurati che gli ho trovato vari biglietti amorosi di compagne come segnalibri nel dizionario.

Nilla                              - (ridendo) Compagne di scuola? Be', è un Pa­store Arcade...

Elena                             - Colla cresta però. Pensa che i segnalibri eran messi dove ei sono parolacce, sottolineate e illustrate... Tu invece...

Nilla                              - Non invidiarmi, cara, perché anch'io ho le mie. Laétitia è innamorata di Tarzan...

Elena                             - (allegra) Un genero che vive ne' boschi, e ti lamenti? (A Giachino) Commendatore, una suocera che si lamenta d'un -genero invisibile, quasi muto e vegeta­riano!!!

Giachino                       - (che ha lasciato il corno per far ballare le chiavi in tasca) L'incontentabilità non ha limiti. Solo chi s'accontenta di poco, non lina mai...

Nilla                              - (in fretta, come per evitare proteste peggiori) Diego invece! E' proprio cugino del tuo! L'altra notte l'ho pescato con « Quelle signore» sotto le lenzuola.

Giachino                       - (sarcastico) E' la loro biblioteca naturale.

Nella                             - Io credo che la malizia i ragazzi d'oggi se la caccino in corpo col primo respiro che tirano all'aperto. Da noi, Signore Iddio, non l'hanno avuta in dono di sicuro... Se penso a noi...

Elena                             - Eravamo stupide, sai, ai nostri tempi...

Giachino                       - (fra se) Tempi contemporanei... (Colla scusa di cercare il pacchetto delle sigarette sul tavolino, s'avvicina alla radio e gira furtivamente i bottoni: una onda di melodia...)

La Radio                       - « In queste solitudini - Espierò Ferrare». »

Nilla                              - (fa cenni di rassegnazione a Giochino) Scu­sate, commendatore, ma colla finestra aperta a quest'ora i vicini possono protestare... (Giachino, a testa bassa, gira i bottoni dall’altro verso e si risiede annichilito).

Elena                             - (a Giachino) Pensate che ogni volta c'era qualcosa d'ardito per aria, ci mandavano in cucina a fare lo zabaglione alla zia.

Giachino                       - (con voce che vien di lontano) Lo spirito eTa un oggetto prezioso, allora...

Nella                             - (precipitosamente) E io quando ho ricevuto il primo bacio son corsa a confessarmi. Ma dovevo essere così spaventata e innocente che il prete mi ha sussurrato bonariamente: «Bambina, dì un'Ave e non ci pensare più». Che figura!... E come studiavamo!...

Elena                             - Non me ne parlare. Adesso invece i libri son nemici...

Nilla                              - Figurati. Colla scusa che bisogna essere forti e dinamici, Diego li tira sulla testa dei compagni.

 Elena                            - E Rino col pretesto che la vita si fa difficile, li vende. (Un lungo respiro) Ah!... Un soffio d'aria, se Dio vuole...

Giachino                       - (slanciandosi verso la finestra) E' meglio chiudere un po', se no un torcicollo è presto preso.

Elena                             - Grazie. In cambio della premura, una sigaretta ?

Giachino                       - Molto gentile. Ma io fumo tabacco forte. Sarà meglio che vada un po' più in là per non dar noia... (Cerca di sgattaiolare, facendo cenno a Nilla che la finestra è chiusa, e quindi Verdi non può più essere uno schiamazzatore notturno).

Elena                             - (trattenendolo) Ma no. Fra i «toscani» di mio marito e le «spuntature » di mio padre sono alle­nata ai gaz asfissianti. Restate pure senza complimenti. Ecco qui il portacenere per noi due... (Giachino s'ab­bandona prostrato).

Nilla                              - E dimmi un po', di abiti te ne sei fatti molti?

Elena                             - Meno dell'anno scorso. Quattro.

lNilla                             - Vai sempre dalla Delmastro?

Elena                             - No, troppo cara. L'abbiamo lasciata in molte.

Nilla                              - Da chi ti servi adesso?

Elena                             - Dalle Chiabretto.

Nilla                              - Via Andrea Doria?

Elena                             - Cinquanta. Anche tu?

Nilla                              - Io no. Io son fedele alla Cerinetti che mi serviva già da signorina. Ma delle Chiabretto me ne ha parlato Teresa Driga che ci va spesso...

Elena                             - E paga di rado. (Ogni tanto Giachino cerca di afferrare qualche nota: ma invano).

Nilla                              - Ma è proprio vero?

Elena                             - Lo dicono loro. Certi arretrati che paion de-serti, e certi acconti che sembran gocce d'acqua.

Nilla                              - E' sempre stata un po' pazza, Teresa.

Elena                             - La 'Conosci bene?

Nilla                              - Altro che. Eravamo compagne di collegio.

Elena                             - E' vero o no che conduce una vita molto movimentata ?

Nilla                              - So soltanto che il colonnello Lamberti le stava molto dietro. Le male lingue dicevano che egli era l'unico colonnello di cavalleria che saltasse senza ostacoli. (Elena sbotta in una risata, Nilla gorgoglia di gaia soddisfazione, e Giochino fa un sorriso di disgusto e giunge le mani cercando nell’aria la Vergine degli An­geli e dicendole col cuore: «Se mi fai sentire una nota, c'è una novena per te! »).

Nilla                              - Due anni fa, a Spotorno, mamma mi ha as­solutamente proibito di frequentarla con assiduità perché aveva visto il colonnello pagarle i conti della fioraia e del pasticcere.

Elena                             - Grave!

Nilla -                            - Filippo poi non vuol sentirne a parlare. Pare che una sera al Casino di San Remo l'abbia vista perdere a rotta di collo e ficcare la mano nelle tasche dei pan­taloni del comandante Marchioro per prendergli i gettoni.

Elena                             - Ma, e il marito?

Nilla                              - Driga è molto ricco, ma un soldo in più di quanto fissa ogni 1° gennaio non lo sborsa. Quindi lei...

Elena                             - Va a pesca del gettone... (Altre risate squil­lanti) Oh! Scusa... Ho attaccato il mal vezzo da mio marito... (Gino e Filippo rientrano. Giachino approfitta del momento per scappare presso la radio e alzarne un po' il tono).

Gino                              - Eccoci qua. Tutto fatto. Portafoglio allo stato d'ostia. Però, tuo marito è stato onesto, Nilla. Non mi ha neppure messo in conto l'aria, i passi, il fiato, la carta assorbente, il consumo del campanello, quattro corse in tram e le palpatine alla dattilografa. Un vero galantuomo.

La Ramo                       - « Più non sorge sanguinante Di mio padre l'ombra innante ».

Gino                              - (voltandosi) Sempre all'organetto, commenda­tore? A rapporto... A rapporto... Come le ha trovate le pollastrelle, eh?...

Giachino                       - (sudando freddo) Molto graziose... tanto spigliate...

Gino                              - Sbottonatevi pure. Mio cugino ed io, dopo tanti anni di matrimonio, abbiamo certi calli!... Dunque dove siete stati, caro ispettore?

Giachino                       - Dalle sarte.

Gino                              - Acceleratore, e fila!

Giachino                       - A Bardonecchia...

Gino                              - Le raccomandazioni, ricordatevene...

Giachino                       - E finalmente con una certa signora Teresa che pare abbia i suoi depositi...

Filippo                           - Nelle brache del prossimo. (Risate robuste).

Gino                              - E' naturale. Vi trova gli interessi composti. (Risate con singulto) Alta scuola, veh! Maneggio, albero forcuto e carosello. Cerca un finanziamento fisso. Ci do­vreste pensare voi, 'Commendatore. Uno spolvero alle vec­chie abitudini e giù assieme, il normanno e la saura, nella posta! Donna interessante, da specialità...

Filippo                           - (arricciando il naso) Farmaceutiche.

Gino                              - Trent'otto anni...

Nilla                              - (seccata) Ma, Gino, è molto più vecchia di me.

Filippo                           - Se siete del '96 tutt'e due...

Nilla                              - (irritata) Ma Teresa è del primo semestre. (Risate prudenti che si fanno ampie e sonore quando la padrona di casa rinunzia all'ostruzionismo).

Gino                              - (a Filippo) Ti ricordi quando il povero zio generale parlava delle sue conquiste? « Ragazzi, colle mode e gli indumenti d'allora, per spogliarle ci voleva un reggimento, ma poi c'era l'indennità per tutti ». Co­raggio, commendatore.

Giachino                       - (fuori dei gangheri) Se ne può sentir di peggio?

Gino                              - (imperterrito) Veramente anche adesso con quanto Teresa si mette addosso per tenere su gli impianti, la fatica non è diminuita...

Filippo                           - Ma neanche l'indennità...

Nilla                              - Siete inqualificabili.

Giachino                       - Direi! Vedete un po', signore, dove cac­ciano i miei capelli bianchi...

Gino                              - Dove non hanno certo ragione d'incanutire di più.

Nilla                              - In fin dei conti, cosa ne sapete voi?

Gino                              - Vox populi e, senza sacrileghe licenze, vox Dei... (Rumore di vetri fracassati di là. Nilla corre nel corridoio, e dopo poco ritorna con un sorriso verdognolo).

Filippo                           - (preoccupato) Cos'è accaduto?

Gino                              - (molto allegro perché i rumori gli servono da controllo) Be', l'hanno civilizzato mio figlio?

Nilla                              - I ragazzi giuocano a ping-pong, e una palla di Rino ha sfondato la vetrata verso il cortile. Niente...

Elena                             - (mortificata) Nilla, ti chiedo scusa...

Gino                              - E' una disperazione. Caro Filippo, son proprio spiacente...

Filippo                           - (con Un'allegria che sa di schiaffi) Ma an­diamo! Per quei quattro vetri... Se me li rompono, mi fanno un piacere...

Gino                              - Naturalmente la spesa...

Nilla                              - (colla giocondità di chi in pieno ricevimento si busca un pizzicotto col rigiro) Ma che! Ma che! E' da tanto che volevamo cambiarli e non ci decidevamo mai...

Filippo                           - (con educazione scarlatta, a Gino) Tuo figlio mi ha tolto la noia di romperli io...

Elena                             - Sarà... Però è sempre una sventataggine de­plorevole...

Nilla                              - (per tagliar corto) Prima idi tutto, tanti os­sequi da Laetitia che è andata a letto perché domani si ha da alzar presto.

Giachino                       - (feroce, fra sé) E una!

Nilla                              - Poi che cosa possiamo offrirvi?

Filippo                           - Vino? Birra? Liquori?

Gino                              - Bravo. Se chiudi lo studio, puoi vendere bi­bite in loggione quando vuoi.

Filippo                           - Eh! Coi tempi che corrono...

Gino                              - Finche hai clienti come me, lo studio ti resta aperto: e a vendere gazose ci vado io.

Nilla                              - E allora, Gino?

Gino                              - Per ime, quando sono stanco, un po' di vino è provvidenza.

Elena                             - A me un po' di sciroppo.

Gino                              - Ah no, Elena, no! Sai che lo zucchero ti gratta la gola e tutta la notte raschi.

Elena                             - Ma è un'idea fissa la tua.

Gino                              - Fissa o no, io un rantolo in letto non ce lo voglio. Se ha da venire, dev'essere l'ultimo...

Elena                             - (nervosa) Sei diventato un vero becero...

Gino                              - Non discuto. Però io non ho il temperamento del commendatore che regge l'intera notte a quel frr frr della malora. Io lavoro tutto il santo giorno, alla sera son stanco e ho bisogno di dormire. E invece imi tocca anche fare l'infermiere alle tonsille rugginose...

Elena                             - (con due manate sui braccioli) Stupido!

Gino                              - Dite voi. L'altra sera siamo stati da mia suocera che ha la mania di fare i sciroppi in casa. Sapete, com­mendatore... (Giochino che s'era incamminato verso la radio, si volta e mogio mogio torna nel gruppo) Mia suo­cera... Quella là, zumi, ai piedi...

Giachino                       - Ho capito, ho capito!...

Gino                              - Siccome ricordando quanto ha fatto in settanta­cinque anni di vita, naturalmente le trema la mano, così lo zucchero le va giù a barche. Elena ha bevuto un'aran­ciata, ma chi l'ha digerita sono stato io. Tutta la notte: «Rrre... Gino, una pastiglia... Rrrr... Gino, passami l'ac­qua... Rrrr... Gino, grattami il ghiaccio... Rrrt... Gino, dammi un altro cuscino... ». La ruggine, vi dico, la rug­gine... (Risate generali, in cui muore un lontano suono d'organo).

Nilla                              - (ancora sussultando) Elena, senti?

Elena                             - (piccala) Se dovessi parlare io...

Filippo                           - Sentiamo.

Elena                             - Non oso perché...

Gino                              - Perché c'è un estraneo? Che! Ampia libertà... Anche voi, commendatore, avete moglie e sapete che roba è la vita in comune!...

Giachino                       - Son vent'anni che dormo in un'altra ca­mera.

Gino                              - Oh! Sapienza dei cavalieri antiqui!

Elena                             - (prorompendo) Ebbene, Gino, tu sudi in modo orribile, pauroso. Ci vuole dell'abnegazione a dor­mire con te. Una peccatrice rinsavirebbe e una donna onesta diventa martire.

Gino                              - Santa Elena, sudo? Sfido! Chiunque si trovi vicino a un pericolo...

Filippo                           - (ridendo) Rinvio! Rinvio!... (Nilla si siede d'urgenza).

La Radio                       - (arpeggi solenni e dolci) «La Vergine de­gli Angeli ».

Gino                              - Silenzio tutti... Questo, sì, è bello sul serio. Metti più forte. Un coro, ma di quelli!!! Alzatevi, com­mendatore... Aspettate... Giro io. (Agisce).

La Radio                       - (a squarciagola) « Viens, Tonate - Viens, « Tonate - Je t'attends dans la botte... ». Filippo          - Tolosa.

Nilla                              - Aspettate, chiudo del tutto la finestra, se no...

Elena                             - Guarda la lancetta.

Gino                              - Corpo! Non si vede...

Giachino                       - (idrofobo, a Gino) E allora lasciate fare chi è capace...

Gino                              - Dio santo, o che vi scappa il vapore? Un mo­mento... Qui siamo a Monaco...

Giachino                       - Pensare! Un coro così! Ma se si sentiva...

Gino                              - Cracovia... Avevan voci da eunuchi, non da frati... Madrid... Bmo... Là! Torino...

La Radio                       - (ire tono sballato) «.Dì Dio Vangelo santo »...

Nilla                              - Sei fuori.

Filippo                           - Cresce...

Giachino                       - Accidenti!

La Radio                       - (adesso rombando) «Santo... Santo...-»... (Trillo del telefono di là).

Nilla                              - (sussultando) A quest'ora?

Filippo                           - Che sia per la causa Fallerani?

Nilla                              - (con una mano dietro) Mica un altro rinvio, eh?

Elena                             - (inquieta) La mamma, forse?

Gino                              - (grugnendo) Impossibile. (Altro trillo). Il cam­panello non avrebbe più voce.

Elena                             - (con un'occhiataccia) Potrebbe sentirsi male.

Gino                              - (inesorabile) Il campanello, appunto. (Altro trillo).

Filippo                           - (nervoso e a voce alta) Angiolina... Angio­lina... Hai la bambagia negli orecchi?

Angiolina                      - (sulla soglia. Tutta rossa e spettinata) Comandate?

Filippo                           - Non senti? (Un altro trillo) Ma passa la comunicazione qui, scervellata...

Nilla                              - Sempre distratta... (Angiolina se ne va di corsa).

Gino                              - (trascinando Giachino in disparte) Io son d'avviso che quando una ragazza è casi rossa, ci si deve preoccupare. O il pudore le ritorna o se ne va. In ambo i casi la virtù non è più in discorso. Che ne dite?

Giachino                       - Io sto ai proverbi « Rosso di sera, bel tempo si spera.. ». (Nuovo trillo ma in sala).

Filippo                           - (all'apparecchio) Pronto... Pronto... Cacchi, in persona... Chi? Valessi? E' qui. Subito. (Porgendo il ricevitore a Gino) E' per te.

Gino                              - (seccato) Chi mi rompe?... (All'apparecchio) Pronta... Ah! Ancora voi Rosso? Ma neanche di notte si può star quieti? Come? E' arrivato? A che ora?... Allora avete fatto bene... Dov'è? Al... cosa?.... All'Albergo Cuneo ? Grazie. (Posa il ricevitore).

Elena                             - Niente di grave?

Gino                              - Niente. Però domani a Bardoneechia non ci si va.

Elena                             - Perché?

Gino                              - E' arrivato il mio rappresentante di Bolzano.

Elena                             - Plotzner?

Gino                              - (sbuffando) No. Garibaldi!!!

Elena                             - Se hai i nervi, prendi aria.

Gino                              - Non ce n'è. Ma anche se ce ne fosse, una do­manda idiota rimarrebbe sempre idiota e irritante... Uno è già preoccupato, stanco...

Elena                             - (secca) Sei anche sudato sotto la lingua, ecco!

Giachino                       - (fra se) Brava! E crepa!

Gino                              - Smettila. Plotzner pare abbia un complesso d'affari che modifica i miei piani. Adesso bisogna pescarlo. Al «Cuneo ». Che ore sono?

Giachino                       - (premurosissimo) Le undici e cinque. Se correte, potete ancora trovarlo alzato. Ma andate subito...

Gino                              - Meglio il telefono. (Agisce) Pronto? Albergo « Cuneo » ? Per favore c'è il signor Peter Plotzner di Bolzano? Valessi... Gino Valessi... Grazie, aspetto... No? E dove? Qiiarantanove? Grazie, buona sera... (Posa il ricevitore) Domando io se, appena arrivati, si deve andare al «Maffei». Cercate il numero del «Maffei»... Ci sarà una guida, boia 'd'un mondo, no?

Filippo                           - Eccola qua... M... Ma... Maffei... 67-223.

Gino                              - (all'apparecchio) Pronto «Maffei»? Cavalier Valessi. Per piacere, cercatemi il signor Plotzner in teatro, poltrona 49... Plotzner... Plotzner... Padova Lodi Otranto Trento Zara Napoli Empoli Roma... Ner, sì, ner... Ditegli di telefonarmi subito in casa Dacchi... Ma no pacchi... E neanche tacchi... Dacchi... Drenerò Alessandria Come Cremona Haiti, Italia... 11-641... A fine d'atto? Grazie...

Nilla                              - (a Elena, ridendo) Allora birra, per la gola va... (Viene dalla stanza accanto uno strillo, poi il rumore d'un battibecco, poi la voce irritata d'Angiolina).

Voce d'Angiolina          - (di là) Ma che zitta! Voi sarete il figlio dei cugini dei padroni, ma io vi stampo un ceffone che...

Gino                              - (furioso) Lo dicevo? Non sentivo più rumori ed eccoti il ping-pong colla serva...

Elena                             - (agitata) Rinooo...

Gino                              - (con due pugni sulla tavola) Altro che vetrata sfondata!

Filippo                           - (molto serio) Vado io... (Ma prima che apra la porta, se la riceve sul naso grazie a una spallata di Rino che si presenta in condizioni eccitate e spasmodiche).

Rino                              - Papà, andiamo a casa. Sono stanco.

Elena                             - (occhi al cielo) Anche tu!?...

Gino                              - (ruggendo) Che facevi di là?

Rino                              - Giuocavamo al ping-pong. Poi Laetitia è an­data a letto e siamo rimasti noi due isoli. Ma con Diego non giuoco più...

Elena                             - Maleducato! Non bisognerebbe mai portarli in società i ragazzacci come te!...

Nilla                              - (cortese) Sarà anche Diego che... (Esce).

Gino                              - (scattando) Ma che Diego! Che coso, lì, il ping... E l'Angiolina? Perché gridava l'Angiolina?...

Rino                              - (imbarazzato) Perché... perché inseguendo Diego che m'aveva derubato, me la son trovata addosso. Per scansarla ho dovuto urtarla e lo ha stracciato il grembiule. Lei s'è offesa.

Gino                              - (furibondo) Tutte balle! Adesso c'è ancbe un « clearing » fra iun grembiule e un ceffone, eh, impo­store?!...

La Radio                       - « O tu che in seno agli Angioli »... (Nilla rientra spintonando Diego).

Nilla                              - T'ho detto le mille volte che non voglio vil­lanate.

Elena                             - (a Rino, in vivace emulazione) Screanzato. Un vero contadino...

Diego                            - (furente) Con quel porco lì non giuoco più.

Nilla                              - (strillando) Ti proibisco di aprire bocca.

Filippo                           - (magistratissimo) Diego!

Elena                             - (squillante) Vergogna! Fra cugini!

Giachino                       - (cianotico) Eh! Se non è lì...

Filippo                           - Avanti, fate pace e imparate a vivere, se no...

Diego                            - Non vado vicino a quel farabutto neanche per...

Filippo                           - (colla patria potestas in aria) Neanche per questo? (Ceffone. Diego si scaglia contro Rino che, fug­gendo, urta la radio che, coi bottoni all'aria, urla come un'indemoniata la fine della « Mezz'ora dei ragazzi »: «Arrivederci a giovedì venturo, gioie del nostro cuore, fiori delle nostre case ». Gino afferra a volo suo figlio e lo schiaffeggia robustamente).

Giachino                       - (asmatico e lavorando inutilmente ai bottoni dell'apparecchio) A' miei tempi c'erano le verghe!

Gino                              - (sbuffando) Ramo estinto. H nome glorioso è sceso molto più dabbasso.

Filippo                           - (giudice istruttore) E adesso o parlare o buscarne fino a domani...

Rino                              - Mi ha preso tutte le sigarette e me le ha fu­mate nel cesso.

Diego                            - (spiritato) Bugiardo e porco! Me le ha pro­messe lui perché lo lasciassi solo coll'Angiolina. Poi non me le voleva più dare.

Gino                              - (fuori di se) Lo sentivo! Mascalzone d'un malvivente d'un...

Filippo                           - (a Diego) Ah! Tu fumi per far da palo, eh? (Un ceffone).

Gino                              - (a Rino) Uno il fumo, l'altro l'arrosto. (Un ceffone) Io ti cambio la pelle...

Elena                             - (frignando) Io non oso più alzar gli occhi!

Gino                              - (che ha bisogno di sfoghi) Si capisce. La colpa è anche tua...

Elena                             - (scattando) Sfogati, sfogati... Tu parli come un cafone, poi pretendi il pudore negli altri.

Gino                              - Se invece di spettegolare tutto il giorno, tu pensassi alla casa, non avremmo nuore serve, nipoti serve, una discendenza di serve...

Filippo                           - (a Nilla) Anche tu non t'accorgi mai di nulla. Lui fuma, lui commercia la fantesca, e tu cosa fai?

Nilla                              - (inviperita) Io nascondo i libri sconci che il signorino trova nella tua biblioteca...

Gino                              - (a Elena) Dagli i vizi, dagli i soldi, dagli il diavolo che vuole, poi, la colpa è mia...

Filippo                           - (a Diego) Te le faccio mangiare una per una le cicche.

Diego                            - Io le serve le lascio ai facchini.

Nilla                              - Silenzio!

Rino                              - Io non rubo. Ladro!

Diego                            - Porco!

Rino                              - (in stato epilettico) La lingua da portinaio nessuno te la taglie, ma la gloria di portiere, sì... (Una pedata di punta in uno stinco. Diego crolla sulla poltrona gnaulando. Qualcuno dal piano superiore picchia con un bastone contro il soffitto).

Giachino                       - (cercando di raccapezzarsi all'apparecchio) Poi è la musica che disturba i vicini.

Nella                             - (accorrendo presso Diego e risentita a Elena) Però tuo figlio esagera...

Elena                             - (rimbeccando) E il tuo? Va là «he non è morto.

Nilla                              - (c. s.) Questi son calci da mulo.

Elena                             - (di scatto) All'asino. Cugini primi!

Nilla                              - (livida) Scherzi d'i mano scherzi di villano.

Elena                             - (viperina) Grazie! Però sta tranquilla. Quando tuo figlio gestirà certi locali, il mio non pagherà più a sigarette... (Trillo del telefono).

Filippo                           - Gino, è per te. (Ai ragazzi) E voi due, via. Uno nel cesso, l'altro nel bagno... (Li spintona fuori).

Voce d'Angiolina          - (di là) A me non è mai successo...

Voce di Filippo             - (c. s.) Qualche volta bisogna aspet­tarselo.

Voce d'Angiolina          - (c. s.) Non sono mica una...

Voce di Filippo             - (c. s) Lo sappiamo, Io sappiamo... Sei una buona diavola... Adesso stai tranquilla. Nessuno ti fa colpa... Ora va di là... Guarda, pendi la giarrettiera...

Voce d'Angiolina          - (c. s.) Sfido! E' un'ora che mi sta addosso quel...

Gino                              - (all'apparecchio) Plotzner? Siete voi? Buona sera, caro amico. Mi avete cercato appena arrivato? Mi «piace proprio... Son qui in serata familiare. Dite, dite... Otto vagoni a Bressanone? Fra due giorni? Venduti? Bravo! Ma come si fa? E per forza... Vediamo un po'... Dunque... Dunque...

La Radio                       - « Urna fatale del mio destino... ».

Gino                              - (voltandosi irritato) Non capisco un corno. Chiudete quella pentolaccia. (All'apparecchio) Fate così. Venite subito in casa dell'avvocato Dacchi, via Po 83, primo piano. Sì, troverete aperto. E intanto telegrafate a Bardonecchia all'Albergo Bellavista, così. «Causa affari arriveremo fra tre giorni. Tenete camere impegnate et ritirate bagagli stop Valessi »... A fra poco... Addio... (Lascia l’apparecchio. Si vede che ha ricevuto buone notizie dì qualche affare cospicuo, quindi ottimismo ed indulgenza) Andiamo! Non guastiamoci la serata. Si ca­pisce che in tempo di guerra anche il frasario ne risente.  Scapaccioni, parolacce da ambedue le parti... L'impor­tante è che Angiolina abbia conservato la sua colonia... Via le cere arcigne... Nell'intimità provvederemo, ma qui... Vi pare?

Nilla                              - (sostenuta, a bassa voce) Però ladro e mez­zano, Elena...

Elena                             - (c. s.) Se ben ricordo, Nilla, porco e bu­giardo...

Gino                              - (allegro) Fatto il bilancio? E allora compen­sazione. Filippo, mi fai il piacere di mandare Angiolina ad aprire?... Dalle questo... Il figlio rompe e il padre paga...

Filippo                           - (legale) Il taglione.

Nilla                              - (con finta vivacità, come se nulla fosse avvenuto) Adesso potremo bere, no?

Giachino                       - (furibondo) Posso riaprire?

La Radio                       - «Abbiamo trasmesso il terzo atto del-« l'opera in quattro atti " La Forza del Destino " di Giuseppe Verdi. Personaggi ed interpreti...». E neanche il quarto atto il commendatore Giachino ha potuto sentirlo perché nello studio dì Filippo, seduto d'autorità fra Valessi e Plotzner, ha dovuto spiegare come nel giro di mezza giornata si possano trovare otto vagoni per spedire merci in Pusteria e telefonare al Capo-com­partimento, ancora alzato, a un exrcollega di Verona che, tutt'assonnato, gli ha risposto: « Cassa? No ti ga altre ore, volontario del vapor? », e a un suo ex-dipendente, ora alla Grande Velocità, che non ha agganciato suffi­cientemente in tempo il ricevitore consentendogli di rac­cogliere questa sua confidenza alla moglie: « E' in pen­sione, ma le scatole continua a romperle, quella mi­gnatta! ».

Quand'è rientrato in sala ha potuto ancora afferrare a volo una frase:

La Radio                       - «Sabato, replica dell'opera...».

        - Meno male! - sospira salendo a casa sua dopo la tremenda serata, in cui è stato presente a tutta l'opera senza sentirne una nota. - Meno male! Ma che gente! Barbari, libertini, stupratori, ignoranti, ladri, pettegole, svergognate... Bruti!!! - E guardando crucciato la Ver­gine degli Angeli dietro l'ingraticciata mormora: «Non mi devi avere in grazia, Madonna! A certi assassini hai persino fatto spezzare il laccio sulla forca, e a me in­ vece... Mah! ».

Sabato però sarà un'altra faccenda. Andrà all'Auditorio. Il maestro Dario, collega del Circolo, glie ne darà il mezzo e lui lo inviterà, ecco, a pranzo e a cena. Per due mangiate di che cosa non è capace un musicante? E fi­nalmente.

Ma il venerdì un telegramma del suo fattore gli toglie ogni speranza: «.Franata riva Rio Lungo per alluvione stop Urge vostra presenza domani per provvedimenti im­mediati et perizia Società Assicurazioni stop ».

Ognuno ha la sua forza del destino - mugola l'infe­lice nel treno che lo porta alla devastata tenuta di Vo­ghera, e, scagliando il corno dal finestrino: «Ma non tutti la sentono... ».

FINE