La luce di S. Agnese

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Mistero

di Roberto BRACCO

da IL DRAMMA n. 236 - Maggio 1956

LE PERSONE

PADRE BERTRAND

MICHELE

TOINETTE


In una piccola comunità della Louisiana si racconta la vita e il lavoro di una certa Agnese, che spese tutta la sua fortuna per fare del bene.

Era l'ultima creatura di una famiglia illustre; e la sua biografia ci informa che aveva un carattere di straordinaria forza e bellezza  e un fervido intelletto. Sulla cima di una collina vicino alla sua casa un convento: là ella si ritirò ancora giovanissima e dopo un anno morì. Aveva eretto una cappella alla Santa di cui portava il nome; nella cappella fu sotterrata. Il popolo ricorda ancora con riverenza e con amore le sue opere.

L'interno di una capanna nelle vicinanze del vil­laggio Bon Hilaire nella Louisiana. La capanna è situata ai piedi della collina dove sono il con­vento e la cappella di Santa Agnese. È una camera squallida, misera, sporca. Le trac­ce indicano che, una volta, era adibita a bettola. In un canto, nel fondo a destra, è rimasto il vecchio banco; e qualche fiasco e qualche botti­glia, vuoti, sono appoggiati alle pareti. Nel centro, una porta; a sinistra, una finestra; vicino alla porta, un rozzo sgabello che serve da lavamano. Una piccola conca di zinco sta sullo sgabello e a terra è una brocca pure di zinco. Al muro è appeso un asciugamani. A basso, verso destra, una tavola. Appoggiata al muro, una credenza con alcuni piatti. Altra mo­bilia corrosa e rotta. Qualche seggiola sciancata. Vicino al centro della  scena,  un  tettino,  orien­tato in linea diretta alla finestra. Quando il sipario si alza c'è poca luce; si sente il tuono, che brontola e rumoreggia. È notte alta. Toinette è stesa supina nel lettuccio e dorme pe­santemente. È mezzo vestita, ha una sottana e una camicetta stracciata. I capelli, lunghissimi sono sciolti.  È avvolta in una vecchia coperta che scende sino a terra. Un braccio sostiene, ne­gligentemente, la testa. Lungo silenzio.

TOINETTE                  (si desta e piano piano, va verso la porta e apre: padre Bertrand entra. La ragazza si  muove  indolentemente.  Ella  appare piuttosto alta e ben proporzionata. Ha i capelli bellissimi, rossi. Il suo viso è alquanto  volgare.  Una bel­lezza selvatica. Resta in silenzio stringendosi ad­dosso  uno  scialle e  non prendendosi punto pena per il reverendo.  Si  capisce  che  non  è benve­nuto.  Padre  Bertrand è  uomo di una certa età magro, biondo. Figura aristocratica).

PADRE BERTRAND     Dov'è Michele?

TOINETTE                  Non è in casa.

PADRE BERTRAND     Dov'è andato?

TOINETTE                  Sulla costa.

(Un altro silenzio. Bertrand va alla finestra e guarda fuori).

PADRE BERTRAND     Bisogna che tu mi per­metta, Toinette, di restare qui per qualche mi­nuto. Temo che venga a piovere.

TOINETTE                  (mal volentieri)   Sì, aspettate pure. (Va a sedere ai piedi del letto).

PADRE BERTRAND     (ridiscende, la guarda un momento, sorride)   Grazie. Sei davvero gentile stasera, Toinette. Spero che mi perdonerai per il disturbo che ti reco. Ho aspettato un poco su al convento insieme coi guardiani, ma bisognava che. partissi.  (Sospira, torna alla finestra, guarda verso la collina. Come parlando tra sé)  Non vedo più nulla. Il convento e la cappella sembrano spariti.   (Dopo  un'altra pausa,  si passa la mano sulla fronte e si volge verso la donna, che è rimasta immobile)  Ci avrei passato la notte, ma devo andare a visitare qualcuno. Hai una lanterna?

TOINETTE                  L'ha presa Michele per andare alla costa.

PADRE BERTRAND     Resti sola qui ogni sera, Toinette?

TOINETTE                  (ridendo)   Me ne vado sempre con Michele.

PADRE BERTRAND     (severamente)  Perché?

TOINETTE                  Perché qui non c'è né denaro né divertimenti.

PADRE BERTRAND     Perché sei qui stasera?

TOINETTE                  Non ho voluto muovermi: non mi sentivo bene, quando Michele partì.

PADRE BERTRAND     (la fissa per qualche mo­mento. Dopo una pausa)   Da qualche tempo non fai che bere. (La osserva ancora un poco in silenzio e fa un sesto di disgusto e pietà)  Po­vera creatura!

TOINETTE                  (in uno slancio di collera)   Si vive come si è nati. A Michele e a me, ci piace così. Non è affare di nessuno. Né il vostro né di quell'altro... (Fa cenno con la testa nella direzione della finestra)  Ma sono sicura che le cose adesso andranno diversamente.

PADRE BERTRAND     (con asprezza)    Che cosa vuoi dire?

TOINETTE                  (rapidamente e ancora con collera)  Voglio dire che adesso è morta quell'Agnese. (Con ghigno)  Santa Agnese! È lassù, per sem­pre addormentata. E tutti i fiori, tutte le can­dele e tutti i canti del mondo non possono sve­gliarla. Non si immischierà più nei fatti miei, né in quelli delle altre ragazze e degli uomini del paese. La gente potrà ubriacarsi, se lo vorrà, anche qui, invece di camminare tre miglia, nelle maremme, per andare sulla costa.

PADRE BERTRAND     (con forza)   Silenzio, Toinette.

TOINETTE                  Se voglio parlare, chi può impe­dirmelo? Guardate a quante persone ha tolto il pane! Che bene fece quando  impedì di vendere il whisky qui,  in  paese?  Rese tanti infelici. È per questo che aprirono una bettola sulla costa. E ve lo dico io, noi ragazze ci divertiamo molto laggiù (ridendo). E poi il paese è più grande, ci sono più forestieri. Non ci annoierà più, adesso, con le sue prediche. È morta finalmente.

PADRE BERTRAND     Non hai tu vergogna?

TOINETTE                  No, non ho vergogna.

PADRE BERTRAND     (leva dalla tasca una lette­ra)    Forse ne avrai, quando ti avrò mostrato questa.  (Guarda la ragazza)   Dimmi, Agnese, venne mai a visitarti?

TOINETTE                  (sfacciatamente)   Oh sì! Venne una volta, una sera, dopo essere stata alla cappella. Oh sì! Venne (Ridendo) Michele e Habe erano qui e pure due altre ragazze della costa. Ma vi assicuro che non ci ritornò mai più.

PADRE BERTRAND     Eppure pensò a te, prima di morire.  

(Una lunga pausa. Toinette guarda il reverendo in faccia).

TOINETTE                  (lentamente) Perché pensò a me? Non sono mai andata da lei. Non ho ascoltato mai le sue prediche.

(Volgendosi da un'altra parte, si mette a pensare)  Alcune ragazze l'ascoltarono.  Teresa... Cora...

PADRE BERTRAND     E dove sono adesso? Che ne è di loro?                    

TOINETTE                  (a bassa voce)  Non so... se ne andarono... Forse tornarono a casa. (Guardando di nuovo il prete)  Ma perché pensò a me?

PADRE BERTRAND     Spesso pensava a te. Quante volte, scendeva dal convento, si fermava in queste vicinanze, nella speranza che tu uscissi, per parlarti. Hai perduto una grande amica.

TOINETTE                  Se continuava ad annoiarmi, ne sarei andata alla capitale. Conosco tante ragazze laggiù che bevono vino, non whisky. Non è l'opportunità che mi mancò.

PADRE BERTRAND   (aprendo di nuovo la let­tera)  Toinette. voglio leggerti l'ultima lettera di Agnese.

TOINETTE                  (dopo una pausa)   Che me ne importa?

PADRE BERTRAND     Devi ascoltarmi, perché la lettera è per te.

(S'avvicina alla candela e legge. Toinette s'accosta, un po' turbata. Padre Bertrand legge) 

« Sento che la mia ora s'avvicina, e tuttavia spero che mi resti il tempo di scrivervi. Sono triste di lasciare questo mondo perché il mio lavoro non è ancora compiuto. In questo momento sto pensando a Toinette, quella povera ragazza che abita ai piedi della collina. Quante volte mi provai a mostrarle che io volevo essere la sua amica, ma ella non capì. È triste, molto triste, perché è giovanissima, molto più giovane di tutte le altre. Lavora molto, dicono che sia fedelissima a quel Michele. Amico mio, non c'è dunque nulla da fare per quella disgraziata? Sarei stata così felice se avesse voluto accettare il mio povero aiuto. Ora che devo andarmene, mi fa tanta pena saperla senza un'amica, sola. Volete portarle questo dono e dirle che sono io che glielo mando? ».

(Il prete si ferma, commosso; lentamente ripiega la lettera. Una lunga pausa, la ragazza è turbata. L'altro le porge un giglio bianco. Padre Bertrand dopo un poco va alla finestra e guarda fuori. L'uragano è passato,il cielo si schiarisce. Toinette guarda il fiore, ha una crisi di rabbia, lo getta in terra)  

Il cielo è chiaro. Toinette?

TOINETTE                  (che è tutta assorta in  un suo pensiero)  Eh?

PADRE BERTRAND     Perché tieni il tuo letto nel centro della stanza?

TOINETTE                  Devo alzarmi presto. La luce che viene dalla finestra del convento si riflette su me. È una luce gialla che brilla su me all'aurora e ciò basta per svegliarmi.

PADRE BERTRAND     La luce che viene dalla finestra della cappella?  Sì, il sole che vi nasce proprio in faccia brilla sui vetri colorati. E quella gran luce penetra fin qui?

TOINETTE                  La prima volta che la vidi, mi fece paura. Fu un attimo, mi svegliai, e trovai la camera tutta illuminata. Ebbi tanta paura, non sapevo che cosa fosse. Poi capii che non era che l'aurora.

PADRE BERTRAND     (la guarda con pietà e parla come se parlasse a se stesso)   Povera Toinette! Ogni mattina è svegliata dalla luce di Santa Agnese. E dire che la buona signorina scrisse che tu non l'avresti veduta mai, quella luce. Pensa a quella morta. Aveva la tua età. 

(Dopo una pausa, lentamente, si dirige verso la porta) 

Non ho più tempo adesso. Buona notte.

(Quando il prete fa per aprire, la porta si spalanca e Michele appare sulla soglia. È un uomo di circa trent'anni, bello, grande, di viso scuro, di aspetto sinistro. I suoi abiti sono stracciati, ma piuttosto pittoreschi. Ha legato intorno alla gola un fazzoletto di colore. È ubriaco. Regge una lanterna accesa).

MICHELE                   Che fate qui?

(Si sente, di lontano, l'ultimo brontolio del tuono).

PADRE BERTRAND     Ho chiesto ospitalità per qualche momento.

MICHELE                   Vattene. Questa casa non è per le persone del tuo stampo, e adesso che quella Santa Agnese (ridendo) è là, stesa nella cassa, noi potremo divertirci. Sì, sì, vedrai!

PADRE BERTRAND     (guarda Michele fissamente, Poi si volge alla ragazza, che è rimasta immobile, e le dice con semplicità)  

Buona notte. Toinette.

(Toinette non risponde. Il prete esce).

MICHELE                   Brrr! Va' al diavolo! (Rimane sulla Porta e ridendo dice)  Hai dimenticato di invi­tarmi al funerale. Ah ah!

(Poi chiude, si toglie il cappello, lo appende a un chiodo. Toinette è ancora immobile, in un canto. Michele torvo) 

Adesso capisco perché tu mi avevi detto che ti sentivi male. Lo sapevo che un giorno o l'altro ti avrei scoperta. Tu puoi andartene se vuoi e ritor­nartene alla capitale. A me, che mi fa? Ci sono tante altre ragazze che sarebbero contente di prendere il tuo posto.

(Leva dalla tasca una borsa con del denaro, la vuota sulla tavola, e conta le monete con la stupidità dell'ubriaco) 

Due... tre sei... Che miseria!

(Toinette scoppia in un pianto isterico. Michele si volta e la guarda meravigliato) 

Che c'è? Che c'è?

TOINETTE                  (sollevandosi, dice con sdegno)  Niente!   (Pausa)  Hai fame?

MICHELE                   Sì.

(Toinette va alla credenza e prende un pezzo di pane e un pezzo di carne e mette tutto sul tavolo. Michele l'afferra) 

Lo sapevo che un giorno o l'altro ti avrei scoperta. E te lo ripeto ancora una volta: se te ne vuoi an­dare, sei libera. Nessuno te lo impedisce.

TOINETTE                  (con asprezza)   Tu non dovresti parlarmi così, Michele. Da quando sono venuta qui ti sono stata buona amica. Sì, sono stata tua buona amica.

MICHELE                   E chi dice il contrario? Forse me ne andrò io stesso alla capitale.

TOINETTE                  (con  asprezza)   Come vorrei che fosse vero. Come ne sarei contenta! Odio tutto, qui, me ne voglio andare!

MICHELE                   E se io non volessi andarmene? Vattene tu! Vattene! Nessuno ti trattiene. Cele­ste sarà ben contenta di prendere il tuo posto.

TOINETTE                  (dispettosamente)   Ti ho già detto che non devi parlare così. Nessuno al mondo po­trebbe lavorare per te come faccio io. E nes­suna ragazza è stata mai bastonata come sono stata io. (Si getta supina sul letto)  Ho sonno.

MICHELE                   Io non ho voglia di dormire. Ho voglia di chiacchierare.

TOINETTE                  Se non hai sonno, resta alzato tu.

(Una lunga pausa. Toinette si assopisce. Michele beve e di nuovo conta il denaro, che poi chiude nel cassetto).

MICHELE                   Toinette...

TOINETTE                  (mezza addormentata)   Eh?

MICHELE                   (bevendo)  Che t'ha detto quell'imbecille?

TOINETTE                  Ho sonno adesso, lasciami dormire, Michele.

MICHELE                   (continuando a bere; e diviene sempre più brutale)   Non ti lascerò dormire fino a quan­do non m'avrai ripetuto quello che t'ha detto quell'intruso che è entrato qui.

TOINETTE                  (mezzo addormentata)   Non ha detto gran cosa.

MICHELE                   Io lo so di che ti ha parlato. Ti ha parlato... di lei.

TOINETTE                  Sì, ha parlato di lei.

MICHELE                   Che sia maledetta! Non potrà ora più immischiarsi nei fatti miei. Tutti gli uomini, bianchi e negri, hanno giurato di non più ubriacarsi, di non più giuocare. (Si alza, a pena si regge In piedi, si dirige verso la finestra)  Ma vedrai che adesso non sarà più così. Tutti mi seguiranno. Io lo voglio. È stata lei che mi ha rovinato. A quest'ora avrei abbastanza denaro per andarmene alla capitale. Che sia maledetta. Non potrà più im­mischiarsi nei fatti miti.

TOINETTE                  Adesso è morta. Sta' tranquillo e lasciami dormire.

MICHELE                   (barcollando se ne ritorna alla tavola e continua a borbottare per qualche minuto, poi chiama)   Toinette, Toinette.

TOINETTE                  (di tra il sonno)   Eh?

MICHELE                   (parlando con difficoltà)    Sono an­dato su... Toinette, sono andato su... E ho guar­dato dalla finestra.   Non è nella cassa. L'hanno messa... su una coperta bianca... e c'è tanto oro... tanto oro... Non si immischierà più nei fatti miei, adesso. Ha una veste che brilla... E in mano porta un giglio bianco... bianco... 

(Una pausa. Toinette fissa il giglio sul pavimento. Michele a fil di voce) 

Toinette, senti.  (Più forte)   Toinette!

TOINETTE                  (in collera)   Lasciami stare!

MICHELE                   Indovina che cosa ha sul petto.

TOINETTE                  (con indifferenza)   Non lo so.

MICHELE                   (a bassa voce)    Porta sul petto una croce di diamanti! L'ho vista... Brillava... brillava alla luce delle candele.  

(Una pausa).

TOINETTE                  (mormora)   Le hanno messo un gi­glio bianco in mano.

MICHELE                   Quella croce vale più di mille... mil­le... quattro... vecchie... mummie... stanno a far la guardia. (Come se parlasse a se stesso)  Quattro... vecchie... mummie... Col rosario in mano... Ah ah! Non si immischierà più nei  fatti miei. Toinette. Toinette! Il prete è andato su alla cappella?

TOINETTE                  No.

MICHELE                   No? Dov'è andato?

TOINETTE                  In paese.

(Un silenzio).

MICHELE                   Che cosa dici? Il prete non è an­dato lassù? (Barcollando va alla finestra, guarda fuori per qualche  momento,  poi si  dirige  verso il letto) 

Toinette! Toinette!

(Toinette fa un movimento)   

Svegliati, svegliati.

TOINETTE                  No.

MICHELE                   (scuotendola)   Lo voglio. Alzati.

TOINETTE                  Che vuoi? Lasciami, Michele.

MICHELE                   Ascoltami. Mi ascolti? Me ne vado lassù. Capisci? Lassù.

TOINETTE                  (di nuovo si alza, e lo guarda come se non capisse)   Che vai a fare lassù?

MICHELE                   Voglio che ti alzi per essere pronta a fuggire con me. Non abbiamo un momento da perdere. So un posto nelle maremme e resteremo lì per un paio di giorni... Poi andremo alla capitale.

(Continua a fare uno sforzo per non parere ubriaco).

TOINETTE                  (senza fiato)   Che cosa dici, Michele. Vuoi andare lassù a rubare quella croce di brillanti?

MICHELE                   Non gridare.

TOINETTE                  Tu sei ubriaco.

MICHELE                   Non è vero. Al convento tutti dor­mono, meno le quattro vecchie suore che stanno vicino a lei a pregare nella cappella

TOINETTE                  Ma esse grideranno al soccorso.

MICHELE                   No, rimarranno tranquille, te lo dico io.

TOINETTE                  Tu sei ubriaco, tu dimentichi qual­che cosa, te lo dico io, tu dimentichi qualche cosa.

MICHELE                   Che cosa dimentico?

TOINETTE                  La campana d'allarme, che è vicino alla cappella. Una di quelle suore potrebbe dare il segnale.

MICHELE                   Sarò io ad impedirlo.

TOINETTE                  (lo guarda ansiosamente)   Michele Kérouac, ascoltami, tu non sai quello che fai. Ti prenderanno. Lo sai che vuol dire?

(Michele barcollando si avvia; ma Toinette getta un grido e si precipita davanti alla porta per non farlo passare)  

Michele, ascoltami, tu non sai quello che fai.

MICHELE                   Lasciami passare.

TOINETTE                  Tu non la toccherai.

MICHELE                   Io non toccarla? Vedrai! I suoi capelli...

TOINETTE                  (gridando)   No, tu non lo farai.

MICHELE                   (con collera)   No? Vedrai! Ti dico che lo farò. Strapperò dal suo corpo il suo bel vestito.

TOINETTE                  (quasi gridando)   Tu non devi toc­carla! Lei non ti ha fatto nessun male. A nessuno ha fatto del male. Per questo le hanno messo un giglio bianco in mano. Michele! Michele! Prendi la croce, ma non toccare quella ragazza. Dò l'allarme! (Fugge).

MICHELE                   (barcollando fa per inseguirla. Pausa. Ecco che si sente il suono di una campana. Mi­chele si ferma atterrito, trasfigurato. La campana suona sempre più forte)   

La campana! La cam­pana!

(A poco a poco intende la verità, da un grido e si slancia fuori) 

Toinette!

(Una pausa. La campana continua a suonare. Poi, il suono cessa. Un'altra pausa. Michele riappare, trasportando il corpo esanime di Toinette che va a deporre sul letto. Non è più ubriaco, si china per ascoltare se è morta. Emette un grido selvaggio. Quando ha la chiara percezione di ciò che ha fatto, si allon­tana atterrito. Scorge il giglio. Con orrore lo lascia cadere sul corpo di lei. Un'altra pausa. Poi l'alba comincia. Il chiarore giallo che viene dalla finestra della cappella penetra nella stanza e illumina il corpo di Toinette. Il sipario scende lentamente).

F I N E

Rappresentato al Piccolo Teatro di Napoli, diretto da Ernesto Giani, il 30 aprile 1956. Regia di Vittorio Viviani. Interpreti Evi Maltagliati (Toinette), Antonio Crast (Padre Bertrand)  e Giuseppe Fortis (Michele).