Luigi Pirandello
La giara
Commedia in un atto 1925 (?)
PERSONAGGI Don Lollò Zirafa |
Campagna siciliana. Oggi.
ATTO UNICO
Spiazzo erboso davanti alla cascina di don Lolò Zirafa in vetta a un
poggio. A sinistra è la facciata della cascina, rustica, a un sol piano. La
porta, rossa, un po' stinta, è nel mezzo; sopra la porta, un balconcino.
Finestre sopra e sotto: quelle di sotto, con grate. A destra, un
secolare olivo saraceno; e, attorno al tronco scabro e stravolto, un sedile di
pietra, murato tutt'in giro. Di là dall'olivo lo spiazzo scoscende con un
viottolo. In fondo, degradanti per il pendio del poggio, altri olivi. È
ottobre.
Al levarsi della tela, 'Mpari Pè, sentendo un canto
campestre delle donne, che vengono sù per il viottolo a destra con ceste
colme d'olive sul capo o tra le braccia, montato sul sedile attorno all'olivo
saraceno grida:
'Mpari pè: O oh! Toppe senza chiave! E tu costà, moccioso! Piano, corpo di... badate al carico!
Le donne e Nociarello vengono su dal viottolo a destra, cessando il canto.
Trisuzza: O che vi piglia, 'Mpari Pè?
La 'gnà Tana: Alla grazia! Avete imparato anche voi a sacramentare?
Carminella: Anche gli alberi di qui a poco si metteranno a bestemmiare
in questa campagna.
'Mpari pè: Ah, vorreste che vi lasciassi seminare per terra le olive?
Trisuzza: Seminare? Io per me non ne ho lasciata cadere nemmeno una.
'Mpari pè: Se don Lolò, Dio liberi, s'affaccia là al suo balcone!
La 'gnà Tana: Eh, può anche starci affacciato dalla mattina alla sera!
Chi attende al suo dovere, non ha nulla da temere.
'Mpari pè: Già, cantando col naso in aria.
Carminella: O che non si può più nemmeno cantare?
La 'gnà Tana: Che! Solo bestemmiare si può. Pare che abbiano scommesso,
padrone e servitore, a chi le spara più grosse.
Trisuzza: Non so come Dio non gliela fulmini codesta cascina con tutti
gli alberi attorno!
'Mpari pè: Eh via! finitela! Linguacce! Andate a scaricare e non la fate
più lunga!
Carminella: Si séguita a raccogliere?
'Mpari pè: O che è mezza festa, che volete levar mano? C'è ancora tempo
per due viaggi. Sù, leste, andate, andate.
Spinge verso l'angolo della
cascina a sinistra le donne e Nociarello.
Qualcuna, andando, riprende a cantare, per
dispetto. 'Mpari Pè, rivolto verso il balcone, chiama:
Don Lolò!
Don Lolò (dall'interno a terreno): Chi mi vuole?
'Mpari pè: L'avverto che sono arrivate le mule col concime.
Don Lolò
venendo fuori, sulle furie. È un pezzo d'uomo sui quaranta, dagli occhi di lupo, sospettosi; iracondo. Porta in capo un vecchio cappellaccio bianco a larghe tese e agli orecchi due cerchietti d'oro. Senza giacca, con una camicia dì ruvida flanella, a quadri, violacea, aperta sul petto irsuto; le maniche rimboccate:
Le mule, a quest'ora? Dove sono? Dove l'hai avviate?
'Mpari pè: Sono di là, stia tranquillo. Il mulattiere vuol sapere dove
deve scaricare.
Don Lolò: Ah si? Scaricare: senza ch'io abbia veduto che cosa m'ha
portato? E in questo momento non posso: sto parlando con l'avvocato.
'Mpari pè: Ah, della giara?
Don Lolò (squadrandolo): Ohi, dico, chi t'ha promosso caporale?
'Mpari pè: No, dicevo...
Don Lolò: Tu non devi dir nulla; obbedire, e mosca! Vorrei sapere per
qual ragione t'è potuto venire in mente ch'io stia parlando della giara con
l'avvocato.
'Mpari pè: Perché lei non sa in che apprensione ‑ ma che dico,
apprensione? ‑ in che terrore vivo per questa giara nuova, a vederla
esposta là nel palmento. (Indica a sinistra, verso la cascina.) La levi,
la levi, in nome di Dio!
Don Lolò (urlando):No! T'ho detto no cento volte! Deve
star lì, e nessuno deve toccarla!
'Mpari pè: Con questo va e vieni di donne e di ragazzi, messa com'è
accanto alla porta!
Don Lolò: Sangue di... hai giurato di farmi andar via col cervello?
'Mpari pè: Purché poi non abbia a prendersi un dispiacere.
Don Lolò: Non voglio che mi si esca in altri discorsi, mentre n'ho
cominciato uno di là con l'avvocato. Dove vuoi che la metta codesta giara?
Nella dispensa non c'è posto, se prima non si leva la botte vecchia; e per ora
non ho tempo.
Sopravviene da destra il mulattiere.
Il mulattiere: Oh, insomma, dove debbo scaricare questo concime? A
momenti è bujo,
Don Lolò: Eccone qua un altro! Sant'Aloe t'ajuti a romperti il collo, tu
e tutte le tue bestie! Te ne vieni a quest'ora?
Il mulattiere: Prima non ho potuto.
Don Lolò: E io gatte nel sacco non ne ho mai comperate. E voglio che tu
i mucchi sul maggese me li faccia dove e come ti dico io; e a quest'ora è
troppo tardi.
Il mulattiere: Oh! sa la nuova, don Lolò. Io scarico le mule dove vien
viene, dietro il muro di cinta, e me ne vado.
Don Lolò: Pròvati! Voglio vederti!
Il mulattiere: Ecco che glielo faccio vedere! (S'avvia infuriato.)
'Mpari pè: (trattenendolo): Eh via, che furie!
Don Lolò: Lascialo, lascialo andare!
Il mulattiere: Se egli ha la testa calda, io l'ho più calda di lui! Non
ci si può aver da fare! Ogni volta, una lite!
Don Lolò: Eh, caro mio, con me, chi vuol aver da fare - guarda - (cava
di tasca un libro di piccolo formato, legato in tela rossa) c'è questo.
Lo sai che è? Ti sembra un libriccino da messa? È il Codice Civile! Me l'ha
regalato il mio avvocato, che ora è qua, a villeggiatura da me. E ho imparato a
leggerci, sai, in questo libriccino, e a me non me la fa più nessuno, neppure
il Padreterno! Contemplato tutto, qua: caso per caso. E me lo pago ad anno, io,
l'avvocato!
'Mpari pè: Eccolo qua!
Esce dalla porta della cascina l'avvocato Scimè con una vecchia paglietta in capo e un giornale in mano, aperto.
Scimè: Che cos'è, don Lolò?
Don Lolò: Signor avvocato, quest'ignorante se ne viene al bujo con le
mule a portarmi un carico di concime per il maggese, e invece di chiedermi
scusa -
Il mulattiere (cercando d'interrompere, rivolto all'avvocato): -
gli ho detto che prima non ho potuto -
Don Lolò (seguitando): - miha minacciato -
Il mulattiere: - io? non è vero! -
Don Lolò: - tu, sì, di buttarmelo dietro il muro -
Il mulattiere: - ma perché lei... -
Don Lolò: - io, che cosa? Lo voglio scaricato sul posto, come si deve, a
mucchi, tutti d'una misura.
Il mulattiere: E andiamo! Perché non viene? C'è ancora due ore di sole
signor avvocato. È che lui vorrebbe soppesarselo in mano, con rispetto
parlando, pallottola per pallottola. L'avessi a conoscere!
Don Lolò: Oh, lascia star l'avvocato, ch'è qua per me e non per te! Non
gli dia retta, signor avvocato: se ne vada giù per il viottolo là, al suo
solito; si metta a sedere sotto il gelso, e si legga in pace il suo giornale.
Verrò più tardi a seguitar con lei il discorso della giara. (Al mulattiere:)Su, su, andiamo. Quante mule sono? (S'avvia col mulattiere verso destra.)
Il mulattiere (seguendolo):Non s'era convenuto per
dodici? E son dodici.
Scompare con don Lolò dietro la cascina.
Scimè:(alzando le mani e scotendole in aria):Ah,
via, via, via! Domattina all'alba, via a casa mia! Mi sta facendo girar la
testa come un arcolajo!
'Mpari pè:Non dà requie a nessuno. E le assicuro che un bel
regalo gli ha fatto vossignoria con quel libretto rosso! Prima, alla minima
contrarietà, gridava: «Sellatemi la mula!».
Scimè:Già, per correre in città, al mio studio, e farmi ogni
volta la testa come un cestone. Caro mio, gliel'ho proprio regalato per questo,
il Codice. Se lo cava di tasca, ci si scapa a cercare da sé e lascia me in
pace. M'ha ispirato il diavolo, piuttosto, a venire a passare qua una
settimana! Ma appena seppe dell'ordinazione del medico, che stessi in riposo
per un po' di giorni in campagna, mi mise in croce, mi mise, perché accettassi
la sua ospitalità. Gli posi per patto che non dovesse parlarmi di nulla. Da
cinque giorni mi rompe l'anima parlandomi d'una giara... di non so che giara...
'Mpari pè: Sissignore, della giara grande, per l'olio, arrivata ch'è
poco da Santo Stefano di Camastra, dove si fabbricano. Uh, bella: grossa così,
alta a petto d'uomo: pare una badessa. O che vorrebbe attaccarla anche col
fornaciajo di là?
Scimè:E come no? Perché gliel'ha fatta pagar quattr'onze, e dice
che se l'aspettava più grande.
'Mpari pè (con stupore): Più grande?
Scimè: Non mi parla d'altro da cinque giorni che son qui. (S'avvia
per il sentieruolo a destra:) Ah, ma domani, via, via, via. (Scompare
per il sentieruolo.)
Dall'interno, lontano, per le campagne si ode il bercio cantilenato di Zi' Dima Licasi: «Conche, scodelle da accomodare!». Dal sentieruolo a destra sopravvengono con scala e canne in collo Tararà e Fillicò.
'Mpari pè(vedendoli):Oh, e come mai? Avete
smesso d'abbacchiare?
Fillicò: Ce l'ha ordinato il padrone, passando con le mule.
'Mpari pè: E vi disse anche d'andar via?
Tararà: No, che! Ci disse di trattenerci per fare non so che lavoro
nella dispensa.
'Mpari pè:Di levarne la botte vecchia?
Fillicò: Già. Per dar posto alla giara nuova.
'Mpari pè: Ah, bene! Son contento che m'abbia dato ascolto almeno una
volta! Venite, venite con me.
S'avvia coi due verso sinistra; ma
sopravvengono da dietro la cascina Trisuzza,
la 'gnà Tana e Carminella con le ceste vuote.
La 'gnà Tana (vedendo i due abbacchiatori): E come? S'è finito
d'abbacchiare?
'Mpari pè: Finito, finito, per oggi.
Trisuzza: E nojaltre, che si fa?
'Mpari pè: Aspettate che il padrone torni e ve lo dica.
Carminella: Così con le mani in mano?
'Mpari pè: Che volete ch'io vi dica? Andate a scartare nel magazzino.
La 'gnà Tana: Ah, senza un ordine suo non m'arrischio.
'Mpari pè Mandate allora qualcuno a prender l'ordine. (Via da
sinistra con Tararà e Fillicò.)
Carminella: Vai, vai tu, Nociarello.
La 'gnà Tana: Gli dirai così: gli uomini hanno smesso d'abbacchiare; le
donne vogliono sapere che cosa han da fare.
Trisuzza: Se vuole che si mettano a scartare. Digli così.
Nociarello: Così. Va bene.
Carminella: Corri!
Nociarello, via di corsa per il
sentieruolo a destra. Ritornano in scena da sinistra, prima uno,
poi l'altro, sbalorditi, spaventati, con le mani per aria, Fillicò, Tararà e
'Mpari Pè.
Fillicò: Vergine Santa, ajutateci voi!
Tararà: Io non ho più sangue nelle vene!
'Mpari pè: Castigo di Dio! Castigo di Dio!
Le donne (a una voce, facendosi attorno): musica coreo (?)
- Cheè stato?
- Che avete?
- Che è accaduto?
'Mpari pè: La giara! la giara nuova!
Tararà: Spaccata!
Le donne (a una voce):- La giara? - Davvero? - Oh Madre
santa!
Fillicò: Spaccata a metà! Come se le avessero dato con la mannaja: zà!
La 'gnà Tana: E com'è possibile!
Trisuzza: Non l'ha toccata nessuno!
Carminella: Nessuno! Ma chi lo sentirà adesso don Lolò?
Trisuzza: Farà cose da pazzi!
Fillicò: lo per me lascio tutto e me ne scappo.
Tararà: Che? ve ne scappate? Sciocco! E chi gli leverà dal capo allora
che non siamo stati noi? Qua fermi tutti! E voi (a 'Mpari Pè:) lo
andrete a chiamare. No, no: lo chiamerete di qua; gli darete una voce.
'Mpari pè (montando sul sedile attorno all'olivo):Ecco,
sì, di qua. (Gridando, con una mano presso la bocca, a più riprese:)Don
Lolò! Ah, don Lolòoo! Non sente: va gridando come un pazzo dietro le mule. Don
Lolòoo! È inutile! Meglio farci una corsa!
Tararà: Ma in nome di Dio, non gli fate nascere il sospetto...
'Mpari pè: State tranquilli! Come potrei in coscienza incolpar voi? (Via
di corsa per il sentieruolo.)
Tararà: Oh, tutti d'accordo, noi: una parola sola: fermi, a tenergli
testa: la giara s'è rotta da sé.
La 'gnà Tana: S'è dato più d'una volta -
Trisuzza: - sicuro! che le giare nuove si rompano da sé!
Fillicò: Perché tante volte - sapete com'è? - nel cuocerle in fomace,
qualche favilla vi rimane presa dentro, che poi tutt'a un tratto pam! scoppia.
Carminella: Proprio così! Come se le tirassero una schioppettata, (accenna
un segno di croce:) Dio ne liberi e scampi. Si odono dall'interno, a
destra, le voci di don Lolò e di 'Mpari Pè.
Voce di Don Lolò: Voglio sapere chi è stat
o, per la Madonna!
Voce di 'Mpari pè: Nessuno, glielo posso giurare!
Trisuzza: Eccolo qua!
La 'gnà Tana: Signore, ajutateci!
Appare dal sentieruolo, pallido, infuriato, don Lolò, seguito da 'Mpari Pè e Nociarello.
Don Lolò (avventandosi prima contro Tararà, poi contro Fillicò,
agguantandoli per il petto della camicia e scrollandoli): Sei stato tu? Chi
è stato? O tu o tu, uno dei due dev'essere stato, perdio, e me la pagherete!
Tararà e Fillicò (contemporaneamente, divincolandosi): Io?
Lei è pazzo! Mi lasci! - Si stia quieto con le mani, o per come è vero Dio... (E
contemporaneamente, attorno, le donne e 'Mpari Pè, tutti in coro:)
Le donne e 'Mpari pè: - S'è rotta da sé! - Non ci ha colpa
nessuno! - S'è trovata rotta! - Gliel'ho detto e ripetuto!
Don Lolò (ribattendo, ora all'uno ora all'altro): Ah sono pazzo?
- Eh già, tutti innocenti! - S'è rotta da sé! - La farò pagare a tutti quanti!
- Andatela a prendere intanto e portatela qua! ('Mpari Pè, Tararà e Fillicò
corrono a prendere la giara.) Alla luce, se c'è segno d'urto o di botta, si
vedrà. E se c'è, vi salto alla gola e vi mangio la faccia! Me la pagherete
tutti quanti, uomini e donne!
Le donne (a una voce):- Che?Noi? Lei farnetica! -
Vuol che ne rispondiamo anche noi? - Noi non l'abbiamo nemmeno guardata!
Don Lolò: Siete entrate e uscite dal palmento anche voi!
Trisuzza: Eh, già, le abbiamo rotto la giara, strusciandola così con la
sottana! Si prende con una mano la sottana e smorfiosamente fa l'atto di
sbattergliela su una gamba.
Intanto 'Mpari Pè, Tararà e Fillicò rientrano in iscena da sinistra recando la giara spaccata.
La 'gnà Tana: Oh peccato! Guardatela!
Don Lolò (levando le disperazioni a modo di quelli che piangono un
parente morto):La giara nuova! quattr'onze di giara! E dove
metterò l'olio dell'annata? Oh bella mia giara! È stata invidia o infamità!
Quattr'onze buttate via! E questa ch'era annata d'olive! Ah Dio, che cosa! E
come farò?
Tararà: Ma no, no: guardi -
Fillicò: - si può sanare -
'Mpari pè: - se n'è staccato un pezzo -
Tararà: - un pezzo solo -
Fillicò: - spacco netto -
Tararà: - forse era incrinata.
Don Lolò: Ma che incrinata! Sonava come una campana!
'Mpari pè: E vero. Ne ho fatto io la prova.
Fillicò: Le ritorna come nuova, dia ascolto a me, se chiama un buon
conciabrocche; non si vedrà più neanche il segno della saldatura.
Tararà: Chiami zi' Dima, zi' Dima Licasi! Dev'essere qua presso; l'ho
sentito gridare.
La 'gnà Tana: Bravo mastro, fino: ha un mastice miracoloso, che non ci
può neanche il martello, quando ha fatto presa. Corri, Nociarello: è qua
accanto, alla chiusa di Mosca; va' a chiamarlo!
Nociarello, via di corsa, per la sinistra.
Don Lolò (gridando):Statevi zitti! M'avete stordito!
Non credo a codesti miracoli! Per me la giara è persa.
'Mpari pè: Eh, glielo dicevo io!
Don Lolò (su tutte le furie): Che mi dicevi tu, ménchero, che mi
dicevi, se è vero che la giara s'è rotta da sé, senza che nessuno l'abbia
toccata? Anche se custodita in un tabernacolo, si sarebbe rotta lo stesso, se
s'è rotta da sé!
Tararà: È giusto! Non dite parole inutili!
Don Lolò: Mi fa dannare, quest'imbecille!
Fillicò: Vedrà che tutto s'accomoda, con poche lire! E lei sa che dura
più una brocca rotta che una sana.
Don Lolò: Per l'anima di tutti i diavoli: ho le mule a mezza costa col
concime! (A 'Mpari Pè:) Che stai a fare tu qua, a guardarmi in bocca?
Corri, va' a dare un occhio, almeno! ('Mpari Pè, via per il sentieruolo.)
Ah, mi fuma la testa, mi fuma la testa! Che zi' Dima e zi' Dima! Con
l'avvocato, piuttosto, devo intendermela! Che se si è rotta da sé, è segno che
doveva aver qualche guasto. Sonava, però, sonava, quand'è arrivata! E me la son
tenuta per sana. C'è la mia dichiarazione. Quattr'onze perdute. Ci posso far la
croce.
Si presenta a sinistra zi' Dima Licasi seguito da Nociarello
Fillicò: Ah, ecco qua zi' Dima!
Tararà (piano a don Lolò): Badi che non parla.
La 'gnà Tana (c.s. quasi misteriosamente): È di poche parole.
Don Lolò: Ah sì? (A zi' Dima:) E non usate neanche salutare,
quando vi presentate davanti a qualcuno?
Zi' Dima: Ha bisogno della mia opera o del mio saluto? Della mia opera,
credo. Mi dica che ho da fare e lo farò.
Don Lolò: O se le parole vi costano tanto, perché non le risparmiate
anche agli altri? Non lo vedete qua che cosa avete da fare? (Gl'indica la
giara.)
Fillicò: Sanare questa bella giara, zi' Dima, col vostro mastice!
Don Lolò: Dicono che fa miracoli. L'avete fabbricato voi? (Zi' Dima
lo guarda scontroso e non risponde.) Oh, rispondete e fatemelo vedere!
Tararà (di nuovo piano a don Lolò): Se lei lo piglia così, non ne
otterrà nulla.
La 'gnà Tana (c.s.): Non lo fa vedere a nessuno. Ne è geloso.
Don Lolò: E che è? Ostia consacrata? (A zi' Dima:) Ditemi almeno
se credete che la giara, accomodata, verrà bene.
Zi' Dima (che ha posato a terra la cesta e n'ha cavato un vecchio
fazzoletto di cotone turchino tutto avvoltolato): Così subito? Io credo
quando vedo. Mi dia tempo.
Si mette a sedere per terra e
comincia a svolgere pian piano, con molta cautela, il fazzoletto.
Tutti lo guardano, attenti e curiosi.
La 'gnà Tana (piano a don Lolò): Sarà il mastice!
Don Lolò: Io mi sento salire una cosa da qua. (Indica la bocca dello
stomaco.)
Tutti (appena da quel fazzoletto vien fuori un pajo d'occhiali col
sellino e le stanghette rotti e legati con lo spago, scoppiando in una risata):
- Uh, gli occhiali! - Chi sa che credevamo che fosse! - Credevamo il mastice! -
Pare una capezza!
Zi' Dima (pulendo gli occhiali con una cocca del fazzoletto, li
guarda; poi, inforcando gli occhiali, esamina la giara e dice): Verrà bene.
Don Lolò: Bum! Il tribunale ha emesso la sentenza. Ma vi avverto che di
codesto vostro mastice, per quanto miracoloso, non mi fido. Ci voglio anche i
punti.
Zi' Dima torna a guardarlo, poi,
senza dir nulla, prende il fazzoletto, gli occhiali
e li butta nella cesta rabbiosamente; afferra la cesta, se la rimette in
ispalla e s'avvia.
Ohi, dico, che fate?
Zi' Dima: Me ne vado.
Don Lolò: Messere e porco, così trattate?
Fillicò (trattenendolo): Eh via! Zi' Dima, pazienza!
Tararà (c.s.): Fate come vi comanda il padrone.
Don Lolò: Guardate un po' che arie da Carlomagno! Scannato miserabile e
pezzo d'asino, che non siete altro! Ci ho a metter l'olio là dentro, che
trasuda. Un miglio di spaccatura, col mastice solo? Ci voglio anche i punti.
Mastice e punti. Comando io.
Zi' Dima: Tutti così! Tutti così! Ignoranti! Sia pure una brocca o sia
una conchetta, una ciotola o una tazzina: i punti! I denti della vecchia che
digrignano e par che dicano: «Sono rotta e accomodata!». Offro il bene e
nessuno ne vuole approfittare. E mi dev'esser negato di fare un lavoro pulito e
a regola d'arte! (S'appressa a don Lolò:) Dia ascolto a me. Se questa
giara non suona di nuovo come una campana, col solo mastice...
Don Lolò: V'ho detto di no! Io con costui non ci posso combattere! (A
Tararà:) Alla grazia! M'hai detto che parlava poco! (A zi' Dima:) È
inutile che facciate la predica! Se tutti vi comandano i punti, è segno che a
giudizio di tutti i punti ci vogliono.
Zi' Dima: Che giudizio! È ignoranza!
La 'gnà Tana: Anche a me - sarà ignoranza - ma mi sembra che ci
vogliano, Zi' Dima.
Trisuzza: Certo, tengono meglio.
Zi' Dima: Ma bucano! Ci vuol tanto a capirlo? Ogni punto, due buchi;
venti punti, quaranta buchi. Dove col mastice solo...
Don Lolò: Càzzica, che testa! Neanche un mulo! Bucheranno, ma ce li
voglio! Sono io il padrone! (Rivolgendosi alle donne:)Su, su,
andiamo: vojaltre, a scaricare nel magazzino; (agli uomini:)e
vojaltri, nella dispensa, a levar la botte vecchia; andiamo! (Li spinge
verso la cascina.)
Zi' Dima: Oh, e aspetti!
Don Lolò: C'intenderemo a lavoro finito. Non ho tempo da perdere con
voi.
Zi' Dima: Vuol lasciarmi qua solo? Ho bisogno di qualcuno che m'ajuti a
reggere il lembo spaccato. La giara è grossa.
Don Lolò: Ah, e allora - (aTararà:)- rimaniqua
tu. (A Fillicò:)Etu vieni con me.
Via con Fillicò. Le donne e Nociarello sono già andati via. Zi' Dima si mette subito all'opera, con dispetto. Cava dal cesto il trapano e comincia a fare i buchi alla giara e al lembo spaccato. Nel mentre Tararà gli parlerà:
Tararà: Manco male che l'ha presa cosà! Non ci so credere. Ho temuto
che dovesse avvenire il finimondo stasera! Non s'amareggi il sangue, zi' Dima.
Ci vuole i punti? Lei ce li metta. Venti, trenta, (zi' Dima lo guarda:)anche più? trentacinque? (Zi' Dima torna a guardarlo:)E
quanti, allora?
Zi' Dima: La vedi questa saettella di trapano? Come la muovo - (fru
e fru, fru e fru)- mene sento sfruconare il
cuore.
Tararà: Mi dica, è vero che l'ebbe in sogno la ricetta del suo mastice?
Zi' Dima (seguitando a lavorare): In sogno, sì.
Tararà: E chi le apparve in sogno?
Zi' Dima: Mio padre.
Tararà: Ah, suo padre! Le apparve in sogno e le disse come doveva
fabbricarlo?
Zi' Dima: Mammalucco!
Tararà: Io? Perché?
Zi' Dima: Sai chi è mio padre?
Tararà: Chi è?
Zi' Dima: Il diavolo che ti mangia.
Tararà: Ah, lei dunque è figlio del diavolo?
Zi' Dima: E questa che ho nella cesta è la pece che v'attaccherà tutti
quanti.
Tararà: Ah, è nera?
Zi' Dima: È bianca. E me l'insegnò mio padre a farla bianca.
Riconoscerete la sua potenza quando ci starete a bollire in mezzo. Ma laggiù è
nera. Se accosti due dita, non le stacchi più; e se t'attacco il labbro col
naso, resti abissino per tutta la vita.
Tararà: E com'è che lei la tocca e non le fa niente?
Zi' Dima: Sciocco, quando mai il cane ha morso il suo padrone?
Butta via il trapano e sorge in piedi:
Vieni qua, adesso.
Gli fa reggere il lembo già forato:
Reggi qua.
Cava dalla cesta una scatola di latta, la apre, ne trae una ditata di mastice e lo mostra:
Guarda. Ti pare un mastice come un altro? Sta' a vedere. (Spalma il
mastice prima sull'orlo della spaccatura dellagiara, poi lungo tutto il lembo.)Con tre o quattro ditate, così... appena appena... Reggi bene. Io mi caccio
adesso qua dentro.
Tararà: Ah, da dentro?
Zi' Dima: Per forza, asino; se ho a fermare i punti bisogna che li fermi
da dentro. Aspetta. (Cerca nella cesta:) Fil di ferro e tanaglie.
Prende quello e queste e va a cacciarsi dentro la giara.
Oh, tu adesso... - aspetta che mi metta bene - alza codesto lembo e applicalo, a combaciare... piano... bravo... così.
Tararà eseguisce e lo chiude dentro la giara. Poco dopo, sporgendo il capo dalla bocca della giara:
Ora tira, tira! È ancora senza punti. Tira con tutta la tua forza. Vedi?
vedi se si stacca più? Neanche dieci paja di buoi potrebbero più staccarla!
Va', va' a dirlo al tuo padrone!
Tararà: Ma scusi, zii Dima, è sicuro che potrà uscime, ora?
Zi' Dima: Come no? Ne son sempre uscito, da tutte le giare.
Tararà: Ma questa - non so - mi pare un po' stretta di bocca per lei. Si
provi. (Ritorna dal viottolo a destra 'Mpari Pè.)
'Mpari pè: O che non può più uscirne?
Tararà (a zi' Dima, dentro la giara):Piano. Aspetti. Di
lato.
'Mpari pè: Il braccio, fuori prima un braccio.
Tararà: No, il braccio, che dite?
Zi' Dima: Ma insomma, santo diavolo, com'è? Non posso più uscirne?
'Mpari pè: Tanto grossa di pancia e tanto stretta di bocca!
Tararà: Sarebbe da ridere, dopo averla sanata, se non ne potesse più
uscire davvero! (Ride.)
Zi' Dima: Ah tu ridi? Corpo di Dio, datemi ajuto! (E fa leva
infuriato.)
'Mpari pè: Aspettate, non fate cosà! Vediamo se, piegandola...
Zi' Dima: No, peggio. Lasciate! L'intoppo è nelle spalle.
Tararà: Già, lei che n'abbonda un pochino da una parte!
Zi' Dima: Io? Se hai detto tu stesso che difetta di bocca la giara!
'Mpari pè: E ora come si fa?
Tararà: Ah, questa è da contare! da contare! (Ride e corre verso la
cascina, chiamando:)Fillicò! 'gnà Tana! Trisuzza! Carminella!
Venite venite qua! Zi Dima non può più uscire dalla giara!
Arrivano da destra Fillicò, la 'gnà Tana, Trisuzza, Carminella, Nociarello.
Le donne e Nociarello (tutti a coro, ridendo, saltando,
battendo le mani): Dentro la giara? - Oh bella! - E com'è stato? - Non può
più uscirne?
Zi' Dima (nello stesso tempo, come un gatto inferocito): Fatemi
uscire! Prendete il martello da quella cesta!
'Mpari pè: Che martello! Voi siete pazzo! Deve dirlo il padrone.
Fillicò: Eccolo qua! Eccolo qua! (Sopravviene di corsa dalla destra
don Lolò.)
Le donne (andandogli incontro):S'è murato dentro la
giara! - Da sé! - Non può più uscirne!
Don Lolò: Dentro la giara?
Zi' Dima (nello stesso tempo): Ajuto! ajuto!
Don Lolò: E che ajuto posso darvi io, vecchio imbecille, se non avete
preso la misura della vostra gobba (tutti ridono) prima di cacciarvi
dentro?
La 'gnà Tana: Ma guardate che gli càpita, povero zi' Dima!
Fillicò: È da cavarne i numeri, per com'è vero Dio!
Don Lolò: Aspettate. Piano. Cercate di trar fuori un braccio.
'Mpari pè: È inutile! S'è provato in tutti i modi.
Zi' Dima (che ha cavato fuori a stento un braccio): Ahi! Piano,
mi sloga il braccio!
Don Lolò: Pazienza! Provate a...
Zi' Dima: No! Mi lasci!
Don Lolò: Che volete che vi faccia allora?
Zi' Dima: Prenda il martello e rompa la giara!
Don Lolò: Che? Ora che è sanata?
Zi' Dima: O che vorrebbe tenermi qua dentro?
Don Lolò: Bisogna prima vedere come s'ha da fare.
Zi' Dima: Che vuol vedere? Io voglio uscire! voglio uscire, perdio!
Le donne (a coro):- Ha ragione! - Non può mica tenerlo
lí! - Se non c'è altro rimedio!
Don Lolò: Mi fuma la testa! Mi fuma la testa! Calma, calma! Questo è un
caso nuovo! Non capitato mai a nessuno! (ANociarello:)Vieni qua,
ragazzo... No, meglio tu, Fillicò: corri là (gl'indica il sentieruolo a
destra:)sotto il gelso, c'è l'avvocato; fallo venir subito qua... (Ecome
Fillicò va via, rivolgendosi a zi' Dima che si dibatte nella giara:)Fermo,
voi! (Agli altri:)Tenetelo fermo! Non è giara, questa! è il
diavolo! (Di nuovo a zi' Dima che scrolla la giara e vi si dimena dentro:)Fermo, vi dico!
Zi' Dima: O la rompe lei, o a costo di rompermi io la testa, la faccio
rotolare e spaccare contro un albero! Voglio uscirne! voglio uscirne!
Don Lolò: Aspettate che venga su l'avvocato: risolverà lui questo caso
nuovo! Io intanto mi guardo il mio diritto alla giara e comincio col fare il
mio dovere.
Cava di tasca un grosso vecchio portafoglio di cuojo legato con lo spago e ne trae una carta di dieci lire:
Testimoni tutti, vojaltri: qua dieci lire in compenso del vostro lavoro!
Zi' Dima: Non voglio niente! Voglio uscire!
Don Lolò: Uscirete quando lo dirà l'avvocato: io intanto vi pago. (Alza
la mano col biglietto di dieci lire e lo cala dentro la giara. Dal sentieruolo
a destra viene l'avvocato Scimè, ridendo, seguito da Fillicò.)
Don Lolò (vedendolo):Ma che c'è da ridere, mi scusi! A
lei non brucia, lo so! La giara è mia.
Scimè(non potendo trattenersi, tra le risate anche degli
altri):Ma che pre ... ma che pretendete di tene... di tenerlo là
dentro? Ah ah ah, ohi ohi ohi ... Tenerlo là dentro per non perderci la giara?
Don Lolò: Ah, secondo lei, dovrei patire io, allora, il danno e lo scorno?
Scimè: Ma sapete come si chiama codesto? Sequestro di persona.
Don Lolò: E chi l'ha sequestrato? S'è sequestrato lui da sé! Che colpa
n'ho io? (A zi' Dima:) Chi vi tiene lì dentro? Uscitene!
Zi' Dima: Si provi lei a farmi uscire, se n'è capace!
Don Lolò: Ma non vi ci ho ficcato io costà, da aver quest'obbligo! Vi ci
siete ficcato voi: uscitene!
Scimè: Signori miei, permettete che parli io?
Tararà: Parla l'avvocato! Parla l'avvocato!
Scimè: Son due i casi, statemi a sentire, e dovete mettervi d'accordo. (Rivolgendosi
prima a don Lolò:) Da una parte, voi don Lolò, dovete subito liberare zi'
Dima.
Don Lolò (subito): E come? rompendo la giara?
Scimè: Aspettate. C'è poi la parte dell'altro. Lasciatemi dire. Non
potete farne a meno. Per non rispondere di sequestro di persona. (Rivolgendosi
ora a zi' Dima:) Dall'altra parte, anche voi zi' Dima dovete rispondere del
danno che avete cagionato cacciandovi dentro la giara senza badare che non
potevate più uscirne.
Zi' Dima: Ma signor avvocato, io non ci ho badato perché, da tant'anni
che faccio questo mestiere, di giare ne ho accomodate centinaja, e tutte sempre
da dentro, per fermare i punti come l'arte comanda. Non m'era mai avvenuto il
caso di non poterne più uscire. Tocca a lui dunque di prendersela col fornaciajo
che gliela fabbricò così stretta di bocca. Io non ci ho colpa.
Don Lolò: Ma codesta gobba che avete, ve l'ha forse fabbricata il
fornaciajo per impedirvi d'uscire dalla mia giara? Se attacchiamo lite per la
bocca stretta, signor avvocato, appena si presenterà lui con quella gobba, il
meno che potrà fare il pretore è di mettersi a ridere; mi condannerà alle spese
e buona notte!
Zi' Dima: Non è vero! no! Perché con questa stessa gobba, io, per vostra
regola, dalla bocca di tutte le altre giare son sempre entrato e uscito come
dalla porta di casa mia!
Scimè: Questa non è ragione, abbiate pazienza, zi' Dima. L'obbligo
vostro era di prender la misura prima d'entrare, se ne potevate uscire oppur
no.
Don Lolò: E deve dunque ripagarmi la gìara?
Zi' Dima: Che?
Scimè: Piano, piano. Ripagarvela come nuova?
Don Lolò: Certo. Perché no?
Scimè: Ma perché era già rotta, oh bella!
Zi' Dima: Gliel'ho accomodata io!
Don Lolò: L'avete accomodata? E dunque ora è sana! Non più rotta. Se io
ora la rompo per farne uscir voi, non potrò più farla riaccomodare, e ci avrò
perduto la giara per sempre, signor avvocato.
Scimè: Ma ho detto perciò che zi' Dima dovrà pur rispondere per la sua
parte! Lasciate parlare a me!
Don Lolò: Parli, parli.
Scimè: Caro zi' Dima, una delle due: o il vostro mastice serve a qualche
cosa, o non serve a nulla.
Don Lolò (contentissimo, a quanti stanno a sentire):Sentite,
sentite, come lo piglia in trappola adesso. Quando comincia così...
Scimè: Se il vostro mastice non serve a nulla, voi siete un imbroglione
qualunque. Se serve a qualche cosa, e allora la giara, anche così com'è, deve
avere il suo valore. Che valore? Dite voi. Stimatela.
Zi' Dima: Con me qua dentro? (Tutti ridono.)
Scimè: Senza scherzare! Così com'è.
Zi' Dima: Rispondo. Se don Lolò me l'avesse lasciata accomodare col solo
mastice com'io volevo, prima di tutto non mi troverei qua dentro, perché avrei
potuto accomodarla da fuori: e allora la giara sarebbe rimasta come nuova, e
avrebbe avuto lo stesso valore di prima, né più né meno. Così rabberciata come
è adesso, e forata come un colabrodo, che vuole che valga? Sì e no un terzo di
quanto fu pagata.
Don Lolò: Un terzo?
Scimè: (subito, a don Lolò, facendo atto di parare):Un
terzo! Zitto, voi! Un terzo... vuol dire?
Don Lolò: Fu pagata quattr'onze: un'onza e trentatré.
Zi' Dima: Meno sì, più no.
Scimè: Valga la vostra parola. Prendete un'onza e trentatré e datela a
don Lolò.
Zi' Dima: Chi? Io? Un'onza e trentatré a lui?
Scimè: Perché rompa la giara e vi faccia uscire. Gliela pagherete quanto
voi stesso l'avete stimata.
Don Lolò: Liscio come l'olio.
Zi' Dima: Pagare, io? Pazzia, signor avvocato! Io ci faccio i vermi, qua
dentro. Oh, tu, Tararà, pigliami la pipa, dalla cesta costà.
Tararà (eseguendo): Questa?
Zi' Dima: Grazie. Dammi un po' di fuoco. (Tararà accende un
fiammifero e gliel'accosta alla pipa.) Grazie. E bacio le mani a tutti
quanti. (Con la pipa che fuma si cala dentro la giara tra le risate generali.)
Don Lolò (restando come un allocco): E ora come si fa, signor
avvocato, se non ne vuole più uscire?
Scimè (grattandosi la testa e sorridendo): Eh, già, veramente,
finché voleva uscirne, il rimedio c'era; ma se ora non ne vuole più uscire...
Don Lolò (andando a parlare a zi' Dima dentro la giara): Oh, che
intenzione avete? di domiciliarvi costì?
Zi' Dima (sporgendo il capo): Ci sto meglio che a casa mia.
Fresco, come in paradiso. (Si ricala dentro e ripiglia a fumare a gran
boccate.)
Don Lolò (tra le risate di tutti, infuriatissimo): Finite di
ridere, per la Madonna! E siatemi tutti testimoni che è lui, adesso, a non
volere più uscire, per non pagare quel che mi deve, mentre io son pronto a
rompere la giara. (All'avvocato:) Non potrei citarlo per alloggio
abusivo, signor avvocato?
Scimè (ridendo):E come no? Mandategli l'usciere per lo
sfratto.
Don Lolò: Ma scusi, se m'impedisce l'uso della giara?
Zi' Dima (sporgendo di nuovo il capo): Lei sbaglia. Non sto mica
qua per mio piacere. Mi faccia uscire e me n'andrò ballando. Ma quanto a farmi
pagare, se lo scordi. Non mi muovo più di qua dentro.
Don Lolò (abbrancando la giara e scotendola furiosamente): Ah,
non ti muovi più? non ti muovi più?
Zi' Dima: Vede che mastice? Non ci sono mica i punti, sa?
Don Lolò: Pezzo di ladro, laccio di forca, manigoldo, chi l'ha fatto il
male, tu o io? E vuoi che lo paghi io?
Scimè (tirandoselo via per un braccio): Non fate così, ch'è
peggio! Lasciatelo star lì tutta la notte, e vedrete che domattina ve lo
chiederà lui stesso d'uscire. Allora, voi, un'onza e trentatré, o niente.
Andiamocene su. Lasciatelo perdere. (S'avvia con don Lolò verso la cascina.)
Zi' Dima (sporgendo ancora una volta il capo): Ohi, don Lolò!
Scimè (a don Lolò seguitando ad andare): Non vi voltate. Via, via.
Zi' Dima (prima che i due entrino nella cascina): Buona notte,
signor avvocato! Ho qua dieci lire! (Eappena i due sono entrati,
rivolgendosi agli altri:)Faremo allegria tra noi, qua tutti quanti!
Voglio incignar la casa nuova! Tu, Tararà, corri qua da Mosca e compra vino,
pane, pesce fritto e peperoni salati: faremo un gran festino!
Tutti (battendo le mani, mentre Tararà corre per le compere): Viva zi'
Dima! Viva l'allegria!
Fillicò: Con questa bella luna! Guardate. È spuntata di là. (Indica a
sinistra:)Pare giorno!
Zi' Dima: La voglio vedere! la voglio vedere anch'io! Trasportate la
giara più là, pian piano.
Tutti ajutano, circondando la giara e spingendola a girar su se stessa, verso il sentieruolo a destra:
Così, piano, ecco... così... Ah com'è bella! la vedo, la vedo! Pare un sole!
Chi fa una cantatina?
La 'gnà Tana: Tu, Trisuzza!
Trisuzza: Io, no! Carminella!
Zi' Dima: Cantiamo tutti a coro! Tu Fillicò, suona lo scacciapensieri, e
voi tutti, una bella cantata, ballando attorno alla giara!
Fillicò cava di tasca lo scacciapensieri e si mette a sonarlo; gli altri, cantando e gridando, si prendono per mano e danzano scompostamente attorno alla giara, incitati da zi' Dima. Ma poco dopo, la porta della cascina si spalanca difuria e irrompe don Lolò gridando:
Don Lolò: Corpo di Dio, dove vi par d'essere, alla taverna? Tenete,
vecchio del diavolo: andate a rompervi il collo!
Allunga un formidabile calcio alla giara, che rotola giù per il sentieruolo
tra le grida di tutti. Poi si sente il fracasso della giara che si spacca
urtando contro un albero.
La 'gnà Tana (seguitando il grido): Ah, l'ha ucciso!
Fillicò (guardando con gli altri): No! Eccolo là! Ne esce! Si
alza! Non s'è fatto nulla!
Le donne battono le mani allegramente.
Tutti: Viva zi' Dima! Viva zi' Dima!
Lo prendono sulle spalle e lo portano via in trionfo verso sinistra.
Zi' Dima (agitando le braccia): L'ho vinta io! L'ho vinta io!
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