La leggenda del granchio d’oro

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STRAULIATA

Commedia campestre in tre atti

 

di: Rocco Chinnici

Cosa spinge un autore di teatro, dopo aver pubblicato varie opere che affrontano temi di attualità come la mafia e la questione morale, a rovistare nella propria memoria, facendo un saltoindietro di quasi cinquant’anni e a regalarci questa deliziosa commedia? Ed è soltanto un caso che Rocco Chinnici abbia voluto affidarne la prefazione al sottoscritto?

Queste sono state le prime due domande che mi sono posto dopo la lettura di Tempu di pisatina, a cui cercherò di rispondere. Riguardo alla seconda, vi dirò subito che non si tratta di un caso, non solo per l’amicizia e gli interessi culturali che ci legano, ma anche e soprattutto per gli aspetti comuni della mia e della sua infanzia. Stessa scuola elementare durante l’inverno e a primavera inoltrata, finita la scuola, al Parco Vecchio, ad aiutare i genitori nei campi. A noi bambini toccavano i lavori meno pesanti, ma non per questo meno importanti. Riempire d’acqua fresca le lancedde o i bummuli ’a testa ’i l’acqua, e poi portarli sulle spalle dopo aver percorso un chilometro fino all’aia, era un incarico che ci riempiva d’orgoglio, soprattutto quando i contadini, con la loro faccia piena di sudore e di polvere, dicevano a sete estinta: «Bravu u picciriddu! E stasira a pigghiari i granci!». Ma non era solo questo che ci rendeva felici e che ci faceva sentire già grandi, quanto il viaggio stesso per giungere alla sorgente. Il sentiero, in alcuni tratti, era sconnesso, tanto che si rischiava di cadere nelle pozze d’acqua; ma ciò faceva parte del gioco, e la ricca vegetazione faceva dimenticare il pericolo. Si cominciava il cammino attraversando frutteti naturali, dove trovavi gelsi bianchi e neri, fichi, mele, pere e noci; e mentre t’imbrattavi del succo dei gelsi neri, la cicala con il suo meti e pisa e porta a casa ci ricordava che era già estate. Si continuava, poi, attraversando un vero e proprio paradiso, con un limpido ruscello al centro, tra fitte vegetazioni e brulle aridità, con l’ultimo ristoro all’ombra dei pioppi. Ma la cosa più straordinaria rimanevano gli incontri con le lepri e le donnole, per arrivare infine alla testa ’i l’acqua (la sorgente), alla base di una roccia rosa abbracciata dalla cascata, madre del ruscello che attraversava il Parco Vecchio. La cascata e la scalata della roccia erano parte dei nostri giochi, cui presenziava la sacralità di quella sorgente. Lì s’immergevano delicate lancedde di stagno e bummuli di terracotta e, dopo un sorso d’acqua, iniziava il ritorno che doveva essere più veloce, per non sentire il classico rimprovero «Ma unni isti, a America, a gghinchiri ’st’acqua?». Sull’aia, muli e cavalli venivano fatti girare sulle spighe secche al grido di «E gira, mareddu, gira»; noi bambini partecipavamo ai canti e, alla fine della pisatina, potevamo spagghiari e tenere aperti i sacchi per il grano, che i contadini avevano misurato con il tùmmino. La sera, dopo una capatina al ruscello in cerca di granci, la cena era a base di pasta e patate e insalate di pomodoro e cipolle, da mangiare con l’aiuto di una forchetta di canna. Allora, iniziava la magia dei racconti: sul giaciglio che i genitori preparavano ai margini dell’aia, si stava attenti che il sacco che faceva da coperta ci proteggesse dalla luna, che non si diventasse lupi munari, e si aspettava che i contadini narrassero di lavori eccezionali, spiriti e uomini che, al plenilunio, si aggiravano ululando tra le case. Ci addormentavamo così, tra la paura di quei racconti e la voglia di conoscerne di nuovi, per poi risvegliarci alle prime luci dell’alba già pronti per una nuova giornata di sudore e avventure.

Quanto finora ho raccontato credo contenga, in parte, risposta alla prima domanda d’inizio, perché è il racconto dell’infanzia dell’autore; e non ho alcun dubbio che rappresenti, più che profondamente, l’anima di questa commedia, cioè quell’insieme di conoscenze e di esperienze che determinano le scelte di una vita, all’insegna della passione, della generosità e della solidarietà. Tempu di pisatina fa emergere questi valori e riporta all’attenzione di chi ha perso la memoria la necessità di recuperare le origini. Recupero qui effettuato con il linguaggio semplice e concreto dei contadini che con la campagna e con l’acqua sono in simbiosi, un linguaggio belmontese paterno che impreziosisce quella che è una favola da trasmettere, come tale, ai figli e ai nipoti; e che Rocco Chinnici trasmette ai bambini, a quelli veri, perché la usino contro la devianza che sbarra loro la via della favola. Favola che solo favola non è, un amalgama avito di storia e finzione, che pure è radice di ferma credenza e cultura.

Un racconto insomma dove persino l’amore scorre leggero, e dove diventano protagonisti personaggi veramente esistiti. Fra Gilormu o frate Girolamo di Tagliavia, ancora oggi incute timore agli anziani di cui raccontano di suoi strani poteri. E a zà Pitrina era una contadina che ha messo al mondo diversi figli e ha quasi sempre vissuto al ParcoVecchio.

La strana leggenda della grotta delle sette camere che tanto ha pervaso di mistero ed avventura i sogni dei bambini belmontesi, qui si intreccia magicamente con quella del grancio d’oro che alla fine della commedia, dopo averti messo i brividi addosso, obbliga a chiederti: ma tutto sommato perché questo racconto non dovrebbe essere vero? In fondo noi belmontesi conosciamo così poco dei nostri antenati.

                                                                Franco La Barbera

Personaggi

            Vanni  (anni 55)              padrone della tenuta

         Grazia(anni 45)                 moglie

         Ninetta(anni 25)               figlia

         Damianuccio(anni 6)         figlio

         Pietra   (anni 55)              contadina

         Peppina(anni 53)              contadina

         Bartolo(anni 50)               contadino

         Melchiorre(anni 56) contadino

         Andrea        (anni 28)        carrettiere

         Antonino     (anni 27)        garzone

         Carmela   (anni 23)

         Venerina  (anni 20)

Dottore   (anni 50)

         Frate Girolamo               monaco di Tagliavia

         Comparsa  (ragazzo anni 10)

Contadini

(Un’aja, nella tenuta di Parcovecchio: dei govòni di frumento che aspettano d’essere calpestati dai muli, dei setacci, tridenti, pale di legno ed altre cose che servono per setacciare il frumento. A destra la casa di padron Vanni; a sinistra un magazzino, e, accanto, una “pinnàta” (mezza casa) dove i contadini usano mettere le bestie e attrezzi da lavoro. Da fuori si sente arrivare un inneggiare di contadini che, in un altro spiazzo, fanno girare dei muli su govòni già finiti d’asciugare)..

V.F.C.

Gira, cavallo gira! Spagliamola, spagliamola! (Ancora canto, e dopo un po’ ancora incitamento alle bestie) Oh, quanto è bello questo baio! (cavallo) E gira baio, gira baio! Spagliamola, spagliamola! (Entra un frate con una bisaccia a tracolla, va chiedendo elemosine a favore di un convento del feudo di Tagliavia).

FRATE GIROLAMO

(Bussa alla porta ed affaccia donna Pietra) Fate la carità ai monaci di Tagliavia; solo un pò di frumento e un fiasco di vino vi chiediamo, e il Padre Eterno ve ne farà ricca l’annata.

PIETRA

Tenga, fra Girolamo; l’annata fu scarsa.

FRATE GIROLAMO

Il Signore ve ne farà grazia, donna Pietra.

PIETRA

Grazia, si! E lo lasci stare il Signore! Con tutti i pensieri che si trova ad avere… (Se ne rientra).

FRATE GIROLAMO

(Portandosi verso il proscenio) Sono frate Girolamo, o…, comu tutti m’intendono: fra Gilormo; e giro feuda, feuda, cercando un poco di provvidenza. Il convento di Tagliavia è grande; i frati siam tanti, la nostra terra è poca, e il frutto non basta. E così giro chiedendo elemosina, incontrando tanta gente e conoscendo tante storie; e quella, di dove ora mi trovo e della quale voglio narrarvi, è la storia di padrone Vanni. Gente onesta e lavoratrice, attaccata alla propria terra e che vive di ciò che da loro l’annata; e l’annata pare proprio che non promette niente di buono! E… come senon bastasse… (Si avvia uscendo e chiedendo elemosina).

V.F.S.

(Escono donna Pietra e donna Peppina e riprendono il loro lavoro di setaccio e di spaglio. Si sente ancora un leggero canto di contadini). Spagliamola, spagliamola!

PEPPINA

Eh, st’annata c’è poco di che spagliare, donna Pietra, la segale ha avuto il sopravvento sul frumento.

PIETRA

Era destino che st’anno doveva esser carestìa; mah! ”Buon tempo e mal tempo, non dura tuttu l’anno!” Dicevano i nostri padri.

PEPPINA

E intanto è il terzo anno che ripetiamo sempre la stessa cosa, e l’annata non cambia! Queste son disgrazie, zia Pietra! Disgrazie che prendono solo la gente onesta e poveraccia! “Ah, quanto è bello il pomodorino!” (Detto contadino)

PIETRA

Chi doveva immaginarlo che proprio padrone Vanni aveva da inginocchiarsi alla malasorte.

PEPPINA

Eh, già! Non c’è peggior cosa di quando a una casa va a far visita “la disgrazia”: “mala sorte, mala morte!”

PIETRA

Sant’uomo don Vanni! Padrone buono e rispettoso; non s’è mai perso un giorno di messa… lavorato un giorno di festa comandata; e come se non bastasse, pure la malannata!

PEPPINA

Eh, pover’uomo! (Si sente il vociare dei contadini) E… (allusiva) lei, lei che fine ha fatto? (ironica) …la signora!

PIETRA

(Stizzita) La peste che se la mangi! A lei e a quel brutto scellerato di compare Jacopo che se l’è presa a se! Ma cosa ha visto in questo cataplasma? Che ha visto?

ANTONINO

(Entra uno dei contadini con un sacco di frumento) Zia Pietra, dove li andiamo mettendo i sacchi col frumento?

PIETRA

Metteteli dietro la casa, che all’imbrunire viene Andrea col carretto e se li porta in paese. Oh, giovanotti, su, su con le mani! Se no Andrea il viaggio lo fa a vuoto, e padrone Vanni non può permettersi simili sfarzi!   

ANTONINO

Ai suoi comandi, zia Pietra! Basta che lei ci prepara del buon pane caldo bello inzuppato d’olio d’oliva… ah, guardi che gli uomini stanno finendo di spagliare il frumento! (Si avvia).

PIETRA

Portatemi un fascio di tralci di vite, perché legna per alimentare il forno dietro il palmento non ce n’è più. E fate venire Venerina per impastare, che lei è giovane e ha i polsi più forti, se no per notte possiamo infornare.

ANTONINO

Sempre ai suoi comandi, zia Pietra. (Esce a posare il sacco dietro le case).

PEPPINA

Bel figliolo Antonino! Garbato, lavoratore… certo che per padrone Vanni sarebbe stato un ottimo genero… sempre se alla signorina Ninetta fosse andato a genio.

PIETRA

La signorina Ninetta, si! Una brava ragazza, chi dice di no, ma… lei studia, e alletterata! Abbita in città, e chi sa quanti giovani studenti le girano attorno… ih, ad Antonino pensa!

V.F.S

(Si sente ancora un canto e il ringraziamento al Sacramento)

Ringraziamo e lodiamo il santissimo Sacramento! Ringraziamo e lodiamo il santissimo Sacramento!

VANNI

(Entra Vanni) Donna Peppina! Zia Pietra! A che punto siamo col frumento?

PIETRA

Oh, buon giorno, padrone Vanni! Gli operai stanno levando di  spagliare. Antonino ha portato i cavalli a bere, e ora stanno portando i sacchi dietro la casa a punto di carretto. Voscenza non mangia con noi? Il tempo che Venerina impasta la farina e… inforniamo due schiacciate… è da quest’oggi che gli uomini me li chiedono; a lei gliene faccio una delle solite: con la cipolla soffritta…

VANNI

Mangiate, mangiate col vostro comodo; di me non datevene pensiero. Arrivo su in cima al colle a raccogliere due pere cerate, stasera ho  mia figlia Ninetta che viene a trovarmi, e...

PEPPINA

E siccome alla signorina Ninetta, quelle pere piacciono sin da quando era piccola… E… a scuola? A quando i confetti…

VANNI

Della laurea, lei dice? E cosa vuole che le dica, donna Peppina, è da poi che… voi lo sapete, che vi sto a raccontare; è da poi che rimase… si, orfanella, ecco, è d’allora che lo studio non l’alletta più!

PIETRA

Creatura, non sembrava! Era la meraviglia di tutti!

VANNI

Eh! Quando tutto è dato per certo, basta un apri e chiudi d’occhio che tutto cambia! E’ il gioco della vita! Mah, pasienza, pasienza ci vuole, zia Pietra! Mangiate, mangiate voi, che io arrivo a cogliere le pere (esce).

 

PEPPINA

Davvero un galantuomo è padrone Vanni! Non la meritava proprio sta disgrazia! E’ proprio vero; il motto antico non sbaglia mai: “la migliore acqua se la bevono i porci!” 

VENERINA

(Entrano allegre, Venerina e Carmela) Eccoci qua, donna Pietra, ai suoi comandi!

PIETRA

Eccone un’altra coi comandi! Neanche se fossi un generale.

VENERINA

Lei è più che un generale! Ci dica, cosa dobbiamo fare? Gli uomini dicono d’aver fame da vendere!

 

PEPPINA

E’ certo! E’ dall’alba che spagliano! Sono stanchi, poveracci!  

CARMELA

Perché, noi no?

VENERINA

Sempri al setaccio, sempre al setaccio…

CARMELA

Una volta che questo lavoro lo comanda il vento, non ci rimane che andarci dietro!

PEPPINA

Mentre voi vorreste andare dietro ai giovanotti! E’ vero?  

VENERINA

E perché, donna Peppina, peccato mortale è, se noi andassimo dietro i giovanotti?

PIETRA

Non entriamo in questi discorsi, perché allora non ne usciamo più.  

CARMELA

Che c’è, donna Peppina, vi assale la nostalgia?

PEPPINA

Acqua passata è la nostra, anche se questi discorsi smuovono sempre… l’acqua stagnante!

CARMELA

Acqua di stagno, lei non sembra proprio!

VENERINA

Donna Peppina è acqua che ancora… s’increspa! (Risata generale)

PIETRA

Su, su ragazze! Ve l’ho detto che entrando in questi discorsi si rischia di non uscirne più. Entrate invece dentro il palmento, e accanto alla botte vecchia ci sono la madia e il sacco con la farina, e tu, Venerina, comincia con l’impastare. (Si avviano) Ah, Venerina! Guarda che il lievito è dentro il vaso di terracotta!

CARMELA

Donna Pietra, le lasci fare a me oggi le schiacciate; in campagna da mia nonna sono io a farle, perché dicono i miei che… si leccano il muso!

PIETRA

E oggi vorresti farlo leccare a noi il muso; abbiamo capito, ma… se dovreste avere bisogno, chiamate, noi siam qui. E… le schiacciate… mi raccomando, riempitele di buchi, se no gonfiano come le rane!

VENERINA

(Uscendo) Va bene, va bene! Non stia in pensiero!

PEPPINA

Brave ragazze, Carmela e Venerina, ma… boriose!

PIETRA

Ah, loro! Perché lei no alla loro età! Che è, lo ha già dimenticato quando anche lei correva dietro a suo marito… buon’anima? La vita è una ruota che gira, e non si può fermare mettendogli il piede davanti.

PEPPINA

E chi dice di no! Io intendevo dire che ci son ragazze calme, e  ragazze… cavallerizze!

PIETRA

Com’eravate voi una volta! Come, pure le bastonate che le diede sua madre ha già dimenticato, ogni volta che v’intestardivate? (Entra Antonino con altri due contadini: Bartolo e Melchiorre, sono più adulti di lui; hanno sulle spalle dei piccoli mazzi di tralci di vite).

ANTONINO

Zia Pietra, lei dice che bastano questi, o vado aprenderne altri?

PIETRA

Bastano, si! Lesti, lesti a scaldare il forno, che con questo caldo la pasta allievita subito! (Li posano li davanti e Antonino uscirà spesso a prenderli per il forno).

MELCHIORRE

E con la volontà di Dio per oggi di pestare e spagliare abbiamo finito. Donna Pietra, il caldo ci ha arrostito le carni; e i cavalli, povere bestie, sono stanchi morti! Voi siete state qui!

PIETRA

E dove volevate che stessimo?

MELCHIORRE

Io non volevo dir questo, ma solo ricordarvi un vecchio proverbio.

PIETRA

E sentiamolo questo proverbio!

MELCHIORRE

“Se nell’aja non stai mentre c’è spaglio, sarai presto ridotto a pane e aglio!” (I due ridono).

PEPPINA

Melchiorre, molto lunga la sa!

PIETRA

(A Melchiorre) Che volete dire? (A Bartolo che sta ridendo) E lei che ha da ridere? Poiché già povera lo sono, ho forse da far pure la mendicante?  

BARTOLO

Non dategli ascolto, comare Pietra; è la fame che lo fa sparlare! Anzi, a proposito, a che punto siamo? Che intanto ci laviamo (si avviano alla fontanella che si trova lì in un angolo e si sciacquano le mani e la faccia).

PEPPINA

Con voi due, siamo sempre al puntu di partenza! Non avete mai una buona nuova da darci, come se noi siam stati qui a cacciar le mosche o raccontarci le storielle! Non abbiamo lavorato a setaccio, o che vi pare? …A proposito, ve lo insegno io un proverbio a entrambi, e tenetevelo bene a mente: “Chi pensa e dice agli altri che non fan niente, tempo non passa che non parla e neanche sente”.

PIETRA

(Melchiorre finge d’aver perduto la parola e di non sentire, e fa versacci a zia Peppina). Si, si, scherza pure tu! Vorrei proprio vedere se fosse vero!

BARTOLO

E basta, comare bella! Lei sa com’è Melchiorre! Ha sempre voglia di scherzare; è natura!

PIETRA

Va bene si! Avanti, avanti muovetevi! Che a momenti arriva padrone Vanni e…

MELCHIORRE

E che c’è, donna Pietra? Abbiamo smesso noi di lavorare! Che non possiamo scherzare nemmeno a lavoro finito?

PIETRA

E che dico questo, io, forse?

BARTOLO

Comare Pietra intendeva dire di non scherzare con le persone più anziane.

PEPPINA

(Ironica) Oh, che caro figliolo! Sai che sei veramente esperto, figlio?

VENERINA

(Venendo da dietro il palmento) Zia Pietra, zia Pietra! Il forno è pronto, e Carmela dice che la pasta sta lievitando; apparecchiamo fuori o dentro?

PEPPINA

Che dentro e dentro! Qua (indicando l’aja), sopra la paglia, qui fuori, ci sediamo a terra sulla’aja a mangiare. (A Bartolo) Lei, Bartolo, entri nel palmento, e in fondo alla sua sinistra dove sono le botti c’è una brocca, la riempie di vino vecchio di Cascavallotti (contrada); uva ‘nzolia che fa girar la testa!

VENERINA

Che è, donna Peppina, increspa, increspa?

PIETRA

Ci risiamo! Finitela vi ho detto! Tu, Venerina, prendi quanto occorre per mangiar fuori, e ricorda a Carmela di bucarle le schiacciate, se no…  

VENERINA

Gonfiano come le rane!

PIETRA

Su, su! Che poi Melchiorre ci narra della storia dei briganti, figli di mamma drago che abbitavano nella grotta delle sette camere, a monte del paese… o se no, quella del “granchio d’oro”!

VENERINA E CARMELA

Si, si questa, questa! Quella della grotta delle sette camere l’ha già narrata.

VENERINA

Zio Melchiorre, senza stavolta… fermarsi a metà! Tutta, ce la deve narrare tutta!

PEPPINA

(A Bartolo che stava riempiendo la brocca) E allora, Bartolo, la faccia piena, la brocca (rientra Bartolo). Quando la brocca e bella piena, si narra e parla di gran lena. (Si sente arrivare un carretto; è Andrea).

ANTONINO

Andrea arriva sempre al momento giusto! Aiutamogli a levar la bestia dal carro, se no le schiacciate si fan fredde! (Gli uomini escono a dare una mano).

PEPPINA

(Ironica) Oggi, Carmela mangia con più appetito!

CARMELA

E perché proprio io, donna Peppina?

PEPPINA

E perché, perché! Perché tu, figlia, sei più… boriosa, e Andrea…

PIETRA

La zia Peppina, oggi, si diverte a sparlare. (A Carmela) Non darle ascolto Carmela; lei vorrebbe solamente dire che Andrea ti piace e… sei contenta che è arrivato!

VENERINA

E che è vergogna per una donna se un uomo piace?

PEPPINA

Vergogna? Ma quando! Io non volevo dir questo, anzi! Volevo dire che una donna non deve mostrarsi facile preda; ecco si, questo volevo dire!

CARMELA

E che c’è di male se Andrea mi piace e non riesco a nascondere i miei sentimenti?  

PIETRA

(Rientrano gli uomini) Forza, forza che la pancia piange! Antonino, aiuta Venerina a portar le schiacciate (vanno a prenderli).

ANTONINO

 (Antonino rientra con Venerina, porta una madia piena di “schiacciate”). Pronti, zio Melchiorre, che finalmente si mangia! (Fanno largo aiutando a sistemare le cose. Qualcuno va a lavarsi alla fontanella accanto al palmento).

ANDREA

(Va ad abbracciare Carmela e poi zia Pietra alzandola da terra) Zia Pietra bella! Sempre arzilla lei! Gli anni le portano salute!

PIETRA

Salute, si! Possano arrivare in cielo le tue parole. Che buona nuova porti da Belmonte? (Belmonte Mezzagno).

VENERINA E CARMELA

Si, si, che notizie ci porti dal paese?

ANDREA

(Mangiano, alcuni si servono prendendo dalla madia, altri sono serviti da Carmela) Du cose: la prima è quella che hanno fatto l’aumento sulla tassa degli animali, e i proprietari sono corsi al comune a far guerra al Sindaco; e l’altra, se vi puo’ interessare, è che (ironico) Jacopo… (guardando le ragazze che si girano come se fossero disattente) lei capisce di quale Jacopo… parlo? Dicono che ha portato la (allusivo, riferendosi alla moglie dipadrone Vanni) signora in mezzo una strada a fare la… (riguarda le ragazze per non far capire, e poi ironico) si-gno-ra.

VENERINA E CARMELA

(Le ragazze, che invece origliavano, intervengono subito) Come come? Che ha detto. Che ha detto? Che ha voluto dire? E che bisogno c’era di portarla inmenzo una strada, se già era signora?

PIETRA

Zitte! Statevi mute! Che voi queste cose non potete ascoltarle. (Le ragazze parlano tra di loro cercando di capire). Che cose, che cose s’han da sentire! Non c’è più fede!

PEPPINA

Il Signore ha da perdonarmi, (facendosi il segno della croce) ma io ho  piacere… solo mi dispiace per quel sant’uomo di padrone Vanni; ma lei questo si meritava!

BARTOLO

E lui, lui, padrone Vanni… lo sa? Che bene le voleva a quella grandissima zoccola… (si tappa la bocca guardando le ragazze che stavano a sentire e si mettono la manina davanti la bocca ridendo e qualcuna facendo le spallucce).

MELCHIORRE

Forse è la volta buona che finisce di dimenticarla.

PIETRA

Dimenticarla, si! Solo la morte può aiutarlo. Mangiamo, mangiamo che si freddano le schiacciate! (Iniziano a mangiare. Andrea mangia e parla appartato con Carmela, mentre gli altri: chi beve chi parla dell’accaduto mostrando meraviglia). Venerina, dai da bere a Melchiorre, se vuoi che narri la storia del “granchio d’oro”.

VENERINA

Vero è! Arrivo, zio Melchiorre (gli versa da bere). Così, bello pieno! Con la speranza che sia finalmente la volta buona di conoscere la storia del “granchio d’oro!” (le due ragazze ridono).

MELCHIORRE

Ridete, si! Quando sentirete, vi voglio! (A Venerina) Tu, stanotte non chiuderai occhio. Sentite, forse è meglio che andiate a dormire, perché questa non è storia che fa per voi. 

CARMELA

E avanti, zio Melchiorre, non cominciamo con… (ironica) “l’andate a dormire”, che qui stasera non si chiudono veramente occhi se non si finisce prima di raccontare la storia per filo e per segno.

MELCHIORRE

Così, dite?

PEPPINA

Melchiorre, allora davvero stolido è! E la racconti per una volta e per tutte, questa benedetta storia!

MELCHIORRE

E va bene, lo avete voluto voi, non venitemi dopo a dire che…

TUTTI

Ancora!!!

MELCHIORRE

Dunque, (si dispongono seduti a semicerchio) dovete sapere che tantissimi anni fa… in questo feudo chiamato “Parcovecchio”, quando ancora non c’era nemmeno una casa, la valle era ricca di vegetazione; e il ruscello, dove ancora scorre l’acqua, era pieno di piante rare, fiori che sembravano dipinti… l’acqua era trasparente come fosse di cristallo. I granchi correvano a rintanarsi sotto le pietre di quella meravigliosa acqua che invitava tutti a farne una sazievole bevuta…

PIETRA

Zio Melchiorre, perché ora non è trasparente? Non facciamo le grandi bevute? E non ci sono ancora i granchi?

MELCHIORRE

Si, magari ora c’è tutto questo, ma non è più come a quei tempi! Allora, stavo dicendo…

TUTTI

Le pietre, i granchi…

MELCHIORRE

Ah, si! Le pietre di questo ruscello erano popolate di centinaia di granchi che entravano ed uscivano dalle tane; e… in mezzo a tutti questi granchi, ce n’era uno ch’era… (misterioso) d’oro!  

LE DONNE

(Meravigliate) Oh!!!

MELCHIORRE

 (Sempre con tono misterioso) Haveva strani poteri…

CARMELA

Bum!!! Ora è! Come faceva un granchio a essere d’oro e ad avere strani poteri?

ANDREA

Ragione ha Carmela, zio Melchiorre! E poi, se era d’oro, come dice lei, come faceva a mangiare e rimanere in vita?

PIETRA

Vero è! Se era d’oro, vuol dire ch’era pesante, e come faceva allora, s’era pesante, ad uscire fuori dall’acqua e prendere aria?

ANDREA

Ah, perché i granchi se non prendono aria muoiono? E quando arriva l’inverno e l’acqua scende in piena, come fanno a uscire dalle proprie tane e prender fiato? La corrente non se li trascina? 

MELCHIORRE

E viva la bestia che non sei altro! Tu granchio sei stato? Come fai a dire che l’acqua li trascina? Quando soffia il vento di tramontana, quante cose si vola per aria, ne hai mai viste persone volare?

BARTOLO

Ecco perché la storia non arriva mai alla fine! Perché ognuno ha da dire sempre la sua; e lasciatelo narrare!

 

VENERINA

(A Bartolo, risentita) Se non si mette pure lei, zio Bartolo, forse è la volta buona di sentirla tutta la storia!

BARTOLO

(Anch’egli risentito perché proprio lui non aveva aperto per niente bocca, si alza) Ah si! Così la prendete? Io ho cercato di intervenire perché la smettessimo, e invece… allora sapete cosa faccio, me ne vado a dormire, tanto ho capito che questa è storia che non arriverà mai alla fine, quindi… (Si avvia mentre gli altri lo invitano a rimanere).

PEPPINA

Pover’uomo, gli avete fatto passare la voglia.

ANDREA

E allora! Sta storia, si racconta o no?

TUTTI

Si racconta, si racconta! Su, zio Bartolo, non se la prenda tanto, sieda che si ricomincia.

PIETRA

Venga, Bartolo! (Rientra) E allora, zio Melchiorre, la ricominciamo sta storia?

VENERINA

Si, si zio Melchiorre!

MELCHIORRE

Ricomincio facendo una premessa: il primo di voi che s’intromette, sarò io ad andarmene a dormire.  

CARMELA

Si, ma… se uno… qualcosa non la capisce?… (Rientra Bartolo e si va a sedere).

PEPPINA

Se la va a cercare nell’abbeccedario. (Melchiorre guarda seccato).

PIETRA

Ancora! E statevi zitti!

MELCHIORRE

(Riprendendo) Allora, dov’eravamo arrivati?

ANDREA

Siamo sempre al punto di partenza. (Melchiorre si alza per andare)

PIETRA

Ma cosa fa Melchiorre?

MELCHIORRE

Me ne vado nei pagliai a dormire.

PIETRA

E avanti, Melchiorre! Andrea ha voluto dire che… siamo sempre al punto di partenza, nel senzo che la storia era cominciata da poco. (Melchiorre si risiede).

MELCHIORRE

(Un po’ adirato) E l’ultima! (Siede, mentre gli altri battono le mani) Ora vi faccio vedere io, al primo che apre bocca! Dunque… ah si, il granchio! (Il racconto deve essere narrato con tanto mistero). La verità è che il granchio diventato d’oro, non era altro che un bimbo trasformatosi in animale, un bimbo comandato dagli uomini che zappettavano la vigna, a riempire una brocca d’acqua. Ma… mentre che stava a riempir la brocca… povero figliolo, venne morso da una tarantola che tesseva la tela tra gli rovi sulla sorgiva dove sgorgava l’acqua; subito diventò granchio! Scappando impaurito dentro una di quelle tane. Gli uomini e le donne, non vedendolo tornare, si misero in pensiero e corsero a cercarlo. Han cercato in tutto il ruscello, da cima a valle… niente! Solo la brocca han visto, la brocca con l’acqua che continuava a fuoriuscire; ma del piccolo niente, si persero persino le tracce (segiranno il racconto ammutoliti e meravigliati). La madre, sconsolata, piangeva lacrime amare, e, nel mentre che piangeva, una di quelle lacrime cadde proprio su di suo fliglio “granchio” mentre fuggiva da una tana all’altra, facendolo diventare d’oro!    

LE DONNE

(Meravigliate) Oooh!!!

VENERINA

Madonna, mia!!! (Ha paura e guarda nel circondario) Ho paura!

MELCHIORRE

Ora sono passati quasi cent’anni da poi che è avvenuto questo incantesimo.

PIETRA

(Stupita) E questo incantesimo, zio Melchiorre, arriva che si scioglie? Quel bambino… o meglio ancora, il granchio...?

MELCHIORRE

Si narra in giro che l’incantesimo si scioglie solo se mano umana riesce a toccare il granchio d’oro!  

 

PEPPINA

E nessuno l’ha potuto toccare sin’ora? E poi… è sicuro che (guardando in giro, quasi impaurita) questo granchio d’oro, sia ancora… vivo?

MELCHIORRE

Certo, sino a quando non si scioglie l’incantesimo, non può morire, perché e… magico! E la magia, sino a quando è magia… non muore mai! Qualcuno dice d’averlo visto luccicare nell’acqua del ruscello e scappare in mezzo le pietre.

CARMELA

(Impaurita, si stringe ad Andrea) E se stanotte lo sogno? Ho paura! Io è sicuro che non chiuderò più occhio! (Ha paura e sente un rumore venire da li vicino) Zitti! (Si sente un leggerissimo vagito di neonato) Sento un rumore strano venire da la in fondo; m’è sembrato il pianto d’un bimbo?

BARTOLO

(Mentre tutti guardano dove ha fatto segno Carmela) Lo immaginate s’è arrivata l’ora di sciolgliersi l’incantesimo, ed è il granchio d’oro che va…  (misterioso) trasformandosi!

VENERINA

(Ha un sussulto di paura) E basta, zio Bartolo! Ho paura! Pure a me è sembrato di sentir piangere. Finiamola con questi scherzi, che io mi spavento!

PIETRA

Quale incantesimo e granchio! Quale piangere! Sicuramente rumori di passi; magari è padrone Vanni, che s’è fatto sera e sta tornando dall’alto della tenuta.

PEPPINA

Padrone Vanni, si! A quest’ora più! Sicuramente sarà sceso dalla contrada “costa del lupo” (contrada). Io direi d’andare a dormire.

BARTOLO

(Alzandosi e mettendosi lo scialle sulle spalle) Ho capito; forse è arrivata veramente l’ora dandare a dormire, vuol dire che questa storia la sinteremo un’altra volta, e… (allusivo) di giorno, soprattutto di giorno!

MELCHIORRE

Lo dicevo io, che questa non era storia per voi. Su, andiamo Bartolo, andiamo ai pagliai, che il giaciglio aspetta(misero letto). (Ad Andrea e Antonino che erano rimasti seduti) E voi, che cosa aspettate ad alzarvi?

ANDREA

Cominciate col fare strada, che noi a momenti veniamo.

BARTOLO

Eh no, voialtri camminate davanti a noi e prima che prendo a dormire; non vorrei vedermi svegliare durante il sonno.

VENERINA

E ci lasciate soli? Noi abbiamo paura!

PIETRA

Quando mai! Vuol dire che vi coricherete in mezzo, tra me e zia Peppina. (Agli uomini) Andate, andate a dormire voi, che domani è un altro giorno di duro lavoro!

BARTOLO

Bonanotte, zia Pietra!

GLI UOMINI

(Avviandosi anche loro) Buona notte, (Andrea e Carmela si mandano baci) buona notte a tutti! (Si avviano).

PEPPINA

Buona notte, buona notte! (Tra se) Speriamo.

PIETRA

Che cosa vuol dire speriamo? Non è che… pure voi…

VENERINA

Non dovevamo farli andare gliuomini! (Guardinga) Ho paura, zia Pietra!

PIETRA

E avanti, credulona che non sei altro! Chi vuoi che ci sia? Andiamo, su! (E si avviano. Poi a Carmela) Ah, Carmela! Tu che sei la più coraggiosa, prendi quelle schiacciate che sono rimaste, sulla paglia, perché qui fori, di notte, se li mangia la volpe! (Carmela stava per andarli a prendere…)

CARMELA

(Impaurita e guardinga, torna indietro) La… che cosa? Ci sono magari le volpi? (Si aggrappa a Peppina) Andiamo, andiamo a letto, zia Peppina! E ora io, davvero dormo tra voi due! (Escono guardandosi in giro. In penombra si vede comparire una figura umana ammantata, ha tra le braccia un bimbo avvolto in fasce. Entra controllando se qualcuno possa vederla).

GRAZIA

Non piangere, piccola anima innocente, che finire ha il tuo soffrire; non t’abbandono, no! Ti guarderò da lontano; non sono una madre scellerata che… (quasi piangendo) non ama il proprio figlio; sono solo una povera madre che non ha di che mangiare. Qui, avrai tutto quello che ti manca… persino l’affetto, meglio del latte del mio petto.   Addio figlio mio; non piangere. (Gli da un bacio) A ricordu dell’unica cosa che t’ho saputo d’are. (Lo poggia a terra, davanti alla porta di casa, dove dormono le donne. Si allontana lentamente, si rigira e manda un bacio al piccolo in fasce. Entra fra Girolamo).

FRATE GIROLAMO

E’ comodo per tutti abbandonarsi a semplici giudizi e facili sentenze. Qualcuno dirà: “madre di strada“, “madre scellerata”; altri, invece: “madre senza cuore”, madre sconsolàta… E proprio vero, il proverbio non muore mai: “chi fame e dolori non conosce, il valore della vita non capisce”. Succedono cose in questo mondo che lasciano tutti a bocca aperta. Il giudizio, dovrebbe avere i piedi per camminare; la bocca, è il senno che la dovrebbe comandare… Solo una cosa voglio a tutti ricordare: “pensate, pensate… sempre, prima di parlare”. (Esce. Si sente ancora il pianto del neonato, tanto che una delle donne esce in veste da notte e, con un moccolo acceso dentro un piattino con dell’olio, guarda in giro e s’accorge d’avere proprio sotto gli occhi quel piccolo avvolto come fosse un fagottino).

PIETRA

(Facendo un passo in dietro per lo stupore) Oh, Madonna di Tagliavia! E tu… chi sei? Chi ti portò qui? (Ha paura) Non vorrei che fosse il granchio d’oro che… (facendo segno con la mano di traformare) (Chiama le altre) Donna, Peppina, Carmela, Venerina! Correte, correte qui!

LE TRE DONNE

(Anch’esse vestite da notte, escono e rimangono meravigliate) Oh!!! E questo chi è? Da dove è saltato fuori? Ecco di chi era il pianto! (Preoccupata) Non facciamo…, zia Pietra, che questo è… (Lo guardano meravigliate e vogliono prenderlo in braccio).

PIETRA

Non facciamo, non facciamo! Dentro, entriamolo dentro, e vediamo cosa dargli da mangiare.

CARMELA

Le schiacciate! Diamogli le schiacciate; ne sono rimaste tante!

PIETRA

Le schiacciate, si! Come si vide, figlia, che sei esperta! Dentro, entriamo dentro che fuori c’è freddo.

VENERINA

E come si chiama, come si chiama, zia Pietra?

CARMELA

E chi può essere, chi può essere sua madre, zia Pietra?

PEPPINA

Uffa! Una cosa alla volta, ragazze! E poi, come fa zia Pietra, a sapere come si chiama sua madre? Non lo sa nemmeno lei! (Entrano rendendo evidente la bellezza del bambino e parlando a soggetto, mentre si chiude lentamente il sipario).

FINE PRIMO ATTO

SECONDO ATTO

(Gli anni passano. Scena medesima.).

BARTOLO

(Bendati e a carponi, Bartolo e Damianuccio giocano a toccarsi, e cercano di intonare, a forma di nenia, quanto dicono) Granchio d’oro / dove sei?

DAMIANUCCIO

Sono dentro / una gran tana!

BARTOLO

Se ti tocco / che succede?

DAMIANUCCIO

L’incantesimo / si scioglie!

PEPPINA

(Venendo dal palmento con un “bummulu” (brocca) pieno d’acqua) E la smetta, Bartolo, di giocare! Tenga questa brocca, invece, che gli uomini sono stanchi e sudati e aspettano da bere; e poi faccia conto che arriva padrone Vanni. 

BARTOLO

(Togliendosi la benda) E li lasci aspettare gli uomini! Che cosa crede che muoiano di sete se aspettano ancora un pò?

 

PEPPINA

Non voglio dir questo!

BARTOLO

(Damianuccio cammina ancora carponi, ripetendo la nenia) Donna Peppina, parli chiaro allora, non parli a mezze parole.  

PEPPINA

Sempre con Damianuccio, sempre con Damianuccio! Così… lo vizia molto.

BARTOLO

Tutto questo era? Ancora che ascoltavo… Non lo sa, lei, che quando manca padrone Vanni, egli preferisce stare con me?

DAMIANUCCIO

Granchio d’oro / sono qui! (Tocca la gonna di zia Peppina, e si toglie la benda) Oh, zia Peppina! (Non vede Bartolo perché è dietro di lui) Quando viene zio Vanni? E zio Bartolo dov’è, è andato via?

PEPPINA

Zio Bartolo, zio bartolo! Sempre zio Bartolo! Che dicessi una volta: “zia Peppinella” (Damianuccio Si alza e l’abbraccia attorno alla vita).

BARTOLO

Ah, poteva dirlo prima che era gelosa! Donna Peppinella bella. Invece di girargli attorno.

DAMIANUCCIO

Ah, qui siete, zio Bartolo!

PEPPINA

Io non voglio dire che sono gelosa!

BARTOLO

(Ironico) No, poverina! Che vuol dir questo lei! O vuol forse dire che vuol’essere accarezzata, coccolata… o pure…

PEPPINA

Certo, perché no! Non faccio pure io parte della chiurma? Non l’ho cresciuto anch’io il bambino?

BARTOLO

(Ironico) Ah, l’ha cresiuto lei! E come? Mi risponda, gli uomini che fanno ai campi? Zappettano il frumento levandogli le erbacce, le sterpaglie… lei, lei cosa fa per… Damianuccio?

PEPPINA

Che faccio? Come che faccio! Non zappetto come gli altri?

BARTOLO

Donna Peppina, lei o non sente, o fa finta di non capire; io non mi riferisco a (facendo il verso di zappettare) zappettare la terra, ma… il bene; è il bene che bisogna zappettare e coltivare di più! (accarezzando il piccolo Damianuccio) Ha capito, o ancora no? Vede a padrone Vanni, come gli sta dietro al piccolo? E da poi che s’è sposata sua figlia Ninetta, gli lascia pure l’anima, se lo porta dietro come fosse la sua ombra; e anche a me piace stare con Damianuccio, abbandono persino le mie cose, pur di stargli dietro a giocare, parlare… arrivando a capo di ogni suo “perché”, mentre lei si stanca a sentirlo. I bambini, non sono del padre o della madre, sono di chi li vuole veramente bene. E per bene non s’intende quello di non fargli mancare da mangiare o pure i soldi in tasca; ma di stargli dietro a giocare, parlargli… litigare pure, s’è il caso, ma… tenerseli attaccati al proprio fianco: Ah, lei credeva che il bene fosse… Mi dia, mi dia qui l’acqua, prima di sentire gli uomini gridare. (Al piccolo) Andiamo, andiamo, Damianuccio che giochiamo a estirpare l’erba. (Escono ripetendo la nenia di “granchio d’oro”, lasciando Peppina a bocca aperta).

PEPPINA

Guarda tu Bartolo! Forse ha ragione sant’uomo. E viva, viva Bartolo, che senza un unghia di scuola ha voluto darmi questa lezione di vita.  Ecco perché i bambini, lasciati in mezzo ad una strada, in balìa del vento, crescono senza creanza, stolti, soggetti a tutte le correnti; come la vigna che le manca il riparo, il sostegno dove poter fortificare e fare bei grappoloni d’uva. Sant’uomo… ed io, come tanti altri: padri, madri… e senza neanche farlo apposta pensavo… Bartolo ha proprio ragione! L’albero cresce bene se ha il sostegno; il sostegno… sante parole.

CARMELA

(Venendo dal fondo con Venerina e zia Pietra. Cantano una canzone campestre; “possibilmente del luogo o della propria regione”, cantano e sono sudate. Hanno in mano chi una zappetta, chi una brocca vuota; zia Pietra ha un po’ di verdura).  Che c’è donna Peppina, che ha? Che non si sente bene oggi?  

PEPPINA

(Che era ancora presa dal discorso di Bartolo) Bene, bene mi sento! Voi, invece che avete per cantare così allegre?

 

VENERINA

Siamo contente, contente come una Pasqua siamo; è vero zia Pietra?

CARMELA

Oggi, Venerina… è promessa sposa!

PEPPINA

Davvero?

VENERINA

(Abbracciando Peppina) Ah, zia Peppina quanto sono felice! Finalmente si son decisi! Il padre e la madre di Antonino, stasera vengono a casa, a chiedere la mia mano a mio padre! Quanto sono felice, felice, felice!

PEPPINA

Per questo oggi, Antonino, non è venuto?

VENERINA

Andava con sua madre a Palermo con la corriera, a comprarmi l’anello… così ha detto.

PEPPINA

E viva Antonino! (A Carmela) E tu, Carmela… invece?

CARMELA

Io… io ho di che aspettare ancora! La sorella di Andrea… Concetta, è più grande di suo fratello, e se prima non se ne esce lei di casa, io ne ho di che soffiare!

PIETRA

Ma… Concetta non è fidanzata con Placido? Come, lui dice che a breve si sposano.

CARMELA

A breve, si! Questo breve ha che dura da più di cinque anni. (Entra Vanni).

VANNI

(E’ sconvolto) Saluto a voi. Mi date un pocu d’acqua, Pietra? (Va a sedersi mentre le donne guardano meravigliate).

PIETRA

Che c’è? Che è successo, padrone Vanni?

VANNI

Dov’è, dov’è Damianuccio?

PIETRA

Damianuccio? Qui, qui è! L’ho lasciato che correva giocando con Bartolo a monte della tenuta; non si dia pensiero.

VANNI

Non darmi pensiero, si! Gira voce in paese che uno di questi giorni, vengono le guardie a togliercelo.

TUTTI

Oh!!!

PEPPINA

A toglier…celo?

VANNI

Dicono che una donna è andata in caserma dichiarando di riconoscerlo come figlio suo.

PIETRA

Ah, chi! Ora, dopo tanti anni? Svergognata! E chi è, chi è questa scellerata?

VANNI

Il nome, lo tengono ancora segreto. (Preoccupatu) E come faccio? Comu faccio a lasciarmi prendere, ora, a Damianuccio? L’ho cresciuto come fosse mio figlio.

PIETRA

(Alle ragazze che origliavano) Carmela, Venerina, ritornate a lavorare che noi ora veniamo (escono stizzite). Son sempre che vogliono sapere.

VANNI

E che c’è ancora da sapere, donna Pietra, non è tutto alla luce del sole?

PEPPINA

E noi lo nascondiamo, dicendo alle guardie di non poterlo trovare più.

VANNI

Per oggi… domani, domani l’altro; e l’altro ancora? Che cosa diciamo alle guardie?

PEPPINA

Lei deve perdonarmi, padrone Vanni, ma la lagge… quando fu, non glielo ha dato in custodia? Non figura come fosse lei il padre?

VANNI

Giusto, ha detto bene; figuro come padre, ma… di fatto, non lo sono. E quando una madre lo riconosce per figlio suo, c’è poco da dire; è stata lei a metterlo al mondo.  

PIETRA

Ma se non era per noi… anzi per lei che non gli ha fatto mancare niente, volevo ben vedere come faceva ad andare avanti il piccolo. Mi stia a sentire: ora… un tizio passa per questo feudo che è suo, gli cade un pugno di sementi in terra, lei la zappetta, la concima, la irriga… si fa grande, ripassa il tizio d’allora, e… se la coglie dicendo ch’è sua! E se la legge gli va dietro dicendo pure che è sua, che legge è? (Si vedono arrivare Melchiorre e Bartolo con Damianuccio sulle spalle).

MELCHIORRE E BARTOLO

Oh! Padrone Vanni.

DAMIANUCCIO

Oh, zio Vanni! (A Bartolo) Mettimi, mettimi a terra zio Bartolo. (Corre ad abbracciarlo). Mi avevi detto che saresti venuto prima! D’ora in avanti verrò sempre con te in paese.

VANNI

(Prende dalla tasca una trottola e gliela porge) Tieni te l’ho comprata alla fiera di San Giuseppe. Ti piace? Falla girare, e senti come fa.

DAMIANUCCIU

La faccio girare se giuri… no a santa ventura! Ma alla Madonna di Tagliavia, che mi porti sempre con te la prossima volta.

VANNI

(Guarda Pietra e Peppina, mentre Bartolo e Melchiorre vanno a lavarsi, e, trattenendo la commozione risponde al piccolo) D’ora in poi, giuro alla madonna di Tagliavia di portarti sempre con me; sei contento?

DAMIANUCCIU

(Scappa di gioia facendo girare la trottola) Si, si, si!

PEPPINA

E ora? Chi glielo dice al piccolo?

VANNI

Arrivo a farmi due passi lì sopra, nella vigna, a distrarre un po’ i pensieri; se doveste cercarmi, chiamatemi (esce).

PIETRA

E’ proprio destino quello di portar la croce! (Si erano avvicinati Bartolo e Melchiorre).

MELCHIORRE

Chi è che ha da portar la croce, donna Pietra? (Pietra guarda Peppina ed abbassa la testa). Che c’è? Che avete?

BARTOLO

E’ successo qualcosa a padron Vanni?

MELCHIORRE

Donna Pietra! Che è successo? Parli! Qui siamo come in famiglia, non c’è bisogno d’aver segreti.

PIETRA

(Scoppia a piangere) Non c’è più mondo! Non c’è più mondo! Ah, Madonna, che vita la nostra!

MELCHIORRE

Si puo’ sapere che cosa è successo e parla?

PEPPINA

La legge… si vuol prendere Damianuccio! Perché… perché…

BARTOLO

La legge? Damianuccio? E che ha da arruolarlo nell’esercito? (Entrano Carmela e Venerina).

CARMELA

Chi è che deve partire militare?

VENERINA

Forse lei, zio Bartolo?

PEPPINA

(Un po’ adirata) Qui, nessuno si arruola e nessuno parte per il militare! Statevi muti! Che è peggiore d’esser scoppiata la guerra.

CARMELA

(Guarda gli altri e nessuno risponde, poi guarda Pietra ch’è triste) Ma… non è che sta male zia Pietra… per caso? (Silenzio).

BARTOLO

Qui, mi pare digiocare ai quiz. Vuol parlare e ci racconta quello che è successo? Pare che ci sia il morto in mezzo la stanza!

PIETRA

(Piagnucolosa) La legge, si vuol pigliare Damianuccio…

MELCHIORRE

Di nuovo!

PIETRA

Perché una madre l’ha riconosciuto… (scoppiando a piangere) per figlio suo!

BARTOLO

Come come? Una madre? Quale madre, se Damiano è sempre stato qui con noi? (Si sente arrivare qualcuno).

 

PIETRA

E chi è, ora? Non facciamo che son già qui le guardie? (Bartolo va a guardare e rientra meravigliato).

BARTOLO

La signora Ninetta!

PIETRA

La signorina Ninetta? E come mai? (Cerca di allontanare gli altri). Avanti, avanti voi, tornate a lavorare che non è proprio il momento di mangiare questo! Andate, andate che poi vi chiamo. (Escono tutti borbottando, tranne Pietra che cerca di ricomporsi per non fare capire quanto è successo).

NINETTA

Buon giorno zia Pietra.

PIETRA

Oh, la signorina Ninetta! Quale piacire! (Le gira attorno) Lasciatevi, lasciatevi guardare… Quanto siete fatta grande, signurinella bella!

NINETTA

Zia Pietra! Non sono più nubile, sono sposata! Lo avete dimenticato?

PIETRA

Ah, mi scusi! Che cosa vuole, è l’età; ci facciamo vecchi e cominciamo col perdere terreno. Ma per me rimarrete sempre una bambina; l’ho vista crescere… anzi l’ho aiutata a crecsere. E… come mai…

NINETTA

S’è visto mio padre? Ho bisogno di parlargli (Pietra abassa la testa); ma, voi… sapete…

PIETRA

Lo so, lo so quello che ha passato e che continua a passare suo padre, ma che possiamo farci? Alla legge non si può andar contro. E lei? Lei nemmeno conosce questa donnaccia che dice di volere Damianuccio?  Vostro padre l’ha cresciuto come fosse figlio suo… se non meglio; e ora, ora come può vederselo togliere da una… che nemmeno conosciamo, non si sa a chi appartiene. Mah, guarda un po’ che sorta di donnaccia, zocco… (si tappa la bocca) Signorina Ninetta, deve scusarmi, ma certe (evidenziato) femmine, fanno perdere il lume della ragione.

NINETTA

Io credo di saperlo già, chi è la donna che vuole suo figlio.

PIETRA

(Facendosi il segno della croce) Oh, sia lodato Gesùcristo! Finalmente! E come si chiama? A chi appartiene? Chi è sta…?

NINETTA

E’… mia madre.

PIETRA

Sua…

NINETTA

Si, proprio lei, ha inteso bene: mia madre. Pare che tempo fa, quando… (quasi piangendo) quando lasciò mio padre, perché era… stanca… si così disse, stanca d’essere la moglie di uno… più vecchio di lei, e che per giunta lavora nei campi; povero papà; la prese a male ricordo.

PIETRA

(Confortandola) Su, signorina Ninetta, non faccia così, se no pure me farà piangere. (Meravigliata) Allora sua madre… è… la madre…

NINETTA

Si, proprio così! E’ anche la madre di Damianuccio. Ma come ha potuto far questo? Quando… (trattenendo le lacrime) quando andò via di casa, i primi anni son stati per lei rose e fiori; mentre per mio padre… povero uomo, solo dolori, dolori e amarezza… Ora… ora si è resa conto d’avere sbagliato… dice. Quel tizio, che non ha mai lavorato in vita sua, la mandava a fare lavori di ogni genere, anche a chiedere l’elemosina; persino la malmenava! E’ piena di lividi sul corpo. Piange, piange e si dispera, si strazia tutta poverina, dicendo d’essere stata una donna ingrata… E’ venuta oggi a casa, ha voluto per forza incontrarmi, parlarmi; io, dopo tante volte che l’ho negata, ho dovuto… non so nemmeno io come, dirle che l’ascoltavo…

PIETRA

(La conforta) Coraggio, signorina.

NINETTA

(Piangendo) Mi supplicava, si tirava i capelli… gridava di voler morire! Come ho fatto, come ho fatto a lasciare Vanni! Ad abbandonare mio figlio! Mio figlio, ripeteva… Io non sapevo che fare, che dirle… Volevo buttarla fuori, lasciarla andare, sola! Come lasciò, allora, solo mio padre… Ma non ci sono riuscita! Non ci sono riuscita zia Pietra, è pur sempre… mia madre.

PIETRA

Basta, basta, si faccia coraggio, signorina! Anche se… a sua madre mi verrebbe d’acchiapparla per i capelli e trascinarla per tutta la stanza. Lei no, lei è la figlia, e per la figlia la madre è sempre madre. E a suo padre, chi glielo dice? E’ andato lassù nella vigna a far due passi… disse.

NINETTA

Lasciate che gliene parli io. Cercherò di persuaderlo a consegnarle il bambino. Capisco cosa proverà; anch’io sono adolorata per la eventuale perdita di Damianuccio, ma credo che il tempo saprà sistemare ogni cosa; intanto ebbene che gliene parli, ora, prima che intervengono le guardie. Vado a parlargli (esce).

PIETRA

Vado a parlargli… dice, comu se fosse facile; io non saprei proprio da che parte cominciare (Si sente girare la trottola ed entra Damianuccio correndo).

DAMIANUCCIO

Zia Pietra, zia Pietra, ti piace che bel rumore che fa?

PIETRA

Assai, assai mi piace! (Tra se) Quanto meno serve a tener lontano i topi e a non fare avvicinare i passeri e mangiare i piselli dell’orto.

DAMIANUCCIO

Zia Pietra, chi è tua madre? Come si chiama? E’ grande come te?

PIETRA

(Rimane impietrita) Chi è… chi? Ma da dove li prendi certi discorsi?

DAMIANUCCIO

Non l’abbiamo tutti una madre, zia Pietra?

PIETRA

E continua, oh!

DAMIANUCCIO

Pure il padre, vero? E zio Vanni… perché nun è mio padre? Io gli voglio bene assai assai; non lo posso avere come padre?

PIETRA

Ma… dimmi una cosa, ti sei svegliato tutto d’un colpo? (Lo abbraccia accarezzandolo) Che è successo a Damianuccio? E… a me, a me non mi vuoi come mamma?

DAMIANUCCIO

Tu… mi piaci come zia. Zio Bartolo dice che la mia mamma se n’è salita in cielo, in mezzo agli angeli.

PIETRA

In mezzo agli angeli, si! (Tra se) A quella neanche i diavoli la vogliono accanto!

DAMIANUCCIO

Che dici? Parla più forte che non sento.

PIETRA

E non stare a preoccuparti che niente ti sei perso.

DAMIANUCCIO

Come te era grande, mia madre, o come zia Ninetta?

PIETRA

E tu, le vuoi bene a zia Ninetta? Sai che è venuta a trovarti?

DAMIANUCCIO

A trovarimi? E dov’è?

PIETRA

Fai conto che arriva; è andata a parlare con suo padre… zio Vanni, lassù nella vigna.

DAMIANUCCIO

Le posso correre incontro?

PIETRA

Che correre e correre!

DAMIANUCCIO

Non prenderti pensiero, zia Pietra, io sono già grande! 

PIETRA

Davvero grande stai facendoti, grande tutto in un colpo, non lo sto vedendo! Vieni, vieni quanto ti lavo prima che scende la signorina Ninetta e non ti conosce per quanto sei sporco.

DAMIANUCCIO

Zia Pietra, una donna che si sposa, non si dice…

PIETRA

Umh, puru lui! Signora, certo! Eh, non lo vedo che ti stai facendo grande! Avanti, avanti ora, a lavare. (Dopo un po’, entrano: Venerina e Carmela che vanno gridando; dopo di loro entrerà Peppina, è molto stanca d’aver corso lungo il viottolo).

VENERINA E CARMELA

Zia Pietra, zia Pietra! Corra! Corra! (Accorre zia Pietra: ha le maniche rimboccate e le mani bagnate; nella mano tiene ancora la spugna con la quale stava lavando Damianuccio).

PIETRA

(Entrando preoccupata) Che fu? Che cosa è successo che andate gridando?

VENERINA E CARMELA

Un colpo, un colpo gli è venuto, poverino!

PIETRA

Che dite? Di cosa parlate?

CARMELA

Padrone Vanni, padrone Vanni! E’ buttato a terra per morto! Non respira più! Corra, corra lei, che la signora Ninetta non sa più che fare!

PEPPINA

(Parlando a stento) L’acqua, si porti l’acqua con dello zucchero, Pietra!

DAMIANUCCIO

(Da fuori scena) Zia Pietra, zia Pietraa! Che fu, non mi lavi più?

PIETRA

Arrivo, arrivo! (A Peppina) Finitelo voi di lavare; e senza dargli a capire niente, che io ora vengo. E… se tornano gli uomini… mi raccomando, non dica niente. (Peppina va da Damianuccio, mentre Pietra va a prendere un bicchiere con dell’acqua e un po’ di zucchero; la segue, passo passo, Venerina).

VENERINA

Io vengo con lei, zia Pietra. (Escono premurose)

CARMELA

(Stupita di quanto sta avvenendo e senza che ne ha capito la ragione) Che sorta di giornata! E quanti misteri! Che mi seccasse la punta della lingua se ho capito una parola di quello che sta succedendo! E la signora Ninetta, come mai era nella vigna con suo padre? E perché piangeva? Che forse, il marito… s’è messo con un’altra e… ha lasciato pure lei?

PEPPINA

(Entra tenendo in braccio, avvolto da un asciugamano, Damianuccio; lo mette in piedi su di una panca, continuando ad asciugarlo). Ah, tu qui sei rimasta? Che fai? Parli… sola?

CARMELA

Zia Peppina, lei niente sa? Mi vuole aiutare a capire? E a zio Vanni che cosa gli è preso? (S’accorge in ritardo che Damianuccio possa capire). Oh, lui qui era?!

DAMIANUCCIO

Zia Peppina, che dice Carmela?

PEPPINA

(Cerca di cambiarle discorso) Che gli è preso? Che gli hanno preso! E… che ne so! (A Damianuccio) Niente, dice che a zio Vanni gli hanno rubato qualcosa… che so… la zappa, la vanga, o pure… (A Carmela) Senti che fai, vai a vestire Damianuccio e gli racconti la storia del granchio d’oro… e senza mettergli paura! Poi lo fai dormire un pò.

DAMIANUCCIO

Tu, zia Peppina, raccontamela tu la storia che io non ho paura.

PEPPINA

Io non mi ricordo come finisce; Carmela la sa tutta invece; è vero, Carmela… che la sai tutta la storia?

CARMELA

(Stava dicendo di non saperla, ma poi si ricorda che deve recitare) Ma quale… Si, si, tutta, tutta la so, sino a quando si scioglie l’incantesimo!

DAMIANUCCIO

Per davvero? E il bambino, come si chiama il bambino? A sua madre la trova finalmente? (Triste) Pure io vorrei trovarla mia madre.

CARMELA

(Guarda meravigliata Peppina) E allora! La vuoi sentire la storia, si o no? Però prima della storia ti dici le preghiere, se no poi t’addorementi, e… (Va a prenderlo per mano e lo conduce dentro).

PEPPINA

Come si vide che Damiano va facendosi grande e capisci di più. Ora comincia il bello! Mah! Vedremo come andrà a finire. Quanto arrivo ad aiutare gli altri, se no… chi li sente. (Esce. Dopo un po’ si sente rumore di carretto; è Andrea che va cantando).

ANDREA

(Entra guardingo mentre si sente Damianuccio ripetere una preghierina)

DAMIANUCCIO.F.SCENA

Io mi corico in questo letto, / con Gesù dentro il mio petto; / se io dormo, egli veglia, / e se c’è cosa mi risveglia

ANDREA

Zia Pietra, zia Pietra! (Va a guardare, mentre entra Carmela e la va ad abbracciare). Carmela mia bella!

CARMELA

(Cerca di divincolarsi) No, lasciami, lasciami che c’è Damianuccio! E poi… possono arrivare gli altri.

ANDREA

E allora! Non lo sanno gli altri che siamo fidanzati? Che cè di male se ti do un bacio? (Si sente arrivare qualcuno, e Carmela si ricompone).

PIETRA

Andrea! Tu, qui?

ANDREA

Ho portato… ma zio Vanni… non cè? Non glielo ha detto, dove…

PIETRA

Zio Vanni, si! Ha di meglio cui pensari, pover’uomo.

ANDREA

(Carmela guarda cercando di capire) Allora… lei…

PIETRA

Tutto, tutto so. Che vergogna! Me l’ha raccontato la signorina Ninetta…

ANDREA

Ma… non si è sposata?

PIETRA

Signora, signora si! Sono io che continuo a sbagliare. Mi disse tutto; ora lei è qui da suo padre a parlargli e ad aiutarlo a capire, ma… (s’accorge di Carmela che sta ad ascoltare) Carmela, Damianuccio dov’è?

CARMELA

(Che ha capito di dovere andar via, s’imbroncia) La dentro, la dentro è, non se ne faccia pensiero! S’è addormentato mentre diceva le preghiere.

PIETRA

Senti che fai, figlia, stagli vicino, chi sa potrebbe svegliarsi, pensando alla storia del granchio d’oro. Su, vai, che aspetti?

CARMELA

(Stizzita) Per lei ogni scusa sempre buona per allontanarmi (si avvia borbottando). Come se fossi ancora una bambina (esce).

ANDREA

Zia Pietra, per questo l’h mandata, o per non sentire di padrone Vanni?

PIETRA

Certe storie sono meglio non saperle. E’ bello che la moglie abbandoni il marito per un altro uomo? Queste cose influenzano, lasciano pensare.

ANDREA

Ma io a Carmela le voglio bene, e magari lei me ne vuole molto.

PIETRA

Andrea, tu certi momenti mi sembri proprio un broccolone; dimmi una cosa, ne hai mai visti fidanzati che si baciano, si coccolano e promettono di lasciarsi dopo il matrimonio? Tu, a Carmela cosa le dici? Che le vuoi bene, che nessuna è meglio di lei, che l’amerai per tutta la vita, e tante altre belle cose; mentre poi… andate a prendere in giro pure a (si segna) Gesù Sacramentato.

ANDREA

Cosa c’entriamo Carmela ed io in questo discorso?

PIETRA

Sapessi tu, figlio, quanto mi auguro che fosse così! E vorrei che magari gli altri fossero onesti con la propria persona… no che dopo… prendi quel pover’uomo di padrone Vanni…

ANDREA

Zia Pietra, lei parla mietendo: quando si miete, la falce taglia di tutto; e poi, quando si fanno i fasci, ci si accorge, che in mezzo al frumento c’è: qualche filo d’erba, qualche papavero… persino qualche filo di veccia si trova. E meno male che la gramigna è bassa e la falce non riesce a tagliarla, se no ne avremmo da raccontare. Forse, lei vuole dire che queste son disgrazie che possono prendere tutti?

PIETRA

Disgrazie che prendono solo quelli con gli occhi attuppati, che dormono; poi, qualcuno si sveglia, apre gli occhi… libberandosi di quel sogno, e s’accorge d’aver perso quel bene che aveva. Eh, quanto siam falsi, caro Andrea! Il bene… come dice spesso Bartolo, è dentro di noi stessi, e dobbiamo solo saperlo coltivare; è brutto quando ci accorgiamo d’averlo perso del tutto.

ANDREA

Sante parole sono, zia Pietra; è solo che… certe cose non dovrebbero succedere mai! Allora, dove scarico le cose che ho sul carretto?

PIETRA

E che ne so io! E che sono queste cose che hai portato?  

ANDREA

E… bauli con biancheria, pezzi di mobili... insomma, padrone Vanni si è deciso a venire ad abbitare per sempre qui in campagna; dice che l’aria del paese non lo giova più, e avoglia che la signora Ninetta cercava di persuaderlo, anzi! Più lei parlava e più, lui mi faceva riempire il carro di cianfrusaglie.  

PIETRA

E bene, bene ha fatto. Senti che fai, apri il palmento, vedi di fari un pò di spazio in qualche angolo e gli scarichi tutto, che dopo sistemo. Ah, fatti aiutare da Carmela; aspetta, aspetta che la chiamo, (si avvicna a chiamare Carmela in modo che Damiano non possa svegliarsi). Carmela, Carmela… (Entra Carmela) Aiuta Andre a scaricareil carro, e… mi raccommando, cantate, cantate quanto possa sentirvi, mentre siete di la’. (Escono. Pietra sistema un po’ quanto si trova su l’aja, mentre si sente cantare con intervalli di lunghi silenzi). Che canto strano! (Riflette un pò) Niente, sicuramente non ricordano le parole della canzone…(si ferma intuendo d’avere capito) O quanto sono gnoccolona… certo! Certo! Si amoreggiano! Prima avrei dovuto capirlo! (Si avvia dai due, chiamandoli). Andrea, Andrea! Carmela, oh Carmela! Ah ch’è, non sentono più! (Esce chiamando ad alta voce, mentre si va chiudendo il sipario del secodo atto) Andrea! Carmela!

FINE   SECONDO  ATTO

TERZO  ATTO

(Scena medesima)

DAMIANUCCIO

(Si sentono parlare fuori scena Damianuccio e Bartolo) Zio Bartolo, zio Bartolo, mi fai giocare alla carriola?

BARTOLO

Basta che tu non dici niente a zia Pietra!

DAMIANUCCIO

Giuro, giuro per santa ventura.

BARTOLO

(Monotono) Suo padre piscia, e sua madre misura.

DAMIANUCCIO

(Scandalizzato) Ah, zio Bartolo! Non si dicono le brutte parole.

BARTOLO

E si, si, avanti, vieni (entra Bartolo che tiene per i piedi Damianuccio il quale si aiuta a camminare con le mani come fosse una carriola. Camminando verso il centro dell’aja, ripetono, cantilenando il verso di “granciu d’oru”) Granchio d’oro / dove sei?

DAMIANUCCIO

Sono dentro / una gran tana.

BARTOLO

Se ti tocco / che succede?

DAMIANUCCIO

L’incantesimo / si scioglie. (Si fermano) Zio Bartolo, perché zia Pietra non vuole che giochiamo a fare la carriola?

BARTOLO

Perché dice che ti sale il sangue in testa.

DAMIANUCCIO

Mi sale? Mi scende, se sto con la testa (fa il verso) così!

BARTOLO

Questo non vuol dire niente, perché il sangue, per affluire al cervello, sale, e se in quel momento tieni la testa in giù… come dici tu, è segno che affluisce più forte, ma sempre salire si dice. 

DAMIANUCCIO

Zio Bartolo, vuoi sapere una cosa?

BARTOLO

Sentiamola.

DAMIANUCCIO

Mi hai fatto confondere tutto e non ho capito niente.

BARTOLO

Ecco, vedi! Non hai capito niente perché t’è salito il sangue in testa. (Entrano, venendo dalla casa di Vanni: il dottore, Pietra e Ninetta). Oh, dottore!.

DOTTORE

Buon giorno, Bartolo; ciao Damiano.

BARTOLO

(Alla signorina Ninetta) Come sta suo padre?

DOTTORE

Pare che vada riprendendosi. (Poi si rivolge alle donne) Donna Pietra, mi raccomando: mangiare leggero, le gocce mattina e sera, e… quello che più conta è…

PIETRA

Massima tranquillità! Dottore me lo ha ripetuto un centinaio volte; non si preoccupi, che qui l’unico rumore che c’era, era la trottola di Damianuccio, ma… il piccolo, da poi che a padrone Vanni  gli dava disturbo, è come se non l’avesse mai avuto.

DAMIANUCCIO

L’ho nascosta, dottore, l’ho nascosta sotto il letto.

DOTTORE

Bravo! Sei davvero un bambino giudizioso. (Si rivolge a Ninetta) E lei, veda se può essergli più vicino a suo padre … almeno per ora; lo aiuterebbe tanto. Ha molto bisogno di sentire accanto a se i suoi cari. (Agli altri) vedrete che si riprenderà subito.

NINETTA

Non si preoccupi dottore, ne avevo già parlato con mio marito, che, tra l’altro è andato fuori per lavoro, quindi io starò qui con mio padre.

PIETRA

Bartolo, chiami Andrea che accompagna il dottore in paese. (Al dottore) Non è una carrozza, ma… è sempre meglio che caminare a piedi.

DOTTORE

Devo invece dirle ch’è una bellissima esperienza quella di viaggiare su di un… carretto… (A Ninetta) mi pare che si chiami così?

NINETTA

Si, proprio così, dottore, carretto; e devo dirle che anche a me piace viaggiarci spesso.

DOTTORE

E poi Andrea mi ha raccontato tante di quelle belle cose della campagna, cose che avevo solo letto sui libri di scuola. Mi raccontò anche di una storia che sa di un fascino misterioso… parlava di un bimbo trasformato in granchio d’oro, da una tarantola che tesseva la tela proprio sulla sorgente. Che fantasia popolare! (Ride, mentre Entra Andrea).

ANDREA

Dottore, fossi in lei non riderei proprio di queste cose, in ogni storia c’è sempre una parte di verità. E allora, siamo pronti?

DOTTORE

Su, smettila Andrea! Posso capire (indicando Damiano) lui; ma tu (facendo con la mano il segno che è molto cresciuto). Beh, (alle donne) noi andiamo. (Ad Andrea) Vuol dire che ne riparleremo strada facendo di questa storia. Arrivederci a tutti (a Ninetta) e… tanti auguri ancora.

NINETTA

Dottore, se dovessi avere bisogno…

DOTTORE

Quando volete; fosse anche di notte.

ANDREA

Signora Ninetta, lei non scende in paese?

NINETTA

Rimango un paio di giorni con mio padre; mio marito già lo sa, non serve che passiate ad avvisarlo. Fate buon viaggio (i due si avviano).

ANDREA

Grazii, signora Ninetta; a domani allora (escono; il dottore dimenticherà la borsa).

PIETRA

(A Bartolo, intento a riparare un arnese da lavoro, mentre Damiano l’osserva attentamente) Bartolo, vada a riempire la brocca alla “cascata”, ch’è non ce n’è nemmeno una goccia d’acqua.

DAMIANUCCIO

Zio Bartolo, me lo porti un granchio bello grosso come quello di ieri?  

PIETRA

(Adirata) Non perda tempo ancora coi granchi, Bartolo! Le ho appena detto che l’acqua è finita tutta.

BARTOLO

(A Damianuccio) Senti? Vuol dire che li cercheremo assime un altro giorno. (A Pietra) Zia Pietra, un lampo: vù! E torno (Bartolo va a prendere il recipiente tutto indolenzito, ed esce).

PIETRA

(A Ninetta, ironica) Un lampo: vù! Speriamo che ritorna.

NINETTA

Eh, i dolori! Sono questi i frutti peggiori della campagna! Mi spiega, zia Pietra, perché quando si va a riempire la brocca, si dice sempre “alla cascata?” Mio padre dice sempre “sorgiva”.

PIETRA

Giusto dice suo padre, “sorgiva”, perché l’acqua è la che si prende dove sorge; la “cascata”, invece, serve a specificare l’acqua che scende dalla tenuta di “Turdiebbi” (contrada)… Il ruscello è pieno di sorgenti, è quella è la migliore della contrada. Ora forse è meglio tornare da suo padre, se no chissà cosa pensa che stia dicendoci il dottore, e si preoccupa.

NINETTA

Ragione ha. Andiamo. (A Damiano che era intento a continuare il lavoro che stava facendo Bartolo) Damianuccio, tu non vieni?

DAMIANUCCIO

Ora vengo, il tempo di finire d’aggiustare questo coso. (Escono, ed entra, guardinga, una donna avvolta da uno scialle).

GRAZIA

Eih, tu, piccolino! (Damiano sussulta) Non avere paura, io sono…

DAMIANUCCIO

Mi ha fatto spaventare. E… lei chi è? Aspetti che chiamo zia Ninetta (fa per avviarsi, ma la donna lo ferma).

GRAZIA

Lascia stare, non chiamare nessuno.

DAMIANUCCIO

E allora… che cosa vuole?

GRAZIA

Niente, solo parlare con te.

DAMIANUCCIO

Con me? Io non la conosco!

GRAZIA

Lo so. Dimmi, come sta…

DAMIANUCCIO

Zio Vanni? Meglio, meglio sta. Il dottore dice che deve stare calmo e non deve sentire rumori; ma… lei…, come fa a sapere chi sono, e conoscere pure zio Vanni? Chi è lei?

GRAZIA

(Quasi risoluta a confessare) Io sono… (ci ripensa) una donna, soltanto una donna che vaga in giro di qua e di la’ in cerca di bene.

DAMIANUCCIO

Ah! Lei va chiedendo elemosina? Zio Vanni la fa a tutti, dice che in questo mondo si deve fare sempre del bene, sino a che siamo vivi.

GRAZIA

E tu, gli vuoi bene a… (quasi piangendo) zio Vanni?

DAMIANUCCIO

Maglio di mio padre… e di… (si ferma pensieroso)

GRAZIA

Tua madre… vuoi dire?

DAMIANUCCIO

(Fa le spallucce) Tanto non so nemmeno chi è mia madre. (S’accorge che sta piangendo) Ma lei… lei piange! Aspetti, aspetti che chiamo zia Pietra, che lei sa come fare quando uno si sente male.

GRAZIA

(Abbassata in ginocchio davanti al piccolo) No, aspetta, aspetta non serve, ora… io me ne vado; mi basta, mi basta solo l’averti visto.

DAMIANUCCIO

E l’elemosina… non la vuole più l’elemosina? (Lo abbraccia, le cade lo scialle e lo mette li, a terra in un angolo; lo dimenticherà quando andrà via. Entra fra Girolamo, avviandosi sul proscenio, mentre Grazia continua, come se parlasse al piccolo).

FRATE GIROLAMO

Mi basta solo l’averti visto… voi pensate che a una madre… ingrata per quanto possa esser stata, con tutti gli sbagli che ha potuto commettere, può bastare solo l’avere rivisto e dopo tanti anni il figlio che lasciò appena nato qui, in questo posto? E il figlio, se sapesse che quella è la madre che ha tanto pensato, credete che si fosse contentato anch’egli, d’averla solo rivista? E padrone Vanni, se veramente sapesse di esser lui il padre di Damianuccio? La vita… non se ne capisce la ragione, spesso si diverte a combinare brutti scherzi; sta a noi, tra dolori e dispiaceri, cercare di dargli un senso a tutto quello che succede (esce).

PEPPINA V.F.C.

(Si sente arrivare Peppina che va parlando con le ragazze). Nessuno, non si è ancora fatto vivo nessuno!

CARMELA V.F.C.

E non si sa, ancora, chi è questa donna che dice di essere la madre di Damianuccio?  

VENERINA

(Entrano parlando e s’accorgono, sbigottite, di lei) E zio Vanni, che…

GRAZIA

Scusate, stavo per andare.

PEPPINA

(Meravigliata) Lei, qui! (Guarda in cielo facendosi il segno della croce, mentre le ragazze si mettono la mano davanti la bocca scandalizzate) Come hai potuto, Signore, permettere questo? (Entra Pietra).

PIETRA

Donna Peppina, che cosa è successo? (Guarda dove guardavano le tre donne, e s’accorge anch’ella di Grazia, e rimane stupita) Ancora lei? Non le è basta quanto ha già combinato? Non è contenta ancora d’aver buttato un sant’uomo in un fondo di letto? Che cosa vuole ancora? Ha avuto la sfrontatezza di ricorrere alla giustizia! Per chi? Per che cosa? Non si rischi a toccare il bambino, sa! (le toglie d’accanto Damiano e lo da alle ragazze perché lo portassero via; eseguono uscendo, mentre Damiano saluta con la mano Grazia) se no vero le scippo i capelli! Con quale coraggio è venuta sin qui?

GRAZIA

Col coraggio di una madre che cerca suo figlio.

PIETRA

Quale madre? Qui, noi siamo le vere madri di suo figlio: uomini e donne. Quelli che hanno avuto grossi pensieri; quelli che hanno avuto la santa pazienza d’insegnarlo, quelli che hanno perso il miglior sonno della notte… Lei, dov’era lei quando il bambino si svegliava piangendo per le doglie, la tosse, o sogni strani?  Dov’era, quando padrone Vanni… sant’uomo, di notte e notte partiva per il paese a prendere medicine e punture per la febbre di suo figlio?

 

GRAZIA

Basta, basta! Per carità, basta… so d’avere sbagliato, d’esser stata una madre ingrata, libertina pure, se volete; ma basta vi prego.

PIETRA

(Adirata) Vada, vada via! Lei non è madre! Diavolo è! (A quelle grida, entra Ninetta, s’accorge di sua madre, e rimane anch’essa meravigliata).

NINETTA

Mamma, tu qui! (A Pietra) Non gridate, che mio padre è di la e può sentire.

GRAZIA

Come sta… tuo padre?

NINETTA

Smettila, mamma! Che non è più tempo di recite questo! Vattene, che io sto finendo di persuadere mio padre a darti tuo…

GRAZIA

Tuo fratello, vuoi dire?

NINETTA

Damiano non è mio fratello!

GRAZIA

(Quasi piangendo) E invece si! E’ tuo fratello!

NINETTA

(Urlando di disperazione) No! No! No! Vattene adesso! E lasciaci in pace per una volta e per  sempre.

GRAZIA

Ninetta, tu parli di figlia, e no di madre; e io… capisco e me ne vado, si; solo una cosa vi chiedo: (s’inginocchia) il perdono… Oggi corre l’anno che lasciai qua mio figlio. Quante volte avrei voluto correre, scappare da quell’uomo che fu la mia rovina, e venire qua… stringere tra le mie braccia Damianuccio, te che t’ho cresciuta… Dio solo sa con quale amore, abbracciare tuo padre chiedendogli perdono; tante volte provai a farlo, e poi… a metà strada tornavo indietro. Il coraggio m’aveva già abbandonata da tempo; è stato grosso lo sbaglio che ho fatto. Ora son qui come vedi, per cercare di dare, a questa che fu la mia famiglia, tutto il bene maturato nel mio cuore. Non ditemi di no, vi prego, pensateci.

NINETTA

Pensateci dici, come se fosse facile; il colpo che ha subito mio padre, è stato grandissimo. (La guarda un po’ commossa) Dammi almeno un po’ di tempo.

GRAZIA

Si, figlia mia (l’abbraccia). E in quanto a Damiano… ti appartiene, non dimenticarlo… è di tuo padre, figlio. (Pietra si stupisce).

NINETTA

Ma…

GRAZIA

Una cosa avete in comune tutti e tre; ma vedo che non ci avete mai fatto caso, è: la voglia… così la chiamavano i nostri padri, una piccola voglia a forma di lenticchia a l’inguine. (Pietra e Ninetta rimangono stupiti). Donna Pietra, che è, si meraviglia, diceva d’averlo cresciuto lei Damianuccio.

PIETRA

Io pensavo fosse solo un caso, quando vidi questa piccola macchia a Damianuccio, proprio nello stesso posta della signorina Ninetta, non sapevo che pure padrone Vanni…  

GRAZIA

La saluto, donna Pietra, e mi auguro che anche il suo cuore possa capire e perdonarmi. (Abbraccia Ninetta) Mi auguro, figlia, che tuo padre si rimetta presto, e che anche tu possa trovare la chiave delle parole per potere aprire la porta del suo cuore e darmi la possibilità di riprendere quel posto vuoto che tanto desidero (esce).

PIETRA

(Rimane a guardare dove è uscita Grazia, poi, lentamente, guarda Ninetta) Signorina Ninetta, ho capito bene? Non è che ho fatto un sogno? Allora… Damianuccio è suo fratello, figlio di… (Decisa) Non si rischi… per ora, a parlarne con suo padre, perché il cuore… Bum! Un bottu gli fa! E avoglia di rimanere a letto!

NINETTA

(Pensierosa) E chi glielo dice!

PIETRA

Certo, la cosa è fresca fresca e non mi viene di dare sentenze; però, io, se fossi veramente sicura che… (ironica) alla signora, mi scusi signorina, è che certe cose escono da qui… (facendo il verso d’uscire dalla pancia) nostro Signore le avrebbe illuminato il cervello, io,  al posto di suo padre… insomma… non è (alludendo a Grazia) che sarebbe tanto sbagliato se… (avvicinando le due dita indici come a volere far capire di rimettersi insieme) che, tra l’altro e per fortuna… (ironica) sempre della signora, è ancora cotto per lei!

NINETTA

Ma che cotto e cotto! Caso mai… le vuol bene. Questo è vero, posso giurarlo.

PIETRA

E questo… caso mai, come dice lei, noi popolani lo chiamiamo bollire, cuocere, insomma! Capisce? (Entra, sorretto da un lungo bastone di legno, Vanni che ha sentito e capito tutto).

VANNI

Avete finito col taglio e cucito, tutte due?

PIETRA

(Tra se) Oh, lui qui era!

NINETTA

(Preoccupata)Papà! Tu qui? Allora…

VANNI

Si, dietro la porta sono stato, e non mi è sfuggita nemmeno una virgola; e ho pensato… chissà se pure io…, magari tradito dalla rabbia, o di quello che noi chiamiamo onore,  non ho commesso qualche errore non cercandola, tua madre. Brutta cosa è quando per noi parla la bocca della rabbia e ci nascondiamo all’ombra dell’orgoglio. (Si sentono arrivare i contadini e le ragazze che vanno cantando).

PIETRA

(Come a volersela prendere con i contadini) Quelle stanno sempre a cantare! Aspetti… (sta per avviarsi, ma Vanni la invita a restare).

VANNI

Donna Pietra, lasci stare, e li lasci cantare; il canto è momento di gioia, spensieratezza, è il momento che ci avvicina di più alla vita.

MELCHIORRE

(Entrano e smettono di cantare guardandosi meravigliati) Oh, padrone Vanni, come son contento di vederla in piedi! Carmela e Venerina m’avevano…

VANNI

Fatto spaventare?

PIETRA

Quale spaventare e spaventare! Padrone Vanni è lignaggio antico, stagionato!

VANNI

Lignaggio vecchio, dica pure lignaggio vecchio.

MELCHIORRE

Chi cosa dice, padrone Vanni! Lei, di vecchio ha forse le scarpe, o la copertura del palmento, che, tra l’altro, si deve riparare; per altro… sebrate più giovane di noi tutti.   

CARMELA

A proposito di giovani! Dov’è Damiano? Non è tornato, ancora?

PIETRA

Damiano? Ma… (A Carmela e Venerina) non era con voi due?

VENERINA

Disse che andava da zio Bartolo, all’acqua; perché zio Bartolo non è ancora tornato?  

PIETRA

No, ancora no.

VANNI

Non prendetevi pensiero che a momenti arrivano cantando; tutti e due sono come lo spago e la trottola

PEPPINA

Ah, questo è vero, padrone Vanni! Neanche un padre farebbe quanto fa Bartolo con Damianuccio, gli perde il suo miglior tempo. 

PITRINA

(Agli operai) E voi, non è che siete tornati per… mangiare? Io non avevo ancora preparato niente.  

VANNI

(Gli operai si guardano e non sanno che rispondere; Vanni interviene) Donna Pietra, lei non dice di saper fare  le schiacciate con acciughe, pomodoro… cosa dice se…? (Gli altri si guardano contenti).

NINETTA

Mah, papà! Il dottore ha detto…

VANNI

Il dottore, si! E’ il nostro stato d’animo il vero dottore! Ed io ho da dirvi che comincio a sentirmi meglio, anzi, sapete che cosa facciamo? (Indicando Melchiorre) Tu, vai alla mandria lassù in montagna, e ti fai dare uno dei più grossi agnelli. Lo fai scuoiare e squartare, che dopo le schiacciate, si riscalda il forno e lo lasciamo cuocere con le patate. Stasera facciamo nottata! (Si guardano meravigliati) Su, lesto, che aspetti? Glielo dici che dopo passo io a pagare.  

MELCHIORRE

(Allegro, strofina le mani) E allora… (contento, e strofinandosi le mani, si avvia) è segno che stasera si beve!

PIETRA

(Le donne si guardanu stupite) Padrone Vanni, ma… è sicuro di sentirsi bene… vero?

VANNI

Mi sento d’affrontare qualsiasi cosa!

PIETRA

(Guardando Grazia) Qualsiasi cosa… qualsiasi cosa?

VANNI

Bah, donna Pietra! Neanche lei mi sembra! Se le sto a dire qualsiasi cosa, vuol dire tutto! (Pensieroso) Perché… per caso…

PIETRA

(Subito) Quale perché e per caso! Niente, era solo un modo di dire. (Si sente un rumore di carretto).

VANNI

Questo non è il rumore del carretto di Andrea?

PIETRA

Si, lui è! Sicuramente il dottore avrà visto che gli mancava  la borsa e son tornati a prenderla; vuol dire che saremo di più a mangiare. (Alle ragazze) Su, ragazze, al lavoro! Una alimenta il forno e l’altra impasta. Le, zia Peppina, le aiuti a preparare (si avviano. Preoccupata). Quei due, si saranno messi a cercare i granchi! (Entra Andrea, è un po’ preoccupato).

ANDREA

Oh, padrone Vanni! Si è già alzato? (Si avvicina a Pietra e la conduce in disparte per non fare sentire a Vanni e agli altri, mentre entra il dottore.)

DOTTORE

(Meravigliato, a Vanni) Padrone Vanni! (A Ninetta) Ma…

NINETTA

Niente dottore, (Andrea parla con pietra un po’ animatamente, Vanni s’accorge e vorrebbe capire, poi Andrea va a prendere quanto a veva dimenticato Grazia e sta per andare) dice di sentirsi meglio e ha preferito alzarsi perché… dice di volere mangiare con noi.

VANNI

(Chiama Andrea che stava uscendo) Andrea, dove vai? E… di chi è quello scialle che hai in mano?

ANDREA

(Vorrebbe sviare il discorso) Ah, questo? No… questo… niente! E’ della signora Ninetta! Mi aveva incaricato di prtarglielo in paese, e… ho dimenticato a prenderlo!  E’ vero, signora Ninetta?

NINETTA

(Cercando di stare al gioco) Vero è! Sai che non me ne ero accorta che lo avevi diemnticato?

ANDREA

Lo metto sul carretto, così è sicuro che sta volta non lo dimentico (si avvia).

VANNI

Andrea, non vedi che c’è il dottore! Cosa gli dai a pensare? L’ospitalità, è sacra! Dille che entra. (Si guardano tutti stupefattii).

DOTTORE

Certo! E devo ammettere, padrone Vanni, che lei, pur essendo… come dire… una persona… di campagna, possiede una delle migliori lauree che neanche cento facoltà avrebbero potuto conferire: la laurea in uomo. A che serve essere Dottore, Ingegnere, Avvocato, Architetto se abbiamo perso la laurea migliore; è in uomini che bisogna prima di tutto laurearsi! E’ questo che dovrebbe insegnare la scuola e noi ai nostri figli: la tabellina dei valori.

NINETTA

(Entrano Andrea e Grazia la quale è molto timida, impacciata) Mamma!

GRAZIA

Io… ero solamente…

PEPPINA

(Entra allegra e poi, vedendo Grazia, diventa seria d’un colpo) Pronto, che si (Si fa seria) mangia! (Tra se, girandosi) Forse.

VANNI

Dottore, ci da questo piacere, di averlo a tavola con noi? Le donne hanno preparato due schiacciatine… cose di campagna.

DOTTORE

Veramente, avevo altre visite d’andare a fare, ma, visto che (a Vanni) anche lei, a quanto pare, mangerà queste “schiacciatine”, io, sarò  (evidenziato) quello che deve controllare ciò che (alludendo a Pietra e a Ninetta, e detto quasi sillabato) altri, avrebbero dovuto fare. (Entra Bartolo con il recipiente pieno d’acqua sulle spalle).

BARTOLO

(Guarda Grazia meravigliato, poi s’accorge di Vanni) Padrone Vanni! Lei già… (accorgendosi anche del dottore) Benediciti (un saluto contadino), dottore! (cerca di togliersi dall’imbarazzo) Ch’è, ci ha ripensato? La vuole un po’ d’acqua fresca di Parco vecchio? (Molto poetico) “Acqua di sorgente, / fresca e salutare; / di gran mali te ne priva, / e il culo fa cantare! (Ridono).

PIETRA

Zio Bartolo, assai lunga la sa! (S’accorge della mancanza di Damianuccio, va a guardare e vede che non c’è) Bartolo, ma Damianucio non c’è?

BARTOLO

Damianuccio? No! Non l’ho visto!

PIETRA

Venerina disse che veniva a trovarlo!

BARTOLO

Non so cosa dirvi. (Entrano: Venerina, Carmela ed Andrea che era andato ad aiutarle a preparare per il forno; portano delle brocche di vino).

CARMELA E VENERINA

Pronto che a momenti si mangia!

PIETRA

Leste, leste! Mettete qui a terra e gridate a Damianuccio. (Chiamano Damiano il quale risponderà da lontano).

VENERINA E CARMELA

(Gridando) Damiano! Damiano!

DAMIANUCCIO

Arrivo! Arrivo, sto venendo!

VANNI

(Tranquillizzando Pietra ed altri si mettono a sedere a terra, sulla paglia, qualcuno verserà da bere, qualche altra in qualche panca e su qualche mazzo di fieno; Grazia rimane all’impiedi imbrazzata). Che cosa vi dicevo! Damiano, oramai, va facendosi un ometto giudizioso.

GRAZIA

(Sempre impacciata) Io veramente… avrei d’andare a…  

VANNI

(Al dottore che era rimasto a guardare) Niente dottore, non le fate caso, lei scherza.

NINETTA

Su, mamma, ancora! Non hai capito che papà vuole che rimani? (A suo padre che li guardava) Eh! (Iniziano a mangiare e Ninetta, che era vicino suo padre, gli fa la prima domanda) Papà, posso farti una domanda? (Vanni Annuisce) Ma… tu… nel… come si dice… a si nell’inguine, non è che hai una voglia a forma di lenticchia?

VANNI

(Meravigliato) E… tu, come fai a saperlo?

NINETTA

Niente, niente, lascia perdere. Mangiamo piuttosto, che poi Melchiorre ci narra…

MELCHIORRE

Io non vi narro un bel niente! E la storia… se proprio volete saperlo, non è per niente vera! E’ tutta inventata! (Si sente Damianuccio che cantilena le paroledi “granchio d’oro”).

DAMIANUCCIO

(Entra tenendo in mano un granchio d’oro) Granchio d’oro / dove sei?

BARTOLO

Sono dentro una… (Tutti, compreso il dottore, rimangono sbalorditi, a guardare quel granchio d’oro, e non sa cosa rispondere).

DAMIANUCCIO

Zio Vanni, (mostrando il granchio) Vedi? Vedi che l’ho preso? Era sotto una pietra. E questo… (Esce a prendere per mano un ragzzino, il quale si fermerà sulla soglia, un ragazzino vestito con indumenti, anni, fine ottocento, è come se avesse paura degli altri;  si guarda attorno, rappresenterà il bimbo trasformato, e finiscono di imbambolare tutti, mentre qualcuna sviene dalla paura) è un amico mio; era seduto accanto alla sorgiva che mi guardava.. 

CARMELA

Oh, no!!! (Sviene  con Carmela e qualche altro, a soggetto; mentre Andrea si premura a soccorrerle; rimangono tutti bloccati ed entra fra Girolamo, e  recitando in forma poetica, si va chiudendo il sipario. A piacere, si sentira il canto campestre di tutti).

FRA GIROLAMO

                                   Tempo di frumento,

                                   tempi di una volta;

                                   quando la fame e l’appetito

                                    companatico del pane asciutto,

                                   bussavano per le case del paese

                                   tutti i giorni d’ogni mese.

                                   Boccucce aperte per sbadigli;

                                   baci di mamma ai loro figli.

                                   Sul giaciglio di paglia

                                   unita dormiva la famiglia.

                                   Gira il mondo sopra di una ruota;

                                   conta e si racconta: c’era una volta.

                                   Storie di fascino, ricche di mistero,

                                   che a tempi d’oggi non sembra vero;

                                   ma io che fui e c’ero,

                                   solo una cosa voglio ricordare:

                                   la ricchezza non è il cibo e il denaro,

.           è l’amore vero che nasce d’ogni cuore.

Sipario