La grande farsa

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L A G R A N D E F A R S A

L A    G R A N D E    F A R S A

                               commedia in due atti di Patrizia De Cristofaro

                                                   TRAMA

Positano, martedì 13 agosto 2013, ore 23. Nel giardino della residenza estiva del dottor Omero Saggese, uno dei più affermati oncologi della Campania, è in corso la cena per il fidanzamento della sua secondogenita Minerva col rampollo dell’industriale Stanislao Cremona,Osvaldo. Alla cena sono presenti: Beatrice, la moglie di Omero; Pandora, la figlia maggiore; Minerva; Lavinia, la minore delle tre figlie di Omero e Beatrice; Fausto, il marito di Pandora; Mimì Guarino, amico di Omero; Stanislao; Clotilde, sua moglie; Eugenio, l’altro figlio dei coniugi Cremona; e Olga, la cameriera ucraina di casa Saggese. La cena si svolge in un clima festoso. A un certo punto Omero annuncia che si candida a sindaco di Pontescurato un paesino campano, nel Listone Civico. Inaspettatamente arriva Marilena, una ragazza appena conosciuta da Lavinia, che immortala quasi tutta la festa con l’iPhone. Insospettito da ciò, Mimì dice ad Omero che forse qualcuno sta tramando alle sue spalle… Quando verso mezzanotte tutti vanno a vedere i fuochi d’artificio a mare, Marilena fa una strana telefonata…

Dicembre 2013. Omero non ha vinto le elezioni, vinte, invece, da Ornella Ciacciarella, appoggiata dalla lista Insiemeperpontescurato.  Il sindaco si presenta in casa Saggese e accusa Omero non solo di essere l’amante di Clotilde Cremona (e a questo proposito gli mostra alcune foto della festa), ma anche di aver caldeggiato le nozze di Minerva con Osvaldo per un suo tornaconto.

La commedia si conclude con un nulla  di fatto, cioè non è dato sapere se le accuse mosse dalla Ciacciarella siano fondate o meno. Una cosa è certa, però. Come dice Ernesto Tramontano, paziente guarito grazie al dottor Saggese da un tumore molto aggressivo, le cose ad Pontescurato vanno male, molto male.

PERSONNAGGI

OMERO SAGGESE, oncologo

BEATRICE, sua moglie

PANDORA

MINERVA                                     loro figlie

LAVINIA

OSVALDO CREMONA, fidanzato di Minerva

STANISLAO CREMONA, suo padre

CLOTILDE, sua madre

MIMI’ GUARINO, amico di Omero

FAUSTO, marito di Pandora

EUGENIO, fratello di Osvaldo

MARILENA, amica di Lavinia

OLGA, cameriera ucraina

ORNELLA CIACCIARELLA, sindaco di Pontescurato

ERNESTO TRAMONTANO, ex paziente di Omero

CAPASSO, brigadiere di P.S.

                                                           PRIMO ATTO

Il giardino della residenza estiva, a Positano, sul mare, del dottor Omero Saggese. In fondo, verso sinistra, una breve rampa di scale con passamano porta su un terrazzino con ringhiera in ferro battuto. Sul terrazzino c’è una porta a vetri che immette in cucina. In primo piano a destra un piccolo cancello, anch’esso in ferro battuto, dà accesso in strada (lato mare). A sinistra, in prossimità del terrazzino, un gazebo fa ombra a un massiccio tavolo coperto con una lunga tovaglia a vivaci colori, con  sopra piatti, bicchieri e posate (il tutto di plastica) sporchi.

Sono le ore 23 del 13 agosto 2013.

Come spesso accade alla fine delle cene (specialmente in estate) , le comode e bianche sedie da giardino sono state collocate fuori del gazebo in modo che tutti possano godere di un po’ di frescura mentre gustano il dessert. Ragion per cui all’alzarsi del sipario sono seduti sulla sinistra Omero, Mimì, Stanislao, Osvaldo, Fausto ed Eugenio. A destra invece troviamo sedute Beatrice, Clotilde, Pandora, Minerva e Lavinia. Tutti stanno mangiando la torta. Gli uomini chiacchierano sottovoce tra loro.

CLOTILDE (facendo schioccare la lingua) Veramente buona sta Caprese! Beatri’, l’hai fatta tu?

BEATRICE (molto sorpresa) Io? Cloti’, tu si’ pazza! Io già è un miracolo se sto in cucina in inverno, figuriamoci in estate! Non ci metto proprio piede. (Alludendo alla Caprese) No, l’ho comprata.

CLOTILDE  (masticando un altro boccone, sentenzia da intenditrice) Ottima! L’avrai pagata un occhio della testa, immagino. E’ vero?

BEATRICE Guarda, ti dirò, mica tanto. L’ho pagata quarantacinque euro e cinquanta.

PANDORA Mamma, sei andata benissimo! Sentite, io dico che qua a Positano sono tutti degli imbecilli!

LAVINIA (incuriosita) In che senso?

PANDORA E sì, Lavi’! Perché se no non si spiega che con la crisi che ci sta quest’anno a Positano i prezzi sono aumentati in modo esagerato. Stamattina sulla spiaggia una granita di amarena con giusto quattro pezzi di melone sotto mi è costata sei euro.

MINERVA Pando’, e tu ti meravigli?! Qua si fanno la concorrenza l’uno con l’altro. Vi voglio dire questo fatto qua. L’altro ieri sera sono andata al bar in piazza e ho preso un Apertass: cinque  euro. (Mi stava  venendo na cosa!) Stamattina lo stesso Apertass sulla spiaggia l’ho pagato quattro euro.

Olga entra dalla cucina e inizia a sparecchiare la tavola.

CLOTILDE (come chi non possa assolutamente pensarci) Guardate! E’ assurdo!

BEATRICE Olga, pe’ favore, lo spumante, sì?

OLGA (con accento straniero)Ah, butteglia… Fricarifera. (Non si muove)

Lunga pausa.

BEATRICE  (ironica) Olga, la volessi andare a prendere la bottiglia di spumante?

OLGA Ah… Io prendere?

BEATRICE (c.s.) Tu che dici? O stai aspettando che lo spumante viene per opera e virtù dello spirito santo?

OLGA (ridendo come una scema) Ah… Io piensa… Va bene. Io vada e prenda. (Sale in fretta le scale ed esce per la cucina)

BEATRICE (alle signore) Maronna mia! Mi dovete credere: Olga è na tragedia! Na cosa la capisce e cento no.

CLOTILDE Hai ragione. (E continua a discorrere con le altre)

OMERO (asciugandosi il sudore con un tovagliolo di carta) Mamma mia! Fa troppo caldo. Troppo!

OSVALDO (convenendo con convinzione) Eh, sì. Oggi si sono raggiunti i trentotto gradi.

FAUSTO (guardando verso l’alto) Secondo me… Massimo per dopo domani il tempo cambia. Attorno alla luna ci sta l’alone.

OMERO (c.s.) Io il caldo non lo sopporto, però a ferragosto ‘o tiempo ce lasciasse sta’  tranquilli, pe’ piacere. Si no… Piove, governo ladro!

STANISLAO (distratto) Scusa, Ome’, quale governo?

OMERO (scherzoso, ma non troppo perché egli, in effetti, vuole intavolare una discussione politica) Come quale governo, Stanisla’? Il governo Letta,

STANISLAO (con noncuranza) Ah, sì, va bene… Ome’, ma tu hai sentito ‘o fatto ‘e Berlusconi?

MIMI’ (interviene) E chi non l’ha sentito?!

STANISLAO Io spero proprio di no, ma sono pronto a giurare che si stu governo dura ancora nu mese, siamo fortunati. (Piccola pausa) Certo che sta vota ‘o cavaliere l’ha fatta proprio grossa! Quello ne ha combinate di cotte e di crude, siamo d’accordo, ma sta vota ha superato ogne mesura. Po’ se ne vene… ‘A retroattività è incostituzionale… Pure l’altro giorno sul Mattino leggevo che nu giudice diceva che Berlusconi non poteva non sapere.

OMERO Questo però è da vedere, Stanisla’. La legge Severino su questo punto non è molto chiara, eh?

STANISLAO (con un eloquente gesto della mano) Ome’, famme ‘o piacere!

EUGENIO Io, vi dico la verità, non ci ho capito molto…

FAUSTO (scherzoso) Non ti preoccupare, Euge’, sei nella norma perché l’ottanta per cento degli italiani sta nelle tue stesse condizioni.

EUGENIO (molto serio) Scusa, Fausto, non scherzare, ti prego. Volevo dire che a me non interessa se al governo ci va la destra o la sinistra. A me interessa che i signori governanti facciano le cose come si deve e che soprattutto rispettino l’orgoglio gay.

STANISLAO (sospirando) Ah, i giovani, i giovani…

OMERO (con circospezione a Stanislao) Ma tuo figlio è…

STANISLAO (pronto) No, lui no. Ma si è fissato con quest’orgoglio dei femminielli.

EUGENIO (offeso) Papà, ti prego di non denigrare i gay definendoli “femminielli” perché sai benissimo che mi arrabbio. L’omosessualità è una condizione che non va presa assolutamente sottogamba. (Si alza) Signori miei, qua si parla tanto di IMU, del come fare per non aumentare l’IVA, del femminicidio, della droga, della violenza negli stadi… (Per carità, tutte cose molto importanti…) Ma quando si tocca il tasto dei gay, nella migliore delle ipotesi si dice: “Sì, sì, va bene, i gay…” e si passa avanti. Io mi domando: perché due persone dello stesso sesso non debbano sposarsi e perché non debbano godere degli stessi diritti e dello stesso trattamento economico delle coppie etero? L’amore è un sentimento universale e non ha sesso.

STANISLAO Euge’, a papà, he’ fernuto ‘o cumizio?

EUGENIO (impermalito) Papà! Adesso lo dico io sì, sì, va bene.

STANISLAO (per rabbonirlo) No, Euge’, tu m’he’ ‘a sta’ a senti’. Il problema dei gay è importantissimo, non dico di no. Ma qua, caro mio, ci sono problemi prioritari, problemi che vanno a intaccare ‘a pelle r’’a povera gente. Tu li leggi i giornali? ‘A disoccupazione sta alle stelle, l’economia è quella che è… Euge’, qua se non s’interviene con urgenza, l’Italia fa ‘a fine r’’a Grecia e r’’e paesi sottosviluppati. Chesto t’’o dico io.

Breve pausa.

MIMI’ (volendo mettere fine alla discussione) Io penso che Berlusconi ha fatto uno sbaglio fondamentale: si è messo in politica. (Approvazione di tutti) Dico: tu Berlusconi sei ricco, non ti manca niente… Ma chi te l’ha fatto fa’!

OSVALDO (soddisfatto) Bravo Mimì! Che ce ne frega a noi!

BEATRICE (alludendo al fatto che la cameriera tardi a portare lo spumante) Neh, ma Olga stu spumante ‘o fosse andato a piglia’ alla distilleria? (Vedendola entrare in tutta fretta dalla cucina) Ah, eccola qua.

OLGA (avvicinandosi a Beatrice. Ha in mano un secchiello portaghiaccio contenente una grossa bottiglia di spumante) Signora, ecco. (Le consegna il secchiello)

BEATRICE  (poggiandolo sul tavolo) Olga, finalmente!

OLGA Uè! Signora, io tarda perché vieni ragazza.

BEATRICE (per essere certa di aver capito bene) E’ venuta una ragazza?

OLGA Sì.

BEATRICE E chi è?

OLGA Io piensa lei no conoscere vostra famiglia perché lei no entra na mare.

BEATRICE Sì, va bene, ma chi è?

OLGA Io lei non conoscere.  Lei detto Marilena. Lei detto Lavinia amica.

BEATRICE Lavi’, tu tieni qualche amica che si chiama Marilena?

LAVINIA (come per ricordarsi) Marilena, Marilena… Ah, sì. Mamma, Marilena è una ragazza che ho conosciuto stamattina sulla spiaggia. Molto simpatica.

BEATRICE (alludendo a Marilena) Sta qua. L’hai invitata tu?

LAVINIA (sorpresa) Ah.No, non l’ho invitata. Dalla spiaggia le ho fatto vedere dove abitavo, le ho pure detto che stasera non potevo uscire con lei e la sua comitiva perché festeggiavamo il fidanzamento di Minerva, ma… Va bene, Olga, falla entrare.

OLGA Va bene.

La cameriera si avvia per uscire per la cucina, tuttavia si accorge che, accompagnata dalla canzone “Alfonso” di Levante, sulla soglia della medesima già è apparsa Marilena. Costei ha 16 anni ed è molto appariscente. Non è una escort, anche se la sua esuberanza e il suo abbigliamento lo facciano facilmente immaginare. La ragazza, difatti, indossa una minigonna di pelle lucida marrone, un top arancione generosamente scollato e un paio di sandali color arancio tacco 12. Inoltre è truccata in modo forte, ma non volgare; le unghie delle mani e dei piedi, infine, sono laccate con un’intensa tonalità di arancione.

MARILENA (vivacissima) Buonasera. (Come un fulmine, malgrado i tacchi, scende le scale e raggiunge Lavinia. Parla velocemente) Eccomi qua. Senti, devi scusare la mia faccia tosta, ma io sono fatta così.

LAVINIA Ma no, figurati!

MARILENA No, sai che cos’è? Tu mi hai detto che stasera dovevi festeggiare il fidanzamento di tua sorella? Io mi sono incuriosita perché non sono mai andata a una festa di fidanzamento e allora mi sono, come dire?, autoinvitata.

LAVINIA Hai fatto benissimo! (Indicando un cellulare che l’altra ha in mano) Questo è l’iPhone che ti ha regalato il tuo ragazzo? Stamattina mi hai detto…

MARILENA (subito) Ebbene sì, è questo.

LAVINIA (ammirata) Uà!!! E’ bellissimo!

MARILENA Me l’ha portato a casa oggi pomeriggio. Senti, Guido mi ha regalato un iPhone eccezionale. (Alludendo al cellulare) Questo è di una sottomarca della Nokia. Costa appena cinquanta euro, ma è facilissimo da usare. Pensa, già ho imparato tutte le app. Aspetta. Ti faccio una foto. Mettiti seduta e accavalla le gambe.

LAVINIA (esegue. Poi divertita) Sto bene così?

MARILENA (mette il telefonino nella posizione più idonea per scattare, quindi da esperta fotografa) Sì, così stai benissimo. Aspetta, non ti muovere. Un attimo… (Scatta la fotografia. Orgogliosa) Ma chi sono? Oliviero Toscani? Ti ho fatto un capolavoro!

LAVINIA Voglio vedere.

MARILENA  (mostrandole l’istantanea) Ecco. Che te ne pare? Ti piace?

LAVINIA (entusiasta) Stupenda! Bravo Guido! A proposito, perché non l’hai portato?

MARILENA Manco a parlarne! Senti, Guido è un bravissimo ragazzo, ma è troppo fregnone.

LAVINIA Un fregnone? (Scherzosa) Marile’, ma tu come parli?

MARILENA  Sì, insomma, uno stupido… Un fessacchiotto, ecco. Sono convinta che se fosse venuto anche lui, non mi avrebbe fatto scattare manco una foto. Lui dice che in casa di estranei non è elegante fare le foto con l’iPhone. Invece io alle feste mi voglio divertire.

LAVINIA Ho capito. (Contagiata dalla vivacità dell’amica e prendendola per mano) E vieni, vieni, che ti presento agli altri. (Le due ragazze cominciano a fare il giro tra i presenti per le presentazioni) Lei è Olga, la signora che ci aiuta, che tu già hai conosciuto.

MARILENA Infatti.

Olga abbozza un timido e convenzionale sorriso.

LAVINIA (fermandosi accanto ai festeggiati) Questa è mia sorella Minerva e lui è Osvaldo, il fidanzato.

MARILENA (baciando con slancio Minerva) Ciao. Io sono Marilena, un’amica di Lavinia. Auguri.

MINERVA (con altrettanta cordialità) Grazie.

MARILENA (baciando Osvaldo) Auguri.

OSVALDO Grazie.

LAVINIA Pandora, l’altra mia sorella. Mio cognato Fausto.

MARILENA Ciao. Marilena.

PANDORA Ciao.

FAUSTO (biascica appena) Salve.

MARILENA  (a Lavinia) Ma quante sorelle hai?

LAVINIA Due. Siamo tre figlie.

MARILENA (divertita) Che storia! Lavinia, Minerva e Pandora.

PANDORA Hai visto? Abbiamo fatto l’Odissea. Oddio… Ci sta soltanto Lavinia che farebbe parte dell’Eneide, ma non fa niente. Papà si chiama Omero.

MARILENA (c.s.) Beh, certo.

LAVINIA (fermandosi vicino ai suoi genitori) Mia madre e mio padre.

MARILENA (stringendo la mano a Beatrice) Buonasera. Signora, complimenti: lei ha una figlia simpaticissima.

BEATRICE Grazie.

MARILENA (stringendo la mano ad Omero) Buonasera.

OMERO Buonasera a lei.

LAVINIA (presentando il gruppetto di Stanislao, Mimì, Clotilde ed Eugenio) Un amico di mio padre, i suoceri di Minerva e il fratello di Osvaldo.

MARILENA Buonasera. Marilena.

I quattro fanno eco al saluto.

BEATRICE Ome’, lo vogliamo fare stu brindisi?

OMERO Sì, sì, subito.

BEATRICE (accostandosi al tavolo) E ghiammo, ja’, che è tardi. Dopo dobbiamo andare a vedere i fuochi a mare. (Agli astanti) Venite, venite: facciamo un brindisi ai futuri sposi.

In un clima più che euforico, tutti si avvicinano al tavolo, sul quale intanto Olga ha messo una pila di bicchieri di plastica. Mentre echeggiano le note della canzone “Estate” di Jovanotti, ognuno prende il proprio bicchiere. Omero stappa lo spumante. I presenti esclamano “Bene! Bravo!”, quindi il dottor Saggese versa il liquido con le bollicine nei bicchieri. Ciascuno degli invitati sta per brindare con i festeggiati dicendo sottovoce “Auguri.”, quando:

MIMI’ (gioviale) Ome’, e tu vuo’ ricere quacche cosa?

OMERO Che aggia ricere, Mimì?

MIMI’ (c.s.) Mah… Non lo so… Qualche parola di augurio… Che miseria!

OMERO (reticente) Ma io nun so’ bravo pe’ sti ccose.

MIMI’ (esortandolo maggiormente) E ghiammo! Che ci vuole? (Sotto tono, allusivo) Ti servirà pure come allenamento.

OMERO (ha capito. A bassa voce, dubbioso) Tu dici? (Mimì annuisce col capo. Convinto, a tutti) Va bene. Auguri ai promessi sposi, che, badate bene, non sono quelli che tanto tempo addietro convolarono a giuste nozze a Como… No, a Como ce steva ‘o lago. (Risata generale) A Lecco… A Milano… Signori, scusate, non mi ricordo con precisione quei due dove si sposarono. Capirete, è passato tanto di quel tempo…(Ancora risatine e commenti tipo: “Ha ragione.”, “E chi si ricorda!”, ecc.)

PANDORA (certa) A Milano, a Milano.

CLOTILDE  (scherzosa) ‘A professoressa ‘e lettere, ‘a i’?!

OMERO A Milano. (Conclude, un poco commosso) Auguri, figlia mia!

MINERVA  Grazie, papà.

GLI ALTRI (applaudono) Bravi! (E continuano a bere)

MIMI’ (traendolo in disparte) Scusa, Ome’. Io credo che adesso è venuto il momento di dare la notizia.

OMERO (infastidito) E no, Mimì, basta mo!

MIMI’ Ma perché basta?

OMERO (c.s.) No, no!

MIMI’ (insistendo) Ome’, ascoltami. Tu sei quello che sei; come direbbe Berlusconi, stai per scendere in campo; hai moltissime probabilità di vincere… Scusa, quale occasione migliore per…

OMERO (dopo averci pensato un po’ su, improvvisamente galvanizzato) E già. Ma sì! (Battendo un poco le mani) Scusate, scusate, vi chiedo un momento di attenzione. (Tutti si fanno attenti) Vorrei darvi un’altra notizia.

STANISLAO Sentiamo.

Pausa.

OMERO Dunque, la mia professione di oncologo, grazie a Dio, mi ha dato, mi sta dando e sono sicuro che in avvenire mi dovrà dare ancora tante soddisfazioni. Ma adesso questo non mi basta più. No! Mi sono reso conto che devo impegnarmi in prima persona per il bene e lo sviluppo di Pontescurato. Come saprete, fra tre mesi a Pontescurato si terranno le elezioni amministrative. Ebbene, io ho deciso di candidarmi a sindaco nel Listone civico.

TUTTI (euforici) Omero Saggese sindaco!

MARILENA (eccitatissima) Viva il nuovo sindaco!

OMERO Piano, piano, signorina, non lo sono ancora.

MARILENA (c.s.) Ma lo sarà tra poco. Anzi, se permette, le vorrei fare una foto. Posso?

OMERO (di buon grado) E perché no?

MARILENA (posiziona il cellulare, dopo di che) Ecco, così sta bene. (Scatta. Alludendo alla fotografia) E’ bellissima. Adesso, col suo permesso, le vorrei scattare una foto con tutta la sua famiglia.

FAUSTO (divertito) Anche con i parenti acquisiti?

MARILENA E certo. (Omero si siede al centro e gli altri, tranne Mimì, lo attorniano. La ragazza posiziona il telefono) Perfetto! Fermi…  Cheese… (Scatta) Fatto. Adesso… (A Beatrice) Signora, stia vicino a suo marito, che faccio una foto a voi due.

MINERVA (scherzosamente offesa) Marile’, guarda che sono io la festeggiata.

MARILENA Hai ragione, ma tuo padre sta per diventare sindaco… non è una cosa che capita tutti i giorni. Comunque non ti preoccupare: dopo immortalo anche te.

MINERVA No, no, fai, fai. Io scherzo, tanto più che Osvaldo prima mi ha fatto almeno venti primi piani.

MARILENA Bene. (A Beatrice) Signora, si metta vicino a suo marito. (Beatrice esegue e gli prende la mano con infinito affetto)

CLOTILDE (mentre Marilena scatta la fotografia, intenerita) Madonna mia! Come si vede che vi volete bene! Beatri’, da quanto tempo siete sposati?

BEATRICE (con orgoglio) A novembre festeggiamo le nozze d’argento.

FAUSTO Caspita! Eh… Le coppie di una volta!...

PANDORA (rannuvolandosi) Che vuoi insinuare?

FAUSTO No, niente. Voglio dire che i matrimoni di una volta veramente duravano per tutta la vita. Invece oggi, secondo una recente statistica, durano sì e no cinque – sei anni.

PANDORA (mielosa) Ma questo non è il caso nostro, è vero?

FAUSTO Beh, cara mia, mai dire mai.

PANDORA (impallidisce) Come… come sarebbe a dire? (Arrabbiatissima) Mamma, papà, dico, avete sentito?

FAUSTO (in tono superficiale) Pando’, ma si’ cretina? Non lo vedi che sto scherzando? (E le cinge  le spalle)

PANDORA (divincolandosi, infastidita) Uffà! Lasciami! Pure Pulcinella scherzando scherzando, diceva la verità.

CLOTILDE (canta con allusione) “L’amore non è bello/ Se non è litigarello…”

MARILENA (trascinando Clotilde verso Omero) Signora, venga qua. Voglio farle una foto con il suo consuocero. (Clotilde ed Omero si mettono l’una di fianco all’altro sull’attenti, pronti per essere immortalati) No, così sembrate due militari.

OMERO (c.s.) La signorina ha ragione. Cloti’, abbracciamoci. (Abbraccia Clotilde) Signorina, scatti.

MARILENA (da professionista) Perfetto! Così state proprio bene. (Dopo aver scattato) Dottore, adesso con il suo permesso, vorrei farmela io una foto con lei.

OMERO (di buon grado) Come no!

MARILENA (guardandosi intorno) Chi ci fa una foto?

EUGENIO Ve la faccio io.

MARILENA Sì, grazie. (consegnandogli l’iPhone) Guarda, è semplicissimo. Qui è tutto automatico. Devi cliccare soltanto questo bottoncino verde.

EUGENIO Okay.

MARILENA (indicando una sedia) Dottore, si segga qua. (Omero si siede. Fintamente titubante) Io… Ecco… io mi vorrei sedere sulle sue ginocchia. Posso?

OMERO (divertito) Certo!

Marilena si siede sulle ginocchia dell’uomo, lo abbraccia e accosta la sua guancia a quella di lui, sorridendo.

CLOTILDE (scherzosa) Uè, uè… Beatri’, e tu non dici niente?

BEATRICE (divertita) E che devo dire?! Omero è viecchio… Che adda fa’… (Tutti ridacchiano)

MARILENA (ad Eugenio) Dai, scatta. (il ragazzo scatta l’istantanea. Marilena alzandosi) Grazie, dottore. (Si avvicina ad Eugenio) Fa’ vedere. (Dopo che l’ ha osservata, soddisfatta) Meravigliosa! Bravo! (Brevissima pausa) Ora vorrei fare una foto…

LAVINIA (l’interrompe, rimproverandola amichevolmente) Marile’, e basta mo cu sti fotografie! Siccome Guido ti ha regalato l’iPhone nuovo, vulisse scatta’ fotografie fino a domani mattina?

MARILENA Hai ragione, scusami. Basta. Tanto…

MIMI’ (traendo in disparte l’amico, alludendo a Marilena, enigmatico) Ome’, scusa, ma…sta guagliona chi è?

OMERO E’ n’amica ‘e Lavinia. Pecchè, te piace?

MIMI’ (infastidito) Che m’adda piace’! (Enigmatico) No, è che… Sta facendo troppe fotografie.

OMERO (incuriosito) Beh?

MIMI’ (c.s.) No, niente… S’è assettata ‘mbraccio a te.

OMERO (c.s.) Allora?

MIMI’ Ome’, parliamoci chiaro. Tu fra qualche mese devi fare la campagna elettorale; farai dei comizi in piazza… Non vorrei che qualcuno stesse tramando alle tue spalle.

OMERO (scettico) Ah. (Pausa. Disorientato) Scusa, ma che c’entra l’amica di mia figlia?

MIMI’ Non lo so, però ‘a guagliona ha fatto troppe fotografie.

OMERO Qualcuno sta tramando alle mie spalle c’’e fotografie ‘ncopp’’o telefonino? (Con un gesto come per mandarlo a quel paese) Va’, Mimì, nun me fa’ rirere! (Dopo una pausa piuttosto lunga, in dubbio) Ma tu veramente dici che può darsi…?

MIMI’(grave) Sì, Ome’.

OMERO (preoccupato) Ah. E…scusa, se le cose stanno così, tu che mi consigli di fare?

MIMI’ (c.s.) Ti devi stare attento.

OMERO (c.s.) Come?

MIMI’ (c.s.) Non lo so, però ti devi stare attento.

Si sente in lontananza il botto di un fuoco d’artificio.

MINERVA (festosa) Uh, stanno incominciando i fuochi! Andiamo a vedere. Osva’, avviati, che io chiamo gli altri e ti raggiungo.

OSVALDO Va bene. (Esce per il cancelletto)

MINERVA (c.s.) Pando’, Fausto, signora, Eugenio, signor Stanislao, venite, andiamo a vedere i fuochi sulla spiaggia.

CLOTILDE (avviandosi) Sì, sì, andiamo. (Ed esce per il cancello, seguita dalle persone nominate da Minerva)

MINERVA (c.s.) Mamma, vieni.

BEATRICE Sì, vengo subito. Incomincia a andare tu. Io voglio  vedere se papà e Mimì vogliono venire pure loro.

MINERVA (c.s.) Va bene. (Esce)

BEATRICE Ome’, Mimì, io vado a vedere i fuochi a mare. Voi che fate? Volete venire?

MIMI’ Come no! (I tre escono)

Da questo momento fino alla fine dell’atto si sentiranno in lontananza, a mo’ di sottofondo, i botti dei fuochi d’artificio. I quali botti avranno dapprima un intervallo lungo, poi gli intervalli saranno sempre più brevi. Tali intervalli, infine, spariranno, dando ai fuochi la parvenza di raffica di mitra.

LAVINIA Marile’ vogliamo andare anche noi a vedere i fuochi?

MARILENA Scusa, aspetta un attimo. Anzi, avviati. Io… dovrei andare al bagno.

LAVINIA Sì, sì, vai, io ti aspetto. Olga, per piacere, accompagna la signorina al bagno.

MARILENA (subito) No, Lavinia, ti ringrazio, ma è meglio che tu ti avvii. Sai, vorrei telefonare anche a Guido.

LAVINIA  Ho capito. Va bene, fai con comodo. Io ti aspetto. Sto sulla spiaggia libera.

MARILENA D’accordo.

Lavinia esce.

OLGA Signarina,venite, Io accompagna voi bagno.

MARILENA No, dopo, grazie. Voglio fare prima una telefonata. (Accertatasi che in giro non ci sia più nessuno, tranne la cameriera, prende il cellulare e invia una telefonata. Dopo poco al telefono) Buonasera. Sono Marilena. (Ascolta, poi) Non ti preoccupare… (Ascolta e si corregge) Non si preoccupi, posso parlare: non c’è nessuno. (C.s.) Come dice? (C.s.) Ah, lei è a Positano? (C.s.) Ah, ecco: è venuta a fare una passeggiata. E adesso dove si trova esattamente? (C.s.) Ma allora lei è vicinissima alla casa! Venga, venga qua. Le faccio vedere subito il lavoro che ho fatto. (C.s.) Ma sì! Lei deve girare soltanto a sinistra ed è arrivata. L’aspetto. A tra poco. (E interrompe bruscamente la telefonata)

OLGA  (petulante) Io accompagna voi bagno. Venite.

MARILENA (con la mente altrove) A fare che?

OLGA (con fare minaccioso) Voi prima dice bagno. Io senti.

MARILENA No, hai sentito male: io non devo andare al bagno.

OLGA (disorientata) Voi non deve?

MARILENA  No.

OLGA Va bene.

MARILENA (con aria di complicità) Senti, Olga, tra poco qua deve venire una mia amica.

OLGA (pettegola) Chi è?

MARILENA (c.s.) Tu non la conosci. Si chiama Ornella Ciacciarella. (Suona il campanello) Questa forse è lei. Olga, per piacere, vai a vedere chi è.

OLGA Aspettate. Voi detto chiama?...

MARILENA  Ornella Ciacciarella.

OLGA (mentre si avvia per uscire per la cucina, ripete tra sé e sé per ricordarsi) Ornella Ciacciarella… Ornella Ciacciarella… Ornella Ciacciarella… (Esce. Poco dopo dall’interno) Voi Ornella Ciacellu?

ORNELLA (dall’interno, correggendola. Contrariata) Ciacciarella. E lei, scusi, chi è?

OLGA (c.s.) Io ucraina cameriera. (Entrando dalla cucina, seguita da Ornella) Venite. Signarina  voi aspetta giardino.

ORNELLA (una volta vicina a Marilena, c.s.) E così non c’era nessuno, eh?

MARILENA Infatti non c’è nessuno.

ORNELLA (alludendo ad Olga, c.s.) E la signora chi è?

OLGA Io detto. Io ucraina cameriera. (E continua a sfaccendare intorno per conto suo)

MARILENA (a voce bassa)Non ti preoccupare… Non si preoccupi, signora: Olga non capisce niente.

ORNELLA (scettica) Sì, sì… Io le conosco bene queste donne straniere: fanno finta di non capire niente, ma capiscono tutto. (Pausa. Materna) Ah! Marilena Marilena! Tu forse non ti sei resa ben conto del compito delicato che ti ho dato. Tu praticamente hai fatto la spia per me. Se questa (allude ad Olga) spiffera qualcosa di quello che stiamo dicendo, tu potresti finire direttamente in galera. (Altra pausa) Ad ogni modo, quante fotografie hai fatto?   

MARILENA Non lo so esattamente. Penso… Cinque o sei.

ORNELLA Fammele vedere.

MARILENA Sì. (Mostrandole le fotografie una ad una) Va be’, questa è Lavinia. Il dottore. (Ornella approva) Il dottore con tutti quelli che c’erano qua. (Ornella c.s.) Il dottore e sua moglie. (Ornella c.s.) E il dottore e la signora Clotilde.

ORNELLA (entusiasta) Brava! Hai fatto veramente un buon lavoro!

MARILENA (divertita e maliziosa) E poi… C’è un’altra foto. L’ho messa nei “preferiti”. (Mentre la cerca. Con orgoglio) Questa è stata una mia idea. Ho pensato che… Mi sono seduta sulle ginocchia del dottore e mi sono fatta fotografare. Eccola qua. (Mostrandogliela) Guarda… Guardi un po’. Che gliene pare?

ORNELLA (dopo averla osservata con attenzione, ammirata) Marilena, tu sei un genio!

MARILENA  Sono cento euro.

ORNELLA Cento euro? Non avevamo detto cinquanta?

MARILENA (scherzosa) E la mia idea?

ORNELLA (prendendo due banconote da 50 dalla borsetta) Sì, certo… (Gliele consegna) Tieni. Te li sei meritati.

MARILENA Grazie. Senti, zi… Signora, adesso è meglio che ce ne andiamo. Io devo raggiungere Lavinia sulla spiaggia. Arrivederci. Buonasera, Olga.

OLGA Buonasera, signarina.

Marilena esce per il cancello. Ornella sale la rampa di scale. Sulla soglia della cucina:

ORNELLA Buonasera. (E se ne va)

                                   FINE DEL PRIMO ATTO

                                         

                                      SECONDO ATTO

Domenica 22 dicembre 2013. Sono le sette della sera.

Il salotto della casa del dottor Saggese a Pontescurato.

In fondo vi è un mobile “a giorno”; sulla sinistra troviamo un tavolo tondo con 6 sedie intorno; al centro, invece, c’è un divano in pelle a penisola con davanti un tavolino basso. Un grande e riccamente addobbato albero di Natale è nell’angolo a sinistra.

All’alzarsi del sipario Lavinia sta disponendo in bell’ordine dei pacchi, che via via Olga le passa, sotto l’albero.

OLGA (sgranando esageratamente gli occhi per la sorpresa, teatrale) Uè!!! Tu, Lavinia, detto signora Pandora aspetta bambino? Uè, bello!!!

LAVINIA (semplice) Sì, Olga, ma non c’è bisogno di meravigliarsi tanto.

OLGA (c.s.) Uè!!! Io no sapeva.

LAVINIA (c.s.) Se è per questo, anche io fino a stamattina non lo sapevo. Pandora giustamente prima di dirlo, ha voluto essere sicura al cento per cento.

OLGA Io capito. (Piccola pausa. Pettegola) Lavinia, tu dici. Bambino nasce aprile? Maggiu?

LAVINIA (c.s.) Giugno. Prendimi quel pacchetto, per piacere. (Olga glielo dà) Grazie. (Lo sistema accanto agli altri, quindi con un sospiro di sollievo) Ah! Finalmente ho finito! (Si allontana per osservare meglio la sua “opera”) Sì, credo che così va bene.

OLGA (teatralmente ammirata) Bello! Bello! (Breve pausa. Commenta) Eh… Io piensa che se doctoro sindaco, Buon Natale ancora più bellissimo.

LAVINIA Olga, non ci pensare. E’ stato meglio così. Papà già lavora troppo. Passeremo un Natale ancora più bello, te lo dico io. (Cambiando bruscamente discorso) Ma mamma dove sta?

OLGA Mamma uscita signora Clotilda.

LAVINIA Ah. (Suona il campanello) Vai a aprire, per piacere.

OLGA Uè! Io dimenticata… (In tutta fretta esce per il fondo a sinistra per ritornare subito dopo con un cartoncino un poco più grande di un biglietto da visita. Consegnandolo a Lavinia) Stamattina arrivato questo Buon Natale per tu.

LAVINIA Ah, grazie.

OLGA (pettegola) Chi è, chi è? (Il campanello suona con maggiore insistenza)

LAVINIA (infastidita) Olga, e per piacere! Vai a aprire la porta. Non senti che stanno bussando?

OLGA (un tantino delusa) Sì, io senti. (Esce per il fondo a destra)

LAVINIA (dopo aver letto il nome del mittente, osserva compiaciuta) Marilena. Che cara! (Legge) “Nonostante che tuo padre purtroppo non sia diventato sindaco (ma tu sai queste cose come vanno, no?...), ti auguro un buon Natale e un felice 2014. Marilena”

OLGA (dall’interno, parlando a qualcuno) Doctoro non ritorna ancora. Ci sta Lavinia. (Entrando, seguita dal brigadiere Capasso) S’accomodasse.

CAPASSO Grazie. Scusate, signo’, na curiosità: voi siete siciliana?

OLGA  (ridendo con sguaiataggine) Io siziliana? No. Io Kiev. Io Ucraina. No. Io nata Samara. Russia. Poi io quando sposa, Kiev.

CAPASSO Ho capito. Scusate, ma siccome avete detto “s’accomodasse”, ho pensato che eravate siciliana. (Pausa. Guardando l’orologio, con lieve disappunto) Per la verità, io andrei un poco di fretta. Voi non sapete il dottore a che ora torna? Gli devo dire una cosa. E’ urgente.

OLGA (ipocritamente compartecipe) Voi malato?

CAPASSO (facendo il gesto delle corna con tutte e due le mani) Eh, sciò, sciò! No, non sono malato.

OLGA  (c.s.) Voi bene?

CAPASSO (come per dissipare qualsiasi dubbio in proposito) Benissimo!

OLGA (c.s.) Grazie a Dio.

CAPASSO (leggermente beffardo) Eh. (Dopo aver guardato di nuovo l’orologio spiega con una certa ambiguità nella voce) No, io al dottore gli devo dire una cosa che, ahimè!, esula dalle malattie e dalle medicine.

OLGA (non ha capito, tuttavia dice) Va bene. (Quasi minacciosa) Voi seduto! Doctoro vieni tra cinque minuti. (Visto che il brigadiere è ancora in piedi, ammonisce con maggiore forza) Seduto!

CAPASSO (siede con santa pazienza, Pausa. Osserva ambiguamente) E’ bello quest’albero di Natale, eh? Signori’, l’avete fatto voi?

LAVINIA  Eh, sì.

OLGA (orgogliosa e teatrale) Eh… Questo anno buon Natale bellissimo! Domani dopo sera qua sta tutta famiglia. Signora Pandora aspetta bambino. Bambino nasce giugno. Io non sapeva niente. Me detto Lavinia. Bello, bello! Signora Pandora sposata tre anni e no bambini. Mo…

LAVINIA (l’interrompe, rimproverandola bonariamente) Olga, e basta adesso, su! Non c’è bisogno di dire tutti i fatti di famiglia.

OLGA No. Io non dicio niente.

LAVINIA (ironica, quasi tra sé) Meno male…

CAPASSO (di palo in frasca) Signo’, pe’ favore, nu bicchiere d’acqua, sì?

OLGA Voi no volete caffè?

CAPASSO (dopo aver riflettuto un attimo) Eh. Forse forse…

LAVINIA Certo. Olga, fai un caffè al brigadiere.

OLGA Va bene. (Esce per il fondo a sinistra)

CAPASSO (si avvicina a Lavinia, enigmatico) Signori’, detto fra noi, io il caffè non lo potrei pigliare perché soffro di pressione alta; però me lo piglio lo stesso perché ho pensato che per fare il caffè ci vuole più tempo rispetto al tempo che ci vuole per pigliare nu bicchiere d’acqua. E questo per me è importante. Ho voluto smammare la cameriera per quanto più tempo è possibile perché vi devo parlare.

LAVINIA (incuriosita) A me? E di che cosa?

CAPASSO (c.s.) Ecco, io vorrei sapere se per combinazione in questi giorni è arrivata qualche lettera.

LAVINIA Che io sappia, no.

CAPASSO (c.s.) No? Siete sicura? Pensateci bene.

LAVINIA No, non mi pare. (Piccola pausa) Chiedo scusa, ma che lettera sarebbe dovuta arrivare?

CAPASSO (c.s.) Non lo so. Diciamo qualche lettera che allude o che si riferisce a… Signori’, parliamoci chiaro: vostro padre è una persona perbene, professionalmente non si discute, però…

Signori’, purtroppo mo vostro padre sopra al Comune sta all’opposizione. E io so che questo fatto qua sta dando fastidio a qualche persona. Mi sono spiegato?

LAVINIA (serena) Ho capito. Voi volete sapere se per caso papà ha ricevuto qualche lettera minatoria.

CAPASSO Perfettamente. Non lo volevo dire io.

LAVINIA (c.s.) Figuratevi, non c’è nessun problema! No, papà non ha ricevuto nessuna lettera minatoria; anzi, non ha ricevuto proprio lettere. Ecco, l’unica lettera che è arrivata è questa (mostra il cartoncino), se per voi questo biglietto è una lettera. E’ Marilena, una mia carissima amica, che mi fa gli auguri per Natale.

CAPASSO (enigmatico) Marilena, avete detto?

LAVINIA Sì, Marilena.

CAPASSO (c.s.) Una vostra carissima amica…

LAVINIA Certo. Ci siamo conosciute quest’estate a Positano.

CAPASSO (mugola. Pausa. C.s.) E… Scusate… Non per sapere i fatti vostri, per carità… Questa Marilena come fa di cognome?

LAVINIA Cangelli.

CAPASSO (c.s.) E dove abita?

LAVINIA (piuttosto infastidita) Ma insomma, brigadie’, dove volete arrivare? Abita a Latina. E con questo?

CAPASSO (coprendosi il volto con le mani, disperato) Uh mamma mia! Signori’, voi che avete fatto?! Voi avete fatto amicizia con una spia.

LAVINIA (interdetta) Come spia?

CAPASSO Signori’, questa Marilena è na nipote r’’a sinnachessa. Dovete sapere che quando qua a Pontescurato si cominciò a vociferare che forse papà vostro si candidava a sindaco nel Listone Civico… potevano essere i primi di luglio… ‘a Ciacciarella si fece afferrare per pazza. Voi capirete:

una persona come vostro padre da avversario alle elezioni dava molto fastidio. Una persona conosciuta, perbene, che niente niente si sarebbe accaparrato l’ottanta per cento dei voti… Signori’, per non portarvela alla lunga, nu giorno si trovò a venire sul Comune questa Marilena e ‘a Ciacciarella promise che dava cinquanta euro alla nipote ogni volta che ‘a guagliona riusciva a trovare informazioni negative su vostro padre. Mi sono spiegato?

LAVINIA (stringendosi nelle spalle) Mah! Non so proprio che cosa dire. Io non m’intendo di politica e so soltanto che durante la campagna elettorale, logicamente, ho fatto la propaganda per papà e che molte persone mi dicevano: “Sì, sì.”, “Come no!”, “Figuratevi! Ci Mancherebbe! Per vostro padre!”. Poi i risultati sono stati questi. Comunque, brigadie’, è stato meglio così. Non ci pensiamo più. Ormai è acqua passata.

CAPASSO (grave) No, signori’, purtroppo non è acqua passata.

OLGA (entra dal fondo a sinistra. Regge un vassoio con sopra una tazzina di caffè. Offrendogliela al brigadiere) Ecco. Voi presa caffè.

CAPASSO (prendendo la tazza) Grazie. (Nel fare un solo grande sorso, rovescia parte del caffè sui pantaloni) Mannaggia!... (E con un fazzoletto inizia a strofinare sulla macchia nel tentativo di levarla)

OLGA (pronta e quasi minacciosa) No. Voi non deve fare così. Venite cucina. Acqua fredda. Macchia subito togliere. (Fa per uscire per il fondo a sinistra)

CAPASSO (subito) Ah, con l’acqua fredda? (Olga annuisce) Va bene, non vi preoccupate, faccio da solo. (Avviandosi per uscire per il fondo a sinistra) Posso?

LAVINIA Prego.

CAPASSO Grazie. (Esce)

OMERO (dall’interno) Viene, Mimì, entra, entra. (Entra con Mimì dal fondo a destra. Come per salutarla) Lavinia.

LAVINIA Ciao, papà. Ciao, Mimì.

MIMI’ Ciao.

OMERO (sedendosi pesantemente sul divano) Ah! Che stanchezza, Mimì! Oggi è stata una giornata campale. Sai, una di quelle giornate che, per fortuna, capitano raramente, ma che quando capitano…

OLGA (premurosa) Doctoro, voi volete caffè?

OMERO Sì, grazie. Mo ce vo’ proprio. Mimì, tu la vuoi na tazzulella ‘e cafè?

MIMI’ No, io no. Grazie.

OLGA Va bene. (Mentre esce per il fondo a sinistra, s’imbatte nel brigadiere che rientra. S’informa) Macchia togliere?

CAPASSO Sì, sì, tutto a posto.

OLGA Grazie a Dio! (Esce)

CAPASSO (si avvicina ad Omero con la mano tesa) Dottore, buonasera.

OMERO (alzandosi. Cordiale e stringendogli la mano) Uè! Il brigadiere nostro! Come state, brigadie’?

CAPASSO (un poco a disagio) Non c’è male, grazie. E voi?

OMERO (c.s.) Bene, bene. (A Mimì) Eh, il brigadiere qua è sempre gentile. Uè, nun se scorda maie! Ogni anno mi viene a fare gli auguri a Pasca e a Natale. Però… Brigadie’, sinceramente oggi non vi aspettavo. (A Mimì) ‘O brigadiere vene sempe ‘o vintiquatte dicembre ‘e ssette ‘a sera. Ci pigliamo sempre l’aperitivo insieme. E’ vero, brigadie’?

CAPASSO (c.s.) Già, già…

OMERO (dopo una pausa) Brigadie’, avete visto? Come passa il tempo, eh? Mi pare che mo era settembre e voi, non mi ricordo a che proposito, mi diceste: “Mo vene Natale.” Vi ricordate come vi risposi io? Vi risposi precisamente: “Ce vonno ancora tre mise, brigadie’” E invece…

CAPASSO (solenne) Dotto’, sulla stima che ho per voi, sulla testa dei figli miei e per quanto è vero che mi chiamo Saverio Capasso, mi dovete credere. Quando ci sono state le elezioni, io ho detto a tutti i parenti miei e di mia moglie che dovevano votare per voi. Dotto’, senza offesa, noi , tra fratelli, sorelle, cognati, cugini di primo e di secondo grado, e via discorrendo, siamo precisamente quarantasette persone. Dotto’, noi abbiamo votato tutti quanti per voi.

OMERO Lo so, lo so. Grazie.

CAPASSO (c.s.) Dotto’, per quanto è vero nostro Signore (segnandosi),  sempre sia lodato, io avrei preferito centomila volte di venire da voi solamente per farvi i miei auguri più sinceri di buon Natale e felice anno nuovo, come faccio tutti gli anni. Ma, come si dice, dotto’?, ambasciator non porta pena. Stamattina ‘a sinnachessa (ca se pozza rompere ‘e ccosce!) m’ha fermato in piazza. M’ha dato una lettera per voi . (Cava da una tasca una busta chiusa e la mostra) Eccola qua. Poi mi ha detto precisamente: “Capa’, è una cosa urgentissima. Gliela dovete dare oggi pomeriggio. Mi raccomando: è molto importante.”. (Consegna la busta ad Omero)

OMERO (quasi basito, legge) “Egregio dottor Omero Saggese. Sue Pregiatissime Mani” (Pausa. Un poco allarmato) Na lettera? ‘A Ciacciarella? E che vo’ ‘a me? (In altro tono) Ma… Di che si tratta, brigadie’?

MIMI’ (interviene con superficialità) E apri, no? Di che vuoi che si tratti? Magari sono gli auguri di Natale.

OMERO (dopo una lunga pausa durante la quale fissa il suo amico negli occhi, sorprendentemente calmo) Mimì, ma tu stisse ‘mbriaco? Ma nun he’ sentuto? ‘A Ciacciarella ferma ‘o brigadiere miezo ‘a piazza, lle dà na lettera pe’ mme, rice che è na cosa importante…so’ gli auguri ‘e Natale?... No, Mimì, non credo.

Dal fondo a sinistra entra Olga col caffè.

OLGA (una volta accostatasi al medico) Doctoro, voi prende caffè.

OMERO Ah, sì, grazie. (Prende la tazza, la poggia sul tavolino e, i gomiti sulle ginocchia, resta assorto)

CAPASSO (tragico) Dotto’, io penso proprio che avete ragione voi. Quella ‘a Ciacciarella è na pazza. Nientedimeno si permette…

MIMI’ (interrompendolo, c.s.) Eh, brigadie’, voi come siete esagerato! E questo che cos’è! (Alludendo alla busta) Manco cca dinto ce stesse ‘a bomba atomica! Ome’, pigliati il caffè, se no si raffredda. Mo ‘a lettera  la leggo io. Tu permetti?

OMERO (dandogli la busta) Sì, sì, leggi tu. (E sorseggia il caffè, mentre Mimì legge mentalmente la lettera. Ansioso) Che dice?

MIMI’ (superficiale) Niente, Ome’. Na sciocchezza. Senti. (Legge) “Alla cortese attenzione del dottor Omero Saggese. Egregio dottore, innanzitutto è mio dovere porgerle i più affettuosi auguri di un buon Natale e di un buon 2014.”

Pausa.

OMERO (c.s.) E ppo’?

MIMI’ (scrollando la testa) E ppo’… Guarda, queste sono cose da uscire pazzi veramente! Senti, senti. (Riprendendo la lettura) “Inoltre, le consiglio accoratamente di rassegnare le sue dimissioni da consigliere comunale all’opposizione. Se me lo consente, alle 19,45 di oggi 22 dicembre 2013 verrò a casa sua e le spiegherò i motivi di tale mio consiglio. Distinti saluti. Ornella Ciacciarella”

OMERO (constatando) Ah.

MIMI’ (dopo un attimo di silenzio, scoppia in una sonora risata) Ma è… è assurdo! Io… io mi faccio la croce con la mano sinistra! Io sapevo che sta Ciacciarella era na meza scema, ma chesta è completamente deficiente! Ome’, tu ti rendi conto? ‘A Ciacciarella ti consiglia di dimetterti per chi sa quali motivi, motivi che ti spiegherà lei stessa alle 19,45…

OMERO (preoccupato e ansioso) Che ore so’?

MIMI’ (guardando l’orologio) Sono le sette e venti. (Alterandosi un poco come a voler maggiormente convincere Saggese che quella è una pura e semplice sciocchezza) Ome’, scusa, ma tu che ti preoccupi a fare?! Quali possono essere questi motivi? Non lo sappiamo. Tu he’ arrubbato? No. He’ acciso a quaccheruno? Nemmeno. E allora? Siente a me: ‘a Ciacciarella te vo’ fa’ dimettere pecchè stando tu ‘ncopp’’o Comune, essa nun po’ manovra’ come vorrebbe. Ome’, tu sei troppo buono e onesto: scopriresti immediatamente tutte le magagne. (Appallottolando lettera e busta) Brigadie’, noi vi ringraziamo. Voi avete fatto il vostro dovere e adesso se volete andare… Va’, va’, che chesta è na fesseria!

CAPASSO (grave) No, don Mimì. Col vostro permesso, io se fossi in voi, non piglierei questa cosa così alla leggera. Voi giustamente avete detto che queste sono cose da uscire pazzi. Ma voi potete sapere al cento per cento che cosa passa nella testa di una pazza? Don Mimì, io so che ‘a Ciacciarella è sicura che il dottore è…come posso dire?...intimo della mamma del marito della signora Minerva.

OMERO (portandosi una mano al cuore, sereno) Mamma mia! Mi stavate facendo venire n infarto! Brigadie’, e nientemeno voi avete fatto tutto nu giro per dirmi solamente che secondo ‘a Ciacciarella io sono l’amante ‘e Clotilde? Ma figuriamoci!

CAPASSO (c.s. ed esitante) No, dotto’, mi dispiace, ma… ci sarebbe un’altra cosettina.

OMERO (c.s.) E dite, brigadie’, dite, senza paura.

CAPASSO (c.s.) Beh… Lasciamo perdere, va’… (Sottovoce) Don Mimì, voi capirete… E’ una cosa delicata e in presenza della signora, della signorina…

MIMI’ (a bassa voce) Brigadie’, ma Lavinia tene diciott’anne .Di qualunque cosa si tratti, potete parlare.

CAPASSO (c.s.) Sì, però… è signorina… Che volete, io a certe cose ci tengo ancora.

LAVINIA (prendendo la tazza vuota dal tavolino) Non vi preoccupate, parlate pure liberamente. Io vado a portare questa tazza di là. Olga, vieni. (Esce per il fondo a sinistra)

OLGA (seguendo Lavinia) Va bene.

MINI’ Brigadie’, allora?

CAPASSO (c.s.) Dotto’, perdonate. Per caso il fidanzamento ufficiale della signora Minerva lo avete festeggiato a Positano?

OMERO (c.s.) Sì, sì, il 13 agosto. Beh?

CAPASSO (mugola, quindi quasi tra sé) Questo è vero, va bene. (Esitante) E… Nell’occasione ebbe a venire in casa vostra pure na certa signorina Marilena, amica della signorina Lavinia, vostra figlia?

OMERO (c.s.) Ah, sì, sì, brigadie’, venne pure lei. Ci scattò a tutti quanti diverse fotografie con il telefonino. Intanto, Mimì, menu male che ce penzaie essa a ffa’ quacche fotografia r’’a serata pecchè nisciuno ‘e nuie c’aveva penzato.

MIMI’ E’ overo.

CAPASSO (avvertendo tutto il peso dell’affermazione) Dotto’, ‘a signorina Marilena è ‘a nipote r’’a Ciacciarella.

MIMI’ (esultante) Hai visto, Ome’? Io te lo dissi. Quella ragazza faceva troppe fotografie e…

OMERO (l’interrompe con fastidio) Mimì, pe’ piacere, statte nu poco zitto! Famme senti’. Brigadie’, scusatemi, fatemi capire bene: il sindaco mi consiglierebbe di dimettermi perché sua nipote è venuta alla festa p’’o fidanzamento ‘e Minerva? Che c’azzecca?

CAPASSO (c.s.) No, dotto’. Avete detto voi stesso che in quell’occasione la signorina Marilena ebbe a fare diverse fotografie. Dotto’, purtroppo per voi, fra queste fotografie ce ne sta una che vi compromette.

OMERO (incuriosito e sereno) A me?

CAPASSO (c.s.) Sì, dotto’, purtroppo sì. E,credetemi, mi piange il cuore dovervelo dire. Dotto’, in poche parole, voi accettaste nell’occasione di farvi fotografare con la signorina Marilena seduta sulle vostre gambe e…

OMERO (sereno) Quest’è? Brigadie’, io mi chiamo Omero Saggese, no Silvio Berlusconi. (Piccola pausa) Ma voi vedete un poco dove siamo arrivati! Uno, nel corso di una festa, non può nemmeno farsi una fotografia con una bella ragazza per ischerzo, e sottolineo per ischerzo, che subito si costruiscono chi sa quali castelli in aria… (Alludendo a Marilena) Quella potrebbe essere mia figlia e, se vogliamo, io potrei essere addirittura suo nonno.

CAPASSO (quasi piangendo, più che commosso) Dotto’, mannaggia ‘a miseria!, io vi credo! E’ fatto che vi conosco da ieri? Voi siete un uomo probo! Però… Cercate di capirmi, dotto’, con tutti gli scandali che stanno succedendo a livello nazionale…

OMERO (per farla breve) Certo, certo. Ad ogni modo, brigadie, io sto a posto con la coscienza.

Suona il campanello. Olga attraversa il fondo da sinistra a destra per andare ad aprire.

CAPASSO (c.s.) Ma quella fra poco ‘a Ciacciarella viene qua.

OMERO (disarmante) E sarà la benvenuta.

PANDORA  (dall’interno) Buonasera, Olga.

OLGA (dall’interno, teatrale) Uè, bello, signora! A giugno bambino!

PANDORA (entra dal fondo a destra, seguita da Fausto e da Olga. Baciando Omero) Ciao, papà.

OMERO Pandora.

PANDORA  Ciao, Mimì.

MIMI’ Ciao.

FAUSTO (stringendogli la mano) Dottore, buonasera.

OMERO Caro Fausto.

FAUSTO Mimì, tutto a posto?

MIMI’ (scherzoso) E niente in ordine.

PANDORA (accorgendosi soltanto adesso della presenza del brigadiere) Buonasera.

CAPASSO (ossequioso) Signora, buonasera. A voi auguri doppi. Ho saputo del prossimo lieto evento.

PANDORA Grazie.

CAPASSO (c.s.) Signor Fausto, auguri.

FAUSTO (con lieve disagio) Grazie… Grazie…

PANDORA Olga, mamma, Lavinia?... (Volendo chiedere: “Dove sono?”)

OLGA Mamma uscita signora Clotilda. Lavinia sta cucina. (Si corregge subito, vedendola entrare dal fondo a sinistra) No. Lavinia sta qua.

LAVINIA (scherzosa) Cognato caro.

FAUSTO (scherzoso) Cara sorella di mia moglie.

LAVINIA (abbracciando sua sorella) Pando’, che bello! A giugno mi renderai zia.

PANDORA E sì.

CAPASSO Beh, io me ne vado. Auguri a tutti. (I presenti fanno eco agli auguri. Stringendo la mano ad Omero) Dotto’, arrivederci e mi raccomando: calma e gesso.

OMERO (sbrigativo) Arrivederci, brigadie’.

OLGA (a Capasso) Io voi accompagnare.

CAPASSO Grazie.

Capasso ed Olga escono per il fondo a destra.

FAUSTO Dotto’, scusatemi. Come mai il brigadiere Capasso stava qua?

OMERO (evasivo) No, niente, niente. E’ venuto a dirmi che alle otto meno un quarto la signora Ornella Ciacciarella viene qua.

FAUSTO (allarmato) A fare che? (Breve pausa) Dotto’, ma… sul Comune è successo qualcosa?

Olga rientra.

OMERO No. (Serio) Ma pecchè, Fausto, che c’è?

FAUSTO (titubante) No, niente… E’ che… Prima di venire qua, io e Pandora siamo andati a salutare mia madre. Il sindaco abita nel suo stesso palazzo e quando siamo arrivati, ci siamo incrociati… lei scendeva e noi salivamo… Noi l’abbiamo salutata, ma lei non ci ha risposto. E’ vero, Pando’?

PANDORA Sì, tanto è vero che io mi sono meravigliata.

Suona il campanello. Olga esce per il fondo a destra.

FAUSTO Ora due sono i casi. (Riferendosi ad Ornella Ciacciarella) O non ci ha visti, oppure non ci ha voluto proprio salutare. Certo che quella donna è proprio strana, eh?

MIMI’ Eh, sì.

CLOTILDE (dall’interno) Beatri’, hai fatto un affarone a comprare i guanti: sono belli e costano poco.

BEATRICE (dall’interno) Sì, Cloti’, ma soprattutto sono caldi. Li ho visti l’altro giorno con Lavinia. (Entra sotto il braccio di Clotilde e seguita da Olga) Buonasera. (Si avvicina a Pandora. Premurosa) Pando’, come ti senti?

PANDORA Bene, mamma.

CLOTILDE (incuriosita) Ma perché, Pandora è stata poco bene?

OLGA (enfatica) Nooo. Signora Pandora incinta.

CLOTILDE Veramente?! Io non sapevo niente. (Baciando Pandora su entrambe le guance) Auguri!

PANDORA Grazie.

CLOTILDE (in un tono che sta tra il distratto e l’indifferente) Fausto, auguri pure a te.

FAUSTO (rimproverandola quasi scherzosamente) ‘Aspita! Mi avete dato gli auguri giusto perché sono qua e non ne avete potuto fare a meno.

CLOTILDE Io? No, per carità. Eh!

FAUSTO Lo so, lo so. In questi casi i mariti passano sempre in seconda linea… (Serio) Grazie, grazie.

LAVINIA Mamma, hai comprato i guanti che abbiamo visto insieme.

BEATRICE Sì, sì. (Traendoli da una piccola busta che ha portato con sé e mostrandoli) Eccoli qua. Lavi’, ti ricordi che quando chiedemmo il prezzo, la signorina ci disse venticinque euro? Li ho pagati venti euro.

LAVINIA Ah, bene.

OLGA (c.s.) Belli!

CLOTILDE Beatri’, non mi dire niente, ma io devo scappare. Ho lasciato Stanislao che stava vedendo ‘o “Novantesimo minuto”. Gli ho detto:”Na mezz’oretta e torno.”. Mo so’ passate quasi due ore…  

BEATRICE Sì, vai, vai.

Suona il campanello.

OLGA (mentre Clotilde saluta ognuno dei presenti, esce per andare ad aprire. Poco dopo dall’interno) Uè! Signora. Prego. Voi accomodare. Doctoro aspetta.

ORNELLA (dall’interno) Grazie.

MIMI’ (a bassa voce ad Omero) ‘A Ciacciarella.

OMERO (guarda l’orologio, poi) Che precisione! So’ ‘e ll’otte meno un quarto.

BEATRICE (con grandissima meraviglia) Il sindaco?

ORNELLA (entra dal fondo a destra seguita da Olga) Buonasera. (Tutti, tranne Beatrice, Clotilde ed Olga, bofonchiano un “buonasera” di circostanza. Ad Omero con affettata cordialità) Buonasera, dottore. Come sta? Sta bene, sì?

OMERO (sereno) Bene, bene. E lei?

ORNELLA (c.s.) Bene, grazie.

BEATRICE (c.s.) Sindaco, come mai da queste parti? (Indicando una sedia) Si accomodi, prego.

ORNELLA (ambigua) No, grazie, signora. Mi sono trovata a passare e sono salita un momento, ma non credo che mi tratterrò molto. (Omero, Mimì, Lavinia, Pandora e Fausto si scambiano significativi sguardi) Ma vedo che c’è anche la signora Cremona. (A Clotilde) Buonasera, signora. E… suo marito? Già, non c’è. D’altronde, che veniva a fare al suo incontro col dottore? A mantenere la candela?

BEATRICE (agitata) Ma… Sindaco, mi scusi: quale incontro, quale candela? (Come per chiedere chiarimenti) Ome’?

ORNELLA  Signora, si calmi, la prego. Beh, la colpa è mia: avrei dovuto usare più tatto, però purtroppo sono fatta così, sono impulsiva. D’altronde qui in paese lo sanno tutti che tra suo marito e la signora Cremona c’è del tenero e che il dottore frequenta le minorenni… E mia nipote ne sa qualcosa… (Beatrice impallidisce. Ornella dubbiosa) Ma… ha letto la lettera?

BEATRICE (con un filo di voce e sbarrando gli occhi) Quale lettera?

ORNELLA (irata, alludendo al brigadiere) Quel cretino! Io glielo avevo pure raccomandato,  di portare quella lettera con la massima urgenza e quel cretino se n’è dimenticato!

OMERO (sereno) Ma chi? Il brigadiere Capasso? E’ venuto.

ORNELLA  Ah, è venuto?

OMERO (c,s,) Come no! La lettera me l’ha data, stia tranquilla. Sta qua. (La mostra) Eccola qua. Solamente che mia moglie non c’era e non ne sapeva niente.

ORNELLA Ah, ecco.

BEATRICE (ansiosa) E che dice sta lettera?

OMERO (c.s. e superficiale) Niente, Beatri’. Con questa lettera il sindaco mi ha consigliato di dimettermi da consigliere comunale per motivi che poi mi avrebbe spiegato di persona.

OLGA (solenne e grave) Doctoro ragazzine. Doctoro signora Clotilda…(Unisce un paio di volte gli indici per essere meglio compresa)

BEATRICE (ridendo come liberata da un incubo) Gesù! Questi… questi sarebbero i motivi?! Sindaco, sono sicura che qua ci deve essere un errore. Mio marito frequenterebbe le ragazzine e sarebbe l’amante della signora Cremona? E’ assurdo! Anzi, sindaco, mi meraviglio di lei, che dà retta a quello che dice la gente.

ORNELLA (melliflua) Cara signora, tengo a farle sapere che io non ho mai parlato né parlo “per sentito dire”. Io parlo prove alla mano. (Mentre continua nel suo dire, prende il cellulare dalla borsa e comincia ad armeggiare con esso) Marilena mia nipote mi ha mandato tramite Whats app alcune fotografia che non mi possono smentire. Un momento soltanto… (Dopo aver trovato ciò che cercava) Guardi, dottore. (E gli mostra una foto) Lei in un tenero atteggiamento con la signora Cremona. (Gliene mostra un’altra) Lei con mia nipote Marilena sulle ginocchia. (In tono di quasi sfida) Vuole negare, adesso?

OMERO (sereno) Ma si figuri! Io non nego niente. Queste sono le fotografie che sua nipote scattò in occasione del fidanzamento ufficiale di mia figlia Minerva.

ORNELLA Proprio così. (Riprendendo l’argomento che più le sta a cuore) Poi… questo, dottore, mi creda, mi duole veramente rivelarglielo, però glielo devo dire (sia ben chiaro: per lei, non per me)… lei ha caldeggiato il matrimonio di sua figlia con l’avvocato Cremona per un suo tornaconto.

OMERO (c.s.) Questa poi!

ORNELLA (melliflua) Veda, io non posso credere mai e poi mai che oggi come oggi due giovani ragazzi convolino a giuste nozze dopo tre mesi soltanto di fidanzamento se non per un tornaconto. (Brevissima pausa) Di che natura sia questo tornaconto non lo so di preciso, però c’è. Ecco perché le ho consigliato nella lettera e le consiglio personalmente adesso di dimettersi  da consigliere comunale. Lei è un professionista più che affermato. Quindi si renderà certamente conto che, stando così le cose, se resta nella pubblica amministrazione, la sua immagine (magari non subito, ma tra un mese, massimo due) viene a deteriorarsi fino a distruggersi completamente. (Ipocritamente materna) Si dimetta. E’ meglio per lei, mi creda. (Dopo un’altra brevissima pausa) Ho detto tutto. Buonasera. (Muove per uscire)

OMERO (subito, sereno e pacato) Un momento, sindaco. (Ornella si ferma) Se mi permette, lei non ha detto proprio niente. Lei ha fatto solamente come quei monelli che si divertono a gettare i sassi negli stagni. Lei lo sa come fanno? Glielo dico io: votteno ‘a petrella e annasconneno ‘a manella. Lei se ne sta andando senza aspettare una qualche risposta da parte mia. Questo suo comportamento mi ha sorpreso non poco. Come, una persona perbene e morigerata come lei…? Siamo tra persone civili, no?

ORNELLA (alquanto imbarazzata) Beh… Certo… Prego, parli, parli pure.

OMERO (c.s.) Se la mia presenza al Comune in qualità di capo dell’opposizione le dà fastidio, io mi dimetto senza nessun problema e amici come prima. Ma se lei mi consiglia di dimettermi perché avrei una relazione con la signora Cremona, perché frequenterei le ragazzine e perché avrei caldeggiato il matrimonio di mia figlia con Osvaldo per un mio tornaconto, questo no, non lo posso proprio accettare. Io avrei caldeggiato il matrimonio di mia figlia con l’avvocato Cremona? Dico: ma stiamo dando i numeri?! Sindaco, ma se lo ha detto lei stessa che non può credere che al giorno d’oggi… eccetera eccetera… A parte il fatto che mia figlia Minerva e Osvaldo sono cresciuti insieme e che i ragazzi intelligentemente solamente quando hanno deciso di sposarsi hanno fatto il fidanzamento ufficiale, io voglio darle ragione. Ipotizziamo che tre mesi tra il fidanzamento ufficiale e il matrimonio siano pochi; ma se due ragazzi si vogliono sposare anche solamente dopo un mese – quindici giorni dal fidanzamento, devono dare conto a qualcuno? Lei ha parlato di tornaconto. Via, sindaco! I matrimoni d’interesse si facevano fino a due secoli fa. (Piccola pausa) Io avrei una relazione con la signora Cremona, tra l’altro mia consuocera? Cloti’, io ti chiedo scusa: forse il sindaco non ha considerato che dicendo quello che ha detto, ti ha offesa nella tua dignità e nella tua onestà. (Ancora una piccola pausa) Io frequenterei le minorenni? Sindaco! Certo, non mi dispiacerebbe farlo. Beatri’, nun t’offendere, ma a chiunque piacerebbe stare con una bella ragazza giovane ogni tanto. O no, Mimì?

MIMI’ (ridacchiando) Eh, come no. Ome’, ‘o vvaie ricenno?

OMERO Sindaco, io non tengo neppure il tempo di guardarmi allo specchio. Io esco di casa la mattina alle sette, mi chiudo in sala operatoria o nello studio dell’ospedale e torno a casa alle nove e mezza di sera. La fotografia con sua nipote? Ma quella fu uno scherzo... Uno scherzo durante una festa nella quale la signorina Marilena (marcando il particolare)  venne a casa mia a Positano. Figuriamoci! Sua nipote potrebbe essere mia figlia…

ORNELLA (c.s.) Va bene… Faccia come crede… Io mi regolerò di conseguenza… (In fretta) Buonasera. (Minacciosa) Dottore, si dimetta. (Si avvia per uscire per il fondo a destra)

OLGA (premurosa) Io voi accompagnare.

ORNELLA Grazie.

Ornella ed Olga escono per il fondo a destra. Segue un silenzio denso di attesa. In effetti ognuno aspetta che qualcun altro parli, col risultato che per buoni 30 secondi staranno tutti zitti. Olga rientra.

MIMI’ (scrollando la testa, commenta) Cose da pazzi!

BEATRICE Ome’, io te lo dicevo: “Nun te mettere mmiezo: ‘a politica fa schifo!”.

CLOTILDE (sospirando) Eh… Come no…

LAVINIA (piagnucolando) Papà, dimettiti: è meglio per tutti quanti.

PANDORA E sì. Papà, mo là sopra (allude al Comune) non ti lasceranno più in pace.

FAUSTO Dotto’, voi la Ciacciarella non la conoscete bene. Chella è na janara. Quella è capace di trascinarvi in tribunale.

OLGA (timida e triste) Doctoro…

OMERO (scatta) E basta mo! Neh, ma pecchè mi devo dimettere? Pure vuie avita creruto a ‘e fessarie che ha ritto chella?

BEATRICE Ome’, ma che dici? Noi crediamo a te, però…

OMERO (c.s.) Però che cosa? Chella cretina ha detto delle cose che non stanno né in cielo e né in terra.

MIMI’ Sì, Ome’, tu hai ragione. Però io penso che  è probabile che‘a Ciacciarella si è appigliata al fatto che una volta tu hai chiesto diecimila euro in prestito a Stanislao Cremona pe’ fa’ opera’ a chillu giovane. Comme si chiamma?... Chillu guaglione… T’arricuorde?

OMERO Tu dici che po’ essere…? (Escludendo decisamente l’ipotesi azzardata dall’amico) No, Mimì, non credo. E po’ è na cosa ‘e tre anni fa…

MIMI’ D’accordo. Però ‘a ggente non dimentica tanto facilmente. Ome’, ‘a ggente quando se tratta ‘e spertusa’…

BEATRICE (seriamente preoccupata) Ma quali diecimila euro? Che so’ sti diecimila euro?

OMERO (quasi con noncuranza) Ma niente, Beatri’, niente. E’ na sciucchezza. Quando tre anni fa venne da me in ospedale Ernesto Tramontano. Tu te lo dovresti ricordare.

BEATRICE (ricordando a volo) Sì, sì. Povero ragazzo! A proposito, come sta?

OMERO Bene. Mo sta bene, ma tre anni fa ‘o puvuriello steve ‘nguaiato: un tumore molto aggressivo che in due mesi lo avrebbe mandato sicuramente all’altro mondo se Ernesto non avesse fatto un intervento molto rischioso che all’epoca facevano solamente a Genova. Dopo due giorni chillu povero guaglione me ‘ncuntraie p’’a strada….stevemo io e Stanislao. Quel povero ragazzo era disperato. Mi disse che si era informato su Internet e che quell’operazione veniva a costare diecimila euro. M’’o dicette cu ‘e llacrime all’uocchie. Io che putevo fa’? ‘O libretto ‘e ll’assegne nun ‘o tenevo appriesso e allora cercaie ‘o favore a Stanislao ‘e firmarme n’assegno ‘e diecimila euro, diecimila euro che gli ho restituito il giorno dopo. (Pausa) Va be’. Mo giacché ci troviamo in ballo, continuiamo a ballare. (Tentennando) Però… Non so se mi posso permettere… Cloti’, ‘o pozzo ricere che primma ‘e me spusa’ cu Beatrice, io e te siamo stati fidanzati?

CLOTILDE (ridacchiando) Eh, fidanzati! … Addirittura!...

BEATRICE (scherzosamente impermalita) Uè, uè, uè! Cloti’, e io non sapevo niente?

CLOTILDE (c.s.) Beatri’, è na cosa di trentacinque – quarant’anni  fa, figurati. Io e Omero ci incontravamo nelle feste a casa di amici comuni, Omero mi faceva la corte… Cose di ragazzi.

OMERO Per quanto riguarda poi il fatto che secondo…quella signora io frequenterei le minorenni, Beatri’, ma tu me vire a ffa’ ‘o bunga – bunga? (Tutti ridono) Ad ogni modo, io ci penserò con calma. Sappiate però che se deciderò di dimettermi, ve ne pentirete perché io sono il solo in questo paese che vuole fare qualche cosa. ‘O riesto, scusate l’espressione, è na maniata ‘e fetienti. (I presenti approvano con parole del tipo: “Certo.”, “Come no!”, “Lo sappiamo.”, ecc).

PANDORA Va be’. Fausto, vogliamo andare? Mi sento un poco stanca.

FAUSTO Sì, andiamo. Buonasera a tutti. (Gli altri rispondono al saluto con parole a piacere. Fausto esce per il fondo a destra)

PANDORA Ciao, mamma.

BEATRICE Va’, va’, vatti a riposare.

PANDORA Ciao, papà. Ci vediamo dopodomani sera.

OMERO Pecchè, domani non vieni?

PANDORA Non lo so. Forse. Ciao, Mimì.

MIMI’ Ciao, ciao.

PANDORA Ciao, Cloti’.

CLOTILDE Scendo con te. Sono quasi le otto e mezza… Statte bona, Beatri’.

BEATRICE  Ciao, Cloti’.

CLOTILDE Arrivederci. (Ed esce in fretta e furia per il fondo a destra prima che gli altri possano rispondere in qualche modo al saluto)

PANDORA Ciao, sorelli’.

LAVINIA  No, scendo pure io. Mamma, faccio un giretto per i negozi e torno. Va bene?

BEATRICE  Va bene.

OMERO Lavi’, mi raccomando: non fare tardi.

LAVINIA Una mezz’oretta. Ciao. (A Pandora) Ti aspetto giù.

PANDORA Va bene. (Lavinia esce) Ciao, Olga.

OLGA (rispettosa) Buonasera, signora.

Pandora esce per il fondo a destra.

OMERO Beatri’, che ce cenammo stasera?

BEATRICE Già vuoi cenare? Non sono ancora le otto e mezza…

OMERO Ti dirò: tengo un poco di vuoto di stomaco.

BEATRICE Ci sta il rollè di mezzogiorno e…ti faccio un poco d’insalata?

OMERO No, ‘o rollè basta.

BEATRICE Vieni, Olga. Andiamo a preparare la cena.

OLGA Va bene. (Ed esce per il fondo a sinistra con Beatrice)

MIMI’ Ome’, e mo me ne vado io pure.

OMERO Statte buono, Mimì.

Suona il campanello.

MIMI’ A domani. (Sul limitare dell’uscita, come per rasserenare l’amico) Ome’, stai tranquillo: quello che ha detto ‘a Ciacciarella è tutto campato in aria.

Olga attraversa il fondo da sinistra a destra.

OMERO (sereno) Lo so, però…prima di prendere una decisione definitiva, ci voglio riflettere sopra.

ERNESTO (dall’interno) Buonasera. Il professore è in casa?

OLGA (dall0interno) No. Qua no professoro. Io voi no conoscere. Arrivederci.

ERNESTO (c.s. e subito) Mi scusi, signora, io sono Ernesto Tramontano.

OLGA (c.s.) Io voi no conoscere.

OMERO (verso l’interno) Olga, fai entrare il signore.

OLGA (c.s., gridando rabbiosa) Uè! Doctoro! Io no conoscere!

OMERO (c.s.) Non ti preoccupare, il signore è un mio amico. Fai entrare il signore.

OLGA (dall’interno, tranquillizzata) Ah! Va bene. (Entrando dal fondo a destra seguito da Ernesto) S’accomodasse.

ERNESTO (è un simpatico uomo sui 30 anni. Ha in mano un grosso pacco regalo. Più che espansivo) Professore carissimo! Auguri!

OMERO (con la medesima espansività) Caro Ernesto! Come andiamo? Ti trovo in una forma magnifica.

OLGA (ridendo come una deficiente) Doctoro, io signoro no conoscere. Io no volevo aprire.

OMERO (tagliando corto) Va bene, va bene. Adesso puoi andare in cucina.

OLGA Va bene. (Esce per il fondo a sinistra)

ERNESTO (poggiando il pacco sul tavolo) Professore, mi sono permesso di portarvi questo piccolo pensierino…

OMERO (scherzoso ed ironico, osservando il pacco) Caspita! Il pensierino, eh?... (Convenzionale) Grazie. Non ti dovevi disturbare.

ERNESTO Macché disturbo! Questo è il minimo. Voi mi avete salvato la vita.

MIMI’ Beh, io vado. Buonasera. (Esce per il fondo a destra)

OMERO Siediti, Ernesto, siediti. (E si siede)

ERNESTO (accomodandosi) Grazie.

OMERO Allora, che mi dici?

ERNESTO E che vi devo dire? Professore, voi mi avete salvato. Io vi sono e vi sarò grato per tutta la vita. Professore, voi mi avete fatto rinascere.

OMERO (scherzoso, minimizzando) Eh! Non esagerare, mo! Io ti ho fatto rinascere? E che, so’ fatto levatrice? (L’altro ride. Serio) No, Erne’, scherzi a parte, diciamo che l’intervento ti ha tolto il male, però sei stato tu che hai saputo combattere e che hai saputo e soprattutto hai voluto reagire. (Brevissima pausa) Caro mio, la medicina i miracoli non li fa. Voglio dire che se il paziente non collabora, si possono fare pure mille interventi: il male se ne va, d’accordo, però questo signore rimarrà sempre psicologicamente distrutto.

ERNESTO Beh, sarà come dite voi. Fatto sta che io adesso mi sento un altro. Professore, io non sono più quel ragazzo timido che venne da voi tre anni fa.

OMERO  Eh, lo vedo.

ERNESTO (si alza. Col tono di chi stia accommiatandosi) Bene. Professore, io vi lascio i miei migliori auguri di buon Natale e buon anno, e tolgo il disturbo. Sapete, la ragazza sta aspettando e…

OMERO (si alza a sua volta. Compiaciuto) Uè! Ti sei fidanzato. Auguri. E chi è la fortunata? E’ una ragazza di Pontescurato?

ERNESTO No, è di Napoli.

OMERO E vai, vai, non farla aspettare. Erne’, mi raccomando: tu adesso stai bene e io sono contento per te, però non ti dimenticare mai di prendere quella pillola ogni giorno, eh?

ERNESTO (in fretta) Voi scherzate?! Buonasera. (Come ricordandosi, con una punta di orgoglio) Ah! Ho vinto il concorso di segretario comunale.

OMERO (piacevolmente sorpreso) Tu che dici?! Quel concorso per esami e titoli l’hai vinto tu? Bene!

ERNESTO Professore, e quante ne sto vedendo… Vi voglio dire un’ultima cosa e poi veramente me ne vado. Le cose vanno male, molto male.

OMERO Sì, eh?

ERNESTO Il Comune è in forte deficit e per risanare il bilancio… Voi mi capite, no? Ho sentito dire anche che il sindaco vi vuole fare fuori per poter giostrare a suo piacere… Professore, vi voglio dire che voi non dovete mollare. Qualsiasi cosa succeda, voi non mollate. Arrivederci. (Esce per il fondo a destra)

Rimasto solo, Omero, meditabondo e lentamente, strappa la lettera ed esce per il fondo a sinistra.

                                                             F I N E